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domenica 13 marzo 2011

Piranha 3D (2010)

Dopo la visione di tre film meravigliosi ed impegnati come Il discorso del re, Il grinta e Il cigno nero, il mio cervello aveva bisogno di una “lavata” e tornare a regimi più terra terra per poter riprendere a funzionare. Così ieri sera sono andata a vedere Piranha 3D, diretto da Alexandre Aja ed uscito in Italia con ovvio e spaventoso ritardo (uscita USA: agosto 2010… ). Ancora una volta ho avuto la dimostrazione che non bisogna mai dare letta a quel che si legge, prima di andare a vedere un film…

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Trama: Lake Victoria, tempo di Spring Break. Peccato che la festa rischi di tramutarsi in una carneficina quando il lago affollato di bagnanti viene invaso da branchi di piranha preistorici. Un gruppetto di superstiti cercherà ovviamente di fermare le mordaci bestiole.

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Girando per la rete e dando un’occhiata alle varie recensioni mi sono resa conto che il “critico” medio è fondamentalmente uno snob, uno che va a vedere un film intitolato Piranha… e si aspetta di trovarci dentro la poesia, la perfezione, il messaggio impegnato. Effettivamente, il buon Joe Dante, che già negli anni ’80 ci aveva infuso il timore atavico di ricevere un morso nelle chiappe da parte di branchi di pesci zannuti, dava la colpa di tutto alla sconsideratezza umana e all’inquinamento, cercando di farci un po’ riflettere. Ma, guardiamo in faccia la verità: di questi tempi quale teenager o ventenne medio recepirebbe un simile messaggio, vista la realtà in cui viviamo? Quindi Aja non ci prova neppure, e confeziona un film perfetto. Non mi vergogno ad ammetterlo. Piranha 3D è perfetto nel suo essere puro, decerebrato e catartico entertainment: mette la giusta ansia, regala gore a fiumi, è perfidamente ironico, a tratti anche un po’ trash ed omaggia i fan e i nostalgici degli anni ’80 con delle guest appearence quasi commoventi.

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L’unica pecca che trovo a Piranha 3D, sorvolando su qualche ovvio “sbragamento” a livello di trama (il proprietario di un negozio di pesca in un paesino sperduto che è praticamente il massimo esperto mondiale di pesci preistorici, un’esplosione subacquea e altre piccole prodezze…) è proprio il 3D. Inutile come al solito, rischia anzi di rovinare le splendide riprese subacquee del film, aprendolo con un orrendo vortice digitale che inghiotte una povera barchetta solitaria e relativo pescatore solitario. Per il resto, gli effetti speciali (Nicotero & Berger, mica pizza e fichi!!) sono da voto 10 e anche abbastanza impressionanti visto che Aja non ci risparmia scarnificazioni, smembramenti, corpi che si spezzano in due, facce che vengono via e quant’altro. A dire il vero il sangue scorre a fiumi, ma non quanto il silicone: a momenti ci sono più tette, culi e (come direbbe la Elliott di Scrubs) baginghe che sangue, oltre che un picco trash non indifferente quando due pescetti si contendono il membro di una delle povere vittime (sputandolo poi peraltro disgustati, non oso immaginarne il motivo…), quasi a rimarcare il target per cui è stato confezionato Piranha 3D. Niente di troppo serio comunque, l’ironia la fa da padrona anche in questo caso, e fortunatamente gli attori l’hanno capito, perché non ce n’è uno che non reciti al meglio e nella piena comprensione dello spirito tamarro di un simile film. Assolutamente perfetti Jerry O’ Connell nei panni del laido produttore di filmati pornografici e anche le partecipazioni speciali di gente del calibro di Eli Roth nei panni di un improbabile dj impegnato nella presentazione di Miss Maglietta Bagnata, il mitico Christopher Lloyd che ci riporta ai tempi in cui, con faccia spiritata, avvertiva Marty dei pericoli legati ai paradossi spazio – temporali, l’invecchiato Ving Rhames che spazza via piranha a colpi di pale di motoscafo e, per finire, Richard Dreyfuss nei panni del pescatore solitario, sopravvissuto a Lo Squalo ma non ai Pirahna, ahilui. Da vedere, magari con un megapacco di popcorn tra le mani!

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Del regista Alexandre Aja ho già parlato qui. Eli Roth (che si sta piano piano avvicinando a diventare il mio idolo) lo trovate qua, il divino Christopher Lloyd invece è stato nominato in questo post.

Jerry O’ Connell interpreta Derrick. Americano, tra i suoi film ricordo il bellissimo Stand By Me – Ricordo di un’estate, Jerry Maguire, l’esilarante Giovani, pazzi e svitati e Scream 2. Ha inoltre partecipato alle serie Il mio amico Ultraman e I viaggiatori. Anche regista, sceneggiatore e produttore, ha 37 anni.

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Elisabeth Shue interpreta lo sceriffo Julie. Indimenticabile nei panni della ragazza di Marty (a proposito di Doc!) in Ritorno al futuro II e III, tra gli altri film in cui compare segnalo Karate Kid - Per vincere domani, Link, 4 fantasmi per un sogno, L’uomo senza ombra e Nascosto nel buio. Anche produttrice, ha 48 anni e due film in uscita.

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Ving Rhames (vero nome Irving Rameses Rhames) interpreta il poliziotto Fallon. A proposito di personaggi indimenticabili, quest’uomo è stato nientemeno che il Marcellus Wallace di Pulp Fiction, oltre ad aver partecipato a film come La casa nera, Il bacio della morte, Mission: impossible, Striptease, Con Air, Out of Sight, Al di là della vita e L’alba dei morti viventi e aver doppiato l’agente Bubbles nello splendido Lilo & Stitch. Ha anche partecipato ad alcuni episodi di Miami Vice e E.R. Newyorchese, anche produttore, ha 52 anni e 4 film in uscita.

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Richard Dreyfuss interpreta lo sfortunato Matt Boyd. Attore americano, oltre che per il già citato Lo Squalo lo ricordo per film come Il laureato, Incontri ravvicinati del terzo tipo, Stand by me – Ricordo di un’estate, Pazza, Always per sempre, il meraviglioso Rosencrantz e Guilderstern sono morti e Rosso d’autunno. Per la TV, ha lavorato nelle serie Vita da strega e Weeds, oltre ad aver doppiato un episodio de I Griffin. Anche produttore, sceneggiatore e regista, ha 64 anni e tre film in uscita.

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Tra le altre guest star presenti nella pellicola segnalo Ricardo Chavira, il mitico Carlos delle Desperate Housewives, nei panni di uno sfortunatissimo sub, Frank Khalfoun, regista di P2: livello del terrore (film scritto da Alexandre Aja), in quelli di un poliziotto e, infine, Gregory Nicotero, responsabile degli effetti speciali del film, nel ruolo di un marinaio. Avrebbero dovuto essere presenti anche Joe Dante e James Cameron (registi rispettivamente di Piranha e Piranha paura) nei panni di capitani, ma quest’ultimo era troppo impegnato, pare, per partecipare. Ovviamente, è già in cantiere il seguito, Piranha 3D: The Sequel, che dovrebbe uscire in America ad agosto e sarà diretto da John Gulager, regista del famoso Feast, che devo ancora vedere. Tra gli interpreti, segnalo Tara Reid, già vista in Urban Legend, American Pie e Cruel Intentions. Inoltre, pare che i fan potranno scegliere quale personaggio famoso fare morire durante il film. Andiamo bene…Comunque, se vi piace questo genere di film sanguinosissimo ma faceto, divertitevi a cercare e guardare Tagli al personale, Ammazzavampiri, Denti o Giovani diavoli. E ora vi lascio con il trailer originale del Piranha di Joe Dante... inquietante nonostante l'età!! Enjoy!

domenica 2 gennaio 2011

Megamind (2010)

Lo scontro cinematografico di fine anno, almeno per me, non è stato tra i due cinepanettoni che hanno invaso le sale a colpi di wakawaka e starlette seminude, ma tra i due cartoni animati a base di supercattivi, Cattivissimo me e il più recente Megamind, diretto da Tom McGrath. Purtroppo per la Dreamworks, ha vinto il primo, e di lunga misura!

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Trama: Megamind è un alieno “malvagio” impegnato fin dall’infanzia in una lotta contro la sua nemesi naturale, il supereroe Metroman. Quando, inaspettatamente, Megamind riesce a fare fuori il protettore della città, il supercattivo si ritrova privo di uno scopo nella vita e decide di rimediare, creando un nuovo supereroe…

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Sarà che ho adorato Cattivissimo me. Sarà che ero reduce da una giornata massacrante. Sarà che ormai ne ho visti troppi… ma questo Megamind non mi ha convinta più di tanto. Innanzitutto cominciamo col dire che come trama è assai meno originale di Cattivissimo me e si basa molto sul mito e le origini di Superman, quindi si ammanta di quell’alone di “già visto” che fa un po’ storcere il naso (parodie su Clark Kent e compagnia bella ne sono già state fatte a bizzeffe…). Come seconda cosa Megamind è un cattivo molto meno incisivo di Gru: si vede da subito che non ne ha troppa voglia, non è convinto, non è davvero bastardo dentro, quindi anche il suo ovvio cambiamento arriva in modo prevedibile e fin troppo rapido, grazie al tipico personaggio femminile carismatico e fighetto. Terzo, i momenti esilaranti sono troppo pochi, e quasi tutti legati alla strepitosa colonna sonora. Il finale sulle note di Bad di Michael Jackson o la sequenza scandita da Welcome to the Jungle dei Guns’n’Roses sono strepitosi, ma di nuovo: BASTA usare canzoni cool per ravvivare i cartoni animati, è dal primo Shrek che lo fanno, quindi ormai sono quasi dieci anni, diciamo che l’effetto novità è un pochino esaurito.

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Certo, non si può dire che Megamind sia brutto. Il 3D è inutile come sempre ma la grafica strepitosa a tratti ci fa illudere di trovarci davanti ad un telegiornale o ad un film live action: le scene dove Roxanne è in bilico in cima al grattacielo o viene sballottata in aria da Titan mi hanno messo le vertigini, tanto che ho dovuto distogliere lo sguardo e pensare ad altro (non so che farci, mi fanno soffrire certe sequenze…); inoltre la “spalla” del supercattivo che, guarda un po’, si chiama anche lui Minion, è di una dolcezza disarmante ed è sicuramente il personaggio più riuscito dopo il narcisista Metroman ( - Ti amiamo, Metroman! – E io amo TE, cittadino qualunque!!), che con il lungo flashback risolutivo vince indubbiamente la palma d’oro per il personaggio più paraculo dell’anno. Se dovessi trovare un momento preferito, sicuramente è quello in cui viene introdotta la mitica figura del Padrino Spaziale (un nano capelluto che parla come Marlon Brando nel Padrino e che, a ripensarci, potrebbe essere un riferimento ai vecchi film di Superman, dove il compianto Marlon interpretava proprio il padre del supereroe…) accompagnato ovviamente dalla Madrina, un improbabile Minion con parrucca bionda e grembiulino rosa. Insomma, io fossi in voi eviterei di pagare 10 o più euro per guardarvelo al cinema e aspetterei di affittarlo… questo a meno che non siate in crisi da mancanza di cinema e l’alternativa fosse andare a vedere un cinepanettone. Allora, nel dubbio, andate a vedere Megamind, ovviamente!

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Parecchie le guest star tra i doppiatori della versione originale. Brad Pitt, di cui ho già parlato qui, doppia Metroman, mentre Ben Stiller, che trovate qua, presta la voce a Bernard, anche se in origine il ruolo di Megamind era stato offerto proprio a lui (e a Robert Downey Jr., per la cronaca).

Tom McGrath è il regista della pellicola. Tra i suoi altri lavori ricordo Madagascar, Madagascar 2 – Via dall’isola e qualche episodio del geniale The Ren & Stimpy Show. Americano, ha 45 anni.

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Will Ferrell doppia Megamind nella versione originale del film. Uno degli ultimi comici americani ad aver spopolato anche all’estero (e uno di quelli che preferisco di meno…) ha partecipato a film come Austin Powers, Austin Powers – La spia che ci provava, Jay & Silent Bob… fermate Hollywood!, Zoolander, Elf, Starsky & Hutch (dove si profonde in uno splendido cameo XD), il geniale Anchorman: the Legend of Ron Burgundy, Wedding Crashers e Talladega Nights: the Ballad of Ricky Bobby, inoltre ha doppiato serie come Mucca e Pollo, The Angry Beavers e I Griffin. Ha 43 anni e un film in uscita.

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David Cross doppia Minion. Attore americano, lo ricordo per piccoli ruoli in film come Mr. Destiny, Il rompiscatole, Men in Black, Small Soldiers, Ghost World, Scary Movie 2, Men in Black II, Se mi lasci ti cancello ed Alvin Superstar; ha inoltre prestato la voce alla Gru di Kung Fu Panda e doppiato un episodio de I Griffin. Ha 46 anni e due film in uscita, tra cui il seguito di Kung Fu Panda.

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Justin Theroux presta la voce al padre di Megamind. Americano, tra i suoi film segnalo American Psycho, Mulholland Drive, Zoolander e Charlie’s Angels: più che mai, ha inoltre partecipato ai telefilm Alias e Six Feet Under. Ha 39 anni e tre film in uscita.

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Se vi fosse piaciuto il genere, Megamind non è il primo film d’animazione a trattare il tema dei supereroi. Ben più riusciti, a mio avviso, sono Gli Incredibili e Mostri contro alieni, che vi consiglio di cercare e vedere. Un ultimo avviso prima di lasciarvi al trailer originale del film: rimanete almeno fino a metà dei titoli di coda, c’è un simpatico siparietto con Minion e Bernard. E ora.. ENJOY!


giovedì 21 ottobre 2010

Cattivissimo me (2010)

E’ bello vedere che i cartoni animati, da che mondo è mondo, non ti ingannano mai. Se un trailer ispira fiducia, al 99% anche il cartone animato sarà bello, mentre se il trailer è un’idiozia si sa già che la pellicola potrà essere evitata a pié pari, cosa che purtroppo non è sempre possibile fare con i film. Nel caso di Cattivissimo me (Despicable me), dei registi Pierre Coffin e Chris Renaud, il film mantiene quel che il trailer promette: momenti esilaranti, personaggi geniali e una storia molto bella.

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Trama: Gru è un supercattivo che si ritrova in una fase di empasse, con le nuove generazioni di criminali che riescono ad eseguire furti molto più spettacolari dei suoi. Per recuperare un’arma indispensabile al suo nuovo piano decide di adottare tre adorabili bimbette, con l’intenzione di sbarazzarsene una volta raggiunto lo scopo, ma col tempo anche il cattivissimo Gru scopre di avere ancora un cuore…

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Il primo esponente dell’”invasione dei supercattivi animati” (sotto Natale uscirà Megamind) merita davvero anche più di una visione. Dopo Monsters & co. e il più recente Mostri contro Alieni, che raccontavano il punto di vista di mostri comunque buoni, ora finalmente gli animatori hanno fatto il salto di qualità e hanno deciso di raccontare la storia dal punto di vista di un cattivo vero e proprio, creando una storia godibile a più livelli, allo stesso tempo più adulta ma anche più infantile rispetto a quelle dei suoi due “predecessori”. Gru è davvero despicable, ovvero spregevole più che cattivissimo: scoppia palloncini ai bambini, ghiaccia le persone in coda davanti a lui, spacca le macchine parcheggiate, inquina l’aria, minaccia i vicini, ruba e chi più ne ha più ne metta, senza contare che non si vergogna assolutamente del suo modo di essere. Però c’è qualcosa, oltre alla “mostruosità”, che lo lega ai protagonisti degli altri due film che ho citato: oltre che uno stile di vita quello di essere malvagio per lui è anche un lavoro. E qui la sceneggiatura apre la via a una feroce ed acutissima satira legata all’attuale crisi globale e USA, presentandoci un’inquietantissima Banca del male (ex Lehman Brothers, ovviamente!), uno stuolo di collaboratori stipendiati dallo stesso Gru per aiutarlo nelle sue imprese criminali (i meravigliosi Minions, presenza preponderante del film, il cui nome è proprio quello con cui si indicano comunemente i tirapiedi in inglese) e l’incubo della disoccupazione e del licenziamento per mancanza di fondi. Questa satira, ovviamente, viene addolcita dalla parte più infantile e formativa del film, quella in cui Gru, grazie all’arrivo delle tre meravigliose pesti che è costretto ad adottare per seguire uno dei suoi piani, si riscopre umano e molto più abile come papà che come cattivo, insegnando così ai piccoli spettatori che il calore di una famiglia, per quanto strana, è la cosa più importante nella vita. Credo sia la prima volta che mi capita di vedere il passato del protagonista di un cartone animato, segnato dalla presenza di una madre insensibile e distante, utilizzato come giustificazione del suo carattere: Gru si commuove nel leggere la storia dei tre micini e della loro dolce mamma e si rifiuta fino all’ultimo di dare il bacio della buonanotte alle bimbe, memore di un’infanzia priva di affetto. L’ovvia catarsi finale porta anche la mamma di Gru a ravvedersi, ma non troppo in fin dei conti.

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Al di là dei significati più seri, però, parliamo di quello che alla fine mi attira inevitabilmente al cinema a vedere questo tipo di cartoni: lo sterminato numero di gag. Cattivissimo me è popolato da personaggi secondari uno più esilarante e meglio caratterizzato dell’altro, che sono un degno complemento dello splendido protagonista e che, spesso, gli rubano la scena. Le tre bimbette sono deliziose e ognuna di loro racchiude in sé un aspetto di Gru: la più grande è caustica ed intelligente, quella di mezzo è “malvagia” quanto lui e la piccoletta, pucciosetta da morire, incarna tutta l’infantile innocenza che il Cattivissimo nasconde nel cuore. L’interazione della strana famigliola crea delle situazioni divertentissime (la scena in cui Gru, dopo aver abbandonato le piccole, si trova una testa di bambola nel letto, come succede ad uno dei protagonisti del Padrino, ha rischiato di uccidermi dalle risate), ma mai divertenti come quelle a cui danno vita lo sterminato numero di Minions. Questi esserini giallini, dal vocabolario ridottissimo e dall’intelligenza ancora più ridotta, entrano nel cuore, tanto che questo è l’unico cartone animato che merita i soldi del 3D solo per come consente di vedere il siparietto di queste creature che cercano, durante i titoli di coda, di raggiungere il pubblico in sala inventandosi mille modi per uscire dallo schermo. I miei momenti preferiti comunque sono quelli in cui i Minions al supermercato si mettono a cantare Copacabana versione karaoke, quando si mettono in fila per ricevere il bacino di Gru e tutte le volte che si picchiano o si fanno i dispetti. Dovrebbero emanare una legge che obblighi la presenza nelle case di almeno dieci o venti di queste bestiette, sul serio.

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Vorrei spendere due parole anche per lo sfigatissimo villain Vector, con le sue armi lancia – piranha e seppie, la panza che esce dalla tutina attillata e il mega impianto per la Wii sopra una gigantesca vasca per gli squali, per il geniale Dottor Nefarius, che con la sua sordità crea invenzioni impagabili come i disco – robot e lo sparapuzzette, per l’infamissima direttrice dell’orfanotrofio che infila le bambine nella scatola della vergogna e si emoziona quando Gru la chiama “burro” in spagnolo, dandole dell’asino, e infine per le cariatidi che reggono le colonne del corridoio della banca del male, sempre più gobbe mano a mano che Gru lo percorre, finché l’ultima è definitivamente spiaccicata sotto il loro peso. Spettacolare poi l’inizio, un’impietosa satira del turista americano medio e una stilettata cattivissima agli australiani, il cui monumento nazionale parrebbe essere un’enorme lattina di birra. Non è tutto oro quello che luccica, ovviamente. Per esempio, per quanto non disdegni mai un tocco di sano trash, le citazioni musicali anni ’70 ormai hanno fatto il loro tempo, e il balletto finale dei personaggi sulle note di You Should Be Dancing dei Bee Gees è un po’ troppo tirato per i capelli e risulta decisamente banale, quasi un riempitivo per allungare il cartone. E cacca a piene mani sulla versione italiana di Cattivissimo me: dopo un bellissimo doppiaggio e un’accettabile canzone di Giorgia mi ci mettete un’orrida patacca del Mercatone Uno a coprire l’insegna del supermercato dove vanno a comprare i Minions??? Ma è come se al posto dell’insegna del Kwick – e – mart di Apu ci mettessero quella del Dìperdì! Vorrei davvero sapere chi è l’imbecille che ha tirato fuori una simile idea solo per raccattare due soldi di sponsor, visto che l’immagine che ne risulta è decisamente imbarazzante… Ma, a parte questo, Cattivissimo me è un altro film che mi sento di consigliare vivamente.

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Di Julie Andrews, che in originale doppia la stronzissima madre di Gru, ho già parlato qui, mentre Will Arnett, che presta la voce al cupo Mr. Perkins, lo trovate qua.

Pierre Coffin è uno dei due registi del film, al suo secondo lavoro. Francese, ha 43 anni.

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Chris Renaud è l’altro regista del film, anche lui al secondo lavoro dopo aver già diretto un corto che ha per protagonista lo Scrat de L’era glaciale. Americano, ha 44 anni.

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Steve Carell doppia Gru nella versione originale. Ammetto di non amare troppo quello che è uno dei più “nuovi” comici americani, anche se la sua interpretazione in Little Miss Sunshine è fenomenale, però qualche film dove compare l’ho visto, come Una settimana da Dio e Anchorman: The Legend of Ron Burgundy. Ha 48 anni e due film in uscita. 

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Jason Segel presta la voce a Vector nella versione originale. Questo attore rimarrà sempre nel mio cuore per il ruolo del tontolone Marshall nella serie How I Met Your Mother (no, il titolo italiano non me lo farete mai dire, mi fa schifo!), ma ha anche altri titoli all’attivo come Giovani pazzi e svitati e Ore 11:14 – Destino fatale. Ha partecipato alle serie Alias e CSI, oltre ad aver doppiato un episodio de I griffin. Americano, ha 30 anni e quattro film in uscita, tra cui un probabile film dei Muppet.

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Del film è già in cantiere un seguito, i cui dettagli sono ancora top secret, che dovrebbe uscire nel 2013, e sicuramente un paio di corti che avranno per protagonisti i meravigliosi Minion. E ora, vi lascio con il trailer originale del film, così potrete sentire come Gru, nella versione USA, abbia un meraviglioso accento à la Bela Lugosi che, purtroppo, nell’interpretazione italiana del pur bravo Max Giusti si perde. ENJOY!




lunedì 13 settembre 2010

Shrek - E vissero felici e contenti

E come tutte le belle cose, anche le serie cinematografiche finiscono. A dire il vero la saga di Shrek avrebbe dovuto già finire col terzo episodio, ma evidentemente la Dreamworks ci ha ripensato e ha deciso di produrne quest’anno un quarto, Shrek – E vissero felici e contenti (Shrek – Forever After), diretto dal regista Mike Mitchell.

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La trama: l’orcone verde non ne può più. La vita familiare, all’inizio piacevole, gli sta stretta. La goccia che fa traboccare il vaso è la festa di compleanno dei tre figlioletti, a seguito della quale, dopo un litigio con la mogliettina Fiona, Shrek decide di fare un patto con l’infido Tremotino (in originale Rumpelstiltskin, ecco perché sulle proprietà del nanetto si legge la lettera R, anziché T): un giorno da orco libero in cambio di un giorno della sua infanzia. Purtroppo per l’orco, l’incauto desiderio genera un universo in cui lui non è mai nato, dove Tremotino regna sovrano.. e dove gli orchi sono fuorilegge!

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Nei fumetti della Marvel, quando le idee languono, gli scrittori ricorrono talvolta a storie ambientate nel futuro o ai cosiddetti “What if…?”, letteralmente “Cosa succederebbe se…?”. Ne nascono storie più o meno interessanti, che possono o meno inserirsi nella continuity regolare se i personaggi e il mondo in cui si muovono entrano a far parte degli innumerevoli universi alternativi, dove un minimo evento (faccio l’esempio della morte del Prof. Xavier prima di fondare gli X-Men, che ha dato vita alla devastante Era di Apocalisse) cambia tutto quello che conosciamo. Questo è quello che accade nell’ultimo capitolo di Shrek: prosciugate le idee legate al solito mondo di fiaba, gli sceneggiatori hanno deciso di dare un bel colpo di spugna e ricominciare da capo introducendo il personaggio di Tremotino, gnometto malefico capace di esaudire i desideri altrui a fronte di clausole decisamente infami, e consentendo così allo spettatore di godersi gli amati protagonisti di Shrek in versioni rivedute, corrette.. ed esilaranti. Abbiamo così un obeso Gatto con gli stivali (“Sfamami… se osi!!”) che vale da solo il prezzo del biglietto, una Fiona guerriera e uno Zenzy gladiatore, il tutto inserito nel solito gioco citazionista e parodico che nasconde il solito messaggio profondo e “serio”: mai disprezzare ciò che abbiamo, perché potremo perderlo da un momento all’altro.

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Personalmente, direi che ben venga la perdita di ciò che abbiamo avuto finora dalla saga di Shrek. Sarà che del terzo film non rammento nulla, sarà che il primo ed il secondo episodio sono inarrivabili, sarà che il montaggio iniziale di questo Shrek – E vissero felici e contenti fa tanto Ricomincio da capo e si arriva a compatire l’orco verde per il tedio di una vita sempre uguale, sempre felice, senza nemici né problemi, ma l’arrivo di un universo alternativo dona nuova linfa vitale a personaggi che ormai avevano già detto tutto quello che potevano dire. La Fiona guerriera è mille volte meglio della Fiona mammina, e anche personaggi come il Gatto, Ciuchino o addirittura Zenzy all’inizio sprofondano in gag banalotte e già viste. Per quanto riguarda i nuovi villain, sono abbastanza carini e divertenti; Tremotino viene descritto come una sorta di “boss” della mala (dotato di parrucche intercambiabili che lo rendono assai simile a uno di quei mini troll) circondato da scagnozze streghe che sono un incrocio tra quelle del Mago di Oz e il Goblin dell’Uomo Ragno, mentre la presenza del Pifferaio Magico garantisce la riuscita degli esilaranti numeri musicali che hanno fatto la fortuna dei capitoli precedenti (il ballo collettivo degli Orchi è geniale, una delle gag più belle di tutto il film).

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Tra le cose negative di un film che alla fine merita e supera comunque la sufficienza c’è un finale troppo rapido, che lascia davvero il tempo che trova e che ci riporta, molto banalmente, alla situazione iniziale con il solito party/karaoke/ballo di gruppo conclusivo che ormai non fa quasi nemmeno più ridere. Non c’è il senso di addio definitivo che si percepiva in Toy Story 3, solo la sensazione di un capitolo aggiunto tanto per accontentare i fan e concedere anche a Shrek l’ambito “trattamento 3D” (inutile come per tutti gli altri cartoni animati, ma che due palle!!). E poi, una cosa che ho notato: ma gli orchi che popolano il quarto episodio e che spuntano tutt’a un tratto dopo che il desiderio di Shrek ha cambiato la storia di Molto Molto Lontano dove diamine erano nei film precedenti? Com’è che alla fine di questo capitolo ballano e cantano assieme agli altri personaggi nel finale come se ci fossero sempre stati? E su questa inquietante domanda.. chiudo la recensione!!

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Di Mike Myers, che in originale da la voce ad uno Shrek assai scozzese, ho già parlato qui. Cameron Diaz, che doppia l’orchessa Fiona, la trovate qua.

Mike Mitchell è il regista del film. Americano, ha già diretto Gigolò per sbaglio e Natale in affitto, oltre che ad alcuni episodi di Greg The Bunny. Ha 40 anni.

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Eddie Murphy in originale presta la voce a Ciuchino. Comico americano che mi ha praticamente cresciuta negli anni ’80, attualmente un po’ in declino se devo proprio dirlo, lo ricordo per film come 48 ore, Una poltrona per due, Un piedipiatti a Beverly Hills, Il bambino d’oro, Un piedipiatti a Beverly Hills 2, Il principe cerca moglie, Ancora 48 ore, Un piedipiatti a Beverly Hills 3, l’imbarazzante Vampiro a Brooklyn, Il professore matto, Il dottor Dolittle, La famiglia del professore matto, Shrek, Il dottor Dolittle 2, La casa dei fantasmi, Shrek 2 e Shrek terzo. Aveva già lavorato come doppiatore del traghetto Mushu in Mulan mentre per la tv lo troviamo in un episodio di Star Trek: The Next Generation. Ha 49 anni e un film in uscita.

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Antonio Banderas è il doppiatore originale del Gatto con gli Stivali. Geniale e versatile attore spagnolo scoperto dal regista Pedro Almodovar, è da parecchio una star internazionale. Tra i suoi film ricordo Donne sull’orlo di una crisi di nervi, Legami!, lo splendido La casa degli spiriti, Philadelphia, Intervista col vampiro, Desperado, Four Rooms, Evita, La maschera di Zorro, Spy Kids, Spy Kids 2 – L’isola dei sogni perduti, Missione 3-D: Game Over, C’era una volta in Messico, Shrek 2, The Legend of Zorro e Shrek terzo. Ha 50 anni e sei film in progetto, tra cui un film dedicato interamente al Gatto con gli stivali che dovrebbe uscire nel 2011, dal titolo Puss in Boots, per il quale è prevista anche la presenza di Salma Hayek come doppiatrice.

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Julie Andrews in originale presta la voce alla Regina, madre di Fiona. Alzi la mano e, come sempre, si vergogni, chi non ha mai visto Mary Poppins; purtroppo noi italiani non abbiamo mai avuto l’onore di sentire la splendida voce originale di questa attrice e cantante inglese, ma la protagonista che dava il titolo al film era lei. Moglie del geniale regista Blake Edwards, che per scioccare l’audience volle l’ex babysitter canterina a seno nudo per il suo S.O.B., la ricordo per altri film come Tutti insieme appassionatamente, Victor Victoria, Shrek 2 e Shrek terzo, senza contare che presterà la voce alla mamma di Gru in Cattivissimo me. Ha 75 anni.

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John Cleese in originale doppia il Re, padre di Fiona. Meraviglioso attore inglese ed ex membro dei Monty Python, segnalo tra i suoi film Brian di Nazareth, Monty Python: il senso della vita, Un pesce di nome Wanda, Frankenstein di Mary Shelley, Mowgli – Il libro della giungla, Creature selvagge, Sperduti a Manhattan, Il mondo non basta, Rat Race, Harry Potter e la pietra filosofale, Harry Potter e la camera dei segreti, La morte può attendere, Charlie’s angels: più che mai, Shrek 2, Il giro del mondo in 80 giorni, Shrek terzo e La pantera rosa 2. Per la tv ha recitato in episodi di Agente Speciale, Monty Python’s Flying Circus, Monty Python, Doctor Who, Fawlty Towers, il meraviglioso Una famiglia del terzo tipo e Will & Grace, mentre come doppiatore aveva già lavorato nei film Fievel conquista il West, L’incantesimo del lago, George re della giungla…?, Charlotte’s Web, e alla versione inglese del Pinocchio di Benigni, nei panni del Grillo Parlante. Ha 71 anni e due film in uscita.

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Inutile dire che, se vi è piaciuto il quarto episodio, vi consiglio di vedere anche i primi tre, se non lo avete già fatto. Vi lascio ora con il trailer originale del film... ENJOY!!




giovedì 11 marzo 2010

Alice in Wonderland (2010)

Questa potrebbe essere davvero la recensione più attesa da molti dei miei “fedeli lettori”, e mi spiace di averci messo tanto a buttarla giù. Sto parlando ovviamente della recensione di Alice in Wonderland, l’ultimo film di uno dei miei registi preferiti in assoluto, Tim Burton. Ne esco soddisfatta, non tanto quanto avrei voluto, soprattutto a causa dell’uso di quel maledetto 3D che ormai me l’ha fatta a fette. Ma andiamo con ordine.


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La trama: Alice è cresciuta, il ricordo del Paese delle Meraviglie ormai relegato all’idea di un sogno infantile. E’ tempo per lei di fidanzarsi con un moscissimo membro dell’alta borghesia, ma i preparativi per il fidanzamento vengono interrotti dalla comparsa del Bianconiglio. Come in passato, Alice lo segue e cade in un buco, ritrovandosi in un Paese delle Meraviglie tiranneggiato dalla capocciona Regina Rossa, che grazie al suo fidato Ciciarampa ha seminato il terrore e si è assicurata il potere. Ad Alice, assieme a Cappellaio Matto, Stregatto e Regina Bianca, non rimane altro che seguire il destino e cercare di sconfiggere il Ciciarampa nel giorno Gioiglorioso.


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La storia più famosa di Lewis Carroll, un perfetto esempio di gotica follia, rimaneggiata da chi del gotico e della follia ha fatto la sua ragione di vita, era un evento da non perdere per tutti i fan di Burton e ovviamente anche di Alice nel Paese delle Meraviglie. Alice è l’ennesimo personaggio “outsider” del regista, un animo candido, sognatore, che soffre per colpa della grigia e piatta realtà in cui è immerso e in cui tutti vorrebbero rinchiuderlo. Una premessa ideale dunque, che però si perde un po’ nel corso del film, che viene ad assomigliare più ad una quest fantasy che ad un riconoscibile film di Burton. Intendiamoci, i marchi di fabbrica del regista, almeno a livello visivo, ci sono tutti, al di là degli attori – feticcio (Johnny Depp ed Helena Bonham – Carter): i personaggi grotteschi e al limite del cadaverico, gli alberi scheletrici, i pavimenti a spirale, gli abiti meravigliosamente gotici e il Ciciarampa che sembra fatto in stop – motion. Però a questo giro si è visto come tutta la pellicola fosse pervasa di un alone “disneyano” che le ha impedito di brillare come avrebbe dovuto.


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La trama recupera tutti i personaggi più o meno conosciuti dei due libri dedicati ad Alice, Alice in Wonderland e Through the Looking Glass, e li proietta qualche anno nel futuro, quando la protagonista è adolescente. In questo modo gli sceneggiatori sono riusciti a mantenere più o meno intatto il mondo tanto amato dai fan, immergendolo in un contesto nuovo che potesse creare una storia comprensibile anche da chi non fosse familiare con i mondi creati da Carroll. Il risultato è una caratterizzazione molto particolare dei personaggi, che vengono a trovarsi divisi in servi della Regina Rossa e ribelli devoti alla Regina Bianca, decisamente animati dal punto di vista “politico”, paladini della libertà di essere folli e seguire i propri sogni. Si è cercato insomma di dare un senso ad un’opera fondata sul nonsense, incanalando un po’ i personaggi verso una psicologia contorta ma più comprensibile: abbiamo così un Cappellaio Matto che al di là di qualche sproloquio potrebbe quasi essere un eroe romantico, un Ghiro combattente che cava gli occhi ai mostri a colpi di ago, uno Stregatto meno ambiguo ma più coccolone e “impegnato”. Personaggi un po’ debolucci, non a caso ad eclissare tutti gli altri è la splendida Regina Rossa, “Caledetta Mapocciona”, assolutamente folle e geniale , piena di tic e grottesca da morire, l’unica secondo me ad aver mantenuto intatto lo spirito delle opere originali di Carroll; di poco inferiore è la Regina Bianca, un incrocio tra lo Jacopo Ortis di Raul Cremona e la tipica principessa delle fiabe, aggraziata e teatrale anche quando vomita o sputa.


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Andando un momento oltre la trama e la caratterizzazione dei personaggi, questo Alice in Wonderland è comunque visivamente splendido. Premesso che il trucco e i costumi sono sempre meravigliosi (ESIGO il trucco della Regina Bianca e i guanti a righe di Alice!!), come in ogni film di Burton che si rispetti, ho però sentito qualcuno lamentarsi dell’eccesso di CG; non posso dare torto a questi detrattori, ma lo spettacolo che si offre a agli occhi dello spettatore è splendido (la mia scena preferita, oltre alla caduta di Alice nel buco sotto l’albero, è lo scontro sulla scacchiera tra l’Esercito della Regina Rossa e quello della Regina Bianca), e non immagino altro modo per creare un Paese delle Meraviglie così realistico, con tutto il suo assurdo bestiario, i paesaggi sconfinati, gli imponenti palazzi delle due Regine, il vortice in cui cade Alice all’inizio e le carte da gioco soldati della Regina rossa. Più della CG io ho detestato in questo film l’uso del 3D, che speravo potesse renderlo davvero unico. Inutile causare male di testa agli spettatori, scurire la fotografia, far pagare uno sproposito per poi mostrare l’unico effetto degno di essere chiamato 3D alla fine: una farfallina blu che esce letteralmente dallo schermo. Sì, carinissima come cosa, per carità, e molto poetica ma… anche no, please. Quest’ultima frontiera sta diventando l’ultima fregatura, e purtroppo più andremo avanti più i film realizzati in 3D saranno gli unici che passeranno nelle sale, ci manca solo che facciano Vacanze di Natale in 3D col culo peloso di De Sica che piomba sulle facce inorridite degli spettatori e siamo a posto!


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In poche parole, Alice in Wonderland mi è piaciuto. Speravo meglio, ma mi è piaciuto, e se lo avessi visto in inglese immagino me lo sarei goduta anche di più, perché la cosa bella è che Tim Burton ha mantenuto i nonsense linguistici di Carroll e li usa a piene mani per fare parlare il Cappellaio Matto, la Regina Rossa e gli ahimé poco sfruttati Pinco Panco & Panco Pinco, tanto che spesso i dialoghi risultano ostici anche in italiano; l’altro motivo per cui avrei voluto vederlo in inglese è la marea di gente che da la voce ai personaggi, come Alan Rickman col Brucaliffo (anche lui, personaggio poco valorizzato…) o l’icona Christopher Lee col Ciciarampa. Ho apprezzato tantissimo l’ironia che pervade tutta la pellicola, soprattutto quando Alice si confronta con il futuro e orrendo promesso sposo e la sua famiglia, oppure quando la Regina Rossa soffre le pene d’amore (non corrisposto) per il viscidissimo Fante e ho adorato i flashback, pochi ma buoni, che mostrano la dolcissima Alice bambina in quello che per me sarà sempre il vero Paese delle Meraviglie. E, almeno per me, il problema sta proprio qui: nella consapevolezza che nel 1951 un trio di registi ha diretto per la Disney il cartone animato forse più bello della “casa del topo”, ovvero Alice nel Paese delle Meraviglie. E io ricordo ancora come mi sentivo, e ancora mi sento, a disagio ed inquieta, ogni volta che vedevo Alice impossibilitata ad uscire da quella maledetta stanza con la porticina, o quando la strada veniva cancellata dai Palmipedoni che la lasciavano sola e perduta a piangere nel buio, presa in giro dallo Stregatto che era davvero bastardo e ambiguo. Alla fine quel maledetto Paese non era così meraviglioso, ma il frutto delle fantasie di una bimbetta preda della pazzia, e questo aspetto nel film di Burton viene scelleratamente evitato, togliendo ogni genere di inquietudine o incertezza e dividendo nettamente i buoni dai cattivi. E non basta un fiume di teste decapitate per provocare qualche brivido, purtroppo. Speriamo che, per citare il Cappellaio, Tim Burton torni a recuperare la sua “moltezza”. In compenso, voto 10 alla splendida colonna sonora di Danny Elfman.


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Di Helena Bohnam – Carter, attuale compagna del regista, ho già parlato qui, mentre Alan Rickman è una presenza praticamente fissa del Bollalmanacco: aspetto entrambi con ansia per l’ultimo Harry Potter, ovviamente. Di Johnny Depp ho già parlato qui; si favoleggia un suo ritorno come Capitan Jack Sparrow in un quarto episodio della saga dedicata ai Pirati dei Caraibi, e anche una sua partecipazione al terzo capitolo di Sin City. Sperèm!


Tim Burton è il regista del film. Assieme a Tarantino e Scorsese forma la triade dei miei preferiti in assoluto, e non avete idea di quanto stia bestemmiando all’idea di non poter andare a New York a vedere la mostra che gli ha dedicato il MOMA. Speriamo in Cannes, via. Tra i film da lui diretti, tutti meravigliosi tranne l’obbrobrioso Planet of The Apes, ricordo Beetlejuice – Spiritello porcello, Batman, il capolavoro Edward mani di forbice, Barman Returns, Ed Wood, Mars Attacks!, Il mistero di Sleepy Hollow, Big Fish, La fabbrica di cioccolato, La sposa cadavere e Sweeney Todd. Ha realizzato anche parecchi corti, come Vincent e Frankenweenie (che sta per diventare un lungometraggio!) e serie animate come The Adventures of Stainboy, senza dimenticare poi che la sua magica manina ha scritto e prodotto l’altro grande capolavoro che è The Nightmare Before Christmas. Ha 52 anni e un film in uscita, Frankenweenie appunto.


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Christopher Lee da la voce al Ciciarampa in originale. Icona horror vivente, sia per numero di film che per “anzianità”, dopo la morte del divino Vincent Price è diventato il feticcio nostalgico di Burton. I film da lui interpretati (quasi sempre come villain o come guest star..) spaziano dall’horror più serio a quello più becero, dalla serie dedicata a Fu Manchu a mille e più pellicole con Dracula o altri vampiri come protagonisti. Alcuni titoli: La maschera di Frankenstein, Dracula il Vampiro, La furia dei Baskerville, La mummia, Ercole al centro della Terra, 1941: allarme a Hollywood, Howling II – L’ululato, Gremlins 2 – La nuova stirpe, Scuola di polizia – Missione a Mosca, Sorellina e il principe del sogno (eh sì…!), Il mistero di Sleepy Hollow, la trilogia de Il Signore degli Anelli, La fabbrica di cioccolato, La sposa cadavere (doppiava il bastardissimo vescovo). Inglese, ha la veneranda età di 88 anni e la bellezza di quattro film in uscita.


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Anne Hathaway interpreta la meravigliosa Regina Bianca. La sua carriera è appena agli inizi, ma è costellata di film interessanti, come I segreti di Brokeback Mountain e Il Diavolo veste Prada. Ha prestato inoltre la voce per Cappuccetto Rosso e gli insoliti sospetti e alcuni episodi di Simpson e Griffin. Ha 28 anni e due film in uscita.


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E per la serie “Carneade, chi era costui?”, segnalo che Crispin Glover, ovvero il Fante, è lo stesso attore che in Charlie’s Angels interpreta il Secco Orripilante e colui che ha avuto l’onore di essere seppellito dal trucco di Grendel nell’orrendo Beowulf. Matt Lucas invece è colui che si nasconde dietro il doppio ruolo di Pinco Panco e Panco Pinco, dopo anni passati a fare scompisciare le platee internazionali con Little Britain. Piccola curiosità: il Cappellaio chiede sempre ad Alice “perché un corvo è come una scrivania?”. La cosa mi ha incuriosita, e sono andata a cercare qualche notizia in merito. La domanda effettivamente è presente anche nelle opere di Carroll, che ha affermato che non esiste una risposta. Ma alcuni sostengono che la risposta sia… “perché Edgar Allan Poe ha lavorato su entrambi”. Geniale. Ma più geniale lo Stregatto della Disney, non posso fare a meno di mettere uno spezzone di Alice nel paese delle meraviglie! ENJOY!


martedì 19 gennaio 2010

Avatar (2009)

Diceva il buon Frank’n’furter del Rocky Horror Picture Show di non giudicare mai un libro dalla copertina. Io l’ho fatto, e ora chino il capo pentita. Il primo teaser trailer di Avatar, il nuovo film di James Cameron, mi aveva portato a dire: “ok, non andrò MAI a vedere quest’ennesima stronzata 3D”. Tempo un mese, e il trailer ufficiale mi aveva fatta ricredere, trasformandolo in uno dei film più attesi di un anno che è appena cominciato. Tempo un altro mese e sono arrivata a considerare Avatar il capolavoro di un regista che si è ampiamente riscattato dalla colpa di aver fatto diventare quel coglioncello di Di Caprio l’idolo di generazioni di stolte ragazzine.


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La trama: in un futuro dove la Terra è ormai priva di qualsiasi genere di vegetazione, l’ultima speranza di ottenere ricchezza ed energia risiede su un lontano pianeta chiamato Pandora. Un marine paralitico, Jake Sully, viene mandato lì al posto del defunto fratello per aiutare i biologi della spedizione ma viene convinto dai suoi superiori a fare il doppio gioco e ad infiltrarsi in un clan di nativi per ottenere la loro fiducia. La sua mente viene così inserita in un Avatar, un corpo biologicamente identico a quelli della popolazione indigena: ma non sarà tanto facile per lui fare il doppio gioco una volta ritrovata la libertà di correre e soprattutto dopo aver conosciuto la cultura e le usanze degli indigeni…


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Avatar non è un semplice film: è un’esperienza. Non so nemmeno se riuscirò a fare capire quanto sia bello e coinvolgente e quanto venga arricchito dall’utilizzo del 3D. Partiamo dalla cosa più semplice, ovvero la storia: E’ la Storia, con la S maiuscola, la più antica e la più terribile, perché fa parte di una realtà che spesso tendiamo a dimenticare, ovvero quella del più forte che soppianta il più debole. Avatar ripropone in chiave fantascientifica la storia dei Conquistadores che, guidati dall’avidità e dalla convinzione che la loro cultura e il loro progresso li rendessero superiori a popoli da loro giudicati come primitivi, non si sono fatti scrupoli a prendere quello che volevano con l’inganno e lo sterminio, annientando culture che di semplice o primitivo non avevano proprio nulla e popoli che vivevano rispettando tutto ciò che li circondava, senza prendere nulla più del necessario. Cameron non risparmia nulla allo spettatore: non stiamo guardando un film della Disney dove i “cattivi” vengono puniti con simpatici trucchetti e nessuno si fa male; certo, non ci sono immagini gore, ma gli indigeni muoiono ed assistono all’orrenda distruzione della loro terra e dei loro luoghi di culto perché la loro è una lotta impari, frecce contro missili, eserciti contro poche unità, e anche quando la situazione pare ribaltarsi in loro favore lo spettatore non è mai certo che arriverà un lieto fine.


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Ad accompagnare una storia tristemente conosciuta si aggiunge un topos narrativo più piacevole ma altrettanto conosciuto, ovvero quello della “formazione” del protagonista e conseguente innamoramento dell’artefice di tale formazione. La storia d’amore tra Jake e Neytiri, la splendida aliena del popolo dei Na’vi, ricorda molto quella tra Pocahontas e John Smith, ma è una diretta conseguenza dell’incredibile esperienza che il marine vive cercando di imparare le usanze e la cultura degli alieni. I tre mesi di “addestramento” consentono allo spettatore di scoprire paesaggi, animali, icone sacre di una bellezza rara e di affezionarsi ai Na’vi tanto da rendere ancora più orribile e toccante il massacro perpetrato dai soldati solo per ottenere un minerale che, per inciso, non viene mai mostrato sul pianeta, ma solo nella base spaziale.


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Passando alla parte più tecnica mi sono ritrovata a pensare parecchie volte che se George Lucas avesse avuto questi mezzi tecnologici all’epoca, Guerre Stellari sarebbe diventato un film da dare le convulsioni allo spettatore. Avatar non è da meno. Più di due ore di film in 3D rischiano di dare altro che mal di testa (anche se per fortuna a me non è successo) ma regalano qualcosa che è più di un film, annulla ogni barriera, sembra di non avere uno schermo davanti ma una finestra aperta su un’altra realtà. Ogni minimo dettaglio è curato, dalle schegge di legno, alle scintille di fuoco, alle foglie che cadono, che danno l’illusione di poterle toccare, per finire con le bolle della sospensione fisiologica all’inizio, e solo per fare qualche esempio, per mostrare a che livelli di perfezione e maniacalità visiva arriva Avatar. E dai particolari passiamo alle cose grandiose. Il design della base spaziale, dei battle suit meccanici che vengono usati dai marines e degli aerei è impressionante, ma ancora più impressionanti sono gli scorci delle montagne volanti di Pandora, la fauna che la popola, il gigantesco albero casa e il luminoso albero delle anime, senza dimenticare ovviamente i Na’vi, un incrocio tra dei felini e il Nightcrawler degli X – Men, a mio avviso gli alieni più belli che siano mai comparsi su uno schermo, realizzati in maniera così naturale da sembrare veri. 


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Unendo una tecnica registica praticamente perfetta, dei personaggi ottimamente caratterizzati e una bella storia, Cameron è riuscito a trovare un equilibrio che ha del miracoloso, creando un film divertente, intelligente, commovente e mai noioso. Al dì la delle immagini strazianti, che fanno davvero venire il magone, o delle scene d’azione, semplicemente da brivido, quella dove tutto il clan accetta Jake come un fratello unendo ogni singolo alieno con un semplice tocco di mano, oppure quella dell’invocazione alla dea, un delirio di corpi in movimento e luci immersi in un’atmosfera solenne, ma anche scene più “lievi” come quella del legame con lo pterodattilo e il conseguente primo volo sono assolutamente splendide e commoventi, qualcosa che indubbiamente non si può dimenticare tanto facilmente. E nonostante questo film si basi all’80% sugli effetti speciali, non va dimenticato il fatto che sono coinvolti anche attori in carne ossa, e che attori! Sigourney Weaver incarna una dura biologa dal cuore tenero, combattuta tra la fede nella scienza e il desiderio di credere in qualcosa di “superiore”, il personaggio secondo me più riuscito di tutto il film. Michelle Rodriguez per una volta è stranamente meno vajassa del solito, Giovanni Ribisi è un modello di bassezza morale e squallore, mentre Stephen Lang col suo infamissimo colonnello ispira sentimenti di odio solo di poco inferiori a quelli ispirati da Christoph Waltz in Inglorious Basterds. Inoltre anche il doppiaggio italiano è tornato ad essere dignitoso come in passato. Insomma, l’avrete capito: mi sono innamorata di Avatar. Andatelo a vedere, saranno i10 euro meglio spesi della vostra vita. Aggiungo che in questi giorni ha vinto anche due Golden Globe, quindi ha praticamente la strada spianata per almeno un Oscar.


James Cameron è regista e sceneggiatore del film. Autore completo, uno dei più grandi registi moderni, tra le sue pellicole ricordo Piraña Paura, Terminator, Aliens – Scontro finale, Abyss, Terminator 2 – Il giorno del giudizio, True Lies e Titanic (per il quale solo lui ha vinto l’Oscar come miglior regista). Ha diretto anche un episodio del telefilm da lui creato e prodotto, Dark Angel. Canadese, ha 56 anni e un film in uscita, quel Battle Angel che altro non è che il film tratto dal manga cult di Yukito Kishiro, Alita l’angelo della battaglia.


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Sam Worthington interpreta Jake Sully. L’attore inglese ha già lavorato su personaggi creati (ma in questo caso non diretti) dal regista sul set di Terminator – Salvation, e per la TV ha partecipato a JAG – Avvocati in divisa e alla serie australiana Two Twisted. Ha 34 anni e tre film in uscita.


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Sigourney Weaver interpreta la dottoressa Grace Augustine. Per me questa meravigliosa attrice, universalmente conosciuta per aver interpretato il colonnello Ripley nella quadrilogia di Alien, rimarrà sempre la bravissima interprete di Dana Barret in Ghostbusters e Ghostbusters II. La sua filmografia però conta tanti altri film come Io & Annie, Gorilla nella nebbia, Una donna in carriera, Tempesta di ghiaccio, Biancaneve nella foresta nera, Heartbreakers – Vizio di famiglia, The Village, Be Kind Rewind. Ha inoltre prestato la voce per un episodio di Futurama. Newyorchese, ha 61 anni e sei film in uscita tra cui, probabilmente, Ghostbusters III.


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Giovanni Ribisi interpreta l’antipatico affarista Parker Selfridge. Era un ragazzetto come tanti quando interpretava il fratello cretino della Phoebe di Friends, ed è cresciuto per recitare interessanti ruoli in bellissimi film, tra i quali ricordo Strade perdute di Lynch, Salvate il soldato Ryan, Il giardino delle vergini suicide, The Gift e Lost in Translation. Per la TV ha recitato in episodi di Simon & Simon, Ai confini della realtà, Walker Texas Ranger, Ellen, NYPD, X – Files e My Name is Earl. Californiano, ha 36 anni e tre film in uscita.  


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Michelle Rodriguez interpreta la combattiva pilota Trudy Chacon. Nata per essere zamarra, l’attrice texana ha sempre ricoperto i ruoli di donna dura e grebana, come per esempio in The Fast and the Furious, Resident Evil, Blood Rayne e, non in ultimo, col ruolo di Ana Lucia in Lost. Ha 32 anni e tre film in uscita, tra cui l’attesissimo Machete


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Stephen Lang interpreta l’odiosissimo colonnello Miles Quaritch. Newyorchese, tra i film che mi sono familiari ha recitato in Manhunter – Frammenti di un omicidio, Non dirmelo.. non ci credo ed era anche in L’uomo che fissa le capre, ma giuro che non me lo ricordo per nulla. Per la TV ha invece partecipato ad episodi di Oltre i limiti e Law & Order. Ha 58 anni e due film in uscita.


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Zoe Saldana presta invece corpo e voce all’aliena Neytiri. Al di là di un paio di comparsate in La maledizione della prima luna e nel nuovo Star Trek, questo è il suo primo ruolo importante e in un film decente: vogliamo parlare della sua partecipazione a Crossroads che, vorrei ricordare, è il film che ha (s)consacrato Britney Spears come attrice? Ecco, appunto. L’attrice americana ha 32 anni e quattro film in uscita.


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Vi lascio ora con uno strano teaser trailer del film... non lo stesso che ho visto io ma comunque molto molto diverso dal risultato finale XD ENJOY!


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