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martedì 18 maggio 2021

She Dies Tomorrow (2020)

Altro film presente nella classifica 2020 di Lucia che mi ero persa è She Dies Tomorrow, diretto e sceneggiato nel 2020 dalla regista Amy Seimetz.


Trama: Amy è convinta di stare per morire. Con questa convinzione in testa, parla con l'amica Jane, scatenando una reazione a catena...


She Dies Tomorrow
è un film che metterà alla prova chiunque tenterà di vederlo, almeno per i primi 15 minuti. Vi sfido a superare indenni scene senza apparentemente né capo né coda, dove una Kate Lyn Sheil depressa vaga per la casa nuova e per il giardino accompagnata da sprazzi di Lacrimosa dal Requiem di Mozart (mai colonna sonora più adatta), mentre deliranti visioni o ricordi del passato spezzano l'azione di tanto in tanto, creando ancora più confusione. Se, e sottolineo se, riuscirete a superare questo scoglio, e i minuti potrebbero anche essere 20 (ma vi sembreranno almeno 50), arriverete al punto in cui She Dies Tomorrow vi prenderà per non lasciarvi più andare, infilzati all'amo di una frase pronunciata con una sicurezza disperata e ineluttabile: "Domani morirò". Amy è convinta, al 100%, che morirà il giorno dopo. Nulla può convincerla del contrario, il suo è l'atteggiamento rassegnato di chi sa, di chi non ha mezzi per impedire l'inevitabile, di chi rimane inebetito dalla rivelazione e cerca in ogni modo di "distrarsi", come se fosse possibile farlo quando hai un tarlo che ti rode la testa. E voi direte, e quindi? E quindi a un certo punto Amy è costretta a raccontare all'amica Jane, fino a quel momento presa dai suoi problemi molto terreni e superficiali ma anche preoccupata dall'atteggiamento della protagonista, cosa la turba, col risultato che Jane, tornata a casa... rimane vittima di una consapevolezza ineluttabile: domani morirà anche lei, una certezza assoluta che distrugge in un attimo la sua sanità mentale e tutte le pretese di razionalità con cui cercava di dissuadere Amy dalla tragica convinzione. E, ovviamente, mica finisce qui, visto che la convinzione di morire diventa un virus capace di mettere in ginocchio tutti quelli che vi entrano in contatto.


Quella di Amy Seimetz è un'apocalisse in piccolo, una pandemia psicologica, dove non importa, in effetti, sapere se la protagonista e tutti gli altri hanno o meno ragione (probabilmente sì ma, vi avviso già nel caso cercaste un film con un finale chiaro, non è dato sapere) quanto piuttosto assistere all'ultimo giorno di gente che sa di dover morire e cercare di mettersi nei loro panni: cosa fareste, voi, se sapeste di dover morire domani? Io probabilmente sarei annichilita dall'ansia e sprecherei l'ultimo giorno piangendo e basta, nel film della Seimetz qualcuno fa come me, qualcun altro cerca di rifugiarsi (perlomeno ci prova) nei piaceri terreni, altri risolvono le cose in sospeso, altri ancora parlano di nulla cercando di arrivare a vedere l'alba, ma la certezza è una sola, ovvero che nessuno di quanti vengono toccati dal "virus" è pronto né rassegnato e assistere alle loro allucinate reazioni affascina e inorridisce nemmeno ci si trovasse davanti a uno splatter. Il film è tutto qui, è un'idea, dove contano più la suggestione e la scrittura, a volte qualche sequenza più allucinata di altre, perché la messa in scena è dimessa, gli attori pochi e gli effetti speciali ancora meno, il che rende She Dies Tomorrow la dimostrazione di come sia possibile fare cinema interessante e coinvolgente con pochissimi mezzi. Di sicuro non è un film per tutti ma comunque lo consiglio spassionatamente.    


Della regista e sceneggiatrice Amy Seimetz ho già parlato QUI. Jane Adams (Jane), Chris Messina (Jason), Josh Lucas (Doc), Adam Wingard (uomo delle Dune Buggy), Michelle Rodriguez (Sky) e Olivia Taylor Dudley (Erin) li trovate invece ai rispettivi link. 

Kate Lyn Sheil interpreta Amy. Americana, ha partecipato a film come You're Next, V/H/S, The Sacrament, Equals e serie quali Oucast. Anche sceneggiatrice e produttrice, ha 36 anni e due film in uscita.


Katie Aselton
interpreta Susan. Americana, ha partecipato a film come La foresta dei sogni, Regali da uno sconosciuto - The Gift, Synchronic, Bombshell - la voce dello scandalo e serie quali Legion. Anche sceneggiatrice, regista e produttrice, ha 36 anni e due film in uscita.



domenica 25 novembre 2018

Widows: Eredità criminale (2018)

Spinta da un trailer a dir poco intrigante, giovedì sono andata a vedere Widows: Eredità criminale (Widows), diretto e co-sceneggiato dal regista Steve McQueen.


Trama: rimasta vedova, Veronica decide di mettere su una banda di donne per procurarsi il denaro necessario a riparare all'ultimo furto del defunto marito.


Enrico Ruggeri cantava "mondo di uomini, fatto di uomini soli", Steve McQueen, coadiuvato da Gillian Flynn nell'adattare una serie TV degli anni '80, declina questo verso al femminile e ci presenta una storia di donne sole. Donne sole perché senza mariti, come da titolo, ma anche perché abbandonate da una società spietata con chi è di sesso femminile, relegate a ruoli di sposa, madre, amante, "segretaria", con qualche contentino alle imprenditrici donne in piena campagna elettorale. Quando i mariti se ne vanno, queste donne si ritrovano schiacciate dal peso delle colpe degli uomini e dai debiti, prive magari non solo del lavoro, ma anche delle amicizie messe da parte nel corso degli anni per assolvere al ruolo imposto; intrecciano, se hanno fortuna, legami con altre donne sole, o con le madri, zie, parenti, così da riuscire magari ad affidare a qualcuno i figli mentre si spaccano la schiena con lavori poco gratificanti e mal pagati. Mentre gli uomini, appunto, fanno cose da uomini: si mettono in politica senza averne né la voglia né la capacità, spinti dal desiderio di pecunia e di potere o per un semplice reiterarsi dell'eredità patriarcale, risolvono i loro problemi con una violenza che alle donne non dev'essere concessa (se non come vittime o spettatrici, sia chiaro), tramano e vivono la propria esistenza egoista, senza badare al dolore delle loro donne o men che meno ai loro bisogni, si limitano ad offrire sesso, soldi e l’illusione di aver coronato così i loro sogni. Sono i burattinai, all’interno di una Chicago divisa tra bianchi ricchi e neri poveri (o divenuti ricchi grazie ai bianchi), mentre le donne sono i silenziosi burattini che hanno solo il dovere di essere belle, silenziose e servizievoli. Ma Veronica non ci sta. Minacciata senza capire perché, quando si ritrova per le mani il quaderno di appunti che le ha lasciato il marito, zeppo di informazioni su furti, intrallazzi e quant’altro, invece di venderlo al migliore offerente decide di usarlo per diventare ladra a sua volta e prendersi la rivincita su una vita che le ha dato molto ma le ha tolto troppo, le due cose più importanti per lei. E coinvolge, ovviamente, anche le altre vedove, incazzate quanto lei con i mariti che, morendo, le hanno lasciate nella bratta. Ognuna di loro, neanche a dirlo, arriverà ad affrontare un percorso non facile ma che, forse, consentirà di rifiorire come donne e come esseri umani, ritrovando un’indipendenza necessaria per sopravvivere… e anche per tornare a “sentire” qualcosa, un sentimento umano di fiducia, speranza e amicizia.


Tutti questi aspetti rendono Widows un film splendido. Più ben girato che ben sceneggiato, nonostante questo, perché accanto a personaggi scritti benissimo, tratteggiati con inaspettate sfumature, ci sono delle forzature e dei cliché che fanno storcere un po’ il naso (la tragedia che colpisce Veronica è incredibilmente gratuita). Invece, la regia di McQueen non sbaglia un colpo e se le scene d’azione sono pulite e credibili anche quando sono concitate, dove il regista da il meglio di sé è in quei primi piani dolorosi, nei gesti reiterati d’affetto, nell’attenzione ai dettagli, nel modo in cui la macchina da presa si allontana dall’unica scena di violenza davvero insostenibile, nei piani sequenza ripresi da un punto di vista tutto particolare in cui la città pare volere inghiottire lo small talk di uno dei protagonisti più “sciocchi” e per questo incredibilmente reale. E poi, ovviamente, ci sono gli attori. Viola Davis incarna tutta la dignità spaventata di una donna ricca ma non viziata, segnata dalla vita al punto da scegliere di sfidarla quando la morte minaccia di portarla via come il marito, un ruolo che le meriterebbe un Oscar; altra punta di diamante del cast è Elizabeth Debiki, quella che forse evolve maggiormente nel corso del film passando dall’essere un personaggio caricaturale ed insipido a cuore pulsante della vicenda con invidiabile coerenza. Ai margini, svetta la caratura di Robert Duvall il quale, assieme a Colin Farrell, da vita ad alcuni dei duetti più memorabili che potrete sentire quest’anno al cinema, talmente realistici nella loro gretta e testarda ignoranza che ho più volte avuto l’impressione di trovarmi davanti le persone per cui lavoro, con la differenza che la performance di coppia dei due attori è da applausi. Insomma, Widows è un film bellissimo, che merita di essere visto al cinema con tutta la concentrazione e la tranquillità che potrete trovare in una sala sicuramente poco affollata: è grande sfoggio di ciò che rende potente una pellicola e riconferma, ancora una volta, il talento di McQueen come regista, sceneggiatore e direttore di grandissimi cast.


Del regista e co-sceneggiatore Steve McQueen ho già parlato QUI. Viola Davis (Veronica), Liam Neeson (Harry Rawlings), Jon Bernthal (Florek), Michelle Rodriguez (Linda), Elizabeth Debicki (Alice), Carrie Coon (Amanda), Robert Duvall (Tom Mulligan), Colin Farrell (Jack Mulligan), Daniel Kaluuya (Jatemme Manning) e Lukas Haas (David) li trovate invece ai rispettivi link.

Jacki Weaver interpreta Agnieszka. Australiana, ha partecipato a film come Picnic ad Hanging Rock, Stoker, Parkland, Equals e The Disaster Artist. Ha 71  anni e cinque film in uscita.


Cynthia Erivo, che interpreta Belle, aveva già partecipato a 7 sconosciuti a El Royale. Il film è tratto dalla serie TV inglese Le vedove, del 1983, seguita da Widows 2 e She's Out e già riproposta in un'altra serie TV dal titolo Widows, del 2002. Se Widows: Eredità criminale vi fosse piaciuto potete provare a recuperarle, giusto per curiosità! ENJOY!

domenica 17 novembre 2013

Machete Kills (2013)

Mercoledì la Bolla è andata a vedere Machete Kills. Quel film girato da Robert Rodriguez. La Bolla ora scrive, voi leggete.


Trama: Machete viene chiamato dal presidente degli Stati Uniti per impedire che la nazione venga colpita dai missili del pericolosissimo ribelle pazzo Mendez. Ovviamente sotto c'è molto più di quel che appare...


Alla Bolla Machete Kills è piaciuto. L'ha fatta tanto ridere, più del primo. C'è tanto tanto trash inutile ed ingiustificato, proprio l'ideale per non pensare. E infatti la Bolla non pensa. La Bolla accetta e ride. La Bolla va in brodo di giuggiole davanti a quella tamarra di Lady Gaga, a Mel Gibson chiaroveggente che prende in giro il suo ruolo di profeta dei poveri, a quel Carlo Estevez che compare per la prima volta sullo schermo, al ritorno di Tom Savini, al Camaleonte e a Banderas che gli mancava solo la gallina Rosita poi era a posto per sempre.


La Bolla ride davanti alla copulata in treddì, alle innumerevoli citazioni ignoranti di Guerre Stellari, della fantascienza maffa anni '80, di tutti i film di Rodriguez e di alcuni del buon Tarantino. La Bolla ride del fatto che Nicotero e Berger si sono bevuti il cervello realizzando effetti speciali da cartoleria o del fatto che il missile "puff" si sgonfia e sciabatta nell'acqua come una pietra tirata da un bambino mollo. La Bolla piange commossa davanti a quel finto trailer di Machete Kills Again... In Space, lo vorrebbe guardare adesso, subito. Perché Danny Trejo vestito come Big Jim astronauta e l'uomo con la maschera di ferro (Di Caprio? DaVero????) varrebbero da soli il prezzo del biglietto.


La Bolla ama Machete. Perché Machete vuole bene a tutti (mavaffanculo). E certo, pulin, pare proprio tenero come un Minipony. Perché anche se Danny Trejo ha una sola espressione (quella incazzata, ovviamente), fulmina i nemici, decapita, sventra, corre rigido come una foca sul Pack, fa implodere i nemici, veste da zamarro, parla in terza persona come Giulio Cesare e avrà sì e no tre minuti di dialogo in tutto il film si vede che è un tenerone. Però sentire Voz accusare  Machete di essere dotato di mezzo cervello ha fatto male alla Bolla. Così la Bolla si è adeguata. Perché Machete capita. Machete non twitta. Machete non saprebbe usare Blogger. Quindi la Bolla ha scritto l'unica recensione che Machete riuscirebbe a capir... ehm... avrebbe voglia di leggere. Stacce ™.


Del regista e co-sceneggiatore Robert Rodriguez ho già parlato qui. Danny Trejo (Machete), Mel Gibson (Voz), Michelle Rodriguez (Luz), Amber Heard (Miss San Antonio), Charlie Sheen (o, meglio, Carlos Estevez, nei panni del presidente), Antonio Banderas (El Camaleón 4), Walton Goggins (El Camaleón 1), Vanessa Hudgens (Cereza), Alexa Vega (Killjoy), Tom Savini (Osiris Amanapur), William Sadler (Sceriffo Doakes) e Jessica Alba (Sartana) ho già parlato ai rispettivi link.

Demian Bichir (vero nome Demián Bichir Nájera) interpreta Mendez. Messicano, ha partecipato a film come Che – L’argentino, Che – Guerriglia, Le belve, Corpi da reato e a serie come Weeds. Anche produttore, regista e sceneggiatore, ha 50 anni e due film in uscita. 


Cuba Gooding Jr. interpreta El Camaleón 2. Americano, lo ricordo per film come Il principe cerca moglie, Codice d’onore, Cuba Libre – La notte del giudizio, Virus letale, Jerry Maguire (Oscar come miglior attore non protagonista), Qualcosa è cambiato, Al di là dei sogni, Instinct – Istinto primordiale, Pearl Harbor, Rat Race e Zoolander; inoltre, ha partecipato alla serie MacGyver e doppiato Mucche alla riscossa. Anche produttore, ha 45 anni e due film in uscita.


Nel film, come ho già accennato nel post, compare anche la cantante Lady Gaga nei panni di La Camaleón, ma non solo: tra le altre guest stare segnalo Sofia Vergara (Desdemona), il "VanDamme" cileno Marko Zaror (Zaror) e le immancabili sorelle Electra ed Elise Avellan in versione sexy infermiere. E adesso arriva la nota dolente, ovvero scoprire quale attrice famosissima e già molto vituperata dalla sottoscritta ai tempi di Dawson's Creek non è stata al gioco e verrà per questo ri-bollata di infamia perpetua: Michelle Williams ha rifiutato il ruolo di Miss San Antonio. Cacca su di lei. E cacca anche su Rodriguez se non dirigerà il promesso Machete Kills Again... In Space! Nell'attesa, se Machete Kills vi fosse piaciuto recuperate Machete e aggiungete Desperado, Grindhouse - Planet Terror, I mercenari e I mercenari 2. ENJOY!

giovedì 30 giugno 2011

Machete (2010)

Ho rimandato a lungo, centellinando la visione come si fa col vino. E alla fine sono riuscita a vedere il tanto atteso Machete, diretto nel 2010 da Ethan Maniquis e Robert Rodriguez. Mi è stato chiesto di citare questa frase nell’eventuale recensione, lo faccio subito, giusto per riassumere le mie impressioni: è una cazzata così grande che non potevo non commuovermi.



Trama: Machete è un ex agente federale che viene incaricato di fare fuori un senatore impegnato nella lotta contro l’immigrazione messicana. Il “lavoro” non va a buon fine, Machete viene incastrato e da lì comincia la sanguinosa vendetta…



Cominciamo con un po’ di storia. Machete nasce nel 2007, in uno dei fake trailer che accompagnavano la versione USA del film Grindhouse, feature doppia che univa A prova di morte di Quentin Tarantino e Planet Terror di Robert Rodriguez (anche se il personaggio di Machete lo si incontra fin dal primo Spy Kids). Gli splendidi ed esilaranti fakes in questione erano Hobo With a Shotgun, Werewolf Women of the SS di Rob Zombie, Don’t di Edghar Wright e Thanksgiving di Eli Roth. Se avessi dovuto scommettere su chi per primo di questi registi avrebbe tratto un intero film da questi trailer, avrei detto Eli Roth. Ma siccome lui continua a menarsela con produzioni varie e tempestando i fan di tweets da far morire dal ridere senza mai mettersi dietro la macchina da presa, ecco che ci ha pensato l’infaticabile Rodriguez a prendere lo spirito del tamarrissimo trailer di Machete e a riportarlo fedelmente in un film. E che film!!



Machete è la quintessenza del b – movie, della mexploitation, chiamatelo un po’ come volete. In termini più prosaici è la legittimazione della tamarreide (senza pulmino e senza Fiammetta, per fortuna) più cafona, è un film fatto apposta per essere assurdo, senza senso, mal recitato, pieno di buchi nella trama, con personaggi inconsistenti e terronate assortite, dove il regista molla i freni del buon senso e del buon gusto e mostra sangue, mutilazioni, tette, culi, esplosioni praticamente in ogni scena, con il risultato che Machete si arriva o ad amare alla follia o ad odiare e demonizzare. Che piaccia o meno, è un giocattolo, e come tale va trattato. E’ il divertimento del bimbo Rodriguez, qualcosa che chi ha un minimo di senso dell’umorismo, nostalgia dei “bei tempi andati” e cultura trash non può non apprezzare. Ecco perché mi commuovo davanti a tanto spavaldo senso del ridicolo.



Considerata la marea di attori che si sono prestati all’operazione (tra cui un De Niro matto come un cavallo che si è palesemente divertito a far la parte del senatore razzista e pure un po’ porcello), accettando di indossare mise perlomeno imbarazzanti e pronunciare dialoghi a tratti inascoltabili (il monologo finale di Steven Seagal con corollario di dialogo imbecille tra la Rodriguez e la Alba è qualcosa che non riuscirò a dimenticare tanto facilmente…), mi viene da pensare che non sono l’unica cultrice del trash a questo mondo. E se Danny Trejo è l’icona vivente del (non) attore che mangia lo schermo con la sua inespressività, il capello unto, il corpo tozzo alla Wolverine, le sue frasi storiche (“Machete NON manda messaggi”), la sua capacità inspiegabile di far cadere ai suoi piedi le più belle donne del creato, insomma se lui E’ Machete già di per sé, Rodriguez gli crea attorno un gruppo di personaggi a dir poco splendidi nella loro assurdità e gli da la possibilità di compiere le imprese più sanguinose ed improbabili senza lesinare in effetti speciali, citazioni e gore. Lungi da me descrivere ogni immagine (il bungee jumping intestinale), dialogo, personaggio (Osiris!! Osiris!!) e sequenza ad avermi colpita (nel senso di farmi stramazzare a terra dalle risate urlando “No… ma come puoi?? Ma cos’è???”), perché non basterebbe un libro e rovinerei la sorpresa e l’incredulità di chi ancora non ha avuto la fortuna di vedere Machete. Vi basti sapere che dovete guardarlo, fosse l’ultima cosa che fate. Aspettando che Rodriguez decida davvero di girare Machete Kills e Machete Kills Again.



Attori e registi coinvolti nella realizzazione di Machete hanno già trovato ampio spazio sul Bollalmanacco: Robert Rodriguez, Danny Trejo (Machete), Robert De Niro (Senatore John McLoughlin), Michelle Rodriguez (Luz), Tom Savini (Osiris), persino Nimród Antal (una delle guardie del corpo di Booth, a occhio e croce quella che si fa venire la crisi di coscienza), li trovate tutti cliccando sui link.

Ethan Maniquis è l’altro regista della pellicola. Già collaboratore di Rodriguez dai tempi di Desperado, per quanto riguarda montaggio ed effetti speciali. Di lui non sono riuscita a scoprire né la nazionalità, né l’età, sorry.



Jessica Alba interpreta Sartana. Americana, la ricordo per film come Giovani diavoli, Fantastici 4 e Sin City; ha inoltre partecipato a Beverly Hills 90210, Flipper e Dark Angel, la serie tv che le ha dato la notorietà internazionale. Anche produttrice, ha 30 anni e un film in uscita, il quarto episodio di Spy Kids.



Steven Seagal interpreta Torrez. Prima di Chuck Norris erano lui e Jean Claude Van Damme a spaccare le chiappe a mille anonimi cattivoni in quanto versioni tamarre e più sfigate delle star Stallone e Schwarznegger. In particolare, Seagal ha partecipato a roba come Nico, Duro da uccidere e Sfida tra i ghiacci. Americano, anche sceneggiatore, produttore e regista, ha 60 anni (Cristo, ha l’età di mio padre… Oddio, Seagal E’ mio padre!!).



Jeff Fahey interpreta Booth. Americano, la maggior parte dei lettori se lo ricorderà come Lapidus, il pilota di Lost, ma ha partecipato a parecchi film come Psycho III, Il tagliaerbe, Grindhouse, Planet Terror, e a serie tv come Miami Vice, Criminal Minds, Cold Case e CSI: Miami. Anche produttore, ha 59 anni e nove film in uscita.



Cheech Marin (vero nome Richard Anthony Marin) interpreta Padre Cortez. Uno dei migliori caratteristi degli ultimi decenni, utilizzatissimo da Rodriguez ma non solo, lo ricordo per film come Fuori orario, Ghostbusters II, Desperado, il meraviglioso Dal tramonto all’alba, Paulie – Il pappagallo che parlava troppo, Spy Kids (e seguiti), C’era una volta in Messico, Grindhouse e Planet Terror. Ha doppiato la versione inglese del Pinocchio di Benigni, i film Disney Oliver & Company e Il re leone, un episodio di South Park e ha partecipato alle serie Nash Bridges, Grey’s Anatomy e Lost. Americano, anche sceneggiatore, produttore e regista, ha 65 anni e due film in uscita.



Don Johnson (vero nome Donnie Wayne Johnson) interpreta Von. Ex marito di Melanie Griffith, famosissimo per il suo ruolo come protagonista della serie Miami Vice, ha partecipato a film come Harley Davidson e Marlboro Man e a serie come Kung Fu, La famiglia Bradford e Nash Bridges. Americano, anche regista, produttore, compositore e sceneggiatore, ha 62 anni e due film in uscita.



Lindsay Lohan interpreta April. Ennesima ragazzina prodigio rovinata dal precoce successo che è riuscita, in tempo zero, ad affossare la sua carriera grazie a condanne per ubriachezza, furto, droga e quant’altro (infatti alla “veneranda” età di 25 anni è già frusta da morire..), ha partecipato a film come Genitori in trappola, Quel pazzo venerdì, Mean Girls e Herbie – Il super maggiolino, oltre ad alcuni episodi delle serie That’s 70’s Show e Ugly Betty. Americana, ha tre film in uscita.



Le guest star della pellicola sono quasi tutte più o meno legate all’universo “rodrigueziano” e ci vorrebbe un fan sfegatato per riconoscerle tutte. Nel mio piccolo segnalo Daryl Sabara (Julio), ovvero il piccolo Juni presente in tutti gli Spy Kids e Gilbert Trejo, ovviamente figlio di Danny, nei panni del muto disegnatore Jorge; tornano anche il dottore ciccione e le crazy babysitter twins di Planet Terror (le gemelle Elise ed Electra Avellan, nipoti acquisite di Rodriguez), qui “trasformate” in due combattive infermiere, mentre la reporter di origine messicana, interpretata dall’attrice Ara Celi, era la “inca mummy girl” dell’omonimo episodio della terza serie di Buffy l’ammazzavampiri. Vi fosse piaciuto Machete, io vi consiglio di vedervi in sequenza Dal Tramonto all’alba e Planet Terror, giusto per assistere all’escalation tamarra di Rodriguez, poi aggiungerei Desperado, sempre dello stesso regista e l’immancabile I mercenari, altro trashissimo omaggio moderno ai film di una volta. E ora, vi lascio con il trailer di questo capolavoro... ENJOY!!

martedì 19 gennaio 2010

Avatar (2009)

Diceva il buon Frank’n’furter del Rocky Horror Picture Show di non giudicare mai un libro dalla copertina. Io l’ho fatto, e ora chino il capo pentita. Il primo teaser trailer di Avatar, il nuovo film di James Cameron, mi aveva portato a dire: “ok, non andrò MAI a vedere quest’ennesima stronzata 3D”. Tempo un mese, e il trailer ufficiale mi aveva fatta ricredere, trasformandolo in uno dei film più attesi di un anno che è appena cominciato. Tempo un altro mese e sono arrivata a considerare Avatar il capolavoro di un regista che si è ampiamente riscattato dalla colpa di aver fatto diventare quel coglioncello di Di Caprio l’idolo di generazioni di stolte ragazzine.


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La trama: in un futuro dove la Terra è ormai priva di qualsiasi genere di vegetazione, l’ultima speranza di ottenere ricchezza ed energia risiede su un lontano pianeta chiamato Pandora. Un marine paralitico, Jake Sully, viene mandato lì al posto del defunto fratello per aiutare i biologi della spedizione ma viene convinto dai suoi superiori a fare il doppio gioco e ad infiltrarsi in un clan di nativi per ottenere la loro fiducia. La sua mente viene così inserita in un Avatar, un corpo biologicamente identico a quelli della popolazione indigena: ma non sarà tanto facile per lui fare il doppio gioco una volta ritrovata la libertà di correre e soprattutto dopo aver conosciuto la cultura e le usanze degli indigeni…


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Avatar non è un semplice film: è un’esperienza. Non so nemmeno se riuscirò a fare capire quanto sia bello e coinvolgente e quanto venga arricchito dall’utilizzo del 3D. Partiamo dalla cosa più semplice, ovvero la storia: E’ la Storia, con la S maiuscola, la più antica e la più terribile, perché fa parte di una realtà che spesso tendiamo a dimenticare, ovvero quella del più forte che soppianta il più debole. Avatar ripropone in chiave fantascientifica la storia dei Conquistadores che, guidati dall’avidità e dalla convinzione che la loro cultura e il loro progresso li rendessero superiori a popoli da loro giudicati come primitivi, non si sono fatti scrupoli a prendere quello che volevano con l’inganno e lo sterminio, annientando culture che di semplice o primitivo non avevano proprio nulla e popoli che vivevano rispettando tutto ciò che li circondava, senza prendere nulla più del necessario. Cameron non risparmia nulla allo spettatore: non stiamo guardando un film della Disney dove i “cattivi” vengono puniti con simpatici trucchetti e nessuno si fa male; certo, non ci sono immagini gore, ma gli indigeni muoiono ed assistono all’orrenda distruzione della loro terra e dei loro luoghi di culto perché la loro è una lotta impari, frecce contro missili, eserciti contro poche unità, e anche quando la situazione pare ribaltarsi in loro favore lo spettatore non è mai certo che arriverà un lieto fine.


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Ad accompagnare una storia tristemente conosciuta si aggiunge un topos narrativo più piacevole ma altrettanto conosciuto, ovvero quello della “formazione” del protagonista e conseguente innamoramento dell’artefice di tale formazione. La storia d’amore tra Jake e Neytiri, la splendida aliena del popolo dei Na’vi, ricorda molto quella tra Pocahontas e John Smith, ma è una diretta conseguenza dell’incredibile esperienza che il marine vive cercando di imparare le usanze e la cultura degli alieni. I tre mesi di “addestramento” consentono allo spettatore di scoprire paesaggi, animali, icone sacre di una bellezza rara e di affezionarsi ai Na’vi tanto da rendere ancora più orribile e toccante il massacro perpetrato dai soldati solo per ottenere un minerale che, per inciso, non viene mai mostrato sul pianeta, ma solo nella base spaziale.


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Passando alla parte più tecnica mi sono ritrovata a pensare parecchie volte che se George Lucas avesse avuto questi mezzi tecnologici all’epoca, Guerre Stellari sarebbe diventato un film da dare le convulsioni allo spettatore. Avatar non è da meno. Più di due ore di film in 3D rischiano di dare altro che mal di testa (anche se per fortuna a me non è successo) ma regalano qualcosa che è più di un film, annulla ogni barriera, sembra di non avere uno schermo davanti ma una finestra aperta su un’altra realtà. Ogni minimo dettaglio è curato, dalle schegge di legno, alle scintille di fuoco, alle foglie che cadono, che danno l’illusione di poterle toccare, per finire con le bolle della sospensione fisiologica all’inizio, e solo per fare qualche esempio, per mostrare a che livelli di perfezione e maniacalità visiva arriva Avatar. E dai particolari passiamo alle cose grandiose. Il design della base spaziale, dei battle suit meccanici che vengono usati dai marines e degli aerei è impressionante, ma ancora più impressionanti sono gli scorci delle montagne volanti di Pandora, la fauna che la popola, il gigantesco albero casa e il luminoso albero delle anime, senza dimenticare ovviamente i Na’vi, un incrocio tra dei felini e il Nightcrawler degli X – Men, a mio avviso gli alieni più belli che siano mai comparsi su uno schermo, realizzati in maniera così naturale da sembrare veri. 


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Unendo una tecnica registica praticamente perfetta, dei personaggi ottimamente caratterizzati e una bella storia, Cameron è riuscito a trovare un equilibrio che ha del miracoloso, creando un film divertente, intelligente, commovente e mai noioso. Al dì la delle immagini strazianti, che fanno davvero venire il magone, o delle scene d’azione, semplicemente da brivido, quella dove tutto il clan accetta Jake come un fratello unendo ogni singolo alieno con un semplice tocco di mano, oppure quella dell’invocazione alla dea, un delirio di corpi in movimento e luci immersi in un’atmosfera solenne, ma anche scene più “lievi” come quella del legame con lo pterodattilo e il conseguente primo volo sono assolutamente splendide e commoventi, qualcosa che indubbiamente non si può dimenticare tanto facilmente. E nonostante questo film si basi all’80% sugli effetti speciali, non va dimenticato il fatto che sono coinvolti anche attori in carne ossa, e che attori! Sigourney Weaver incarna una dura biologa dal cuore tenero, combattuta tra la fede nella scienza e il desiderio di credere in qualcosa di “superiore”, il personaggio secondo me più riuscito di tutto il film. Michelle Rodriguez per una volta è stranamente meno vajassa del solito, Giovanni Ribisi è un modello di bassezza morale e squallore, mentre Stephen Lang col suo infamissimo colonnello ispira sentimenti di odio solo di poco inferiori a quelli ispirati da Christoph Waltz in Inglorious Basterds. Inoltre anche il doppiaggio italiano è tornato ad essere dignitoso come in passato. Insomma, l’avrete capito: mi sono innamorata di Avatar. Andatelo a vedere, saranno i10 euro meglio spesi della vostra vita. Aggiungo che in questi giorni ha vinto anche due Golden Globe, quindi ha praticamente la strada spianata per almeno un Oscar.


James Cameron è regista e sceneggiatore del film. Autore completo, uno dei più grandi registi moderni, tra le sue pellicole ricordo Piraña Paura, Terminator, Aliens – Scontro finale, Abyss, Terminator 2 – Il giorno del giudizio, True Lies e Titanic (per il quale solo lui ha vinto l’Oscar come miglior regista). Ha diretto anche un episodio del telefilm da lui creato e prodotto, Dark Angel. Canadese, ha 56 anni e un film in uscita, quel Battle Angel che altro non è che il film tratto dal manga cult di Yukito Kishiro, Alita l’angelo della battaglia.


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Sam Worthington interpreta Jake Sully. L’attore inglese ha già lavorato su personaggi creati (ma in questo caso non diretti) dal regista sul set di Terminator – Salvation, e per la TV ha partecipato a JAG – Avvocati in divisa e alla serie australiana Two Twisted. Ha 34 anni e tre film in uscita.


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Sigourney Weaver interpreta la dottoressa Grace Augustine. Per me questa meravigliosa attrice, universalmente conosciuta per aver interpretato il colonnello Ripley nella quadrilogia di Alien, rimarrà sempre la bravissima interprete di Dana Barret in Ghostbusters e Ghostbusters II. La sua filmografia però conta tanti altri film come Io & Annie, Gorilla nella nebbia, Una donna in carriera, Tempesta di ghiaccio, Biancaneve nella foresta nera, Heartbreakers – Vizio di famiglia, The Village, Be Kind Rewind. Ha inoltre prestato la voce per un episodio di Futurama. Newyorchese, ha 61 anni e sei film in uscita tra cui, probabilmente, Ghostbusters III.


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Giovanni Ribisi interpreta l’antipatico affarista Parker Selfridge. Era un ragazzetto come tanti quando interpretava il fratello cretino della Phoebe di Friends, ed è cresciuto per recitare interessanti ruoli in bellissimi film, tra i quali ricordo Strade perdute di Lynch, Salvate il soldato Ryan, Il giardino delle vergini suicide, The Gift e Lost in Translation. Per la TV ha recitato in episodi di Simon & Simon, Ai confini della realtà, Walker Texas Ranger, Ellen, NYPD, X – Files e My Name is Earl. Californiano, ha 36 anni e tre film in uscita.  


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Michelle Rodriguez interpreta la combattiva pilota Trudy Chacon. Nata per essere zamarra, l’attrice texana ha sempre ricoperto i ruoli di donna dura e grebana, come per esempio in The Fast and the Furious, Resident Evil, Blood Rayne e, non in ultimo, col ruolo di Ana Lucia in Lost. Ha 32 anni e tre film in uscita, tra cui l’attesissimo Machete


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Stephen Lang interpreta l’odiosissimo colonnello Miles Quaritch. Newyorchese, tra i film che mi sono familiari ha recitato in Manhunter – Frammenti di un omicidio, Non dirmelo.. non ci credo ed era anche in L’uomo che fissa le capre, ma giuro che non me lo ricordo per nulla. Per la TV ha invece partecipato ad episodi di Oltre i limiti e Law & Order. Ha 58 anni e due film in uscita.


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Zoe Saldana presta invece corpo e voce all’aliena Neytiri. Al di là di un paio di comparsate in La maledizione della prima luna e nel nuovo Star Trek, questo è il suo primo ruolo importante e in un film decente: vogliamo parlare della sua partecipazione a Crossroads che, vorrei ricordare, è il film che ha (s)consacrato Britney Spears come attrice? Ecco, appunto. L’attrice americana ha 32 anni e quattro film in uscita.


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Vi lascio ora con uno strano teaser trailer del film... non lo stesso che ho visto io ma comunque molto molto diverso dal risultato finale XD ENJOY!


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