venerdì 1 luglio 2022
Black Phone (2022)
mercoledì 29 giugno 2022
Elvis (2022)
Dopo settimane di assenza, sono tornata al cinema per godermi l'ultimo film diretto e co-sceneggiato da Baz Luhrmann, Elvis.
Trama: Il colonnello Tom Parker, imbonitore di Vaudeville, scopre per caso il giovane Elvis Presley e da quel momento ne condiziona l'esistenza, nel bene e nel male...
La "cultural opera" di Baz Luhrmann è finalmente arrivata in Italia ed era uno di quei film che, nonostante conosca poco l'argomento trattato, non vedevo l'ora di guardare. Poiché ci ha messo le mani il barocco Baz, Elvis non è il solito biopic fatto a mo' di compitino per gli Oscar (anche se qui materiale per eventuali statuette ce ne sarebbe) e, benché segua comunque il tipico canovaccio del genere, riesce a sorprendere almeno chi non conosceva la storia di Elvis Aaron Presley. Innanzitutto, la vita del più famoso e iconico rocker del mondo viene raccontata da una voce narrante non proprio gradevole, ovvero quella del suo discusso e discutibile manager, il Colonnello Tom Parker. Esponente di una generazione antiquata e legata al vaudeville e ai circhi itineranti, il Colonnello Parker non rifiuta di vedere il progresso rappresentato da Elvis, anzi, lo cavalca e ne approfitta prevedendone in qualche modo il brillante futuro, eppure il suo modo di gestire le cose è molto simile a quello del padrone di un circo di freaks. Il giovanissimo Elvis, gallina dalle uova d'oro se mai ce n'è stata una, diventa per Parker la merce preziosa da blandire, curare e proteggere, dandogli un'illusione di libertà che non può esulare da un guinzaglio assai corto e da un controllo pressoché totale. Il circo di Elvis era, ed è rimasto per tutta la sua vita, l'America scossa da tragedie, guerre, movimenti civili, un circo zeppo di cambiamenti continui che, di conseguenza, il Colonnello Parker ha tentato di restringere sempre più, fino a confinare Elvis nella città senza tempo per eccellenza, Las Vegas, dove in effetti il mito di Elvis si è cristallizzato per arrivare intonso fino ai nostri tempi, con immagini e mise facilmente riconoscibili anche dai non appassionati. Se l'artefice principale del successo di Elvis è anche il villain della storia narrata, Luhrmann sta bene attento a non santificare Elvis e ce lo consegna con tutte le sue fragilità ed ingenuità da ragazzo di campagna cresciuto troppo in fretta, da uomo folgorato dall'amore per la musica a prescindere da razza, sesso ed età, al punto da farne la sua unica ragione di vita, ma ne viene sottolineata anche la debolezza di carattere che portava l’artista ad alzare le testa per pochi, importanti istanti, prima di soccombere nuovamente ai consigli fraudolenti (o all’incapacità) di chi più di tutti avrebbe dovuto tutelarlo.
L'aspetto apprezzabile di Elvis è la scelta degli sceneggiatori di non indulgere (come sarebbe stata prassi per un biopic strappalacrime) nella fase di declino dell'artista, cosa che avrebbe rischiato di trasformare il film in un polpettone strappalacrime su un ciccione strafatto, bensì di dare maggior spazio all'aspetto meno universalmente conosciuto del cantante. Prima di diventare l'icona "kitsch" di Las Vegas, Elvis è stato infatti il trait d'union tra la musica nera e il country dei bifolchi bianchi, un elemento di ribelle, pericolosa instabilità in un'epoca di contestazioni civili e pesantissime tensioni razziali. La natura universale della sua musica suscita ammirazione tanto quanto provocano sgomento gli arresti e i tentativi di censura, e commuove la vista di un Elvis pronto a cantare alla Nazione nei momenti più neri di quest'ultima mentre attorno a lui si mobilitano interessi economici pronti a schiacciarlo e zittirlo. Il declino di cui sopra viene compresso nel finale e ridotto a pochi episodi fondamentali che lasciano tuttavia spazio alle immagini reali di una delle ultime esibizioni di Elvis, gonfio e praticamente immobile ma ancora dotato di una voce fenomenale e della capacità di mettere cuore ed anima nell’esibizione, elemento, quest’ultimo, che caratterizza tutti gli splendidi numeri musicali di cui il film è costellato, nonostante Elvis non sia un musical, e che condiziona lo stile con cui è stata confezionata la pellicola.
A fronte di un comparto tecnico fenomenale, soprattutto a livello di costumi e scenografie, che rimane costante dall’inizio alla fine, la regia di Baz Luhrmann e il montaggio si modificano adattandosi alle varie fasi della carriera di Elvis. L’inizio, frenetico e scoppiettante, dove ciò che vediamo è filtrato dapprima dallo stupore e poi dalle macchinazioni del Colonnello Parker, e in buona parte influenzato dalla natura anticonformista degli artisti che hanno contribuito alla formazione del Re del Rock, al punto che molto spesso i giri di macchina e il montaggio seguono il ritmo della musica, lascia a poco a poco spazio ad uno stile più lineare, quasi “banale”, che torna tuttavia a stupire ogni volta che Elvis sceglie di abbracciare nuovamente la sua anima ribelle, la musica, il pubblico, “staccandosi” letteralmente dai prosaici problemi terreni di soldi, contratti e merchandising. Per quanto riguarda la musica, hit del passato si mescolano all'omaggio di artisti presenti, in un continuo alternarsi di stili ed epoche che, giustamente, sottolineano come senza Elvis, B.B. King, Little Richards e gli altri esponenti della loro generazione, non esisterebbe la maggior parte dei generi odierni, rap e trap compresi, e come la musica non abbia epoca né confini, come ci insegna da anni Luhrmann. Assai coinvolgenti anche le interpretazioni non solo di Austin Butler, perfetto nei panni di un Elvis bello, fragile e sensuale, pronto a regalare una performance capace di superare l'imitazione fine a sé stessa nonostante le tipiche mosse del Re siano riproposte in maniera quasi filologica, ma soprattutto quella di Tom Hanks, finalmente distante dal ruolo di vicino buono della porta accanto; il Colonnello Perkins è un abietta macchia di muffa nel salotto, un falso voltagabbana della peggior specie, e al di là del trucco sotto cui è sepolto sono proprio gli occhi e gli atteggiamenti di Hanks a veicolare tutto lo schifo che dovevano provare per Perkins i pochi che ancora avevano occhi per vedere oltre il bagliore del lusso e dei soldi da spremere a Elvis. In definitiva, direi quindi che Elvis mi è piaciuto molto: non siamo ai livelli di Moulin Rouge o Romeo + Juliet, ci mancherebbe, ma di sicuro l'ho apprezzato molto più de Il grande Gatsby, quindi vi consiglio di correre a vederlo!
Del regista e co-sceneggiatore Baz Luhrmann ho già parlato QUI. Tom Hanks (Colonnello Parker), David Wenham (Hank Snow), Olivia DeJonge (Priscilla), Kelvin Harrison Jr. (B.B. King) e Kodi Smit-McPhee (Jimmie Rodgers Snow) li trovare invece ai rispettivi link.
Austin Butler interpreta Elvis Presley. American, ha partecipato a film come Yoga Hosers, I morti non muoiono, C'era una volta... a Hollywood e a serie quali Hannah Montana, CSI: Miami e CSI: NY. Anche, ha 31 anni e un film in uscita, Dune - Part Two.
martedì 28 giugno 2022
Spiderhead (2022)
venerdì 24 giugno 2022
Slaxx (2020)
Avendo poco tempo e cercando quindi qualcosa di breve ma divertente che mi tirasse un po' su il morale ho recuperato Slaxx, diretto e co-sceneggiato nel 2020 dalla regista Elza Kephart.
Trama: alla vigilia della presentazione di un'importante collezione di abiti, un negozio diventa il teatro degli efferati omicidi di un paio di... jeans.
Di robe strane che ammazzano gente è pieno il cinema horror e sapete bene che la mia preferita, per esempio, è lo One Eyed Monster di Ron Jeremy, attualmente ancora inarrivabile, ma alla fine anche i jeans assassini non sono male. Slaxx è un perfetto esempio del filone, nonché un filmettino di evasione che ha talvolta la pretesa di farci pensare attraverso amare risate e che inanella una serie di omicidi abbastanza splatterosi ai danni di personaggi incredibilmente sopra le righe. Protagonista è Libby, ingenua fanciulla alla prima esperienza lavorativa che non vede l'ora di diventare parte della famiglia della CCC, Canadian Cotton Clothiers, una di quelle catene in stile H&M o Gap che trova la sua ragione d'essere nell'eco-sostenibile e nell'employer friendly, oltre che nel politically correct (il motto del "guru" aziendale, del geniale creatore della baracca, è una roba tipo "believe, become, be loved" o giù di lì); Libby ovviamente ci metterà meno di cinque minuti a capire che dietro a tante belle parole si cela un'umanità di merda, fatta di arrivisti e persone alle quali il messaggio umanitario ed ecologico frega meno di zero, ma quello diventerà l'ultimo dei suoi problemi allorché il pezzo forte della nuova collezione, un paio di jeans capaci di adattarsi al corpo di chiunque, si metterà ad andare in giro ad ammazzare gente, per un motivo che diventerà chiaro più o meno verso metà del film. Fondamentale per il funzionamento di Slaxx è l'unità di tempo e di luogo, che crea ansia nei personaggi e rende più credibile l'assunto fuori di testa: i commessi sono infatti in "lockdown" fino al mattino, senza possibilità di uscire o entrare dal negozio né di utilizzare cellulari o tablet, questo per evitare che spiacevoli spoiler della nuova collezione possano trapelare all'esterno prima della cosiddetta Monday Madness, quando i clienti sciameranno nel punto vendita per accaparrarsi gli ambiti jeans.
In Slaxx dunque, lo avrete capito, c'è tutto. C'è la critica al capitalismo, il dito puntato contro realtà solo apparentemente "umanitarie" e filantropiche, un romeriano sottolineare come siamo tutti zombi privi di cervello, attirati dalle mode e aizzati dagli influencer (ecco, il personaggio di Peyton Jules, una sorta di Chanel Oberlin ancora più svampita, l'avrei sfruttato più a lungo), ciechi davanti ai ragionamenti più elementari (cotone organico e raccolto senza sfruttamento my ass: quale cotone organico consentirebbe a dei jeans di adattarsi alla forma del corpo umano?), e tanti altri atti di accusa che tuttavia si perdono nel contesto goliardico della pellicola, anche se sul finale si fa tutto molto più cupo. Poco danno, ovviamente, perché molti personaggi sono casi umani facilmente riconoscibili e anche l'intera situazione, jeans assassini a parte, non è poi così lontana dalle realtà aziendali fatte di pochi elementi invasati che meriterebbero di morire male, per questo molti degli omicidi vengono accolti come una catarsi divertente quanto i dialoghi che costellano il film. Tra l'altro, ai jeans viene conferita una forte personalità grazie a pochi tocchi geniali che, spesso, li fanno risultare più simpatici delle loro vittime e se volete sapere come è stata animata una delle sequenze più esilaranti della pellicola vi consiglierei di non saltare i titoli di coda, che oltre a mostrare un po' di backstage, rivelano il destino di uno dei personaggi. Certo, a proposito di creature assurde con velleità omicide, qui non siamo minimamente ai livelli dell'adorabile Benny Loves You, che continua a rimanere film del cuore, ma per una serata a base di risate ignoranti Slaxx è perfetto e ne consiglio il recupero!
Elza Kephart è la regista e co-sceneggiatrice della pellicola. Canadese, ha diretto film come Sexy Zombie Hospital e Go in the Wilderness. Anche produttrice e attrice, ha 45 anni.
martedì 21 giugno 2022
Veneciafrenia (2021)
venerdì 17 giugno 2022
Bolla Loves Bruno: Trappola di cristallo (1988)
martedì 14 giugno 2022
Offseason (2021)
Altro film consigliato da Lucia, altro regalo. Oggi parlerò di Offseason, presentato al Torino Film Festival 2021, scritto e diretto nel 2021 dal regista Mickey Keating.
Trama: dopo che dei vandali hanno distrutto la tomba della madre, Marie è costretta a tornare sull'isola dove sono nate entrambe e si ritrova bloccata senza possibilità di tornare sulla terraferma...
Di Joe Swanberg (George Darrow), Richard Brake (l'uomo del ponte), Jeremy Gardner (il pescatore) e Larry Fessenden (H. Grierson) ho già parlato ai rispettivi link.
Mickey Keating è il regista e sceneggiatore della pellicola. Americano, ha diretto film come Carnage Park. Anche produttore e attore, ha 31 anni.
Se Offseason vi fosse piaciuto, fate un salto QUI e recuperate tutto questo ben di Cthulhu. ENJOY!