Tra una cosa e l'altra, ho aspettato un po' per vederlo ma, finalmente, anch'io ho guardato Vicious - I tre doni del male (Vicious), diretto e sceneggiato dal regista Bryan Bertino.
Trama: il giorno prima di un importante colloquio di lavoro, Polly riceve la visita di una donna misteriosa che, dopo averle affidato una scatola, le predice un destino di morte imminente...
Vicious è stato schifato, sputato e dileggiato dalla maggior parte di quelli che lo hanno visto, tanto che a un certo punto ho voluto guardarlo apposta per capire quanto Bertino si fosse rincoglionito, a cadere così in basso. Spoiler: come al solito, la gente esagera e Vicious è un horror dignitoso, né più né meno di tanti altri. Non è l'opera migliore di Bertino, ma scorre "tranquilla" e fa il suo dovere, che poi è quello di inquietare, più che di spaventare, come molti dei suoi colleghi recenti. Vicious, infatti, è uno di quei film che usa l'orrore per veicolare un disagio comune, al quale spesso persino quelli che lo provano non riescono a dare un nome. E' la depressione di una persona comune, che magari non ha radici precise, però è lì, ad impedire una vita "normale", a costruire muri di rinunce che si traducono in un mero sopravvivere, o in un'inconsapevole attesa della morte, a zittire finalmente le insistenti domande di familiari, amici e conoscenti che non riescono a capire i motivi di una malattia così insidiosa. La protagonista di Vicious, Polly, è proprio in questa condizione. Non ha un lavoro, non ha prospettive, la famiglia la maneggia coi guanti perché "strana", e alla vigilia di un importante colloquio che dovrebbe portarla a riprendere le redini di una vita "normale", il destino le bussa alla porta in forma di vecchietta confusa. Impietosita, Polly la fa entrare, e la vecchia le lascia una scatola, dopo averle detto: "Tu stanotte morirai". Il segreto per non morire è mettere nella scatola tre cose: una cosa che odi, una cosa di cui hai bisogno, una cosa che ami. Per Polly comincia un'infinita ordalia, che probabilmente è ciò che ha fatto storcere il naso a più, perché Vicious non è un film sottile, ma la chiara metafora di un percorso che dovrebbe portare la protagonista a rendersi conto del valore di ciò che ha, e lottare per non perdere la vita nel modo peggiore. Nulla di nuovo sotto il sole, ma di Bertino a me piace il pessimismo, e qui ce n'è a palate, tanto che il finale sottolinea la natura infida della depressione, sempre prona ad una ricaduta, e anche la sua casualità, perché anche un'esistenza apparentemente perfetta può celare minuscole crepe in cui la malattia riesce ad intrufolarsi.
Il modo in cui è realizzato Vicious sottolinea anche la natura solitaria della malattia. Il film è ambientato in una casa enorme ma male illuminata, piena di anfratti bui, e quando Polly mette piede all'esterno, ciò che la accoglie è la desolazione di un quartiere innevato dove gli abitanti sono quasi tutti andati via per le feste di Natale, che per inciso è il periodo dell'anno in cui la depressione picchia ancora più forte. Attraverso la regia e la fotografia plumbea, Bertino crea un universo senza via d'uscita, all'interno del quale il terrore distorce ancor più le percezioni della protagonista, che si ritrova bloccata in un incubo di sensi di colpa e traumi, ovviamente materializzati in orrori tangibili. Alcune sequenze di Vicious, soprattutto quelle più fisiche, sono insostenibili e ammetto di aver distolto un paio di volte lo sguardo dallo schermo; viceversa, i jump scare sovrannaturali sono l'aspetto un po' più debole del film, anche a causa della solita CGI orribile, ma per fortuna poco utilizzata. La vera forza di Vicious, però, è l'interpretazione di Dakota Fanning. Ho scorso alcune recensioni che si pregiano di sottolineare come l'attrice sia monoespressiva, e mi viene un po' da dire grazie al cazzo, visto che la depressione prosciuga l'afflato vitale e ottunde le sensazioni di chi ne è vittima. Personalmente, a me è parso invece che la Fanning reggesse da sola l'intero film, coinvolgendo lo spettatore nel dramma di una persona di cui, obiettivamente, viene detto poco, e con la quale, inizialmente, risulta difficile empatizzare; nello sguardo e nei gesti della protagonista si leggono però fin da subito una confusione e una disperazione molto verosimili, che proseguendo col film si arricchiscono di sfumature dolorosamente umane, e più volte mi sono ritrovata col fiato mozzo, a pensare cosa metterei io nella scatola se mi capitasse una vecchietta alla porta, con una scatola misteriosa in mano. Mi spiace per le vecchiette bisognose, ma dopo Vicious in casa mia non entreranno più nemmeno le persone a me più vicine, perché potrebbero essere la fregatura di qualche demone stronzo. Se anche voi cercate una scusa per starvene un po' in pace nella solitudine di casa vostra, quindi, recuperate Vicious senza indugio e senza dare retta alla recensioni impietose.
Del regista e sceneggiatore Bryan Bertino ho già parlato QUI. Dakota Fanning, che interpreta Polly, la trovate QUA e QUI trovate Michael Abbott Jr., che presta la voce al padre di Polly.
Kathryn Hunter interpreta la donna. Americana, ha partecipato a film come Orlando, Harry Potter e l'Ordine della Fenice, Il racconto dei racconti, Macbeth, Povere creature! e a serie quali Grotesquerie. Anche produttrice, ha 68 anni e un film in uscita.


































