Durante le vacanze di Natale ho recuperato, complice anche l'interesse del Bolluomo, Panama Papers (The Laundromat), diretto da Steven Soderbergh nel 2018.
Trama: dopo un incidente mortale accorso al marito, Ellen si ritrova coinvolta in una frode finanziaria che ha ramificazioni in tutto il mondo.
Alla fine di Panama Papers ho dovuto confrontarmi a lungo col Bolluomo perché, lo confesso candidamente, non ci ho capito nulla. Sarà molto difficile dunque scrivere un post sul film perché molte delle cose di cui parla non hanno alcun senso per me: capisco il concetto di società di facciata, capisco anche quello di società fiduciarie, mi perdo un po' in quello di riassicurazione, ma mettere assieme tutto ciò è dannatamente complesso perché, pur essendo una persona dalla mente "astratta", l'assenza di beni tangibili e la riduzione in mere cifre, nomi o scatole vuote mi frantuma il cervello. Alla fine di tutto il film, l'unica domanda che avevo in testa è "Ma come ca**o fa tutto questo ad essere legale?". Ecco, appunto, qui casca l'asino, casca la Streep col suo sentito appello finale e casca persino Obama, nelle leggi americane c'è qualcosa che non va per consentire tutto questo, per permettere l'esistenza di compagnie che creano società di facciata residenti nei cosiddetti paradisi fiscali, spesso frodando la povera gente e riciclando denaro, ma tant'è. Di gravemente illegale, in tutto questo, non c'è nulla, e i responsabili (il gatto e la volpe Mossack e Fonseca, persone realmente esistenti) rischiano al massimo tre mesi di galera e un buffetto di simpatia, con l'ammonizione di non farlo mai più. E benché il tutto venga spiegato in maniera molto ironica dai già citati gatto & volpe interpretati, per l'occasione, da un Gary Oldman con accento tedesco e da Antonio Banderas, forse a causail titolo italiano fuorviante uno rischia davvero un po' di perdersi perché i cosiddetti Panama Papers compaiono giusto all'ultimo, in guisa di pietra dello scandalo che porta il mondo intero ad aprire gli occhi su un enorme segreto di Pulcinella, mentre dall'alto della mia ignoranza avrei pensato che sarebbe stata Ellen ad agitare le acque e mettere al muro gli alti papaveri della finanza criminale con la perseveranza delle persone normali.
Quindi, sarà perché ci ho capito poco, al punto che spesso ho dovuto fare dei bei rewind (santa Netflix!) a causa di repentini cali della palpebra, ma Panama Papers non mi ha entusiasmata molto. Innanzitutto è troppo sbilanciato verso la commedia ma non ha l'arguzia di un film scritto e diretto da Adam McKay, nonostante l'accattivante utilizzo di capitoli o rotture della quarta parete, inoltre racconta vicende (a mio parere, ovvio) poco coinvolgenti; solo con la storia di Ellen si potrebbe empatizzare al punto da provare schifo, mentre quella del miliardario africano con figlia a carico o quella ambientata in Cina e basata su fatti realmente accaduti sembrano quasi dei tapulli aggiunti per allungare un po' il brodo, di base perché, come ho scritto su, le azioni di Ellen sono una goccia nel mare e non così rilevanti ai fini della condanna di Mossack e Fonseca (come direbbe Ortolani, si possono fare mille speculazioni ma qui trattasi di CULO). Ho percepito, tra l'altro, una voglia di rincorrere la guest star quasi fine a se stessa, tanto che molti nomi di spessore vengono sprecati in due/tre sequenze di raccordo velocissime e dimenticabili; un esempio su tutti, Sharon Stone, che non avevo riconosciuto e che ho notato solo grazie ai titoli di coda, ma non va meglio a James Cromwell, Robert Patrick o David Schwimmer, comparsi e poi subito liquidati come nemmeno Greg Grunberg all'interno delle opere targate J.J.Abrams. Onestamente un po' mi spiace, visti i grandi nomi coinvolti e la fiducia che da anni mi smuove davanti a ogni nuova uscita di Soderbergh ma stavolta il suo ultimo lavoro mi ha lasciata un po' insoddisfatta. Alla prossima, che dire.
Del regista Steven Soderbergh ho già parlato QUI. Gary Oldman (Jurgen Mossack), Antonio Banderas (Ramon Fonseca), Meryl Streep (Ellen Martin), James Cromwell (Joe Martin), Robert Patrick (Capitano Paris), David Schwimmer (Matthew Quirk), Jeffrey Wright (Malchus Irvin Bonchamp), Sharon Stone (Hannah) e Matthias Schoenaerts (Maywood) li trovate invece ai rispettivi link.
Melissa Rauch, la Bernadette di The Big Bang Theory, interpreta la figlia di Meryl Streep. Se Panama Papers vi fosse piaciuto recuperate The Wolf of Wall Street e La grande scommessa. ENJOY!
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domenica 8 marzo 2020
venerdì 23 febbraio 2018
The Disaster Artist (2017)
Come avrete già intuito dal post su The Room, oggi parlerò di The Disaster Artist, diretto nel 2017 dal regista James Franco e tratto dal libro omonimo di Greg Sestero e Tom Bissell, candidato all'Oscar per la Miglior Sceneggiatura Non Originale.
Trama: il giovane Greg, attore di belle speranze, viene attirato dalla carismatica figura di Tommy Wiseau, anch'egli desideroso di diventare attore ma assolutamente NON portato per intraprendere la carriera. Nonostante tutto, i due diventano amici e decidono di realizzare il loro film, The Room, senza immaginare che l'opera verrà consacrata ai posteri come il Quarto potere dei film brutti.
Il mondo del cinema è davvero un universo a parte dove può succedere di tutto. Ci sono film oggettivamente belli che magari la gente dimentica dopo due o tre giorni, ci sono i capolavori che vengono riconosciuti subito, quelli che ci mettono anni per ottenere questo status, le robe orrende che giustamente vengono subito stroncate e condannate all'oblio... e poi ci sono film come The Room. The Room è una schifezza diretta coi piedi, scritta da un pazzo, "recitata" da cani maledetti se mai ne sono esistiti, eppure con gli anni è diventata un cult, un'aberrazione talmente affascinante e con un background così assurdo da raccogliere attorno a sé miriadi di adepti persino tra gli addetti ai lavori. Qui casca l'asino, ovvero James Franco, attore/regista/sceneggiatore talmente folle da scegliere di realizzare un docupic interamente dedicato alla creazione di The Room e alle due figure che si nascondono dietro di essa, Tommy Wiseau e Greg Sestero. Quest'ultimo, furbone matricolato alla faccia del suo aspetto da "bambolino", ha pensato bene di scrivere un libro autobiografico per cavalcare l'inaspettato successo postumo del Quarto potere dei film brutti e consacrarlo ancor più ad imperitura memoria, libro all'interno del quale viene raccontata la genesi dell'amicizia tra lui e Wiseau e tutti gli assurdi dettagli della produzione, realizzazione e distribuzione di The Room, un "dietro le quinte" che Franco ripropone (romanzandolo parecchio) con un amore tangibile, cercando di raccontare una storia molto umana piuttosto che mettere alla berlina i coinvolti o scavare nel torbido. Lo spettatore viene così portato a condividere il punto di vista di Greg Sestero, ragazzo dalla faccia pulita e dalle limitate doti di attore, che si ritrova suo malgrado a dover arginare la debordante personalità di Tommy Wiseau, uomo dalle origini sconosciute, di età indefinita e zeppo di soldi che compensa la sua assoluta incapacità attoriale (assieme a quella relazionale) con una totale mancanza di vergogna e percezione di sé. La strana amicizia tra i due nasce nel segno di James Dean e si accende dell'entusiasmo di Wiseau, che propone a Greg di condividere un appartamento a Los Angeles e da lì partire per realizzare i rispettivi sogni; purtroppo, mentre Greg comincia piano piano ad ottenere delle piccole parti e trova persino una bella fidanzata, Tommy viene scoraggiato da più parti e rimane sempre più solo, al punto da arrivare quasi a rinunciare, almeno finché Greg, per consolarlo e spronarlo, non propone incautamente di realizzare un film tutto loro. Il resto, come si suol dire, è storia. Una storia non sempre bella, certo, anche perché l'inadeguatezza di Tommy si trasforma in quattro e quattr'otto in arroganza e cattiveria sul set, alimentata da frustrazione personale e dalla convinzione di essere un genio incompreso, mentre persino Greg a un certo punto perde la pazienza e decide di lasciare Wiseau al suo destino, vergognandosi di avere partecipato ad un film condannato in partenza ad essere un flop.
Il bello di The Disaster Artist è proprio questa sua capacità di raccontare la storia di una persona VERAMENTE strana dotata di un sogno irrealizzabile, qualcosa di fruibile anche da chi The Room non l'ha mai visto. Il disagio di Greg si avverte palpabile per tutto il film, così come il suo desiderio di non ferire Tommy e di sostenere comunque l'amico che nonostante tutto lo ha aiutato ad entrare nel mondo dello spettacolo; allo stesso modo, Wiseau sarebbe da prendere a schiaffi per la sua tracotanza e testardaggine ma spesso suscita anche sentimenti di tristezza e pietà, ché non dev'essere facile essere troppo weird persino per Hollywood e venire etichettati come "cattivi" solo per il proprio aspetto quando invece si vorrebbe recitare nei panni dell'eroe. Per chi invece ha visto The Room, il film di Franco assume una valenza ancora diversa e porta non solo a guardare con maggiore indulgenza agli enormi difetti dell'opera di esordio di Wiseau, ma anche a capirne la natura di "comfort zone", di universo a sé stante dove Tommy poteva non solo essere protagonista ma anche raccontare la sua storia, il suo desiderio di essere eroe buono ed incompreso, avere il controllo di qualcosa dal quale la macchina di Hollywood lo avrebbe sempre tenuto fuori. Ecco che allora il folle desiderio di perfezione assoluta (emblematica la scena in cui Tommy umilia l'attrice che interpreta Lisa davanti a tutti), il fastidio di venire criticato da persone palesemente più competenti di lui, la necessità di distinguersi dagli altri in ogni modo possibile e immaginabile diventano comprensibili, benché non giustificabili, e lo spettatore comincia a sentirsi come Greg, un po' in colpa per quelle sensazioni di vergogna, disgusto e ilarità provate guardando The Room. E anche se il trionfo raccontato sul finale non c'è mai stato, perché la natura involontariamente comica di The Room è stata riconosciuta solo in seguito, grazie alle già citate proiezioni di mezzanotte, c'è della soddisfazione (perversa?) nel veder celebrare una creatura ambigua come Wiseau in tutta la sua gloria, assistendo alle risate e alle urla di una platea in visibilio per cotanta trashissima sfacciataggine. E questo, se permettete, è l'unico vero difetto di The Disaster Artist, perché rischia di spingere la gente a guardare un film che, lungi dal divertire, fa soltanto cadere le balle da quanto è noioso.
Per il resto, The Disaster Artist è tanta roba, a partire soprattutto da James Franco. Il suo annullamento all'interno del personaggio di Wiseau è da antologia, con quel terrificante accento europeo (pardon, di New Orleans) strascicato e la fisicità tracotante; perfettamente in bilico tra commedia e tragedia, il Wiseau di Franco colpisce nei momenti più esilaranti del film ma tocca il cuore in quelli più seri ed "introspettivi" e dispiace che l'attore sia stato tenuto fuori dalla corsa agli Oscar per l'ennesimo scandalo a sfondo sessuale perché, ora come ora, tra lui e Gary Oldman avrei delle serie difficoltà a scegliere un vincitore. Ma non c'è solo questo, perché Franco merita il plauso anche e soprattutto per il modo certosino con cui ha ricostruito alla perfezione la maggior parte delle scene (s)cult di The Room, alcune inserite nel film, altre utilizzate nei titoli di coda per fare un confronto con le sequenze originali, con risultati da lasciare a bocca aperta. Molto bravo anche il fratello Dave, che normalmente viene relegato a ruoli di belloccio inespressivo e che qui riesce a reggere la scena senza farsi troppo eclissare dal più carismatico James, creando così una sorta di equilibrio all'interno delle varie sequenze, e intelligente l'utilizzo di buona parte della solita combriccola di Franco, con gli amici di sempre ingaggiati per ruoli più o meno importanti (mi ha fatto molto piacere vedere l'adorato Rogen, nei panni del cinico Sandy, sottolineare gli stessi difetti di "anatomia sessuale" che ho evidenziato io nel post su The Room). In buona sostanza, The Disaster Artist merita di finire in un'ideale Top 5 di film visti in preparazione della notte degli Oscar e vi consiglio di correre a vederlo, cercando possibilmente un cinema che lo proietti in v.o. altrimenti lasciate pure perdere, ché l'interpretazione di Franco si aggiudica un buon 60% di merito per la riuscita del film.
Del regista James Franco, che interpreta anche Tommy Wiseau/Johnny, ho già parlato QUI. Dave Franco (Greg Sestero/Mike), Seth Rogen (Sandy), Zac Efron (Dan/Chris R), Josh Hutcherson (Philip/Denny), Sharon Stone (Iris Burton), Bob Odenkirk (insegnante Stanislavsky), Tommy Wiseau (Henry, MI RACCOMANDO NON OSATE ALZARVI PRIMA DELLA FINE DEI TITOLI DI CODA!!!!), Zoey Deutch (Bobbi), Judd Apatow (produttore di Hollywood), Christopher Mintz - Plasse (Sid), Jason Mitchell (Nate) e Greg Sestero (Agente di casting) li trovate invece ai rispettivi link.
Ari Graynor interpreta Juliette, ovvero "Lisa". Americana, ha partecipato a film come Mystic River, Whip It e a serie quali I Soprano, Veronica Mars, CSI - Miami e Numb3rs; come doppiatrice, ha lavorato nelle serie The Cleveland Show, I Griffin e American Dad!. Anche produttrice, ha 35 anni e un film in uscita.
Alison Brie interpreta Amber. Americana, ha partecipato a film come Scream 4, The Post e a serie quali Hannah Montana e GLOW; come doppiatrice, ha lavorato nelle serie Robot Chicken, American Dad!, Bojack Horseman e nel film The Lego Movie. Anche produttrice, ha 36 anni.
Megan Mullally interpreta Mrs. Sestero. Americana, meravigliosa Karen Walker della serie Will & Grace, ha partecipato a film come Che cosa aspettarsi quando si aspetta e ad altre serie quali La signora in giallo, Frasier, Innamorati pazzi, Una famiglia del terzo tipo, How I Met Your Mother e 30 Rock; inoltre ha doppiato episodi di Batman e il film Hotel Transylvania 2. Anche produttrice e sceneggiatrice, ha 60 anni.
Melanie Griffith interpreta Jean Shelton. Americana, la ricordo per film come Omicidio a luci rosse, Una donna in carriera, Il falò delle vanità, Lolita e Pazzi in Alabama, inoltre ha partecipato a serie quali Starsky & Hutch, Miami Vice, Nip/Tuck e ha anche doppiato episodi di Robot Chicken e il film Stuart Little 2. Anche produttrice, ha 61 anni.
Nei panni di loro stesse compaiono star di Hollywood come Ike Barinholtz, Kevin Smith, Keegan-Michael Kay, Adam Scott, Danny McBride, Kristen Bell, J.J. Abrams, Lizzy Caplan, Bryan Cranston e Dylan Minnette; in particolare, da Barinholtz alla Caplan si tratta di veri fan di The Room, che spiegano perché il film di Wiseau li affascini ancora oggi. Sono invece rimasti fuori dal film i camei di Zach Braff e Jim Parson. Se The Disaster Artist vi fosse piaciuto recuperate OVVIAMENTE The Room, aspettate l'uscita di Best F(r)iends (il film scritto da Greg Sestero dopo aver visto The Disaster Artist, che riunisce finalmente lui e Tommy Wiseau) e aggiungete Ed Wood. ENJOY!
Trama: il giovane Greg, attore di belle speranze, viene attirato dalla carismatica figura di Tommy Wiseau, anch'egli desideroso di diventare attore ma assolutamente NON portato per intraprendere la carriera. Nonostante tutto, i due diventano amici e decidono di realizzare il loro film, The Room, senza immaginare che l'opera verrà consacrata ai posteri come il Quarto potere dei film brutti.
Il mondo del cinema è davvero un universo a parte dove può succedere di tutto. Ci sono film oggettivamente belli che magari la gente dimentica dopo due o tre giorni, ci sono i capolavori che vengono riconosciuti subito, quelli che ci mettono anni per ottenere questo status, le robe orrende che giustamente vengono subito stroncate e condannate all'oblio... e poi ci sono film come The Room. The Room è una schifezza diretta coi piedi, scritta da un pazzo, "recitata" da cani maledetti se mai ne sono esistiti, eppure con gli anni è diventata un cult, un'aberrazione talmente affascinante e con un background così assurdo da raccogliere attorno a sé miriadi di adepti persino tra gli addetti ai lavori. Qui casca l'asino, ovvero James Franco, attore/regista/sceneggiatore talmente folle da scegliere di realizzare un docupic interamente dedicato alla creazione di The Room e alle due figure che si nascondono dietro di essa, Tommy Wiseau e Greg Sestero. Quest'ultimo, furbone matricolato alla faccia del suo aspetto da "bambolino", ha pensato bene di scrivere un libro autobiografico per cavalcare l'inaspettato successo postumo del Quarto potere dei film brutti e consacrarlo ancor più ad imperitura memoria, libro all'interno del quale viene raccontata la genesi dell'amicizia tra lui e Wiseau e tutti gli assurdi dettagli della produzione, realizzazione e distribuzione di The Room, un "dietro le quinte" che Franco ripropone (romanzandolo parecchio) con un amore tangibile, cercando di raccontare una storia molto umana piuttosto che mettere alla berlina i coinvolti o scavare nel torbido. Lo spettatore viene così portato a condividere il punto di vista di Greg Sestero, ragazzo dalla faccia pulita e dalle limitate doti di attore, che si ritrova suo malgrado a dover arginare la debordante personalità di Tommy Wiseau, uomo dalle origini sconosciute, di età indefinita e zeppo di soldi che compensa la sua assoluta incapacità attoriale (assieme a quella relazionale) con una totale mancanza di vergogna e percezione di sé. La strana amicizia tra i due nasce nel segno di James Dean e si accende dell'entusiasmo di Wiseau, che propone a Greg di condividere un appartamento a Los Angeles e da lì partire per realizzare i rispettivi sogni; purtroppo, mentre Greg comincia piano piano ad ottenere delle piccole parti e trova persino una bella fidanzata, Tommy viene scoraggiato da più parti e rimane sempre più solo, al punto da arrivare quasi a rinunciare, almeno finché Greg, per consolarlo e spronarlo, non propone incautamente di realizzare un film tutto loro. Il resto, come si suol dire, è storia. Una storia non sempre bella, certo, anche perché l'inadeguatezza di Tommy si trasforma in quattro e quattr'otto in arroganza e cattiveria sul set, alimentata da frustrazione personale e dalla convinzione di essere un genio incompreso, mentre persino Greg a un certo punto perde la pazienza e decide di lasciare Wiseau al suo destino, vergognandosi di avere partecipato ad un film condannato in partenza ad essere un flop.
Il bello di The Disaster Artist è proprio questa sua capacità di raccontare la storia di una persona VERAMENTE strana dotata di un sogno irrealizzabile, qualcosa di fruibile anche da chi The Room non l'ha mai visto. Il disagio di Greg si avverte palpabile per tutto il film, così come il suo desiderio di non ferire Tommy e di sostenere comunque l'amico che nonostante tutto lo ha aiutato ad entrare nel mondo dello spettacolo; allo stesso modo, Wiseau sarebbe da prendere a schiaffi per la sua tracotanza e testardaggine ma spesso suscita anche sentimenti di tristezza e pietà, ché non dev'essere facile essere troppo weird persino per Hollywood e venire etichettati come "cattivi" solo per il proprio aspetto quando invece si vorrebbe recitare nei panni dell'eroe. Per chi invece ha visto The Room, il film di Franco assume una valenza ancora diversa e porta non solo a guardare con maggiore indulgenza agli enormi difetti dell'opera di esordio di Wiseau, ma anche a capirne la natura di "comfort zone", di universo a sé stante dove Tommy poteva non solo essere protagonista ma anche raccontare la sua storia, il suo desiderio di essere eroe buono ed incompreso, avere il controllo di qualcosa dal quale la macchina di Hollywood lo avrebbe sempre tenuto fuori. Ecco che allora il folle desiderio di perfezione assoluta (emblematica la scena in cui Tommy umilia l'attrice che interpreta Lisa davanti a tutti), il fastidio di venire criticato da persone palesemente più competenti di lui, la necessità di distinguersi dagli altri in ogni modo possibile e immaginabile diventano comprensibili, benché non giustificabili, e lo spettatore comincia a sentirsi come Greg, un po' in colpa per quelle sensazioni di vergogna, disgusto e ilarità provate guardando The Room. E anche se il trionfo raccontato sul finale non c'è mai stato, perché la natura involontariamente comica di The Room è stata riconosciuta solo in seguito, grazie alle già citate proiezioni di mezzanotte, c'è della soddisfazione (perversa?) nel veder celebrare una creatura ambigua come Wiseau in tutta la sua gloria, assistendo alle risate e alle urla di una platea in visibilio per cotanta trashissima sfacciataggine. E questo, se permettete, è l'unico vero difetto di The Disaster Artist, perché rischia di spingere la gente a guardare un film che, lungi dal divertire, fa soltanto cadere le balle da quanto è noioso.
Per il resto, The Disaster Artist è tanta roba, a partire soprattutto da James Franco. Il suo annullamento all'interno del personaggio di Wiseau è da antologia, con quel terrificante accento europeo (pardon, di New Orleans) strascicato e la fisicità tracotante; perfettamente in bilico tra commedia e tragedia, il Wiseau di Franco colpisce nei momenti più esilaranti del film ma tocca il cuore in quelli più seri ed "introspettivi" e dispiace che l'attore sia stato tenuto fuori dalla corsa agli Oscar per l'ennesimo scandalo a sfondo sessuale perché, ora come ora, tra lui e Gary Oldman avrei delle serie difficoltà a scegliere un vincitore. Ma non c'è solo questo, perché Franco merita il plauso anche e soprattutto per il modo certosino con cui ha ricostruito alla perfezione la maggior parte delle scene (s)cult di The Room, alcune inserite nel film, altre utilizzate nei titoli di coda per fare un confronto con le sequenze originali, con risultati da lasciare a bocca aperta. Molto bravo anche il fratello Dave, che normalmente viene relegato a ruoli di belloccio inespressivo e che qui riesce a reggere la scena senza farsi troppo eclissare dal più carismatico James, creando così una sorta di equilibrio all'interno delle varie sequenze, e intelligente l'utilizzo di buona parte della solita combriccola di Franco, con gli amici di sempre ingaggiati per ruoli più o meno importanti (mi ha fatto molto piacere vedere l'adorato Rogen, nei panni del cinico Sandy, sottolineare gli stessi difetti di "anatomia sessuale" che ho evidenziato io nel post su The Room). In buona sostanza, The Disaster Artist merita di finire in un'ideale Top 5 di film visti in preparazione della notte degli Oscar e vi consiglio di correre a vederlo, cercando possibilmente un cinema che lo proietti in v.o. altrimenti lasciate pure perdere, ché l'interpretazione di Franco si aggiudica un buon 60% di merito per la riuscita del film.
Del regista James Franco, che interpreta anche Tommy Wiseau/Johnny, ho già parlato QUI. Dave Franco (Greg Sestero/Mike), Seth Rogen (Sandy), Zac Efron (Dan/Chris R), Josh Hutcherson (Philip/Denny), Sharon Stone (Iris Burton), Bob Odenkirk (insegnante Stanislavsky), Tommy Wiseau (Henry, MI RACCOMANDO NON OSATE ALZARVI PRIMA DELLA FINE DEI TITOLI DI CODA!!!!), Zoey Deutch (Bobbi), Judd Apatow (produttore di Hollywood), Christopher Mintz - Plasse (Sid), Jason Mitchell (Nate) e Greg Sestero (Agente di casting) li trovate invece ai rispettivi link.
Ari Graynor interpreta Juliette, ovvero "Lisa". Americana, ha partecipato a film come Mystic River, Whip It e a serie quali I Soprano, Veronica Mars, CSI - Miami e Numb3rs; come doppiatrice, ha lavorato nelle serie The Cleveland Show, I Griffin e American Dad!. Anche produttrice, ha 35 anni e un film in uscita.
Alison Brie interpreta Amber. Americana, ha partecipato a film come Scream 4, The Post e a serie quali Hannah Montana e GLOW; come doppiatrice, ha lavorato nelle serie Robot Chicken, American Dad!, Bojack Horseman e nel film The Lego Movie. Anche produttrice, ha 36 anni.
Megan Mullally interpreta Mrs. Sestero. Americana, meravigliosa Karen Walker della serie Will & Grace, ha partecipato a film come Che cosa aspettarsi quando si aspetta e ad altre serie quali La signora in giallo, Frasier, Innamorati pazzi, Una famiglia del terzo tipo, How I Met Your Mother e 30 Rock; inoltre ha doppiato episodi di Batman e il film Hotel Transylvania 2. Anche produttrice e sceneggiatrice, ha 60 anni.
Melanie Griffith interpreta Jean Shelton. Americana, la ricordo per film come Omicidio a luci rosse, Una donna in carriera, Il falò delle vanità, Lolita e Pazzi in Alabama, inoltre ha partecipato a serie quali Starsky & Hutch, Miami Vice, Nip/Tuck e ha anche doppiato episodi di Robot Chicken e il film Stuart Little 2. Anche produttrice, ha 61 anni.
Nei panni di loro stesse compaiono star di Hollywood come Ike Barinholtz, Kevin Smith, Keegan-Michael Kay, Adam Scott, Danny McBride, Kristen Bell, J.J. Abrams, Lizzy Caplan, Bryan Cranston e Dylan Minnette; in particolare, da Barinholtz alla Caplan si tratta di veri fan di The Room, che spiegano perché il film di Wiseau li affascini ancora oggi. Sono invece rimasti fuori dal film i camei di Zach Braff e Jim Parson. Se The Disaster Artist vi fosse piaciuto recuperate OVVIAMENTE The Room, aspettate l'uscita di Best F(r)iends (il film scritto da Greg Sestero dopo aver visto The Disaster Artist, che riunisce finalmente lui e Tommy Wiseau) e aggiungete Ed Wood. ENJOY!
lunedì 29 settembre 2014
Meniamo le mani 2 - Atto di Forza (1990)
Così come Stallone continua a riproporci i suoi Mercenari, anche noi Blogger siamo arrivati al secondo capitolo del Meniamo le mani, l'Evento che riunisce in un'unica giornata tutti i nostri grebani beniamini. L'anno scorso io ho celebrato Lundgren, oggi tocca a Schwarzenegger e a Atto di forza (Total Recall), diretto nel 1990 dal regista Paul Verhoeven e liberamente tratto dal racconto Ricordiamo per voi di Philip K. Dick.
Trama: Douglas Quaid ha una casa, un lavoro e una bellissima moglie sulla Terra ma è perseguitato da sogni ambientati su Marte. Nel tentativo di rivivere uno di questi sogni si reca alla Recall, ditta specializzata nell'impiantare ricordi fasulli di favolose esperienze e scopre che tutta la sua vita è una menzogna orchestrata dal perfido Cohaagen...
Quando ero ragazzina e passavano in TV Atto di forza non potevo fare a meno di guardarlo perché, diciamocelo, ai tempi Schwarzy era un vero mito. Tuttavia, è anche vero che ad ogni visione me la facevo addosso per la paura, quando non ero impegnata a TENTARE di capire qualcosa dell'incasinatissima sceneggiatura di Dan O' Bannon e compagnia. Ancora oggi, per esempio, non ho ancora capito se tutto succede davvero o se l'intero film è frutto della mente di Quaid che, alla fine, come predetto da un sacco di personaggi, rimane davvero lobotomizzato. Cosa è vero e cosa è falso quindi nella vita di Douglas Quaid? Dipende, perché quando pensavamo ormai di aver capito tutto del personaggio ecco che scatta il ribaltone nello sconvolgente pre-finale. Quando pensavamo che Hauser fosse il vero cattivo, l'assassino a sangue freddo e lo psicopatico, scopriamo che in realtà Cohaagen è molto peggio di lui e che c'è qualcun altro ancor più abietto. Quando pensavamo che mutanti e compagnia bella non fossero già abbastanza trash, ecco che spuntano gli alieni. Ah, i mutanti e il trash, due capisaldi di Atto di forza che, assieme a sequenze decisamente orripilanti, lo rendono estremamente adorabile! Prendete gli effetti speciali di Rob Bottin, per esempio, e immaginatevi come possano avere influenzato la fragile psiche di una piccola Bollina: campassi cent'anni, mai dimenticherò i volti gonfi e sfigurati dei due protagonisti, in lotta per non esplodere a causa della pressione e della mancanza di ossigeno, così come non dimenticherò mai lo scioccante aspetto di Kuato, i volti rossastri e sfigurati dei mutanti marziani, la testa-bomba della donna cicciona o la sonda nasale del povero Schwarzy. Verhoeven, davvero, ha girato una supercazzola che inevitabilmente è riuscita ad assurgere col tempo allo status di cult, perché ciò che all'epoca era scioccante, oggi lo trovo sublime, talmente lontano dalla fantascienza "seria" e così sfacciatamente ironico e ridicolo (come la tizia con tre tette o il pupazzetto che guida il taxi) da meritare 92 minuti di applausi.
E poi c'è Schwarzenegger, IL protagonista della giornata. L'unico attore assolutamente inadatto per la parte e quindi, paradossalmente, il più indicato grazie alla sua ironia, alla sua orribile piacioneria (l'ho già detto che Schwarzy è Urendo??) e alle sue espressioni facciali, che diventano involontariamente esilaranti soprattutto quando il nostro è sotto sforzo. Schwarzy anche se, giustamente, interpreta un personaggio che non dovrebbe sapere/capire una mazza ha sempre la battuta pronta nonché arguta, il pugno allenato a fare scempio degli avversari ammazzandoli il 90% delle volte e padroneggia persino l'arte amatoria necessaria a strappare sguardi lubrichi a Sharon Stone e Rachel Ticotin; con oggetti contundenti di vario tipo, mitragliette e turbanti, l'ex Mister Universo regge sulle spalle l'intera pellicola senza temere la vergogna, assecondando i deliri visivi del buon Verhoeven e gigioneggiando con l'accento tipico del terrestre su Marte (quello del venditore di crauti, per intendersi). Il suo faccione squadrato e il suo tunnel dentale riempiono lo schermo e ipnotizzano lo spettatore che, ovviamente, per tutta la vita non sarà mai in grado di separare Schwarzy da Atto di forza, e viceversa: la sola idea che quel mollo sfighé di Colin Farrell abbia potuto sostituire il "vero" Douglas Quaid nel remake del 2012 mi riempie di tristezza e mi fa dubitare della correttezza dell'intero genere umano, che meriterebbe il confino su Marte. A ripensarci, Atto di forza è troppo particolare e, col senno di poi, troppo autoriale per prendere parte alla celebrazione della tamarreide, ma chi se ne frega: Schwarzenegger non è mai stato tipo da film "un tanto al chilo e tutti uguali" come Seagal e VanDamme e soprattutto, nel suo piccolo, un po' sapeva recitare nonostante quell'incredibile faccia da pirla che palesa per tutta la durata di Atto di forza. Le botte, i botti e, soprattutto, i muscoli e le litrate di sangue ci sono anche nel film di Verhoeven e tanto deve bastare!!
Del regista Paul Verhoeven ho già parlato qui. Arnold Schwarzenegger (Douglas Quaid/Hauser), Sharon Stone (Lori) e Michael Ironside (Richter) li trovate invece ai rispettivi link.
Rachel Ticotin interpreta Melina. Americana, ha partecipato a film come Un giorno di ordinaria follia e Con Air, inoltre ha partecipato a serie come Oltre i limiti, Lost, Weeds e doppiato Maria Chavez nella serie Gargoyles. Ha 56 anni.
Ronny Cox (vero nome Daniel Ronald Cox) interpreta Vilos Cohaagen. Americano, ha partecipato a film come Un tranquillo weekend di paura, La macchina nera, Beverly Hills Cop - Un piedipiatti a Beverly Hills, Beverly Hills Cop II - Un piedipiatti a Beverly Hills II, RoboCop, Balle spaziali 2: la vendetta e a serie come Alfred Hitchcock presenta, La signora in giallo, Medium, Desperate Housewives, Cold Case e Dexter. Anche sceneggiatore e produttore, ha 76 anni e due film in uscita tra cui, orrore!, Beverly Hills Cop 4.
Tra gli altri attori spunta anche il Dean Norris della serie Under the Dome, sepolto sotto l'orrido trucco del mutante Tony. Atto di forza è stato il film che ha convinto Verhoeven ad ingaggiare Sharon Stone per Basic Instinct (anche se era stato fatto il nome di Chynthia Rothrock per il ruolo di Lori!) mentre Schwarzenegger ha ottenuto il ruolo di Quaid perché, per problemi legati al costume, non era riuscito ad essere il protagonista di RoboCop e non vedeva l'ora di lavorare col regista (e anche perché la casa di produzione di Dino De Laurentiis era fallita, altrimenti la parte sarebbe andata a Patrick Swayze e la regia a Bruce Beresford); prima che spuntasse il nome di Verhoeven, comunque, era David Cronenberg che avrebbe dovuto dirigere il film rinunciando a La mosca ma, per ritardi e altri problemi, alla fine non se n'è fatto nulla. Di Atto di forza esistono un paio di "sequel" (il film TV Total Recall 2070 e l'omonima serie televisiva, entrambi basati sul racconto di Philip K. Dick) e il già citato remake Total Recall - Atto di forza del 2012. Non vi consiglio di recuperare nessuna di queste pellicole o serie ma, se Atto di forza vi è piaciuto, potete sempre guardare RoboCop, Vanilla Sky, Dark City, Blade Runner, Terminator e Terminator 2: Il giorno del giudizio.
Oppure, potete seguire questi link e scoprire di quali pellicole zamarrone hanno parlato i miei colleghi blogger. ENJOY!
Whiterussian
Cinquecento film insieme
Scrivenny
Non c'è paragone
Recensioni Ribelli
Ho voglia di cinema
Solaris
La fabbrica dei sogni
Director's Cult
Combinazione Casuale
mercoledì 16 ottobre 2013
Basic Instinct (1992)
Siccome in questi giorni, sull’onda di un divertito amarcord, mi è capitato di parlarne a voce con degli amici, ho deciso di guardare per la prima volta nella vita quello che, ai tempi, era IL film sulla bocca di tutti, ovvero Basic Instinct, diretto nel 1992 dal regista Paul Verhoeven.
Trama: il detective Nick Curran, già afflitto da problemi di droga ed alcolismo, vede la sua vita andare ancora più in frantumi quando si ritrova ad investigare su un brutale omicidio in cui potrebbe essere coinvolta la seducente e ambigua scrittrice Catherine Tramell..
Nel 1992 avevo 11 anni, avevo appena finito il primo anno di scuola media e quell’estate non si parlava d’altro che di questo misterioso Basic Instinct che aveva fatto andare in pappa il cervello di Michael Douglas (che per me, ovviamente, era ancora il bellissimo Jack Colton de All’inseguimento della pietra verde e Il gioiello del Nilo) e dove, attenzione!, Sharon Stone mostrava spudoratamente la patata in quella che poi sarebbe diventata la scena più parodiata degli anni seguenti. Con questi presupposti era ovvio che Basic Instinct avrebbe scalato le classifiche anche se non fosse stato presentato a Cannes od osteggiato da orde di gay e lesbiche inferociti prima ancora che uscisse: d'altronde, quelli erano anni in cui non c'erano alla TV I Soprano, Game of Thrones o Nip/Tuck a scodellarti scene di sesso più o meno esplicite con un solo tocco del telecomando o 50 sfumature di grigio ad ingrifare le casalingue e neppure Youporn, quindi la gente "bene" doveva consolarsi necessariamente con cosette pruriginose travestite da thriller o drammi come questo film oppure Orchidea selvaggia, Nove settimane e mezzo, Sliver e simili. Visto oggi, Basic Instinct fa davvero sorridere. Per carità, la Stone è la bitch più sexy e porca che sia mai comparsa in un film e sfido qualunque uomo a rimanere indifferente, ma Douglas recita per più di metà film con gli occhi strabuzzati e la lingua penzoloni, roba che durante ogni scena spinta mi veniva da domandarmi come diavolo avessero fatto i realizzatori ad impedirgli di zomparsi per davvero le due comprimarie. Anche perché, diciamocelo, il thriller è solo una bieca scusa per far vedere gente che copula in tutte le posizioni e in tutti i contesti, senza le tanto chiacchierate sequenze "clou" sarebbe un film buono giusto per il ciclo Alta tensione.
Verhoeven infatti, che tanto mi aveva colpita ed inquietata con i suoi assurdi RoboCop e Atto di forza, qui non si sbatte neppure a cercare uno stile di ripresa che non sia quello piatto del prodotto televisivo e l'unico guizzo (se di guizzo si può parlare!) è l'idea di mostrare i corpi nudi e avvinghiati nel letto riflessi in un trashissimo specchio appeso al soffitto. Vero è che gli effetti speciali di Rob Bottin utilizzati in un paio di omicidi sono particolarmente sanguinosi ed efficaci ma oltre a questo, nonostante Basic Instinct fosse stato persino candidato all'Oscar per montaggio e colonna sonora, non c'è praticamente nulla di rilevante da segnalare. La trama in sé, poi, è decisamente stupida e banale visto che si basa essenzialmente sull'assunto "tira più un pelo di Stone che un carro di buoi": la soluzione del caso è sotto gli occhi di chiunque fin dall'inizio della pellicola (non capisco come possa, ancora oggi, fare discutere relativamente all'identità del colpevole...) ma ad un certo punto tutti cominciano a seguire i deliri del detective ebbro di alcool e pilu, cascando come boccaloni nei tranelli più vecchi del mondo e prestandosi ad un gioco metaromanzesco francamente ridicolo. L'unico personaggio che ne esce a testa alta (più o meno...) è il collega ciccione di Douglas che, molto realisticamente, passa il tempo ad insultarlo e cercare di farlo svegliare, inutilmente come spesso succede nella vita vera. Insomma, guardare Basic Instinct per me è stata un'esperienza a dir poco giurassica. Se avete voglia di farvi due risate dategli un'occhiata, altrimenti rimanete nel "mito", che è meglio!
Di Michael Douglas, che interpreta il detective Nick Curran, ho già parlato qui.
Paul Verhoeven è il regista della pellicola. Olandese, ha diretto film come Robocop, Atto di forza, Showgirls, Starship Troopers – Fanteria dello spazio e L’uomo senza ombra. Anche produttore, sceneggiatore e attore, ha 75 anni e un film in uscita.
Sharon Stone interpreta Catherine Tramell. Americana, la ricordo per film come Scuola di polizia 4: Cittadini in… guardia, Atto di forza, Sliver, Pronti a morire, Casinò, Diabolique, Sfera, Catwoman e Basic Instinct 2, inoltre ha doppiato Z la formica e partecipato a serie come Magnum P.I., Pappa e ciccia e Will e Grace. Anche produttrice e sceneggiatrice, ha 55 anni e sei film in uscita.
George Dzundza interpreta Gus. Tedesco, ha partecipato a film come Il cacciatore, Le notti di Salem, Allarme rosso, Species II, Instinct – Istinto primordiale e a serie come Starsky & Hutch, Ai confini della realtà e Grey’s Anatomy; inoltre, ha lavorato come doppiatore per le serie Animaniacs e Batman. Anche assistente alla regia, ha 68 anni.
Jeanne Tripplehorn interpreta la Dottoressa Beth Garner. Americana, ha partecipato a film come Il socio, Giovani carini e disoccupati, Waterworld, Sliding Doors, Cose molto cattive, Travolti dal destino e alla serie Criminal Minds. Ha 50 anni.
Tra gli altri attori, segnalo nell'ormai famigerata sala interrogatori due delle facce più note degli anni '90: il ciccionetto Wayne Knight, ovvero la prima, stronzissima vittima dei dinosauri in Jurassic Park nonché poliziotto Don della meravigliosa serie Una famiglia del terzo tipo, e il pelato Mitch Pileggi, ovvero lo Skinner di X-Files e il killer Horace Pinker di Sotto shock. Parlando poi di chi non ce l'ha fatta, la lista delle attrici che avrebbero voluto la parte di Catherine Tramell è a dir poco sterminata (persino Catherine O'Hara aveva partecipato all'audizione!) e conta nomi eccellenti e inaspettati come Rosanna Arquette, Courtney Love, Winona Ryder, Daryl Hannah, Uma Thurman, Kim Basinger, Anjelica Huston, Nicole Kidman, Courteney Cox, Madonna, Kim Cattral, Helena Bonham Carter, Michelle Pfeiffer, Julia Roberts (suggerita dallo stesso Douglas) e Kathleen Turner, mentre Lena Olin avrebbe voluto il ruolo ma non lavorare con Verhoeven. Per il ruolo di Nick Curran, invece, i candidati erano Harrison Ford, Kevin Costner, Mel Gibson, Robert De Niro, Sean Penn, Tom Hanks (ossignore, no!! XD), Charlie Sheen, Sylvester Stallone, Jack Nicholson, Bruce Willis, Al Pacino, Martin Sheen, Nicolas Cage (muoio...), Dennis Quaid, Jeff Bridges, John Travolta, Wesley Snipes, Denzel Washington, Don Johnson e Richard Gere. Brooke Shields, invece, ha rifiutato il ruolo di Roxy, l'amante di Catherine, perché aveva paura di dover recitare nuda. Per finire, Basic Instinct ha avuto un seguito nel 2006, Basic Instinct 2, che vede il "governatore" Patrick Morissey nel ruolo dello psichiatra incaricato di analizzare la Tramell. Ovviamente, non ho visto il film in questione quindi non potrei consigliarlo, ma se Basic Instinct vi fosse piaciuto potete recuperarlo assieme a In the Cut, La vedova nera e Femme Fatale. ENJOY!
Trama: il detective Nick Curran, già afflitto da problemi di droga ed alcolismo, vede la sua vita andare ancora più in frantumi quando si ritrova ad investigare su un brutale omicidio in cui potrebbe essere coinvolta la seducente e ambigua scrittrice Catherine Tramell..
Nel 1992 avevo 11 anni, avevo appena finito il primo anno di scuola media e quell’estate non si parlava d’altro che di questo misterioso Basic Instinct che aveva fatto andare in pappa il cervello di Michael Douglas (che per me, ovviamente, era ancora il bellissimo Jack Colton de All’inseguimento della pietra verde e Il gioiello del Nilo) e dove, attenzione!, Sharon Stone mostrava spudoratamente la patata in quella che poi sarebbe diventata la scena più parodiata degli anni seguenti. Con questi presupposti era ovvio che Basic Instinct avrebbe scalato le classifiche anche se non fosse stato presentato a Cannes od osteggiato da orde di gay e lesbiche inferociti prima ancora che uscisse: d'altronde, quelli erano anni in cui non c'erano alla TV I Soprano, Game of Thrones o Nip/Tuck a scodellarti scene di sesso più o meno esplicite con un solo tocco del telecomando o 50 sfumature di grigio ad ingrifare le casalingue e neppure Youporn, quindi la gente "bene" doveva consolarsi necessariamente con cosette pruriginose travestite da thriller o drammi come questo film oppure Orchidea selvaggia, Nove settimane e mezzo, Sliver e simili. Visto oggi, Basic Instinct fa davvero sorridere. Per carità, la Stone è la bitch più sexy e porca che sia mai comparsa in un film e sfido qualunque uomo a rimanere indifferente, ma Douglas recita per più di metà film con gli occhi strabuzzati e la lingua penzoloni, roba che durante ogni scena spinta mi veniva da domandarmi come diavolo avessero fatto i realizzatori ad impedirgli di zomparsi per davvero le due comprimarie. Anche perché, diciamocelo, il thriller è solo una bieca scusa per far vedere gente che copula in tutte le posizioni e in tutti i contesti, senza le tanto chiacchierate sequenze "clou" sarebbe un film buono giusto per il ciclo Alta tensione.
Verhoeven infatti, che tanto mi aveva colpita ed inquietata con i suoi assurdi RoboCop e Atto di forza, qui non si sbatte neppure a cercare uno stile di ripresa che non sia quello piatto del prodotto televisivo e l'unico guizzo (se di guizzo si può parlare!) è l'idea di mostrare i corpi nudi e avvinghiati nel letto riflessi in un trashissimo specchio appeso al soffitto. Vero è che gli effetti speciali di Rob Bottin utilizzati in un paio di omicidi sono particolarmente sanguinosi ed efficaci ma oltre a questo, nonostante Basic Instinct fosse stato persino candidato all'Oscar per montaggio e colonna sonora, non c'è praticamente nulla di rilevante da segnalare. La trama in sé, poi, è decisamente stupida e banale visto che si basa essenzialmente sull'assunto "tira più un pelo di Stone che un carro di buoi": la soluzione del caso è sotto gli occhi di chiunque fin dall'inizio della pellicola (non capisco come possa, ancora oggi, fare discutere relativamente all'identità del colpevole...) ma ad un certo punto tutti cominciano a seguire i deliri del detective ebbro di alcool e pilu, cascando come boccaloni nei tranelli più vecchi del mondo e prestandosi ad un gioco metaromanzesco francamente ridicolo. L'unico personaggio che ne esce a testa alta (più o meno...) è il collega ciccione di Douglas che, molto realisticamente, passa il tempo ad insultarlo e cercare di farlo svegliare, inutilmente come spesso succede nella vita vera. Insomma, guardare Basic Instinct per me è stata un'esperienza a dir poco giurassica. Se avete voglia di farvi due risate dategli un'occhiata, altrimenti rimanete nel "mito", che è meglio!
Di Michael Douglas, che interpreta il detective Nick Curran, ho già parlato qui.
Paul Verhoeven è il regista della pellicola. Olandese, ha diretto film come Robocop, Atto di forza, Showgirls, Starship Troopers – Fanteria dello spazio e L’uomo senza ombra. Anche produttore, sceneggiatore e attore, ha 75 anni e un film in uscita.
Sharon Stone interpreta Catherine Tramell. Americana, la ricordo per film come Scuola di polizia 4: Cittadini in… guardia, Atto di forza, Sliver, Pronti a morire, Casinò, Diabolique, Sfera, Catwoman e Basic Instinct 2, inoltre ha doppiato Z la formica e partecipato a serie come Magnum P.I., Pappa e ciccia e Will e Grace. Anche produttrice e sceneggiatrice, ha 55 anni e sei film in uscita.
George Dzundza interpreta Gus. Tedesco, ha partecipato a film come Il cacciatore, Le notti di Salem, Allarme rosso, Species II, Instinct – Istinto primordiale e a serie come Starsky & Hutch, Ai confini della realtà e Grey’s Anatomy; inoltre, ha lavorato come doppiatore per le serie Animaniacs e Batman. Anche assistente alla regia, ha 68 anni.
Jeanne Tripplehorn interpreta la Dottoressa Beth Garner. Americana, ha partecipato a film come Il socio, Giovani carini e disoccupati, Waterworld, Sliding Doors, Cose molto cattive, Travolti dal destino e alla serie Criminal Minds. Ha 50 anni.
Tra gli altri attori, segnalo nell'ormai famigerata sala interrogatori due delle facce più note degli anni '90: il ciccionetto Wayne Knight, ovvero la prima, stronzissima vittima dei dinosauri in Jurassic Park nonché poliziotto Don della meravigliosa serie Una famiglia del terzo tipo, e il pelato Mitch Pileggi, ovvero lo Skinner di X-Files e il killer Horace Pinker di Sotto shock. Parlando poi di chi non ce l'ha fatta, la lista delle attrici che avrebbero voluto la parte di Catherine Tramell è a dir poco sterminata (persino Catherine O'Hara aveva partecipato all'audizione!) e conta nomi eccellenti e inaspettati come Rosanna Arquette, Courtney Love, Winona Ryder, Daryl Hannah, Uma Thurman, Kim Basinger, Anjelica Huston, Nicole Kidman, Courteney Cox, Madonna, Kim Cattral, Helena Bonham Carter, Michelle Pfeiffer, Julia Roberts (suggerita dallo stesso Douglas) e Kathleen Turner, mentre Lena Olin avrebbe voluto il ruolo ma non lavorare con Verhoeven. Per il ruolo di Nick Curran, invece, i candidati erano Harrison Ford, Kevin Costner, Mel Gibson, Robert De Niro, Sean Penn, Tom Hanks (ossignore, no!! XD), Charlie Sheen, Sylvester Stallone, Jack Nicholson, Bruce Willis, Al Pacino, Martin Sheen, Nicolas Cage (muoio...), Dennis Quaid, Jeff Bridges, John Travolta, Wesley Snipes, Denzel Washington, Don Johnson e Richard Gere. Brooke Shields, invece, ha rifiutato il ruolo di Roxy, l'amante di Catherine, perché aveva paura di dover recitare nuda. Per finire, Basic Instinct ha avuto un seguito nel 2006, Basic Instinct 2, che vede il "governatore" Patrick Morissey nel ruolo dello psichiatra incaricato di analizzare la Tramell. Ovviamente, non ho visto il film in questione quindi non potrei consigliarlo, ma se Basic Instinct vi fosse piaciuto potete recuperarlo assieme a In the Cut, La vedova nera e Femme Fatale. ENJOY!
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