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lunedì 9 luglio 2018

Unsane (2018)

Nonostante un weekend intenso, che mi ha portata a rimandare la visione de La prima notte del giudizio, sono comunque riuscita a rimanere aggiornata sulle uscite settimanali grazie a Steven Soderbergh e all'ultimo film da lui diretto, Unsane.


Trama: Sawyer Valentini è una ragazza traumatizzata da un pesantissimo episodio di stalking accorso nel suo passato. Convinta di non essere in grado di superare il terrore da sola, Sawyer decide di recarsi in un centro comportamentale dove viene internata a causa di un inghippo burocratico e dove comincia a vedere il suo stalker dietro ogni angolo...


Quest'anno il superlavoro a cui si costringe Soderbergh (ma non aveva smesso di dirigere film o ricordo male io?) lo ha portato ad essere spesso presente nelle sale italiane, con due pellicole che più diverse non si può. Da una parte abbiamo La truffa dei Logan, divertente e quasi coeniano nella sua rappresentazione di personaggi al limite del borderline, diretto con tutti i crismi del caso; dall'altro, abbiamo questo Unsane, thriller ripreso interamente con un I-Phone 7 che rispetto al film precedente risulta quasi "piccolino", una sorta di divertissement. Peccato che di divertente Unsane non abbia proprio nulla e che, anzi, nella prima parte spinga lo spettatore a provare un'angoscia incredibile per la facilità con cui un paio di legalissime gabole presenti all'interno del complesso sistema sanitario-assicurativo americano possano privare una persona della libertà senza che né polizia né avvocati possano metterci becco. La storia, infatti, prevede che la protagonista, reduce da una terrificante esperienza di stalking e per questo costretta a cambiare città, lavoro e abitudini, non sia più in grado di relazionarsi normalmente con nessuno e decida quindi di chiedere aiuto ad un centro comportamentale. La povera Sawyer si aspetta di parlare con uno psichiatra e concordare un paio di incontri, non di più, invece si ritrova internata dopo avere messo una firma su fogli mai letti con attenzione (cosa sbagliatissima!!). Ora, il bello di Unsane è che la protagonista, interpretata da una fantastica Claire Foy, sia fondamentalmente una persona che ne ha le palle piene di vedersi mettere i piedi in testa da chicchessia e che si ritrova all'improvviso trattata da pazza, privata dei suoi diritti e costretta ad affrontare delle infermiere equiparabili a kapò, col risultato che la degenza di un giorno si prolunga inevitabilmente nel tempo in virtù dei suoi violentissimi scatti di rabbia. E poi, ovviamente, c'è lui, lo stalker, la cui presenza improvvisa all'interno della struttura potrebbe essere l'ennesimo segno di come Sawyer sia effettivamente matta da legare oppure la persona più sana del mucchio, dottori ed infermieri compresi.


Quest'incertezza sulla quale si costruisce l'intera prima metà del film è ciò che rende Unsane un gioiellino di suspance anche a fronte di una storia molto banale, già raccontata in decine di altri film simili, mentre la seconda parte si appoggia maggiormente all'aspetto più horror del genere thriller e in generale diventa abbastanza prevedibile ma non per questo sgradevole. Due aspetti interessanti hanno tuttavia catturato la mia attenzione, al di là della già citata bravura di Claire Foy, incazzosa e terrorizzata dall'inizio alla fine. Il primo aspetto è la forza con la quale, a un certo punto, Sawyer affronta il suo stalker, con un monologo fiume da applauso, in cui si concentra un tale mix di odio, disgusto, frustrazione e desiderio di fare male che bisognerebbe campionarlo e farlo ascoltare, a mo' di tortura, a tutti coloro (uomini e donne) che si fissano talmente tanto su una persona da distruggerle la vita, fantasticando su un amore impossibile ed egoista che bisogna assolutamente imporre sull'altro... per fare cosa, poi? Per raddoppiare l'inadeguatezza e l'infelicità? Ah, che bella cosa. Il secondo aspetto ad avermi colpita è la scelta di girare il film con un I-Phone 7. Nonostante, tecnicamente, non dimostri nulla se non che Soderbergh è in grado di realizzare un prodotto pulito e assolutamente guardabile persino con l'ausilio di un telefonino, io l'ho intesa come espressione di nera ironia. Infatti, Sawyer è alternativamente costretta a rinunciare al cellulare (e a tutte le app ad esso connesse, Facebook e Instagram in primis) in quanto principale mezzo attraverso cui lo stalker può arrivare a conoscere tutto di lei e dei suoi amici o familiari, oppure a dipendere da esso per cercare di riconquistare la sua libertà; il fatto che il regista sfrutti proprio questo mezzo per riprendere le sventure della ragazza rende ancor più, a mio avviso, l'idea di  impotenza e vulnerabilità davanti a un occhio nascosto, invadente e malevolo. O forse, per carità, Soderbergh voleva solo fare il figo, tutto può essere. A prescindere, consiglio comunque la visione di Unsane, ottimo thriller per rinfrescare le calde serate estive!


Del regista Steven Soderbergh ho già parlato QUI. Joshua Leonard (David Strine), Amy Irving (Angela Valentini), Juno Temple (Violet) e Matt Damon (poliziotto, non accreditato) li trovate invece ai rispettivi link.

Claire Foy interpreta Sawyer Valentini. Inglese, ha partecipato a film come L'ultimo dei templari, The Lady in the Van e a serie quali The Crown. Anche, ha 34 anni e due film in uscita tra cui Quello che non uccide, dove interpreterà Lisbeth Salander.


Se Unsane vi fosse piaciuto recuperate Ratter: Ossessione in rete. ENJOY!

domenica 18 ottobre 2015

Black Mass - L'ultimo gangster (2015)

Nonostante il post sia slittato per "colpa" di Suburra, durante la Festa del Cinema sono andata a vedere anche Black Mass - L'ultimo gangster (Black Mass), diretto dal regista Scott Cooper e tratto dal libro Black Mass: The True Story of an Unholy Alliance Between the FBI and the Irish Mob di Dick Lehr e Gerard O'Neill.


Trama: il boss della mala irlandese James "Whitey" Bulger comincia a lavorare come informatore dell'FBI, sfruttando questa posizione privilegiata per consolidare ed aumentare il suo potere come criminale...


Non è un mistero che io adori le pellicole di stampo "mafioso", soprattutto quelle che si concentrano sull'ascesa e la caduta delle famiglie criminali o di una banda di malviventi in particolare. E' quindi con un certo gusto che ho guardato Black Mass, zeppo di tutti quegli stilemi che adoro, nonostante fosse anche un po' superficiale e abbastanza derivativo, privo di quei tocchi di stile che avrebbero potuto renderlo non dico un capolavoro ma perlomeno un film memorabile. La pellicola di Scott si concentra sull'attività di James "Whitey" Bulger, figura di spicco realmente esistita all'interno della criminalità bostoniana, e sugli anni in cui il boss ha funto da informatore per l'FBI, desideroso di mettere le mani sui vertici della malavita italoamericana; gli sceneggiatori hanno scelto di concentrarsi molto sia sull'ambivalenza di Bulger, che passava in tempo zero dall'essere fine stratega a folle pronto ad uccidere al minimo sospetto di tradimento, sia sul marcio presente all'interno degli uffici federali, calcando la mano sul legame apparentemente indissolubile tra uomini nati nello stesso quartiere e cresciuti con gli stessi valori nonostante siano finiti dalle parti opposte della barricata. Questa parte della vita di Bulger viene ricostruita partendo dagli interrogatori dei suoi collaboratori storici, segmenti che introducono i punti salienti della vicenda come se Black Mass fosse una sorta di documentario, e il quadro generale che se ne ricava è quello tipico di un boss che, col tempo, è arrivato a perdere di vista la realtà sicura della malavita di  "quartiere" per calcare sentieri sempre più violenti, sanguinosi e ovviamente pericolosi, per quanto remunerativi; lo stesso, ovviamente, vale per l'agente dell'FBI John Connolly, la cui vita scorre in parallelo a quella di Bulger e che diventa sempre più corrotto mano a mano che il suo "protetto" nonché informatore si espande nell'attività criminale, con ovvie conseguenze.


A fronte quindi di una storia vera ed interessante, quello che manca a Black Mass sono un po' di personalità e "sentimento" che avrebbero potuto rendere la vicenda di Bulger molto più coinvolgente e memorabile. La regia di Scott Cooper non regala sequenze particolarmente d'impatto e la scelta di raccontare la storia come un mosaico di flashback introdotti da un interrogatorio ricorda molto la prima stagione di True Detective. Nel reparto attori andiamo invece molto meglio ma bisogna precisare un paio di cosette. Johnny Depp per la prima volta dopo anni offre un'interpretazione fortunatamente distante da quelle macchiette zeppe di smorfie a cui ci aveva abituati fin da La maledizione della prima luna ma, diciamo le cose come stanno, non porta a casa la performance del secolo e, di fatto, al posto suo avrebbe potuto esserci qualsiasi altro attore mediamente bravo o col phisique du role, Ray Liotta in primis. Molto meglio, almeno per quel che mi riguarda, Joel Edgerton alle prese con un personaggio scomodo e a costante rischio cliché, un Benedict Cumberbatch che finalmente ha trovato un ruolo che non lo facesse apparire un povero minus habens ai miei occhi e perfetto Rory Cochrane, l'unico personaggio negativo in grado di coinvolgermi un minimo, soprattutto verso il finale (nonostante il suo ruolo nella morte di Deborah Hassey sia stato romanzato per esigenze di copione, quindi sono stata colpita da una delle cose "false" raccontate nella pellicola). Molto interessanti, inoltre, i sempre graditi compendi informativi pre-titoli di coda, che "svelano" le condanne francamente discutibili (mi pare che Steve Flemmi si sia beccato l'ergastolo mentre John Martorano, che nel film viene dipinto praticamente come un serial killer, abbia fatto solo 14 anni...) dei coinvolti, e le vere immagini di repertorio che accompagnano i credits. In definitiva, se amate il genere biografico-mafioso, Black Mass è un film perfetto per passare una serata senza cedere alla noia neppure per un istante ma non aspettatevi un capolavoro.


Di Johnny Depp (James "Whitey" Bulger), Joel Edgerton (John Connolly), Benedict Cumberbatch (Billy Bulger), Kevin Bacon (Charles McGuire), Peter Sarsgaard (Brian Halloran), Rory Cochrane (Steve Flemmi), Corey Stoll (Fred Wyshak), Julianne Nicholson (Marianne Connolly) e Juno Temple (Deborah Hassey) ho già parlato ai rispettivi link.

Scott Cooper è il regista della pellicola. Americano, ha diretto film come Crazy Heart e Out of the Furnace - Il fuoco della vendetta. Anche attore, sceneggiatore e produttore, ha 45 anni.


Dakota Johnson interpreta Lindsey Cyr. Americana, ha partecipato a film come Pazzi in Alabama, The Social Network e, soprattuttamente, Cinquanta sfumature di grigio. Ha 26 anni e film in uscita tra cui, ossignoreuccidimi, il remake di Suspiria e ovviamente i seguiti di Cinquanta sfumature di grigio, dove la squinzia dovrebbe riprendere il ruolo di Anastasia Steele.


W. Earl Brown interpreta John Martorano. Americano, ha partecipato a film come Fuoco assassino, Nightmare - Nuovo incubo, Vampiro a Brooklyn, Scream - Chi urla muore, Tutti pazzi per Mary, Essere John Malkovich, Lost Souls - La profezia, Vanilla Sky, The Master, The Lone Ranger e a serie come La signora in giallo, Il mio amico Alf, Più forte ragazzi, Angel, Streghe, X-Files, Six Feet Under, Cold Case, CSI: Miami, Numb3rs, CSI - Scena del crimine, American Horror Story, Bates Motel, Grey's Anatomy e True Detective. Anche sceneggiatore e produttore, ha 52 anni e un film in uscita, inoltre dovrebbe interpretare lo sceriffo Hugo Root nel pilot di Preacher.


Inizialmente, avrebbe dovuto essere Guy Pearce ad impersonare James Bulger ma l'attore ha abbandonato il progetto e gli è subentrato Johnny Depp che, tra l'altro, per un po' a sua volta ha rinunciato al ruolo per questioni salariali. La povera Sienna Miller invece, che ha girato parecchie scene nei panni di Catherine Greig, storica fidanzata di Bulger, è rimasta vittima del montaggio che ha tagliato interamente la sua parte (altrimenti il film sarebbe durato più o meno tre ore). Detto questo, se il film vi fosse piaciuto recuperate Quei bravi ragazzi, Casino, Donnie Brasco. ENJOY!

domenica 12 ottobre 2014

Horns (2013)

Siccome ho adorato La vendetta del diavolo di Joe Hill e non me la sentivo di aspettare, in questi giorni di malanni ho deciso di guardare Horns, diretto nel 2013 da Alexandre Aja e tratto proprio dal romanzo del figliolo di Stephen King.


Trama: Ig Perrish viene accusato del terribile omicidio della fidanzata Merrin e nessuno sembra disposto a credere alla sua innocenza. Disperato, il ragazzo affoga il suo dolore nell'alcool e un mattino si risveglia con un doposbornia e un paio di corna dotate di strani poteri...


Horns è il classico film che poteva essere un capolavoro e invece è diventato una pellicola buona giusto per passare una serata, da dimenticare il giorno dopo. Ed effettivamente sono già passati tre o quattro giorni da quando l'ho guardato, tanto che non ricordo più cos'avrei voluto scrivere, a dimostrazione che Horns è un prodotto senza infamia né lode. A dir la verità il film non comincia male, anzi. La trama rispetta molto le atmosfere del romanzo di Joe Hill e dipinge la storia d'amore di Ig e Merrin con pochi tocchi delicati racchiusi nella sequenza più bella di tutto il film, accompagnata dalle note di Heroes di David Bowie; dopodiché la nuova, terribile situazione di Ig ci viene raccontata facendo uso abbondante di humour nero e scene grottesche, un'escalation di assurde ed orribili confessioni di persone costrette a tirare fuori i loro segreti più oscuri davanti al potere delle corna del ragazzo. Fin lì, tutto bene. Il problema, come al solito, sta nel far quadrare i conti dal momento in cui le corna conducono Ig a scoprire chi abbia ucciso Merrin e perché. In casi come questi, ahimé, succede sempre che gli sceneggiatori lascino perdere tutto il resto e si concentrino solo sul fornire allo spettatore la spiegazione più rapida ed immediata, possibilmente concludendola con qualche risoluzione di sborona vendetta, senza stare tanto a ricamare sui personaggi, sulle loro motivazioni e su tutti i retroscena, ricercando costantemente la soluzione più facile e banale. Horns non fa eccezione e il tortuoso percorso di Ig, emblema di irritante bontà costretto a "reinventare" la sua innocenza tingendola di rosso, diventa così una strada diritta, lastricata di facilonerie e teatrali vendette, che rifiuta completamente il poetico, vitalissimo finale del romanzo e ricorre ad una banale scenetta da romanzo per adolescenti.


L'altro problemuccio di Horns è che dove c'è Aja non c'è più gioia. Il regista francese infatti, dopo avere esordito col botto e con uno dei film più angoscianti degli ultimi anni, ha deciso di afflosciarsi e rinunciare a qualsiasi briciolo di autorialità. Effettivamente, Horns avrebbe potuto girarlo chiunque: non c'è orrore, non ci sono soluzioni visive particolari, il gusto per l'eccesso è totalmente assente. Anzi, peggio, perché Aja si è affidato completamente alla computer graphic, che in questo caso ha partorito un paio di sequenze al limite dell'abominevole, come l'incubo ad occhi aperti di Terry (correva l'anno 2001 e l'episodio Wrecked di Buffy the Vampire Slayer mostrava una scena praticamente identica, quella in cui una Willow drogata di magia si perdeva in un mondo fatto di liane e demoni. Parliamo di TREDICI anni fa e quella sequenza è girata molto meglio!), l'attacco dei serpenti più finti mai visti in un film (nemmeno quelli di Snakes on a Plane erano così raffazzonati) e, orrore degli orrori, il finale che vede Ig trasformarsi, sul quale non entro nello specifico per evitare spoiler ma sappiate solo che è inguardabile. Peccato, perché Daniel Radcliffe e, soprattutto, Juno Temple sono davvero bravi. Avevo qualche dubbio sull'ex Harry Potter ma il suo accento americano è convincente quanto il suo aspetto malaticcio e dimesso, mentre la Temple è bellissima e perfetta ed è riuscita anche a magonarmi in un paio di scene, come il confronto con Ig o quella in cui invoca l'aiuto di suo padre mentre l'aguzzino la sta violentando (poi se il padre ha la facciotta dolce di David Morse non posso fare a meno di mettermi a piangere). Il resto del cast, purtroppo, è insignificante e dimenticabile, a cominciare da una Heather Graham sprecata. Con questo concludo, dicendo che Horns non è, nonostante quello che ho scritto, un brutto film: è semplicemente (e purtroppo) un'occasione sprecata ma probabilmente se non avete letto La vendetta del diavolo potreste anche non trovarlo così fiacco.


Del regista Alexandre Aja ho già parlato QUI. Daniel Radcliffe (Ig Perrish), Juno Temple (Merrin Williams), Heather Graham (Veronica) e David Morse (Dave Williams) li trovate invece ai rispettivi link.

James Remar interpreta Derrick Perrish. Americano, ha partecipato a film come I guerrieri della notte, 4 pazzi in libertà, I delitti del gatto nero, Mezzo professore tra i marines, Miracolo sulla 34a strada, Dredd - La legge sono io, Psycho, Le verità nascoste, Blade: Trinity, Il mai nato, RED, X-Men - L'inizio, Django Unchained e a serie come Miami Vice, Walker Texas Ranger, Nash Bridges, Settimo cielo, X-Files, Senza traccia, Sex and the City, CSI: Miami, Criminal Minds, Numb3rs, Dexter, Grey's Anatomy e From Dusk Till Dawn, inoltre ha lavorato come doppiatore nel film Ratatouille. Ha 61 anni e cinque film in uscita, tra cui The Hateful Eight di Tarantino!


Joe Anderson interpreta Terry Perrish. Inglese, ha partecipato a film come Creep - Il chirurgo e La città verrà distrutta all'alba. Ha 34 anni e un film in uscita.


Max Minghella (vero nome Max Giorgio Choa Minghella) interpreta Lee Tourneau. Inglese, figlio del regista Anthony Minghella, ha partecipato a film come Syriana, Agora, The Social Network, Le idi di marzo e Gli stagisti. Anche produttore e sceneggiatore, ha 29 anni e un film in uscita.


Shia LaBeouf era stato scelto per interpretare Ig ma alla fine lo ha sostituito Daniel Radcliffe e aggiungerei meno male perché LaBeouf è il trionfo dell'inespressività. Detto questo, se Horns vi fosse piaciuto leggete La vendetta del diavolo di Joe Hill! ENJOY!



domenica 17 agosto 2014

Magic Magic (2013)

Ho aspettato un po', nonostante ne avessero parlato bene fior di blog, ma in questi giorni ho deciso finalmente di vedere Magic Magic, diretto e sceneggiato nel 2013 dal regista Sebastián Silva.


Trama: Alicia decide di andare in Cile a trovare la cugina Sara ma si ritroverà sola in mezzo a persone sconosciute in un posto quasi totalmente isolato..



Magic Magic è un film stranissimo, che andrebbe guardato almeno un paio di volte perché è una di quelle poche pellicole in grado di lasciare veramente spiazzati. Avendo visto il trailer, mi aspettavo il "solito" thriller dove la protagonista ingenua viene seviziata fisicamente e mentalmente da amici o presunti tali ed effettivamente, per come inizia, Magic Magic sembrerebbe andare in questa direzione. La protagonista, Alicia, si ritrova in terra straniera e viene abbandonata dall'unica persona che conosce, la cugina Sara, in mezzo a un gruppetto di ragazzi mai visti prima che, come ulteriore aggravante, hanno anche difficoltà a parlare la sua lingua. Chi ha fatto esperienza di permanenze all'estero e, soprattutto, chi ha avuto la sfortuna di essere a 23 ore di volo da casa e alla mercé di persone poco simpatiche (per non dire delle vajasse di prim'ordine) ha sicuramente una vaga idea di come si possa sentire la protagonista di Magic Magic: vi assicuro che ci vuole un attimo per immedesimarsi in Alicia e prendere subito in antipatia Sara, con le sue "attività" celate alla cugina e il fare cospiratorio con cui la sbologna ad amici e fidanzato, o la sua cricca di amichetti, soprattutto il viscido Brink, sempre pronto a fare dispetti ad Alicia e comportarsi da demente. La prima parte di Magic Magic è dunque interamente atta a far crescere l'empatia nei confronti della protagonista e il risultato è che lo spettatore comincia a ritrovarsi in un costante stato di ansia paranoica che lo spinge ad aspettarsi qualunque cosa da Brink e compagnia, a smettere di respirare in ogni scena buia o che inquadri uno sguardo ambiguo, un oggetto pericoloso, un movimento labiale sospetto. Solo che, a poco a poco, si arriva a capire che anche Alicia tanto normale non è e, prima che ci se ne accorga, si piomba in un incubo ad occhi aperti dove nulla è certo né reale, tantomeno le aspettative dello spettatore o la sua abilità di "prevedere il twist".


Aggiungere altre parole sulla trama di Magic Magic, un film che rischia di mettere alla prova la pazienza di più di una persona nonché, a mio parere, uno dei migliori thriller/horror psicologici mai girati, sarebbe un delitto perché l'abilità del quasi esordiente Silva nel tenere in scacco lo spettatore è a dir poco impressionante e non importa che il finale lasci leggermente perplessi e forse anche un po' delusi. Non importa perché il regista e sceneggiatore fa un uso della scrittura, della regia, della colonna sonora e degli attori tale da farsi perdonare ogni imperfezione. Per quanto riguarda i suddetti attori, Juno Temple è superlativa e fa accapponare la pelle in più di una sequenza; personalmente, ho trovato quasi insostenibile il momento in cui le sue urla disperate trasformano una canzone innocua come Minnie The Moocher (che peraltro è una delle mie preferite da The Blues Brothers e ora temo che non riuscirò più ad ascoltarla, porca pupazza!) in un incubo uditivo talmente orribile che farebbe venire voglia di non sentire più nulla. Accanto a Juno Temple spicca in bravura Michael Cera che, con la sua faccia ambigua, riesce a dare vita ad un personaggio totalmente imprevedibile ed impossibile da giudicare perché le sue azioni potrebbero tranquillamente essere quelle di uno stronzo psicopatico o semplicemente i goffi errori di un ragazzino insicuro e timido quanto la protagonista che vorrebbe farsi bello davanti agli amici. Un ruolo importantissimo lo rivestono anche le inquadrature di una natura esotica e per questo straniante, troppo aspra per essere accogliente, soprattutto perché per tutto il film l'immagine del Sud America, nella fattispecie del Cile, non è quella allegra e solare che spesso viene mostrata in altri film ma sembrerebbe quasi quella delle brulle e piovose isolette irlandesi o scozzesi, afflitte da un clima uggioso in grado di rendere ancora più tristi e confusi i protagonisti. Insomma, Magic Magic è un grande film, difficile ma bellissimo. Non lasciatevelo sfuggire per nessuna ragione!


Di Juno Temple (Alicia) ed Emily Browning (Sara) ho già parlato ai rispettivi link.

Sebastián Silva è il regista e sceneggiatore della pellicola. Cileno, ha diretto altri film che non conosco, come Affetti e dispetti (La nana), Old Cats Crystal Fairy & the Magical Cactus and 2012. Anche produttore e attore, ha 35 anni e un film in uscita.


Michael Cera interpreta Brink. Canadese, ha partecipato a film come Frequency - Il futuro è in ascolto, Confessioni di una mente pericolosa, Suxbad: Tre menti sopra il pelo, Juno, Scott Pilgrim vs. The World, Crystal Fairy & the Magical Cactus and 2012 e ha lavorato come doppiatore per la serie I Simpson. Anche produttore, regista, sceneggiatore e compositore, ha 26 anni e due film in uscita.


Se Magic Magic vi fosse piaciuto recuperate Funny Games e Repulsion. ENJOY!

mercoledì 9 luglio 2014

Bollalmanacco On Demand: Cracks (2009)

Questa volta al Bollalmanacco On Demand spetta accontentare la richiesta di Stefania, che voleva vedere recensito il film Cracks, diretto nel 2009 dalla regista Jordan Scott e tratto dall'omonimo romanzo di Sheila Kohler. Il prossimo film On Demand sarà invece I 400 colpi. ENJOY!


Trama: Anni '30. All'interno di un collegio situato su un'isola inglese la vita scorre serena per la squadra di tuffatrici capitanata dalla carismatica insegnante Miss G. A spezzare l'armonia arriva però la misteriosa Fiamma, la nuova studentessa spagnola...


Come al solito, periodicamente mi tocca ringraziare chi ha deciso di aderire alla mia scellerata iniziativa dei film On Demand perché quasi ogni volta recupero film pregevolissimi di cui non conoscevo l'esistenza. Lo stesso vale per questo Cracks, diretto dalla figlia di Ridley Scott e, credo, mai uscito in Italia. La storia della pellicola richiama a tratti il meraviglioso Creature del cielo di Peter Jackson e sembra quasi una versione distorta e al femminile de L'attimo fuggente: Miss G è un'insegnante carismatica i cui metodi d'insegnamento stridono con l'ambiente conservatore di un collegio inglese degli anni '30 e, proprio per questo, ogni ragazzina della scuola pende dalle sue labbra, brama la sua approvazione e, fondamentalmente, ne è innamorata, soprattutto la "capetta" Di. Miss G è affascinante, ha viaggiato per il mondo, le sue avventure hanno sempre qualcosa di erotico e proibito che le rende ancora più appetibili per un branco di adolescenti facilmente suggestionabili e, ovviamente, la cosa alimenta l'ego dell'insegnante... almeno finché non arriva l'esotica e bellissima Fiamma, una principessa spagnola dal passato turbolento. All'interno di un ambiente elitario e chiuso come un collegio, per di più confinato all'interno di un'isola, l'arrivo dello straniero crea una serie di scompensi, di "fratture", sia nel gruppo che nella psiche dei singoli componenti, che portano inevitabilmente alla distruzione dell'armonia iniziale e ad alcune rivelazioni scomode ed inaspettate. Cracks diventa così un'oscura storia di passioni turbolente e disagio non solo adolescenziale, nonché una sorta di romanzo di formazione per il più impensato dei protagonisti che, finalmente, vede il suo mondo protetto ed illusorio andare in frantumi grazie alla peggiore delle esperienze e riesce a crescere e maturare, pronto a vivere di persona quella libertà che aveva solo sognato.


In Cracks il collegio e l'isola sembrano popolati esclusivamente da donne, gli uomini vengono solamente nominati senza venire mostrati e, inevitabilmente, il cast quasi interamente al femminile è di prim'ordine. Eva Green, col suo sguardo ambiguo, sensuale e disturbante, è perfetta nel ruolo di Miss G, una parte difficilissima che l'attrice riesce a sostenere per tutto il film senza risultare caricaturale o ridicola. Bravissime anche le giovani stelle nascenti Juno Temple e María Valverde, due animi contrapposti accomunati dalla stessa sofferenza e solitudine, rese rivali, come nelle migliori tragedie, da sentimenti di gelosia e folle amore; in particolare, la Valverde interpreta il suo personaggio con tanta eleganza e sottile, inconsapevole erotismo, da spiccare su tutte le altre bravissime attrici. Cracks è realizzato inoltre in modo molto raffinato ed è colmo di immagini emblematiche; la Scott è sicuramente figlia d'arte ma non lo fa pesare e rinuncia ad appesantire la pellicola con virtuosismi o sfoggi di tecnica fini a sé stessi, limitandosi a seguire le ragazze e la loro insegnante, lasciando che gesti, sguardi e luci (luci soffocate, opache e inghiottite da un'oscurità onnipresente) parlino al cuore dello spettatore pur mantenendo a tratti un'aura di mistero e riserbo, degni complementi dell'ambiente chiuso ed elitario che viene mostrato. Sicuramente Cracks patisce di alcune sequenze un po' lente e di momenti assai melodrammatici, tuttavia è un film molto particolare che mi sento di consigliare a chi ama le torbide vicende che lasciano molto all'immaginazione e non scodellano facili risposte. Grazie ancora a Stefania per la richiesta e anche al genio che ha procurato gli oggetti di scena per Cracks: tra i regali che riceve Fiamma ad un certo punto spuntano anche gli Amaretti Virginia di Sassello!! Viva la Liguria!

L'amaretto del peccato!! :D
Di Eva Green (Miss G), Juno Temple (Di) ed Imogen Poots (Poppy) avevo già parlato ai rispettivi link.

Jordan Scott è la regista della pellicola. Figlia di Ridley Scott, è al suo primo e finora unico lungometraggio. Inglese, anche sceneggiatrice e attrice, ha 36 anni.


María Valverde interpreta Fiamma. Spagnola, ha partecipato a film come Melissa P. e le trasposizioni iberiche dei due abomini mocciani Tre metri sopra il cielo (Tres metros sobre el cielo) e Ho voglia di te (Tengo ganas de ti). Ha 27 anni e quattro film in uscita.


I mille riferimenti all'Italia e all'Africa presenti nel film si spiegano in quanto, nel romanzo di Sheila Kohler, Fiamma è una principessa italiana mentre il collegio si trova in Sudafrica. Detto questo, se Cracks vi fosse piaciuto recuperate Creature del cielo, Picnic ad Hanging Rock e Cruel Intentions - Prima regola non innamorarsi.




 


martedì 10 giugno 2014

Maleficent (2014)

Come avrete capito ieri, è tempo di Crossposting! Dopo il post doppio su La bella addormentata nel bosco, io e Acalia Fenders del blog Prevalentemente Anime e Manga abbiamo deciso di completare l'opera parlando dell'ultima fatica live action della Disney, Maleficent, diretto dal regista Robert Stromberg. IL POST DI ACALIA POTETE TROVARLO QUI.


Trama: La fata Malefica, dopo un orribile tradimento, abbraccia la via dell'oscurità e maledice la figlia neonata del Re Stefano, suo acerrimo nemico. Aurora, come vuole la fiaba, cresce in bellezza, intelligenza e dolcezza... Malefica rimarrà immune al suo fascino o nel petto della strega batte ancora un cuore?


Che dire. Maleficent è ben fatto. Nonostante l'ausilio di un 3D che scurisce la fotografia e rende quasi incomprensibili alcuni passaggi, la pellicola del premio Oscar per la scenografia Robert Stromberg è, giustamente, uno spettacolo per gli occhi fatto di meravigliosi esseri fatati, terribili mostri e splendidi paesaggi di squisita irrealtà che potrebbero tranquillamente affiancarsi a quelli nati dalla mente di Tolkien. Poi, ovviamente, c'è Angelina Jolie. Come descrivere questa meravigliosa dea alata che si staglia in volo contro il tramonto, chiaro simbolo di libertà e vittoria? Come descrivere il suo aspetto regale, la caustica freddezza e la malvagia ironia che guizzano negli inquietanti occhi di Malefica o l'incredibile perfezione di una bocca che pare dipinta da un artista? Verrebbe voglia di prenderla a schiaffoni sugli zigomi da tanto è gnocca nonostante le corna che porta in testa, maledetta lei, che catalizza l'intera attenzione dello spettatore mentre qualunque altro attore utilizzato nella pellicola fa la figura della rana pescatrice, del nuovo mostro lasciato a piede libero! Come si può, infine, non apprezzare la Disney per la progressiva demolizione dell'antiquato concetto di "amore a prima vista", già cominciata col bellissimo Frozen - Il regno di ghiaccio e proseguita in questo Maleficent con il chiaro intento di espandere il concetto di "amore" a tutte le manifestazioni di affetto, che sia di coppia, fraterno o materno (ora manca giusto un'apertura alla bisessualità ma insomma, immagino questo non avverrà mai!)? Tutte gran belle cose, nevvero? Ecco, godetevele finché potete perché adesso parliamo del motivo per cui Maleficent, in definitiva, è stato per me un gran diludendo.

L'Orrore.
Ora, immaginate che Ursula, l'esilarante e terribile strega de La Sirenetta, fosse in realtà una filiforme ed apprezzatissima cantante sottomarina. Un giorno arriva Tritone e le fa bere una pozione che la rende grassa e priva di voce, solo per poter mettere sul palco una sua protetta come farebbe un qualsiasi politico italiano. Ursula, divenuta non solo inguardabile ma anche malvagia, per rovinargli la vita decide di rifarsi sulla figlia Ariel ma vedendo che, in effetti, la giovinetta è sì un po' svampitella e nescia ma fondamentalmente buona, a poco a poco si pente e decide di aiutarla a coronare il suo sogno di vivere sulla terra e sposare il principe Eric. Tritone, in tutto questo, non pago di avere rovinato la vita alla povera Ursula che si faceva i fatti suoi, non smette di tormentarla senza un motivo apparente e, così facendo, perde la sua dignità di Re, scettro, corona e compagnia cantante, col risultato che al granchio Sebastian tocca salire sul trono dopo che Tritone si è soffocato coi tentacoli di Ursula cercando di ucciderla. Bella schifezza di storia, vero? Vi sento già inveire contro una simile bruttura ma sappiate che la storia di Maleficent, il fantomatico "retroscena" che dai trailer prometteva cattiveria, malvagità, epiche battaglie e terribili esempi di giustissima vendetta, è in realtà un insieme di enormi punti interrogativi grondanti melassa. Anzi, veramente l'unico punto interrogativo è Re Stefano, il personaggio peggio scritto dell'intera storia della Disney. Uno che, senza fare troppi spoiler, si ritrova a passare dallo status di simpatico e corretto comprimario a quello di merda talmente patentata che farebbe rabbrividire Jafar, Scar, Majin-Bu e financo Mick Taylor, un uomo talmente bolso (grazie Sharlto Copley, poi torniamo a parlare di te!!), stronzo, inutile e assurdamente incarognito che più di una volta mi sono ritrovata ad allargare le braccia sconsolata esclamando "Ma perché??!! Che senso ha??!". La cosa più sciocca del film, infatti, è che per imprigionare Malefica in un bozzolo di stucchevole melassa si è deciso d'amblé di trasformare il resto del cast in una banda di bizzosi, incapaci decerebrati, a partire dalle fatine per arrivare al principe mollo, sul quale stenderei un velo pietoso.


Dici, vabbé, la storia è imbarazzante e la caratterizzazione dei personaggi, salvo Malefica e il corvo Fosco, è anche peggio ma almeno gli attori saranno bravi? Oddio, diciamo che si vede la mano di Angelina Jolie come produttrice. La futura signora Pitt, assente dallo schermo da almeno 4 anni, evidentemente dev'essersi guardata allo specchio e, in un momento di follia, dev'essersi fatta venire delle paranoie da adolescente perché il cast di contorno è formato dagli attori più brutti e mosci esistenti in circolazione. Persino Elle Fanning, normalmente capace e bellina, si limita a sfoggiare un sorriso berlusconiano per l'intera durata della pellicola, gareggiando in espressività con la muraglia spinosa creata dalla strega Malefica. Delle fatine, interpretate da attrici del calibro di Imelda Staunton e Juno Temple, non voglio nemmeno parlare, provo imbarazzo per loro poveracce, quindi mi limiterò a lanciare altri strali sulla rara bruttezza di Sharlto Copley, assolutamente inadatto ad interpretare Re Stefano, e sulla faccia morta di sonno di Brendon Thwaites, che già mi aveva convinta poco in Oculus ma che qui ridefinisce il concetto di inutile calandosi nei panni del bell(?)addormentato Filippo. E a proposito di Stefano e Filippo. Adattatori miei, sembrava di guardare un episodio di Sensualità a Corte, mancavano solo Jean Claude e Cassandra perché, purtroppo, anche il termine Fata Madrina è stato usato più e più volte: lasciare Stefan e Philip vi faceva tanto schifo? Tanto quale bambino si ricorda più i nomi usati nel cartone animato Disney? Più che altro, i bimbi e gli adulti che li accompagnano ricorderanno ancora la storia originale che, per quanto non priva di difetti, era sicuramente più bella di questa Merolata in cui il sonno di Aurora non dura nemmeno due ore e tutta la magnifica perfidia di una delle più belle villain disneyane evapora in una nube di fumo verdastro. Che peccato, che occasione sprecata. Ridatemi Julia Roberts e Charlize Theron, loro sì che erano veramente Malefiche!!

- 'zzo vuoi? Sono cattiva. Ti mangio. Roargh.
- Ma piantala, dai, mammina. Tanto non ti crede nessuno..
Di Angelina Jolie (Malefica), Elle Fanning (Aurora), Sharlto Copley (Stefano), Imelda Staunton (Giuggiola), Juno Temple (Verdelia) e Brenton Thwaites (Principe Filippo) ho già parlato ai rispettivi link.

Robert Stromberg è il regista della pellicola (subentrato a Tim Burton prima e David Yates poi), al suo primo film. Americano, è maggiormente conosciuto come responsabile degli effetti speciali e direttore della scenografia (ha vinto due Oscar, uno per Avatar e uno per Alice in Wonderland).


Sam Riley interpreta Fosco. Inglese, ha partecipato a film come Control, On the Road e Byzantium. Ha 34 anni e un film in uscita.


Vivienne Jolie - Pitt, figlia di Angelina Jolie e Brad Pitt, compare nei panni della piccola Aurora perché era l'unica bambina a non avere paura della Jolie in versione Malefica (si dice che persino gli altri figli della coppia fossero terrorizzati dalla visione). Tra gli attori "scartati" invece figurano Emma Thompson e Judi Dench, prese brevemente in considerazione per il ruolo delle fate, Jude Law (che, a mio modesto parere, come Re Stefano sarebbe stato molto ma molto meglio di Sharlto Copley) e Miranda Richardson, che avrebbe dovuto interpretare la Regina Ulla, zia di Malefica, personaggio poi eliminato dalla pellicola. Detto questo, se Maleficent vi fosse piaciuto non mancate di recuperare La bella addormentata nel bosco, Frozen - Il regno di ghiaccio e Biancaneve. ENJOY!


martedì 17 dicembre 2013

I tre moschettieri (2011)

La scorsa sera, siccome la mia cameretta è fredda mentre in sala c'è la stufa, ho deciso di guardarmi un film in TV invece di pescare tra i millemila a disposizione. Madre, seduta sul divano accanto a me, si è persa tra le braccia di Morfeo dopo 5 minuti mentre io ho guardato per intero I tre moschetteri (The Three Musketeers), diretto nel 2011 dal raffinato regista Paul W.S. Anderson. Raffinato come potrebbe esserlo l'ultima delle vajasse, ovviamente.


Trama: dopo l'ennesimo tradimento di Milady, i tre moschettieri Athos, Porthos e Aramis vagano per Parigi disoccupati e senza uno scopo nella vita. L'arrivo del giovane guascone D'Artagnan e le trame del perfido Cardinale Richelieu, tuttavia, riusciranno a rimetterli in azione...


Lì per lì pensavo davvero di avere sbagliato film. Dopo i titoli di testa, dalle calli venexiane spunta infatti un ninja suBBaquo con due spade che, in men che non si dica e sotto l'influsso di uno slow motion che verrà utilizzato almeno altre 90 volte in tutta la pellicola, vengono infilate nei morbidi corpicini di un gruppetto di guardie. Passano cinque minuti e mi rendo conto di non stare guardando un film tratto da un videogame perché, con incredibile faccia tosta, il figuro ninja, un incrocio tra Poe e Casanova, un wrestler e una bagassa russa si presentano rispettivamente come Athos, Aramis, Porthos e Milady. Ah. Non faccio in tempo a svegliare madre dal gran ridere che l'albero di Natale accanto a me comincia a tremare: al Panthéon, Alexandre Dumas padre si è rivoltato nella tomba una  volta di troppo. Il mio già grande sconcerto aumenta quando un artista d'avanspettacolo, o forse un comico di Colorado che risponde al nome di Orlando Bloom, s'invola con Milady fregandosene della Regina e della natura fondamentalmente onorevole che il Duca di Buckingham mostra di avere nei libri, mentre di lì a poco arriverà anche il giovane bimbominkia D'Artagnan a darmi il colpo di grazia e a convincermi, nuovamente, di stare guardando una parodia. Non può essere altrimenti. La mia unica speranza sono le due figure che ho sempre adorato, il Cardinale Richelieu e Rochefort. Quando spuntano, di loro, lo ammetto, non mi posso lamentare: Christoph Waltz si estrania dall'intera faccenda con scazzo atavico e aplomb più british che tedesco, consolandosi al pensiero che Tarantino ed io gli vorremo comunque sempre bene, mentre Mads Mikkelsen emana un incredibile fascino ad ogni gesto. Ovvio, i due mostri sacri vengono praticamente travolti dalle bizze di un re buliccio e una regina cessa, ma chi diavolo l'ha fatto il casting??


Risposta: lo stesso pazzo che ha deciso di usare interni pacchianissimi e abiti talmente trash che commuoverebbero Lady Gaga, tanto che persino i dialoghi fanno riferimento a questi due elementi del film come a qualcosa di aberrante. E mentre Capitan Harlock piange vergognandosi della sobrietà della sua Arcadia, se paragonata alla polena di una nave volante/dirigibile con le fattezze di uno scheletro che regge i simboli del potere ecclesiastico, io cerco di trovare qualcosa di positivo in questo I tre moschettieri, giusto per evitare accuse di snobismo cinefilo. Compito arduo, ma ci provo. Il film di Paul W.S. Anderson (non QUESTO Paul Thomas Anderson!!) ha di buono che si prende in giro, offre alle spettatrici tre moschettieri bellocci e agli spettatori la Milady più sexy della storia (anche se Milla, figlia cara, alla De Winter un po' di finezza andrebbe lasciata, non sei in Resident Evil, altrimenti  per il ruolo andava bene qualsiasi virago uscita da Machete!), non lesina duelli acrobatici, spacconerie expendabili o scene d'azione con effetti speciali di altissimo livello e sicuramente è perfetto per una serata col cervello staccato. Certo, il romanzo di Dumas praticamente scompare, è come se facessero un film su Se questo è un uomo con nazi zombie e il protagonista che cerca di fuggire dai campi di concentramento armato di Uzi, ma se è questo che vogliono i CCiofani, chi sono io per dire di no? D'altronde nemmeno Kiefer Sutherland e Charlie Sheen erano dei moschettieri "regolari", eppure quanto mi piacevano all'epoca! Quindi, mi limito a ringraziare la Madonna per il fatto che il finale aperto sia rimasto tale e per non essere riuscita ad andare al cinema a vederlo, magari in 3D.


Di Matthew Macfadyen (Athos), Milla Jovovich (Milady de Winter), Luke Evans (Aramis), Orlando Bloom (Duca di Buckingham), Mads Mikkelsen (Rochefort) e Christoph Waltz (Richelieu) ho già parlato ai rispettivi link.

Paul W.S. Anderson (vero nome Paul William Scott Anderson) è il regista della pellicola. Inglese, ha diretto film come Mortal Kombat, Resident Evil, Alien vs. Predator, Resident Evil: Afterlife e Resident Evil: Retribution. Anche produttore e sceneggiatore, ha 48 anni e due film in uscita.


Ray Stevenson (vero nome George Raymond Stevenson) interpreta Porthos. Irlandese, ha partecipato a film come King Arthur, Punisher - Zona di guerra, Thor, Thor: The Dark World e alla serie Dexter. Ha 49 anni e due film in uscita.


Logan Lerman interpreta D'Artagnan. Americano, ha partecipato a film come Il patriota, The Butterfly Effect, Number 23, Percy Jackson e gli dei dell'Olimpo - Il ladro di fulmini, Noi siamo infinito e Percy Jackson e gli dei dell'Olimpo - Il mare dei mostri. Ha 21 anni e tre film in uscita tra cui Noah.


Juno Temple interpreta la regina Anna. Inglese, ha partecipato a film come Killer Joe, Il cavaliere oscuro - Il ritorno, The Brass Teapot e Magic Magic. Ha 24 anni e quattro film in uscita tra cui Horns, Maleficent e Sin City - Una donna per cui uccidere.


Il film si conclude in un modo che sembrerebbe dare il La ad un eventuale sequel ma, al momento, e per fortuna, non se ne hanno notizie. Per superare il "diludendo", se questo I tre moschettieri vi fosse piaciuto recuperate La maschera di ferro e il tamarro e divertentissimo I tre moschettieri del 1993. ENJOY!

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