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mercoledì 3 ottobre 2018

Bollalmanacco On Demand: Una storia vera (1999)

L'estate mi ha causato un po' di deboscia, al punto che ho lasciato perdere la rubrica On Demand. Si ricomincia oggi con Una storia vera (The Straight Story), diretto nel 1999 dal regista David Lynch e chiesto a gran voce dalla blogger Arwen Lynch. Il prossimo film On Demand sarà Southland Tales - Così finisce il mondo. ENJOY!


Trama: un vecchio e testardo contadino decide di partire dall'Iowa a bordo di un tosaerba per raggiungere il fratello, colpito da un infarto.


Andando a cercare la parola "straight" su un dizionario si viene a scoprire che il termine inglese ha parecchi significati in italiano. "Dritto", nel senso di "non storto", è la prima traduzione che ci viene fornita, ma anche "diretto", ovvero "senza fermate", proseguendo con "franco, sincero", per finire con "normale, ordinario". Una storia vera è tutte queste cose e anche di più. Innanzitutto, rispetto agli altri film diretti da David Lynch è molto lineare, questo è vero, anche perché la sceneggiatura è stata affidata a John Roach e Mary Sweeney, che l'hanno scritta partendo dall'incredibile storia vera di Alvin Straight, anziano signore che ha scelto di compiere un viaggio lunghissimo a bordo di un tosaerba perché privo di patente. Abituata come sono a trovarmi davanti sdoppiamenti di personalità, personaggi ambigui, salti temporali e quant'altro, l'idea che un regista come Lynch potesse dirigere un film con un inizio e una fine comprensibili, un road movie atipico e riflessivo, non l'avrei potuta concepire in mille anni, invece eccola qui. Il ritmo della pellicola è lento, misurato, specchio perfetto del tramonto di una vita vissuta nella sua pienezza ma ancora, in qualche modo, turbata da questioni lasciate in sospeso che nemmeno la vecchiaia con tutti i suoi disagi e i suoi malanni può rendere meno pressanti; per la serie, non importa quando si arriva, basta arrivare, Alvin prende baracca e burattini e parte con il suo tosaerba scalcinato, in barba alle perplessità di amici e concittadini, imbarcandosi in un viaggio che non è solo una prova di forza e coraggio ma anche, soprattutto, l'espressione del forte desiderio di rimediare ad un grosso errore prima che sia troppo tardi, mostrando al fratello la grandezza del proprio amore per lui. "Straight", quindi, come diretto, perché Alvin non vuole prendere scorciatoie né accettare passaggi, nonostante fermate nel suo viaggio ce ne siano. Sono fermate necessarie e non solo per questioni di denaro e manutenzione della falciatrice, ma anche per condividere tormenti, esperienza e consigli con le anime che interrompono la loro routine quotidiana per avvicinarsi a quel vecchio particolare invece di limitarsi a classificarlo come "eccentrico", ascoltando la sua storia e raccontandogli le loro. E pensare che, in tutto questo, Alvin non si sente per nulla speciale, come se percorrere quasi 400 km con un tosaerba sia cosa da tutti i giorni.


E allora, "Straight" come franco, sincero. Come tutti gli anziani, Alvin in realtà forse è più testardo che sincero e il suo passato, come vedremo, nasconde più di un'ombra, eppure la purezza delle sue intenzioni è indubitabile, così come l'amore che prova per la figlia Rose e per quel fratello che da anni non vede. Allo stesso modo, sono sincere le sue emozioni, interamente riflesse nel meraviglioso volto di Richard Farnsworth, capace di commuovere e coinvolgere lo spettatore dalla prima all'ultima scena. L'attore, fiaccato da un cancro alle ossa che lo avrebbe portato a suicidarsi l'anno successivo, si mette a nudo davanti alla cinepresa di Lynch, con tutte le sue rughe, il suo dolore reale (l'attore non usava due bastoni per esigenze di copione ma proprio a causa della malattia), i suoi occhi bellissimi e e lucidi, che colgono la bellezza di un'America rurale che la velocità e l'abitudine rischiano di rendere banale e scontata, dai campi di grano ai boschi, dalle strade senza fine al ponte sul Mississippi. Paesaggi "normali", così come normale è la storia di Alvin, almeno dal suo punto di vista, che vengono messi su pellicola da un Lynch delicato e poetico, la cui cinepresa cattura l'America e la rende meravigliosa pur con tutti i suoi difetti, in primis la piccineria quasi grottesca dei suoi abitanti, concretizzati qui in un piccolo campionario di freaks degni di Twin Peaks, i gemelli meccanici in primis. Piccoli tocchi Lynchiani, non limitati solo ad attori feticcio adorabili, che si fanno strada assieme al bellissimo e struggente score del fido Angelo Badalamenti e vanno ad arricchire una storia "straight", la storia vera del vero Alvin Straight, rendendola una vicenda poetica d'incredibile umanità, senza eroi né persone fuori dal comune, ma lo stesso incredibilmente toccante ed indimenticabile. In poche parole, un film da non perdere, soprattutto se non amate lo stile onirico di Lynch che qui si è preso una meritata pausa.


Del regista David Lynch ho già parlato QUI. Richard Farnsworth (Alvin), Sissy Spacek (Rose), Everett McGill (Tom) e Harry Dean Stanton (Lyle) li trovate invece ai rispettivi link.


Chris Farley avrebbe dovuto essere nel film assieme al fratello ma l'attore è venuto a mancare nel 1997 mentre tra i papabili interpreti di Alvin figuravano James Coburn, John Hurt, Jack Lemmon e Gregory Peck; Richard Fansworth è stato tra i nominati all'Oscar come miglior attore protagonista nel 2000 ma quell'hanno ha vinto Kevin Spacey con American Beauty. Se Una storia vera vi fosse piaciuto recuperate Nebraska. ENJOY! 

martedì 14 marzo 2017

The Ring 2 (2005)

A 'sto giro il ripasso è stato facile ed indolore visto che la saga americana di The Ring si era fermata nel 2005 con The Ring 2 (The Ring Two), diretto nientemeno che da Hideo Nakata.


Trama: Rachel e il figlio Aidan hanno cambiato città ma lo spirito inquieto di Samara non smette di perseguitarli, persino senza l'ausilio della fatale videocassetta...


A scanso di equivoci, The Ring 2 mi era sembrato una camurrìa già all'epoca dell'uscita cinematografica e la mia difficoltà a tenere gli occhi aperti durante la visione recente ha confermato la mia impressione. Ha un bel da fare Hideo Nakata a creare immagini oniriche, eleganti richiami all'acqua, sequenze incentrate su Samara che non si limitino a ricopiare pedissequamente quelle giapponesi o le più famose del remake americano, il problema di The Ring 2 è che la trama non solo è soporifera ma anche di una banalità sconcertante. Messa da parte la maledizione della videocassetta (alla quale si accenna giusto all'inizio ma andrebbe visto il corto Rings per capire l'estensione ormai virale del video maledetto), The Ring 2 si concentra quasi esclusivamente sul passato di Samara e sul fatto che la pargola defunta si è incapricciata di Rachel, probabilmente perchè è stata l'unica ad averle dato attenzione nel corso degli anni. Siccome Rachel l'ha di fatto "liberata" alla fine del film precedente, Samara non è intenzionata ad ucciderla, bensì a farla diventare la propria mamma, e per fare questo cerca di possedere il bimbo più inquietante del mondo, quell'Aidan che crescendo non è migliorato affatto, per inciso. Il film dunque procede lento, lentissimo, tra visioni di Samara che ogni tanto spunta tra le ombre, cervi che si catafrangono sulle automobili, bambini sempre più freddi e molli, tv che si accendono da sole, scorci di passato, fenomenali poteri psichici e l'onnipresente pozzo. Insomma, basterebbe togliere Samara dall'equazione ma il risultato cambierebbe poco e avremmo probabilmente l'ennesimo film imperniato sulle possessioni demoniache o spirituali, una sorta de Il presagio meets J-Horror, con risultati a dir poco risibili.


Quindi, in sostanza, non saprei cosa altro dire su The Ring 2 se non sottolineare il modo elegante e paraculo con cui lo sceneggiatore Ehren Kruger ha scelto di sorvolare non solo sulla trama di Ringu 2, fatta di maledizioni perpetrate nel tempo, spiriti che si moltiplicano a causa della codardia dei coinvolti (e pensare che il corto Rings, sempre sceneggiato da lui, faceva ben sperare!) e stranissimi esorcismi elettronici ma anche sulla trama di Spiral, che probabilmente avrebbe mandato in pappa il cervello di qualsiasi americano tanto folle da guardarlo. Per quanto riguarda gli effetti speciali, non si distaccano dalle soluzioni trovate in The Ring, l'unica differenza è una terrificante ed efficace scalata del pozzo da parte di Samara (l'unico momento che mi ha messo davvero i brividi), per il resto le immagini televisive mi sono sembrate ancora più fasulle e il make up della mostrA anche troppo invasivo, oltre che poco fantasioso, però sono molto belli i giochi d'acqua, preponderanti rispetto al primo capitolo. Tra gli attori, segnalo la presenza di Sissy Spacek nei panni della vera madre di Samara, un ruolo che non le rende affatto giustizia, mentre Naomi Watts e il piccolo Aidan Dorfman, all'epoca ormai dodicenne e meno "bimbo" rispetto al primo film quindi ancora più inquietante, portano a casa la pagnotta ma senza sforzarsi più di tanto, quasi non ci credessero neppure loro, nonostante il film sia parecchio imperniato sul difficile recupero di un rapporto madre-figlio tra i due. Insomma, The Ring 2 non è un film memorabile e già dodici anni fa mostrava come il franchise avesse ormai più poco da dire quindi non oso immaginare cosa tireranno fuori col terzo capitolo. Attendiamo con (s)fiducia.


Del regista Hideo Nakata ho già parlato QUI. Naomi Watts (Rachel), Gary Cole (Martin Savide), Sissy Spacek (Evelyn), Ryan Merriman (Jake), Emily Vancamp (Emily) e Daveigh Chase (che compare come Samara solo negli spezzoni presi dal film precedente) li trovate invece ai rispettivi link.

Simon Baker (vero nome Simon Baker-Denny) interpreta Max Rourke. Australiano, ha partecipato a film come L.A. Confidential, L'intrigo della collana, La terra dei morti viventi, Il diavolo veste Prada e serie quali I racconti della cripta, Home and Away e soprattutto The Mentalist. Anche produttore, regista e sceneggiatore, ha 48 anni e un film in uscita.


Elizabeth Perkins interpreta la Dottoressa Emma Temple. Americana, ha partecipato a film come Big, I Flinstones, Miracolo nella 34sima strada, Pazzi in Alabama, 28 giorni, Come cani & gatti, Ghostbusters e a serie quali Monk e Weeds; come doppiatrice ha lavorato in Alla ricerca di Nemo. Ha 47 anni e un film in uscita.


Questo avrebbe dovuto essere il film d'esordio di Mary Elizabeth Winstead, che interpreta la giovane Emily, ma purtroppo le sue scene si vedono solo nella versione unrated di The Ring 2; Richard Kelly e Noam Murro hanno invece rifiutato di dirigere la pellicola, lasciando il posto a Hideo Nakata che, per la cronaca, aveva già diretto il Ring giapponese. Come già detto nel post, The Ring 2 segue The Ring ed ignora completamente Ringu 2 e Rasen ma se vi interessasse sapere come sono connessi i vari film vi rimando alle note del post su The Ring, così se il film vi fosse piaciuto sapete cosa recuperare. ENJOY!

giovedì 26 gennaio 2012

The Help (2011)

Dopo la mezza delusione de La talpa, ieri sera sono andata a vedere The Help, diretto dal regista Tate Taylor e tratto dall’omonimo romanzo di Kathryn Stockett, altro film da cui mi aspettavo tantissimo. E questa volta è stato all’altezza delle aspettative!


Trama: Mississippi, primi anni ’60. L’altoborghese Skeeter, spinta dal desiderio di diventare una scrittrice famosa, decide di raccogliere le testimonianze delle cameriere “negre” sfruttate e ghettizzate dalla popolazione bianca del piccolo paesino in cui è nata. Sarà uno scandalo, ancor prima che un successo.


"Tu sei brava. Tu sei carina. Tu sei importante". Quanta meravigliosa dolcezza racchiusa in questo mantra che la cameriera di colore Aibileen ripete alla piccola, biondissima Mae Moblin, per farle e farsi coraggio. Mi viene un groppo in gola ancora adesso. Lo sapevo, infatti, che The Help sarebbe stato uno di quei film che avrei adorato. Innanzitutto, l’ho amato per come affronta con leggerezza un tema difficile e sconcertante come la segregazione razziale, inserendolo ovviamente in un contesto reale e storicamente ben definito, senza scadere nella farsa o nel patetismo. Lo fa grazie ad una sceneggiatura solidissima, che alterna momenti di pura ilarità ad altri di enorme commozione, senza ricorrere al binomio “bianchi cattivi e neri buoni”ma, anzi, confondendo un po’ le carte man mano che il film prosegue. E l’ho amato, ovviamente, per l’assoluta bellezza dei costumi e delle scenografie, degno complemento di interpreti praticamente perfetti, mai sopra le righe o caricaturali.


Non avendo mai letto il romanzo (che però è lì che aspetta sul comodino, speriamo di riuscire a cominciarlo entro la fine della settimana prossima) non posso ovviamente fare confronti con l’opera scritta, ma a prescindere questo The Help è splendido anche preso come film a sé stante. E’ impossibile infatti non affezionarsi a questi testardi, coraggiosi e umanissimi personaggi o non farsi prendere dalla vicenda raccontata. Innanzitutto, la giovane che da inizio a tutta la vicenda, Skeeter, non è affatto una superdonna o chissà quale colta attivista per i diritti dei neri, ma semplicemente una “diversa”, prigioniera di uno stato, di un paesino e di una famiglia dalle vedute assai ristrette, se non addirittura pericolosamente ingiuste. Certo, la sua situazione è ovviamente migliore rispetto a quella delle cameriere (o forse sarebbe meglio dire schiave) Abileen e Minny, ma anche lei è comunque “ghettizzata” in quanto ha preferito andare all’università piuttosto che sposarsi e avere figli come tutte le sue coetanee, capitanate e plagiate dall’”algida stronza”* Hilly (una Bryce Dallas Howards semplicemente fantastica!). La ribellione agli usi e costumi del paesino parte da lei e, come un incendio lento ma costante, si propaga attraverso tutta la comunità nera fino a toccare anche la seconda outsider bianca del luogo, l’apparentemente vanesia Celia, tenuta fuori dal gruppo di signore bene perché rea di avere rubato il fidanzato ad Hilly e di non averci fatto nemmeno un figlio insieme.


Man mano che il film prosegue e davanti ai nostri occhi si alternano momenti esilaranti (la scena dei cessi abbandonati nel cortile di Hilly o l’ormai famigerato “eat my shit” della geniale Minny), drammatici (la fuga di Aibileen dopo l’omicidio del ragazzo di colore da parte del Ku Klux Klan) o profondamente commoventi (quando Aibileen racconta del figlio, quando Celia, in una splendida sequenza ambientata in giardino, rivela allo spettatore il suo triste segreto, per non parlare dello straziante addio tra Aibileen e la meravigliosa, paffutissima, dolcissima Mae Mobley) il libro che da il titolo al film, The Help, prende forma e le storie passate si mescolano a quelle presenti, facendoci a poco a poco scoprire la vera natura dei personaggi, anche di quelli che apparentemente hanno un solo volto o appaiono poco importanti per l'economia della vicenda. Il regista mescola con naturalezza il presente a pochi, mirati flashback che aiutano a capire da cosa derivino la scelta di Skeeter, il suo rapporto con la madre e la particolare tolleranza ed apertura mentale della ragazza, arricchendo la pellicola con altri momenti a dir poco emozionanti e diretti con una sensibilità e un'attenzione invidiabili.


E dopo tutto quello che ho scritto, la cosa più importante, quella che mi ha fatto amare ancora di più The Help, è stata la coraggiosa scelta di optare per un happy ending dal sapore molto amaro, dove la maggior parte delle situazioni si chiudono felicemente, ma non per tutti e non completamente. Come a dire che non basta solo un libro per cambiare le cose, perché l'ignoranza e la stupidità sono dure a morire. Ma l'importante è che riesca a fare soffiare il vento della libertà e a tener viva la speranza. Al momento, la mia sarebbe quella di vedere Viola Davis, Jessica Chastain oppure Octavia Spencer con l'ambito Oscar tra le mani, visto che con tutti i pesi massimi candidati come miglior film sarebbe improbabile (e anche un po' ingiusto in effetti) che The Help vincesse il premio. Aspettiamo e vediamo, dunque. Ma voi non aspettate e fiondatevi al cinema a guardare questa piccola, preziosissima perla.


Di Emma Stone (Skeeter), Bryce Dallas Howard (Hilly), Jessica Chastain (Celia), Sissy Spacek (Missus Walters), Mike Vogel (Johnny) ho già parlato nei rispettivi link.

Tate Taylor è il regista e sceneggiatore della pellicola. Nato nello stato del Mississippi, amico della scrittrice Kathryn Stockett, è al suo terzo film. Anche attore e produttore, dovrebbe avere sui 40 anni.


Viola Davis interpreta Aibileen. Americana, ha partecipato a film come Out of Sight, Traffic, Lontano dal paradiso, Syriana, World Trade Center, Il dubbio (che le è valso la nomination all’Oscar come miglior attrice non protagonista) e Innocenti bugie, oltre a serie come NYPD, CSI e Senza traccia. Anche produttrice, ha 47 anni e due film in uscita, tra cui Molto forte, incredibilmente vicino.


Octavia Spencer interpreta Minny. Americana, ha partecipato a film come Mai stata baciata, Essere John Malkovich, Spider - Man, Babbo bastardo, Drag Me to Hell, Halloween II e a serie come E.R. medici in prima linea, Roswell, X - Files, Malcom, Dharma & Greg, NYPD, CSI: NY, Medium, Ugly Betty, CSI e Dollhouse. Anche regista, sceneggiatrice e produttrice, ha 40 anni e tre film in uscita.


Allison Janney interpreta la madre di Skeeter, Charlotte. Americana, ha partecipato a film come Wolf - La belva è fuori, Tempesta di ghiaccio, Sei giorni sette notti, 10 cose che odio di te, American Beauty, The Hours, doppiato un personaggio di Alla ricerca di Nemo oltre ad alcuni episodi de I Griffin e Phineas and Ferb, infine ha partecipato alle serie Weeds, Due uomini e mezzo e Lost. Ha 53 anni e quattro film in uscita.


Tra gli altri attori coinvolti segnalo Cicely Tyson (Constantine), già apparsa nel bellissimo Pomodori verdi fritti alla fermata del treno e Dana Ivey (Gracie Higginbotham), che interpretava Margaret negli esilaranti film dedicati a La famiglia Addams. ENJOY!!


*copyright: Antro Atomico del Dottor Manhattan

sabato 5 novembre 2011

Carrie, lo sguardo di Satana (1976)

L'ho sicuramente già detto, ma non fa male ripeterlo. Nonostante Stephen King sia un grande scrittore, pochi film tra gli innumerevoli tratti dai suoi romanzi riescono a rendere giustizia alla sua opera. Tra questi, la maggior parte si distacca dai libri da cui sono tratti e diventano capolavori a sé stanti, molto più belli dei romanzi. L'esempio più eclatante è lo Shining di Stanley Kubrick, ma anche Carrie, lo sguardo di Satana (Carrie), diretto da Brian De Palma nel 1976 è un gioiello cinematografico. Questa recensione sarà atipica, non leggete se non avete mai visto il film o letto il libro.


Trama: Carrie è una liceale dagli strani poteri psicocinetici, vessata dagli stupidi compagni di scuola e condannata a vivere con una madre resa folle dalle sue manie religiose. Quando viene invitata al ballo scolastico, l'esperienza si trasforma in un incubo a causa dell'ennesimo, crudele scherzo... ma questa volta Carrie reagisce, e scatena l'inferno.


Carrie, lo sguardo di Satana è uno di quegli horror dove non accade molto per più di metà film e che si risolve nel caos finale, che libera tutto l'orrore. Proprio per questo è un'opera magistrale, perché l'inquietudine che esplode nelle scioccanti scene del ballo viene tesa come un filo sottile per tutta la durata del film ed è percepibilissima in ogni immagine, anche nelle sequenze più "tranquille". Fin dall'inizio siamo perseguitati dallo "sguardo di Satana" della povera Carrie, dagli occhi da bestia sacrificale della bravissima attrice Sissy Spacek, quegli occhi increduli che fissano attoniti un mondo crudele, freddo, duro ed incomprensibile, popolato da persone stupide, egoiste e menefreghiste (per esempio il preside, che la chiama sempre Cassie). Occhi che vengono inquadrati ogni volta che le persone passano la misura e la protagonista viene spinta a perdere il controllo dei propri poteri con uno stridente suono, che preannuncia l'esplosione di una lampadina o di un posacenere. Occhi che si abbassano quando Carrie viene costretta a confrontarsi con la madre (altra grandissima interprete, Piper Laurie); una strega più che una santa, pervasa da un perverso "fuoco sacro" che la porta a trattare la figlia come una disgrazia, un ricettacolo del peccato, un informe e disgustoso essere da punire e crescere nell'ignoranza di ciò che è la vita vera. La soluzione della donna è chiudere Carrie in un angusto stanzino, dove la ragazza viene segnata da un altro sguardo, quello terrificante di un San Sebastiano dagli occhi bianchi, quasi indemoniati, dalle fattezze rozze e appena abbozzate. Non c'è nulla di bello nella religione professata da Margaret, non esiste il perdono, solo il castigo e il divieto.


Il film cambia registro, diventando quasi un tenero dramma per adolescenti, quando Tommy invita Carrie al ballo. Le immagini diventano luminose, lo splendido score di Pino Donaggio una dolce nénia. Ma noi spettatori sappiamo che qualcosa necessariamente andrà storto, nonostante la gentilezza di Tommy e Sue, che per il bene di Carrie rinuncia ad andare al ballo: le immagini felici della coppia, infatti, vengono spesso interrotte da sequenze che ci fanno intuire quale sarà l'orribile piano di Chris e del suo ragazzo. Un altro dettaglio che, durante il ballo, ci anticipa il triste destino di Carrie è l'utilizzo di una morbida luce rossa, che avvolge la protagonista e Tommy con una fotografia quasi patinata e un montaggio al ralenty; l'intera sequenza diviene ancora più lenta quando Sue scopre l'inganno di Chris e vede il secchio traballante, posizionato proprio sopra il punto dove il re e la regina del ballo verranno incoronati. Questa è una delle sequenze più devastanti dell'intera storia cinematografica: De Palma pare volutamente indugiare sui dettagli, il filo che lentamente si tende, un festone che cade con un lentissimo movimento a vite, la lingua che passa sulle labbra di Chris, che già pregusta il momento, miss Collins che, senza capire, porta via Sue a forza proprio mentre quest'ultima scopre i due ragazzi nascosti sotto il palco, pronti a colpire. Il nostro cuore di spettatori per contro accellera, speriamo che l'inevitabile non accada. Ma accade, ahimé, e il tempo pare fermarsi. L'immagine di Sissy Spacek coperta di sangue ha fatto scuola, ma mai come l'espediente dello split screen, in cui De Palma divide lo schermo in due consentendoci di guardare sia il doloroso primo piano dello sguardo di Carrie, sia i devastanti effetti del suo potere, mentre anche la colonna sonora pare impazzire e perdere senso, quando la morte si abbatte, finalmente, su tutti i presenti.


Le scene finali sono quelle che mi porto dentro fin da quando, all'età di 10 anni, ho visto per la prima volta il film. La madre di Carrie finalmente trasformata in quello spaventoso e minaccioso San Sebastiano che sembrerebbe crocefisso, i coltelli che, volando, le provocano le sue stesse ferite, conseguenza del potere ormai fuori controllo della figlia terrorizzata e morente. La resa finale di Carrie, che si rifugia assieme alla madre nello sgabuzzino mentre la casa crolla, esplode, in un inferno di fiamme e calcinacci. La splendida, eterea immagine di Sue, unica sopravvissuta, soffusa di un alone bianco mentre sogna, accompagnata nuovamente dalla bellissima e dolce musica di Donaggio, di portare fiori sulla tomba di Carrie.... e infine urla, perché la mano insanguinata della ragazza esce dalla terra per afferrlarle il braccio. Sogno e realtà si mescolano... chissà se è davvero finita? La recensione lo è, e vogliate scusarmi se, per una volta, è stato un resoconto di quello che ho pensato e provato per tutto il film. Quando guardo Carrie, lo sguardo di Satana, non posso fare altro che venirne coinvolta. E ripensarci per giorni.

Brian De Palma (vero nome Brian Russell De Palma) è il regista della pellicola. Uno dei più famosi autori al mondo, lo ricordo per film come Il fantasma del palcoscenico, Vestito per uccidere, Blow Out, Scarface, The Untouchables - Gli intoccabili, Il falò delle vanità, il bellissimo Carlito's Way e Mission: Impossible. Americano, anche sceneggiatore, produttore e attore, ha 71 anni.


Sissy Spacek (vero nome Mary Elisabeth Spacek) interpreta Carrie. Attrice americana, la ricordo per film come JFK - Un caso ancora aperto, Una storia vera, The Ring 2 e North County. Ha 62 anni e un film in uscita. E' stata più volte nominata all'Oscar, anche per Carrie, lo sguardo di Satana, ma quell'anno ha vinto Faye Dunaway per Quinto potere. La Spacek si è rifatta nell'81, vincendo l'Oscar come miglior attrice protagonista in La ragazza di Nashville.


Piper Laurie (vero nome Rosetta Jacobs) interpreta la madre di Carrie, Margaret. Chi è cresciuto con Twin Peaks non può dimenticare l'altezzoso viso della Laurie nei panni della machiavellica Catherine Martell e il suo travestimento da Mr. Tojamura. Per tutti gli altri, l'attrice americana ha anche partecipato ai film Nel fantastico mondo di Oz (indimenticabile nei panni della zia!!), Figli di un dio minore e Tre giorni per la verità, oltre a serie come Uccelli di rovo, La signora in giallo, Ai confini della realtà, E.R. Medici in prima linea, Will & Grace e Cold Case. Anche regista, ha 79 anni. Per il ruolo di Margaret White ha ottenuto la seconda delle sue tre nomination all'Oscar, ma Quinto Potere ha avuto la meglio anche su di lei.


Amy Irving interpreta Sue. Ex moglie di Steven Spielberg, anche lei la ricordo più per un telefilm che per la sua carriera cinematografica, perché nel bellissimo Alias interpretava la moglie di Sloane, Emily. Tra i film a cui ha partecipato ricordo Harry a pezzi, l'orribile Carrie 2: la furia (di cui parlerò più avanti) e Traffic. Inoltre, ha doppiato uno dei personaggi di Fievel conquista il West e partecipato alle serie Happy Days, Dynasty e Dr. House. E' anche una brava cantante, infatti la voce originale della Jessica Rabbit di Chi ha incastrato Roger Rabbit durante i numeri musicali è la sua. Americana, anche produttrice, ha 58 anni. E' stata nominata per l'Oscar come miglior attrice non protagonista nel film Yentl.


William Katt interpreta Tommy. Quest'uomo è stato per anni il Ralph di Ralph, supermaxieroe. Non so se lo ricordate, io vagamente, in effetti. Tra gli altri film a cui ha partecipato il cherubinico attore segnalo Un mercoledì da leoni, Baby il segreto della leggenda perduta, Chi è sepolto in quella casa?, La piccola peste si innamora, Amiche Cattive e Mirrors 2; inoltre ha partecipato a serie come Mash, Kung Fu, Il tenente Kojak, Alfred Hitchcock presenta, La signora in giallo, Settimo cielo, Walker Texas Ranger, The Hunger, Dr. House, Heroes, Numb3rs e doppiato episodi di Animaniacs e Batman. Anche regista e sceneggiatore, ha 60 anni e tre film in uscita.


Betty Buckley interpreta Miss Collins. Americana, ha partecipato a film come Frantic, Wyatt Earp e E venne il giorno oltre alle serie La famiglia Bradford, Oz e Senza traccia. Anche produttrice, ha 64 anni.


Nancy Allen interpreta Chris. Ex moglie di De Palma, la ricordo per film come 1941: allarme a Hollywood, Vestito per uccidere, Blowout, Robocop, Poltergeist III: ci risiamo, Robocop 2, Robocop 3, Out of Sight e Children of the Corn 666 - Il ritorno di Isaac. Americana, ha 61 anni.


John Travolta interpreta Billy. Eh sì, c'è anche lui! Prima di prendersi la Febbre del sabato sera, incantare orde di ragazze in Grease e diventare uno degli attori più famosi del pianeta (non uno dei più furbi, leggasi: Scientology) prima e dopo essere stato riscoperto da Tarantino, gli è toccato fare la parte del bulletto idiota. Tra gli altri suoi film ricordo Blow Out, Staying Alive, Senti chi parla, Senti chi parla 2, Senti chi parla adesso, Pulp Fiction, Get Shorty, Nome in codice: Broken Arrow, Phenomenon, Michael, She's So Lovely - Così carina, Face/Off, La sottile linea rossa e Austin Powers in Goldmember. Anche produttore e sceneggiatore, ha 57 anni e tre film in uscita tra cui, pare, il seguito di The Expendables. Si è beccato due nomination come miglior attore protagonista, una per La febbre del sabato sera e una per Pulp Fiction; sulla prima sconfitta non mi pronuncio, sulla seconda non posso fare altro che chinare il capo, Tom Hanks in Forrest Gump dava ancora il bianco.


P.J. Soles (vero nome Pamela Jayne Hardon) interpreta Norma. Tedesca, ha partecipato a film come Halloween: la notte delle streghe, Amiche cattive e La casa del diavolo, oltre ad un episodio della serie Supercar. Anche produttrice, ha 51 anni e tre film in uscita.


Nonostante la performance da Oscar, pare che all'inizio De Palma volesse Amy Irving nella parte di Carrie. Convinto poi dal marito di Sissy Spacek a darle la parte, la Irving si è dovuta accontentare del pur importante ruolo di Sue. Tra le altre scartate eccellenti figurano Melanie Griffith, Farrah Fawcett e persino Linda Blair. Del film è esistito, per poco tempo, anche un musical inizialmente portato sulle scene inglesi e poi a Broadway, dove è diventato uno dei flop più clamorosi della storia. Non ho idea di come potesse essere il musical, ma ho purtroppo avuto occasione di vedere il terribile seguito del film, Carrie 2: La furia, la cui storia si svolge una ventina di anni dopo gli eventi del primo film, a cui si ricollega grazie alla presenza del personaggio di Sue, sempre interpretato da Amy Irving. Altrettanto inqualificabile il film per la tv Carrie con Angela Bettis nei panni della protagonista e la Claire di Lost (Emilie de Ravin) in quelli di Chris. Pare sia previsto anche un possibile remake, Dio me ne scampi e liberi. Nell'attesa di qualcosa che, si spera, non verrà mai alla luce, se Carrie, lo sguardo di Satana vi è piaciuto io recupererei senza indugi Suspiria, dalle atmosfere simili. ENJOY!!

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