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martedì 21 gennaio 2025

Wolfman (2025)

Sabato, visto che a Savona non è uscito, sono andata a Genova a vedere Wolfman (Wolf Man), diretto e co-sceneggiato dal regista Leigh Whannell.


Trama: alla notizia della morte del padre, da tempo disperso, Blake porta moglie e figlia in Oregon, a sgomberare la sua casa natale. Nei boschi, però, si cela qualcosa di orribile...


Dopo L'uomo invisibile, che rese ben più sopportabile il lockdown del 2020, Whannell è tornato a cimentarsi con un altro mostro classico, l'uomo lupo. Anche in questo caso, il regista e co-sceneggiatore effettua una rilettura moderna della storia, inserendo al suo interno un protagonista già segnato nell'anima da un'infanzia tremenda, alla mercé di un freddo padre survivalista. Da anni Blake non ha notizia alcuna di quest'ultimo, scomparso negli stessi boschi dove lo portava a cacciare da bambino, e si è rifatto una vita cercando di offrire alla figlioletta Ginger il calore e l'affetto che lui non ha mai avuto. L'introduzione del film, concitata e chiara, dipinge la condizione del protagonista senza essere troppo didascalica, anzi, ci consente di empatizzare con un uomo che fa del suo meglio per dare un'infanzia serena alla figlia e anche con la moglie che, per forza di cose, non ha lo stesso rapporto con la piccola, perché costretta a "portare il pane in casa" e vestire i panni della donna in carriera. Il viaggio in Oregon, alla notizia della morte del padre di Blake, diventa una scusa per rimettere insieme un rapporto tra moglie e marito che rischia di soccombere a queste disparità economiche ed affettive. Il fatto che entrambi i protagonisti adulti siano delle brave persone che cercano di venirsi incontro rende ancora più doloroso l'orrore che li aspetterà nei boschi."The way you walked was thorny though no fault of your own, but as the rain enters the soil, the river enters the sea, so tears run to a predestined end"; queste erano le parole che la zingara Maleva offriva a Larry Talbot, il primo uomo lupo cinematografico, e benché l'approccio di Whannell sia diverso, ovviamente, da quello di George Waggner, la sensazione di pena e tristezza che si prova di fronte al progressivo soccombere di Blake alla "malattia" che arriva a divorarlo è identica. Il protagonista di Wolfman, infatti, non si abbandona alla bestia, non è un uomo represso che cerca uno sfogo, ma una povera anima innocente che ha tentato di fuggire per anni all'incomunicabilità che lo ha estraniato dal padre e che, come primo step della maledizione licantropica, si ritroverà a non poter capire moglie e figlia, né a farsi comprendere da loro. Wolfman, dunque, è triste e malinconico come i migliori film a tema "lupo mannaro" che lo hanno preceduto, ma non è questo l'unico motivo per cui gli ho voluto bene.


L'ultimo film di Whannell gestisce molto bene la tensione. Non è angosciante come L'uomo invisibile, ma ha delle ottime intuizioni e non si limita a mettere in scena una sequenza infinita di jump scares. Piuttosto, il film fa un uso efficacissimo delle lunghe attese (come nel caso della scena iniziale e finale, entrambe al cardiopalma) e dell'ambiente inevitabilmente buio; il film si svolge tutto nel corso di una terribile notte, all'interno di una casa vecchia, illuminata da un generatore, e all'esterno di essa, in boschi a malapena rischiarati dall'alba imminente, e l'uomo lupo ha mille occasioni di fondersi con le ombre. E' molto interessante ed efficace anche la resa dei sensi ipersviluppati di Blake, tra esiti amaramente ironici e la rappresentazione tangibile dell'incomunicabilità di cui sopra, che rende incomprensibili le parole di Charlotte e Ginger (il sonoro del film fa accapponare la pelle), trasformate a loro volta in inquietanti alieni, mostri che un protagonista sempre meno umano stenta a riconoscere. Molto bello anche il make up dell'uomo lupo, un po' diverso dall'iconografia solita e "contaminato", è il caso di dirlo, dai tratti tipici di chi contrae una malattia all'interno di un film horror, e ottima anche la scelta degli attori protagonisti. Julia Garner, già abbonata alle atmosfere tipiche del genere, unisce l'eleganza di una donna in carriera alla forza d'animo delle migliori final girls, mentre Christopher Abbott ha finalmente trovato il modo di trasformare quello sguardo da cane bastonato (che tanto mi aveva infastidita in Sanctuary) in un'espressione di sincero dolore e smarrimento, qualcosa che mi ha spezzato il cuore più del finale del film, il quale mi è parso invece un po' posticcio. Wolfman manca di quella critica feroce e di quell'angoscia pura che caratterizzava L'uomo invisibile, e rispetto al film del 2020 risulta un passo indietro, ma è un bellissimo horror, concitato e crudele, quindi non posso fare altro che consigliarvelo!


Del regista e sceneggiatore Leigh Whannell, che presta anche la voce a Dan, ho già parlato QUI. Julia Garner (Charlotte) e Christopher Abbott (Blake) li trovate invece ai rispettivi link.


Nel 2021 il film avrebbe dovuto venire diretto da Derek Cianfrance, con Ryan Gosling come protagonista, ma quando entrambi hanno abbandonato il progetto, è ri-subentrato Leigh Whannell, che invece ha scelto Christopher Abbott. Tra i film che hanno ispirato Leigh Whannell ci sono La mosca e Shining quindi, se Wolfman vi fosse piaciuto, recuperateli e aggiungete L'uomo lupo, Wolfman e Un lupo mannaro americano a Londra. ENJOY!

venerdì 13 ottobre 2023

Saw III - L'enigma senza fine (2006)

Continua, inaspettatamente, il recupero dei vari Saw. Oggi tocca a Saw III - L'enigma senza fine (Saw III), diretto nel 2006 dal regista Darren Lynn Bousman.


Trama: ormai divorato dal cancro e desideroso di portare a termine il suo ultimo "gioco", Jigsaw rapisce una dottoressa con l'aiuto dell'assistente Amanda.  


Correva l'anno 2006 ed ero quasi alla fine dei miei 9 mesi di permanenza lavorativa in Australia. Ricordo ancora, come fosse oggi, la richiesta all'amico Toto: "Dai, mi accompagni a vedere Saw III?" e, soprattutto la sua risposta: "Te sei scema, non ci penso neppure". Così, sola come un gambo di sedano italiano, mi ero accinta a sedermi in sala, consapevole che non avrei capito una mazzafionda dei dialoghi ma pronta a inorridire di sommo disgusto davanti alle nuove torture concertate da Whannell, Bousman e compagnia. Probabilmente ero tornata a casa correndo per timore di venire rapita da qualche aborigeno con la maschera da maiale, non rammento, e neppure ricordo se avessi giurato di non guardare mai più un Saw, perché il terzo capitolo ha segnato la fine della mia esperienza con la saga, almeno fino ad oggi. Potrebbe essere, in quanto durante il rewatch ho messo spesso il film in pausa per andare a farmi un giro e smaltire un po' la tachicardia e lo schifo. Saw III - L'enigma senza fine segna, infatti, l'inizio della definitiva deriva horror/torture porn della saga, con lunghe sequenze da voltastomaco realizzate con dovizia di dettagli e veicolate, per buona parte, dal personaggio di Amanda, "scheggia" impazzita priva del "fair play" di Jigsaw. Sul quale, al terzo film, è arrivato il momento di spendere due parole. John Kramer è uno dei personaggi moralmente più ambigui della storia del genere horror, in quanto gestito, fin dall'inizio, da autori che speravano di dare un colpo al cerchio e uno alla botte. Nel primo Saw le motivazioni "filantropiche" del nostro (punire chi non è in grado di apprezzare la vita sottoponendolo a ordalie inenarrabili con lo scopo di cambiarlo ed evitare che sprechi ancora il dono dell'esistenza) erano comunque subordinate a una sua connotazione molto negativa, mentre già nel secondo capitolo le vittime risultavano talmente sgradevoli da generare uno switch nella percezione dello spettatore e insinuare il germe del dubbio, della serie "e se avesse ragione lui?". Il terzo film la fa ancora più sporca, perché affianca a Jigsaw la psicopatica Amanda, rea di non giocare secondo le regole e di privare di una possibilità (per quanto minima) di salvezza gli involontari partecipanti ai test; della serie, se incontri Jigsaw e non sopravvivi cavoli tuoi, lui si impegna in ogni modo a farti capire la soluzione per salvarti, mentre se incontri Amanda fai prima a suicidarti da solo risparmiandoti la pena. In realtà, le azioni di John Kramer nel terzo film sono di un'ipocrisia e una cattiveria fuori scala (il finale fa venire il nervoso a più livelli) e l'unico sprazzo di lucidità viene proprio dalla stessa Amanda, nel momento in cui ribadisce l'impossibilità di cambiare vita dopo esperienze così traumatiche e livelli di stress così alti. Purtroppo, essendo Amanda connotata come la villain pazza del capitolo, il rischio è quello di far passare un messaggio completamente sbagliato, il che, in tempi di giustizieri vendicativi, mi fa forse più paura del film.


Tornando al quale, come ho detto su, è la sagra della gente che muore non male, peggio. Sono quasi convinta che Saw III - L'enigma senza fine abbia iniziato il trend che consisteva nel guardare i film della saga solo per scoprire a quali estremi sarebbero arrivate le torture di Jigsaw; in realtà, per quanto mi riguarda, la sequenza peggiore è quella dell'operazione a cranio aperto, davanti alla quale ho distolto spesso lo sguardo, ma l'apice dello schifo l'ho toccato in una scena priva di sangue ma zeppa di fluidi innominabili. Per appiccicare l'una all'altra le varie torture, Whannell imbastisce una trama che sfida più volte la suspension of disbelief e l'attenzione dello spettatore, con una serie di twist concatenati che lasciano basiti, flashback come se piovessero e parecchi dettagli ininfluenti per la situazione contingente ma indispensabili per apprezzare al meglio Saw IV. Detti dettagli, a onor del vero, rischiano di perdersi nella consueta regia isterica di Bousman (tra ralenti, accelerazioni improvvise, badilate di verde acido, diverse angolazioni di gente che urla trasformata in Giani quadrifronti e stacchi di montaggio sincopati c'è da diventare scemi), ma state tranquilli: il recap finale dove ogni scena importante del film viene condensata in un minuto di spezzoni rapidissimi intervallati da flash bianchi verrà in vostro soccorso come sempre, a salvarvi dall'eventuale incomprensione o a darvi il colpo finale dopo quasi due ore di urla e disperazione. Per quanto mi riguarda, l'idea è di aspettare qualche giorno prima di buttarmi sul quarto capitolo, a rischio di dimenticare elementi fondamentali della trama, perché ho bisogno di ripulirmi un po' il cervello da tanta ferocia travestita da thriller a incastro. Nei prossimi giorni scoprirete se sono arrivata al game over o se, per me, il gioco continua.  


Del regista Darren Lynn Bousman ho già parlato QUI. Tobin Bell (Jigsaw /John), Shawnee Smith (Amanda), Donnie Wahlberg (Eric Matthews), Dina Meyer (Kerry) e Leigh Whannell (anche sceneggiatore, interpreta Adam) li trovate invece ai rispettivi link. 


Se il film vi fosse piaciuto, ecco l'elenco delle altre pellicole della saga: Saw - L'enigmista, Saw II - La soluzione dell'enigma, Saw IV - Il gioco continua, Saw V - Non crederai ai tuoi occhi, Saw VI - Credi in lui, Saw 3D - Il capitolo finale, Saw: Legacy e lo spin-off Spiral - L'eredità di Saw. ENJOY!

mercoledì 19 luglio 2023

Insidious - La porta rossa (2023)

Con calma inaudita, sono andata al cinema a vedere Insidious - La porta rossa (Insidious: The Red Door), diretto dal regista Patrick Wilson. Niente SPOILER, cioè sì, ma vi avviso prima.


Trama: nove anni dopo gli eventi di Insidious 2, la vita dei Lambert è andata avanti e Dalton ha cominciato il primo anno di college, ma l'Altrove è sempre in agguato...


Che fatica, signori. La saga Insidious, come saprete se avete letto i miei ultimi post a tema, non è mai stata una delle mie preferite, ma siccome le uscite horror al cinema latitavano, coi miei amici abbiamo deciso di tentare il quinto capitolo. Ripassone alla mano, mi sono nuovamente immersa nel mondo creato da James Wan e Leigh Whannell nel 2010 e, purtroppo, anche stavolta la mia pur alta soglia di noia è stata superata. Cambiano i registi (Patrick Wilson si è messo per la prima volta dietro la macchina da presa), cambia lo sceneggiatore, invecchiano/crescono/muoiono i protagonisti, ma la solfa è sempre la stessa: gli abitanti dell'Altrove hanno per il belino di rimanere confinati in una dimensione dove tutto è grigio e nebbioso, e bramano di tornare nel regno umano, possedendo i corpi di chi è tanto incauto (o sfigato) da finire nel loro regno e lasciare aperte le porte manco fosse un novello Gianni Morandi. Dopo due capitoli dedicati alla medium Elise Brenner, non è un mistero che i riflettori sarebbero tornati sulla famiglia Lambert e che, quindi, la storia avrebbe ripreso a scorrere in ordine cronologico. Sono passati nove anni da quando papà Josh e il piccolo Dalton si sono liberati dai demoni che li perseguitavano e hanno scelto di dimenticare quanto accaduto loro. Proprio in questa scelta comincia e finisce l'aspetto più interessante della pellicola, ma qui qualche spoiler devo farlo, quindi occhio.

SPOILER 
L'unico aspetto originale di Insidious - La porta rossa è il dramma familiare che nasce nel momento in cui, finalmente, qualcuno ha capito che non ha senso legare la felicità di genitori e figli all'essere sopravvissuti a piaghe paranormali della peggior specie. Perché la povera Renai avrebbe dovuto voler rimanere legata a un tizio che rischia di portarle i demoni in casa e, tra l'altro, è stato pure posseduto e conseguentemente colto da follia omicida? Perché l'inutile figlio Foster dovrebbe bersi le bugie della madre, che da anni gli dice che le immagini di papà in modalità Jack Torrance erano tutto un incubo, frutto della sua immaginazione? Perché Josh e Dalton dovrebbero andare d'accordo dal momento che entrambi hanno perso un anno della loro vita e sono rimasti privi di ricordi fondamentali? Certo, purtroppo sul finale tutti questi ragionamenti sensati vanno in vacca e l'happy ending vuole che, una volta recuperati i ricordi, Renai accetterà probabilmente di riavere in casa le due calamite per la sfiga, ma quella di insegnare ai personaggi (e conseguentemente agli spettatori) la necessità di affrontare i traumi senza rimuoverli, pena il rimanere incompleti e "difettati" è un'idea lodevole e abbastanza ben sviluppata. 
FINE SPOILER


Il resto, ahimé, è la solita minestra riscaldata in salsa horror, che ripropone gli stessi ambienti, oggetti di scena e mostri presenti negli altri capitoli della saga, al punto che neppure i jump scares (presenti, peraltro, quasi esclusivamente dal secondo tempo in poi) riescono più ad essere efficaci. Patrick Wilson ci si impegna come regista e come attore, e si vede che ama sia il genere horror che la saga che, assieme a quella di The Conjuring, l'ha riportato al successo, ma cavare sangue da una rapa è dura anche per lui. Ciò detto, riesce comunque a ritagliarsi le sequenze più efficaci, tra cui una che sarebbe tanto piaciuta al mio claustrofobico padre; inoltre, da artista della domenica, la commistione tra arte e orrore mi piace sempre tantissimo, quindi ho apprezzato molto che Dalton sia diventato un pittore provetto e, soprattutto, che la sua graduale presa di coscienza sia legata alla progressione dei lavori su fogli e tela. Il problema di Dalton, ahimé, risiede nell'assoluta mancanza di personalità e carisma di Ty Simpkins (e pensare che in The Whale l'avevo trovato bravino!), che riesce a farsi "mangiare" non solo da papà Patrick, ma persino dalla spalla femminile che gli hanno messo accanto, mentre un paio di personaggi fondamentali per i capitoli precedenti sono qui ridotti all'apparire in brevi cameo che vanno dall'imbarazzante al melenso. La visione di Insidious - La porta rossa al cinema mi ha ricordato perché ho recuperato i capitoli dal due al quattro solo in streaming e dopo tredici anni dall'uscita del primo, ma se non altro il franchise è rimasto coerente dall'inizio alla fine: noiosino e banalotto era all'inizio, noiosina e banalotta è stata anche la fine. E speriamo sia davvero finita lì!


Del regista Patrick Wilson, che interpreta anche Josh Lambert, ho già parlato QUITy Simpkins (Dalton Lambert), Rose Byrne (Renai Lambert), Steve Coulter (Carl), Leigh Whannell (Specs), Angus Sampson (Tucker) e Lin Shaye (Elise Rainer) li trovate invece ai rispettivi link.


Mentre la saga principale di Insidious dovrebbe concludersi col quinto film, si parla già di uno spin-off dal titolo Thread: An Insidious Tale, che al momento vede nel cast Mandy MooreKumail Nanjiani (il fatto che una sia la voce storia di Rapunzel, l'altro un membro degli Eternals e il regista/sceneggiatore Jeremy Slater uno dei creatori della serie Moonknight fa di questo spin-off un prodotto Disney?). Non tratterrò il fiato nell'attesa ma, vi pungesse vaghezza di fare un ripasso, potete trovare tutti i miei "illuminati" commenti sulla saga QUI. ENJOY!

venerdì 7 luglio 2023

Insidious: L'ultima chiave (2018)

Ce l'ho fatta! Grazie a una serie di miracolosi squarci di tempo libero ho concluso il recupero degli Insidious con Insidious: L'ultima chiave (Insidious: The Last Key), diretto nel 2018 dal regista Adam Robitel.


Trama: Elise riceve una telefonata che la costringe a tornare nella casa dov'è cresciuta e a rivangare terribili ricordi d'infanzia...


Con Insidious: L'ultima chiave si conclude, almeno fino all'uscita al cinema di Insidious: La porta rossa, la mia avventura con la saga creata da Wan e Whannell nel 2010. Giusto in tempo per evitare la noia, anche se questo quarto capitolo è stato il più fiacco, almeno per me. La prima parte, in realtà, è una delle più interessanti: la sceneggiatura fa un ulteriore passo indietro e ci mostra come viveva Elise da bambina, già fiaccata dal suo "dono" di sensitiva al punto da trovarsi in un costante stato di terrore, alimentato non solo dalla vicinanza con una prigione dotata di braccio della morte ma anche dalla presenza di un padre padrone deciso a liberare Elise dalle sue doti a son di vergate e violenze. La protagonista, assieme agli ormai inseparabili Specs e Tucker, viene richiamata dall'attuale proprietario nella casa da cui era fuggita da bambina, tuttora teatro di terrificanti fenomeni paranormali, e da lì la vicenda si dipana intrecciando presente e passato, famiglie naturali e nuclei costruiti nel tempo, vecchi e nuovi nemici. Dopo un inizio scoppiettante (e nonostante un paio di plot twist abbastanza sconvolgenti ma gettati in pasto al pubblico come se fossero delle note a margine) il film si ammoscia su sentieri già ampiamente battuti, tentando di ampliare ulteriormente la mitologia di Insidious attraverso uno stillicidio di rimandi che prova disperatamente a mantenere desta l'attenzione dello spettatore, il quale però ha già ottenuto tutte le informazioni necessarie nei primi due capitoli. Lo stesso tentativo di approfondire maggiormente il passato di Elise si rivela un'arma difficile da gestire, in quanto i suoi familiari, soprattutto nel presente, sono abbozzati in maniera talmente superficiale che anche la sua eventuale erede rimane davvero poco impressa.


Poca gioia anche dal reparto mostri. Il cosiddetto "Facciadichiave", incarnato dal solito Javier Botet, è affascinante sulla carta ma ben poco interessante non solo a livello visivo ma anche concettuale: questo mostro possiede dieci chiavi (una per ogni dito) e ne usa solo un paio, mentre invece sarebbe stata una mossa furba renderlo il fulcro di tutta la saga, soprattutto vista la volontà di sfruttare il potere di Elise per "aprire tutte le porte", ma, di fatto, si limita a collezionare vittime e farsi sconfiggere nel modo più moscio possibile. Soprattutto, quello che ho pensato guardando Insidious: L'ultima chiave è che i vari aspetti che solitamente compongono un film qui non si siano amalgamati bene. La recitazione di Lin Shaye, per esempio, è validissima e lei è carismatica come sempre, ma Specs e Tucker sono un comic relief al limite del cringe (la love story inserita a un certo punto, poi, sembra tirata via di peso da un altro film); la regia di Robitel non è male ma la fotografia è abbastanza squallida e il montaggio è poco dinamico, il che concorre a rendere il film soporifero; c'è un solo jump scare davvero inaspettato e furbo, nel momento in cui Elise entra nel tunnel, il resto dei momenti spaventosi funziona male e mi ha portata a rimpiangere la paraculaggine di Whannell, che invece infilava una scorrettezza ogni cinque secondi. In definitiva, il cerchio si è chiuso, imitando alla perfezione l'andamento della saga: ho cominciato annoiandomi col primo capitolo, ho finito annoiandomi con quello che, fino al 2018, doveva essere l'ultimo, così come tutto inizia e finisce in casa Lambert. Adesso esce il quinto, chissà cosa avrà tirato fuori dal cilindro Whannell e, soprattutto, come se la caverà Patrick Wilson dietro la macchina da presa!


Del regista Adam Robitel ho già parlato QUILin Shaye (Elise Rainier), Leigh Whannell (anche sceneggiatore, interpreta Specs), Angus Sampson (Tucker), Spencer Locke (Melissa Rainier), Josh Stewart (Gerald Rainier), Bruce Davison ( Christian Rainier), Javier Botet (Keyface), Ty Simpkins (Dalton Lambert), Rose Byrne (Renai Lambert), Patrick Wilson (Josh Lambert), Stefanie Scott (Quinn Brenner) e Barbara Hershey (Lorraine Lambert) li trovate ai rispettivi link.


Credo che Insidious: L'ultima chiave possa essere visto come film a se stante ma ovviamente, per completezza, il mio consiglio è quello di recuperare InsidiousOltre i confini del male - Insidious 2 Insidious 3 - L'inizio (sono tutti su Netflix tranne il primo, che si trova a noleggio su qualsiasi piattaforma). ENJOY!

giovedì 6 luglio 2023

Insidious 3 - L'inizio (2015)

Incredibilmente sto tenendo botta nel recupero degli Insidious e sono arrivata a Insidious 3 - L'inizio (Insidious: Chapter 3), diretto e sceneggiato nel 2015 dal regista Leigh Whannell.


Trama: nel tentativo di contattare la madre morta, una ragazza attira le attenzioni di un demone ed è costretta a chiedere aiuto alla sensitiva Elise Rainier...


Squadra che vince non si cambia? Dipende, se il regista al timone della baracca decide di dedicarsi ai Fast and Furious e ritagliarsi solo un piccolo cameo nel terzo capitolo di una saga milionaria. A raccogliere lo scettro del "potere" di James Wan ci ha pensato quindi il suo sodale Leigh Whannell, diventato, per l'occasione, regista, sceneggiatore e attore di questo prequel della saga che, lasciate da parte le sventure dei Lambert, ha la furbizia di concentrarsi sul personaggio assurto al ruolo di beniamino di grandi e piccini, ovvero Elise Rainier. Visto il destino della sensitiva nel primo capitolo, Whannell e soci hanno capito che, per avere tra le mani un bacino di storie praticamente infinito, la soluzione più ovvia era rifugiarsi nel ricco passato della donna, potenzialmente zeppo di demoni e battaglie di ogni tipo, data l'esperienza, l'età anagrafica e le capacità di Elise. Insidious 3 ci presenta dunque la simpatica signora ben decisa a non utilizzare più le sue capacità medianiche, dopo le minacce di morte ricevute dalla spettrale donna velata del primo e secondo capitolo, e questo proprio nel momento in cui la giovane Quinn va a chiederle di aiutarla a contattare la madre defunta. La base della mitologia di Insidious vuole che ogni tentativo di contatto con l'aldilà sia legato al rischio di tornare nella realtà con qualche entità maligna pronta a possedere/uccidere i malcapitati, e la fanciulla non fa eccezione, tanto che comincia a venire perseguitata da un demone sempre più pericoloso ed invasivo. Ciò, ovviamente, porta Elise a venire meno alle sue nuove scelte di vita, con tutto quello che ne consegue, in primis la presenza nel film di demoni meno legati a singoli luoghi, il che si traduce in molti più jump scares e possibilità che i mostri ciccino fuori sempre, anche durante situazioni apparentemente tranquille.
 

Da queste parole avrete intuito che Whannell, molto meno raffinato di Wan, ha scelto di sopperire all'originalità della trama spingendo sull'acceleratore dello spavento più o meno continuato, tanto che al momento Insidious 3 vince la palma dell'unico riuscito a farmi dormire male (forse anche perché l'ho visto di sera, in casa e da sola). Questo è praticamente l'unico cambiamento rispetto ai film precedenti, dove si giocava più sull'atmosfera e su un minimo di approfondimento dei personaggi, sfruttando in parte piani temporali diversi che si intersecavano, rimanendo miracolosamente in piedi; il terzo capitolo è molto più lineare, al limite ogni tanto cerca di "confondere" lo spettatore annullando il limite tra sogno e veglia, si affida a una famigliola non particolarmente carismatica e punta tutto su Lin Shaye e la sua interpretazione di Elise, consacrando l'attrice allora 72enne a inaspettata scream queen del nuovo millennio, talmente "iconica" da permettersi di poter prendere a capocciate gli spettri apostrofandoli in malo modo, cosa che penso di non avere mai visto in un horror. La cosa buffa, poiché lo spettatore già conosce il destino di Elise, è ritrovarsi "in pena" per ciò che può succedere a lei e ai giovani assistenti Specs e Tucker, questo nonostante sia la povera Quinn a rischiare più di tutti, fisicamente inerme davanti a una creatura orripilante che mette ancora più ansia proprio perché la protagonista è impossibilitata a muoversi e si ritrova perennemente sola e al buio. Tutto ciò rende ugualmente Insidious 3 un film dimenticabile dopo una settimana, strettamente legato a maratone come questa che sto portando avanti o comunque al quadro complessivo di una saga a cui aggiunge ben pochi tasselli, almeno a livello narrativo, quindi non una pellicola imprescindibile per gli amanti del genere. Avanti col quarto!
 

Del regista e sceneggiatore Leigh Whannell, che interpreta anche Specs, ho già parlato QUIDermot Mulroney (Sean Brenner), Stefanie Scott (Quinn Brenner), Angus Sampson (Tucker), Lin Shaye (Elise Rainier), Steve Coulter (Carl) e James Wan (regista teatrale) li trovate ai rispettivi link.



Hayley Kiyoko, che interpreta Maggie, recita assieme a Stefanie Scott anche nell'orripilante Jem e le Holograms. Ciò detto, secondo me Insidious 3 - L'inizio è tranquillamente fruibile da solo ma, se siete pignoli, potete recuperare InsidiousOltre i confini del male - Insidious 2 Insidious: L'ultima chiave (sono tutti su Netflix tranne il primo, che si trova a noleggio su qualsiasi piattaforma, e il quarto, disponibile su Amazon Prime Video) e magari aggiungere la saga di The Conjuring con tutti i suoi spin-off. ENJOY!

lunedì 3 luglio 2023

Oltre i confini del male - Insidious 2 (2013)

Siccome tra qualche giorno uscirà l'ultimo capitolo della saga, ho deciso di recuperare tutti i film della serie Insidious partendo da Oltre i confini del male - Insidious 2 (Insidious: Chapter 2), diretto e co-sceneggiato nel 2013 dal regista James Wan.


Trama: nonostante la decisione di trasferirsi a casa della nonna paterna, i guai dei Lambert con gli spettri che perseguitano Josh e Dalton non sono ancora finiti...


Avevo visto il primo Insidious ormai 10 anni fa, proprio in occasione dell'uscita del secondo capitolo, e mi aveva impressionata talmente poco che non ero neppure andata al cinema per proseguire con la saga. Parlando con i miei compagni di visioni horror si è accennato all'uscita dell'ultimo episodio, Insidious - La porta rossa, e ho scoperto che praticamente nessuno di noi ha mai guardato la serie completa, quindi mi sono detta "Perché non provare?". Per motivi di tempo, ho lasciato perdere il primo Insidious, rinfrescandomi la memoria su Wikipedia, e ho ricominciato con Oltre i confini del male - Insidious 2, trovandolo una visione inaspettatamente gradevole. La solfa, di base, non cambia: ci sono sempre i Lambert, ci sono sempre i fantasmi dell'Altrove che cercano di ucciderli/possederli, c'è sempre qualcuno che cerca di aiutare questi poveri cristi a sopravvivere, c'è sempre il momento in cui qualcuno si farà una bella passeggiata nelle nebbie dell'Altrove. L'unica variazione, tra l'altro quella che ha fatto storcere il naso a fior di appassionati, è la volontà Wanina di fare di Insidious 2 un sequel ma anche un prequel, atto a spiegare ogni aspetto del suo predecessore, il che si traduce in una sceneggiatura fatta di continui salti temporali con incroci arzigogolati e parecchie sequenze riprese sì da Insidious MA da altre angolazioni. Chiamatemi ingenua e boccalona (in realtà sono solo appassionata di storie à la Rashomon, passatemi il paragone improprio, dove lo stesso argomento viene riproposto da più punti di vista), a me questi mezzucci piacciono sempre e contribuiscono ad un maggiore coinvolgimento rispetto a ciò che vedo sullo schermo, non a caso Insidious mi aveva fatta addormentare, questo invece no. Inoltre ho apprezzato la maggiore presenza della "vecchia" che perseguitava Josh nel primo film e l'esplorazione del background di questo inquietante personaggio.


Per il resto, la mano di Wan si sente, e tutto sta ad amare o odiare il regista e il suo approccio gotico a storie di fantasmi che più classiche non si può. La casa di nonna Lambert, così accogliente alla prima inquadratura, diventa in tempo zero un susseguirsi di stanze e corridoi inospitali dove i personaggi possono esplorare liberamente e dove si cela la qualsiasi, tanto che anche i giochi più innocenti diventano veicoli di orrore ed inquietudine, mentre le sequenze si alternano tra carrellate cinematografiche e immagini in presa diretta, affidate come sempre alle mani di Specs e Tucker. A proposito dei due personaggi, la mancanza del carisma di Lin Shaye si sarebbe avvertita troppo, quindi gli sceneggiatori hanno cercato un modo per inserire nuovamente Elise nel film dopo gli eventi del precedente e la decisione di affiancarle un altro, particolare sensitivo armato di dadi, è stata a mio avviso molto azzeccata. Interessante anche l'idea di complicare un po' le cose per il personaggio di Josh: nulla che non si sia visto in altri trecento horror, ma almeno Patrick Wilson regala momenti di genuina inquietudine e la sua interpretazione è una delle cose migliori di Insidious 2. Ero convinta che mi sarei di nuovo fermata nel recupero, invece credo proprio che continuerò con Insidious 3 - L'inizio, chissà che non mi appassioni e arrivi a rivalutare tutto il cucuzzaro. Per ora, continuo a preferire un'altra creatura di Wan, la serie dei The Conjuring!


Del regista e co-sceneggiatore James Wan ho già parlato QUI. Patrick Wilson (Josh Lambert), Rose Byrne (Renai Lambert), Barbara Hershey (Lorraine Lambert), Lin Shaye (Elise Rainer), Ty Simpkins (Dalton Lambert), Leigh Whannell (anche co-sceneggiatore, interpreta Specs), Angus Sampson (Tucker), Jocelin Donahue (Lorraine da giovane) e Jenna Ortega (Annie) li trovate ai rispettivi link.

Steve Coulter interpreta Carl. Americano ha partecipato a film come Hunger Games, L'evocazione - The Conjuring, Anchorman 2 - Fotti la notizia, Insidious 3 - L'inizio, The Conjuring - Il caso Enfield, Barry Seal - Una storia americana, First Man - Il primo uomo, Annabelle 3, The Hunt, The Conjuring - Per ordine del diavolo, Un fantasma in casa e a serie quali L'ispettore Tibbs, Dawson's Creek, Prison Break, The Walking Dead, The Purge e She-Hulk: Attorney at Law. Anche sceneggiatore, regista e produttore, ha 63 anni e due film in uscita.  


Oltre i confini del male - Insidious 2
è ovviamente il secondo capitolo della saga iniziata con Insidious e continuata con  Insidious 3 - L'inizio e Insidious: L'ultima chiave; nell'attesa che esca Insidious: la porta rossa potete recuperarli (sono tutti su Netflix tranne il primo, che si trova a noleggio su qualsiasi piattaforma, e il quarto, su Amazon Prime Video) e magari aggiungere la saga di The Conjuring con tutti i suoi spin-off. ENJOY!

martedì 15 giugno 2021

Saw - L'enigmista (2004)

Domani uscirà Spiral - L'eredità di Saw; per l'occasione avevo deciso di riguardare tutti i film della saga ma ovviamente non ho avuto minimamente tempo e il mio recupero è cominciato e finito con Saw - L'enigmista (Saw), diretto e co-sceneggiato nel 2004 dal regista James Wan.


Trama: due uomini si risvegliano in una stanza vuota e squallida, legati per un piede ad una catena e separati da un cadavere. I due dovranno capire come sono arrivati lì e soprattutto come liberarsi rimanendo vivi...


Il primo Saw non lo avevo visto al cinema. Avevo noleggiato la videocassetta e lo avevo guardato probabilmente l'anno dopo l'uscita, terminando la visione con la tachicardia a mille e la mascella lasciata sul pavimento per lo shock da twist finale. Se pensate che gli altri li ho guardati al cinema, arrivando direi fino al terzo o forse quarto prima di mollare la presa, e che di loro non ricordo un singolo fotogramma che sia uno, potete già cominciare ad intuire quanto la qualità della saga sia andata calando praticamente dopo pochissimo, distaccandosi dal meccanismo ad orologeria di Saw (in effetti più thriller che horror) per adagiarsi nei più remunerativi terreni del torture porn quasi fine a se stesso. Attenzione, non è che non si vedano gente che muore male o situazioni estreme nel film di Wan, ma più o meno rimaniamo nel territorio del Se7en di Fincher, dove il disgusto per alcune sequenze pesantissime trova il giusto posto all'interno di un gioco, letteralmente, che ci interessa capire e seguire e che ci lascia basiti più per la sua spietata e tortuosa ineluttabilità che per la sua violenza. Chi ha rapito il Dr. Gordon e Adam e perché proprio loro due? Cosa lega la loro vicenda alla morte di molte altre persone per mano del cosiddetto "enigmista", serial killer che punisce chi decide di sprecare la propria vita concedendo una folle redenzione attraverso ordalie inenarrabili? Le risposte non arriveranno lineari, ed è questo uno degli aspetti interessanti di Saw, bensì attraverso flashback che spezzano la narrazione e spesso mirano a confondere lo spettatore, che solo sul finale avrà il quadro completo e perfettamente funzionante di tutti i fili lasciati in sospeso dagli sceneggiatori Wan e Whannell.


Nel caso non abbiate mai guardato Saw - L'enigmista sarà meglio che mi fermi qui con le "rivelazioni" e che passi a parlare un po' di regia e montaggio, di tutti quei flash scioccanti e quelle sequenze velocissime e quasi "da videoclip" che poi sarebbero diventati la cifra stilistica dei film seguenti. In questo caso, molte delle scelte di messa in scena sono legate a limiti di budget e metraggio da raggiungere (per esempio, i  video in bianco e nero che si vedono di tanto in tanto) ma ciò non toglie che il contrasto tra il bianco abbacinante e sporco delle quattro mura in cui sono costretti i protagonisti e quei flash di ipercinetica violenza, alternati ad una realtà cupa e pericolosissima anche nei momenti che dovrebbero essere "normali" mettono ansia oggi come allora, anche in assenza del terribile e ormai iconico pupazzo dalla voce profonda che invita a "fare un gioco". Quanto agli attori, considerato che ho visto Saw nel 2004 e che Benjamin Linus compariva solo a partire dalla terza stagione di Lost, potete immaginare quanto sia rimasta piacevolmente sorpresa di vedere l'attore Michael Emerson (assieme ad un altro habitué di Lost, Ken Leung) che, come al solito, dà il meglio di sé nei panni di personaggi dalla morale ambigua, un po' come all'epoca ero rimasta di sale nel vedere l'adoratoWestley/Robin Hood Cary Elwes non solo invecchiato e liftato ma anche impegnato in un ruolo che più drammatico non si può, ruolo per inciso che, assieme a quello di Whannell, non risente affatto del passare del tempo. La visione di Saw è stata dunque un bel tuffo nei ricordi passati e un'esperienza divertente nonostante conoscessi ormai tutti gli snodi della trama, a dimostrazione di come un film, se fatto bene, non necessita di twist inaspettati per intrattenere. Riguardatelo, se potete!


Del regista e co-sceneggiatore James Wan ho già parlato QUI. Leigh Whannell (co-sceneggiatore del film, interpreta Adam Faulkner-Stanheight), Cary Elwes (Dr. Lawrence Gordon), Danny Glover (Detective David Tapp), Makenzie Vega (Diana Gordon) e Tobin Bell (Jigsaw) li trovate ai rispettivi link.

Ken Leung interpreta il Detective Steven Sing. Americano, lo ricordo per film come Rush Hour - Due mine vaganti, A.I. Intelligenza artificiale, Vanilla Sky, Red Dragon, X-Men: Conflitto finaleStar Wars: Il risveglio della forza e serie quali I Soprano e Lost. Ha 51 anni e due film in uscita tra cui Old. 


Michael Emerson
interpreta Zep Hindle. Altra adorabile conoscenza di Lost, lo ricordo per serie quali X-Files, Senza traccia, Person of Interest e Il nome della rosa. Ha 67 anni. 


Shawnee Smith
interpreta Amanda. Americana, la ricordo per film come Il fluido che uccide, Armageddon - Giudizio finale, Saw II - La soluzione dell'enigma, Saw III - L'enigma senza fine, The Grudge 3, Saw VI e serie quali La signora in giallo, L'ombra dello scorpione, X-Files e Stephen King's Shining; come doppiatrice ha lavorato in Kim Possible. Anche produttrice, ha 52 anni e un film in uscita. 


Saw - L'enigmista
ha generato una delle saghe horror più longeve di sempre, che comprende i film Saw II - La soluzione dell'enigma, Saw III - L'enigma senza fine, Saw IV, Saw V - Non crederai ai tuoi occhi, Saw VI (tutti disponibili su Prime Video; Saw III, IV, V si trovano anche gratis su RaiPlay), Saw 3D - Il capitolo finale e Saw: Legacy ai quali si aggiungerà a brevissimo lo spin-off Spiral - L'eredità di Saw, che dovrebbe uscire il 16 giugno in Italia. Ovvio che se avete voglia di imbarcarvi nell'impresa di recuperare tutto, siete i benvenuti! ENJOY!

martedì 24 marzo 2020

L'uomo invisibile (2020)

Era uno degli horror che aspettavo di più quest'anno quindi, nell'attesa di riguardarlo, si spera al più presto, sul grande schermo, ecco che in questi giorni tristi ho recuperato L'uomo invisibile (The Invisible Man), diretto e sceneggiato dal regista Leigh Whannell. Per tutto ciò che concerne il recupero della pellicola in questione e la sfortunata, ignorante condizione in cui versa il mercato distributivo italiano, vi rimando QUI e QUI, altro non dirò sull'argomento.


Trama: Cecilia riesce a fuggire dal marito violento e pochi giorni dopo riceve la notizia del suo suicidio e dell'eredità che le è stata lasciata. Però qualcosa comincia a farle credere che l'uomo abbia soltanto finto la sua morte, e che la stia perseguitando...


Non mi ritengo un'esperta dei vari "Uomo invisibile", pur avendo visto la versione di Paul Verhoeven  che quella di James Whale, quindi non starò qui a fare paragoni perché onestamente ricordo poco entrambe e non sono riuscita a sfruttare il tempo di quarantena (oh, forse perché io non l'ho avuto!) per fare un bel ripasso. Quello che rammento, però, è che entrambi i film si concentravano molto sulla figura dell'uomo invisibile per se, a partire dal motivo che lo ha portato a sperimentare per divenire tale fino ad arrivare alla follia derivante dai suoi "immorali" esperimenti, mentre invece Leigh Whannell sceglie di abbracciare il punto di vista della vittima, partendo da una situazione molto horror ma ben poco inverosimile. Cecilia è una donna costretta a vivere un esistenza infelice, sotto il controllo di un marito violento sia fisicamente che psicologicamente, finché un giorno non trova il coraggio di scappare dalla casa-prigione che funge da "nido d'amore" (peraltro, un edificio asettico, zeppo di vetrate ma anche circondato da altissime mura, scogliere e mare, una sorta di fortezza inespugnabile) con l'aiuto della sorella, e si rifugia a casa di amici. Lì viene a scoprire che il marito si è suicidato, apparentemente preda della disperazione per essere stato lasciato, e come prova d'amore l'uomo le avrebbe anche lasciato dei soldi. Tutto è bene quel che finisce bene, almeno così parrebbe, il problema è che Cecilia è una donna spezzata nell'animo. Leigh Whannell descrive alla perfezione sia lo stato di paranoia e terrore costante in cui versa Cecilia sia la sua relazione con amici e parenti che cercano di farla rinascere, pur consapevoli che sarà difficile se non impossibile, perché le sue ferite sono troppo profonde; l'orrore, come ho scritto, la protagonista se lo porta già dentro prima ancora che subentri l'elemento "fantastico" e le prime sequenze del film sono talmente concitate e ansiogene che la presenza di un uomo invisibile si assesta sullo stesso livello di angoscia. Certo, dopo l'arrivo dello stalker invisibile la situazione precipita e gli amici di Cecilia arrivano a pensare che la sua paranoia sia finalmente sfociata in follia, anche perché gli episodi di violenza che cominciano a costellare la vita della protagonista diventano sempre più sanguinari, eppure anche lì l'orrore vero deriva dal senso palpabile di impotenza trasmesso da Cecilia, dall'impossibilità di controllare la propria vita e di dimostrare alle persone amate di essere un individuo assennato, non una pazza urlante e scriteriata.


Inevitabile, dopo aver visto i due film a distanza di pochi giorni, fare un minimo paragone con Swallow. In entrambe le pellicole la protagonista è una donna che, di regola, dovrebbe avere tutto per essere felice (anche Cecilia, come Hunter, è ricca, sposata ad un marito bello e di successo) ma ad entrambi i personaggi viene negata la possibilità di decidere della propria esistenza ed entrambe, a un certo punto, diventano semplicemente delle incubatrici funzionali alla nascita di un figlio, di un "erede" per il facoltoso marito. Certo, la violenza praticata su Hunter è più sottile e non viene neppure percepita come tale dal compagno, mentre il marito di Cecilia è un sadico bastardo senza se e senza ma, ciononostante non ho potuto fare a meno di pensare ai due personaggi come "sorelle" mancate e unite da un cieco, paranoico terrore, forse anche grazie all'incredibile bravura delle due protagoniste. Elisabeth Moss non è l'elegante stepford wife di Swallow, non glielo consente un lungo periodo di violenze reiterate, e quando la vediamo per la prima volta è già una creatura terrorizzata, scarmigliata, profondamente segnata da scure occhiaie; eppure, anche lei viene calciata a forza all'interno di un percorso di "formazione", atto a renderla sempre più sicura di sé, della sua intelligenza, della sua necessità di liberarsi non solo di un marito folle ma anche dell'aura di inaffidabile debolezza che spinge persino i suoi amici a dubitare di lei. Tutto questo viene tenuto assieme dalla regia di Leigh Whannell, che si affida ben poco ad effetti speciali digitali e gioca quasi tutto su angoscianti ed ampie inquadrature all'interno delle quali la Moss risulta piccola e spaurita, pronta a venire ghermita da mani invisibili che potrebbero spuntare da qualunque anfratto buio. E non si tratta solo di jump scare, ce ne sono davvero pochi, quanto di abilità nel trasmettere la paranoia del personaggio allo spettatore, non solo attraverso lo sguardo dell'attrice ma anche con "semplici" movimenti di macchina e con un sapiente montaggio. Onestamente, spero davvero che i distributori italiani non si dimentichino de L'uomo invisibile una volta che riapriranno le sale perché ho un fortissimo desiderio di posare il culo sulla poltrona e godermi questo gioiellino firmato Blumhouse e Leigh Whannell su un bello schermo gigante.


Del regista e sceneggiatore Leigh Whannell ho già parlato QUI mentre Elisabeth Moss (Cecilia Kass) la trovate QUA.


Oliver Jackson-Cohen, che interpreta Adrian, era il Luke Crain della serie Hill House. Inizialmente, L'uomo invisibile doveva far parte del Dark Universe de La mummia e Johnny Depp avrebbe avuto il ruolo del protagonista, ma il progetto è andato a farsi friggere e il film è diventato il primo dei futuri reboot dei classici mostri Universal ad opera della Blumhouse. Se il film vi fosse piaciuto recuperate L'uomo invisibile di James Whale, quello di Paul Verhoeven e anche A letto con il nemico. ENJOY!

domenica 7 luglio 2019

Aquaman (2018)

L'avevo perso al cinema e ora ho recuperato Aquaman, diretto nel 2018 dal regista James Wan.


Trama: nato dalla Regina di Atlantide e da un essere umano, Arthur conduce la sua tranquilla vita da supereroe "per caso", finché gli atlantidei non cominciano ad attaccare il mondo di superficie...



Cosa ho visto, santo Cielo. No, aspettate, non è mica una critica. Cioé, lo sarebbe anche ma, boh, ho il cervello talmente pieno di roba che non so come farò a scrivere il post. E io che pensavo che Thor: Ragnarok fosse zamarro e sfacciato. Ingenua, non avevo pensato che Aquaman avrebbe preso la creatura di Taika Waititi e le avrebbe riso in faccia per quasi tre ore che scorrono come se fossero mezza, unendo una marea di cretinate a livello di sceneggiatura (ci si sono messi in quattro, se non sbaglio, a scriverla, bastavano le mie due cuginette o anche solo la più piccola) a un delirio visivo continuo. E quando dico continuo intendo che non c'è un solo momento di stasi riflessiva, ogni tanto sullo schermo accadono settanta cose contemporaneamente, per almeno due ore la gente salta in aria, si mena, spara, nuota e corre come se non avesse un domani; quando questo non succede arrivano mostri marini, delfini, mante, cavallucci cavalcabili, aragoste (aramostre) e persino il polpo Paul bonanima a suonare i bonghi manco fossimo sul set live action de La sirenetta (Spoiler: la Disney non riuscirebbe a creare un mondo sommerso così nemmeno a impegnarsi mille anni), per non parlare di luci al neon, improbabili architetture subbaQue, vestitini fatti di meduse sbrilluccicanti e tridenti d'oro. Insomma, poteva uscire fuori una cafonata ed effettivamente lo è, ma è una cafonata che (in qualche modo che ancora non riesco a capire) James Wan è riuscito a gestire in modo talmente fluido che non mi è nemmeno venuto da vomitare o da strapparmi gli occhi per la sovrabbondanza di computer graphic utilizzata, anzi. Non si fa neppure in tempo a pensare "macheccazz, quello è Dolph con la parrucchetta ross..." che esplode qualcosa, arriva un cavalluccio marino a morderti le chiappe e tu ti sei già dimenticato la castroneria di piazzare un tridente in mezzo al deserto del Sahara. O La Banca di Fiducia nell'Italia più da cartolina ever, per dire.


Tutto questo perché Aquaman è un film cucito interamente addosso a Jason Momoa, lo one man show di un uomo buffo, nescio, incredibilmente gnocco nella sua zamarreide e nessuno ha fatto nulla per gettarlo in mezzo a qualcosa di meno cafone... tranne affidarlo a un regista che sa fare il suo mestiere e che, quindi, è riuscito a regolare la zamarraggine dandole paradossalmente un senso. Come si fa a non parteggiare, tra l'altro, per questo Aquaman compagnone, che salva il mondo tra una pinta di birra e l'altra, che piscerebbe sui monumenti della sua gente e lascia lì i nemici a morire senza troppi complimenti, che se deve diventare re vabbé, magari è divertente, cazzucene, l'importante è poter limonare con la rossa Amber Heard e far casino? Non si può resistere, perché Aquaman è ignorante quanto Sharknado ma realizzato benissimo, zeppo di attori con le palle che hanno accettato di finire all'interno della parodia di un episodio dei Power Rangers o dei Cavalieri dello Zodiaco EPPURE non hanno perso la loro dignità. Perché l'unica cosa davvero orrenda del film, alla fine, è quel terrificante filtro computerizzato messo in ogni inquadratura subacquea, un'offesa agli occhi che se la gioca con l'ancora più orribile "filtro piallante" che ringiovanisce Willem Dafoe, Nicole Kidman e rende il solitamente adorabile Patrick Wilson una maschera di cera (a tratti, davvero, non sembra nemmeno lui).  Ma poi, honestly, chissenefrega del filtro pialla? Jason Momoa è seminudo per buona parte del metraggio, abbiamo davvero bisogno di altri motivi per guardare Aquaman e farci esplodere la psiche? I don't think so.


Del regista James Wan ho già parlato QUI. Amber Heard (Mera), Willem Dafoe (Vulko), Patrick Wilson (Re Orm), Nicole Kidman (Atlanna), Dolph Lundgren (Re Nereus), Graham McTavish (Re Atlan), Leigh Whannell (Pilota del cargo), Julie Andrews (voce di Karathen), John Rhys-Davies (voce di Re Brine) e Djimon Hounsou (voce di Re Ricou) li trovate ai rispettivi link.

Jason Momoa interpreta Arthur. Hawaiiano, ha partecipato a film come Batman vs Superman: Dawn of Justice, The Bad Batch, Justice League e a serie quali Baywatch Il trono di spade; come doppiatore ha lavorato in Lego Movie 2: Una nuova avventura. Anche produttore, regista e sceneggiatore, ha 40 anni e un film in uscita, Dune.


Aquaman era già comparso in Batman vs Superman: Dawn of Justice e Justice League, quindi se il film vi fosse piaciuto recuperateli. ENJOY!


mercoledì 22 maggio 2019

Keep Watching (2017)

A Vienna mi è capitato di curiosare nei negozi di DVD/BluRay e, a parte la BELLEZZA incredibile di alcune edizioni di capolavori horror (steelbook ed edizioni speciali costosette, da sbavarci sopra), ho notato un cofanettino doppio con dentro due film a me totalmente sconosciuti che, per curiosità, ho deciso di cercare on line. Uno era questo Keep Watching, diretto nel 2017 dal regista Sean Carter, l'altro era Demonic, che guarderò nei prossimi giorni.


Trama: i membri di una famiglia vengono prima spiati attraverso telecamere nascoste, poi attaccati da un gruppo di killer mascherati.



Uh, la noia. Invece di inventare qualcosa di nuovo da scrivere su Keep Watching potrei fare come i realizzatori della pellicola e rimandarvi ai link di tutti gli home invasion recensiti sul blog, tanto il film di Sean Carter è un compendio floscio di tutti i cliché possibili ed immaginabili, con un'aggravante in più: della famiglia protagonista non frega una benemerita mazza a nessuno, tanto i suoi membri sono delle figurette monodimensionali. Lo sceneggiatore non si impegna nemmeno a farci empatizzare anche solo con UNO dei personaggi e, quel che è peggio, per dar loro un po' di spessore (nemmeno a tutti), vengono appioppati a caso problemi esistenziali o economici che poco o nulla influiranno sulla trama: banalmente, a che mi serve sapere che il padre è indebitato fino al collo se poi gli "invasori" non sono dei killer mandati da eventuali strozzini? Le scene da drama queen della protagonista, con tanto di "invasori" che insistono sulla morte prematura della madre, come se quest'ultima avesse a che fare con il loro arrivo (spoiler: non è così), a cosa mirano visto che il suo atteggiamento non riesce né ad esacerbare la tensione casalinga né si intreccia in qualche modo alla natura della minaccia? Boh. Stendo un velo pietoso sul resto dei personaggi, nominalmente "moglie giovane", "figlio minore" e "zio simpatico/drogato", perché la sceneggiatura non va oltre le mere etichette che gli ho affibbiato. Perlomeno i killer hanno del mordente? Nì. L'idea di un programma dove le famiglie vengono spiate da miriadi di telecamere e uccise in diretta streaming, per quanto derivativa, è carina e il colpo di scena finale sarebbe anche simpatico, il problema è che con un titolo come "keep watching" devi trovare dei modi per farmi venir voglia di continuare, effettivamente, a guardare. Invece, dopo 5 minuti uno avrebbe già voglia di spegnere la tv, tanto quei loschi figuri mascherati hanno il medesimo carisma dei manichini (anzi, no. Dei manichini sarebbero per me agghiaccianti).


Ulteriore aggravante è lo stile che si rifà al found footage/mockumentary/video in presa diretta. Una volta piazzate le telecamere in ogni dove, allo spettatore viene offerta la possibilità di infilarsi quasi persino nel cassetto della biancheria delle vittime, e i punti di vista si moltiplicano, tra soggettive involontarie, immagini caleidoscopiche, tremolii assortiti, prospettive distorte: peccato che non ci sia una sola inquadratura che non faccia venire voglia di chiudere gli occhi per il fastidio oppure addormentarsi per il tedio di assistere a scene immerse in una penombra perenne. Un goccino di sangue, perlomeno? Ma figuriamoci, gli omicidi vengono opportunamente tagliati prima che giunga il momento clou oppure non prevedono dispendio di liquido rosso. Eh ma che noia, ribadisco, altro che Keep Watching. Al limite, potrebbero continuare a watchare gli spettatori maschili, visto che per aiutarli a rimanere svegli Bella Thorne è quasi sempre in mutande o shorts come già accadeva in quell'altra schifezza di Amityville - Il risveglio (si metta agli atti che Bella Thorne, per quanto insistano ad infilarla in queste produzioni thriller/horror, è una delle scream queen peggiori di sempre), mentre invece chi sperava di vedere Carl Grimes venire brutalmente pestato o seviziato potrebbe ricevere un'altra brutta notizia. Non posso nemmeno consigliarvi di recuperare la penultima stagione di The Walking Dead per vedergli fare la fine che merita, visto che, parlando di noia, la soap opera con occasionali zombi batte Keep Watching 20 a 0. Ma lo stesso non è un motivo per cercare e guardare questo tediosissimo filmetto.


Di Bella Thorne (Jamie) e Leigh Whannell (Matt) ho già parlato ai rispettivi link.

Sean Carter è il regista della pellicola, al suo primo lungometraggio. Americano, ha 42 anni e ha lavorato soprattutto come montatore, produttore, attore e sceneggiatore.


Chandler Riggs interpreta DJ. Meglio conosciuto come il CaVVll di The Walking Dead, il ragazzo ha partecipato a film come Mercy e doppiato un episodio di Robot Chicken. Ha 20 anni e un film in uscita.


Ioan Gruffudd interpreta Carl Mitchell. Inglese, lo ricordo per film come Wilde, Titanic, I Fantastici 4, I Fantastici 4 e Silver Surfer, Come ammazzare il capo... e vivere felici, inoltre ha partecipato a serie quali Ringer, Glee e lavorato come doppiatore in American Dad! e I Griffin. Ha 46 anni e un film in uscita.


Se Keep Watching vi fosse piaciuto recuperate You're NextThe Strangers, The Strangers: Prey at Night e il primo La notte del giudizio. ENJOY!


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