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venerdì 19 gennaio 2024

Alien (1979)

Mi sono impelagata in una challenge settimanale su Letterboxd (che non so, ovviamente, se riuscirò a mantenere fino a fine anno e che non pubblicherò secondo il calendario, visto che sono già passate due settimane dalla visione del film...) e il primo prompt era "Most popular horror film on your watchlist". La scelta è così caduta su Alien, diretto nel 1979 dal regista Ridley Scott.


Trama: durante il viaggio di ritorno, l'astronave cargo Nostromo riceve un segnale da un altro pianeta. Quello che gli esploratori riportano a bordo è l'inizio di un incubo...


Mi rendo conto ora che la challenge non contemplava rewatch per il primo prompt, quindi mi tocca dichiarare di averla fallita in partenza. Pazienza, erano decenni che non riguardavo Alien e non ne avevo mai parlato sul blog, quindi sono contenta, anche se sarà dura scrivere qualcosa di intelligente che non sia mai stato detto su un riconosciuto capolavoro della fantascienza e dell'horror. Quindi, largo ad impressioni personali e banalità, senza troppi voli pindarici. Alien è il film perfetto per chi, come me, è refrattaria alla fantascienza "cervellotica" e adora l'horror, perché si può tranquillamente riassumere come un creature feature o un home invasion nello spazio, con l'aggiunta di un pizzico di body horror che lo rende ancora più inquietante. La trama, ridotta all'osso, è di una semplicità estrema perché prevede la progressiva morte dei membri dell'equipaggio per mano di una creatura portata a bordo dopo la breve esplorazione di un pianeta ostile e cupo, ma è tutto il "contorno" a contare. Fin dall'inizio, il clima all'interno della Nostromo comunica inquietudine ed incertezza: il viaggio di ritorno dell'equipaggio è stato interrotto dall'intercettazione di una comunicazione misteriosa e, per cause squisitamente contrattuali, gli occupanti dell'astronave sono costretti a fermarsi e indagare. L'impressione inziale che si ha, al di là dell'ovvio scoramento dei personaggi, è che non solo lo spazio esterno sia loro nemico, ma anche la tecnologia interna alla nave, sensazione che viene confermata più avanti nel film. Al di fuori della linda ed asettica sicurezza delle capsule di ipersonno, gli ambienti sono claustrofobici e, sembrerebbe, vetusti, fatti di corridoi male illuminati e sale che danno l'impressione di essere garage o cortili esterni, zeppi come sono di cianfrusaglie impilate e persino danneggiati da una condensa in grado di generare scrosci d'acqua continui. L'unica prova di una tecnologia all'avanguardia è l'esistenza dell'A.I. Mother, ma anche quest'ultima non offre risposta alcuna ai dubbi crescenti del capitano e del suo secondo, anzi, sembra quasi essere andata a scuola da Hal 9000: la vita umana, nello spazio, vale quanto il due di coppe a briscola e può essere facilmente sfruttata, distrutta e rimpiazzata, aggiungendo un ulteriore livello di orrore a quello già incarnato dall'alieno del titolo.


Il facehugger prima e il chestburster poi rappresentano lo schifo primigenio di avere il proprio corpo violato e non potervi porre rimedio, lo xenomorfo nato dal sangue e dalle viscere incarna il terrore di venire cacciati e uccisi da una creatura priva di sentimenti "e per questo perfetta". I risultati, in entrambi i casi, è l'annientamento della vita, forse per questo i protagonisti e unici sopravvissuti sono, rispettivamente, una donna e un gattone. Tra l'altro, Ripley è proprio il personaggio che, per la prima ora, viene messo in ombra dal resto di una ciurma in cui ognuno è dotato di un ruolo archetipico ben definito, con tutto ciò che consegue in termini di sorpresa e coinvolgimento quando quello che si pensava fosse il protagonista viene fatto fuori come gli altri; la stella di Ripley sorge dal nulla, ma quando lo fa non abbiamo occhi che per lei, per la forza che Sigourney Weaver infonde in ogni sguardo, in ogni tentativo di posporre l'ineluttabile maledizione scagliata contro lei e il resto dell'equipaggio da una creatura ancora più deprecabile dell'alieno. Il confronto finale tra la bella, il gatto e la bestia è da antologia, un colpo di coda dopo un piccolo afflato di speranza alla fine di intere mezz'ore passate a non respirare, ed ho sempre amato tantissimo il modo in cui Ripley viene mostrata quasi nuda e quindi ancor più indifesa, mentre indossa biancheria immacolata, costretta ad affrontare una creatura dall'impenetrabile corazza, nera come la pece. E' fin troppo facile immaginare un corpo femminile violato da zanne e denti o, peggio ancora, costretto a dare vita a un altro essere mostruoso, ed è anche per questo che il nostro cuore vola verso la sfortunata fanciulla e continua a tremare anche durante gli scabri titoli di coda, perché come ci si può ancora fidare di una tecnologia che ha causato tanto dolore?


Mi sono riletta un attimo e vedo che ho sproloquiato, ma questo è una specie di diario, non un sito di recensioni serie (che lascio ad altri più esperti di cinema in generale e della saga in particolare), quindi poco importa. Mi preme sottolineare come, nell'anno del Signore 2024, se l'alieno progettato da Giger incute ancora il terrore di Dio e della Madonna (ed è talmente insinuante e pieno di rimandi fallici che non starei nemmeno qui a parlarne, visto che lo fanno tutti), ciò che spezza di più il cuore è vedere quella tavolata iniziale zeppa di talento attoriale, ad oggi decimata. Harry Dean Stanton, John Hurt, Ian Holm e Yaphet Kotto hanno tutti lasciato questo mondo, e vederli lì, giovani e forti, impegnati in ruoli e sequenze talmente iconici da lasciare un segno nella storia del cinema, porta anche i più aperti di mente a diventare vecchi dentro e scuotere la testa al grido di "non ci sono più i film/gli attori di una volta". Scott lo dovrebbe sapere, visto che non comprendo come lo stesso regista di Alien possa avere realizzato una palla pretenziosa e cringe come Napoleon, ma ringraziamo che, all'epoca, avesse talento da vendere e tanta voglia di sperimentare. Alien, infatti, è un miracolo di regia, montaggio, scenografie, colonna sonora ed effetti speciali, un capolavoro che ha generato troppi emuli mediocri e che non bisognerebbe rivedere solo una volta ogni dieci anni, come ho fatto io (a rischio di dimenticare dettagli fondamentali. Ma questo si chiama Alzheimer, mi sa), ma dedicargli almeno un omaggio all'anno. Un buon proposito da mantenere per il futuro!


Del regista Ridley Scott ho già parlato QUI. Tom Skerritt (Dallas), Sigourney Weaver (Ripley), Veronica Cartwright (Lambert), Harry Dean Stanton (Brett), John Hurt (Kane), Ian Holm (Ash), Yaphet Kotto (Parker) li trovate invece ai rispettivi link.


Per il ruolo di Ripley, la scelta era tra Sigourney Weaver e Meryl Streep, ma quest'ultima, all'epoca, era in lutto per la morte del compagno John Cazale; Harrison Ford ha invece rifiutato il ruolo di Dallas. La saga di Alien è proseguita con Aliens - Scontro finale, Alien 3, Alien - La clonazione, Prometheus, Alien: Covenant e l'aggiunta degli spin-off Alien vs Predator e Aliens vs. Predator 2. Se il genere vi piace, recuperateli tutti! ENJOY!

domenica 26 febbraio 2017

Jackie (2016)

L'ultimo film di cui vi parlerò prima che vengano assegnati gli Oscar (per chi fosse interessato, i post sugli altri arriveranno a ridosso delle rispettive uscite italiane) è Jackie, diretto nel 2016 dal regista Pablo Larraín e in concorso con tre nomination (Natalie Portman Migliore Attrice Protagonista, Migliori Costumi e Miglior Colonna Sonora Originale).


Trama: dopo la morte del presidente Kennedy, la moglie Jackie si ritrova a dover tenere in piedi la propria famiglia e ad onorare la memoria del marito senza crollare nel tentativo...


Di base, ritengo quello americano come uno dei popoli più stupidi sulla faccia del pianeta, giudizio che, se possibile, si è intensificato ancora di più dopo l'elezione di quella sorta di imbarazzante Gabibbo malvagio che risponde al nome di Donald Trump. Nonostante questo o forse, chissà, proprio per questo, la storia americana esercita su di me un fascino stranissimo, soprattutto per quel che riguarda il periodo turbolento precedente e successivo alla morte di John Fitzgerald Kennedy. Morto giovanissimo, all'età di 46 anni, questo giovane e sfortunato presidente è diventato nel tempo un mito, il simbolo di un'era, la versione buona del "quando c'era lui" e persino Stephen King (che lo definisce nel ciclo de La Torre Nera "l'ultimo Pistolero del mondo occidentale") è arrivato a chiedersi, nel romanzo 22.11.63, cosa sarebbe successo se JFK non fosse morto. Non ci è dato sapere cosa ne sarebbe stato dell'America e del mondo sotto la sua guida ma quel che è certo è che tra coloro che hanno contribuito a costruire il mito Kennedy c'è sicuramente la moglie Jackie, figura diventata nel tempo altrettanto "mitica" e protagonista del biopic di Pablo Larraín il quale, concentrandosi principalmente sull'intervista concessa dalla ex first lady al giornalista Theodore H. White una settimana dopo la morte del presidente, fa poca luce sulla vita privata di Jacqueline Lee Bouvier in quanto donna. Il punto di vista adottato nel film è infatti piuttosto quello di una neo-vedova, di una Ginevra che ha perso il suo Re Artù e cerca in tutti i modi di consegnarne il ricordo ai posteri tentando, allo stesso tempo, di non soccombere al dolore e proteggere sé stessa e i figli ancora piccoli non solo da eventuali attentati ma anche dall'indigenza e dagli sciacalli mediatici. Intelligente, piena di amore per le arti e la storia, Jackie è nata per essere più un membro di qualche famiglia reale europea piuttosto che la first lady americana; nonostante l'amore del popolo americano, la consacrazione ad icona della moda e l'impegno profuso nel trasformare la Casa Bianca in un museo dedicato alla storia americana, alla morte di Kennedy la donna è diventata per legge una semplice civile che da quel momento in poi avrebbe avuto poco tempo per portare via baracca e burattini dall'edificio presidenziale, lasciando così il posto al neo presidente Johnson e alla moglie.


Larraín racconta dunque questo momento assai delicato nella la vita della ex first lady mettendo sotto i riflettori il dolore per la morte di un marito "ingombrante" ma comunque molto amato (le immagini che mostrano Jackie subito dopo il tristemente famoso attentato a Dallas sono molto crude e fanno riflettere sull'incredibile forza d'animo di una donna che è stata letteralmente investita dalla materia cerebrale e dal sangue del suo compagno di vita), la rabbia, l'impotenza e la confusione di chi non ha più un appoggio spirituale e materiale e di chi non può prevedere un futuro che si prospetta terribilmente buio ed incerto, contestualizzando il tutto attraverso il racconto di un America e di un mondo costretti a cambiare nella maniera più drastica. Oltre a tutto ciò, viene sottolineata anche l'importanza mediatica di Jackie Kennedy non solo nella creazione del mito di Camelot (nome con cui gli americani sono arrivati nel tempo a definire la presidenza Kennedy) ma anche nel rendere in qualche modo più vicina al popolo un'istituzione come la Casa Bianca, mostrata per la prima volta in TV dalla stessa Jackie come fulcro della storia e della cultura americane, quindi un patrimonio nazionale e non solo dimora presidenziale. Inutile dire che l'intero film poggia sulla straordinaria interpretazione di una Natalie Portman che è riuscita a riportare in vita la sfortunata Jackie, impadronendosi di quell'accento mezzo americano, mezzo british e assolutamente posh che la caratterizzava, soprattutto nelle occasioni pubbliche (e che, intelligentemente, si riduce fino a scomparire quando viene mostrata la Jackie più intima ed emotivamente scossa), ma non solo; la fisicità, gli sguardi e i vezzi dell'attrice sono emozionanti sia quando la Portman è da sola, sia quando interagisce con gli altri (la sequenza in cui Jackie vaga per le stanze ubriaca e in lacrime, cambiando un vestito dopo l'altro, è magistrale ma vengono resi alla perfezione anche il rapporto con i figli e Bobby, con Johnson e persino col prete interpretato da John Hurt, Dio lo abbia in gloria sempre) e attorno a lei scenografi, costumisti e soprattutto il direttore della fotografia Stéphane Fontaine, responsabile della bellezza degli innumerevoli primi piani dell'attrice, hanno creato un perfetto scorcio di vita della first lady più amata dagli americani, tra dolorosa realtà e sognanti fantasie da musical.


Di Natalie Portman (Jackie Kennedy), Peter Sarsgaard (Bobby Kennedy), Greta Gerwig (Nancy Tuckerman), Billy Crudup (Il giornalista), John Hurt (Il prete), Richard E. Grant (Bill Walton), Beth Grant (Lady Bird Johnson) e John Carrol Lynch (Lyndon B Johnson) ho già parlato ai rispettivi link.

Pablo Larraín è il regista della pellicola. Cileno, ha diretto film come Tony Manero, No - I giorni dell'arcobaleno, Il club e Neruda. Anche produttore e sceneggiatore, ha 41 anni.


Inizialmente il film avrebbe dovuto girarlo Darren Aronofsky, con Rachel Weisz in qualità di protagonista, ma quando entrambi si sono ritirati dal progetto Aronofsky è rimasto solo come produttore. Diversamente dal solito, se Jackie vi fosse piaciuto non vi consiglio di recuperare altri film a tema, bensì il musical Camelot e il film TV A Tour of the White House, entrambi citati nella pellicola di Larraín. ENJOY!

martedì 8 marzo 2016

Indiana Jones e il regno del teschio di cristallo (2008)

Per il momento siamo arrivati alla fine, la disamina su Indiana Jones si conclude oggi con Indiana Jones e il regno del teschio di cristallo (Indiana Jones and the Kingdom of the Crystal Skull), diretto nel 2008 dal regista Steven Spielberg.


Trama: sopravvissuto per miracolo ad un'imboscata dei servizi segreti russi, Indiana Jones si ritrova a dover aiutare il giovane Mutt, legato ad un vecchio amico dell'archeologo, scomparso durante la ricerca di un fantomatico Teschio di cristallo...



Andare al cinema nel 2008 per assistere al ritorno, dopo 20 anni, del meraviglioso ed iconico Indiana Jones era stato un trionfo di emozioni e, allo stesso tempo, uno shock. Passano gli anni ma Indy è sempre lo stesso, piacione, sbruffone e incredibilmente avventuroso, tuttavia è cambiato il cinema, molte cose sono già state mostrate, all'innocenza si è sostituita l'esperienza e conseguentemente gli autori devono cercare di stupire le nuove generazioni "coccolando" allo stesso tempo quelle vecchie. Nel caso di Indiana Jones e il regno del teschio di cristallo l'operazione nostalgia/rinnovamento è riuscita per metà: le gag interamente giocate sulla "vecchiaia" di Indy, sul rapporto tra il Professor Jones e una nuova generazione di avventurieri scapestrati, la consapevolezza di essere diventato un "matusa" nonostante l'immutata figaggine sono l'elemento vincente della pellicola e fa quasi effetto, a chi è cresciuto con la saga, vedere il protagonista nelle stesse condizioni in cui si era ritrovato Sean Connery nel film precedente. Purtroppo, non è altrettanto valida la trama imbastita da David Koepp e George Lucas, nonostante l'abbia trovata meno sconcertante di quanto ricordassi. Il "momento frigorifero", l'equivalente per molti detrattori del "salto dello squalo" di Happy Days, non è più esagerato del tuffo con gommone dall'aeroplano visto in Indiana Jones e il tempio maledetto, piuttosto ho trovato fastidioso il pesante elemento alieno che fa da perno all'intera vicenda, soprattutto perché, come sempre, vengono mostrati degli extraterrestri molto attivi nelle epoche passate ma incapaci di venire a recuperare i loro simili rimasti bloccati sulla Terra, alieni che un tempo portavano conoscenza e negli anni '50 solo un incredibile scazzo cosmico. Possibile non ci fosse nessun altro mito da sviscerare nell'epoca in cui è ambientata la pellicola? Mah.


Per il resto, Indiana Jones e il regno del teschio di cristallo riconferma l'alto standard qualitativo della saga, almeno dal punto di vista tecnico, con Spielberg che si diverte come un matto a seguire con la macchina da presa i protagonisti nelle loro rocambolesche avventure, tra rapide mozzafiato, templi zeppi di trappole, inseguimenti estenuanti e tutti quegli elementi che rendevano i vecchi Indiana Jones dei veri gioiellini. Per quel che riguarda gli attori, Harrison Ford si diverte nei panni del protagonista e si vede, maneggia la frusta e calza il cappello con la stessa guascona disinvoltura di parecchi anni prima e il suo fascino è rimasto intatto, mentre Karen Allen è sempre adorabile e si riconferma LA Indiana Girl per eccellenza, l'unica capace di tenere testa a Ford. Accanto alla Indy Girl stavolta è stata inserita anche una nemesi al femminile impersonata nientemeno che da Cate Blanchett, a dire il vero un po' sprecata all'interno di un film d'azione come questo, e un Shia LaBeouf ancora poco famoso ma già dotato di una discreta personalità, perfetto contraltare "CCioFFane" alla "vecchiaia" (e chiamiamola così...) di Harrison Ford. Poco memorabile, invece, John Hurt nei panni di un vecchio professore amico di Indy e Karen, costretto per metà film a recitare il ruolo del demente armato di teschio di cristallo ed impegnato in improbabili conversazioni telepatiche con lo stesso. Ma forse il mio giudizio impietoso su quest'ultimo punto è dovuto alla mia ormai riconosciuta avversione verso l'alieno utilizzato come mezzo improprio per ravvivare trame che non si sa come portare avanti: ho avuto da ridire con l'amato Stephen King quindi perché non con Spielberg e Lucas, ai quali voglio bene (soprattutto a Spielberg) ma non ai livelli del Re? Appunto. Ho un po' di paura all'idea di cosa potrebbe riservare il quinto Indiana Jones, di cui ancora oggi si parla con insistenza, e con questo pensiero inquieto vi lascio... alla prossima saga!


Del regista Steven Spielberg ho già parlato QUIHarrison Ford (Indiana Jones), Cate Blanchett (Irina Spalko), Karen Allen (Marion Ravenwood), Shia Labeouf (Mutt Williams), Ray Winstone ("Mac" George Michale), John Hurt (Professor Oxley), Jim Broadbent (Rettore Charles Stanforth) e Andrew Divoff (uno dei soldati russi) li trovate invece ai relativi link.


Tra gli altri attori segnalo la presenza di Neil Flynn, il perfido "janitor" di Scrubs, qui nei panni dell'agente Smith, mentre sia Sasha Spielberg che Chet Hanks, rispettivamente figli di Steven Spielberg e Tom Hanks, hanno dei piccoli ruoli. A Sean Connery invece era stato proposto di partecipare al film tornando nei panni Henry Jones Sr. ma ha rifiutato, troppo impegnato a gustarsi il suo meritato ritiro dalle scene, mentre il rifiuto di John Rhys-Davies nel tornare come Sallah è stato pienamente giustificato dal desiderio di non limitarsi ad un beve cammeo durante la sequenza del matrimonio. Detto questo, se vi è piaciuto Indiana Jones e il regno del teschio di cristallo recuperate Indiana Jones e i predatori dell'arca perduta, Indiana Jones e il tempio maledetto Indiana Jones e l'ultima crociata. ENJOY!

venerdì 5 febbraio 2016

Balle spaziali (1987)

Chiedo perdono, qualche tempo fa vi ho buggerati. Avevo promesso di non toccare più l'argomento Star Wars fino al 2017 ma oggi ci picchierò molto vicino grazie al post dedicato ad uno dei miti della mia infanzia: Balle spaziali (Spaceballs), diretto e co-sceneggiato nel 1987 dal regista Mel Brooks.



Trama: in una galassia lontana lontana il malvagio Presidente Scrocco, coadiuvato dal fido Casco Nero e dal Colonnello Nunziatella, trama per rubare l'aria al pianeta Druidia. Cerca così di rapire la principessa Vespa ma deve fare i conti con Stella Solitaria e il suo aiutante Rutto, protetti dal potere dello Sforzo...



Alzi la mano chi oggi ha più di 30 anni e ancora ricorda con gioia le serate passate davanti alla TV a guardare scult come Balle spaziali!! All'epoca dei suoi passaggi televisivi questa parodia "minore" di Mel Brooks era probabilmente famosa quanto la trilogia che metteva alla berlina e non c'era ragazzino che non si scompisciasse dalle risate davanti alle mattane di Casco Nero, al potente Yogurt con il suo Sforzo, all'abominevole Pizza The Hutt, all'"allarme" vergine di Dorothy, al tenero Rutto e all'inopportuna Comandantessa Zircon, apprezzando forse più le fantasiose e a tratti geniali forzature dell'adattamento italiano che la storia in sé (col senno di poi posso affermare tranquillamente che come parodie sono molto meglio riuscite Robin Hood - Un uomo in calzamaglia e Dracula morto e contento, non nomino ovviamente Frankenstein Jr. perché lì siamo nell'empireo dei cult). Storia che ricalca piuttosto fedelmente quella dei primi due Guerre Stellari, con personaggi che sono le parodie delle loro controparti "reali" e un protagonista che è l'unione di Han Solo e Luke Skywalker, dotato dell'arrogante piacioneria del primo e dei poteri del secondo; Balle spaziali gioca interamente sulle esilaranti gag dei "cattivi" (Scrocco, Nunziatella e soprattutto Casco Nero fanno a gara per accaparrarsi il ruolo di massimo idiota nel film ma vince di misura il primo pare, almeno a quello che dicono ad un certo punto gli altri due!) e affonda i denti della sua parte più satirica nelle scandalose campagne marketing condotte da Lucas, il quale ha convertito fin da subito la trilogia di Guerre Stellari in una macchina per soldi basata interamente sul merchandising. Nel mondo di Scrocco e persino in quello di Yogurt tutto è basato sul profitto e qualsiasi oggetto compaia sullo schermo reca fiero il logo di Balle Spaziali, pellicola dove i protagonisti sono consapevoli di trovarsi all'interno di un film, tanto da utilizzarne la videocassetta per trovare i nemici oppure augurarsi di ritornare in un seguito (che, dispiace dirlo, c'è stato solo in Italia, nel momento in cui dei titolisti/distributori scellerati hanno deciso di tradurre Martians, Go Home! con Balle Spaziali 2 - La vendetta).


Balle Spaziali è ricco di trovate simpatiche ma c'è da dire che dopo quasi 30 anni dalla sua uscita quello che porta lo spettatore ad apprezzarlo sono soprattutto i camei di attori amatissimi in quegli anni e le citazioni capaci di non soccombere al tempo che passa (John Hurt e l'alien ballerino meriterebbero l'Oscar ancora oggi, così come la citazione de Il pianeta delle scimmie mentre Max Headroom chi se lo ricorda più?). Il compianto John Candy nei panni di Rutto è fantastico nella sua incosciente tenerezza canina e vedere spuntare Michael Winslow ad imitare la vocetta del radar mette i brividi lungo la schiena ma è a Rick Moranis che va il mio amore eterno: il suo Casco Nero è la banalità del male, la mancanza di spina dorsale di un ragioniere occhialuto costretto a fare la voce grossa, un umanissimo (e basso) Gatto Silvestro al quale toccano le peggiori sfighe. Da il bianco anche Mel Brooks, che non solo è regista e co-sceneggiatore ma interpreta anche due personaggi, il cattivissimo Presidente Scrocco (col suo saluto esilarante) e l'anziano Yogurt con il suo Sforzo, ovvero lo Schwartz, in lingua originale. A questo punto, poveracci, mi tocca spezzare una lancia per gli adattatori al doppiaggio perché se mi dovessi trovare davanti un'opera di Mel Brooks da tradurre probabilmente mi metterei a piangere, zeppe come sono di riferimenti alla cultura Yiddish e, ovviamente, a quella Americana: trasformare Pizza the Hutt (riferimento a Jabba the Hutt, ovviamente, ma anche alla catena Pizza Hut) in Pizza Margherita, il Colonnello Sandurz (dal colonnello Saunders del Kentucky Fried Chicken, ecco perché a un certo punto Casco Nero gli da del pollo) in Colonnello Nunziatella e, appunto, lo Schwartz (che non vuol dire nulla in effetti ma ricorda tanto la parola Yiddish Schwanz, ovvero coda o fallo, non a caso le spade laser si tengono in maniera "equivoca") in Sforzo e tante altre "acrobazie" linguistiche meritano il plauso per il tentativo di venire incontro al pubblico italiano e rendere il film più fruibile e divertente. A voi, non resta altro che scoprirlo o ri-scoprirlo e augurarvi che lo Sforzo sia con voi!!


Di Mel Brooks, regista, sceneggiatore e interprete sia di Scrocco che di Yogurt, ho già parlato QUI. John Candy (Rutto), Rick Moranis (Casco Nero), Bill Pullman (Stella Solitaria), Michael Winslow (Addetto al radar), John Hurt (John Hurt) e Tony Cox (Dink) li trovate invece ai rispettivi link.

Daphne Zuniga interpreta la Principessa Vespa. Americana, ha partecipato a film come La mosca 2, Pandora's Clock - La Terra è in pericolo e a serie come Casa Keaton, Melrose Place e Nip/Tuck; come doppiatrice, ha lavorato per le serie Johnny Bravo e Spaceballs: The Animated Series. Anche produttrice e regista, ha 44 anni e tre film in uscita.


Dick Van Patten (vero nome Richard Vincent Van Patten) interpreta Re Roland. Americano, ha partecipato a film come Pistaaa... arriva il gatto delle nevi, Tutto accadde un venerdì, Quello strano cane di... papà, Robin Hood - Un uomo in calzamaglia e a serie come Strega per amore, Wonder Woman, L'uomo da sei milioni di dollari, Happy Days, Chips, La famiglia Bradford, Love Boat, La signora in giallo, Genitori in blue jeans, Baywatch e That's 70s Show; come doppiatore, ha lavorato nella serie I Griffin. E' morto nel 2015 all'età di 86 anni.


Joan Rivers (vero nome Joan Alexandra Molinsky) è la voce originale di Dorothy. Americana, ha partecipato a film come Senti chi parla, La signora ammazzatutti, I Puffi, Iron Man 3 e a serie come Love Boat, Perfetti... ma non troppo e Nip/Tuck; inoltre ha lavorato come doppiatrice per le serie Spaceballs: The Animated Series, I Simpson e il film Shrek 2. Anche sceneggiatrice, produttrice e regista, è morta nel 2014 all'età di 81 anni.


Dom DeLuise (vero nome Dominick DeLuise) è la voce originale di Pizza Margherita. Americano, lo ricordo per film come Mezzogiorno e mezzo di fuoco, L'ultima follia di Mel Brooks,  Robin Hood - Un uomo in calzamaglia, Il silenzio dei prosciutti e Killer per caso, inoltre ha partecipato a serie come Beverly Hills 90210, Una famiglia del terzo tipo, Hercules e Sabrina vita da strega; come doppiatore, ha lavorato nelle serie The Ren & Stimpy Show, Mucca e Pollo, Scuola di polizia, Rugrats, Il laboratorio di Dexter, Robot Chicken, Spaceballs: The Animated Series e per i film Brisby e il segreto di Nimh, Fievel sbarca in America, Oliver & Company e Fievel conquista il West. Anche regista e produttore, è morto nel 2009 all'età di 75 anni.


George Lucas si era letteralmente innamorato dello script del film, tanto da avere prestato a Brooks non solo il Millenium Falcon ma anche alcuni effetti speciali e scene "scartate" dalla trilogia... ovviamente, a condizione che non venisse prodotto alcun merchandising di Balle spaziali. Per quanto riguarda gli attori, pare che Brooks abbia cercato inutilmente di convincere Tom Cruise o Tom Hanks ad interpretare Stella Solitaria mentre Steve Martin sarebbe stata la prima scelta per il Colonnello Nunziatella. Del film, come ho detto, non è stato girato un seguito; in compenso, nel 2008 è uscita Spaceballs: The Animated Series, durata solo una stagione ed inedita in Italia. In conclusione, se Balle spaziali vi fosse piaciuto recuperate Robin Hood - Un uomo in calzamaglia, Frankenstein Jr., Mezzogiorno e mezzo di fuoco, L'aereo più pazzo del mondo, la trilogia de Una pallottola spuntata, Hot Shots! e Hot Shots! 2. ENJOY!

domenica 23 marzo 2014

Only Lovers Left Alive (2013)

Da più o meno un anno aspettavo spasmodicamente di vedere Only Lovers Left Alive, film vampirico con Tommolino e Tilda Swinton diretto e sceneggiato nel 2013 dal regista Jim Jarmusch. Appena sono venuta a conoscenza della sua “disponibilità” me lo sono procurato e questo è il risultato…


Trama: Adam ed Eve sono due vampiri centenari ed innamoratissimi, nonostante vivano separati. Della coppia, Adam è quello più propenso ad avere crisi depressive, quindi Eve vola da Tangeri a Detroit per stargli accanto ed aiutarlo a superare l’ennesimo periodo buio…


Detto senza peli sulla lingua: che due palle. Se qualche settimana fa mi ero lamentata del fatto che Kiss of the Damned reiterava il cliché dei vampiri colti, ricchi, annoiati e “buoni”, oggi tocca mettermi le mani nei capelli perché Only Lovers Left Alive non si limita solo a riproporre tali stereotipi, ma li incastra anche in una trama dove non accade praticamente nulla. Dopo metà film, quasi sul finale, Jarmush dev’essersi reso conto che anche le Hiddlestoners più sfegatate si sarebbero stufate di vedere il loro idolo impossibilmente bello ed affascinante ma con gli occhi chiusi e lo scazzo a tremila, quindi ha deciso di far “succedere cose” che, diciamocelo francamente, smuovono un po’ la situazione ma fondamentalmente non servono a nulla. Only Lovers Left Alive si attiene infatti strettamente al titolo che porta: in un mondo sostanzialmente corrotto, caotico e vuoto, l’unica cosa rimasta in vita è l’Amore, quello eterno tra Adam ed Eve, ed ogni persona o evento che minaccia anche solo di avvicinarsi al “dinamico” duo viene affrontata come fosse un fastidio, una parentesi scomoda di cui liberarsi il prima possibile. Se Eve, tanto quanto, cerca di aprirsi alla modernità e coltiva qualche sporadica quanto surreale amicizia (Marlowe/Shakespeare), Adam è l’incarnazione stessa del male di vivere, un vampiro talmente preda dello spleen e del pessimismo cosmico che in confronto Louis di Intervista col vampiro era il Pagliaccio Baraldi, schifato da quegli esseri umani che lui chiama "zombi" e interessato solo alla sua musica o alle chitarre d'antiquariato. Come già in Kiss of the Damned, a un certo punta arriva la sorella scapestrata di lei, Ava (che fantasia, soprattutto visto che viene pronunciato Eva!!) a ravvivare un po' la situazione e spargere qualche cadaverino qua e là, ma viene presto congedata dall'affabile coppia che, per tutta risposta, si becca quell'insulto che aleggiava da più di un'ora nella mente dello spettatore: "Siete due fottuti snob!!". E, aggiungo io, non fate altro che dormire e lamentarvi, a che vi serve vivere in eterno, per la miseria??? Mah.


Per quel che riguarda la regia, per carità, niente da dire, anzi. Only Lovers Left Alive è visivamente affascinantissimo, una contaminazione di ambienti grunge occidentali e affascinanti e calde atmosfere orientali, col regista che indugia sui volti e i corpi dei due amanti vampiri ricercando soluzioni particolarissime (la rotazione della telecamera all'inizio, i primi piani dopo le bevute di sangue, che ricordano tanto i trip di Trainspotting) ed elaborate costruzioni delle immagini. La colonna sonora è meravigliosa e a tratti ipnotica, soprattutto per quel che riguarda i due concerti che vengono mostrati e, ovviamente, i due protagonisti sono a dir poco stupendi: Tilda Swinton, con la sua androgina bellezza, è talmente particolare da risultare affascinante in qualsiasi scena mentre Tom Hiddleston è fuori da ogni immaginazione, bello da far paura e bravissimo nel conferire quel soverchiante ed aristocratico ennui al suo Adam. Una Mia Wasikowska sempre più brava e sicura di sé interpreta una simpatica e sensuale little bitch che ravviva la pellicola come un folletto e verrebbe da pregarla di fermarsi un po' di più per scuotere la sorellona e il cognato ma è solo un attimo, come ho detto, che passa e se ne va. Non come Only Lovers Left Alive che invece procede, lento, eterno ed immanente, alla faccia del Drugo che "sa aspettare": molto prosaicamente comprendo, da burina qual sono (e dico così perché all'inizio c'era un po' più di azione nel film ma, quando i produttori hanno detto a Jarmusch di abbondare ancora, lui ha deciso di ridurla ulteriormente quindi forse sono io che non capisco nulla), perché Adam abbia costanti pensieri suicidi e mi immagino anche lo sbattimento di Eve nel provare a tener desto l'interesse di un marito così visto che come spettatrice la mia mente vagava, vagava e riusciva a focalizzarsi solo quando compariva su schermo l'addominale scolpito e asciutto di Tommolino. Il resto sono solo vuote parole immerse in una bellissima cornice, reiterate in una noiosissima eternità. Quindi chissà se è meglio essere vampiri o zombie.


Di Tom Hiddleston (Adam), Tilda Swinton (Eve), Mia Wasikowska (Ava), John Hurt (Marlowe), Anton Yelchin (Ian) e Jeffrey Wright (Dr. Watson) ho già parlato ai rispettivi link.

Jim Jarmusch (vero nome James R. Jarmusch) è il regista e sceneggiatore della pellicola. Americano, ha diretto film come Daunbailò, Coffee and Cigarettes, Taxisti di notte, Dead Man, Ghost Dog - Il codice del samurai Broken Flowers. Anche attore, produttore e compositore, ha anni e un film in uscita.


A proposito di figoni incredibili, si narra che Michael Fassbender fosse in trattativa per un ruolo ma alla fine non se n'è fatto nulla ahimé! Detto questo, se Only Lovers Left Alive vi fosse piaciuto procuratevi Intervista col vampiro, The Addiction e Miriam si sveglia a mezzanotte. ENJOY!


Articolo pubblicato anche su Filmovie.it

mercoledì 18 gennaio 2012

La Talpa (2011)

Lo sapevo. Andare al cinema pieni di aspettative non porta a nulla. Ormai lo so e parto prevenuta a prescindere, ma poi ci sono film che sulla carta sono un trionfo, come La Talpa (Tinker Tailor Soldier Spy), diretto da Tomas Alfredson e tratto dal romanzo omonimo di John Le Carré, e uno non può fare altro che attenderli con ansia... finendo la serata sentendosi come Fantozzi davanti alla Corazzata Potiemkin.


Trama: ai tempi della guerra fredda i servizi segreti inglesi tremano. Tra loro, nientemeno che ai vertici, c'è una talpa che lavorerebbe per i russi. L'ex agente Smiley viene incaricato di scoprirne l'identità, ma non sarà un lavoro semplice... e neppure piacevole.


Per parafrasare l'arguta signora seduta alle mie spalle: "che du' palle!!". E sì, devo proprio dirlo, anche se mi fa male, male, male da morire, come direbbe Titty Ferro. La Talpa è uno dei film più ammorbanti che abbia visto in tempi recenti. Per carità, è l'equivalente della morte dolce, di un lento suicidio, di un consumarsi Baudelairiano, ma sempre morte è: bellissimo, formalmente ineccepibile, ben diretto, ben recitato, con delle immagini splendide, degli attori della straMadonna, dei simbolisimi inarrivabili, una fotografia commovente, un'attenzione ai particolari che ha dell'incredibile... ma comunque una gran rottura di maròni. Hai voglia a capire chi è la talpa! Quando (se, scusate!) arriverete alla fine saprete l'identità del fellone, va bene, ma nel frattempo il vostro cervello annichilito si sarà già dimenticato come diamine ha fatto Gary Oldman a sciogliere l'arcano!


E gli sceneggiatori l'hanno capito. Hanno intuito che al ventesimo minuto di compassato ed arguto silenzio Oldmaniano lo spettatore più debole avrebbe cominciato a sbuffare... hanno percepito un ronfare nell'aere quando lo stesso Oldman si è messo a parlare per un quarto d'ora di Karla, di accendini, mogli e buoi dei paesi tuoi, interrogatori e disertori russi... quindi BAM! ci hanno piazzato la rivelazione dell'agente gay (assente nel romanzo originale) e del vecchio cornuto così il pubblico avrebbe aperto gli occhi, nuovamente interessato a tutta la faccenda. E avrebbero continuato così, alternando momenti di assoluta noia statica a uccisioni improvvise, in un susseguirsi di bastoni sedativi e carote energizzanti, riuscendo anche a catturare lo spettatore che pensa "dopo tutta sta menata mo' voglio proprio saperlo chi è sta razzo di talpa!!!"... per poi concludere con una delle sequenze più belle, geniali e ahimé involontariamente trash della storia del cinema, in cui la talpa finalmente smascherata si profonde, nel 300esimo flashback del film, in un florilegio di sguardi equivoci ed ammiccamenti al ritmo forsennato di "aaah, la mer... la mer....", concupendo l'unico personaggio che MAI avremmo creduto concupibile. Con tanto di applauso finale E alla canzone (di Julio Iglesias, mica pizza e fichi!!), E al film, E alla faccetta sorniona di Gary Oldman, indiscusso vincitore e scopritore di talpe. Applauso che non ha rispecchiato quello del pubblico, non stavolta. Un raffinatissimo, bellissimo, tecnicamente perfetto EPIC FAIL, per dirla con parole moderne.


Del regista Tomas Alfredson ho già parlato qui, mentre di Gary Oldman (Smiley), Mark Strong (Prideaux), John Hurt (Controllo, ma avrebbe dovuto interpretare Smiley secondo le prime indiscrezioni), Colin Firth (Bill Haydon), Ciaràn Hinds (Roy Bland) e Stephen Graham (Jerry Westerby) ho già parlato nei rispettivi link.

Toby Jones interpreta Percy Alleline. Inglese, ha partecipato a film come Orlando, I miserabili, Giovanna D’Arco, Neverland – Un sogno per la vita, Il rito, Captain America: Il primo Vendicatore e My Week With Marilyn, inoltre ha doppiato Dobby in Harry Potter e la camera dei segreti e nelle due parti di Harry Potter e i doni della morte e un personaggio di Le avventure di Tintin: il segreto dell’unicorno, oltre ad aver partecipato ad un episodio di Doctor Who. Ha 45 anni e tre film in uscita, tra cui l’imminente Biancaneve e il cacciatore.


David Dencik (vero nome Karl David Sebastian Dencik) interpreta Toby Esterhase. Svedese, ha partecipato a film come Uomini che odiano le donne e l'imminente remake USA Millenium: Uomini che odiano le donne, oltre alla serie tratta dai libri di Stieg Larsson, Millenium. Anche produttore, ha 37 anni e un film in uscita.


Tom Hardy (vero nome Edward Thomas Hardy) interpreta Ricki Tarr. Inglese, ha partecipato a film come Marie Antoniette, Sucker Punch e Inception. Ha 35 anni e tre film in uscita, tra cui Il Cavaliere Oscuro – Il ritorno.


Nel film compare anche lo scrittore John Le Carré, come uno degli ospiti della festa. Benedict Cumberbatch, che nel film interpreta Peter Guillam, sta vivendo il suo momento di gloria come protagonista della nuovissima serie Sherlock e parteciperà anche all’imminente Lo Hobbit di Peter Jackson. Rimanendo in tema “nuovi attori famosi”, Michael Fassbender avrebbe dovuto interpretare Ricki Tarr, ma era già impegnato sul set di X – Men: First Class, mentre il Moriarty di Sherlock Holmes: Gioco di ombre, Jared Harris, avrebbe dovuto partecipare con il ruolo di Percy Alleline. La talpa può essere benissimo definito remake, perché il romanzo di Le Carré era già stato portato sul piccolo schermo nel 1979 da John Irvin, con Alec Guinness nel ruolo di Smiley; se vi piace questo genere di film, però, mi sento di consigliarvi il bellissimo Arlington Road, dove la paranoia si fa davvero palpabile. ENJOY!!

martedì 30 novembre 2010

Harry Potter e i Doni della Morte - parte 1 (2010)

E’ cominciata qualche giorno fa, almeno per me, la lunga attesa che si protrarrà fino a giugno/luglio 2011, periodo in cui uscirà la seconda e ultima parte di Harry Potter e i Doni della Morte (Harry Potter and the Deathly Hallows), diretto da David Yates. Se il buongiorno si vede dal mattino posso ben sperare, visto che finora questo è il film della saga che mi è piaciuto di più, anche se ovviamente il libro è molto superiore.

Harry Potter and the Deathly Hallows Part I Poster 1

Trama: dopo la morte di Silente il mondo della magia è nel caos. Mentre Voldemort prende il potere, sia in Inghilterra che a Hogwarts, Harry, Ron ed Hermione partono alla ricerca degli Horcrux, oggetti incantati nei quali Colui che non deve essere nominato ha nascosto pezzi della sua anima. Il compito, ovviamente, è molto meno facile di quanto si aspettassero…

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Dopo anni passati a vedere gli splendidi libri della Rowling sacrificati in due ore e passa di film, penalizzati da tagli, approssimazioni, buchi e quant’altro, finalmente all’ultimo romanzo viene dato il trattamento che merita e si è deciso di dividerlo in due film parecchio lunghetti e pregni di indizi, rimandi ai precedenti, momenti di approfondimento e quant’altro. Per chi, come me, rasenta il fascismo quando si tratta di adattamenti cinematografici, una cosa simile è una manna dal cielo, ma nonostante questo, credetemi, avrò qualcosa per cui lamentarmi, più o meno verso la fine del post. Per ora, parliamo delle (molte) cose positive: innanzitutto, complimenti agli sceneggiatori, al regista, agli scenografi e ai costumisti perché questo Harry Potter e i Doni della Morte è curatissimo soprattutto nei dettagli. Nonostante manchino gli ambienti grandiosi e fantastici tipici dei film precedenti, come la Gringott o Hogwarts, il senso di meraviglia viene mantenuto vivo innanzitutto dagli spettacolari paesaggi che vengono utilizzati come sfondo per i vari spostamenti del trio durante la ricerca degli Horcrux, dai pochi ma degnissimi inseguimenti e scontri a base di incantesimi, dalle stilosissime mise che indossano i protagonisti e, soprattutto, dai piccoli gesti che, più di qualsiasi dialogo, mostrano allo spettatore i legami di amicizia o amore che legano i vari personaggi: commovente l’inizio con Hermione che cancella sé stessa dalla mente dei genitori, da vera wakka wakka il gesto di Ginny che, a schiena nuda, chiede a Harry di tirarle su la zip dell’abito, stupendo il faccione rapito di Ron che contempla Hermione impegnata ad insegnargli a suonare Fur Elise al pianoforte, molto carina la scena in cui Harry cerca di tirare su il morale ad Hermione facendola ballare (anche se il tutto risulta un barbatrucco per trarre in inganno gli sprovveduti che, non avendo letto i libri, potevano pensare ad una liaison tra i due…); ma quello che ho amato di più, oltre al bellissimo cartone animato che racconta la storia dei Doni della Morte (esemplare, quasi più bello dello stesso film e con un impatto grafico che mi ricordava tantissimo le Totentanzen e, per estensione, Il settimo sigillo), è come il regime di Voldemort influenzi il ministero, che si trasforma in una fabbrica di pamphlet anti-babbani in perfetto stile stalinista pattugliata da camicie nere e decorata da statue che rappresentano Babbani schiacciati dalla potenza dei maghi.

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Nonostante questa quasi perfezione, però, ho provato uno strano senso di “fretta”, di mancanza di sentimento (il che è paradossale, visto quello che ho scritto prima). Gli sceneggiatori, molto intelligentemente, hanno gettato qualche spiegazione che rammentasse gli eventi passati, hanno snellito qualche punto che nel libro era troppo lungo e ripetitivo e hanno ovviamente eliminato parecchi utilizzi della Pozione Polisucco, che ci avrebbero fatto assistere ad un film praticamente privo degli attori principali, però a tratti mi è sembrato di trovarmi davanti un film a microepisodi il cui unico scopo è esaurirsi puntando al finale necessariamente sospeso. Un’altra cosa che mi ha fatta storcere il naso è l’assoluta assenza di un elemento fondamentale come il Mantello dell’Invisibilità e che, nonostante l’abbondanza di episodi particolarmente significativi dal punto di vista “psicologico”, ci si sia dimenticati di far recuperare ad Harry l’occhio di Moody, incastonato nella porta dell’ufficio della Umbridge, e soprattutto che non si sia fatta menzione della foto strappata nella camera di Sirius; questo mi fa temere che nel secondo episodio si sorvolerà parecchio sulla vita di Piton, il che mi fa notevolmente irritare. Cerchiamo di non pensarci, e di apprezzare quello che abbiamo. Per fortuna gli attori sono tutti in gran forma (tutti tranne il solito Daniel Radcliffe che, nei panni di Harry, ormai è proprio arrivato alla frutta: l’unico momento in cui è realmente credibile, paradossalmente, è quando interpreta qualcun altro!!) nonostante debba lamentarmi del fatto che Piton e, soprattutto, Lucius, si vedano poco e che Helena Bonham Carter sia leggermente sottotono rispetto ai film precedenti. Tra l’altro ho adorato l’attore che, per una decina di minuti, sostituisce Radcliffe nelle scene ambientate al ministero: duro come un bacco ma con un’espressività esilarante! Molto bella anche la vena horror che, fin dall’inizio, percorre il film (pare che per evitare ulteriori divieti la scena della tortura di Hermione sia stata pesantemente tagliata), ma perdonate se alla fine, di fronte alla morte del pupazzo CG più mollo che la storia ricordi, non è riuscita a scendermi nemmeno una lacrima. Insomma, alla fine, do al film la sufficienza piena con un paio di virgole confidando che facciano ancora meglio nell’ultimo capitolo.

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"Lucius... mi NECESSITA la bacchetta...." GENIALE XD



Ho già parlato, e più volte, sia del regista David Yates che di quasi tutti gli attori che recitano in questo film, quindi metterò il loro nome linkabile, in caso voleste saperne di più: Daniel Radcliffe (Harry Potter), Rupert Grint (Ron Weasley), Emma Watson (Hermione Granger), Alan Rickman (Severus Piton), Helena Bonham Carter (Bellatrix Lestrange), Bill Nighy (Il ministro della magia Rufus Scrimgeour), Julie Walters (Molly Weasley), Timothy Spall (Codaliscia), Brendan Gleeson (Malocchio Moody) e per finire John Hurt (il fabbricante di bacchette, Olivander).

Jason Isaacs interpreta *sbava copiosamente* Lucius Malfoy. Attore inglese che la Bolla apprezza particolarmente per la beltade che lo caratterizza, lo ricordo in film come Dragonheart, Armageddon, Resident Evil, Lo Smoking, Harry Potter e la camera dei segreti, Peter Pan, Harry Potter e il Calice di fuoco, Grindhouse e Harry Potter e l’Ordine della Fenice. Ha 47 anni e quattro film in uscita tra cui, ovviamente, la seconda parte de I doni della Morte.

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Ralph Fiennes interpreta nientemeno che Voldemort. Attore inglese tra i più bravi, più volte nominato per l’Oscar, fratello del meno famoso Joseph Fiennes (quello che ha fatto Shakespeare in Love, per intenderci…), lo ricordo per film come Schindler’s List, Strange Days, Il paziente inglese, The Avengers – Agenti speciali, Spider, Red Dragon, Harry Potter e il Calice di fuoco e Harry Potter e l’Ordine della Fenice, e per aver prestato la voce ne Il principe d’Egitto e Wallace & Gromit – La maledizione del coniglio mannaro. Ha 48 anni e tre film in uscita, tra cui la seconda parte de I doni della Morte.

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Robbie Coltrane interpreta Hagrid. L’attore scozzese ha partecipato a tutti i film della serie Harry Potter, e tra le sue altre pellicole ricordo Flash Gordon, la versione tv di Alice nel paese delle meraviglie, From Hell – La vera storia di Jack lo squartatore, Van Helsing e Ocean’s Twelve. Ha 60 anni e due film in uscita.   

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Rhys Ifans è la new entry del film ed interpreta Xenophilius Lovegood, il papà di Luna. Attore gallese, ha recitato in Twin Town, Notting Hill, The Shipping News – Ombre dal passato, Hannibal Lecter – Le origini del male, Elizabeth: The Golden Age e il geniale I Love Radio Rock. Ha 42 anni e cinque film in uscita, tra cui il reboot di Spiderman (GIA?????) dove interpreterà, probabilmente, Lizard, e una versione televisiva di Peter Pan dove vestirà il ruolo di Capitan Uncino.

Rhys-Ifans

E ora, un paio di curiosità. Quasi all’inizio del film vengono introdotti due personaggi che sarebbero dovuti spuntare già nei film precedenti, ed uno di questi è Bill Weasley che, guarda caso, è interpretato da Domnhall Gleeson, figlio di quel Brendan Gleeson che incarna degnamente lo sfortunato Malocchio Moody. Pare, inoltre, che sia Shyamalan che Guillermo del Toro si fossero offerti di dirigere il film. Peccato che il secondo sia stato lasciato fuori, ma se il maledetto Sciabadà avesse anche solo sfiorato la cinepresa credo gli avrei amputato le mani. E ora vi lascio con il trailer che unisce i due film... vi dico la verità, non vedo l'ora che esca l'ultimo!! ENJOY!

venerdì 1 agosto 2008

Hellboy (2004)

Tempo di sequel, e chi non ha visto i primi capitoli come la sottoscritta si deve adeguare. Quindi, consigliata da parecchi, ho deciso di guardare Hellboy di Guillermo del Toro, tratto dall'elegantissimo comic di Mike Mignola.



Durante la seconda guerra mondiale i nazisti si alleano con il Monaco Rasputin (quello della rivoluzione Russa, sì...) per portare l'inferno sulla terra e conquistare la supremazia mondiale. Il rito viene interrotto dai soldati americani e dal Professor Bruttenholm (John Hurt) con il risultato che, al posto dell'inferno sulla terra, rimane un piccolo diavoletto: Hellboy. Il Professore lo adotta e lo cresce come un ingombrante figlio umano, usandolo, assieme ad altri personaggi, nella battaglia contro i demoni che infestano la terra. Finché Rasputin non torna a reclamare la paternità di Hellboy e allora quest'ultimo dovrà confrontarsi con la sua vera natura.



Al di là del fatto che l'opera di Mignola è più complessa e graficamente più elegante, questo film è davvero carino, seppur un pò semplificato.


I personaggi sono gradevolissimi, a partire del protagonista, un duro dal cuore tenerissimo, amante di ogni stravizio made in USA (nachos, salsa chili, patatine ecc.) e dei gattini, oltre che della pirocinetica Liz. Ovviamente Hellboy è il pilastro portante del film, ma ci sono anche la già citata Liz, che sembra tirata fuori dall'Incendiaria di Stephen King, una ragazza troppo giovane e troppo traumatizzata dai suoi poteri per poter rimanere accanto al demonietto, e poi l'acquatico Abe Sapien, una sorta di "mostro della laguna" amante dei libri e dotato di poteri psichici. Se dovessi proprio trovare un difetto al film, opterei per i villains, banalotti e triti (diciamo che i nazisti ci hanno un pò stufato...) e i mostri che li affiancano, stanche variazioni di horror passati.


Tecnicamente il film è ineccepibile, il montaggio è ottimo e quasi rilassante, assai lontano dall'effetto videoclip che va molto di moda ultimamente, gli effetti speciali sono ovviamente all'altezza come lo splendido trucco di Ron Perlman, che diventa un diavolo rosso somigliantissimo. La trama alterna momenti di pura ilarità (il salvataggio dei gattini nella metro), azione e anche amore (obiettivamente Hellboy e Liz sono tenerissimi ed il finale è quasi commovente).


Un film per ragazzini, ma finalmente non per ragazzini dementi.


Guillermo del Toro è il regista che, in assoluto, più si è distaccato dal gruppetto costituito da Tarantino, Rodriguez (di cui è grande amico) ed Avery, consacrandosi all'horror più visionario e particolare, lontano forse dalle mode e dagli omaggi più o meno cinefili. Tra i film del regista messicano  ricordo Mimic (che tanto ha schifato Toto pur non avendolo visto XD), Blade II e Il Labirinto del Fauno. Probabilmente dirigerà Lo Hobbit. Ha 44 anni.



Ron Perlman interpreta Hellboy. Personalmente credo che Ron Perlman sia il miglior caratterista che Hollywood possa offrire, con quella faccia un pò butterata, quell'espressione dura, quei tratti somatici che sono assolutamente impossibili da dimenticare. Giocate al dove l'ho già visto, personalmente i miei film preferiti sono: Il nome della rosa (lui era il mitico Salvatore! Penitenziagite!!!) I sonnambuli, Scuola di polizia missione a Mosca, Una cena quasi perfetta, Alien: la clonazione, Blade II, Looney Tunes: Back in Action, Desperation, Hellboy II. Televisivamente parlando ha all'attivo un sacco di doppiaggio, per cartoni come Animanicas, Aladdin, Bonkers, Kim Possible, Tarzan e, ovviamente, Hellboy. Inoltre ha partecipato a Streghe. Ha 58 anni e 13 film in uscita!!



Selma Blair interpreta Liz, la pirocinetica. Come non ricordare quest'attrice che vinse anche un MTV Award per il migliore bacio lesbico dato a Sarah Michelle Gellar in Cruel Intentions, cosa che all'epoca fece discreto scandalo. Tra i suoi altri film In & Out, Scream 2, Giovani, pazzi e svitati. Ha 36 anni e un film in uscita.



John Hurt interpreta il prof. Buttenholm. L'attore inglese, grande vecchio del cinema, ha interpretato tra gli altri film: Alien, The Elephant Man, I cancelli del cielo, Taron e la pentola magica (voce), Vincent, Frankenstein oltre le frontiere del tempo, Dead Man, Lost Souls, Harry Potter e la pietra filosofale (era il Sig. Olivander), Il Mandolino del Capitano Corelli (male!!! Shame on you!!!)The Skeleton Key, V per vendetta, Indiana Jones e il regno del teschio di cristallo. Ha 68 anni e 7 film in uscita.



Per completezza, metto il trailer del cartone animato, che dovrebbe, a rigor di logica, essere doppiato proprio da Ron Perlman. L'animazione supereroistica made in USA mi fa schifo, tranne per la compianta serie di Batman, ma... enjoy!!!


 


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