Trama: nove anni dopo gli eventi di Insidious 2, la vita dei Lambert è andata avanti e Dalton ha cominciato il primo anno di college, ma l'Altrove è sempre in agguato...
Che fatica, signori. La saga Insidious, come saprete se avete letto i miei ultimi post a tema, non è mai stata una delle mie preferite, ma siccome le uscite horror al cinema latitavano, coi miei amici abbiamo deciso di tentare il quinto capitolo. Ripassone alla mano, mi sono nuovamente immersa nel mondo creato da James Wan e Leigh Whannell nel 2010 e, purtroppo, anche stavolta la mia pur alta soglia di noia è stata superata. Cambiano i registi (Patrick Wilson si è messo per la prima volta dietro la macchina da presa), cambia lo sceneggiatore, invecchiano/crescono/muoiono i protagonisti, ma la solfa è sempre la stessa: gli abitanti dell'Altrove hanno per il belino di rimanere confinati in una dimensione dove tutto è grigio e nebbioso, e bramano di tornare nel regno umano, possedendo i corpi di chi è tanto incauto (o sfigato) da finire nel loro regno e lasciare aperte le porte manco fosse un novello Gianni Morandi. Dopo due capitoli dedicati alla medium Elise Brenner, non è un mistero che i riflettori sarebbero tornati sulla famiglia Lambert e che, quindi, la storia avrebbe ripreso a scorrere in ordine cronologico. Sono passati nove anni da quando papà Josh e il piccolo Dalton si sono liberati dai demoni che li perseguitavano e hanno scelto di dimenticare quanto accaduto loro. Proprio in questa scelta comincia e finisce l'aspetto più interessante della pellicola, ma qui qualche spoiler devo farlo, quindi occhio.
SPOILER
L'unico aspetto originale di Insidious - La porta rossa è il dramma familiare che nasce nel momento in cui, finalmente, qualcuno ha capito che non ha senso legare la felicità di genitori e figli all'essere sopravvissuti a piaghe paranormali della peggior specie. Perché la povera Renai avrebbe dovuto voler rimanere legata a un tizio che rischia di portarle i demoni in casa e, tra l'altro, è stato pure posseduto e conseguentemente colto da follia omicida? Perché l'inutile figlio Foster dovrebbe bersi le bugie della madre, che da anni gli dice che le immagini di papà in modalità Jack Torrance erano tutto un incubo, frutto della sua immaginazione? Perché Josh e Dalton dovrebbero andare d'accordo dal momento che entrambi hanno perso un anno della loro vita e sono rimasti privi di ricordi fondamentali? Certo, purtroppo sul finale tutti questi ragionamenti sensati vanno in vacca e l'happy ending vuole che, una volta recuperati i ricordi, Renai accetterà probabilmente di riavere in casa le due calamite per la sfiga, ma quella di insegnare ai personaggi (e conseguentemente agli spettatori) la necessità di affrontare i traumi senza rimuoverli, pena il rimanere incompleti e "difettati" è un'idea lodevole e abbastanza ben sviluppata.
FINE SPOILER
Il resto, ahimé, è la solita minestra riscaldata in salsa horror, che ripropone gli stessi ambienti, oggetti di scena e mostri presenti negli altri capitoli della saga, al punto che neppure i jump scares (presenti, peraltro, quasi esclusivamente dal secondo tempo in poi) riescono più ad essere efficaci. Patrick Wilson ci si impegna come regista e come attore, e si vede che ama sia il genere horror che la saga che, assieme a quella di The Conjuring, l'ha riportato al successo, ma cavare sangue da una rapa è dura anche per lui. Ciò detto, riesce comunque a ritagliarsi le sequenze più efficaci, tra cui una che sarebbe tanto piaciuta al mio claustrofobico padre; inoltre, da artista della domenica, la commistione tra arte e orrore mi piace sempre tantissimo, quindi ho apprezzato molto che Dalton sia diventato un pittore provetto e, soprattutto, che la sua graduale presa di coscienza sia legata alla progressione dei lavori su fogli e tela. Il problema di Dalton, ahimé, risiede nell'assoluta mancanza di personalità e carisma di Ty Simpkins (e pensare che in The Whale l'avevo trovato bravino!), che riesce a farsi "mangiare" non solo da papà Patrick, ma persino dalla spalla femminile che gli hanno messo accanto, mentre un paio di personaggi fondamentali per i capitoli precedenti sono qui ridotti all'apparire in brevi cameo che vanno dall'imbarazzante al melenso. La visione di Insidious - La porta rossa al cinema mi ha ricordato perché ho recuperato i capitoli dal due al quattro solo in streaming e dopo tredici anni dall'uscita del primo, ma se non altro il franchise è rimasto coerente dall'inizio alla fine: noiosino e banalotto era all'inizio, noiosina e banalotta è stata anche la fine. E speriamo sia davvero finita lì!
Del regista Patrick Wilson, che interpreta anche Josh Lambert, ho già parlato QUI. Ty Simpkins (Dalton Lambert), Rose Byrne (Renai Lambert), Steve Coulter (Carl), Leigh Whannell (Specs), Angus Sampson (Tucker) e Lin Shaye (Elise Rainer) li trovate invece ai rispettivi link.
Mentre la saga principale di Insidious dovrebbe concludersi col quinto film, si parla già di uno spin-off dal titolo Thread: An Insidious Tale, che al momento vede nel cast Mandy Moore e Kumail Nanjiani (il fatto che una sia la voce storia di Rapunzel, l'altro un membro degli Eternals e il regista/sceneggiatore Jeremy Slater uno dei creatori della serie Moonknight fa di questo spin-off un prodotto Disney?). Non tratterrò il fiato nell'attesa ma, vi pungesse vaghezza di fare un ripasso, potete trovare tutti i miei "illuminati" commenti sulla saga QUI. ENJOY!
Maronn'. A me Wan piace, e anche molto, ma la saga di Insidious non mi ha mai detto nulla e anche quest'ultimo capitolo dove tutti si sono chiamati fuori tranne gli attori non fa eccezione!
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