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venerdì 28 maggio 2021

The Empty Man (2020)

L'horror più sorprendente dell'anno è, al momento, The Empty Man, diretto e co-sceneggiato dal regista David Prior. Se avete voglia di leggere, vi spiego perché...


Trama: anni '80, Buthan. La vacanza di quattro ragazzi finisce malissimo dopo un macabro ritrovamento. Ai nostri giorni, l'ex detective James Lasombra riceve dalla vicina di casa la richiesta di rintracciare la figlia, scomparsa dopo avere lasciato in bagno una scritta inquietante: "The Empty Man made me do it", ed entra in contatto con un mistero dalla portata mondiale...


Tagliamo subito la testa al toro. Non ho scritto sopra che The Empty Man è il film horror più bello dell'anno, perché ha qualche difetto su cui tornerò più avanti, ma di sicuro è il più sorprendente ed interessante perché, fino all'ultimo, riesce a spiazzare qualunque spettatore, anche quello che ha visto miliardi di pellicole d'orrore e crede di saper prevedere dall'inizio alla fine quello che succederà. Purtroppo per questo genere di spettatori, The Empty Man è, letteralmente, tre film in uno: comincia come una specie di tesissimo survival horror a sfondo sovrannaturale, di quelli capaci di far agitare parecchio sulla poltrona, continua come una di quelle cretinate per adolescenti dove i personaggi scemi fanno cose stupide (nella fattispecie: invocare l'Empty Man del titolo) per poi morire malissimo, e a un certo punto cambia completamente faccia e abbandona le velleità teen per diventare un horror "noir" a base di complotti mondiali e stravolgimenti cosmici da cardiopalma, quelle cose Lovecraftiane che ti fanno pregare di non capire MAI cosa ci sia oltre il velo della realtà (spoiler: cose brutte, ovviamente). Abbandonarsi a queste tre anime è bellissimo, rende un horror di più di due ore scorrevole come se durasse la metà e mette in campo tanta di quella carne al fuoco che sarebbe meglio far passare qualche mese e poi riguardare The Empty Man col senno di poi, giusto per godersi quei quattro/cinque passaggi che magari non avevamo colto appieno ad una prima visione. In un'epoca di horror usa e getta, di film magari bellissimi ma comunque realizzati con due lire oppure "concentrati" sul nucleo della storia (giusto quelli di Ari Aster e La cura dal benessere vanno in controtendenza), un'opera come quella di David Prior, che si prende tutto il tempo di divagare, di giocare sulle atmosfere, di indulgere in dettagli magari insignificanti, è davvero una mosca bianca e per questo ancora più piacevole. 


Come ho detto sopra, certo, The Empty Man non è esente da difetti. David Prior a volte pare perdere un po' il filo della sceneggiatura imbastita, tanto che a rifletterci dopo la visione ci sono alcune cose che non tornano, soprattutto quando il film si inoltra nel territorio pericolosissimo del thriller sovrannaturale ambizioso, e onestamente non ho apprezzato granché la CGI sul finale, che fa a pugni con una realizzazione altrimenti splendida.  Prior è infatti un regista con la R maiuscola e, senza fretta alcuna, gira delle scene splendide e inserisce dei raccordi assai raffinati tra l'una e l'altra (la lunga introduzione è un capolavoro di suspance che sfrutta l'ambiente montano per mettere ancora più ansia, senza bisogno di jump scare, ma c'è una sequenza di puro delirio cosmico che mette i brividi al solo ricordo, e questo per fare un paio di esempi), sfruttando alla perfezione anche il sonoro e dei sussurri particolarmente fastidiosi, che si insinuano nel cervello facendolo prudere davvero. Anche il comparto attori non è male, a partire dal protagonista James Badge Dale, che ha quell'aria da detective "fincheriano", mentre la giovane Sasha Frolova, già vista in Kindred Spirits dove spiccava per le doti recitative in un film altrimenti dimenticabile, è una di quelle facce da tenere d'occhio. Lo stesso, ovviamente, vale per The Empty Man, un film a cui dovreste dare una chance, sia che siate appassionati di horror o che semplicemente abbiate voglia di guardare una pellicola intrigante, per una serata un po' diversa. 


Di James Badge Dale (James Lasombra), Marin Ireland (Nora Quail),  Aaron Poole (Paul), Stephen Root (Arthur Parsons) e Owen Teague (Duncan West) ho già parlato ai rispettivi link.

David Prior è il regista e co-sceneggiatore della pellicola, al suo primo lungometraggio. Americano, è anche produttore, montatore, fotografo, attore, tecnico degli effetti speciali, compositore e scenografo. Ha 52 anni.


Sasha Frolova
interpreta Amanda Quail. Americana, ha partecipato a film come Kindred Spirits e Piccole donne. Ha 26 anni.


The Empty Man
è vagamente ispirato alla serie a fumetti omonima, scritta da Cullen Bunn e disegnata da Vanessa R. del Rey, mai pubblicata in Italia, direi. Se siete curiosi, recuperatela. ENJOY!

mercoledì 3 dicembre 2014

The Departed - Il bene e il male (2006)

Per il debutto del Bollalmanacco su V-Radio (a proposito, per chi se lo fosse perso il podcast è QUI) mi è stato chiesto di parlare di The Departed - Il bene e il male (The Departed), diretto da Martin Scorsese nel 2006 e vincitore di quattro premi Oscar (Miglior Film, Miglior Regia, Miglior Sceneggiatura non originale, Miglior Montaggio). E forse, vista la qualità dell'opera, è bene parlarne anche un po' qui!


Trama: Colin Sullivan è appena diventato agente di polizia e la sua carriera è in costante ascesa; purtroppo, il ragazzo è un poliziotto corrotto al soldo del boss Frank Costello. Anche Billy è un novellino ma a lui è toccato invece lo scomodo compito di infiltrarsi nella gang di Costello per riuscire ad assicurare il boss alla polizia. Quando le strade dei due si incroceranno la situazione precipiterà inevitabilmente...


Lo sapete perché non avevo visto The Departed quando era uscito al cinema? Molto probabilmente anche perché ero in Australia ma soprattutto perché Leonardo Di Caprio mi stava incredibilmente sulle scatole e non potevo accettare che il mio Martino si abbassasse a collaborare con quel mocciosetto imberbe. Poi sono arrivati Scorsese e Nicholson e mi hanno presa a schiaffi forti sulla faccia perché The Departed è il più bel film recente diretto dal regista, perfetto in ogni suo aspetto, dalla trama alla regia, dagli attori alla colonna sonora. Sì, anche se è stato Mark Wahlberg (quasi irriconoscibile!) l'unico a portare a casa una nomination, tutti gli attori sono favolosi, anche e soprattutto Di Caprio, che non sfigura affatto né durante i duetti con il mostro sacro Jack Nicholson né davanti ai suoi colleghi, pur essendo costretto ad interpretare il personaggio più difficile della pellicola. Dei due protagonisti, Billy è infatti quello che, per come è stato costruito, rischiava di venire banalizzato oppure troppo caricato; un ragazzo proveniente da un ambiente malavitoso che è riuscito ad allontanarsi dalle sue radici solo per essere brutalmente ricacciato nel sottobosco criminale e che, ogni giorno, perde la sua identità e la sua sanità mentale. Di Caprio riesce a rendere il suo Billy credibile ed umano, fragile e duro al tempo stesso, mentre Matt Damon da vita a uno degli esseri più abietti mai visti al cinema, un codardo profittatore talmente falso e miserabile da risultare patetico, un verme celato da un'apparenza di bellezza, professionalità e carisma che in realtà non è altro che un lacché facilmente malleabile dalle sataniche mani di Frank Costello. Ecco, ovviamente Jack Nicholson da il bianco con un personaggio totalmente imprevedibile, un vero e proprio agente del Caos in grado di spezzare gli equilibri con uno schioccare di dita; ogni volta che la "partita" a carte coperte tra Colin e Billy, il loro gioco del gatto e del topo, sembra arrivare da qualche parte e favorire l'uno o l'altro inconsapevole contendente, spunta Costello a rimescolare tutto e a schiacciare lo spettatore con un costante senso di ansia e di imminente, sanguinosa tragedia.


Scorsese da par suo dirige con la solita finezza, dando vita a sequenze indimenticabili che acquistano ulteriore profondità grazie al montaggio della fantastica Thelma Schoonmaker e che creano sì un'atmosfera tesa ma anche molto grottesca, quasi una prefigurazione di quello che sarebbe stato poi The Wolf of Wall Street; ad una scena drammatica ne segue subito un'altra quasi farsesca (la morte di uno dei personaggi principali colpisce allo stomaco proprio perché è inaspettata visto il "clima" goliardico del momento), senza soluzione di continuità. Lo spettatore assiste così ad un vero e proprio balletto dalle mosse finemente pianificate, un'emozionante e tesissima corsa che ci fa arrivare alla fine senza fiato, cadenzata dalla splendida colonna sonora di Howard Shore, uno stranissimo mix di melodie latine (il cui ritmo somiglia molto a quello di un tango) e chitarre "americane", tipiche dei film polizieschi, a cui ovviamente si aggiungono pezzi già conosciuti come la devastante I'm Shipping Out to Boston dei Dropkick Murphys che, non so voi, ma a me esalta sempre un sacco e soprattutto incarna perfettamente un certo spirito irlandese. Oltre alla perfezione "formale", la tensione e il ritmo sono quindi assicurati in ogni aspetto di The Departed e lo spettatore viene inevitabilmente catturato da quel mondo fatto di sangue, religione, criminalità ed ipocrisia che ha sempre affascinato Martin Scorsese e che rende i suoi film migliori dei capolavori unici nel loro genere, da vedere, ascoltare e vivere fino in fondo. E pazienza se stavolta la sceneggiatura non è originale ed è stata addirittura tratta dal film hongkonghese Internal Affairs, pazienza se ci allontaniamo dai miei adorati mafiosi italo-americani per addentrarci nei meandri della mala irlandese: il cuore nero e malato dell'America, il malcelato senso di colpa di vivere una vita al di fuori dei dettami cattolici e sociali, il desiderio di diventare altro da sé non hanno confini né limiti e Martin lo sa bene!


Del regista Martin Scorsese ho già parlato QUI. Di Leonardo Di Caprio (Billy), Matt Damon (Colin Sullivan), Jack Nicholson (Frank Costello), Mark Wahlberg (Dignam), Ray Winstone (Mr. French), Vera Farmiga (Madolyn), Alec Baldwin (Ellerby), Kevin Corrigan (Cugino Sean) e James Badge Dale (Barrigan) ho già parlato ai rispettivi link.

Martin Sheen (vero nome Ramon Antonio Gerard Estevez) interpreta Queenan. Americano, padre di Charlie Sheen ed Emilio Estevez, lo ricordo per film come Apocalypse Now, Gandhi, La zona morta, Fenomeni paranormali incontrollabili, Wall Street, Hot Shots! 2 e Prova a prendermi, inoltre ha partecipato a serie come Colombo, Due uomini e mezzo e doppiato episodi delle serie Capitan Planet e i Planeteers e I Simpson. Anche produttore e regista, ha 74 anni e quattro film in uscita.


Anthony Anderson interpreta Brown. Americano, ha partecipato a film come Io, me & Irene, Urban Legend: Final Cut, Scary Movie 3 - Una risata vi seppellirà, American Trip - Il primo viaggio non si scorda mai, Scary Movie 4, Scream 4 e a serie come Tutto in famiglia e The Bernie Mac Show; come doppiatore ha invece partecipato a film come Cappuccetto rosso e gli insoliti sospetti. Anche produttore, sceneggiatore e regista, ha 44 anni e un film in uscita.


Per partecipare a The Departed Leonardo Di Caprio ha rifiutato il ruolo di protagonista in The Good Shepherd - L'ombra del potere, subito sostituito da Matt Damon, mentre Robert De Niro ha rifiutato il ruolo di Queenan proprio per partecipare a quel film; Ray Liotta, invece, ha dovuto rinunciare al ruolo di Dignam per impegni pregressi e lo stesso è successo a Mel Gibson, scelto per il ruolo di Ellerby ma già impegnato sul set di Apocalypto. Brad Pitt invece, dopo aver rifiutato la parte di Colin Sullivan (e Tom Cruise avrebbe dovuto essere Billy), è diventato uno dei produttori della pellicola. Tra gli altri "rifiuti" c'è anche quello di RZA, per fortuna, contattato per la parte di Brown ma impegnato in altri progetti. Come ho detto nel post, inoltre, The Departed è praticamente il remake di Internal Affairs e dei suoi due seguiti, di cui contiene alcuni elementi. Se il film vi fosse piaciuto potreste provare a guardarli, altrimenti buttatevi fiduciosi su The Town, Heat - La sfida e Donnie Brasco. ENJOY!

martedì 3 dicembre 2013

Parkland (2013)

Il 26 novembre si commemoravano i 50 anni della morte di John Fitzgerald Kennedy e io mi sono schiaffata davanti alla TV a vedere Parkland, film a tema diretto dal regista Peter Landesman e presentato proprio quest'anno alla Mostra del Cinema di Venezia.


Trama: il film racconta gli istanti successivi all’attentato di JFK, a partire dal vano ricovero nell’ospedale di Parkland, passando poi per il famoso video girato dal signor Zapruder, con uno sguardo sui servizi segreti, Harvey Lee Oswald e la sua famiglia.


Ma da quando alla Mostra del cinema di Venezia sono diventati così lassisti per quel che riguarda i film da presentare al pubblico? Parkland è davvero solo una pellicola buona per una serata davanti alla TV visto che è un mix tra una puntata di E.R. – Medici in prima linea e qualche epigono di 24 con l’aggiunta di un nutrito gruppetto di attori che definire sprecati è dir poco. Non è che il film non sia piacevole da guardare, intendiamoci, ma scorre come l’acqua e alla vicenda Kennedy non aggiunge nulla di diverso da quello che si potrebbe imparare da qualsiasi servizio televisivo o documentario, con l’attenzione dello sceneggiatore che si concentra poco su tutti i coinvolti, così da fornire allo spettatore un affresco ampio ma, in fin dei conti, superficiale e freddo. Nel corso di Parkland ci vengono presentati diversi personaggi che vengono toccati (e cambiati) in qualche modo dalla morte del Presidente ma, tranne forse per quel che riguarda Robert Oswald, fratello del famigerato attentatore e l'elemento più interessante dell’intera pellicola, non c’è mai un vero approfondimento psicologico perché ogni sequenza viene presentata col piglio distaccato del "così è, punto".


Come ho detto, è un peccato, perché nel cast figurano moltissimi attori che, normalmente, farebbero girare la testa a più di un appassionato. I due che si salvano nella mischia sono Paul Giamatti, con il suo personaggio di uomo "della strada" che, all'improvviso, si ritrova addosso gli occhi di tutti ed è combattuto tra il desiderio di portare rispetto al presidente defunto e quello di ricavare un minimo di successo dalla tragedia, e la rivelazione James Badge Dale con il suo umano e tristissimo Robert Oswald, altro uomo "comune" additato come mostro solo per la parentela con l'assassino di Kennedy. Billy Bob Thornton e Jackie Earle Haley toccano forse il nadir della loro carriera ormai relegata a ruoli da caratteristi d'eccezione (viene tristezza se si pensa agli esordi di entrambi...) mentre gli altri interpreti compaiono troppo poco per attirare davvero l'attenzione e consentire allo spettatore di dare un giudizio. E con queste ultime considerazioni si conclude il post perché sull'argomento non c'è davvero nient'altro da dire: Parkland si è rivelato un film senza infamia né lode, che rischia tuttavia di deludere chi è veramente interessato all'argomento e di annoiare chi invece non è appassionato di storia americana moderna. In una parola, evitabile.


Di Zac Efron (Dr. Charles "Jim" Carrico), Paul Giamatti (Abraham Zapruder), James Badge Dale (Robert Oswald), Billy Bob Thornton (Forrest Sorrels) e Jackie Earle Haley (Padre Oscar Huber) ho già parlato ai rispettivi link.

Peter Landesman è il regista e co-sceneggiatore della pellicola. Americano, è al suo primo film come regista. E' anche produttore.


Marcia Gay Harden interpreta l'infermiera Doris Nelson. Americana, la ricordo per film come Spia e lascia spiare, Flubber - Un professore tra le nuvole, Vi presento Joe Black, Pollock (Oscar come migliore attrice non protagonista), Mystic River e The Mist. Ha 54 anni e sei film in uscita.


Ron Livingston (Ronald Joseph Livingston) interpreta James Hosty. Americano, ha partecipato a film come Il ladro di orchidee, L'evocazione - The Conjuring e a serie come Band of Brothers, Sex and the City, Dr. House, Incubi e deliri e Broadwalk Empire. Come doppiatore, ha lavorato ne I Griffin American Dad!. Anche produttore, ha 46 anni e un film in uscita.


Nella miriade di facce conosciute impegnate in ruoli più o meno minori spuntano l'ex Superman di Smallville Tom Welling (una delle guardie del presidente, al secolo Roy Kellerman), un invecchiato Gil Bellows che in Le ali della libertà interpretava il giovane Tommy, Colin Hanks (Dr. Malcom Perry), figlio di Tom Hanks che, tra parentesi, è uno dei produttori del film, e sicuramente tanti e tanti altri caratteristi famosi che non sono riuscita ad identificare ma, giuro, ce n'è una marea. Detto questo, se Parkland vi fosse piaciuto, non mancate ovviamente di guardare JFK - Un caso ancora aperto. ENJOY!

domenica 14 luglio 2013

The Lone Ranger (2013)

La regola d’oro d’ora in avanti sarà “andare al cinema già DILUSI”. Pare sia l’unico modo per apprezzare al meglio i film e godersi anche quelli su cui non avrei scommesso un euro, come questo The Lone Ranger, diretto da Gore Verbinski e tratto dall'omonima serie televisiva andata in onda dal 1949 al 1957.


Trama: il futuro procuratore John Reid “muore” assieme al fratello nel corso di un’imboscata. “Riportato in vita” dal Comanche Tonto, Reid prende l’identità del Lone Ranger e cerca di assicurare alla giustizia i responsabili della strage…


The Lone Ranger equivale a più di due ore di infantile, godurioso divertimento estivo; assai più simpatico e meno pretenzioso di Alice in Wonderland o Il grande e potente Oz (giusto per fare due nomi eccellenti), meglio diretto e molto meno tamarro de La leggenda del cacciatore di vampiri, l’ultimo film di Verbinski è l’equivalente western dei film dedicati alla serie Charlie’s Angels, ovvero un alternarsi ininterrotto di momenti esilaranti e scene d'azione. Intendiamoci, il Lone Ranger televisivo non l’ho mai visto quindi parto da un’ignoranza crassa per quanto riguarda il mito del personaggio, ma devo ammettere che questa versione slapstick mi è piaciuta parecchio, soprattutto perché il protagonista è un damerino impedito e ligio al dovere che si ritrova, suo malgrado, a vestire i panni del fuorilegge mascherato mentre la sua folle spalla indiana avrebbe preferito il fratello defunto (kemosabe, fratello sbagliato!). In mezzo, il canovaccio della trama inserisce qualsiasi topos del genere western: indiani, ranger, sordidi inganni per ottenere le terre dei poveri Comanches, damigelle in pericolo, uomini d’affari ancora più pericolosi dei fuorilegge, la caccia ai metalli preziosi e chi più ne ha più ne metta.


In costante bilico tra pretesa di realismo e delirio fantastico, The Lone Ranger viene presentato in maniera assai intelligente, perché la storia viene raccontata da un Tonto ormai vecchio e completamente inattendibile, un narratore costantemente interrotto e sviato dalla sua audience. Attraverso questo escamotage, tutto quello che viene mostrato sullo schermo diventa quindi plausibile perché frutto della mente dell'indiano matto e quindi lo spettatore può accettare con gioia anche che un cavallo si arrampichi su un albero, per dire. Azione e goliardia a palate, quindi, ma anche (attenzione!!) una cattiveria inusitata per un film prodotto dalla Disney. La pellicola non mostra un goccio di sangue, d'accordo, ma si parla senza troppe remore di cannibalismo, il body count si avvicina pericolosamente a quello di Django Unchained e, soprattutto, verso la fine del film si assiste ad uno sterminio insensato e crudele ai danni dei poveri indiani, una sequenza devastante che fatica a venire dimenticata nonostante la seneggiatura si riassesti poi su toni più allegri e scanzonati. Cambiano inoltre i tempi per quel che riguarda la vedovanza e l'amore, anche se alla fine a rimetterci sono sempre le povere donne con figli a carico, maledetta Casa del Topo.


Sproloqui a parte,The Lone Ranger mi è piaciuto parecchio anche per il respiro quasi epico di alcune riprese, per il citazionismo dei grandi classici, per lo scarso uso di effetti digitali e per le coreografie ad orologeria di sparatorie, inseguimenti e combattimenti (ho adorato ogni scena accompagnata dal Guglielmo Tell di Rossini, leggermente riarrangiato). Quanto agli attori, Johnny Depp mi è risultato molto meno indigesto rispetto agli ultimi film (certo, il personaggio è simile a Jack Sparrow nella sua cialtroneria, ma a modo suo fa anche tanta tenerezza ed è stranamente malinconico), Arnie Hammer è bambascione da morire e verrebbe voglia di prenderlo fortissimamente a pugni nella faccetta belloccia, la Bonham Carter porta a casa la solita, weirdissima comparsata di gran classe e i malvagi fanno la loro porchissima figura, soprattutto il cannibale William Fichtner e quel Barry Pepper che non ti aspetti nei panni del soldato privo di nerbo ma avidissimo. Quindi, porca miseria! Mi aspettavo di scrivere una recensione piena di strali, invece mi sono proprio divertita e consiglio The Lone Ranger, rigorosamente in 2D, a tutti quelli che hanno voglia di passare una serata fanciullesca senza pretesa di aver davanti IL filmone del secolo. Quello, a quel che sto leggendo in giro, è Pacific Rim, che dovrei proprio veder stasera.


Del regista Gore Verbinski ho già parlato qui. Johnny Depp (Tonto), Armie Hammer (John Reid/Lone Ranger), Helena Bonham Carter (Red Harrington), James Badge Dale (Dan Reid) e Barry Pepper (Fuller) ho già parlato ai rispettivi link.

William Fichtner interpreta Butch Cavendish. Americano, ha partecipato a film come Malcom X, Strange Days, Heat – La sfida, Insoliti criminali, Contact, Armageddon, La tempesta perfetta, Pearl Harbor, Equilibrium, Il cavaliere oscuro e alle serie Baywatch e Prison Break, inoltre ha lavorato come doppiatore per American Dad!. Ha 57 anni e quattro film in uscita tra cui Elysium e Teenage Mutant Ninja Turtles, dove interpreterà Shredder.

  
Tom Wilkinson interpreta Cole. Inglese, lo ricordo per film come Nel nome del padre, Ragione e sentimento, Spiriti nelle tenebre, Full Monty, Wilde, Rush Hour – Due mine vaganti, Shakespeare in Love, Michael Clayton, The Eternal Sunshine of the Spotless Mind, Batman Begins, In the Bedroom e The Exorcism of Emily Rose. Ha 65 anni e sei film in uscita.


E ora, un paio di curiosità. Per il ruolo di Rebecca erano stati fatti i nomi di Jessica Chastain ed Abbie Cornish, ma alla fine la parte è andata a Ruth Wilson, già vista in Anna Karenina. La serie televisiva, che è nata negli anni '30 come serie radiofonica prima e fumetto poi, è approdata anche in Italia col titolo Il cavaliere solitario, mentre a metà anni '60 ne è uscita una versione animata. Se, come immagino, non avete voglia di recuperare tutto questo materiale nonostante The Lone Ranger vi sia piaciuto, consiglierei di guardare la prima trilogia dei Pirati dei Caraibi e magari Rango, che devo ancora vedere. ENJOY!!

mercoledì 3 luglio 2013

World War Z (2013)

Luglio col bene che ti voglio, portatore dei primi blockbuster estivi! Ieri sera è stata la volta di World War Z, diretto dal regista Marc Forster e tratto dall’omonimo romanzo di Max Brooks. La recensione che segue contiene SPOILER quindi non leggete se non volete togliervi la sorpresa.


Trama: Gerry, ex agente delle Nazioni Unite, viene richiamato in servizio dopo che una pandemia in grado di trasformare gli uomini in zombie comincia a decimare la popolazione mondiale…


World War Z può essere riassunto così: Brad Pitt tuttofare, Brad Pitt paraculo, Brad Pitt porta jella e Brad Pitt man of steel. Bradano (d'ora in poi lo chiameremo così) è il protagonista assoluto della pellicola, alla faccia degli zombi e della marea di personaggi, leggasi pedine sacrificabili, che gli ruotano attorno. Il che non significa che World War Z sia un brutto film, perché effettivamente Bradano è un bell'uomo, gli effetti speciali sono da paura anche se non ne fanno, il ritmo rimane sostenuto per tutta la durata della pellicola, le prime sequenze sono sconvolgenti a tratti allucinanti, come si diceva al Pippo Kennedy Show. Tecnicamente parlando abbiamo davanti un kolossal della madonna, come faccio a dirvi di non andare a vederlo? Sicuramente, potrei dirvi di snobbare il 3D perché, a naso, non cambierebbe nulla per quel che riguarda il film ma uscireste dalla sala con due euro in meno che potreste spendervi invece per un ottimo gelato. Potrei dirvi che, sempre a naso, sarebbe meglio procurarsi il libro di Brooks perché un'epidemia zombie non può, non deve essere ridotta al Bradano che s'atteggia da superfigo. Ma, lo stesso, dire che World War Z è un brutto film non si può. E allora mi viene in soccorso l'internetto che mi dice che, effettivamente, tutto quello che mi ha portata a considerare la seconda metà della pellicola un gigantesco WTF è frutto di ripensamenti dell'ultim'ora e di rimaneggiamenti della sceneggiatura affidati a Goddard e Lindelof. come avrò modo di spiegare nelle note di chiusura. Quindi, diciamo che World War Z è un bel film ma purtroppo è stato rovinato in fieri e noi ci siamo beccati la versione tecnicamente pregevole ma oggettivamente despicable, l'aMMericanata tamarra.


War World Z scorre liscio (si fa per dire) come l'olio finché Bradano non sale sull'aereo dopo la caduta di Gerusalemme. Fino a quel momento ci avevo creduto, mi ero anche commossa perché un paio di sequenze sono oggettivamente bastarde quanto la pubblicità del gattino Barilla. Poi, dev'essere arrivata l'incoscienza, Goddard e Lindelof devono aver lasciato il lavoro nelle mani di due scimmie urlatrici poco addestrate: gli unici aspetti positivi di questo twist nella sceneggiatura sono l'incredibile figaggine di Pierfrancé, l'apparizione del sempre simpatico Moritz Bleibtreu e l'arrivo di uno zombi così espressivo ed accattivante da far sfigurare Bradano con due semplici schiocchi di mandibola. A parte queste tre cose, il resto è incosciente delirio: spiegatemi come diamine fa Bradano a sopravvivere, nell'ordine, ad un disastro aereo da lui provocato con bomba a mano (totale sopravvissuti: lui e la soldatessa monca e aggiungete il fatto che, pur sconvolto dagli eventi, il nostro riesce a scoprire il metodo per fregare gli zombi, cosa che non era riuscita alle menti più brillanti del pianeta), al conseguente impalamento tramite scheggione metallico, all'auto-iniezione di un virus sconosciuto e potenzialmente mortale e a tornare dalla famiglia con giusto un paio di croste in faccia e i capelli spettinati. Spiegatemi anche PERCHE' diamine, con tutti gli scienziati sulla nave, gli elicotteri, i mezzi per arrivare sulla terraferma etc... a prendere il virus c'è dovuto andare Bradano a piedi nonostante avesse spiegato tranquillamente la situazione via cellulare al suo superiore. A regà, datemi gli stessi soldi che avete dato ai due signori dal nome famoso che ve le butto giù io un paio di modifiche sensate, non presentiamo alle platee di mezzo mondo 'sta roba fatta a tirar via, su!!! Anzi, sapete che vi dico? Arrivata a questo punto mi sono arrabbiata e ho cambiato idea, consiglio di NON andare a vedere World War Z, perché è una kolossale presa per i fondelli anche se è ben girato e c'è Pierfrancé che merita. Anzi, donne, andatelo a vedere SOLO per Pierfrancé.


Brad Pitt (Gerry Lane), James Badge Dale (Capitano Speke), David Morse (l'ex agente della CIA), Peter Capaldi (uno dei dottori dello W.H.O.) e Pierfrancesco Favino (il più figo dei dottori dello  W.H.O.) li trovate ai rispettivi link.

Marc Forster è il regista della pellicola. Tedesco, ha diretto film come Monster’s Ball – L’ombra della vita, Neverland – Un sogno per la vita, Vero come la finzione, Il cacciatore di aquiloni e Quantum of Solace. Anche produttore, sceneggiatore e attore, ha 44 anni.


Moritz Bleibtreu interpreta uno dei dottori dello W.H.O. Tedesco, lo ricordo per film come The Experiment, Lola corre, Munich e Vallanzasca - Gli angeli del male. Ha 42 anni e quattro film in uscita.


Mireille Enos, che interpreta la moglie di Gerry, era stata la consorte di Josh Brolin in Gangster Squad, Elyes Gabel, sfigatissimo benché geniale ricercatore di belle speranze, era l'altrettanto sfigatissimo fidanzato della protagonista di Dead Set, mentre il Jack di Lost, Matthew Fox, compare brevemente come uno dei soldati che salva Bradano e famiglia all’inizio del film. A dire il vero, su internet si legge che il poveraccio avrebbe dovuto avere una parte ben più consistente e ingrata, ovvero quella del soldato “rovina famiglie”, impegnato in una relazione con la moglie di Bradano… ma la premiata ditta Lindelof & Goddard hanno deciso di tagliarlo completamente fuori nel corso delle riscritture della sceneggiatura, che hanno garantito anche un finale diverso (e, come avete letto nella recensione, meno sensato) alla pellicola: all’inizio l’aereo doveva atterrare in Russia e Gerry doveva finire a combattere zombi con l’esercito; sarebbe dovuto arrivare l’inverno e il protagonista avrebbe capito che l’arma per uccidere i non morti era il freddo, quindi avrebbe viaggiato per arrivare in Oregon e guidare uno sparuto gruppo di soldati in una battaglia atta a raggiungere la sua famiglia. Il film si sarebbe concluso con questo incerto cliffhanger e, se devo essere sincera, avrei preferito questa soluzione alle belinate con cui se ne sono usciti Lindelof e Goddard dopo la caduta di Israele! Maledetti studios edulcoranti! Quindi, detto questo, dubito che succederà ma se World War Z dovesse piacervi recuperate la saga di Rec, i film Romeriani dedicati agli zombi e 28 giorni dopo. ENJOY!!!

venerdì 10 maggio 2013

Iron Man 3 (2013)

Non c'è il due senza tre e il quattro vien da sé, dicono. A me basterebbe che venisse a trovarmi Robert Downey Jr. ma, nel frattempo, sono andata a vedere per l'appunto Iron Man 3, diretto dal regista Shane Black.


Trama: dopo aver sgominato dei ed invasioni aliene il povero Tony Stark è comprensibilmente scosso, ma le cose peggioreranno ancora con l'arrivo del Mandarino e di un pericoloso personaggio legato al passato del genio miliardario...



Che bello. Andare in sala e guardare gli Iron Man con Robert Downey Jr. è come ritrovare un vecchio amico. Un vecchio amico figo ed incredibilmente carismatico. Credo che potrebbero mettere delle scimmie a girare la pellicola e dei paguri a sceneggiarla, tanto basterebbe l'attore a reggere e a rendere credibile da solo l'intero film. Non a caso, stavolta il grassissimo Jon Favreau si è ritirato e ha lasciato il timone a Shane Black ma, siamo sinceri, a parte per gli interessantissimi e visionari video del Mandarino si nota la differenza? Sì, forse Iron Man 3 è un po' meno scanzonato rispetto ai precedenti film, ma per il resto è lo stesso tanta roba e, cosa molto importante, riesce a mantenere una sorta di equilibrio tra effetti speciali ed elemento "umano": abbiamo un fottìo di armature per far fremere nerd e fan, ci sono i soldati indistruttibili che prendono fuoco e si rigenerano, ma ci sono anche moltissime sequenze che ci mostrano come Iron Man sia innanzitutto un uomo di nome Tony Stark che deve capire come essere forte e superare le sue paure anche senza nascondersi dentro ad un guscio ipertecnologico.


In Iron Man 3 si gioca molto sul concetto di "maschera" e immagine. Non preoccupatevi, non c'è nulla di troppo cervellotico o psicologico, ma il ragionamento alla base del film è molto interessante e, oltre a riaffermare il tema della tecnologia come valido aiuto e contemporaneamente possibile strumento negativo, da il la ad un maggiore approfondimento del personaggio di Tony Stark (collegando direttamente le vicende del film a quelle di The Avengers e rafforzando così l'idea di una continuity cinematografica Marvel) e ad un paio di twist assai interessanti che colgono lo spettatore di sorpresa soprattutto per quanto riguarda i villain. Non sto ovviamente a fare spoiler ma, credetemi, conoscendo vagamente la storia fumettistica dei personaggi al momento delle rivelazioni concernenti il Mandarino ho dovuto raccogliere da terra la mascella e fare un plauso agli sceneggiatori... che peraltro hanno trovato il modo di mostrare il più possibile Robert Downey Jr. senza armatura e conciato con delle mise un po' streppone ma sicuramente adattissime all'attore, che non mi pento di definire uno gnocco della Madonna e... sì, scusate, sto divagando.


Dicevamo, gli attori. Finalmente la Pepper Potts di Gwyneth Paltrow ottiene lo spazio che avrebbe sempre meritato e ci regala delle sequenze finali da favola, Ben Kingsley nei panni del Mandarino è semplicemente favoloso e imprevedibile, infine Guy Pearce è un villain convincente e un trasformista da paura (il make up è sicuramente fatto bene ma lui ci mette del suo). La palma d'oro per i due migliori gatti di marmo la vincono invece Don Cheadle, incapace di reggere i duetti con Robertino adorato e meno espressivo persino di War Machine, e la povera Rebecca Hall, costretta in un personaggio la cui utilità è pari a quella dell'ubiquo Stan Lee, che compare ormai incartapecorito nel solito cammeo più o meno a metà film. Di Robert Downey Jr. potrei invece tessere le lodi per almeno 1000 post, quest'uomo passa dall'essere un esilarante cialtrone a un eroe sofferente in tempo zero e sempre in modo convincente e che non vi venga in mente di andarvene prima della fine dei lunghissimi titoli di coda perché rischiereste di perdervi una chicca che ve lo renderà ancora più simpatico. Insomma, non sto a farla più lunga del necessario, Iron Man 3 è tutto quello che ci si può aspettare: azione, ironia, suspance, Eiffel 65 (non sto scherzando, l'inizio truzzo è una delle cose più trash e meravigliose del film!) e, soprattutto, Robert. Robert, Robert, Robert. Sia lodato il giorno in cui hai accettato il ruolo di Tony Stark, bello mio.


Di Robert Downey Jr. (Tony “Iron Man” Stark), Gwyneth Paltrow (Pepper Potts), Don Cheadle (Colonnello James Rhodes), Guy Pearce (Aldrich Killian), Rebecca Hall (Maya Hansen, ruolo che avrebbe dovuto andare a Jessica Chastain che però ha dovuto rinunciare per impegni pregressi), Jon Favreau (Happy Hogan), Ben Kingsley (il Mandarino), Paul Bettany (la voce di Jarvis) e William Sadler (il presidente) ho già parlato ai rispettivi link.

Shane Black è il regista e co-sceneggiatore della pellicola. Prima di Iron Man 3 ha diretto solo un altro film, Kiss Kiss Bang Bang e pare che stia per cimentarsi nel remake USA di Death Note. Americano, anche attore e produttore, ha 52 anni.


James Badge Dale (vero nome James Badgett Dale) interpreta Savin. Americano, ha partecipato a film come Il signore delle mosche, The Departed – Il bene e il male, Shame, Flight e alle serie 24, CSI – Scena del crimine, CSI: Miami e CSI: NY. Ha 35 anni e tre film in uscita, tra cui gli imminenti World War Z e The Lone Ranger.


Miguel Ferrer interpreta il vice presidente. Caratterista americano dalla faccia conosciutissima, lo ricordo innanzitutto per Twin Peaks e poi per film come RoboCop, L’albero del male, Fuoco cammina con me, Hot Shots! 2, L’ombra dello scorpione, Stephen King’s Shining, The Night Flier, Mr. Magoo e Traffic. Ha inoltre partecipato alle serie Magnum P.I., Chips, Miami Vice, E.R. Medici in prima linea, Will e Grace, Una famiglia del terzo tipo, CSI – Scena del crimine, Lie to Me, Desperate Housewives e, come doppiatore, ha lavorato in Mulan e nelle serie Hercules, Robot Chicken e American Dad!. Anche regista, ha 58 anni.


Jon Favreau, regista dei primi due Iron Man, ha rinunciato all’offerta di dirigere il terzo capitolo per dedicarsi a Magic Kingdom e Jersey Boys, due film che ancora non hanno né un cast né una data d’uscita. Aspettando che Tony Stark ritorni, come annunciato alla fine dei credits, se Iron Man 3 vi fosse piaciuto consiglio intanto il recupero dei primi due capitoli della saga e di The Avengers. ENJOY!!

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