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martedì 5 agosto 2025

Una pallottola spuntata (2025)

Domenica sera sono andata a vedere Una pallottola spuntata (The Naked Gun), diretto e co-sceneggiato dal regista Akiva Schaffer.


Trama: dopo l'apparente suicidio di un ingegnere informatico, l'agente di polizia Frank Drebin rimane coinvolto in una vicenda criminale che coinvolge la sorella del morto e il guru della tecnologia Richard Caine...


Se volete capire la differenza tra gli ZAZ (Jerry Zucker, Jim Abrahams, David Zucker, le menti dietro la trilogia originale de Una pallottola spuntata) e Seth MacFarlane, produttore del remake diretto da Akiva Schaffer, vi basta guardare in sequenza i due film omonimi, quello del 1988 e quello del 2025, come ho fatto io. Certo, il confronto è impari, andrebbe fatto tenendo in conto le opere realizzate all'apice della svogliatezza da entrambe le parti, ma anche così le differenze sostanziali non cambiano. Quello degli ZAZ è un umorismo universale e senza tempo, anche nei momenti di minor efficacia, radicato nei cliché storici della comicità demenziale e parodica, che hanno contribuito a sviluppare, ed è un giusto mix tra situazioni assurde veicolate dalle immagini in movimento e dialoghi surreali, con ovvie concessioni alla sfera sessuale e scatologica. Quello di MacFarlane è un umorismo di grana ancora più grossa, dove le concessioni diventano gag spesso infantili, e che fa ampio uso di un effetto nostalgia rabbioso, di un citazionismo a mitraglia che presupporrebbe una cultura nerd/pop smisurata; è un tipo di umorismo che adoro preso a piccole dosi, come per esempio nelle opere animate che hanno reso famoso MacFarlane, ma che mi lascia indifferente e anche un po' annoiata sulla lunga distanza, come è accaduto durante la visione dei suoi film da regista. Nel film di Schaffer, ciò si traduce, anche per colpa di un adattamento italiano fiacco, in un legacy sequel con tanti momenti di stanca, dove non si ride mai di cuore, neppure di fronte alle molteplici strizzate d'occhio a Una pallottola spuntata, di cui ricalca la trama aggiornandola (?, poi vi spiego perché ho messo un punto interrogativo) al gusto attuale. Frank Drebin Jr., come si intuisce, è il figlio del tenente Frank Drebin e, dal padre, ha ereditato l'invidiabile sicumera con la quale affronta ogni situazione nonostante un'incapacità e una stupidità congenite. Anche lui si ritrova ad avere a che fare con un caso che sembra uscito fuori da un film di James Bond, con tanto di machiavellico complotto ordito da un ricchissimo supercriminale apparentemente immacolato; anche lui si innamora di una femme fatale tenera e pasticciona, in qualche modo legata alle indagini in corso, facendo pace con una vita sentimentale fino a quel momento tragica. Questa è l'ossatura della trama, sulla quale Schaffer e gli altri sceneggiatori hanno innestato una serie di gag più o meno efficaci, davanti alle quali mi sono però spesso chiesta quale fosse il target del nuovo Una pallottola spuntata, da cui il punto interrogativo precedente.


I fan duri e puri di Una pallottola spuntata, ovviamente, hanno urlato allo scandalo, quindi li toglierei dall'equazione, perché dubito che il film fosse dedicato a loro. Le nuove generazioni sono un pubblico altrettanto implausibile, in quanto tantissime gag fanno riferimento a usi, costumi, gruppi e telefilm anni '90/inizio millennio, e rischiano di cadere nel vuoto anche con persone un po' più adulte, come la sottoscritta. Non fraintendetemi, il riferimento a Buffy the Vampire Slayer mi ha scaldato il cuore, ma non ho capito dove fosse l'ironia nella lunghissima sequenza dedicata al TiVo, e ho trovato molto cringe i dialoghi su Black Eyed Peas e Fergie, solo per fare un esempio, o la scelta di riproporre in maniera quasi filologica il "gioco delle ombre" porno di Austin Powers (lo so, Kevin Durand ha esordito proprio nel secondo film della saga, ma sono finezze da nerd). Spettatori di riferimento a parte, un altro problema del nuovo Una pallottola spuntata è Liam Neeson. Sulla carta, era la scelta perfetta, perché un candidato all'Oscar, da anni votato a una carriera di action "seri", poteva fungere da ottimo contrasto con le situazioni ridicole presenti nel film. Purtroppo, mentre Leslie Nielsen perdeva rarissime volte il suo aplomb e l'aura di uomo distinto venuto a trovarsi suo malgrado in un film comico, Neeson scivola spesso in un registro grottesco e caricaturale, e lo stesso vale per Danny Huston, con conseguenze nefaste su quel cortocircuito mentale che spingeva gli spettatori a ridere a crepapelle. All'interno di un cast all star, chi ne esce davvero a testa alta, confermando una rinascita che le auguro continui ancora a lungo, è Pamela Anderson, perfetta per il ruolo di Beth e unita a Neeson da un'alchimia reale, come si è poi visto sui vari red carpet, dove la coppia si è rivelata essere vera, nata proprio sul set. Forse per questo, forse per la presenza della topa impagliata, forse per dei titoli di coda che rispettano lo spirito dell'opera originale, forse per l'appuntamento con svolta horror (praticamente un film nel film), non sono riuscita a volere troppo male al nuovo Una pallottola spuntata. Non vi consiglio di spenderci dei soldi, né di guardarlo se la pellicola del 1988 è uno dei vostri capisaldi, ma quando uscirà in streaming magari vi servirà per passare una serata spensierata.   


Di Liam Neeson (Frank Drebin Jr.), Pamela Anderson (Beth Davenport), Paul Walter Hauser (Ed Hocken Jr.), Danny Huston (Richard Cane), CCH Pounder (Capo Davis), Kevin Durand (Sig Gustafson), Weird Al' Yankovic (se stesso) e Dave Bautista (se stesso) ho già parlato ai rispettivi link.

Akiva Schaffer è il regista e co-sceneggiatore della pellicola. Americano, ha diretto film come Hot Rod - Uno svitato in moto, Vicini del terzo tipo, Vite da popstar e Cip e Ciop: Agenti speciali. Anche produttore e attore, ha 48 anni. 


Nel film compaiono anche il rapper Busta Rhymes, nei panni del rapinatore interrogato da Frank, e Priscilla Presley, che riprende il ruolo di Jane Spencer in un blink and you'll miss it tra i telespettatori dello spettacolo di capodanno. Una pallottola spuntata è il seguito del film omonimo e di Una pallottola spuntata 2½ - L'odore della paura e Una pallottola spuntata 33 1/3 - L'insulto finale quindi, se vi fosse piaciuto, recuperateli. ENJOY! 

mercoledì 16 luglio 2025

Clown in a Cornfield (2025)

Per ovvi motivi, appena è uscito anche in Italia con l'innominabile titolo Il clown di Kettle Springs, ho recuperato Clown in a Cornfield, diretto e co-sceneggiato dal regista Eli Craig partendo dal romanzo di Adam Cesare.


Trama: Quinn si traferisce con suo padre nella cittadina di Kettle Springs. Lì, fa amicizia con Cole e con altri suoi coetanei, minacciati dall'inquietante presenza del clown Frendo...


Gli ovvi motivi, se seguite da un po' il mio blog, si trovano nel titolo del film. Due delle cose che mi terrorizzano di più, da quando ho cominciato a guardare gli horror, sono i clown e i campi di grano. Diciamo che Adam Cesare avrebbe fatto filotto se, nel titolo, avesse inserito anche bambole e burattini ma, anche così, il suo romanzo mi ha abbastanza incuriosita da leggerlo, quando ho saputo che ne avrebbero tratto un film. Clown in a Cornfield è uno young adult in salsa horror, scritto da un autore nato nel 1988 e quindi abbastanza vecchio da poter essere genitore di uno dei protagonisti; nonostante la "vecchiaia", o forse proprio grazie ad essa, Cesare ha basato il suo romanzo più famoso sulla lotta generazionale e sulla pessima abitudine che abbiamo noi Millenials (e le generazioni prima di noi) di rifiutare il passare del tempo, aggrappandoci testardamente a una nostalgia che sta progressivamente devastando il mondo in generale, e quello dell'entertainment in particolare. A questo, bisogna aggiungere che Clown in a Cornfield è ambientato nella cosiddetta flyover country, in bifolcolandia, dove le diavolerie moderne e il progresso sono guardati ancora più con sospetto, quindi terreno fertile per tradizioni stagnanti e potenzialmente pericolose. A Kettle Spring, paese dove si trasferiscono Quinn e suo padre, chiamato a ricoprire il ruolo di dottore locale, dette tradizioni (vecchie di BEN 100 anni!!) ruotano tutte attorno alla fabbrica di sciroppo di mais Baypen e della sua mascotte Frendo, un clown celebrato dalla gente del luogo come un eroe leggendario. Gli unici immuni al fascino di Frendo sono Cole e i suoi amici, i quali, da bravi zoomers, sognano un futuro migliore e lontano ma, nel frattempo, si divertono a tutto spiano cercando fama e followers su internet caricando video di burle pesanti, arrivando persino a screditare Frendo presentandolo come un serial killer. I problemi, ovviamente, iniziano quando gli adolescenti di Kettle Springs cominciano a cadere davvero come mosche per mano dell'inquietante clown.

Il film di Eli Craig segue in buona misura la trama del libro, con un'unica differenza davvero importante, ovvero quella di riservare il plot twist al finale, mentre Cesare scopre le carte ben prima. Il medium cinematografico è anche più rapido e divertente, popolato da personaggi un po' più stereotipati e superficiali (protagonista compresa), che seguono modelli di comportamento più esasperati e meno inquietanti rispetto alle loro controparti cartacee. Il risultato, però, non è affatto disprezzabile ed è un simpatico dito medio rivolto agli slasher nostalgici, un horror per i ragazzi di oggi e per gli adulti che hanno abbastanza cervello da ridere di loro stessi, magari riconoscendosi un po' negli abitanti di Kettle Springs e nel goffo padre di Quinn (la battuta pronunciata dalla ragazza, "Sai che gli anni '80 sono lontani da me quanto lo erano per te gli anni '40?" mi ha stesa anche se, come direbbe Titty Ferro, fa "male, male, male da morire"). A livello di gore, Clown in a Cornfield regala un paio di morti molto belle ai danni di poveri ragazzetti, mentre il sembiante del clown Frendo, riproposto in un terrificante carillon con pupazzo a molla che non vorrei in casa nemmeno me lo regalassero, è inquietante a sufficienza per il pubblico a cui è rivolto (non supererà MAI l'orrore dei clown di Hell House LLC, ci mancherebbe, ma fa il suo). Anche gli attori sono molto validi. La ragazza che interpreta Quinn è bellina e cazzuta, Cole è come me lo sarei aspettato leggendo il libro e Kevin Durand regala sempre grandi gioie; continuo a contestare un po' il casting di Will Sasso nei panni dello sceriffo, e anche personaggi come Janet e Ronnie sono un po' sottotono, ben diverse dalla queen bee e dalla zoccolotta del libro, per non parlare di quel blocco di tufo che interpreta Rust, ma non si può avere tutto dalla vita. Sarei curiosa di vedere adattati gli altri romanzi della serie, arrivata ormai al terzo capitolo, ma temo che rispecchierebbero un po' troppo la realtà Trumpiana, soprattutto Frendo Lives!, e servirebbe un approccio meno giocoso rispetto a quello di Eli Craig. Ma mai dire mai, comunque!


Del regista e co-sceneggiatore Eli Craig ho già parlato QUI. Kevin Durand (Arthur Hill) e Will Sasso (Sceriffo Dunne) li trovate invece ai rispettivi link. 


Se Clown in a Cornfield vi fosse piaciuto, recuperate Tucker and Dale vs Evil. ENJOY!

martedì 21 maggio 2024

Abigail (2024)

Prima di partire per la Borgogna sono corsa al cinema a vedere Abigail, diretto dai registi Matt Bettinelli-Olpin e Tyler Gillett.


Trama: una squadra di malviventi assortiti viene incaricata di rapire una ragazzina per una cifra spropositata. Purtroppo per loro, la piccola Abigail non è indifesa come sembra...


Abigail
è una deliziosa, piccola chicca che mi aveva attirata già dal trailer, per una volta affatto ingannevole, anzi, sincero relativamente a ciò che è la natura del film: tanto divertimento, tanto splatter, qualche brivido. In più, e questo è un valore aggiunto per me, coniuga due delle cose che più amo vedere al cinema, ovvero gli heist movies con un cast molto affiatato e, ovviamente, i vampiri. Abigail comincia, infatti, come il più classico esponente della prima categoria di film che ho citato: una banda di persone che non si conoscono tra loro, ed usano nomi falsi nel caso venissero colti in flagrante, devono fare un colpo. Ci vengono risparmiate le fasi organizzative, la vicenda comincia già all'ingresso della magione dove la banda dovrà rapire una ragazzina, e una rapida carrellata (alla quale si aggiungerà, più avanti, un simpatico "gioco" che consente allo spettatore di approfondire maggiormente le personalità dei singoli membri) ci mostra le abilità di ognuno dei rapitori. E' un'introduzione rapida e divertente, perché la ciccia vera consiste nell'arrivo dei protagonisti all'interno di una splendida villa ove dovranno passare la notte con la ragazzina rapita, nell'attesa che arrivino i soldi del riscatto. Lì dentro l'atmosfera da heist movie dura il tempo di un battito di ciglia, prima che entri a gamba tesa l'elemento gotico, veicolato da scenografie a dir poco splendide, zeppe di dettagli rivelatori (e di un omaggio artistico a Finché morte non ci separi, che ha più di un elemento in comune con Abigail), e quello horror tout court, quando la ragazzina si rivela un vampiro famelico che ama giocare con le sue prede prima di divorarle in un sol boccone. Abigail è "tutto qui". Non c'è la satira sociale di Finché morte non ci separi e i personaggi sono incasellabili, come ironicamente sottolineato a un certo punto, all'interno di cliché abbastanza banali, quindi tutto il film si gioca su un canovaccio vecchio come il mondo, quello del mostro che uccide, una dopo l'altra, le sue vittime. Tutto sta a rendere carismatico il mostro ed interessanti le vittime, e l'intera prima parte del film è focalizzata sul secondo obiettivo; tolti un paio di elementi sacrificabili, è dura sopportare l'idea che Abigail uccida i superstiti del Rat Pack (segnatevi questo nome perché tornerò sulla questione alla fine del post) e molta della tensione deriva non tanto dal terrore verso la pur cattivissima vampiretta, ma dal dispiacere che uno dei nostri personaggi preferiti faccia una brutta fine.



Il merito di tanto affetto va, in primis, al cast. Melissa Barrera sembra molto più a suo agio qui che sul set di Scream, forse perché lontana dall'eredità scomoda lasciata da Neve Campbell, in più attorno a lei ci sono caratteristi di lusso. Kevin Durand aggiunge un twist inedito al suo solito ruolo da duro, Kathryn Newton ormai è abbonata ai ritratti di ragazze weird dall'espressione stralunata ed è sempre più adorabile, Dan Stevens è figo anche con canottiera e occhialazzi da wog, ma a un certo punto diventa ancora più figo: dico solo che non mi veniva voglia di sventagliarmi così, a mo' di Maria Antonietta davanti a Fersen, dal 22 maggio 2001, e più non dimandate. E poi, ovviamente, c'è Abigail. Una leziosa ballerina dalla vocina delicata, capace di staccarti la testa con un morso. I due registi si divertono un sacco a mescolare senza soluzione di continuità elementi infantili e graziosi a topoi horror, e rendono ancor più "personaggio" la vampira costruendole attorno delle performance di danza di tutto rispetto, cosa che tocca il suo apice nell'esibizione simultanea col burattino umano di turno; in più, viene fatto un uso ottimo della splendida location, che può tranquillamente essere definita personaggio a se stante, con tutti quei piccoli elementi rivelatori, le singole stanze piene di personalità, e un aspetto esteriore ingannevole, che nasconde all'interno abissi (o piscine) di depravazione schifosa e tanto squallore. Infine, c'è il sangue. Tanto, tantissimo sangue, un bagno di liquido rosso godereccio e divertito, alla faccia dell'educata cenere in cui dovrebbero trasformarsi i vampiri di fronte alla morte ultima. Sogno, neanche a dirlo, un Radio Silence cinematic universe, magari un prequel condiviso tra Abigail e Finché morte non ci separi in cui la piccola vampira interagisca col demoniaco Le Bail, e chiedo a gran voce un film come questo a settimana, perché mi ha scaldato il cuore e ce n'è gran bisogno. Concludo, infine, con una chiosa da non traduttrice rosicona, sottolineando la pochezza dell'adattamento italiano. A un certo punto, Lambert definisce i rapitori "branco di ratti", questo dopo averli battezzati con i nomi dei componenti del Rat Pack: Frank Sinatra, Dean Martin, Sammy Davis Jr., Joey Bishop,  Peter Lawford e Don Rickles, che in realtà non faceva proprio parte ufficialmente del gruppo. Buona parte di loro era nel cast dell'heist movie Colpo grosso, quindi l'umorismo di Lambert è duplice, un po' dispregiativo, un po' giocoso, e in italiano non solo si perde il riferimento e il gioco di parole ma non si capisce nemmeno perché, a un certo punto, il personaggio di Kevin Durand si "svegli" e capisca un riferimento che, di fatto, in italiano non viene reso. Mi chiedo se non ci fosse un modo per tradurlo meglio nella nostra lingua, invece di costringermi a bestemmiare sonoramente in sala. 


Dei registi Matt Bettinelli-Olpin e Tyler Gillett ho già parlato QUI. Dan Stevens (Frank), Kathryn Newton (Sammy), Kevin Durand (Peter), Giancarlo Esposito (Lambert) e Matthew Goode (il padre) li trovate invece ai rispettivi link.

Melissa Barrera interpreta Joey. Messicana, la ricordo per film come Scream e Scream VI. Anche produttrice, ha 34 anni e un film in uscita. 


Se Abigail vi fosse piaciuto recuperate Finché morte non ci separi e Renfield. ENJOY!

mercoledì 28 marzo 2018

Tragedy Girls (2017)

Tra un film e l'altro c'è sempre tempo per dedicarmi alla prima, grande passione cinefila: l'horror! Ecco perché, su consiglio di Lucia, ho guardato Tragedy Girls, diretto e co-sceneggiato nel 2017 dal regista Tyler MacIntyre.


Trama: Sadie e McKayla, studentesse di liceo, arrivano a compiere i gesti più efferati per assicurare followers al loro blog Tragedy Girls.



Arriva un momento, nella vita di ogni blogger, in cui si passano i giorni a dare i numeri, ovvero a controllare gli strumenti di statistica per capire quante persone vengono a leggere i nostri sproloqui ogni giorno, quanti nuovi followers hanno cominciato a seguirci, quanti utenti hanno messo like sulla nostra pagina Facebook, a pensare se Twitter, Linkedin, Tumblr, Telegram ecc. potrebbero funzionare per aumentare ancora di più le visite... insomma, un delirio. Fortunatamente questa fase passa (almeno, con me è passata) e si torna a vivere tranquilli e trattare il blog per quello che dovrebbe essere, un diario dove mettere nero su bianco i propri pensieri oppure fissare i film visti in una memoria sempre più labile. Purtroppo, Sadie e McKayla sono due adolescenti e il loro blog verte su un argomento molto meno banale di semplici recensioni cinematografiche. Nella fattispecie, il blog Tragedy Girls parla di  omicidi. E come si può fare a rimanere sempre sul pezzo e attirare consensi quando si vive in una delle cittadine più tranquille d'America? Che domande, ci si ingegna! Se il serial killer di turno non ha voglia di darci una mano è giusto portare il bodycount a livelli accettabili, così che tutti, dai compagni di scuola ai giornalisti "veri", arrivino a considerare Tragedy Girls la fonte più aggiornata per procurarsi la dose quotidiana di brutture, sangue e violenza. E' così che McKayla e Sadie diventano, letteralmente, le fonti di sostentamento della loro stessa sete di fama e potere, self made women se mai ne sono esistite, vuote adolescenti che portano la gara di popolarità a livelli massimi mentre gli sceneggiatori mettono alla berlina sia loro che la generazione "webete" senza essere pedanti, anzi, facendo divertire parecchio lo spettatore. Tragedy Girls vive infatti della stessa cattiveria "sociale" di cult come Schegge di follia, Amiche cattive, Mean Girls o Ragazze a Beverly Hills e inserisce questa cattiveria in una cornice slasher dove le persone muoiono come mosche nell'indifferenza dei loro carnefici, diventando materiale da hashtag e indignazione lampo, che dura il tempo di un click per poi esaurirsi lasciando a bocca asciutta chi ne vuole sempre di più.


Ininterrotta fucina di citazioni, dialoghi cool e cliché horror e adolescenziali, Tragedy Girls è un prodottino scoppiettante che non cala mai di tono e non si limita a strappare la risata grassa (anche se la gag con le scarpe di McKayla mi ha uccisa) rimanendo relegato nella nicchia della parodia. Verso il finale la storia si evolve, muta, scava nel passato e nella personalità delle protagoniste arrivando a risoluzioni inaspettate che si accompagnano ad immagini molto belle, spiazzando così lo spettatore, anche il più scafato (io sono rimasta anche un po' magonata, in effetti). Tyler MacIntyre fa il suo sia come regista che come co-sceneggiatore, conferendo alla sua creatura un gradevole aspetto pop e psichedelico, sicuramente perfetto per accattivare un pubblico giovane, ma il vero punto di forza di Tragedy Girls sono le due protagoniste, Alexandra Shipp e Brianna Hildebrand. La prima sembra uscita dritta dalla serie Scream Queens e non avrebbe sfigurato accanto a una delle Chanel (non fosse per il colore della sua pelle...) ma la seconda è semplicemente meravigliosa ed è il personaggio che rimane più impresso non solo per la zazzera di capelli biondi con le ciocche blu ma per quel "qualcosa" di oscuro che la rende ben più di un'adolescente scioccherella e assetata di sangue, quegli sguardi profondi che rivelano un abisso di disagio molto tangibile. Non a caso, la giovane Brianna si era già impressa nella mia memoria con Deadpool e con la seconda serie di The Exorcist ed è un'attrice che sinceramente non vedo l'ora di rivedere all'opera! Quindi, Tragedy Girls è un film assai carino e meno sciocco di quello che appare a una prima occhiata, lo consiglio senza remore anche a chi mastica poco l'horror... stando sempre comunque all'occhio a qualche splatterata che potrebbe scoraggiare eventuali stomaci deboli.


Di Kevin Durand (Lowell), Craig Robinson (Big Al) e Josh Hutcherson (che interpreta non accreditato Toby Mitchell) ho già parlato ai rispettivi link.

Tyler MacIntyre è il regista e co-sceneggiatore della pellicola. Americano, ha diretto film come Patchwork. Anche produttore, ha 34 anni.


Brianna Hildebrand interpreta Sadie Cunningham. Americana, la ricordo per film come Deadpool, inoltre ha partecipato a serie quali The Exorcist. Anche produttrice, ha 22 anni e un film in uscita, Deadpool 2.


Alexandra Shipp, che interpreta McKayla Hooper, è stata Tempesta nell'ultimo X-Men: Apocalisse e tornerà nei panni della mutante Ororo Munroe anche nell'imminente X-Men: Dark Phoenix mentre l'attrice Elise Neal, che interpreta la madre di McKayla, era la Hallie di Scream 2. Detto questo, se Tragedy Girls vi fosse piaciuto recuperate Detention, Schegge di follia e la saga di Scream. ENJOY!


giovedì 1 dicembre 2011

Real Steel (2011)

Come ampiamente preannunciato proprio su questo blog, ieri sera sono andata a vedere Real Steel, del regista Shawn Levy, liberamente tratto dal racconto Steel di Richard Matheson, che era già stato trasposto in un episodio della serie Ai confini della realtà. Carino, molto carino.


Trama: siamo nel 2020, la normale boxe umana è stata sostituita da combattimenti tra robot. Charlie, un ex pugile oberato dai debiti, è costretto a tenere con sé per tutta l’estate il figlio che non vede da dieci anni; sarà proprio Max a trovare, in una discarica, il vecchio robot Atom e a insistere per farlo combattere. Comincerà così la riscossa di Charlie come padre e come atleta…


Come dicevo, e come mi aspettavo, Real Steel è molto carino. Non è sicuramente il film dell’anno, visto che la trama segue un canovaccio vecchio come il mondo e ci sono altri “limiti” che non gli hanno fatto fare il salto di qualità necessario per diventare cult, ma per le sue due ore e passa di durata si lascia assolutamente guardare (e non solo perché Jackman è un gran figo). Siamo davanti alla classica storia dove il genitore snaturato si ritrova tra le scatole un figlio che non vuole ed è costretto a portarselo dietro mentre cerca di continuare la propria (di solito fallimentare) attività e dove, man mano che si va avanti, proprio il rinnovato rapporto con il pargolo migliorerà sia la vita sia la personalità del protagonista, di solito con dovizia di riflessioni, spiegoni e momenti commoventi. Ecco, il bello di Real Steel è che gli spiegoni e le riflessioni non sono troppe, anche perché Charlie non pare davvero in grado di farne, ma c’è qualche momento commovente ad hoc che non risulta affatto pesante. Per il resto, il fulcro della pellicola sono i combattimenti tra robot e quella strana creatura che è Atom.


Il robot che da il via a tutta la vicenda, infatti, è un interessante ibrido. Gli effetti speciali di Real Steel sono estremamente ben fatti, grazie ad un giusto mix di CG ed Animatronics, ma in particolare Atom mantiene per tutta la durata della pellicola quell’aura “vintage”, di rottame rappezzato, che lo rende ancora più vero. E poi, pur non avendo un viso antropomorfo, i realizzatori sono comunque riusciti ad infondergli un’anima e un’espressività del tutto particolari, tanto che le interazioni con Max risultano quasi toccanti e gli allenamenti con Charlie si caricano di un significato assai particolare. Come pubblico, arriviamo a tifare spudoratamente per questo team di reietti durante tutti i combattimenti che ci vengono mostrati, a partire da quello allo zoo (con un “bestiario” di strepponeria umana mica da ridere!!) per arrivare a quello finale, assolutamente coinvolgente, tra Atom e il campione in carica Zeus, dove mi sono trattenuta a fatica per non mettermi urlare a mia volta incitando Charlie e il robot. Insomma, Real Steel sì, ma con un’anima. Non a caso Atom porta lo stesso nome dell’Astro Boy di Osamu Tezuka, Tetsuwan Atom in originale.


Quanto ai protagonisti umani, Hugh Jackman interpreta magistralmente la figura dell’ex boxeur privato della “voglia di vincere” e ridotto a vivere una vita di espedienti ma ancora capace di tirar fuori le palle quando necessario (e indossare una tutina niente male… ma sto divagando!!!!) e il ragazzino scafato e furbetto gli ruba spesso e volentieri la scena senza mai risultare antipatico. Purtroppo, però, il neo del film, oltre al fatto che lo score di Danny Elfman (a sto giro stranamente impersonale…) è sepolto da una quantità di pezzi reppusi zamarroni, è che non esistono villain degni di questo nome. Gli avversari di Atom sono delle scatolette senza personalità, i creatori di Zeus sono due gatti di marmo penalizzati da un orrendo doppiaggio italiano in quanto una russa e l’altro giapponese, e il solito Kevin Durand ripropone sempre lo stesso personaggio di redneck infighettato cialtrone e stronzo nell’animo (non che Evangeline Lilly si distacchi molto dal suo personaggio lostiano, eh…). Insomma, io sono convinta che un film simile, per potersi definire degnamente riuscito, necessiti di cattivi all’altezza, che possano far temere almeno per dieci minuti sulla sorte dei protagonisti. In questo modo, purtroppo, Real Steel rischierà invece di finire nel dimenticatoio molto presto. Ma per passare una serata al cinema è sicuramente un’ottima pellicola.


Di Hugh Jackman, che interpreta Charlie, ho già parlato qui, mentre Hope Davis, che interpreta zia Debra, la trovate qua.

Shawn Levy è il regista della pellicola. Canadese, ha diretto film come Una scatenata dozzina, The Pink Panther - La pantera rosa, Una notte al museo e Una notte al museo 2 - La fuga. Anche produttore e attore, ha 43 anni e un film in uscita.


Evangeline Lilly (vero nome Nicole Evangeline Lilly) interpreta Bailey. Attrice che, personalmente, ricorderò sempre come la Kate di Lost, ha partecipato a film come Judgment Day, Freddy vs Jason e a serie come That’s 70’s Show, Tru Calling, Smallville, Kingdom Hospital. Canadese, ha 32 anni e due film in uscita, The Hobbit: An Unexpected Journey e The Hobbit: There and Back Again.


Kevin Durand interpreta Ricky. Canadese, ha partecipato a film come Austin Powers – La spia che ci provava, Scooby – Doo 2 – Mostri scatenati, X – Men le origini – Wolverine e a serie come Oltre i limiti, E.R. Medici in prima linea, Taken, CSI, La zona morta, Senza traccia, CSI: Miami e Lost, inoltre ha doppiato un episodio della serie American Dad!. Ha anni 37 e due film in uscita.


James Rebhorn interpreta Marvin. Americano, ha partecipato a film come A proposito di Henry, Mio cugino Vincenzo, Basic Instinct, Scent of a Woman – Profumo di donna, L’olio di Lorenzo, Carlito’s Way, Independence Day, The Game – Nessuna regola, Il talento di Mr. Ripley, Ti presento i miei e Lontano dal paradiso. Ha 63 anni e un film in uscita.


Del film è già previsto un seguito, che dovrebbe uscire nel 2014. Quanto all’episodio Steel di Ai confini della realtà, mantiene la stessa idea di un mondo dove i combattimenti tra umani sono stati sostituiti da quelli tra robot, ma nel telefilm il protagonista decide di travestirsi e sostituire personalmente il vecchio robot danneggiato, a rischio della vita. Come sempre, la fantascienza di quegli anni riusciva ad essere molto più inquietante e “sovversiva” di quella attuale, nonostante i pochi mezzi. Detto questo, credo proprio che andrò a cercarmi Steel… magari lo trovo!! ENJOY!

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