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mercoledì 14 febbraio 2024

Scanners (1981)

Continua la challenge Letterboxd HorrorX52 e oggi tocca a un horror uscito nel mio anno di nascita. La scelta è caduta su Scanners, diretto e sceneggiato nel 1981, appunto, dal regista David Cronenberg.


Trama: un potentissimo esper viene prelevato da un'organizzazione segreta dedita allo studio degli Scanner, esseri dotati di enormi poteri psichici, per combattere contro una fazione opposta, pronta a conquistare il mondo...


Avevo visto Scanners non so nemmeno più quanti anni fa ed era uno dei rari film di Cronenberg di cui non mi era rimasto impresso nulla tranne una scena, la più famosa. Riguardandolo oggi, ho capito perché, e la colpa non è nemmeno di Cronenberg, anzi, è proprio grazie a lui se questo film non è diventato un disastro completo. Infatti, per ottenere le agevolazioni e i fondi del tax credit canadese, il film era stato messo in produzione senza una sceneggiatura definitiva né set o location, di conseguenza Cronenberg si è ritrovato a scrivere intere scene al mattino appena prima di cominciare a girare, con attori a cui si richiedeva di improvvisare e materiale "ricompattato" alla bell'e meglio in post-produzione. Non c'è da stupirsi, dunque, che Scanners si distingua per l'idea generale, figlia dei temi cinematografici del tempo ma sicuramente destinata ad influenzare tutto ciò che è venuto dopo, e per un paio di scene fondamentali, mentre tutto il "contorno" è un freddo thriller dal ritmo soporifero. Ho trovato molto difficile entusiasmarmi per le vicende di Cameron Vale, Scanner dotato del potere di uccidere le persone col pensiero e schiacciato da una telepatia senza controllo, e ai piani dell'agenzia segreta che lo vorrebbe utilizzare come arma contro lo Scanner malvagio Darryl Revok; tra uno spiegone e l'altro, il cupo ed inespressivo Cameron vaga per la nazione cercando di non farsi uccidere, conosce l'affascinante Scanner Kim, scopre un complotto mondiale atto a sradicare l'umanità e creare una società di mutanti e viene messo di fronte alla rivelazione più scioccante dai tempi di Star Wars, ma morire che Stephen Lack veicoli un minimo di carisma o che Cronenberg mostri alcuno sprazzo di empatia per il soggetto. A tratti, sembra quasi di avere davanti un trattato scientifico, con uno sceneggiatore interessato a sviscerare il collegamento tra corpo e mente, a piantare i semi della sua nuova carne arrivando persino a parlare di sistemi nervosi equiparabili a computer e viceversa, il che è sicuramente affascinante da un punto di vista biografico/cinematografico, ma non di mero intrattenimento.


A salvare lo spettatore stanco da una giornata di lavoro, come per esempio la sottoscritta, arrivano per fortuna i momenti che vedono Cronenberg in combutta col mago degli effetti speciali Dick Smith e con l'attore Michael Ironside, lanciato proprio da questo film. Val la pena guardare Scanners anche "solo" per la manifestazione estrema dei poteri dei protagonisti: la sanguinosissima esplosione iniziale durante la dimostrazione pubblica è un trionfo di tensione spasmodica con un finale deflagrante, il duello finale tra Cameron e Darryl fa venire una goduriosissima pelle d'oca dallo schifo, ma, col senno di poi, anche la scena iniziale mette ansia, per la consapevolezza di ciò che potrebbe accadere alla vecchiaccia dalla lingua velenosa che si permette di malignare sull'aspetto di uno sconvolto Cameron. Michael Ironside, dal canto suo, è un trionfo di carisma. Sia nella sua versione silenziosa e minacciosa, sia quando si profonde in folli monologhi, Darryl Revok è un antagonista in grado di mettere davvero paura (e neppure tanto in torto, ripensandoci...) e dispiace solo che, per la maggior parte del tempo, il personaggio sia stato utilizzato come "spauracchio" nominato di tanto in tanto, e abbia uno screentime troppo risicato, sacrificato all'occhio spento di Stephen Lack. Lungi da me, nonostante tutto, questionare sul valore di un'opera che ha lanciato Cronenberg nell'empireo del cinema mainstream, affermandolo come Autore visionario con una poetica ben precisa e dandogli la possibilità di realizzare i capolavori che mi hanno fatta innamorare: senza Scanners non avrebbe potuto esserci Videodrome e il solo pensiero rischia di farmi letteralmente scoppiare la testa!!


Del regista e sceneggiatore David Cronenberg ho già parlato QUI mentre Michael Ironside, che interpreta Darryl Revok, lo trovate QUA.


Jennifer O'Neill, che interpreta Kim Obrist, era la protagonista di Sette note in nero di Fulci mentre Stephen Lack, che interpreta Cameron Vale, è tornato a lavorare con Cronenberg in Inseparabili. Anche Robert A. Silverman, ovvero Benjamin Pierce, è un assiduo collaboratore del regista, ed è comparso in Rabid - Sete di sangue, Brood - La covata malefica, Il pasto nudo ed eXistenZ. Nel 2007 era stato annunciato un remake del film, per la regia di Darren Lynn Bousman e la sceneggiatura di David S. Goyer, ma ad oggi il progetto sembrerebbe essere finito nel limbo. In compenso, sono usciti due seguiti del film, Scanners 2 - Il nuovo ordine e Scanners 3, tutti del 1991, e due spin-off, Scanner Cop e Scanner Cop II, che potete recuperare (io però non garantisco, perché non li ho mai visti!) se vi è piaciuto Scanners, assieme a Carrie - Lo sguardo di Satana, Fenomeni paranormali incontrollabili, Patrick e La zona morta. ENJOY!

domenica 10 febbraio 2019

Still/Born (2017)



Nella classifica dei migliori film horror usciti su Shudder nel 2018 era presente anche Still/Born, diretto e co-sceneggiato nel 2017 dal regista Brandon Christensen.


Trama: Mary è una neo-mamma che ha dovuto soffrire la morte di uno dei due gemellini che portava in grembo. Distrutta dalla tragedia, la donna cerca consolazione nel piccolo Adam, almeno finché comincia ad avvertire una presenza demoniaca che vuole portarglielo via...



Prima di cominciare il post un piccolo avvertimento: se siete neo-mamme, neo-papà o non potete escludere di essere in stato di gravidanza, NON cominciate a guardare Still/Born nemmeno per sbaglio. Come horror non è eccessivamente spaventevole, il problema è che va a toccare argomenti come la morte dei bambini durante il parto, la depressione post-gravidanza e altre patologie ancora più gravi, inoltre fa un uso inquietante di aggeggi come il baby monitor, che dopo un film simile non vorrei mai avere in casa. Insomma, non è la pellicola ideale per chi si ritrova ad avere a che fare con un tenero pupetto in fasce, per gli altri invece è un horror non eccelso ma comunque abbastanza interessante, che gioca con lo spettatore tenendolo sul chi va là per buona parte della sua durata. Protagonista del film è Mary, giovane mamma che nel giorno più felice della sua vita ha visto morire uno dei gemellini che stava partorendo; ad aggiungersi al dolore del lutto e alle incertezze della prima maternità, c'è un marito devoto ma in carriera, costretto a lasciare sola la moglie per periodi più o meno lunghi in una casa lussuosa ma nuova e quindi sconosciuta, la lontananza di parenti e amici... e, ovviamente, l'inizio inaspettato di eventi inquietanti interamente legati al pargoletto defunto. Mary comincia così a venire perseguitata da qualcosa che solo lei vede e sente, un'entità che vuole il bambino scampato alla morte, il che, ovviamente, la rende pazza agli occhi degli altri... o, forse, Mary è VERAMENTE pazza, affetta da una depressione sfociata nella psicopatia? L'aspetto interessante di Still/Born è proprio questo clima di incertezza e paranoia che si trasmette dalla protagonista allo spettatore. A un certo punto, tra teschi e parole sussurrate, sembrerebbe quasi di essere incappati in un emulo di Rosemary's Baby, dove tutti complottano affinché Mary si convinca di essere pazza e lasci il piccolo Adam incustodito, alla mercé della demonessa che tanto lo brama; in altri momenti, la natura della minaccia demoniaca è impossibile da mettere in discussione, in altri si arriva a dubitare della sanità mentale della protagonista, il tutto senza soluzione di continuità e senza che il finale offra allo spettatore delle certezze.


E' un bene che Still/Born goda di una sceneggiatura in grado di avvincere lo spettatore nonostante l'utilizzo di parecchi cliché del genere, perché la pellicola non possiede molto altro per farsi ricordare. Diretto dal tecnico degli effetti speciali di Deserto rosso sangue nonché produttore di quello e di un altro horror che devo recuperare (What Keeps You Alive. Se volete sapere il perché di questa impellenza, leggete QUI), per quel che riguarda la regia Still/Born non ha guizzi particolari, nemmeno quando la trama potrebbe prevederli, come per esempio durante le apparizioni della demonessa o persino nel corso della festa di Halloween, diretta con raro piattume; sul finale, il connubio tra montaggio e regia crea invece momenti di suspance, soprattutto grazie al fulcro della sequenza,  ma per il resto, come si suol dire, "calma piatta". Nulla di trascendentale neppure il make up della demonessa, mostrata poco probabilmente per esigenze di budget, mentre devo ancora trovare un'opinione definitiva su Christie Burke, l'attrice che interpreta Mary. In mezzo a un cast composto da faccette familiari ma non particolarmente memorabili (salvo Michael Ironside che però è sprecato), indubbiamente quest'attrice dagli occhi spiritati e dagli atteggiamenti esagerati o esageratamente depressi spicca ma non ho capito se per la bravura (le urla che emette e l'ansia che trasmette nella già citata sequenza finale sono notevoli) o per la sua natura di cagna maledetta, che raggiunge l'apice soprattutto quando vuole fare la pazza a tutti i costi, come nel confronto con la procace vicina di casa. Comunque, a parte quest'incertezza, è innegabile che Still/Born sappia toccare le corde più profonde dello spettatore, mettendo anche un po' di inquietudine, quindi è un film che merita una visione, anche disimpegnata.


Di Jesse Moss, che interpreta Jack, ho già parlato QUI mentre Michael Ironside, che interpreta il Dr. Neilson, lo trovate QUA.

Brandon Christensen è il regista e co-sceneggiatore della pellicola, al suo primo lungometraggio. Probabilmente canadese, è anche produttore, tecnico degli effetti speciali e attore.


domenica 27 maggio 2018

Turbo Kid (2015)

Con un ritardo pazzesco e approfittando dell'edizione home video della Koch Media, ho recuperato Turbo Kid, diretto e sceneggiato nel 2015 dai registi François Simard, Anouk Whissell e Yoann-Karl Whissell.


Trama: negli anni '90 della post-apocalisse, un ragazzino senza nome vaga per le lande deserte cercando cibo e memorie di un'epoca ormai scomparsa, con un unico mito nel cuore: l'eroe dei fumetti Turbo Rider.


Nel 2016 quasi tutti i blogger che seguo avevano parlato di Turbo Kid, consacrandolo come uno degli omaggi più riusciti a quegli anni '80 di cui nell'anno del Signore 2018 gli spettatori sono ormai abbastanza saturi, io per prima. Credo che all'epoca questa voglia di eighties fosse appena esplosa o perdurasse giusto da un annetto e indubbiamente Turbo Kid profuma ancora oggi di nuovo, di una voglia di divertirsi con effetti artigianali cavalcando la nostalgia, di quelle cose che sicuramente hanno segnato l'infanzia dei registi prima ancora che del pubblico, di sangue a secchiate che ne tradisce la natura di opera nata da un corto destinato alla raccolta The ABCs of Death. Tutti enormi pregi che allo stesso tempo rischiano di essere anche grandi difetti di Turbo Kid, che funziona bene solo nel momento in cui chi lo guarda decide di stare al gioco, sorridendo indulgente davanti alle citazioni abilmente nascoste e asservite a una storia che più classica non si può, una storia che avrebbe il sapore post-apocalittico della saga di Mad Max se non fosse che i protagonisti vanno in giro su un altro simbolo degli anni '80, le BMX, invece che su veicoli ipertruccati. E come nei migliori film d'avventura di quell'epoca i protagonisti sono iconici, tagliati con l'accetta, per non parlare poi dei villain o dei personaggi secondari; il giovane eroe del film non ha neppure un nome da tanto è l'erede di tutti quei ragazzini simpatici, scavezzacollo e sognatori dei bei tempi andati, mentre la sua compagna è il trionfo dei colori "femminili" e stilosi tanto amati nella mia infanzia, un tale tripudio di violetti, rosa e azzurrini da far invidia a Barbie. I due cercano di sopravvivere mentre esplorano terre desolate dove l'umanità è condannata a bere acqua putrida ricavata dai cadaveri e dove a spadroneggiare è il malvagio Zeus, sanguinario capoccia del luogo affiancato da un braccio destro ancora più efferato, al quale si oppone (inutilmente, bisogna dirlo) la banda di desperados guidata da un emulo di Indiana Jones campione di braccio di ferro, anche lui personaggio che è la summa di tutti gli eroi che non devono chiedere mai, dal già citato Indy a Jack Burton a Jack T. Colton a Mr. Crocodile Dundee, giusto per fare due nomi.


Come e quando questo semplicissimo canovaccio si arricchirà della presenza di un supereroe sta a voi scoprirlo, nello stesso modo gioioso di un bambino che scopre una sorpresa all'interno dell'ovetto Kinder. Turbo Kid infatti, nonostante le splatterate di cui è costellato, è un'opera gioiosa e innocente, permeata da un desiderio di semplicità che non deve essere preso per incapacità o sciatteria, proprio per nulla, e che è ben distante dall'approccio commerciale di chi strizza l'occhio alla moda del momento. Non mi è ancora capitato di vedere Summer of '84, secondo lungometraggio del terzetto di registi, quindi non saprei se i tre sono rimasti "puri" (forse no visto che nel frattempo hanno messo in cantiere Turbo Kid 2), ma mi è sembrato che questo Turbo Kid fosse il frutto di un sincero desiderio di avere un film non "ispirato a quelli dell'epoca" ma piuttosto "COME quelli dell'epoca", zeppo di momenti "tristi e divertenti ma NON di momenti tristemente divertenti", come direbbe Caparezza, una pellicola capace di stupire e meravigliare lo spettatore proprio grazie alla sua fondamentale innocenza. Ed è qui, ovviamente, che entra in gioco la capacità del pubblico odierno di tornare bambino e abbracciare questa semplicità senza spaccare troppo il capello con approfondimenti psicologici, trame contorte, effetti speciali patinati o attori estremamente capaci perché, che diavolo, negli anni '80 questo genere di film mica era la fiera dello state of the art ed è forse questo il motivo per cui molti di noi (io per prima!) non osano addentrarsi nei recuperi di ciò che hanno amato in passato. Alla fine della visione di Turbo Kid che, per inciso, mi è piaciuto tantissimo, quello che mi è rimasto profondamente impresso sono gli occhi azzurri e il sorriso stralunato della bella Apple, che hanno suscitato in me il desiderio di poter tornare ad affrontare la vita e il cinema con lo stesso meravigliato ottimismo che muove ogni azione della fanciulla; sarebbe un buon modo per tenersi stretta la magia dell'infanzia e dell'adolescenza pur diventando adulti, senza scadere in una banale sindrome da Peter Pan né andare ad ingrossare le fila di quelli "con l'infanzia rovinata" dall'ennesimo remake o reboot a loro non gradito. La stessa magia che, probabilmente, ha consentito ai realizzatori di Turbo Kid di regalare al mondo un film così maledettamente esaltante!


Di Michael Ironside, che interpreta Zeus, ho già parlato QUI.

François Simard è il co-regista e co-sceneggiatore della pellicola, inoltre interpreta il padre di Turbo Kid. Canadese, anche produttore e tecnico degli effetti speciali, ha diretto Summer of '84 e il corto T is For Turbo e ha un film in uscita, Turbo Kid 2.
Anouk Whissell è la co-regista e co-sceneggiatrice della pellicola, inoltre interpreta la madre di Turbo Kid. Canadese, anche produttrice, animatrice e tecnico degli effetti speciali, ha diretto Summer of '84 e il corto T is For Turbo e ha un film in uscita, Turbo Kid 2.
Yoann-Karl Whissell è il co-regista e co-sceneggiatore della pellicola, inoltre interpreta la guardia pelata. Canadese, anche produttore, ha diretto Summer of '84 e il corto T is For Turbo e ha un film in uscita, Turbo Kid 2.

Da sinistra a destra: Yoann-Karl, François e Anouk
L'edizione DVD della Koch Media contiene degli inserti speciali quali trailer e making of. Munro Chambers, che interpreta Turbo Kid, dovrebbe tornare nell'imminente sequel, attualmente in fase di pre-produzione. Il lungometraggio Turbo Kid deriva dal corto T is for Turbo, una delle opere candidate a entrare nell'antologia ABCs of Death, al quale è stato preferito la grottesca splatterata in claymotion T is for Toilet. Detto questo, se Turbo Kid vi fosse piaciuto recuperate la quadrilogia di Mad Max. ENJOY!


lunedì 29 settembre 2014

Meniamo le mani 2 - Atto di Forza (1990)


Così come Stallone continua a riproporci i suoi Mercenari, anche noi Blogger siamo arrivati al secondo capitolo del Meniamo le mani, l'Evento che riunisce in un'unica giornata tutti i nostri grebani beniamini. L'anno scorso io ho celebrato Lundgren, oggi tocca a Schwarzenegger e a Atto di forza (Total Recall), diretto nel 1990 dal regista Paul Verhoeven e liberamente tratto dal racconto Ricordiamo per voi di Philip K. Dick.


Trama: Douglas Quaid ha una casa, un lavoro e una bellissima moglie sulla Terra ma è perseguitato da sogni ambientati su Marte. Nel tentativo di rivivere uno di questi sogni si reca alla Recall, ditta specializzata nell'impiantare ricordi fasulli di favolose esperienze e scopre che tutta la sua vita è una menzogna orchestrata dal perfido Cohaagen...


Quando ero ragazzina e passavano in TV Atto di forza non potevo fare a meno di guardarlo perché, diciamocelo, ai tempi Schwarzy era un vero mito. Tuttavia, è anche vero che ad ogni visione me la facevo addosso per la paura, quando non ero impegnata a TENTARE di capire qualcosa dell'incasinatissima sceneggiatura di Dan O' Bannon e compagnia. Ancora oggi, per esempio, non ho ancora capito se tutto succede davvero o se l'intero film è frutto della mente di Quaid che, alla fine, come predetto da un sacco di personaggi, rimane davvero lobotomizzato. Cosa è vero e cosa è falso quindi nella vita di Douglas Quaid? Dipende, perché quando pensavamo ormai di aver capito tutto del personaggio ecco che scatta il ribaltone nello sconvolgente pre-finale. Quando pensavamo che Hauser fosse il vero cattivo, l'assassino a sangue freddo e lo psicopatico, scopriamo che in realtà Cohaagen è molto peggio di lui e che c'è qualcun altro ancor più abietto. Quando pensavamo che mutanti e compagnia bella non fossero già abbastanza trash, ecco che spuntano gli alieni. Ah, i mutanti e il trash, due capisaldi di Atto di forza che, assieme a sequenze decisamente orripilanti, lo rendono estremamente adorabile! Prendete gli effetti speciali di Rob Bottin, per esempio, e immaginatevi come possano avere influenzato la fragile psiche di una piccola Bollina: campassi cent'anni, mai dimenticherò i volti gonfi e sfigurati dei due protagonisti, in lotta per non esplodere a causa della pressione e della mancanza di ossigeno, così come non dimenticherò mai lo scioccante aspetto di Kuato, i volti rossastri e sfigurati dei mutanti marziani, la testa-bomba della donna cicciona o la sonda nasale del povero Schwarzy. Verhoeven, davvero, ha girato una supercazzola che inevitabilmente è riuscita ad assurgere col tempo allo status di cult, perché ciò che all'epoca era scioccante, oggi lo trovo sublime, talmente lontano dalla fantascienza "seria" e così sfacciatamente ironico e ridicolo (come la tizia con tre tette o il pupazzetto che guida il taxi) da meritare 92 minuti di applausi.


E poi c'è Schwarzenegger, IL protagonista della giornata. L'unico attore assolutamente inadatto per la parte e quindi, paradossalmente, il più indicato grazie alla sua ironia, alla sua orribile piacioneria (l'ho già detto che Schwarzy è Urendo??) e alle sue espressioni facciali, che diventano involontariamente esilaranti soprattutto quando il nostro è sotto sforzo. Schwarzy anche se, giustamente, interpreta un personaggio che non dovrebbe sapere/capire una mazza ha sempre la battuta pronta nonché arguta, il pugno allenato a fare scempio degli avversari ammazzandoli il 90% delle volte e padroneggia persino l'arte amatoria necessaria a strappare sguardi lubrichi a Sharon Stone e Rachel Ticotin; con oggetti contundenti di vario tipo, mitragliette e turbanti, l'ex Mister Universo regge sulle spalle l'intera pellicola senza temere la vergogna, assecondando i deliri visivi del buon Verhoeven e gigioneggiando con l'accento tipico del terrestre su Marte (quello del venditore di crauti, per intendersi). Il suo faccione squadrato e il suo tunnel dentale riempiono lo schermo e ipnotizzano lo spettatore che, ovviamente, per tutta la vita non sarà mai in grado di separare Schwarzy da Atto di forza, e viceversa: la sola idea che quel mollo sfighé di Colin Farrell abbia potuto sostituire il "vero" Douglas Quaid nel remake del 2012 mi riempie di tristezza e mi fa dubitare della correttezza dell'intero genere umano, che meriterebbe il confino su Marte. A ripensarci, Atto di forza è troppo particolare e, col senno di poi, troppo autoriale per prendere parte alla celebrazione della tamarreide, ma chi se ne frega: Schwarzenegger non è mai stato tipo da film "un tanto al chilo e tutti uguali" come Seagal e VanDamme e soprattutto, nel suo piccolo, un po' sapeva recitare nonostante quell'incredibile faccia da pirla che palesa per tutta la durata di Atto di forza. Le botte, i botti e, soprattutto, i muscoli e le litrate di sangue ci sono anche nel film di Verhoeven e tanto deve bastare!!


Del regista Paul Verhoeven ho già parlato qui. Arnold Schwarzenegger (Douglas Quaid/Hauser), Sharon Stone (Lori) e Michael Ironside (Richter) li trovate invece ai rispettivi link.

Rachel Ticotin interpreta Melina. Americana, ha partecipato a film come Un giorno di ordinaria follia e Con Air, inoltre ha partecipato a serie come Oltre i limiti, Lost, Weeds e doppiato Maria Chavez nella serie Gargoyles. Ha 56 anni.


Ronny Cox (vero nome Daniel Ronald Cox) interpreta Vilos Cohaagen. Americano, ha partecipato a film come Un tranquillo weekend di paura, La macchina nera, Beverly Hills Cop - Un piedipiatti a Beverly Hills, Beverly Hills Cop II - Un piedipiatti a Beverly Hills II, RoboCop, Balle spaziali 2: la vendetta e a serie come Alfred Hitchcock presenta, La signora in giallo, Medium, Desperate Housewives, Cold Case e Dexter. Anche sceneggiatore e produttore, ha 76 anni e due film in uscita tra cui, orrore!, Beverly Hills Cop 4.


Tra gli altri attori spunta anche il Dean Norris della serie Under the Dome, sepolto sotto l'orrido trucco del mutante Tony. Atto di forza è stato il film che ha convinto Verhoeven ad ingaggiare Sharon Stone per Basic Instinct (anche se era stato fatto il nome di Chynthia Rothrock per il ruolo di Lori!) mentre Schwarzenegger ha ottenuto il ruolo di Quaid perché, per problemi legati al costume, non era riuscito ad essere il protagonista di RoboCop e non vedeva l'ora di lavorare col regista (e anche perché la casa di produzione di Dino De Laurentiis era fallita, altrimenti la parte sarebbe andata a Patrick Swayze e la regia a Bruce Beresford); prima che spuntasse il nome di Verhoeven, comunque, era David Cronenberg che avrebbe dovuto dirigere il film rinunciando a La mosca ma, per ritardi e altri problemi, alla fine non se n'è fatto nulla. Di Atto di forza esistono un paio di "sequel" (il film TV Total Recall 2070 e l'omonima serie televisiva, entrambi basati sul racconto di Philip K. Dick) e il già citato remake Total Recall - Atto di forza del 2012. Non vi consiglio di recuperare nessuna di queste pellicole o serie ma, se Atto di forza vi è piaciuto, potete sempre guardare RoboCop, Vanilla Sky, Dark City, Blade Runner, Terminator e Terminator 2: Il giorno del giudizio.

Oppure, potete seguire questi link e scoprire di quali pellicole zamarrone hanno parlato i miei colleghi blogger. ENJOY!

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domenica 4 novembre 2012

The Alphabet Killer (2008)

Non so cosa mi stia succedendo, ma ultimamente i thriller mi deludono parecchio. E' successo così anche con The Alphabet Killer, diretto nel 2008 dal regista Rob Schmidt.


Trama: un killer misterioso rapisce, stupra e uccide una ragazzina e ne abbandona il corpo in un paese che condivide le stesse iniziali del nome e del cognome della vittima. Indagando sul caso, una detective viene presa sempre più nel gorgo della follia...


No ma COSA sto guardando? E' una domanda che mi è sorta spontanea parecchie volte durante la visione di The Alphabet Killer, film vagamente basato sulla vicenda reale dei cosiddetti Alphabet murders, omicidi accorsi in America negli anni '70 e, ad oggi, ancora privi di colpevole. Lo sceneggiatore Tom Malloy ha ricamato parecchio su questo mistero insoluto e il risultato è un tremendo pastiche thriller/horror/psicologico che sa come iniziare ma non sa come continuare né, tantomeno, finire. Fulcro della vicenda è una povera investigatrice disgraziata che, apparentemente senza motivo alcuno, nonostante all'inizio venga mostrata come una sorta di Clarice Starling dei poveri, diventa in pochi minuti una pazza così ossessionata dal caso da tentare il suicidio, per poi passare il resto del film a tremare, sentire voci, vedere fantasmi eccetera. Questo per l'elemento, ehm, psicologico. La parte horror la possiamo trovare negli spettri delle ragazzine uccise dal killer che, di tanto in tanto, compaiono alle spalle della protagonista per ribadirle il concetto "trova il colpevole e fermalo o, se adesso siamo in tre a ballare l'Alligalli, domani saremo una quarantina e non smetteremo di romperti le scatole!". E biih che camurrìa, datemi qualche indizio invece di comparirmi alle spalle e basta, no?! No, perché il film è tratto da una storia vera. E allora, siccome le vere indagini non hanno ancora fatto cicciare fuori un colpevole, ecco che si aggiungono twist nella trama assolutamente insensati o mezzucci da poco, come la polizia che fa di tutto per incastrare la persona sbagliata (procurando anche prove fasulle, chissà perché...), il casting che mette il povero Bill Moseley tra i personaggi solo per sviare lo spettatore, o indizi messi a caso che ad un certo punto condannerebbero l'unico prete "buono" reo di avere però la faccia e i modi da pedofilo. Alla faccia del pressapochismo!!


Passando dalla trama alla realizzazione, anche qui non ci siamo. Dopo una sequenza iniziale molto bella ed efficace, la regia diventa fiacca quanto il montaggio, le apparizioni delle ragazzine fantasma somigliano vagamente agli incubi di un moccioso emo e mostrano gli stessi effetti speciali che potrebbe avere un video degli Evanescence, infine anche la colonna sonora lascia a desiderare. Sul versante attori ci sarebbe da aprire un libro, invece: laddove il buon Timothy Hutton, seppur sprecato, offre un'interpretazione pacata ma convincente, Eliza Dushku, che di solito adoro, andrebbe presa a pugni nella faccia una sequenza sì e una no, con quello sguardo smarrito di chi non sta capendo una mazza e la manina tremolante come Benigni ne Il mostro. Indifendibili anche il gonfissimo Cary Elwes, talmente consapevole dell'inutilità del suo personaggio da aggiungere alla bolsaggine anche la mancanza di voglia, e lo sfigatissimo Tom Malloy (non pago di essere sceneggiatore incapace, pure attore sei? Argh!), con la faccia inespressiva di chi si trova in mezzo a tutto 'sto casino per caso e non sa se interpretare il buono o il cattivo. E voi direte "ma, almeno un po' di gore? Di suspance?". No, mi dispiace, né l'una né l'altra cosa. O sono diventata io così insensibile da non provare fastidio davanti alla mutanda (trovata appesa a un albero) di una ragazzina violentata e uccisa o davanti alla Dushku in pena che si sgarra le vene con una lametta, oppure The Alphabet Killer vale davvero poco. Propendo per la seconda ipotesi, e vi consiglio di evitare questo noiosissimo e pretenzioso polpettone.


Di Cary Elwes (Kenneth Shine) e Bill Moseley (Carle Tanner) ho già parlato nei rispettivi link.

Rob Schmidt è il regista della pellicola e interpreta anche uno dei poliziotti. Americano, ha diretto Wrong Turn - Il bosco ha fame e un episodio dei Masters of Horror. Anche sceneggiatore, produttore e attore, ha 47 anni.


Eliza Dushku interpreta Megan Paige. Attrice americana che ovviamente ricordo per le meravigliose performance sia in Buffy the Vampire Slayer (nei panni di Faith) che in Dollhouse (nei panni di Echo), ha partecipato anche a film come True Lies, Jay & Silent Bob... fermate Hollywood!, Soul Survivors - Altre vite, Wrong Turn - Il bosco ha fame e ad altre serie come Angel, That's 70's Show, Tru Calling, Ugly Betty e The Big Bang Theory. Anche produttrice e regista, ha 32 anni e un film in uscita.


Timothy Hutton interpreta Richard Ledge. Americano, lo ricordo per film "kingiani" come La metà oscura e Secret Window. Anche produttore, regista e sceneggiatore, ha 52 anni e un film in uscita. Nel 1980 ha vinto un Oscar come miglior attore non protagonista per il film Gente comune.


Michael Ironside (vero nome Frederick Reginald Ironside) interpreta il capitano Nathan Norcross. Canadese, lo ricordo per film come Scanners, Top Gun, Atto di forza, Highlander II - Il ritorno, Free Willy: un amico da salvare, Karate Kid 4, Starship Troopers - Fanteria dello spazio, Children of the Corn: Revelation, L'uomo senza sonno, Terminator Salvation e X - Men: l'inizio; ha anche partecipato alle serie The A - Team, Visitors, Alfred Hitchcock presenta, Superman, Walker Texas Ranger, E.R. - Medici in prima linea, Desperate Housewives, Masters of Horror, Cold Case e Smallville. Anche produttore, sceneggiatore e regista, ha 62 anni e sei film in uscita.


Melissa Leo interpreta Kathy Walsh. Americana, ha partecipato a film come 21 grammi - il peso dell'anima, Nascosto nel buio, Frozen River - Fiume di ghiaccio (che le è valso la nomination come miglior attrice protagonista), The Fighter (che le è valso l'Oscar come miglior attrice non protagonista) e alle serie Miami Vice,Veronica Mars, CSI, Criminal Minds e Cold Case. Ha 52 anni e undici film in uscita. 


Tra gli altri attori presenti segnalo, nei panni dello psichiatra della protagonista, Carl Lumbly, che nel serial Alias interpretava il grandissimo Marcus Dixon e il fratello maggiore di Eliza Dushku, Nate. Se il film vi fosse piaciuto... no, niente, fatevi un favore, cambiate target e buttatevi sul capolavoro Il silenzio degli innocenti. ENJOY!!

 


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