domenica 5 maggio 2019

She Who Must Burn (2015)

In questi tempi bui, medievali, di congressi per famiglie, ho visto spesso citato su Facebook il film She Who Must Burn, diretto e co-sceneggiato nel 2015 dal regista Larry Kent. Lucia ne aveva già parlato tempo fa in effetti e ora mi sono decisa a recuperarlo.


Trama: Angela gestisce un consultorio dove offre aiuto alle donne che vorrebbero abortire, prendere la pillola o anche "solo" allontanarsi da mariti violenti. Ma all'interno di un paese profondamente religioso questa è la peggiore delle colpe...



Non è facile scrivere qualcosa su She Who Must Burn senza scadere nell'invettiva, soprattutto in un periodo funestato da tanta di quella ignoranza e presunzione "religiosa" da far cadere le braccia. La provincia inquietante, grigia e squallida dell'America dei minatori morti male e delle sette religiose non è più ad un oceano di distanza ma dilaga nelle strade e nelle piazze italiane, in congressi dove regnano l'ipocrisia e i feti di plastica, nei commenti Facebook dove mammine pancine parlano di "doveri" mentre i mariti vanno a mignotte oppure dove chi viene violentata è una zoccola tanto quanto chi decide di non avere figli e intanto, all'alba della tragedia di Notre Dame, il pubblico si spaccava tra chi ringraziava Dio per aver miracolato l'oro nonostante l'incendio (non è forse un segno divino???) e chi per avere punito i francesi per chissà quali malefatte (e non è anche questo un segno divino???). Insomma, siamo nella merda e Larry Kent decide di prenderne una bella manciata e strofinarcela sulla faccia dopo averci inchiodato mani e piedi a terra ed esserci passato sopra con uno schiacciasassi. La storia raccontata in She Who Must Burn lo rende infatti uno degli horror più agghiaccianti e plausibili (tolte le ovvie esagerazioni del genere) che mi sia mai capitato di vedere, una di quelle opere in cui non si vorrebbe guardare eppure non si riesce a farne a meno, neppure quando il destino dei protagonisti diventa una valanga impossibile da fermare. Al di là delle terrificanti sevizie mostrate e di una donna che a un certo punto pare posseduta più da un demone che dallo Spirito Santo, ciò che fa male è la descrizione di una cittadina in cui la protagonista, Angela, combatte contro i mulini a vento incarnati di una setta religiosa appoggiata da uno Stato bigotto e da abitanti incapaci di reagire, con le autorità che guardano da un'altra parte senza fare nulla per risolvere la faccenda. La poveretta, che gestisce un consultorio ormai privo di fondi governativi, è costretta ogni giorno a subire la presenza in cortile di militanti cristiani che la chiamano assassina o le augurano di bruciare all'inferno e non le serve essere la compagna del vicesceriffo, anzi: l'anziano sceriffo non perde occasione di consigliare al vice di farsi i fatti suoi, andarsene, lasciare correre, e lui stesso chiude gli occhi persino davanti ad evidenze sempre più terrificanti (di fatto, basterebbe pensare ai legami di parentela dei membri della setta con chi, all'inizio, uccide un medico abortista, per cacciarli a pedate dalla cittadina), con ovvi e terribili risultati.


Quando la merda comincia a colpire il ventilatore e i membri della setta valicano un confine che non dovrebbe mai essere superato, Angela non ha protezione alcuna, noi lo sappiamo. A cosa serve l'intelligenza, supportata dalla scienza o anche solo dall'empatia, quando ci si trova davanti dei matti guidati da un Dio piegato alle loro esigenze perverse di piccoli uomini bisognosi di conferme? D'altronde, è molto più semplice puntare il dito contro la Serva del Demonio piuttosto che combattere la mortalità infantile causata da miniere inquinanti, chiamare in causa punizioni divine contro l'"assassina di bambini" invece che tutelare le madri o il loro diritto di scegliere, che viene negato anche quando c'è un concreto rischio di morire. E così l'orrore di questa situazione già di per sé impossibile si traduce in orrore fisico, tra sangue che scorre a fiumi, volti sfigurati da colpi di bastone, teschi carbonizzati e quant'altro, in un crescendo biblico di violenza che rischia di mettere a dura prova lo spettatore, anche più di quanto faccia un torture porn. Perché il torture porn, per quanto becero, ha quasi sempre uno sfondo "ilare", è puro cinema di svago dove si prende gente a caso, possibilmente monodimensionale, e la si da in pasto a torturatori spesso senza volto o motivazioni concrete; stavolta le vittime hanno un nome, un codice morale, un'intelligenza, uno strato fondamentale di bontà, e i carnefici non riescono ad andare oltre e vedere l'individuo dietro il nemico da abbattere perché lo dice Dio. Non esiste catarsi finale, non esiste vendetta, non esiste lo sfogo di un sopravvissuto a compiere giustizia sommaria, esiste solo la profonda desolazione di chi è rimasto a guardare e probabilmente è stato lasciato in vita per continuare a riflettere sulla sua colpa, sulla sua ignavia. Se She Who Must Burn può insegnarci qualcosa, dunque, è di non rimanere a guardare in silenzio pensando che "non sono affari nostri" quando i diritti delle persone vengono calpestati, perché il peggiore inferno è quello in cui ognuno bada al proprio triste orticello, ignorando gli incendi appiccati da stronzi prepotenti invasati che fanno male già a parole, senza dover necessariamente passare ai fatti.

Larry Kent è il regista e co-sceneggiatore della pellicola. Sudafricano, ha diretto film come The Bitter Ash, Keep It in the Family e The Hamster Cage. Anche produttore e attore, ha 82 anni.


5 commenti:

  1. Diciamo che dopo aver visto "A Serbian film" penso di essere pronta a qualsiasi cosa, provo a segnalarlo al Khal, ma mi sa che a "Ambientazione spoglia" e "gran uso della camera a mano,stile documentaristico" lo perderò presto XD.

    La cosa che mi fa i brividi di questa trama è il parallelismo con la situazione attuale O.o

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    1. A Serbian Film non ho mai avuto il coraggio di vederlo ma credo siano due tipi di orrore diversi. She Who Must Burn, tra l'altro temo sia un po' lento e "artigianale" per piacere al Khal.
      Però sì, è talmente attuale da fare male.

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    2. Ho letto prima su Facebook,dove l'aborto non è legale,che verranno perseguite,con pene detentive fino a 10 anni, anche le donne che volessero abortire in un altro stato, in quanto assassine, e come complici anche chi le accompagnasse verrebbe incriminato.Molto(troppo) Racconto dell'ancella!
      ASF per me è stato traumatizzante,se lo eviti è meglio.Un calcio in faccia.

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    3. Mi sono dimenticata "in Georgia"(lo stato americano)fra Facebook e dove l'aborto XD

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    4. In Georgia sti maledetti devono morire male. Il medioevo è sempre TROPPO, atrocemente vicino.

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