giovedì 16 ottobre 2025

Nuovi Incubi Halloween Challenge Day 16: Them (2006)

Il tema della Nuovi Incubi Horror Challenge di oggi è "Home Invasion". Ne ho approfittato per vedere un film conosciuto da tutti tranne da me, Them (Ils), diretto e sceneggiato nel 2006 dai registi David Moreau e Xavier Palud.


Trama: Clementine e Lucas, due francesi che, per lavoro, abitano in Romania, vengono attaccati una notte da un gruppo di delinquenti...


Them
è uno di quei film angoscianti che ti fanno perdere fiducia nell'umanità intera e ti portano a guardare con sospetto persino i posti più affollati. In questo caso, però, posti affollati non ce ne sono, anzi. Abbiamo i soliti due rincoglioniti che decidono di andare a vivere in una casa gigantesca, zeppa di stanze neanche fossero 14 in famiglia, con un'intera ala ancora da costruire/riammodernare/restaurare e un giardino che confina con un bosco. Adesso, capirei se questa casa fosse temporanea, giusto per una vacanza, o se la avessero ereditata, ma ad aggravare la cosa c'è il fatto che Clementine è un'insegnante di francese in Romania, quindi immagino sia lì in affitto, straniera in terra straniera, nonostante capisca la lingua. Perché avete dovuto scegliere una villa a due piani che probabilmente ospitava dei nobili Romeni e tutti i loro servi, se siete in due?? Vergognatevi e non lamentatevi di ciò che vi capiterà in questo film. Scherzi a parte, sapete che per affrontare il pessimismo francese amo tirare fuori gli aspetti ridicoli dei film horror realizzati dai nostri "cugini", ma in realtà Them mi è piaciuto molto e mi ha messo parecchia ansia. Ispirato ad una storia vera accorsa in Romania ai danni di due turisti, Them comincia come il più classico horror "boschivo", con due donne che rimangono isolate dopo un incidente in macchina, dopodiché diventa un home invasion a tutti gli effetti. Il senso di isolamento dei due protagonisti viene accresciuto dall'ambientazione notturna del film e, ovviamente, dal gap linguistico; è vero che Clementine conosce il romeno, ma non è mai specificato che sia così anche per Lucas (il quale, comunque, non ha la stessa padronanza che ha la moglie). E comunque, gli assalitori non spiccicano parola, almeno fino all'ultimo, quando la scelta di andare a vivere in Culonia si accompagna ad altre decisioni discutibili dei due protagonisti, i quali si fanno frenare da una pietà malriposta. Capisco forse Clementine, "condannata" dalla natura del suo lavoro, ma Lucas ha vissuto sulla propria pelle cose orrende e le ha viste accadere a sua moglie, quindi a un certo punto avrebbe più senso abbandonarsi a una violenza cieca e fare scempio di "Loro". Certo, poi ci sarebbe tutto il discorso del non abbassarsi al loro livello di bestialità, però non siamo negli anni '70 di Serrador (che pure era molto più onesto), e nell'anno del Signore 2006 sarebbe stato giusto e doveroso abbracciare la filosofia di Erode. 


Siccome continuo a dare l'impressione di sminuire Them facendo dell'ironia, passo un attimino a parlare degli aspetti tecnici del film. La regia è molto efficace nel costruire la tensione. La prima sequenza, per esempio, è magistrale e alza progressivamente l'asticella del terrore senza mostrare altro che ombre e i volti spaventati delle due donne in macchina. Quando poi l'azione si trasferisce a casa di Clementine e Lucas, Moreau e Palud sfruttano alla perfezione la grandezza dell'edificio, il suo stile antiquato e gli abbondanti angoli morti che impediscono ai protagonisti di anticipare la presenza degli assalitori. In particolare, le sequenze ambientate nell'ala in costruzione della villa giocano sapientemente con ombre, trasparenze e nascondigli effimeri, e durante la fuga di Clementine i registi fanno ampio uso della camera a mano, che conferisce non solo maggiore dinamicità all'azione, ma catturano primi piani e soggettive delle fuggitiva, consentendo allo spettatore di immedesimarsi ancora di più. In generale, Them è un film labirintico e claustrofobico, una senzazione, quest'ultima, che si acuisce non solo nelle innumerevoli riprese di luoghi chiusi o sotterranei, ma anche in quelle ambientate nello sterminato bosco che circonda la casa dei protagonisti. A differenza di altri sui "colleghi" francesi, Them è meno splatter e gore, ma non meno crudele o scioccante, sia per il twist nel prefinale, sia per la spietatezza con la quale tratta i due personaggi principali. Anzi, la cosa particolare di Them è che non si sforza di renderli particolarmente simpatici o accattivanti, ma non induce neppure a pensare che i due si meritino un destino tanto nefasto; il film, piuttosto, racconta la banalità del bene e del male con un distacco spaventoso, e sul finale lascia impietriti, a realizzare impotenti (se ci fosse bisogno di ricordarlo) che il mondo continua a girare a prescindere dal modo orribile e gratuito in cui chiunque di noi potrebbe andare incontro alla morte. Che allegria, eh?


Del co-regista e co-sceneggiatore David Moreau ho già parlato QUI.

Xavier Palud è il co-regista e co-sceneggiatore del film. Francese, ha diretto film come The Eye. Ha 55 anni.


Se Them vi fosse piaciuto recuperate The Strangers, Eden Lake e Hush. ENJOY!

mercoledì 15 ottobre 2025

Nuovi Incubi Halloween Challenge Day 15: Slay (2024)

La Nuovi Incubi Halloween Challenge oggi chiedeva la visione di un Queer Horror, quindi ho scelto Slay, diretto e sceneggiato nel 2024 da Jem Garrard e disponibile su Tubi.


Trama: quattro drag queen sbagliano, apparentemente, locale e sono costrette ad esibirsi in una bettola popolata da bifolchi omofobi. La situazione peggiora ulteriormente quando il locale viene attaccato da un branco di vampiri...


Slay
è una horror comedy caciarona perfetta per una serata in allegria. Probabilmente, mi sarei divertita anche di più se fossi stata fan di RuPaul's Drag Race, visto che le quattro protagoniste sono tutte ex concorrenti del programma, ma ammetto di non averne mai guardata neppure una puntata (non tanto per mancanza di voglia, ma di tempo, come al solito) e, comunque, Slay è fruibile anche da un pubblico "vergine". Questo perché è un film innocuo e prevedibile a livello di intreccio, "colpi di scena" compresi, e i personaggi sono quelli tipici di un horror di serie B, con le personalità di ognuno scritte su un tovagliolino. Ciò importa poco, perché quello che conta, in Slay, è innanzitutto lo shock cultural-sociale dello scontro tra quattro drag queen e il pubblico del locale in cui si ritrovano ad esibirsi per sbaglio. Immaginate il Titty Twister di Dal tramonto all'alba ma con dentro gente ancora meno raffinata, persone che si trovano al pari dei redneck o forse ancora un gradino più sotto all'interno della scala evolutiva, e avrete il quadro completo della triste situazione in cui vengono a trovarsi Mama Sue Flay e socie. Ma, come si dice, the show must go on, anche perché all'interno del bar ci sono due sparuti fan da non deludere e, per fortuna, le "queen" sono talmente badass che riescono senza problemi a tenere a bada gli insulti del pubblico bue ricambiando l'ignoranza con frecciate da primato. Le ragazze non hanno però fatto i conti con l'inatteso arrivo di un bifolco trasformato in vampiro, che in breve tempo passerà la maledizione a buona parte dei suoi compaesani. La serata, già difficile di per sé, si trasforma in un vero e proprio assedio, complicato dalle personalità di ognuna delle quattro drag queen e da problemi interni al gruppo, come le velleità da prima donna dell'ultima arrivata, Olive. Tra un morso e un paletto nel cuore, Slay riesce persino a trasmettere un positivo messaggio di tolleranza ed incoraggiamento, che riprende quel "don't dream it, be it" di Frankenfurteriana memoria e aggiunge un invito a guardare oltre le etichette di genere e razza, perché se è vero che gli stronzi rimangono sempre tali, sia in versione umana che vampira, lo stesso vale anche per le brave persone.


Jem Garrard
, che ha diretto e sceneggiato il film, riesce nell'impresa di veicolare questi messaggi importanti in maniera leggera, senza che il ritmo di Slay ne risenta, complice anche la breve durata. Consapevole di avere per le mani un budget abbastanza risibile, Garrard trasforma il limite in una gag ricorrente e si affida quasi completamente allo scoppiettante connubio vampiri/drag queen, soprattutto all'innato carisma delle quattro protagoniste. Le quali, devo ammetterlo, per i primi dieci minuti mi hanno dato ben poca fiducia. In abiti borghesi, Trinity the Tuck e compagne mi sono sembrate legnose, costrette a una "recita nella recita" e a pronunciare battute poco naturali. Una volta indossati gli abiti di scena, però, è scoccata la magia e sono stata travolta dalla sboccata vitalità delle quattro regine, dai loro battibecchi e persino dal loro uso degli oggetti di scena (tacchi vertiginosi in primis) come armi improprie per trasformare i succhiasangue in polvere glitterata. Le drag queen fanno passare in secondo piano effetti speciali non proprio all'altezza, una generale "timidezza" nei confronti del gore (c'è solo una simpatica testa mozzata che fluttua al ralenti o poco più) e un paio di attori loffi. A tal proposito, probabilmente sono l'unica a non aver sopportato il personaggio interpretato da Donia Kash, che peraltro ho scoperto essere "agenere". Prima o poi farò un corso dedicato all'argomento, perché per me è faticosissimo scrivere questo tipo di post, nel terrore di sbagliare pronomi, aggettivi, ecc., visto che anche Jem Garrard è non binari*. Tornando a Slay e ai suoi piccoli difetti, il trucco dei vampiri, che peraltro ricorda tantissimo quello utilizzato nella serie Buffy the Vampire Slayer, non è sgradevole, mi hanno perplessa di più un paio di effetti digitali posticci utilizzati per gli occhi dei non-morti e per le rare spruzzate di sangue. D'altronde, come ho scritto, il budget è quello che era, lo si dice chiaro e tondo anche nel film, quindi non starei a spaccare il capello, ho visto opere ben più pretenziose fatte peggio. Vi consiglio dunque di recuperare Slay; anche questo film è una produzione originale Tubi, perciò lo potete trovare gratuitamente su questo sito legale di streaming americano che, nel corso della Nuovi Incubi Halloween Challenge, mi sta dando moltissime soddisfazioni e anche un bell'aiuto. 

Jem Garrard ha diretto e sceneggiato il film. Di origine canadese, ha diretto film come Invasive, Invasive 2: Getaway e serie quali Streghe. Ha un film in uscita e ha lavorato anche nel campo della produzione, della fotografia e del montaggio.


Trinity the Tuck, Heidi N Closet
e Crystal Methyd hanno tutte partecipato a RuPaul's Drag Race, mentre Cara Melle ha partecipato alla versione inglese del reality. Se Slay vi fosse piaciuto recuperate Dal tramonto all'alba, Boys from County Hell e magari anche Priscilla, la regina del deserto e A Wong Foo, grazie di tutto! Julie Newmar. ENJOY!

martedì 14 ottobre 2025

Nuovi Incubi Halloween Challenge Day 14: Please Don't Feed the Children (2024)

Il tema della Nuovi Incubi Halloween Challenge di oggi è "Cannibali". Viene proprio bene un film uscito qualche tempo fa su Tubi, Please Don't Feed the Children, diretto nel 2024 dalla regista Destry Allyn Spielberg.


Trama: a seguito di una pandemia che ha visto moltissimi adulti trasformarsi in cannibali a causa di un virus veicolato da bambini e adolescenti, per la maggior parte portatori sani, i giovanissimi sono confinati in comunità oppure uccisi. Decisa a fuggire dagli Stati Uniti con altri ragazzi, Mary viene a trovarsi però in un incubo ancora peggiore...


L'esordio alla regia di Destry Allyn Spielberg, figlia di padre appena poco famoso, è un "simpatico" thriller horror post-pandemico che segue le vicende di un gruppetto di orfani decisi a fuggire dagli Stati Uniti. L'aggettivo è tra virgolette, perché in Please Don't Feed the Children c'è ben poco da ridere. L'America è un luogo povero e inospitale, con una popolazione decimata da un virus che ha trasformato le persone in cannibali, principalmente gli adulti. Bambini e ragazzi, per la maggior parte, sono portatori sani e, per limitare il contagio, sono stati uccisi oppure isolati in terribili comunità dalle quali cercano di fuggire, soprattutto gli orfani privi di tutela. E' in questo clima di disperazione, con la piccola speranza di poter lasciare gli States ed andare in un luogo più libero, che Mary incontra un gruppo di coetanei e si unisce a loro per affrontare il difficile viaggio. Per tutta una serie di motivi, Mary e compagni si imbattono nella casa di Clara, la quale li imprigiona con l'inganno, spinta da ragioni che diverranno terribilmente chiare col proseguo del film. Please Don't Feed the Children, a causa di un budget ridotto, comincia come il racconto di un America post-pandemica, un'opera on the road vissuta su strade e luoghi infernali, con la polizia sempre alle calcagna, ma diventa ben presto un claustrofobico thriller ambientato all'interno di quattro mura e una serra. L'abilità dell'esordiente Destry Allyn Spielberg è proprio quella di dare allo spettatore un contesto ben definito con poche pennellate, in grado di rendere al meglio la disperazione di ragazzi innocenti eppure additati come mostri, passabili di venire uccisi per un nonnulla, e l'odio degli adulti, spazzati via da una pandemia causata da chi ha ancora tutta la vita davanti. Lo scontro generazionale non è il cuore della vicenda, ma la regista si impegna affinché il pubblico non dimentichi di avere davanti dei ragazzi,  adolescenti o anche più piccoli, così che ciò che accade loro colpisca maggiormente a livello emotivo. La presenza di Clara, matta col botto incapace di concepire l'amore se non come egoistico possesso e ricusa di affrontare l'esistenza prendendo atto delle pur terribili perdite, è l'incarnazione di tutto ciò che desidera il male dei ragazzi e che rifiuta di ricostruire la società partendo proprio da loro.


Probabilmente, il concetto di fondo di Please Don't Feed the Children è poco originale, ma ho apprezzato molto com'è stato messo in scena, soprattutto perché il film contiene profondissimi echi di un'opera che adoro, La casa nera di Craven. A partire dalla materna follia di Clara, passando per la stanza e gli abiti di Mary, per finire con passaggi labirintici che nascondono orrori inenarrabili, celati alla vista dei rispettabili abitanti esterni, gli omaggi al film di Craven sono tantissimi, nonostante Please Don't Feed the Children sia scevro di qualsiasi elemento ironico o grottesco, e la stessa Clara sia imprevedibile a livello "Annie Wilkes" (credevo l'attrice fosse la stessa di Castle Rock, ma mi sbagliavo), ben più misurata e insidiosa della rossa "mammina" Craveniana. A tal proposito, Michelle Dockery è molto brava, ma anche il cast di giovani talenti è composto da facce interessanti ed è molto equilibrato, forse grazie ad una bella scrittura che non rappresenta i soliti cliché dei ragazzini horror. Ciò che mi è piaciuto maggiormente di Please Don't Feed the Children, però, è la natura molto pessimista del film, che racconta di una speranza troppo lontana per potersi concretizzare con certezza, e che lascia allo spettatore l'amaro in bocca di un finale sospeso, in perfetta risonanza con un passato nebuloso che possiamo soltanto immaginare da alcuni dettagli "grafici", centellinati e per questo ancora più efficaci. Non so se e quando Please Don't Feed the Children arriverà in Italia ma, se avete una VPN, val la pena guardarlo su Tubi in maniera gratuita e perfettamente legale. Gli americani sono un bruttissimo popolo ma, per alcune cose, sono molto più avanti di noi. Quanto a Destry Allyn Spielberg, sono curiosa di sapere cosa potrà combinare in futuro, con un budget più grande e maggiore esperienza alle spalle!


Di Michelle Dockery (Clara) e Giancarlo Esposito (Fitz) ho già parlato ai rispettivi link.

Destry Allyn Spielberg è la regista del film, al suo primo lungometraggio. Figlia di Steven SpielbergKate Capshaw, anche attrice, produttrice e sceneggiatrice, ha 29 anni. 


Zoe Colletti
, che interpreta Mary, era la protagonista di Scary Stories to Tell in the Dark mentre Emma Meisel era nel cast di American Horror Story: 1984. Se Please Don't Feed the Children vi fosse piaciuto, recuperate La casa nera. ENJOY!

lunedì 13 ottobre 2025

Nuovi Incubi Halloween Challenge Day 13: The Wolf of Snow Hollow (2020)

Il tema odierno della Nuovi Incubi Halloween Challenge era "Freddo, ghiaccio, neve". Ho recuperato quindi il film The Wolf of Snow Hollow, distribuito in Italia col titolo Il lupo della neve, diretto e sceneggiato nel 2020 dal regista Jim Cummings.


Trama: la cittadina turistica di Snow Hollow viene scossa da violenti e sanguinosi omicidi, che sconvolgono in primis il corpo di polizia del luogo...


Direi che con The Wolf of Snow Hollow ho azzeccato in pieno il tema della challenge, in quanto il film è ambientato in una cittadina turistica dove l'attrazione principale è proprio la neve, inoltre la vicenda si snoda durante le festività natalizie e si conclude proprio a Capodanno. Piccolo particolare piccante, però, The Wolf of Snow Hollow non è proprio un horror tout court ma è più un mistery con l'aggiunta di una bella dose di commedia nerissima. Tutto inizia quando una turista viene dilaniata ferocemente all'esterno del cottage affittato assieme al fidanzato. La sanguinosa brutalità dell'aggressione sconvolge non solo la cittadina di Snow Hollow, ma soprattutto un corpo di polizia formato da agenti non proprio brillanti per intelligenza, né immacolati nella loro vita privata. In particolare, John, figlio dell'anziano sceriffo Hadley, è vittima di tremendi eccessi di rabbia, aggravati dalla sua natura di ex alcolista e da una depressione strisciante, che lo spinge ad avere pensieri di morte abbastanza costanti. Quando alla prima vittima se ne aggiungono altre, la pressione porta John ad avere sempre più problemi di autocontrollo e, complice il cattivo stato di salute dello sceriffo, il corpo di polizia di Snow Hollow si ritrova nel caos totale; in più, i delitti avvengono durante la luna piena e la ferocia degli attacchi farebbe pensare nientemeno che a un lupo mannaro. Diretto, sceneggiato e interpretato dall'attore Jim Cummings, The Wolf of Snow Hollow è un film nevrotico come il personaggio protagonista e scorre veloce come una scheggia impazzita. Proprio per questo, a tratti sembra perdere il filo della sua parte "mistery", in quanto non dà allo spettatore neppure il tempo di ragionare, e preferisce trasformarsi nello one man show di un personaggio impegnato a superare i suoi problemi personali conquistando almeno una vittoria che non lo faccia sembrare un inetto totale agli occhi del padre, della figlia adolescente e di quei pochissimi colleghi che ancora tiene da conto. Questa scelta di sceneggiatura, soprattutto con l'approssimarsi dell'ultimo atto, si traduce nella necessità di chiudere in fretta tutte le piste lasciate aperte, tanto che quando arriva la rivelazione del mistero sembra di avere fatto una corsa forsennata e si rimane con un "ah sì? Vabbè..." stampato in faccia. Purtroppo, per lo stesso motivo, non si ha neppure il tempo di commuoversi di fronte alle tragedie personali di John, che pure lo meriterebbero, o congratularsi con lui per quei pochi, importantissimi passi verso una possibile serenità.


A prescindere da questa "fretta", The Wolf of Snow Hollow non è affatto un brutto film, anzi (in un'epoca in cui persino le durate degli horror più stupidi sono elefantiache, questo, in realtà, è una boccata di aria fresca!). La fotografia è splendida e cattura non solo il bianco della neve ma anche il freddo che si respira nella cittadina di Snow Hollow, dando l'illusione allo spettatore di poterlo sentire fin dentro le ossa. Il montaggio è particolarissimo e asseconda in toto la frenesia e la confusione provati dal protagonista, tanto che la narrazione non è mai lineare ma alterna il presente a scampoli di tragici eventi passati di cui i poliziotti possono solo vedere le conseguenze, terribilmente sanguinose. A tal proposito, il comparto horror di The Wolf of Snow Hollow è favoloso. Gli omicidi del misterioso killer sono efferatissimi e ognuno di essi è un piccolo gioiellino di tensione e orrore, cosa che denota come il Jim Cummings regista conosca alla perfezione le regole del genere e le sappia rielaborare, mettendole in pratica in maniera efficace; anche la figura del lupo è molto ben fatta e un mix di sapienti riprese, combinate con un buon uso della fotografia, compensano eventuali limiti di budget e, soprattutto, contribuiscono a rendere verosimile la rivelazione sul finale. Molto bravi anche gli attori. Jim Cummings ha la tendenza a soverchiare quanti dividono la scena con lui, anche per necessità di sceneggiatura, ma nessuno dei suoi comprimari, nemmeno quelli meno "importanti", se la fa menare, e o compensano la forte presenza del protagonista con una remissività foriera di momenti esilaranti, oppure ingaggiano con lui furibonde battaglie verbali, come nel caso del favoloso Robert Forster (che si sarebbe spento di lì a poco e al quale il film è dedicato), oppure Chloe East. In conclusione, per quanto mi riguarda The Wolf of Snow Hollow è uno di quei film che bisognerebbe guardare più di una volta, per apprezzare tutte le varie sfumature sfuggite ad una prima visione. Intanto, però, se non lo avete mai visto vi invito a recuperarlo, perché potrebbe darvi delle soddisfazioni! 


Di Robert Forster (Sceriffo Hadley) ho già parlato QUI.

Jim Cummings è il regista e sceneggiatore del film, inoltre interpreta John Marshall. Americano, è principalmente attore e ha partecipato a film come Greener Grass, Halloween Kills e serie quali The Handmaid's Tale. Anche produttore, ha 39 anni.


Riki Lindhome
interpreta la detective Julia Robson. Americana, ha partecipato a film come L'ultima casa a sinistra, Cena con delitto - Knives Out, Queens of the Dead e serie quali Buffy l'ammazzavampiri, Una mamma per amica, Heroes, Criminal Minds, Bones, Nip/Tuck, Dr. House, The Big Bang Theory e Mercoledì. Come doppiatrice ha lavorato in SpongeBob - Fuori dall'acqua, Adventure Time, DuckTales e Animaniacs. Anche sceneggiatrice, produttrice e regista, ha 47 anni e due film in uscita, tra cui l'imminente remake de La mano sulla culla


Chloe East
interpreta Jenna Marshall. Americana, ha partecipato a film come The Fabelmans e Heretic. Anche regista, ha 24 anni e un film in uscita. 



venerdì 10 ottobre 2025

Nuovi Incubi Halloween Challenge Day 10: Una notte per morire (1965)

Il tema della Nuovi Incubi Halloween Challenge oggi era "Hagsploitation", così ho scelto il fim Una notte per morire (Fanatic), diretto nel 1965 dal regista Silvio Narizzano.


Trama: dopo la morte del fidanzato, Patricia decide di andarne a trovare l'anziana madre, senza sapere che sarà l'inizio di un incubo...


Se non sapete cos'è l'hagsploitation, lasciatemi spendere un paio di righe per un breve "momento Wikipedia". Il termine è l'unione delle parole "hag", che sta per strega ma vale anche come dispregiativo per una donna anziana, ed "exploitation", che viene utilizzato per quei film di serie B dove la fanno da padrone sesso, violenza, gore e follia. L'hagsploitation è un genere diventato popolare negli anni '60 e '70, le cui protagoniste erano appunto vecchie folli dalle caratteristiche grottesche, spesso mosse da odio o vendetta verso altre donne (uno dei massimi esempi di questo filone cinematografico è Che fine ha fatto Baby Jane?, che vi consiglio di vedere se ancora vi mancasse all'appello). L'hagsploitation, proprio per la sua natura, è spesso l'ultima spiaggia di dive cinematografiche dalla carriera in declino, le quali non potevano più sperare di competere con le loro colleghe più giovani e affascinanti, né di trovare ruoli interessanti che ne valorizzassero la maturità. Ciò vale anche per Tallulah Bankhead, poco più che sessantenne all'epoca delle riprese di Una notte per morire, ma segnata da una vita di eccessi e dalla fama di essere una "poco di buono" dallo smodato appetito sessuale; cosa ironica, quest'ultima, in quanto la Bankhead qui interpreta una fanatica religiosa totalmente devota al figlio defunto e pronta a torturare, psicologicamente e fisicamente, l'ormai ex fidanzata, rea di non volere rimanere per sempre incatenata al ricordo dell'uomo. E l'ironia, benché amara e quasi sempre a spese della Bankhead, abbonda in Una notte per morire. Mrs. Trefoile ha un passato da attrice disnibita e, in una delle sequenze, viene mostrato un luogo sotterraneo tappezzato dalle vere foto di una giovane e splendida Tallulah Bankhead, furibonda che la produzione le avesse usate senza il suo permesso; il titolo americano del film invece, Die! Die! My Darling! si riferisce ad una frase che l'attrice è stata costretta a ridoppiare a causa di problemi di sonoro, mettendoci ore in quanto obnubilata dall'alcol e dalle droghe (e ovviamente i distributori ci sono andati a nozze, cavalcando lo scandalo). Insomma, Una notte per morire è un film che, appunto, ha letteralmente sfruttato un'attrice ormai considerata "hag", la quale, ammalatasi proprio all'inizio delle riprese, ha scelto di ridurre il proprio compenso, pur di partecipare. E la sua volontà si vede. L'interpretazione di Tallulah Bankhead, dignitosa nella sua follia religiosa ed imprevedibile negli sbalzi di umore che la rendono prima un'elegante nobildonna e poi una gelida suocera pronta a compiere le peggio nefandezze, è infatti la cosa migliore del film, che pure non è privo di altri elementi interessanti.


In primis, di Una notte per morire colpiscono i dialoghi (scritti da Richard Matheson), i botta e risposta tra Mrs. Trefoil e Patricia, che anche prima di sprofondare nell'odio reciproco rispecchiano lo scontro generazionale tra una gioventù libera, disnibita e un po' frivola, e la rigida austerità sentimental-sessuale di chi ha scelto di rinnegare ogni vizio per risultare rispettabile agli occhi della società. L'interazione iniziale tra Tallulah Bankhead e Stefanie Powers strappa parecchi sorrisi, anche in virtù del piglio sbarazzino e scoglionato della seconda, e funge da ottimo contrasto con la seconda parte del film, più tesa, allucinata e persino "intima", come dimostra l'elegante sequenza che svela tutta la fragilità di Mrs. Trefoile e la sua fatica nel mantenere uno stile di vita retto quando il dolore diventa soverchiante. Un altro aspetto che ho apprezzato molto è la gestione dei colori. Una notte per morire viene introdotto da titoli di testa all'interno dei quali un gatto insegue un topo; sembrerebbe quasi la versione live action di Tom & Jerry, non fosse che le immagini dei due animali sono immerse in un verde malato, la stessa sfumatura che si ripropone, assieme ad altre tinte surreali, man mano che la situazione precipita e Mrs. Trefoile fatica a mantenere il controllo, cercando rifugio nel misterioso sotterraneo che si rivela in tutta la sua "gloria" proprio sul finale. Gli altri elementi del film, invece, non hanno retto molto l'usura del tempo. La regia di Narizzano non è particolarmente entusiasmante e i personaggi di contorno, interpretati da attori che avrebbero fatto carriera negli anni seguenti, scompaiono davanti all'enorme carisma della Bankhead. A proposito di attori carismatici che sarebbero diventati famosi di lì a breve, è interessante vedere all'opera un giovanissimo Donald Sutherland, costretto a vestire i panni del servo ritardato. Questa è una piccola chicca per i fan dell'attore, ma in generale Una notte per morire è un film in grado di offrire un'ora e mezza di divertimento e ansia a tutti gli spettatori che sono stufi dei thriller moderni e vogliono tuffarsi nel vintage, quindi ve lo consiglio. Lo trovate su quella preziosissima miniera di film gratuiti che è Tubi, se avete una VPN, oppure a noleggio su Prime Video.


Di Peter Vaughan (Harry) e Donald Sutherland (Joseph) ho già parlato ai rispettivi link.

Silvio Narizzano è il regista della pellicola. Canadese, ha diretto film come Georgy svegliati! e Choices. Anche produttore e sceneggiatore, è morto nel 2011. 


Tallulah Bankhead
interpreta Mrs. Trefoile. Americana, ha partecipato a film come I prigionieri dell'oceano, Scandalo a corte e a serie come Batman. E' morta nel 1968.


Stefanie Powers
(vero nome Stefania Zofia Federkiewicz) interpreta Patricia Carroll. Americana, celebre per il ruolo di Jennifer Hart nel telefilm Cuore e batticuore, ha partecipato a film come Operazione terrore, Herbie il maggiolino sempre più matto e ad altre serie quali L'uomo da sei milioni di dollari e La donna bionica. Anche produttrice e sceneggiatrice, ha 73 anni.


Maurice Kaufmann
, che interpreta Alan Glentower, era nel cast de L'abominevole Dr. Phibes mentre Yootha Joyce, che interpreta Anna, sarebbe diventata la Mildred delle sit-com Un uomo in casa e George e Mildred. ENJOY!

giovedì 9 ottobre 2025

Nuovi Incubi Halloween Challenge Day 9: Godzilla Minus One (2023)

Oggi si mixano due challenge. Il tema di quella di Letterboxd era "Kaiju", mentre quella di Nuovi Incubi "Animal Attack", pertanto ho scelto di guardare Godzilla Minus One (ゴジラ-1.0), diretto e sceneggiato nel 2023 dal regista Takashi Yamazaki.


Trama: durante la seconda guerra mondiale, il kamikaze Shikishima si sottrae al proprio compito e vede un intero battaglione di soldati sterminato da Godzilla. L'uomo torna a casa vivo ma con enormi sensi di colpa, che tornano a perseguitarlo quando, una volta finita la guerra, Godzilla ricompare per minacciare Tokyo e l'intero Giappone...


Comincerò il post con una confessione che farà male soprattutto a Lucia: sarò anche appassionata di Giappone, ma i Kaiju non mi hanno mai detto nulla. Di Godzilla ho solo guardato questo e quello di Hideaki Anno, entrambe le volte per motivi "trasversali" (Godzilla Minus One era nella lista dei film da recuperare in quanto vincitore di un Oscar per i migliori effetti speciali, Shin Godzilla l'avevo visto perché era diretto dal creatore di Evangelion). E' un genere di film che mi diverte molto, durante la visione, come scoprirete leggendo questo post, ma potendo scegliere preferisco guardare dell'altro. In realtà, Godzilla Minus One mi aveva tenuta un po' indietro per via della sua durata, che supera le due ore, e purtroppo ammetto che tra l'attacco a Ginza e il tentativo finale di sconfiggere Godzilla in mare ho faticato a rimanere sveglia e seguire tutte le fasi preparatorie, con tutto il rispetto per il dramma umano messo in scena da Yamazaki. Il "minus one" del titolo, infatti, sta a significare l'ulteriore passo indietro del Giappone che, da "ground zero" martoriato dalla seconda guerra mondiale, si trova a sprofondare di un ulteriore gradino a causa della furia distruttiva di Godzilla. Il tutto, sotto gli occhi di Yamazaki, arruolatosi come kamikaze prima di scoprirsi terrorizzato dalla morte ed inventare una "scusa" per non compiere il dovere verso la patria. Non c'è alcun legame tra la sua decisione e la comparsa improvvisa di Godzilla sull'isola in cui è atterrato fingendo un'avaria, ma lo sterminio del plotone di soldati di stanza lì, proprio per mano del bestione, si traduce in un senso di colpa che Yamazaki si porta dietro anche dopo la fine della guerra, vittima di un profondo stress post traumatico. Proprio questo senso di colpa gli impedisce di aprire il cuore a Noriko, giovane sfollata con neonata non sua appresso, e di formare con loro una famiglia. Quando poi Godzilla si ripalesa, con conseguenze nefaste per tutto il Giappone ma in particolare per il protagonista, ecco che Yamazaki si convince di essere vittima di una maledizione causata dalla codardia dimostrata in guerra, e di dover espiare in modo definitivo, invece di "limitarsi" a fuggire dalle gioie della vita sentendosi indegno. L'aspetto psicologico del film si accompagna a varie critiche alla società giapponese (il riscatto finale dei "vinti" è da antologia) e, in generale, a un mondo che, come nel Godzilla originale, crea mostri nel tentativo di dominare la natura e sfruttare la scienza per portare distruzione. Il kaiju creato nel 1954 da Ishiro Honda non è seplicemente un mostro, è una divinità malvagia portatrice di distruzione indiscriminata, una calamità, una forza della natura che ci fa capire quanto siamo piccoli e inutili nell'universo.


Questa sensazione di impotenza e cieco terrore è rappresentata perfettamente attraverso sequenze in grado di lasciare a bocca aperta, sconcertati dalla distruzione portata da Godzilla. Il colossale bestione spazza via navi, treni e interi quartieri come se fossero briciole, calpesta persone che probabilmente neppure catturano il suo sguardo e, come carico a coppe, a un certo punto spara anche un raggio nucleare dalla bocca, oltre ad essere autorigenerante. L'orrore, però, non si trova solo sulla terraferma. Yamazaki omaggia più volte Lo squalo di Spielberg e ambienta le scene più tese del film in mare, dove nulla può competere con la grandezza e la potenza di Godzilla e, soprattutto, nulla può sfuggirgli. Il regista, che alterna inquadrature ravvicinate di Godzilla ad ampie, dinamiche panoramiche in cui scatenare tutta la potenza distruttiva del mostro, si avvale di effetti speciali all'avanguardia, che rendono ogni scena perfetta e verosimile, coinvolgendo lo spettatore in questa storia di sopravvivenza disperata; Godzilla Minus One ha il respiro ampio di un kolossal, un ritmo dilatato che offre spazio sia all'azione concitata che all'introspezione, inoltre è anche un ottimo film "storico", perché rappresenta con dovizia di particolari la reale situazione post-bellica del Giappone, così come lo stoico, testardo orgoglio di chi ancora si ritiene una potenza militare, anche con le gambe tagliate. Per quanto riguarda il mostro, ho trovato deliziosa l'idea di combinare l'iperrealismo di dettagli come squame, artigli e denti, a nostalgici omaggi verso gli ormai iconici occhi strabici e la camminata eretta, non proprio da dinosauro/rettile, tanto che a un certo punto mi sono chiesta se Godzilla fosse stato creato unendo effetti digitali alle riprese di un essere umano infilato in un pupazzo di gomma (mi sbagliavo. E' interamente digitale!). Alla fine del film mi sono pentita di non avergli dato una chance al cinema, visto che un'opera simile andava rigorosamente vista su schermo gigante, ma anche così, Godzilla Minus One è una visione che ho apprezzato molto!


Del regista e sceneggiatore Takashi Yamazaki ho già parlato QUI mentre Sakura Ando, che interpreta Sumiko, la trovate QUA


Se Godzilla Minus One vi fosse piaciuto avete una filmografia sterminata dalla quale attingere, aggiungerei giusto Lo squalo e Pacific Rim. ENJOY!

mercoledì 8 ottobre 2025

Nuovi Incubi Halloween Challenge day 8: Ma come si può uccidere un bambino? (1976)

La Nuovi Incubi Horror Challenge di oggi ha come tema "Bambini cattivi". Ho colto dunque l'occasione per guardare un film che mi intrigava da anni, Ma come si può uccidere un bambino? (Quién Puede Matar A Un Niño?), diretto e co-sceneggiato nel 1976 dal regista Narciso Ibáñez Serrador, a partire dal romanzo El juego de los niños di Juan José Plans.


Trama: due turisti inglesi in vacanza in Spagna decidono di fare una gita in un isola molto distante dalla terraferma. Lì, scoprono che i bambini del posto hanno ucciso quasi tutti gli adulti...


In questi tempi terribili, durante i quali si sta compiendo un genocidio sotto i nostri occhi disinteressati, mette più angoscia l'introduzione di Ma come si può uccidere un bambino? piuttosto che il film stesso. Prima di cominciare a raccontare l'irrealtà cinematografica, Narciso Ibáñez Serrador ci introduce a una serie di tragedie reali, unite da un sanguinoso fil rouge di guerra e morte, come l'Olocausto, la guerra in Biafra, il Vietnam, la guerra in Corea; nel corso di questi orrori, ci dice il regista e co-sceneggiatore, a pagare lo scotto più alto sono sempre i bambini. Il perché, non devo starvelo a spiegare io. I bambini sono innocenti e spesso muoiono senza avere neppure capito cosa stia succedendo, o perché gli adulti abbiano deciso di farsi i loro violenti interessi senza tenere in conto dell'esistenza di vite che dipendono in toto da loro. Anzi, tanti bambini nascono in Paesi dove fame, povertà, guerra e morte sono all'ordine del giorno, e quella è l'unica normalità che conoscono, il che è ancora più tragico e orribile. "Ma come si può uccidere un bambino?" diventa dunque una domanda oziosa, perché purtroppo c'è gente che lo fa senza troppi problemi, anche perché a qualcuno bisogna persino "definirli" i bambini, o non capisce di cosa si stia parlando. Così, in questo film, i bambini si vendicano. "Giocano", che è poi quello che fanno gli adulti nei loro confronti, con la stessa noncuranza, e il gioco consiste nell'uccidere uomini e donne talmente sventurati da capitare nell'isola sperduta di Almanzora. Proprio lì si recano Tom ed Evelyn, incinta per la terza volta, per concludere una vacanza all'insegna della spensieratezza. I due, coppia benestante e colta, ci mettono un po' a capire che c'è qualcosa di strano ad Almanzora, tra strade deserte, locali abbandonati e gruppi di inquietanti bambini che li fissano in silenzio, e quando lo capiscono è ormai troppo tardi, anche per un motivo legato al titolo del film. Uccidere un bambino è un'aberrazione, qualcosa che frenerebbe la mano anche di chi fredderebbe un adulto senza pensarci due volte, e che entra in risonanza col giusto senso di colpa scatenato dalle sequenze iniziali, richiamate da telegiornali e notiziari radio i quali, nel corso del film, ricordano ai protagonisti della guerra in Corea e del conseguente sterminio di anime innocenti. Evelyn in particolare, in quanto donna e per di più incinta, non comprende (o non vuole credere) fino all'ultimo il pericolo incarnato da bambini pronti a massacrare di botte un uomo, dopo averlo ingannato col più innocente dei sorrisi, e la lucidità con cui Tom compie un gesto irreparabile viene resa ancora più sconvolgente dal modo in cui Serrador decide di girare la relativa scena. 


Al di là di un paio di immagini che fungono da shock value per mostrare di cosa sono capaci i bambini e una sequenza, poco prima del finale, che sconfina nell'horror vero e proprio, Serrador non indugia infatti sulla violenza dei piccoli mostri (probabilmente, anche perché sarebbero state scene difficili da girare). Invece, nel momento in cui Tom supera il limite imposto da società e cultura e spara per difendere Evelyn, la cinepresa si sofferma a lungo sul corpicino che si accascia e sul sangue spillato, così da creare ancora più orrore nello spettatore, preso tra la volontà di condonare il gesto di autodifesa e gli inevitabili vincoli morali. Un'altra caratteristica di Ma come si può uccidere un bambino? è quella di essere uno di quei rari horror bruciati dal sole, dove avviene tutto alla luce del giorno. E' una scelta interessante, che non rende il film meno inquietante, anzi; Tom ed Evelyn arrivano dall'Inghilterra, e abbassano la guardia proprio perché attirati dall'atmosfera calda e soleggiata della Spagna in generale e di Almanzora in particolare. Ai loro occhi, l'isola è un paradiso dopo la folla delle città più turistiche, almeno all'inizio. Quelle stesse caratteristiche positive, tuttavia, ci mettono un istante a trasformarsi in seri problemi, in particolare per una donna incinta, tra caldo afoso, sete, isolamento e chi più ne ha più ne metta. Quando i bambini calano la loro silenziosa ed ingannevole maschera, Almanzora diventa un inferno torrido, e le ombre offrono una ben falsa sicurezza visto che pullulano di ragazzini; inoltre, le casette tutte uguali, così come gli spogli corridoi e scale degli interni, come se non bastassero già strade brulle e spiagge dalle quali non si vede altro che mare, contribuiscono a dare l'idea di un labirinto senza uscita. Ma come si può uccidere un bambino?, visto al giorno d'oggi, ha l'unico difetto di mancare di equilibrio tra una seconda parte concitata e una prima parte introduttiva molto lunga, un po' troppo lenta anche per uno slow burn, e ha due protagonisti tagliati un po' con l'accetta, soprattutto Evelyn, tenerissima ma rea di non capire proprio una mazzafionda (d'altronde, il marito è un biologo che sa pure lo spagnolo, quella deve solo scodellare figli e divertirsi in vacanza). In compenso, gode di un finale di rara perfidia, che stranamente non ha aperto la via a una marea di sequel, uno più brutto dell'altro (qualcuno ha detto Children of the Corn?), e in generale è un film molto bello, che val la pena vedere o riscoprire!

Narciso Ibáñez Serrador è il regista e co-sceneggiatore della pellicola. Uruguayano, ha diretto film come Gli orrori del liceo femminile ed episodi della serie Historias para no dormir. Anche attore e produttore, è morto nel 2019.


Del film esiste un remake messicano intitolato Come Out and Play ma, non avendolo mai visto, se Ma come si può uccidere un bambino? vi fosse piaciuto consiglio Grano rosso sangue, The Children, There's Something Wrong with the Children, Cooties e Il villaggio dei dannati. ENJOY!



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