martedì 15 giugno 2021

Saw - L'enigmista (2004)

Domani uscirà Spiral - L'eredità di Saw; per l'occasione avevo deciso di riguardare tutti i film della saga ma ovviamente non ho avuto minimamente tempo e il mio recupero è cominciato e finito con Saw - L'enigmista (Saw), diretto e co-sceneggiato nel 2004 dal regista James Wan.


Trama: due uomini si risvegliano in una stanza vuota e squallida, legati per un piede ad una catena e separati da un cadavere. I due dovranno capire come sono arrivati lì e soprattutto come liberarsi rimanendo vivi...


Il primo Saw non lo avevo visto al cinema. Avevo noleggiato la videocassetta e lo avevo guardato probabilmente l'anno dopo l'uscita, terminando la visione con la tachicardia a mille e la mascella lasciata sul pavimento per lo shock da twist finale. Se pensate che gli altri li ho guardati al cinema, arrivando direi fino al terzo o forse quarto prima di mollare la presa, e che di loro non ricordo un singolo fotogramma che sia uno, potete già cominciare ad intuire quanto la qualità della saga sia andata calando praticamente dopo pochissimo, distaccandosi dal meccanismo ad orologeria di Saw (in effetti più thriller che horror) per adagiarsi nei più remunerativi terreni del torture porn quasi fine a se stesso. Attenzione, non è che non si vedano gente che muore male o situazioni estreme nel film di Wan, ma più o meno rimaniamo nel territorio del Se7en di Fincher, dove il disgusto per alcune sequenze pesantissime trova il giusto posto all'interno di un gioco, letteralmente, che ci interessa capire e seguire e che ci lascia basiti più per la sua spietata e tortuosa ineluttabilità che per la sua violenza. Chi ha rapito il Dr. Gordon e Adam e perché proprio loro due? Cosa lega la loro vicenda alla morte di molte altre persone per mano del cosiddetto "enigmista", serial killer che punisce chi decide di sprecare la propria vita concedendo una folle redenzione attraverso ordalie inenarrabili? Le risposte non arriveranno lineari, ed è questo uno degli aspetti interessanti di Saw, bensì attraverso flashback che spezzano la narrazione e spesso mirano a confondere lo spettatore, che solo sul finale avrà il quadro completo e perfettamente funzionante di tutti i fili lasciati in sospeso dagli sceneggiatori Wan e Whannell.


Nel caso non abbiate mai guardato Saw - L'enigmista sarà meglio che mi fermi qui con le "rivelazioni" e che passi a parlare un po' di regia e montaggio, di tutti quei flash scioccanti e quelle sequenze velocissime e quasi "da videoclip" che poi sarebbero diventati la cifra stilistica dei film seguenti. In questo caso, molte delle scelte di messa in scena sono legate a limiti di budget e metraggio da raggiungere (per esempio, i  video in bianco e nero che si vedono di tanto in tanto) ma ciò non toglie che il contrasto tra il bianco abbacinante e sporco delle quattro mura in cui sono costretti i protagonisti e quei flash di ipercinetica violenza, alternati ad una realtà cupa e pericolosissima anche nei momenti che dovrebbero essere "normali" mettono ansia oggi come allora, anche in assenza del terribile e ormai iconico pupazzo dalla voce profonda che invita a "fare un gioco". Quanto agli attori, considerato che ho visto Saw nel 2004 e che Benjamin Linus compariva solo a partire dalla terza stagione di Lost, potete immaginare quanto sia rimasta piacevolmente sorpresa di vedere l'attore Michael Emerson (assieme ad un altro habitué di Lost, Ken Leung) che, come al solito, dà il meglio di sé nei panni di personaggi dalla morale ambigua, un po' come all'epoca ero rimasta di sale nel vedere l'adoratoWestley/Robin Hood Cary Elwes non solo invecchiato e liftato ma anche impegnato in un ruolo che più drammatico non si può, ruolo per inciso che, assieme a quello di Whannell, non risente affatto del passare del tempo. La visione di Saw è stata dunque un bel tuffo nei ricordi passati e un'esperienza divertente nonostante conoscessi ormai tutti gli snodi della trama, a dimostrazione di come un film, se fatto bene, non necessita di twist inaspettati per intrattenere. Riguardatelo, se potete!


Del regista e co-sceneggiatore James Wan ho già parlato QUI. Leigh Whannell (co-sceneggiatore del film, interpreta Adam Faulkner-Stanheight), Cary Elwes (Dr. Lawrence Gordon), Danny Glover (Detective David Tapp), Makenzie Vega (Diana Gordon) e Tobin Bell (Jigsaw) li trovate ai rispettivi link.

Ken Leung interpreta il Detective Steven Sing. Americano, lo ricordo per film come Rush Hour - Due mine vaganti, A.I. Intelligenza artificiale, Vanilla Sky, Red Dragon, X-Men: Conflitto finaleStar Wars: Il risveglio della forza e serie quali I Soprano e Lost. Ha 51 anni e due film in uscita tra cui Old. 


Michael Emerson
interpreta Zep Hindle. Altra adorabile conoscenza di Lost, lo ricordo per serie quali X-Files, Senza traccia, Person of Interest e Il nome della rosa. Ha 67 anni. 


Shawnee Smith
interpreta Amanda. Americana, la ricordo per film come Il fluido che uccide, Armageddon - Giudizio finale, Saw II - La soluzione dell'enigma, Saw III - L'enigma senza fine, The Grudge 3, Saw VI e serie quali La signora in giallo, L'ombra dello scorpione, X-Files e Stephen King's Shining; come doppiatrice ha lavorato in Kim Possible. Anche produttrice, ha 52 anni e un film in uscita. 


Saw - L'enigmista
ha generato una delle saghe horror più longeve di sempre, che comprende i film Saw II - La soluzione dell'enigma, Saw III - L'enigma senza fine, Saw IV, Saw V - Non crederai ai tuoi occhi, Saw VI (tutti disponibili su Prime Video; Saw III, IV, V si trovano anche gratis su RaiPlay), Saw 3D - Il capitolo finale e Saw: Legacy ai quali si aggiungerà a brevissimo lo spin-off Spiral - L'eredità di Saw, che dovrebbe uscire il 16 giugno in Italia. Ovvio che se avete voglia di imbarcarvi nell'impresa di recuperare tutto, siete i benvenuti! ENJOY!

domenica 13 giugno 2021

Critters Attack - Il ritorno degli extraroditori (2019)

Qualche sera fa lo passavano in TV, quindi ho scientemente deciso di guardare Critters Attack - Il ritorno degli extraroditori (Critters Attack), film TV diretto nel 2019 dal regista Bobby Miller.


Trama: in una cittadina di provincia atterrano i critter e, come sempre succede, portano morte e distruzione...


Disclaimer: persino Mirco, che ADORA i film aventi per protagonista qualsiasi tipo di bestia, s'è rotto le palle e verso la metà ha deciso di fare altro, lasciandomi solitaria vittima di quel desiderio di completezza che mi impone di arrivare alla fine di qualunque pellicola. E arrivare alla fine di questa è stato difficile, eh. Aggiungo che la botta finale me l'ha data leggere nei titoli di coda il nome di Scott Lobdell come unico sceneggiatore. Scott. Lobdell. L'uomo che negli anni '90 ha raccolto lo scettro di Chris Claremont realizzando alcuni dei più begli archi narrativi di Uncanny X-Men e che, assieme a Chris Bachalo, aveva dato vita a Generation X, l'uomo che, come sceneggiatore, ha contribuito all'esilarante Auguri per la tua morte, è riuscito a mettere la firma su questa roba imbarazzante persino per un film di serie Z? Mi direte, vista la nomea di uomo di merda che si è costruito nel corso degli anni (ma cos'è, soffre della stessa malattia di Joss Whedon? Predica benissimo e razzola male?) magari Critters Attack è frutto di bisogni alimentari, ma anche così mettere assieme i quattro ragazzetti più mosci del creato, lo zio sceriffo più inutile mai esistito e un critter buono che, non si sa per quale assurdo motivo, decide di mettere di fatto fine alla propria specie sterminando tutti i maschi, rei di voler distruggere il pianeta Terra, va oltre la mia idea di lavoro fatto solo per staccare un assegno. Per carità, il primo Critters non era un capolavoro ma almeno era divertente, qui invece ci sono giusto un paio di siparietti che dovrebbero essere umoristici ma risultano tristi, posticci e ridicoli (salvo solo la gag del jock belloccio travolto dalla palla di critter) e per far andare avanti la trama vengono compiute anche troppe scelte stupide, la peggiore delle quali è "cercare di convincere la gente che gli alieni esistono, senza mostrare loro l'alieno che ti camalli sulle spalle dentro lo zaino".


L'unica cosa positiva di Critters Attack, tolta la sempre piacevole Dee Wallace, qui ahimé sfruttata troppo poco, è l'artigianalità delle bestiole titolari. Sarà perché il budget non lo permetteva (anche se io voglio sperare che sia proprio perché Bobby Miller, dopo The Cleanse, ha capito che non c'è niente di meglio dei pupazzi) ma Crittes Attack è quasi totalmente privo di CGI e i critter qui sono delle palle di pelo vere, animatronics o peluchotti, chiamateli come volete, dotati della solita, mordace e sanguinosa simpatia che li contraddistingue da anni. A mio avviso deliziosa la versione femminile delle bestiacce, un incrocio abbastanza spudorato tra la dolcezza di Gizmo e i colori di Ciuffo Bianco, tanto bellina che, nei panni della ragazzina protagonista, avrei fatto carte false per portarmela a casa e conservarla come il più prezioso dei tesori. Anche perché, se esiste una divinità del Cinema, gli attori protagonisti non dovranno mai più recitare in alcuna produzione, salvo forse il remake USA de Gli occhi del cuore, quindi tenersi un memento per il futuro potrebbe essere una cosa carina. Ho già detto "lasciate perdere se non siete proprio amanti della saga all'ultimo stadio"? 


Del regista Bobby Miller ho già parlato QUI mentre Dee Wallace, che interpreta Dee, la trovate QUA.


Critters Attack
è ovviamente l'ennesimo sequel di una saga nata nel 1986, composta da Critters, Critters 2, Critters 3, Critters 4 e da una webserie di 8 episodi intitolata Critters: A New Binge. Se vi piace il genere, ora sapete cosa recuperare. ENJOY!


venerdì 11 giugno 2021

Army of the Dead (2021)

Pensavate che mi fossi dimenticata di Army of the Dead, diretto, co-sceneggiato, fotografato, prodotto e quant'altro dal regista Zack Snyder, nevvero? E invece...


Trama: un gruppo di ex soldati (con l'aggiunta di altri elementi assortiti) viene assunto da un magnate giapponese per recuperare gli incassi di un casinò di Las Vegas, diventata nel frattempo terra di nessuno infestata da zombie. Per poter entrare a Las Vegas, il capo del gruppo contatta la figlia che non vedeva da anni e lì cominciano i guai...


Ammettiamo la scomoda verità. Army of the Dead era un film che aspettavo, perché la combine zombie, horror, Snyder e abbonamento Netflix già pagato mi sconfinferava parecchio. Poi hanno cominciato ad arrivare le prime recensioni disastrose e perculanti, alle quali si è aggiunta la consapevolezza di un minutaggio per me elefantiaco, vista l'atavica mancanza di tempo (ho visto il film in due giorni), e ho pensato che forse sarebbe stato meglio evitare e dedicarsi a film migliori; il problema è che poi è sopraggiunta Silvia con l'immagine di Bautista che piange al ralenti, probabilmente la cosa più esilarante vista nel corso dell'anno (ma doveva ancora arrivare la morte di un personaggio in Crudelia...), e ho dovuto soccombere al desiderio di testimoniare a mia volta una simile chicca trash. Ho fatto bene, ovviamente: al momento della stesura del post è il 4 giugno, all'orizzonte non c'è alcun nuovo Sharknado, è estate e nulla potrà mai soddisfare la mia sete di zamarrate trash come questo Army of the Dead, nulla. Snyder, seppur involontariamente, ha piazzato l'asticella del ridicolo troppo in alto e quest'anno credo che neppure la Asylum potrà competere con quest'adorabile accozzaglia di roba alternativamente sbagliata e facilona, costruita interamente attorno a buchi di trama e momenti WTF, "inspessita" (e non nel senso buono) da "lacrime strappastorie" durante le quali Bautista cerca di riconquistare la figlia scema come un tacco elencandole tutti i peggiori junk food che gli piacerebbe preparare una volta recuperati i soldi per aprirsi un ristorante tutto suo. Voi ora penserete che io sia arrabbiata con Snyder per le quasi tre ore perse ma vi sbagliate: ho passato infatti tre ore a ridere col Bolluomo, e mi rendo conto che questa non fosse sicuramente l'intenzione del regista ma come posso non sbellicarmi davanti alla ex suora Encarnacíon che dal nulla, a un certo punto, si profonde in un siparietto rosa e smielatissimo con un Bautista clueless come non mai? 


Ma mettiamo un attimo da parte i personaggi sbagliati oppure semplicemente abbozzati e messi lì per far numero con una targhetta sul petto simile a quella che portava Oz nella puntata di Halloween di Buffy (abbiamo "la messicana", "la gnocca bionda", "la lesbica", "il traditore", "la gnocca mora", "lo youtuber", "il nerd", "Bautista", "figlia", "lo gnocco di colore" e se pensate che siano più tratteggiati di così vi sbagliate di grosso), e parliamo di 'sti zombie, santo cielo. Io non ho mai visto Z Nation, mi si dice che sia un capolavoro e che la maggior parte delle idee particolari del film vengano da lì, ma nella mia bieca ignoranza posso dire di aver apprezzato giusto gli zombie organizzati in due ceppi differenti, gli Alfa più intelligenti e quelli che a un bel momento si ibernano di notte, e basta. Il resto è da facepalm oppure buttato alle ortiche. Del primo insieme fanno parte la regina zombie e il suo momento di tenerezza con lo zombie boss ma anche l'orribile tigre zombie posticcia che a un certo punto con una zampata fa volare una delle sue vittime contro una colonna NONOSTANTE detta vittima non sia stata minimamente sfiorata dalla zampa (sì la CGI del film fa schifo quanto la scelta di sfocare lo sfocabile, soprattutto il faccione di Bautista), del secondo gruppo fanno invece parte gli zombie robot che si intravvedono di tanto in tanto grazie ai loro occhi blu come Paul Newman e gli zombie secchi che aspettano la pioggia per rianimarsi (perché diamine non piove mai, allora? Ma su, che spreco. E 'sti robot perché? Chi li ha costruiti?). Certo, parlando di cose buttate alle ortiche e buchi di sceneggiatura il personaggio di Ella Purnell diventa il deus ex machina di ogni cazzata e vi sfido ad arrivare a fine film senza volere almeno un finale alternativo in cui Kate diventi la protagonista di un Hostel con zombie, ma non starei tanto a parlare di finali, sequel e simili quando il film si conclude con un "cliffhanger" scemo che ignora in toto le regole base della radioattività (e non solo quelle, vabbé). E quindi? E quindi aspettiamo, per l'appunto, che Snyder si impelaghi in uno zombieverse che probabilmente i fan stanno già chiedendo a gran voce, così anche io avrò il mio bel filmetto trash annuale estivo. Non tratterrò il fiato nell'attesa, ci mancherebbe, al limite aspetterò al varco il momento glorioso in cui Bautista realizzerà il suo desiderio di interpretare Hemingway.


Del regista e co-sceneggiatore Zack Snyder ho già parlato QUI. Dave Bautista (Scott Ward), Ella Purnell (Kate Ward), Hiroyuki Sanada (Bly Tanaka) e Garret Dillahunt (Martin) li trovate invece ai rispettivi link.

Omari Hardwick interpreta Vanderohe. Americano, ha partecipato a film come Kick-Ass, A-Team, La fratellanza e a serie quali CSI: Miami. Anche produttore e sceneggiatore, ha 47 anni e un film in uscita. 


Ana de la Reguera
interpreta Maria Cruz. Messicana, ha partecipato a film come Nacho Libre, Cowboys & Aliens, Oscure presenze e a serie quali Dal tramonto all'alba - La serie, Twin Peaks - Il ritorno; come doppiatrice ha lavorato ne Il libro della vita. Anche produttrice e sceneggiatrice, ha 44 anni e due film in uscita, tra cui La notte del giudizio per sempre


Theo Rossi, che interpreta il "simpaticissimo" agente Burt Cummings, era altrettanto "simpatico" nei panni dello Shades di Luke Cage. Se Army of the Dead vi fosse piaciuto recuperate l'altro film di zombi targato Snyder, ovvero L'alba dei morti viventi (lo trovate sempre su Netflix). ENJOY! 

martedì 8 giugno 2021

The Stylist (2020)

Piano piano, si recuperano gli horror persi nel periodo Oscar. Oggi tocca a The Stylist, scritto e sceneggiato dalla regista Jill Gevargizian nel 2020, nonché consigliato da Lucia de Ilgiornodeglizombi!


Trama: Claire fa la parrucchiera e l'ossessione per le vite di alcune sue clienti la porta a discendere negli abissi folli dell'omicidio...


Dopo 125 anni di Cinema è un po' difficile trovare storie che non siano già state raccontate, infatti ultimamente mi ritrovo a fare un po' più caso al "come" si racconta, piuttosto che a "cosa". The Stylist, per esempio, è un horror indipendente che si appoggia su topoi tipici del genere, come l'ossessione che sfocia in impulso omicida, eppure il modo che ha Jill Gevargizian di mettere in scena la discesa all'inferno di Claire denota una sensibilità e un gusto raffinato che meritano di essere apprezzati. Innanzitutto, è interessante come la protagonista di The Stylist sia un guscio vuoto di cui non sappiamo praticamente nulla, interamente definita da un lavoro che lei utilizza come veicolo per "riempirsi" di qualcosa, che sia una personalità interessante, delle amicizie, un lavoro, l'amore; Claire vive sola con un cagnolino, le sue giornate scorrono identiche le une alle altre, persino i suoi abiti (per quanto io li abbia trovati stilosissimi) hanno più o meno tutti lo stesso colore, l'ocra della luce delle candele che illuminano fiocamente la cantina dove Claire nasconde il suo orribile segreto. Quando Olivia, cliente abituale, chiede a Claire di farle da acconciatrice per il matrimonio, in qualche modo quest'ultima si convince di poter superare la sua situazione di psicosi e tenta di cominciare un difficilissimo percorso per diventare amica della donna, trovando tuttavia paletti ad ogni passo, perché Claire è "strana" in un modo che comunque le persone percepiscono come poco sano o addirittura pericoloso, e viene sistematicamente respinta, benché in modo cortese, un po' come faremmo noi con chiunque si sia convinto di essere diventato una specie di nostro parente dopo solo due incontri.  


Il rapporto tra Claire e Olivia è il fulcro di un film dove lo squallore della condizione di Claire viene ancor più inasprito da una messa in scena elegantissima e ricercata, fatta di un uso ragionato di colori, luci ed ombre, il tutto accompagnato da una colonna sonora azzeccatissima. La Gervagizian non rifugge da sequenze che rivoltano lo stomaco e prevedono abbondanti secchiate di sangue, ma le più sconvolgenti, anzi, la più sconvolgente, nonostante a un certo punto l'aspettassi, è la sequenza conclusiva in cui tutto l'universo allucinato della mente di Claire si riversa nella realtà travolgendo non solo i testimoni orripilati, ma la stessa protagonista, probabilmente ripiombata in uno stato di consapevolezza triste e scioccante al tempo stesso. In questo, Najarra Townsend è un'interprete favolosa; la sua bellezza particolare fiorisce solo quando Claire si appropria delle personalità delle sue vittime, per il resto l'attrice si annulla completamente in un personaggio scomodo, che tiene gli altri personaggi e il pubblico distanti, disgustati da un mix di pietà e orrore per questa ragazza che suona un po' come una distorsione all'interno di un mondo "perfetto" o comunque regolato. Menzione d'onore anche per Brea Grant, che ormai sto trovando in ogni horror che guardo, capace di formare con la Townsend una coppia esplosiva. Insomma, non titubate e cercate The Stylist, perché merita davvero! 


Di Brea Grant, che interpreta Olivia, ho già parlato QUI.

Jill Gevargizian è la regista e sceneggiatrice della pellicola, al suo primo lungometraggio. Americana, anche produttrice e attrice, ha 37 anni.


Najarra Townsend
interpreta Claire. Americana, ha partecipato a film come Contracted - Fase I, Contracted: Phase II e a serie quali Cold Case, CSI: NY, 90210 e Criminal Minds. Anche produttrice, regista e sceneggiatrice, ha 32 anni e due film in uscita.



domenica 6 giugno 2021

Crudelia (2021)

Pur essendo ancora traumatizzata da quell'obbrobrio di Maleficent ho deciso di dare una chance a Crudelia (Cruella), diretto dal regista Craig Gillespie.


Trama: dopo la morte della madre, la piccola Estella comincia a vivere di espedienti e furtarelli, almeno finché non viene notata dalla Baronessa, la stilista più famosa della swinging London. Lavorando per la Baronessa, Estella scopre gli oscuri segreti del suo passato e arriva a meditare vendetta...


Vai a sapere perché la Disney ha deciso di fornire delle "giustificazioni" alla cattiveria dei suoi villain, come se già non bastasse la ridda di figli adolescenti scemi che gli hanno appioppato con Descendants (tra l'altro Crudelia De Mon si è beccata credo il cretino peggiore, ma non è il caso di parlarne). Probabilmente la Casa del Topo, nonostante abbia ora per le mani il franchise di Star Wars e un intero universo supereroistico, quindi abbastanza materiale per realizzare film da qui alla fine del mondo, non sa più dove sbattere la testa per quanto riguarda le idee originali, e ha deciso di fornire delle fondamenta al fascino misterioso di queste creature oscure che ci "perseguitano" fin da bambini, questi personaggi che a 40 anni arriviamo anche a capire, poverelli, "circondati da idioti" come sono oppure costretti a subire la melassa grondante di varie principesse. Crudelia De Mon, in realtà, è un caso un po' particolare, in quanto spinta da vanesio desiderio di possedere una pelliccia di cuccioli di dalmata e, quindi, è già più difficile parteggiare per lei piuttosto che per una Maleficent o un'Ursula, ma è anche vero che ella è "demonio di classe che incanta con stile", modellata su Tallulah Bankhead, quindi affascinante e scazzato modello di vita a prescindere; la sua origin story non poteva dunque essere una robetta banale e stracciapalle come quella di Maleficent bensì qualcosa di cool, moderno, più vicino a un'idea alla Birds of Prey che ai recenti live action disneyani. A dire il vero, a un certo punto mi è venuto quasi da pensare che Cruella fosse la origin story di Vivienne Westwood, radicata com'è nel mondo della moda e impreziosita, letteralmente, dai costumi più belli e sfacciati visti quest'anno, e non è un caso che molti citino Il diavolo veste Prada visto che la fonte di tutti i mali della povera Cruella è una meravigliosa baronessa che darebbe filo da torcere a Miranda Priestly. Anzi, diciamocela tutta, La baronessa della Thompson dà parecchi punti alla Miranda della Streep ed è il capo maligno che tutte vorremmo essere almeno una volta nella vita. Ma torniamo a Cruella.


Nata come la versione gnocca di un gelato Pinguino, la futura signora De Mon (o De Vil. Parentesi aperta sull'adattamento. Ma porco belino, ho capito che Estella/Crudelia non funzionava, ma chi, in Italia, ha mai conosciuto il personaggio come Cruella?) è bipolare già nella capigliatura e fin da bambina è costretta a tenere a bada la sua indole caotica, di persona fuori dagli schemi ed anticonformista. Narrata attraverso la caustica voce narrante di un "io" futuro e già divenuto Crudelia, la storia di Estella sembrerebbe quella di Cenerentola, non fosse che al posto delle due sorellastre la piccola, una volta rimasta orfana, si ritrova accanto due amichetti sbandati (i futuri Gaspare e Orazio, qui Jasper e Horace) che la aiutano in qualche modo a superare infanzia e adolescenza tra un furtarello e una truffa, finché la fanciulla non diventa assistente della già citata Baronessa. Dotata di uno spiccato gusto per la moda e uno stile fuori dal comune, Estella potrebbe rapidamente scalare i vertici di un'azienda gestita fondamentalmente da una parassita di idee, non fosse che detta parassita è legata a doppio filo alla morte di sua madre; abbandonata quella che Estrella pensava fosse la sua vera personalità, quella remissiva e goffa, per riuscire a fare luce sui tanti misteri che la circondano la ragazza lascia quindi spazio a Cruella, il suo lato malvagio, dirompente e menefreghista, arrivando a poco a poco a scoprire, come già successo per il Joker di Joaquin Phoenix, che talvolta la nostra faccia "buona" è solo una maschera che utilizziamo per essere accettati dalla società, quella stessa società che ci mette con le spalle al muro e ci costringe a combatterla mostrandoci per quello che siamo: degli psicopatici senza se e senza ma. 


Dimenticatevi i cuccioli di dalmata, la perfidia senza ragione, l'immancabile fumo di sigaretta, perché questa Cruella sarà anche matta ma non compie nulla di particolarmente sconvolgente o irreparabile, anzi, paragonata alla Baronessa è un agnellino, ma almeno la sua cattiveria non è stata innescata dai futuri padroni di Pongo e Peggy (come invece succedeva in Maleficent, dove re Stefano veniva trasformato in un mostro spietato). Anzi, paliamo un po' dei dalmata. La pelliccia bramata viene spesso citata e un eventuale odio verso i cani a pois viene "stuzzicato" all'inizio sfruttando una delle scene di morte meno epiche e più esilaranti della storia della Disney, ma non c'è nulla che spieghi come mai in futuro una donna amante dei cani dovrebbe decidere di spellarli per puro piacere, a meno che non si voglia tirare in ballo la demenza senile. Allo stesso modo, non si capisce perché Jasper, connotato come possibile love interest della protagonista, a un certo punto si veda azzerare il Q.I. per avvicinarlo maggiormente alla sua controparte animata, quando per buona parte del film abbiamo davanti un bel ragazzo, intelligente, simpatico ed affettuoso. Fortunatamente, questi difetti o errori di continuity, chiamateli un po' come volete, non inficiano la fondamentale validità di una scanzonata commedia nera in perfetto stile Craig Gillespie, che smorza con una patina di black humour qualunque momento rischi di diventare strappalacrime e confonde lo spettatore con una girandola ricchissima di avvenimenti, colpi di scena, sfondamenti della quarta parete, colori e suoni. Emma Stone sarà anche perfetta (e si è portata dietro l'esperienza dell'interpretazione borderline in La favorita), Emma Thompson mai troppo lodata (anche lei ispirata dal personaggio interpretato nel suo ultimo film, E poi c'è Katherine), ma la vera bellezza del film sono i meravigliosi costumi, le stupende scenografie che fanno loro da scrigno e, ovviamente, una colonna sonora furbissima, perfetta per accompagnare ogni sequenza della pellicola nemmeno ci trovassimo davanti a una sfilata di moda. Sperando che prima o poi qualcuno decida di mettere in commercio tutte le mise indossate dalla Stone, vi invito a non essere schizzinosi com'ero io prima della visione e a dare una chance a questo Cruella, potrebbe sorprendervi. 


Del regista Craig Gillespie ho già parlato QUI. Emma Stone (Estella/Cruella), Emma Thompson (La baronessa), Paul Walter Hauser (Horace), Emily Beecham (Catherine) e Mark Strong (John) li trovate invece ai rispettivi link. 

Joel Fry interpreta Jasper. Inglese, ha partecipato a film come Paddington 2, Yesterday, In the Earth e a serie quali Il trono di spade. Anche produttore, ha 37 anni.


Le altre attrici in lizza per il ruolo della Baronessa erano Nicole Kidman, Charlize Theron, Julianne Moore e Demi Moore. Ovviamente, se Crudelia vi è piaciuto, consiglierei il recupero de La carica dei 101, La carica dei 101 - Questa volta la magia è vera e anche di Tonya, film questo da non propinare ai bambini, per carità. ENJOY!

venerdì 4 giugno 2021

Oxygen (2021)

Piano piano (molto, molto lentamente) sto riuscendo anche a recuperare quei due o tre originali Netflix che mi interessavano, tra cui Oxygen (Oxygène), diretto dal regista Alexandre Aja. Niente spoiler, leggete tranquilli!


Trama: una donna si sveglia all'interno di una capsula medica danneggiata e deve capire chi e perché l'ha rinchiusa lì dentro prima che finisca l'ossigeno.


Evidentemente Aja, dopo l'exploit con i coccodrilli di Crawl, ci ha preso gusto con i film claustrofobici e c'è da dire che gli vengono anche bene. Se in Crawl i protagonisti, benché braccati da coccodrilli mordaci in ambienti ristretti e allagati, riuscivano in qualche modo a muoversi e respirare, in Oxygen la protagonista non ha la stessa fortuna ed è rinchiusa all'interno di una capsula impossibile da aprire, con le riserve d'ossigeno dimezzate e in via d'esaurimento. Quello di Elizabeth è un incubo che disorienta, all'interno del quale le immagini di una capsula pericolosissima e dotata di troppi mezzi per dare al paziente una morte rapida ed indolore, somministrata dalla voce incorporea dell'assistente computerizzato M.I.L.O., si alternano a flash di una vita dimenticata che potrebbero anche non essere ricordi, ma semplici allucinazioni. La lotta di Elizabeth è dunque duplice, uno sforzo fisico e mentale, perché la sua salvezza dipende in primis dal riuscire a ricordare la propria identità e il proprio passato, all'interno del quale si nasconde la chiave per poter sbloccare una capsula ironicamente progettata per la salvezza del soggetto che ospita, un oggetto futuristico viziato da un sacco di "gabole" antiquate. Nulla più vi conviene sapere della trama; con un po' di attenzione probabilmente riuscirete, com'è successo a me, ad intuire quello che avrebbe dovuto essere il twist più sconvolgente del mucchio (la sceneggiatura è molto ricca in tal senso) ma lo stesso "capire" non preclude il divertimento di scoprire le cose poco a poco. 


Un film interamente ambientato in un luogo così ristretto rischierebbe di offrire presto il fianco alla noia ma per fortuna Aja ha parecchi elementi con cui giocare. All'interno della capsula, come già ho scritto sopra, ci sono oggetti potenzialmente mortali che rendono ogni azione di Elizabeth un terno al lotto, ché non si sa mai come potrebbe reagire M.I.L.O., inoltre, mano a mano che l'ossigeno diminuisce, ci si mettono anche le allucinazioni della protagonista ad accelerare la tachicardia alimentata dalla situazione già abbastanza spinosa. Accanto alla concretezza del presente ci sono poi i flash del passato, un po' ripetitivi all'inizio e non particolarmente interessanti (anzi, sembra quasi che Aja ricerchi il contrasto tra l'ansia della situazione contingente e ricordi anche troppo idilliaci) ma sempre più importanti ed inquietanti mano a mano che il film prosegue, finché il regista non si decide ad allargare il campo delle inquadrature lasciandoci letteralmente a bocca aperta. Fondamentale, ovviamente, la presenza di Mélanie Laurent, che regge sulle spalle tutto il film e contribuisce, con la sua bella ed intensa interpretazione, a far sì che lo spettatore si faccia carico delle sofferenze di Elizabeth arrivando ad immedesimarsi fino a rimanere senza respiro. Per tutti questi motivi, tra gli originali Netflix visti di recente, Oxigen è uno dei migliori, quindi dategli un'occhiata. 


Del regista Alexandre Aja ho già parlato QUI. Mathieu Almaric, che dà la voce a M.I.L.O. lo trovate invece QUA.

Mélanie Laurent interpreta Elizabeth "Liz" Hansen. Francese, la ricordo per film come Bastardi senza gloria e Now You See Me - I maghi del crimine. Anche regista, sceneggiatrice e produttrice, ha 38 anni e un film in uscita. 


Anne Hathaway è stata la prima attrice chiamata per il ruolo di protagonista, alla quale è poi subentrata Noomi Rapace, sostituita definitivamente dalla Laurent quando il progetto è stato preso in mano da Aja. Se Oxygen vi fosse piaciuto recuperate Meander e Buried. ENJOY!

martedì 1 giugno 2021

After Midnight (2019)

Finita la solita rincorsa agli Oscar (anche se probabilmente questo post uscirà chissà quando per questioni di programmazione, ecc.) ho deciso di cominciare un po' di recuperi horror, doverosi, tenendo a mente sia i consigli di Lucia che il calendario di uscite originali della miniera d'oro Shudder. Oggi parlerò di After Midnight, diretto e sceneggiato nel 2019 dal regista Jeremy Gardner.


Trama: dopo che la fidanzata se n'è andata, Hank si ritrova a dover affrontare ogni notte un mostro che cerca di entrargli in casa...


After Midnight
è una dolce commedia sentimentale dove l'horror conta fino a un certo punto, quanto basta perché, in effetti, lo spettatore si ponga almeno una domanda scomoda riproposta anche dal personaggio principale durante la sequenza "cuore" della pellicola. E' un'opera realizzata in puro spirito indipendente, finanziata da Aaron Moorehead e Justin Benson, che qui compare anche nel ruolo dello sceriffo Shane, dove compare l'ormai nota faccetta di Brea Grant, diventata un po' una madrina del genere. Come tale, After Midnight non si avvale di un gran dispendio di effetti speciali, location o scenografie: l'azione si svolge principalmente all'interno o all'esterno della casa fatiscente di Hank, al massimo nel bar da lui gestito, e il mostro si vede bene giusto sul finale, mostrandosi in tutta la sua gloria artigianale di orrido bestio di gomma che, badate bene, non lesina abbondanti quantità di sangue, e buona parte delle sequenze sono ricordi dei bei tempi in cui Hank e Abby stavano assieme, baciati dal sole, dalla musica e dall'amore. 


A proposito di amore, After Midnight, nonostante sia scritto da un uomo, ovvero Jeremy Gardner, che si accolla anche il ruolo di Hank, è un film che descrive alla perfezione quanto anche il sentimento più forte rischia di venire distrutto quando una delle due metà della coppia non si rende conto di essere una merda patentata; lo spettatore, cullato dai dolci ricordi di Hank e sconvolto dalla pericolosa situazione in cui viene a trovarsi, tende per buona parte del film a considerare Abby, filtrata appunto dalla visione personale di Hank, come una matta fedifraga, la tipica donna angelicata pronta però a spezzare cuori senza un perché, e a commiserare il protagonista, lasciato solo a combattere un mostro mentre nessuno attorno a lui gli crede o lo consola. Per questo è molto interessante, nonché indice di alta bravura attoriale, nonostante il basso budget, il confronto tra i due, durante il quale arriviamo a scoprire che Hank non è così pacioso come pensavamo e che Abby ha tutte le ragioni di essersi rotta le palle di stare assieme ad un uomo egoista e mollo come la panissa, innamorato più della sua natura di redneck provincialotto che di una ragazza che vorrebbe solo un minimo di considerazione in presenza, non diventare un malinconico ricordo. Ciò detto, forse non consiglio After Midnight a chi cerca l'horror buzzurro tout court o la cupezza pesantissima, rischiereste di annoiarvi, ma per chi ama i piccoli film indipendenti potrebbe essere una visione gradevole!


Di Brea Grant, che interpreta Abby, ho già parlato QUI mentre Justin Benson, che interpreta Shane, lo trovate QUA.

Jeremy Gardner è il co-regista e sceneggiatore della pellicola, inoltre interpreta Hank. Americano, ha diretto altri due film, The Battery e Tex Montana will Survive! ed è anche produttore.  Christian Stella è il co-regista della pellicola. Americano, ha co-diretto Tex Montana will Survive!. Anche tecnico del suono, attore, produttore e sceneggiatore, ha 36 anni.





 

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