giovedì 30 ottobre 2025

Visioni dal ToHorror Fantastic Film Fest 2025

Approfitto di una pausa dalla Nuovi Incubi Horror Challenge ormai agli sgoccioli (oggi si parlava di serie TV, quindi potete leggere un breve commento su qualcosa che ho già visto sulla mia pagina Instagram) per spendere due parole sull'ultima edizione del ToHorror Fantastic Film Fest, arrivato ormai al 25simo anno! Anche stavolta ho avuto l'enorme fortuna di partecipare e di poter godere dell'atmosfera unica che si respira in questo festival che adoro, e che ha fatto un record di presenze, vista la quantità di gente che sistematicamente affollava le sale del cinema Massimo! Quest'anno ho goduto del Festival a 360 gradi, andando per la prima volta al Blah Blah, dove ho assistito alla presentazione di Marika per il suo libro, consigliatissimo, Not in my Movie. Per questo ho visto un po' meno film, ma ne è valsa la pena, in quanto finalmente ho potuto conoscere "de visu" alcune adorabili persone con le quali avevo avuto contatti solo online, ed è stata un'esperienza davvero splendida! Augurando al ToHorror Fantastic Film Fest di arrivare almeno alla 50sima edizione, spero di poter partecipare a quella del prossimo anno, e vi invito a sbirciare le mini-recensioni che seguono, per avere un'idea di cosa recuperare nei mesi a venire, sperando in una distribuzione clemente! ENJOY!


Jimmy Jaguár
(Benedek Fliegauf, 2025)

Ad essere sincera, il "mio" ToHorror non è cominciato proprio benissimo. Jimmy Jaguár è un mockumentary glaciale, che racconta di come il demone titolare spinga le persone a compiere gesti in aperto contrasto con la loro indole, in particolare ad uccidere. In realtà, detto demone neppure si vede, e il film preferisce concentrarsi su interminabili dialoghi atti a sviscerare la psiche di quanti, apparentemente, vi entrano in contatto, in un turbinìo di sospetti, paranoie, mezze verità, rivelazioni scioccanti e, in generale, considerazioni su una triste realtà fatta di squallida violenza ai danni di deboli costretti a farsi giustizia da sé. Jimmy Jaguár comincia a diventare interessante sul finale, il problema è che rimanere svegli fino a quel momento è un'impresa difficile, se non impossibile, anche per via dello stile molto aulico, rarefatto, delle riprese. Dispiace solo che un film come questo rischi di essere un brutto biglietto da visita per Fliegauf. Per esempio, un paio di ragazzi seduti accanto a me (e altrettanto traumatizzati dall'esperienza) hanno deciso di togliere Womb, altro film del regista, dalla loro watchlist. Superando la mia atavica timidezza ho consigliato loro di non farlo e spero mi abbiano ascoltata, perché sarebbe un peccato penalizzare un'opera bella come Womb per via di un film riuscito a metà. 


Deathstalker
(Steven Kostanski, 2025)

Fortunatamente, il festival è migliorato quasi subito, grazie all'esilarante, zamarrissimo Deathstalker, uno sword and sorcery a base di splatter, demoni sanguinari, magia nera, necromanti ed eroi loro malgrado, remake di un film omonimo del 1983, prodotto da Roger Corman, che ha generato ben tre seguiti. Ovviamente, non conoscevo affatto queste "ottantarate" e, per di più, Kostanski è un autore che, nel corso delle mie visioni, ho sempre incrociato senza mai ricordarlo più di tanto, ma ora non me lo toglierò più dalla testa. Il suo approccio alla materia è cafone ma affettuoso, citazionista senza arrivare al plagio, caratterizzato da una cura incredibile per gli splendidi effetti speciali artigianali e da un umorismo nero, anche un po' scemo, col quale mi ritrovo tantissimo. Ammetto di essere andata a vedere Deathstalker solo per non sprecare il pass e ne sono uscita folgorata, animata dalla speranza che anche Kostanski possa proseguire con altri seguiti, ovviamente sempre con Daniel Bernhardt come protagonista, perché è semplicemente perfetto! Midnight Factory, pensaci tu a distribuirlo!!


La virgen de la tosquera
(Laura Casabé, 2025) - Menzione della giuria per il concorso lungometraggi

Sullo sfondo di un'Argentina di inizio nuovo millennio, distrutta dalla crisi economica e dalle proteste sociali, la giovane Natalia viene travolta da speranze e delusioni, imperniate sul sentimento sempre più forte verso l'amico Diego. Il film (tratto da due racconti della scrittrice Mariana Enríquez contenuti nella raccolta I pericoli di fumare a letto) è un coming of age dalle atmosfere sovrannaturali, che dipinge in maniera tristemente verosimile un'età in cui ogni problema, ogni gioia, vengono esasperati fino a diventare totalizzanti; il triangolo amoroso che viene a crearsi tra Natalia, preda delle prime pulsioni sessuali, Diego e Silvia, di qualche anno più grande e molto più disnibita, è il catalizzatore di una crisi aggravata dall'angoscia verso il futuro, dalla solitudine della protagonista, dalla sensazione di dover lottare continuamente, anche per ottenere le cose più semplici. Il modo in cui la Casabé rappresenta un mondo in cui realtà prosaica e riti superstiziosi vadano a braccetto, strettamente legati tra loro, e la bellezza magnetica della giovane protagonista, sono i due punti di forza di un film che, verso il finale, cita apertamente Giovani streghe, conquistandosi di diritto un posto nel mio cuore.


Kombucha
(Jake Myers, 2025)

Tratto dal corto omonimo diretto e co-sceneggiato dallo stesso regista, Kombucha è uno dei due incubi lavorativi (l'altro è Head Like a Hole, di cui ho parlato ieri) visionati al ToHorror di quest'anno. Le premesse sono simili, in quanto i protagonisti sono a un punto morto della loro vita e anche squattrinati, ed entrambi ottengono un lavoro troppo bello per essere vero, ben remunerato e senza prerequisiti. Nel caso di Kombucha, però, le carte si scoprono fin dal titolo; all'interno della ditta Symbiotic (nomen omen), tutti gli impiegati bevono il disgustoso orrore fermentato, che noi bambini degli anni '80 facevamo figliare a ripetizione senza conoscerne le proprietà terapeutiche, e vengono letteralmente consumati nel tentativo di risultare più produttivi. Un'invasione degli ultracorpi 2.0, una critica ficcante alle multinazionali e al linguaggio vuoto del business, che tocca picchi abbastanza alti di ilarità e disgusto, anche se talvolta gira un po' a vuoto. Nel complesso, un film divertente e tristemente attuale, consigliato anche a chi non è particolarmente avvezzo all'horror.  


I Fell in Love with a Z-Grade Director in Brooklyn
(Kenichi Ugana, 2025)

Il feel good movie del festival. Pur non avendo nulla a che fare con l'horror propriamente detto, salvo un paio di benedizioni da parte dei divini Larry Fessenden e Lloyd Kaufman (per quest'ultimo, vi conviene rimanere anche dopo i titoli di coda), è ambientato, come da titolo, nella scena del cinema americano stra-indipendente, di serie Z appunto. Un giovane regista entusiasta, alle prese col suo primo film horror-splatter, si ritrova senza l'attrice protagonista il giorno prima delle riprese; per caso, incontra Shina, famosissima attrice giapponese che ha perso la passione per il suo lavoro ed è stata abbandonata a New York dal suo fidanzato, e decide di scritturarla. Da quel momento, un rapporto lavorativo già assurdo si evolve in un sentimento ancor più inusuale, una sorta di La bella e la bestia complicato da gap linguistici esilaranti, che cattura inesorabilmente anche lo spettatore più restio a questo genere di film. Provare per credere, uscirete dalla visione saltellando gioiosi, e chiedendo a gran voce di poter guardare Natale con gli zombi.


Flush
(Grégory Morin, 2025) - Vincitore del premio del pubblico per il concorso lungometraggi

Non so se ho fatto bene a scegliere questo invece che Dolly, altro film che avrei voluto vedere tantissimo e che, purtroppo, veniva proiettato nello stesso momento, ma mi sono molto divertita guardando Flush. Oddio, no, non è vero. I primi dieci minuti sono stati un incubo durante il quale ho rischiato di correre fuori dalla sala, vittima di un attacco di panico scatenato da un mix di claustrofobia e germofobia, dopodiché, per fortuna, Flush si è assestato su binari più umani. Se vi state chiedendo come potrebbe svilupparsi un film il cui protagonista si ritrova con la testa incastrata dentro a un cesso alla turca per l'intera durata, sappiate che Flush non vi darà un attimo di tregua, con le sue trovate che mescolano commedia nerissima, dialoghi al fulmicotone, scene "pulp, molto pulp, pure troppo" e momenti di schifo vero. C'è anche spazio per un topolino tenerissimo, il beniamino Rabla, e la visione è stata ulteriormente impreziosita dal Q&A del regista, che si è dimostrato "uno di noi", un entusiasta amante dell'horror vittima di una timidezza in grado di renderlo il francese più simpatico mai conosciuto finora. Segnatevi il titolo, perché le vibes sono quelle simili di un altro gioiellino uscito dal ToHorror, Why Don't You Just Die, quindi mi aspetto una distribuzione italiana l'anno prossimo! 



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