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venerdì 3 febbraio 2023

Anche io (2022)

E' uscito la scorsa settimana al cinema Anche io (She Said), diretto nel 2022 dalla regista Maria Schrader, un film che mi aveva intrigata già dal trailer e che è stato tratto dal libro She Said, scritto dalle reporter Jodi Kantor e Megan Twohey.


Trama: Due giornaliste del New York Times conducono una difficile indagine sulla lunghissima storia di abusi sessuali perpetrati da Harvey Weinstein ai danni di donne alle dipendenze della Miramax e di svariate attrici.


"Lei ha detto". Un titolo (ripetuto sul finale in mille lingue tranne credo l'italiano, visto che gli adattatori hanno deciso di tradurre invece il "Me Too", mancando di qualche centimetro l'argomento centrale del film) che spalanca un universo di riflessioni. "Lei ha detto" di essere stata violentata da Harvey Weinstein, per esempio. Weinstein, il mogul della Miramax, facoltoso, potente, importante. E quindi cosa vorrà fare questa "lei", se non screditare una persona che dà da lavorare a mille altre e che ha le mani in pasta ovunque? Vorrà per caso dei soldi? Siccome "l'ha detto lei", e magari ci ha messo qualche anno a trovare il coraggio di dirlo, non è che magari era consenziente e adesso ha deciso di ritrattare tutto solo per un po' di fama e denaro? Ma poi, quello che dice "lei", quanto peso ha rispetto a quello che può dire Weinstein e, soprattutto, rispetto al muro di silenzio che la povera "lei" si trova a dover affrontare quando le parole finalmente le escono di bocca, dolorose e amare come il fiele? Magari ci sono anche, e sono tantissimi, quelli che le consiglieranno di dimenticare, perché non ne vale la pena, perché "che vuoi che sia", perché "così ti rovini la vita", perché "non potrai mai vincere", che fiaccano il coraggio ed alimentano i dubbi non solo relativamente al fare la cosa giusta, ma anche sull'interpretazione data a un evento orribile, in grado di distruggere l'esistenza di chi lo ha subito. Ecco perché ci sono voluti anni prima che alle "lei" passate sotto le manazze di Weinstein venisse data la possibilità di "dire", di urlare le loro storie a tutto il mondo attraverso la penna delle giornaliste Jodi Kantor e Megan Twohey, ma il retroscena più triste di questa brutta storia il film non lo racconta: al New York Times sapevano già nel 2004 degli abusi di Weinstein, ma quest'ultimo si era recato in visita alla redazione, e quindi addio indagini approfondite e conseguente articolo, almeno fino a quando non ci si è messo in mezzo anche Ronan Farrow, anni dopo. Ma facciamo finta che al Times siano tutti dei santi, anche il giornalista Glenn Thrush, che nel film non compare perché lavora tuttora per il giornale nonostante sia stato accusato (in seguito all'ondata di coraggio infusa da questi articoli) di comprovate molestie sessuali, e parliamo di Anche io.


Anche io è un'angosciante indagine filtrata dall'occhio di due giornaliste che tentano di scoperchiare un'immane cloaca di abusi e violenze tenuti nascosti da decenni di omertà e terrore. Rigorosissimo per quanto riguarda la regia e le indagini di Jodi Kantor e Megan Twohey (salvo per qualche ovvia licenza "poetica"), il film concede poco al sentimentalismo e molto allo schifo, alla frustrazione di avere "off records" tutte le prove per incastrare Weinstein e ritrovarsi comunque con le mani legate perché le testimoni sono state imbavagliate, impossibilitate a parlare da accordi di segretezza o, banalmente, dalla paura di rimanere una singola voce che non verrà creduta e che, quindi, si ritroverà con la vita rovinata, inutilmente. Allo spettatore viene risparmiata la vista delle atrocità commesse da Weinstein, sostituite da immagini di donne sconfitte che hanno cercato di andare avanti, ma la voce di queste donne (tra ricostruzioni, attrici che ci mettono la faccia dopo essere state davvero vittime di Weinstein, e un paio di intercettazioni reali che mettono letteralmente i brividi) convoglia tutto l'orrore e la vergogna delle esperienze passate, e indigna più di quanto farebbero delle sequenze esplicite. Zoe Kazan e Carey Mulligan conferiscono alle due protagoniste tutta l'umanità necessaria affinché lo spettatore venga coinvolto dalla loro indagine e resti col fiato sospeso nonostante sappia che, alla fine, l'articolo è stato per fortuna pubblicato con tutto ciò che ne è seguito; trama, regia e montaggio concorrono a creare una sensazione di disagio e minaccia palpabile, tracciano l'immagine di due professioniste la cui vita familiare viene in qualche modo "sporcata" da una sensazione di paranoia derivante dalla natura infida e tentacolare di Weinstein e di coloro che lo proteggono, in più la Kazan infonde nel suo personaggio una dolcezza incredibile e la Mulligan la cazzimma che la contraddistingue da sempre, con risultati che, ovviamente, aggiungono ulteriore valore a una vicenda che già di suo meritava di venire raccontata.  Anche io non sarà un film memorabile o innovativo, ma è una visione assai piacevole nella sua sgradevolezza e, come accade per questo genere di pellicole, spinge indubbiamente a volersi informare e ad aprire gli occhi sullo schifo che ci circonda, il che, per me, è sempre un punto in più. Se lo proiettano ancora dalle vostre parti recuperatelo!


Di Zoe Kazan (Jodi Kantor), Carey Mulligan (Megan Twohey), Patricia Clarkson (Rebecca Corbett), Jennifer Ehle (Laura Madden), Samantha Morton (Zelda Perkins) e Gwyneth Paltrow (solo come voce, interpreta se stessa) ho già parlato ai rispettivi link.

Maria Schrader è la regista del film. Tedesca, ha diretto film come I'm Your Man e la serie Unorthodox. Anche attrice, sceneggiatrice e produttrice, ha 58 anni.


Ashley Judd interpreta se stessa. Americana, la ricordo per film come Poliziotto in blue jeans, Natural Born Killers, Heat - La sfida e Il collezionista, inoltre ha partecipato a serie quali Twin Peaks: Il ritorno. Anche produttrice e regista, ha 55 anni. 


Se Anche io vi fosse piaciuto recuperate The Post, Il caso Spotlight, Tutti gli uomini del presidente, Bombshell - La voce dello scandalo e anche Promising Young Woman. ENJOY!


martedì 11 luglio 2017

Spider-Man: Homecoming (2017)

Avevo paura che il cinema chiudesse prima della sua uscita ma la verità è che a Savona Spider-Man: Homecoming, diretto e co-sceneggiato dal regista Jon Watts, viene attualmente proiettato in ben tre sale quindi ecco qui il post sull'ultimo film di Mamma Marvel, ovviamente NON in 3D.


Trama: dopo l'incontro con gli Avengers, Peter Parker alias Spider-Man è un supereroe in prova, desideroso di farsi accettare dai suoi pari. La minaccia dell'Avvoltoio lo pone sotto i riflettori ma ad un prezzo...



Come per tutto ciò che riguarda l'Arrampicamuri Marvel ero un po' prevenuta verso questo Spider-Man: Homecoming, visto solo per dovere di completezza nei confronti dell'ormai vastissimo MCU. I film di Raimi mi erano piaciuti (oddio, il terzo non l'ho mai guardato dopo i due marroni che mi ero fatta col secondo) mentre a quelli con Andrew Garfield non mi sono mai neppure avvicinata, però questo Spider-Man ragazzino a modo suo mi intrigava e, neanche a dirlo, l'idea di rivedere sullo schermo Robert Downey Jr. in guisa di Tony Stark è stata la spinta principale a fiondarmi in sala. Ora posso dire di essere molto felice di avere guardato Spider-Man: Homecoming, una bella iniezione di freschezza ad un personaggio ormai "asciugato" (perlomeno in senso cinematografico) come quello dell'Uomo Ragno al punto che, come già successo per I Guardiani della Galassia, il pensiero che un giovane supereroe così ben delineato sarà costretto a confluire nel calderone di Infinity War un po' mi turba. L'approccio degli sceneggiatori al Bimbo-Ragno è infatti quello delicato di una teen comedy appena spruzzata di elementi supereroistici, con riferimenti a tutti e tre i film dedicati agli Avengers (e agli albi di Spider-Man in generale, persino ai vecchi telefilm e cartoni animati!) per una volta non fini a loro stessi ma perfettamente integrati all'interno di una trama a metà tra il coming of age e il racconto di formazione. Finalmente non vediamo tutta la manfrina del Peter Parker morso da un ragno, impegnato a scoprire i propri poteri, ma il racconto parte in medias res, con uno Spider-Man già consapevole delle sue capacità, galvanizzato dall'incontro-scontro con gli Avengers titolari e conseguentemente poco disposto a venire messo da parte solo "perché piccolo"; spinto dall'entusiasmo e dalla certezza di essere speciale, il problema di Peter è quello di riuscire a conciliare le sue velleità di supereroe ai problemi tipici di un adolescente, dalla lotta per la popolarità in una scuola splendidamente multietnica ai primi palpiti amorosi, passando banalmente per il mantenimento del rendimento scolastico e la quotidiana convivenza con ZILF May. In tutto questo, Parker si ritrova ad avere a che fare con lo scomodo Grillo Parlante Tony Stark, il cane da guardia Happy (bentornato Jon Favreau!) e, soprattutto, col minaccioso Avvoltoio, probabilmente il primo villain del MCU ad essere stato dotato di un background interessante che, senza troppi spiegoni, è riuscito a fargli fare il salto di qualità da "macchietta psicopatica" a "uomo della strada col quale non si può non empatizzare". Anzi, diciamo che dopo l'introduzione iniziale Tony Stark e soci non ci fanno proprio una bellissima figura e se non fosse per l'ingenua simpatia del piccolo e goffo Spider-Man verrebbe quasi da tifare Avvoltoio.


Miracolo di un attore bravissimo come Michael Keaton, che potrebbe tranquillamente fregiarsi del titolo di primo ed ultimo supereroe del Cinema moderno? Forse, ma a mio avviso il merito è anche di un Jon Watts, qui nelle vesti di regista E co-sceneggiatore, che già con Clown aveva dimostrato di saperci fare nel tratteggiare, grazie a pochissimi dettagli, la psicologia dei personaggi persino all'interno di storie zeppe di cliché come un horror oppure, in questo caso, un film del MCU. In tutto questo, Spider-Man: Homecoming non è solo un film godibile dal punto di vista della sceneggiatura ma anche e soprattutto per quel che riguarda l'aspetto action. Personalmente, ho apprezzato tantissimo le splendide ali meccaniche dell'Avvoltoio e il modo in cui i costumisti hanno trasformato l'imbarazzante tutina piumata del vecchio villain dei fumetti in qualcosa capace di richiamarlo senza risultare kitsch, anzi, rendendolo plausibile anche per un autoproclamatosi "working class (anti)hero"; le sequenze aeree sono molto emozionanti e il modo in cui raggi laser, ali e ragnatele si scontrano genera delle coreografie bellissime ma probabilmente nulla batte la vertiginosa sequenza ambientata in cima al monumento a George Washington, dove persino il povero Bimbo-Ragno mostra qualche perplessità in materia vertigini. Bella anche la colonna sonora, con la punta di diamante Blitzkrieg Bop sparata a mille sia durante il film che sui carinissimi titoli di coda, affatto fastidioso il riferimento ormai dovuto agli anni '80 e molto bravi anche gli attori: Robert Downey Jr. è ormai una garanzia quanto Jon Favreau, del magnetico e carismatico Michael Keaton ho già parlato ma la vera sorpresa è Tom Holland (affiancato da uno spassoso Jacob Batalon, altro giovane caratterista impegnato nel più vecchio dei cliché da commedia americana ma assolutamente funzionale assieme all'umorismo giocoso che permea l'intero film, necessario qui, nei Guardiani della Galassia e forse anche in Ant-Man, un po' meno in film come Thor) nei panni del supereroe titolare, un ragazzino finalmente espressivo e credibile, tenero e fastidioso come solo un adolescente in fregola potrebbe essere. Anzi, vi dirò che sul pre-finale mi si è persino un po' stretto il cuore e mi è venuto da augurare a questo Peter Parker tutto il bene che non ho augurato a nessuna delle sue altri incarnazioni. In conclusione, vi consiglio di correre al cinema prima di venire ammorbati con l'imminente e probabilmente fastidioso Thor: Ragnarok e l'altrettanto pomposo Black Panther, ché questo Spider-Man: Homecoming è fresco e gradevole come un cocktail estivo. Ah, e rimanete fino alla fine degli ULTIMI titoli di testa. Se non vi fidate di me, fatelo almeno per l'immarcescibile Captain America.


Del regista e co-sceneggiatore Jon Watts ho già parlato QUI. Michael Keaton (Adrian Toomes/Avvoltoio), Robert Downey Jr. (Tony Stark/Iron Man), Marisa Tomei (May Parker), Jon Favreau (Happy Hogan), Gwyneth Paltrow (Pepper Potts), Martin Starr (Mr. Harrison), Logan Marshall-Green (Jackson Brice/Shocker n.1), Jennifer Connelly (Karen/Lady costume) e Chris Evans (Steve Rogers/Captain America) li trovate invece ai rispettivi link.

Tom Holland interpreta Spider-Man/Peter Parker. Inglese, ha partecipato a film come The Impossible, Captain America: Civil War e Civiltà perduta, inoltre ha lavorato come doppiatore nella versione inglese di Arrietty - Il mondo segreto sotto il pavimento. Anche regista, ha 21 anni e quattro film in uscita tra i quali Avengers: Infinity War, inoltre dovrebbe tornare per il seguito di Spider-Man: Homecoming, previsto per il 2019.


Tra i vari interpreti (ovviamente Stan Lee fa la solita comparsata, stavolta nei panni di Gary, il vecchietto dalla finestra) spunta fuori l'attore Kenneth Choi, che interpreta il preside Morita: la cosa interessante è che un Jim Morita, interpretato dallo stesso attore, è comparso sia in Captain America - Il primo vendicatore che in un episodio di Agents of SHIELD e visto il ritratto che compare alle spalle del preside si può presumere che quest'ultimo sia un nipote del vecchio membro degli Howling Commandos. Altro musetto conosciuto è quello di Angourie Rice, apprezzatissima in These Final Hours e The Nice Guys e qui purtroppo sottoutilizzata nei panni di una Betty Brant anche troppo simile alla Gwendolyn Stacy dei fumetti mentre il Flash Tony Revolori era lo Zero di The Grand Budapest Hotel. J.K. Simmons aveva espresso interesse nel tornare a vestire i panni di J.Jonah Jameson in un cameo ma siccome è stato "preso" come Commissario Gordon per l'imminente Justice League ogni trattativa con gli studios è cessata mentre Vincent D'Onofrio si era proposto per comparire come Wilson Fisk visto che Kingpin è anche un nemico di Spider-Man: chissà, magari in un prossimo film il desiderio di D'Onofrio verrà esaudito (ci sarebbero anche Matthew McConaughey interessato al Goblin e Alfred Molina a tornare come Doc Ock, quindi staremo a vedere)! Nulla di fatto inoltre non solo per John Malkovich, scelto per interpretare l'Avvoltoio se Raimi avesse girato il suo quarto Spider-Man, ma anche per Samuel L. Jackson, che in origine avrebbe dovuto tornare come Nick Fury a far da mentore al giovane Spider-Man ma è stato poi sostituito da Iron Man, a mio avviso più affine al personaggio; dito medio anche ad un Asa Butterfield troppo alto e al minchietta di The Walking Dead Chandler "CaaVVll" Riggs, scartato alle audizioni, mentre il figlio dell'altra star della serie, Norman Reedus, ha direttamente rifiutato l'invito a presentarsi al casting. Passando ai registi, invece, Theodore Melfi ha rinunciato a girare Spider-Man: Homecoming a favore del delizioso Il diritto di contare. Al momento l'Uomo Ragno è stato inglobato nel MCU e dovrebbe tornare, come anticipato nei titoli di coda, sia in Avengers: Infinity War che in un sequel di Spider-Man: Homecoming ma la Sony non ha smesso di mungere la vacc...ehm, il ragno e per il 2018 dovrebbe uscire uno spin-off di The Amazing Spider-Man interamente dedicato a Venom, con Tom Hardy nei panni di Eddie Brock. Nell'attesa di tutti questi film, intanto vi consiglio di recuperare di sicuro Captain America: Civil War, dalla cui costola è nato Spider-Man: Homecoming e di aggiungere Iron Man (necessario, assieme ai sequel, per capire la storyline dedicata al personaggio)Iron Man 2ThorCaptain America - Il primo vendicatoreThe Avengers (alla fine del quale è ambientato l'inizio di Spider-Man: Homecoming), Iron Man 3Thor: The Dark WorldCaptain America: The Winter SoldierGuardiani della galassiaAvengers: Age of Ultron , Ant-ManDoctor Strange e Guardiani della Galassia vol. 2. Poi, se volete, aggiungete la trilogia dedicata a Spider-Man girata da Sam Raimi e i due film del primo reboot, The Amazing Spider-Man e The Amazing Spider-Man 2 - Il potere di Electro ma contate che io mi sono fermata ai primi due di Raimi prima di stramazzare per subentro di noia. ENJOY!

sabato 21 settembre 2013

Bill Murray Day: I Tenenbaum (2001)

Oggi è il giorno glorioso in cui si festeggia un mito della mia infanzia. Ma che dico, mito? Ammettiamolo, qui si parla tranquillamente di primo amore, dell’uomo più bello del mondo per una bimba di 8/9 anni, di un acchiappafantasmi che riusciva a conquistare la bella Dana con battute pronte e tanta faccia tosta. Sto ovviamente parlando di William James Murray, per gli amici Bill Murray, che oggi compie 63 anni e viene giustamente festeggiato dal solito gruppo di folli blogger. La scelta del film per il Bill Murray Day è caduta così su I Tenenbaum (The Royal Tenenbaums), co-sceneggiato e diretto dal geniale Wes Anderson nel 2001.


Trama: i Tenenbaum sono una benestante famiglia di disadattati dove sono cresciuti tre ex-bambini prodigio. Quando il padre, Royal, annuncia di avere una malattia terminale, i membri della famiglia, pur se riluttanti, sono costretti a riunirsi…


Ormai erano passati più di dieci anni da quando avevo visto I Tenenbaum e, francamente, credo non lo avrei scelto per il Bill Murray Day se avessi ricordato che il festeggiato, povirazzo, si vede davvero poco. Nonostante questo, come al solito, il nostro spicca anche in mezzo ai geniali freaks che popolano i film di Anderson (giovane regista che lo ha eletto, per fortuna di tutti gli spettatori e fan, ad attore feticcio), e ci riesce in virtù di quella faccetta un po’ così, quell’espressione tipica dell’uomo sconfitto dalla vita ma, allo stesso tempo, talmente stralunato ed immerso nell’ennui che forse, di quello che gli accade, gli importa meno di zero. Ne I Tenenbaum Bill interpreta Raleigh St. Clair, marito “anziano” della bella e depressa Margot Tenenbaum nonché scrittore e studioso di disturbi comportamentali. Nella fattispecie, il nostro trascura palesemente la moglie (della quale è comunque innamorato) perché totalmente preso dalle stranezze di un ragazzetto daltonico, chiuso in un mondo tutto suo e dotato di un udito quasi sovraumano. Vederlo affrontare lo studio di questo mostriciattolo con piglio accademico e distaccato, lo stesso che riserva comunque ai propri problemi coniugali (Margot non lo ama, lo tradisce e fondamentalmente è una zoccola della peggior specie ma lui ci rimane male perché in anni di matrimonio non si era mai accorto che la donna fumava), risulta tragicomico e quasi disturbante, come d'altronde tutto il resto della pellicola e dei personaggi che descrive.


I Tenenbaum infatti, oltre a contenere un abbozzo di quello che poi verrà sviluppato nel delizioso Moonrise Kingdom – Una fuga d’amore (vedi appunto la fuga dei due ragazzini raccontata all’inizio), è forse il film di Anderson dove lo spettatore riesce maggiormente ad empatizzare per gli strani protagonisti e a provare pena per il triste destino che si sono creati con le loro mani. Il mondo della famiglia Tenenbaum è un universo a sé stante che cozza costantemente contro la realtà che circonda i membri della "tribù"; la gente che guarda da fuori la loro vita vede o un branco di pazzoidi da evitare/ incanalare in binari più comprensibili oppure degli eccentrici ricconi da invidiare e solo il personaggio interpretato da Danny Glover cerca, per amore, di comprendere ed accettare tutti i problemi, le stranezze e le fisime dei Tenenbaum e dei loro amici più stretti. Privati delle loro eccentricità, i membri della famiglia del titolo non sono altro che persone disilluse, egoiste, tristi e disagiate, un'accozzaglia di individui incapaci di parlarsi o di capirsi che, paradossalmente, incominceranno il cammino verso la "normalità" proprio a partire da una tragedia... o presunta tale. Al di là della storia, comunque gradevolissima e persino nominata all'Oscar per la miglior sceneggiatura, è però lo stile di Anderson ad essere meraviglioso ed inconfondibile: la storia viene suddivisa in capitoli come se fosse un libro e ognuno di essi è introdotto dal suo corrispettivo cartaceo, ogni personaggio, soprattutto i tre figli, indossano delle mise che riescono sia a caratterizzarli che ad essere stilosissime, il regista introduce qua e là dei tocchi surreali e ipnotizza lo spettatore con una colonna sonora strepitosa e gli attori assecondano in modo perfetto (soprattutto Gene Hackman e Ben Stiller) l'atmosfera vintage e nevrotica della pellicola. In due parole, un capolavoro e un'altra prestigiosa tacca nella filmografia del festeggiato... che è spesso stato ospite graditissimo del Bollalmanacco!


Ghostbusters - Acchiappafantasmi (1984), per la prima volta nei panni di Peter Wenkman, ideale capo carismatico (e cialtrone) del folle gruppetto di acchiappafantasmi!

La piccola bottega degli orrori (1986): sotto le grinfie di un ispirato Steve Martin nei panni del dentista sadico arriva nientemeno che un paziente masochista!!

Ghostbusters II - Acchiappafantasmi II (1989) il ritorno di Peter Wenkman, sempre più affascinante!

Ed Wood (1994) dove Murray interpreta un gaYo collaboratore del regista peggiore del mondo.

Benvenuti a Zombieland (2009): meritato cameo nei panni di se stesso, anche se c'è gente che ANCORA non conosce Bill Murray!!

Moonrise Kingdom - Una fuga d'amore (2012) dove interpreta un marito e padre ormai sconfitto dalla vita e dalla noia...

A Royal Weekend (2012) dove interpreta nientemeno che Roosevelt, in una performance forse un po' sottotono ma comunque sempre valida!

Ed ecco ora l'elenco degli altri blogger che festeggiano oggi il Bill Murray Day:

Cooking Movies
Director's Cult
Ho voglia di cinema
In Central Perk
Montecristo
Pensieri Cannibali
Recensioni ribelli
Scrivenny 2.0
White Russian

venerdì 10 maggio 2013

Iron Man 3 (2013)

Non c'è il due senza tre e il quattro vien da sé, dicono. A me basterebbe che venisse a trovarmi Robert Downey Jr. ma, nel frattempo, sono andata a vedere per l'appunto Iron Man 3, diretto dal regista Shane Black.


Trama: dopo aver sgominato dei ed invasioni aliene il povero Tony Stark è comprensibilmente scosso, ma le cose peggioreranno ancora con l'arrivo del Mandarino e di un pericoloso personaggio legato al passato del genio miliardario...



Che bello. Andare in sala e guardare gli Iron Man con Robert Downey Jr. è come ritrovare un vecchio amico. Un vecchio amico figo ed incredibilmente carismatico. Credo che potrebbero mettere delle scimmie a girare la pellicola e dei paguri a sceneggiarla, tanto basterebbe l'attore a reggere e a rendere credibile da solo l'intero film. Non a caso, stavolta il grassissimo Jon Favreau si è ritirato e ha lasciato il timone a Shane Black ma, siamo sinceri, a parte per gli interessantissimi e visionari video del Mandarino si nota la differenza? Sì, forse Iron Man 3 è un po' meno scanzonato rispetto ai precedenti film, ma per il resto è lo stesso tanta roba e, cosa molto importante, riesce a mantenere una sorta di equilibrio tra effetti speciali ed elemento "umano": abbiamo un fottìo di armature per far fremere nerd e fan, ci sono i soldati indistruttibili che prendono fuoco e si rigenerano, ma ci sono anche moltissime sequenze che ci mostrano come Iron Man sia innanzitutto un uomo di nome Tony Stark che deve capire come essere forte e superare le sue paure anche senza nascondersi dentro ad un guscio ipertecnologico.


In Iron Man 3 si gioca molto sul concetto di "maschera" e immagine. Non preoccupatevi, non c'è nulla di troppo cervellotico o psicologico, ma il ragionamento alla base del film è molto interessante e, oltre a riaffermare il tema della tecnologia come valido aiuto e contemporaneamente possibile strumento negativo, da il la ad un maggiore approfondimento del personaggio di Tony Stark (collegando direttamente le vicende del film a quelle di The Avengers e rafforzando così l'idea di una continuity cinematografica Marvel) e ad un paio di twist assai interessanti che colgono lo spettatore di sorpresa soprattutto per quanto riguarda i villain. Non sto ovviamente a fare spoiler ma, credetemi, conoscendo vagamente la storia fumettistica dei personaggi al momento delle rivelazioni concernenti il Mandarino ho dovuto raccogliere da terra la mascella e fare un plauso agli sceneggiatori... che peraltro hanno trovato il modo di mostrare il più possibile Robert Downey Jr. senza armatura e conciato con delle mise un po' streppone ma sicuramente adattissime all'attore, che non mi pento di definire uno gnocco della Madonna e... sì, scusate, sto divagando.


Dicevamo, gli attori. Finalmente la Pepper Potts di Gwyneth Paltrow ottiene lo spazio che avrebbe sempre meritato e ci regala delle sequenze finali da favola, Ben Kingsley nei panni del Mandarino è semplicemente favoloso e imprevedibile, infine Guy Pearce è un villain convincente e un trasformista da paura (il make up è sicuramente fatto bene ma lui ci mette del suo). La palma d'oro per i due migliori gatti di marmo la vincono invece Don Cheadle, incapace di reggere i duetti con Robertino adorato e meno espressivo persino di War Machine, e la povera Rebecca Hall, costretta in un personaggio la cui utilità è pari a quella dell'ubiquo Stan Lee, che compare ormai incartapecorito nel solito cammeo più o meno a metà film. Di Robert Downey Jr. potrei invece tessere le lodi per almeno 1000 post, quest'uomo passa dall'essere un esilarante cialtrone a un eroe sofferente in tempo zero e sempre in modo convincente e che non vi venga in mente di andarvene prima della fine dei lunghissimi titoli di coda perché rischiereste di perdervi una chicca che ve lo renderà ancora più simpatico. Insomma, non sto a farla più lunga del necessario, Iron Man 3 è tutto quello che ci si può aspettare: azione, ironia, suspance, Eiffel 65 (non sto scherzando, l'inizio truzzo è una delle cose più trash e meravigliose del film!) e, soprattutto, Robert. Robert, Robert, Robert. Sia lodato il giorno in cui hai accettato il ruolo di Tony Stark, bello mio.


Di Robert Downey Jr. (Tony “Iron Man” Stark), Gwyneth Paltrow (Pepper Potts), Don Cheadle (Colonnello James Rhodes), Guy Pearce (Aldrich Killian), Rebecca Hall (Maya Hansen, ruolo che avrebbe dovuto andare a Jessica Chastain che però ha dovuto rinunciare per impegni pregressi), Jon Favreau (Happy Hogan), Ben Kingsley (il Mandarino), Paul Bettany (la voce di Jarvis) e William Sadler (il presidente) ho già parlato ai rispettivi link.

Shane Black è il regista e co-sceneggiatore della pellicola. Prima di Iron Man 3 ha diretto solo un altro film, Kiss Kiss Bang Bang e pare che stia per cimentarsi nel remake USA di Death Note. Americano, anche attore e produttore, ha 52 anni.


James Badge Dale (vero nome James Badgett Dale) interpreta Savin. Americano, ha partecipato a film come Il signore delle mosche, The Departed – Il bene e il male, Shame, Flight e alle serie 24, CSI – Scena del crimine, CSI: Miami e CSI: NY. Ha 35 anni e tre film in uscita, tra cui gli imminenti World War Z e The Lone Ranger.


Miguel Ferrer interpreta il vice presidente. Caratterista americano dalla faccia conosciutissima, lo ricordo innanzitutto per Twin Peaks e poi per film come RoboCop, L’albero del male, Fuoco cammina con me, Hot Shots! 2, L’ombra dello scorpione, Stephen King’s Shining, The Night Flier, Mr. Magoo e Traffic. Ha inoltre partecipato alle serie Magnum P.I., Chips, Miami Vice, E.R. Medici in prima linea, Will e Grace, Una famiglia del terzo tipo, CSI – Scena del crimine, Lie to Me, Desperate Housewives e, come doppiatore, ha lavorato in Mulan e nelle serie Hercules, Robot Chicken e American Dad!. Anche regista, ha 58 anni.


Jon Favreau, regista dei primi due Iron Man, ha rinunciato all’offerta di dirigere il terzo capitolo per dedicarsi a Magic Kingdom e Jersey Boys, due film che ancora non hanno né un cast né una data d’uscita. Aspettando che Tony Stark ritorni, come annunciato alla fine dei credits, se Iron Man 3 vi fosse piaciuto consiglio intanto il recupero dei primi due capitoli della saga e di The Avengers. ENJOY!!

sabato 12 maggio 2012

The Avengers (2012)

E fu così che, dopo avere contagiato il mondo intero al grido di “Vendicatori uniti!!” il film The Avengers, diretto da Joss Whedon, ha raggiunto anche me, che avevo giurato di non vederlo mai. Ma, come dice Padre Maronno, mai fare giuramenti simili perché… e se poi te ne penti?


Trama: il malvagio dio Loki riesce a rubare il Tesseract, cubo di origine misteriosa in grado di produrre un’energia praticamente illimitata e aprire varchi su altri mondi. Per sventare la minaccia, il direttore dello S.H.I.E.L.D. Nick Fury chiama a raccolta Capitan America, la Vedova Nera, Bruce Banner e Iron Man, ai quali si aggiungeranno poi anche Thor e Occhio di Falco…


Il motivo principale per cui avrei volentieri evitato di vedere The Avengers, come ho fatto in effetti per tutti gli Hulk, Captain America e Thor, è sostanzialmente uno solo: questi supereroi mi stanno sulle scatole come i Fantastici 4 e l’Uomo Ragno. Sono personaggi che, su carta, non ho mai potuto soffrire, e tutte le volte che si infilano in qualche crossover con gli X-Men mi viene da piangere. La mera presenza di Robert Downey Jr. mi aveva ovviamente portata a sorvolare e a guardarmi i due esilaranti e bellissimi Iron Man, ma da qui a dare fiducia ad un'intera pellicola dedicata al gruppo di eroi più potente della terra ne passava. Poi, insomma, sono arrivati un trailer della Madonna e recensioni strepitose che mettevano d'accordo un po' tutti, dal nerd allo streppone che dei Vendicatori non sapeva nulla (un po' come me, appunto) e mi sono lasciata convincere ad andarlo a vedere. Inaspettamente, sono uscita dalla sala estasiata, soddisfattissima e pronta a godermi un seguito, se mai ci sarà.


Il pregio maggiore di The Avengers è la sua assoluta fruibilità anche da parte di chi ignora completamente la materia trattata e i film che lo hanno preceduto. A prescindere dalla bellezza degli effetti speciali, dalla fluidità della regia, dall'ottimo utilizzo del 3D, infatti, è il solidissimo lavoro di sceneggiatura che mi ha catturata. Il bravissimo Joss Whedon tira le fila di una vicenda complicata rendendola scorrevole, divertente ed emozionante, inframezzando momenti seri o maggiormente comprensibili dai fan a sequenze di puro intrattenimento che rivelano la fondamentale umanità e imperfezione dei personaggi coinvolti, senza tuttavia snaturarne il carattere: abbiamo così il "solito" Iron Man guascone e geniale, un Bruce Banner impacciato e vergognoso della sua natura di mostro, due pezzi grossi come Thor e Capitan America assolutamente impreparati ad affrontare il mondo che li circonda, una Vedova Nera femminile ed ambigua. L'interazione tra tutti questi eroi è la carta vincente di The Avengers, perché è realistica e per nulla forzata, sia quando si prendono a pugni per mostrare, metaforicamente, "chi ce l'ha più grosso", sia quando si fanno forza o si prendono in giro a vicenda. Indispensabile, a questo proposito, la bravura degli attori. Se su un Robert Downey Jr. sempre più figo e a suo agio nel ruolo di Tony Stark (con tanto di maglietta dei Black Sabbath!) non avevo dubbio alcuno, chi mi ha piacevolmente sopresa sono Mark Ruffalo, perfetto erede di Edward Norton, Tom Hiddleston con la faccetta affilata e il sorrisetto bastardo e Scarlett Johansson, che riesce a non rendere insopportabile un personaggio come la Vedova Nera, che avrebbe tutte le potenzialità per esserlo. Meno incisivi ma comunque perfetti per il ruolo anche Jeremy Renner, Chris Evans e Chris Hemsworth: il primo deve "limitarsi" ad essere un duro di prima categoria, riuscendosi benissimo, gli altri due sono l'incarnazione ideale di un uomo talmente rigido da dar l'idea di andarsene in giro con un perenne bacco infilato nel culo e di un Dio potentissimo ma babbalone, capitato in una terra dove a nessuno frega nulla della sua natura. Il voto 11 va però a Hulk, che in quattro momenti chiave riesce a regalare momenti di assoluta comicità, l'equivalente moderno di un John Belushi che sfonda la chitarra contro il muro in Animal House.


Torniamo un momento più seri ora e soffermiamoci sugli aspetti più tecnici della pellicola. Come ho detto, la regia di Whedon regala delle sequenze d'azione fluidissime, delle scene più statiche ricche di pathos e particolari, infine grandiosi momenti mozzafiato come l'arrivo degli alieni sulla Terra con conseguente distruzione della città. Chapeau agli scenografi, che hanno ricreato un Elivelivolo S.H.I.E.L.D. praticamente perfetto e anche ai costumisti, che sono riusciti a rendere meno ridicoli ed imbarazzanti persino il costumino di Cap e l'elmetto cornuto di Loki. Per una volta, inoltre, lodi sperticate al 3D: è vero che dubito avrebbe fatto differenza se avessero lasciato The Avengers girato normalmente, ma questa volta non ho avuto nemmeno un accenno di mal di testa, la fotografia si è mantenuta luminosa per tutta la durata del film e ammetto che anche i combattimenti finali hanno ottenuto una profondità particolare che li ha resi ancora più avvincenti. Certo, dopo tutti questi elogi qualcosa che mi ha fatto storcere il naso c'è stata, come l'idea francamente imbarazzante che la Vedova Nera potesse combattere dei mostri con due pistolette scrause o il design stesso dei cosiddetti Chitauri e delle loro immonde balene meccaniche, ma sono davvero quisquilie. Anzi, no, non è vero, mi ha intristita anche l'assenza di una parte un po' più consistente per la dolce Miss Pepper e la triste fine toccata ad uno dei miei personaggi preferiti. A prescindere, però, mi sento di consigliare tranquillamente The Avengers a tutti: uomini, donne (soprattutto, fanciulle, andate a vedere quanto ben di Dio!!!), nerd, fighètti, figli dei Vendicatori, fratelli degli X - Men, Marvel - maniaci all'ultimo stadio, gente che la Marvel nemmeno sa cosa sia, veri credenti e beghini falsi. Stavolta la Casa delle Idee ha davvero fatto il botto, signori.


Di Robert Downey Jr. (Tony Stark/Iron Man), Mark Ruffalo (Bruce Banner/Hulk, scritturato dopo che Edward Norton ha dato forfait), Gwyneth Paltrow (Ms. Pepper), Samuel L. Jackson (Nick Fury), Scarlett Johansson (Natasha Romanoff/Vedova Nera), Jeremy Renner (Clint Barton/Occhio di falco), Stellan Skarsgaard (Professor Erik Selvig) e Harry Dean Stanton (la guardia che ritrova Hulk a metà film) ho già parlato nei rispettivi link.

Joss Whedon è regista e sceneggiatore della pellicola. Americano, creatore di uno dei miei telefilm preferiti, Buffy the Vampire Slayer, e scrittore di una delle più belle saghe recenti degli X-Men, come regista ha diretto film come Serenity, lo spezzone post – titoli di coda di Thor ed episodi delle serie Angel, Dollhouse e Glee. Anche produttore e attore, ha 48 anni e un film in uscita, un adattamento del shakespeariano Much Ado about Nothing con Clark Gregg, Alexis Denisof, Nathan Fillion e Tom Lenk tra i protagonisti. Yum!


Chris Evans (vero nome Christopher Robert Evans) interpreta Steve Rogers/Capitan America. Americano, ha partecipato a film come I Fantastici Quattro, I Fantastici Quattro e Silver Surfer, Scott Pilgrim vs. The World, Capitan America: il primo Vendicatore e ha doppiato alcuni episodi di Robot Chicken. Ha 31 anni e tre film in uscita, tra cui un probabile Captain America 2.


Chris Hemsworth interpreta Thor. Australiano, ha partecipato a film come A Perfect Getaway – Una perfetta via di fuga, Thor e l’imminente Quella casa nel bosco; inoltre era tra i protagonisti della soap australiana Home and Away. Ha 29 anni e quattro film in uscita, tra cui Biancaneve e il cacciatore e un probabile Thor 2.


Tom Hiddleston (vero nome Thomas William Hiddleston) interpreta Loki. Inglese, ha partecipato a film come Thor, Midnight in Paris e War Horse. Ha 31 anni e cinque film in uscita, tra cui un probabile Thor 2.


Clark Gregg (vero nome Robert Clark Gregg) interpreta l’agente Phil Coulson. Americano, ha partecipato a film come I soliti sospetti, Magnolia, A.I. intelligenza artificiale, One Hour Photo, Iron Man, Iron Man 2 e Thor, oltre a serie come Le avventure del giovane Indiana Jones, Sex & the City, Will & Grace e CSI: New York. Anche sceneggiatore e regista, ha 48 anni e quattro film in uscita, tra cui un probabile Nick Fury.


Tra le guest star presenti nella pellicola, Lou Ferrigno da la voce a Hulk, Stan Lee compare nei panni del vecchio che dichiara al TG di non credere nei supereroi, la dolce Robin di How I Met Your Mother, alias l’attrice Cobie Smulders, interpreta l’agente Maria Hill ed infine il marito di Allyson Hannighan, Alexis Denisof, già Wesley in Buffy the Vampire Slayers, interpreta l’incappucciato alieno “Altro”. A proposito di mostri ed incappucciati, a metà dei titoli di coda il film continua per mezzo minuto, più o meno, e ci anticipa quello che sarà il prossimo avversario dei Vendicatori in caso di sequel: io pensavo fosse uno Skrull, invece fonti attendibili me lo vendono come Thanos, malvagissimo e praticamente invincibile alieno/semidio dell’universo Marvel. Inoltre, pare che nella versione US del film ci sia una scena alla fine di TUTTI i titoli di coda, dove i Vendicatori mangiano in silenzio il fantomatico Shawarma che Tony era così curioso di assaggiare. Per quanto riguarda futuri sequel, invece, visto il successo internazionale di The Avengers la Marvel ha già annunciato un The Avengers 2, che dovrebbe essere sempre diretto da Joss Wedon e venire subito dopo i futuri Iron Man 3, Thor 2 e Capitan America 2. Nell'attesa, vediamo di recuperare Iron Man e Iron Man 2, io intanto mi userò violenza e cercherò di guardare Thor e Capitan America: il primo Vendicatore. ENJOY!!!

mercoledì 14 settembre 2011

Contagion (2011)

Forse perché il 2012 si sta avvicinando, il mio Multisala sta facendo il miracolo e si sta impegnando per mettere in programmazione bei film che non avrei mai creduto di poter vedere al cinema nella mia zona. Ieri sera sono riuscita così ad andare a vedere Contagion, la nuova pellicola del regista Steven Soderbergh.



Trama: Un terribile e mortale virus si diffonde in pochissimi giorni in tutto il pianeta. Mentre autorità mondiali, luminari della medicina e giornalisti cercano di trovare una soluzione, i pochi sopravvissuti cominciano a fare i conti con la paura e il caos…



Pur essendo uno dei pochi film “originali” in uscita, Contagion riprende un trend già in voga negli anni ’70, ovvero quello delle pellicole catastrofiche che radunavano un gran numero di famosissime star dell’epoca. Originale, quindi, con riserva, anche se l’approccio ad una trama di per sé non innovativa viene portato avanti con piglio assai asettico e documentaristico, concedendo poco allo spettacolo. Soderbergh decide di puntare molto sui fatti e di girare un film sobrio, privo di fronzoli o immagini ad effetto (uniche eccezioni la terribile sequenza dell’autopsia su Gwyneth Paltrow e la commovente scena finale del prom casalingo, accompagnata dalla splendida musica degli U2), dal montaggio serrato ed implacabile come la diffusione del virus che vorrebbe rappresentare. Un drink all’aeroporto, un viso lucido di sudore, primi piani di mani che toccano oggetti che vengono passati ad altre mani, didascalie con nomi di città e relativo numero di abitanti, panoramiche di hotel, autobus, condomini, metropoli: Contagion come da titolo si concentra giustamente sulla dinamica del contagio e sulla conseguente ondata di panico collettivo e “fobia dell’altro” che influenzano ogni cosa, dalle alte decisioni governative ai più semplici rapporti umani.



Il risultato è un film sicuramente ben recitato (Kate Winslet e Jude Law sono strepitosi!), molto bello ed ottimamente confezionato, che stringe lo spettatore in una morsa di ansia dall’inizio alla fine, evitando di ammorbarlo con spiegazioni scientifiche troppo dettagliate o complesse, e che alla fine non si sofferma troppo su nessun personaggio, preferendo mostrare un campionario di varia umanità per coprire il maggior numero di punti di vista possibili. Certo, all’uscita dal cinema ho origliato i pareri “a caldo” di alcune persone, e secondo loro il difetto più grande di Contagion è proprio questo, la decisione di raccontare tante piccole storie senza approfondirle troppo. Personalmente non l’ho preso come un difetto ma come un ulteriore mezzo per accentuare il realismo della pellicola perché, diciamoci la verità, nel corso di una pandemia dubito che tutti i giorni accadano costantemente, ad ogni singola persona, eventi degni di essere narrati: molto meglio, quindi, mostrare spizzichi e bocconi di vicende più o meno interessanti e lasciare anche qualche dubbio, storie che potranno essere ulteriormente raccontate o continuate se qualcuno lo vorrà. A dire il vero la cosa che però mi ha colpita di più è l’assenza di personaggi totalmente positivi o negativi (a parte Jude Law che è un bel bastardo, ma in modo particolare) e di qualsivoglia riferimento alla religione; in Contagion nessun personaggio ricerca il conforto della fede, non ci sono santi né predicatori che inneggiano alla fine del mondo, solo una disperata fiducia nella scienza e nell’informazione alternativa, un’ancor più disperata diffidenza verso le autorità e il desiderio di proteggere il proprio mondo, per quanto sia piccolo. Chissà cosa farei io in un caso come questo. Mah. Per ora posso solo dire che Contagion mi è piaciuto e lo consiglio.



Di Matt Damon (Mitch), Gwyneth Paltrow (Beth), Jude Law (Alan), Laurence Fishburne (Dr. Cheever), Kate Winslet (Dr. Mears), Elliot Gould (Dr. Sussmann), ho già parlato nei vari post a loro dedicati, che potete leggere cliccando sui link.

Steven Soderbergh è il regista della pellicola. Americano, lo ricordo per film come Sesso, bugie e videotape, Out of Sight, Traffic (che gli è valso l’Oscar come miglior regista), Ocean’s Eleven – Fate il vostro gioco, Ocean’s Twelve e Ocean’s Thirteen. Anche produttore, sceneggiatore e attore, ha 48 anni e tre film in uscita.



Marion Cotillard interpreta la Dottoressa Orantes. Francese, ha partecipato a film come Taxxi, Taxxi 2, Taxxi 3, Big Fish – Le storie di una vita incredibile, Un’ottima annata, La vie en rose (che le è valso l’Oscar come miglior attrice protagonista) e Inception, oltre ad un episodio della serie Highlander. Ha 36 anni e un film in uscita, Il Cavaliere Oscuro – Il ritorno.



John Hawkes (vero nome John Perkins) interpreta Roger. Per la serie, “dove t’ho già visto?”: ma sei Pete!! Pete, il povero, sfigatissimo commesso seviziato dai fratelli Jeko in Dal tramonto all’alba!! E non solo, ovviamente. Potete trovare l’attore americano in film come Scary Movie, Freaked – Sgorbi, Congo, Incubo finale, Identità, Miami Vice o in serie come Millenium, Nash Bridges, E.R. – Medici in prima linea, Buffy l’ammazzavampiri, X- Files, Più forte ragazzi, 24, Taken, Senza traccia, CSI e Lost. Ha 52 anni e quattro film in uscita.



Rimaniamo in tema di attori. Tra chi ce l’ha fatta, segnalo Jennifer Ehle, che nel film interpreta la dottoressa Hextall mentre ne Il discorso del re era la moglie di Logue. Passando a  chi, invece, non ce l’ha fatta,  si era pensato di assegnare il ruolo (marginale ma a suo modo importante) di Beth a Jennifer Connelly che, in quanto premio Oscar, in questo cast all star non avrebbe sfigurato. Se vi fosse piaciuto Contagion suggerirei di guardare almeno L’inferno di cristallo, film catastrofico che da piccola mi terrorizzava e dal quale pare Soderbergh abbia tratto ispirazione per la sua ultima pellicola. Intanto che lo cercate, vi lascio col trailer di Contagion... ENJOY!

martedì 4 maggio 2010

Iron Man 2 (2010)

Capita a volte, ma solo a volte, che il secondo capitolo di un film sia meglio del primo. Ora, verrò tacciata di eresia ma questo per me vale innanzitutto per quel capolavoro che è Indiana Jones e il tempio maledetto, una spanna sopra I predatori dell’arca perduta, almeno nel mio cuoricino di nerd. E vale anche, vuoi perché l’ho visto al cinema mentre il primo me lo sono guardato in DVD, per Iron Man 2.


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La trama: sei mesi dopo aver “confessato” al mondo di essere Iron Man, Tony Stark si ritrova un bel po’ di problemi tra capo e collo. Innanzitutto sta per morire avvelenato dallo stesso elemento che gli consente di sopravvivere ed essere Iron Man, il che non è poco. Il governo USA vuole a tutti i costi la sua armatura. Un paio di dubbi personaggi vogliono fargli perdere ogni residuo di credibilità e, se possibile, farlo fuori. Come sovrappiù, anche lo S.H.I.E.L.D. lo perseguita.


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Molto probabilmente Jon Favreau ha avuto carta bianca visto il successo del primo film, perché altrimenti non si spiegherebbe come mai questo Iron Man 2 sia un ponderoso fumettone di ben due ore e passa, dove Robert Downey Jr. gigioneggia a più non posso e c’è spazio per abbondanti dosi di ironia più che di effetti speciali. Il regista riesce ad infilarci dentro tanti di quegli spunti e di idee che al fumetto servirebbero come minimo ventisette albi diversi più un numero imprecisato di speciali per sviscerarle tutte. E lo fa anche troppo bene, considerata tutta la carne che mette sul fuoco. Se il film precedente mostrava un Tony Stark che imparava ad essere più “responsabile” e meno egocentrico, il secondo capitolo ci mette davanti un uomo che sa di stare per morire e che è sopraffatto dalla fretta di portare a termine tutto quello che ha lasciato in sospeso, facendosi prendere dallo sconforto ed abbruttendosi nelle peggiori maniere possibili (la scena in cui, completamente ubriaco, fa pipì nell’armatura è semplicemente geniale..). Dalle stelle alle stalle si potrebbe dire; e infatti lo scopo del nuovo villain, il russo Ivan Vanko, è quello di screditare agli occhi della gente comune un uomo che in fin dei conti è un egocentrico con manie di grandezza. Il dilemma etico sul fatto se sia più giusto lasciare un’arma devastante nelle mani di un privato o metterla a disposizione di uno stato potente come gli USA viene gettato come il proverbiale sasso, ma poi Favreau ritira la mano, lasciando le riflessioni dello spettatore a perdersi in un casino di intrecci spionistici e battaglie tra armature e droni, ma pensandoci bene tutto si conclude a tarallucci e vino: entrambe le opzioni sono sbagliate, pubblico e privato devono unire le forze con l’unico intento di fare del bene agli altri, non a sé stessi. Utopistico, non c’è che dire.


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Tornando ad aspetti più “terra terra”, le novità introdotte nel film sono parecchie, e tutte per i fan. James “Rhodey” Rhodes ottiene un ruolo più importante rispetto al primo film, vestendo anche i panni della seconda armatura Marvel, ovvero War Machine, con tutte le conseguenze del caso: più combattimenti, più armi, una villa completamente devastata, una città praticamente esplosa, ed il costante dilemma amicizia vs dovere. Per i maschietti ecco arrivare la rossa Natasha Romanoff, alias Vedova Nera (anche se il suo nome in codice non viene mai citato), che porta nella relazione tra Stark e miss Pepper lo squilibrio del terzo incomodo e consente allo S.H.I.E.L.D. di assumere un ruolo un po’ più importante, per la gioia di chi, come me, non ne ha mai abbastanza di vedere sullo schermo Samuel L. Jackson nei panni di Nick Fury. Non me ne voglia Jeff Bridges, che nel primo film interpretava Obadiah Stane, ma i villain del secondo episodio sono molto migliori. Innanzitutto sono ironici da morire, soprattutto il magnate Justin Hammer, interpretato da un Sam Rockwell che non è mai stato così peppia e rompipalle, un ragazzino incompetente e viziato che assieme al taciturno e strepponissimo Ivan Vanko di Mickey Rourke crea una coppia assolutamente perfetta, che vive di un costante contrasto culturale e caratteriale (stupenda la scena del pranzo nell’hangar, con il petulante Hammer che parla per mezz’ora mentre Vanko lo guarda con un’espressione disgustata che vale mille parole, prima di rispondergli in russo e farsi prendere per scemo; una gag che verrà ripresa verso la fine, quando i piani di Vanko vengono rivelati nella loro interezza).


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Dopo tutte le cose positive che ho detto, può però mancare la troiata (al di là dell’inverosimiglianza con la quale miss Pepper riesce sistematicamente a resistere alle avances di quel fico di Tony…) che rovina in parte il film? Ovviamente no. Peccato che sia una delle cose risolutive, ovvero il modo in cui Iron Man riesce a trovare una cura per la sua condizione. Non vi anticipo né come arriva a trovarla né come la realizza, ma sappiate che quest’enorme scemenza viene salvata solo dall’utilizzo improprio ed irrispettoso che Tony Stark fa di un cimelio Marvel che definire storico è poco: lo scudo di Capitan America. E a proposito di cimeli storici, NON andate via prima della fine dei titoli di coda, perché per tutti i fan c’è una sorpresa… divina. ‘nuff said. Insomma, questo Iron Man 2 non sarà sicuramente un film memorabile o perfetto, ma nonostante la lunghezza regala un paio d’ore di divertimento “serio” e momenti di grasse risate, soprattutto grazie agli attori in formissima e ad una bella sceneggiatura, due elementi che non vengono soffocati,  come spesso accade, dagli effetti speciali, che in questo film sono curatissimi e molto funzionali alla trama. Consigliato, decisamente.


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Di Jon Favreau, Robert Downey Jr., Gwyneth Paltrow e Samuel L. Jackson ho già parlato qui, Scarlett Johansson la trovate qua, e per finire Sam Rockwell compare in questo post. Segnalo il solito cameo di Stan Lee, che questa volta è uno dei fan che stringe la mano ad Iron Man nelle prime scene del film.


Mickey Rourke interpreta Ivan Vanko. Questo meraviglioso attore Americano ha vissuto momenti di pura gloria negli anni ’80, durante i quali era considerato uno degli attori sex symbol per eccellenza, grazie a pruriginose minchiatelle come 9 settimane e mezzo e Orchidea selvaggia, che all’epoca destarono grande scalpore. Si è poi autodistrutto con filmacci mediocri e una carriera di boxeur che lo ha costretto praticamente a rifarsi la faccia. E’ “risorto” l’anno scorso con il film The Wrestler, e speriamo che continui così. Oltre ai film già citati ricordo 1941: Allarme a Hollywood, I cancelli del cielo, Brivido caldo, Rusty il selvaggio, Angel Heart – Ascensore per l’inferno, Harley Davidson & Marlboro Man, Animal Factory, C’era una volta in Messico, lo splendido Sin City. Ha 58 anni e sette film in uscita, tra cui, forse, il quinto capitolo della serie Rambo.


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Don Cheadle sostituisce l’attore Terrence Howard nei panni di James “Rhodey” Rhodes. L’attore americano, famoso per essere uno dei protagonisti di ogni film seguito a Ocean’s Eleven, ha recitato nel bellissimo e ahimé poco conosciuto (e prima o poi recensito) Cosa fare a Denver quando sei morto, in Vulcano – Los Angeles 1997, Boogie Nights – l’altra Hollywood, Out of Sight, Traffic. In Tv è comparso nei telefilm Saranno famosi, Avvocati a Los Angeles, Willy il principe di Bel Air, The Bernie Mac Show, ER ed ha inoltre prestato la voce per un episodio de I Simpson. Ha 46 anni e un film in uscita.


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Un paio di curiosità: leggenda narra che Sam Rockwell dovesse recitare col ruolo di Iron Man già nel primo film, ma gli è giustamente stato preferito Robert Downey Jr. Quanto a Samuel L. Jackson e al suo Nick Fury, preparatevi perché il nostro ha firmato un contratto che lo porterà ad interpretare il direttore dello S.H.I.E.L.D. per almeno nove film; tra l’altro, e questo è interessante, mi pare che la Marvel stia cercando di creare una sorta di continuity anche nel suo universo cinematografico, visto che nel 2012 dovrebbe uscire il film dei Vendicatori e Thor è già ai nastri di partenza, come dimostrano parecchi indizi in Iron Man 2. In realtà Edward Norton stesso avrebbe dovuto partecipare al film con un breve cameo nei panni di Bruce Banner / Hulk, anche se poi non se n’è fatto nulla. Chi vivrà vedrà, ma nel frattempo se vi è piaciuto il film non avete che l’imbarazzo della scelta: il primo Fantastici 4 (decisamente inferiore ma altrettanto ironico), la trilogia di Spider Man e quella degli X – Men dovrebbero placare per un po’ la vostra sete di supereroi Marvel. E ora vi lascio con il trailer originale del film... ENJOY!!


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