Attirata da non so bene cosa, recentemente ho recuperato A Quiet Passion, diretto e sceneggiato nel 2016 dal regista Terence Davies.
Trama: la vita di Emily Dickinson, dall'adolescenza al giorno della sua morte, tra poesie e drammi famigliari...
Come spesso accade, comincerò il post palesando la mia crassa ignoranza. Non essendo particolarmente appassionata di poesia e non avendo seguito un programma di studi valido, per quel che riguarda la letteratura in lingua inglese, né alle superiori né all'università (il che è imbarazzante visto che l'indirizzo del liceo era linguistico e la facoltà universitaria era quella di lingue...), di Emily Dickinson conosco poco o nulla e forse per questo A Quiet Passion non mi ha coinvolta più di tanto. Purtroppo, il film di Terence Davies non mi ha nemmeno spinta a volerne sapere di più, visto l'approccio anche troppo "quiet" all'argomento; si vede che il regista e sceneggiatore teneva moltissimo alla pellicola, è una sensazione che traspare da ognuno dei curatissimi fotogrammi, dai movimenti di macchina eleganti e lenti, dalla fotografia che sfrutta le luci naturali così da immergere ancor più lo spettatore nell'epoca riportata sullo schermo... eppure, a me è parso di percepire una sorta di "spaccatura" tra questo desiderio palese di eleganza e perfezione e la necessità di trasmettere qualcosa al pubblico, arrivando a trovare il film mancante proprio di un'empatia che personalmente ritengo indispensabile. Non è che il personaggio della Dickinson non venga sviscerato alla perfezione, anzi. Il suo progressivo distacco dalla famiglia e dalla società segue tempistiche lente, che consentono allo spettatore di capirne i motivi e farli propri senza per questo privare la poetessa di un'aura di eccentrico ma malinconico mistero, accentuata dalla scelta di utilizzare le poesie della Dickinson, lette da lei stessa a mo' di narratore esterno, per accompagnare le fasi della sua esistenza. La lotta della protagonista si concretizza in un desiderio di indipendenza (da un'idea retrograda della condizione femminile, da un "revival" cristiano tipico della società borghese dell'epoca) unito alla disperata ricerca della perfezione e della purezza, cristallizzata in una testarda intransigenza che nel tempo l'ha portata ad allontanarsi sempre più dalla famiglia e dalla possibilità di indulgere in qualsivoglia storia d'amore, a vivere da reclusa prima ancora che subentrasse la malattia. Mentre la vita scorre fuori dalla sua stanza, Emily si veste di bianco e scrive, ininterrottamente, cucendo a mano i raccoglitori dei fogli manoscritti in cui riversare aspirazioni, speranze, incertezze, l'amore per la natura e la fascinazione per la morte, quasi invocando quest'ultima in una sequenza particolarmente ambigua e riuscita.
Pur nella convinzione che A Quiet Passion sia dunque un film visivamente bellissimo e fortemente "sentito" da Terence Davies, ciò che mi ha realmente perplessa e forse allontanata dall'argomento trattato, è l'approccio degli attori ai personaggi, soprattutto il modo teatrale di interpretarli. Immagino fosse voluto dal regista ma sia Cynthia Nixon che tutti i suoi comprimari non sembrano recitare quanto piuttosto "declamare", sia che si tratti di una poesia sia che si tratti di interazioni quotidiane più o meno "profonde" (benché non vi sia un solo dialogo nel film meno che intellettuale e profondo, persino durante i litigi tra Emily e il fratello sul finale); gli attori si muovono e parlano come se fossero consapevoli di stare su un palcoscenico, ponendo un'enfasi particolare su ogni parola pronunciata, impegnati in una gara di arguzia che a lungo andare sfianca proprio per l'assenza di emozioni "sincere", che affiorano solo nei pochi momenti in cui Emily è arrabbiata oppure prostrata dal dolore, come se solo queste sensazioni forti fossero in grado di "scuotere" la perfezione tanto ricercata dalla protagonista. Se posso permettermi, inoltre, a parte Cynthia Nixon e Keith Carradine, gli unici dotati di un carisma e di un sembiante particolare, in grado di farsi ricordare dallo spettatore, il resto del cast non è degno di nota e rende i vari personaggi poco più di figurine sullo sfondo, per quanto eleganti. Probabilmente, ribadisco, chi dovesse essere appassionato di Emily Dickinson sorvolerà su queste caratteristiche che io ho trovato leggermente fastidiose ma io, da profana, avrei preferito una pellicola un po' più coinvolgente e più "ignorante", che venisse incontro alle mie limitate capacità mentali. Oh beh, non si può mica accontentare tutti!
Di Emma Bell (la giovane Emily), Keith Carradine (il padre), Jennifer Ehle (Vinnie Dickinson) e Cynthia Nixon (Emily Dickinson) ho già parlato ai rispettivi link.
Terence Davies è il regista e sceneggiatore della pellicola. Inglese, ha diretto film come Voci lontane... sempre presenti, La casa della gioia e Of Time and the City. Ha 73 anni.
Da ignorante anch'io, salto volentieri. Quell'aria da quadro antico, infatti, mi ha sempre scoraggiato, anche se in un piccolo ruolo in The Affair ho scoperto che la Nixon è bravissima sì!
RispondiEliminaLa Nixon è sicuramente la rivelazione del film, detto questo ben poco appassionante, almeno per me.
EliminaA me invece è piaciuto molto e mi ha fatto scoprire una Emily Dickinson 'femminista' che va contro le regole della buona società americana e soprattutto il suo rapporto con la famiglia e la religione. E la Nixon si è finalmente levata di dosso il ruolo di Miranda Hobbs, era ora!
RispondiEliminaSono passati anche mille anni da Sex and the City, fortuna che la bravura dell'unica che sapeva recitare in qualche modo s'è sfogata :)
EliminaHo studiato anch'io Lingue all'univ.Con Letteratura &Storia americana come indirizzo. Ricordo ancora il brivido d'angoscia all'assegnazione della tesi di laura. C'era la Dickinson in ballo, fra altri. Per fortuna non capitò a me. Per carità, ottima poetessa, ma non mi ha mai suscitato emozioni.
RispondiEliminaBypasso anch'io il film.
Io l'avevo scelta la tesi, per fortuna :)
EliminaE sono riuscita ad infilarci dentro anche la passione per il cinema!