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venerdì 4 agosto 2023

Hanno clonato Tyrone (2023)

Incuriosita da un titolo originale che mi suonava abbastanza sciocchino, ho recuperato su Netflix il film Hanno clonato Tyrone (They Cloned Tyrone), diretto e co-sceneggiato dal regista Juel Taylor.


Trama: lo spacciatore Fontaine, assieme a due improbabili alleati, scopre che nel quartiere dove vive stanno accadendo cose al limite del paradossale e decide di investigare...


Hanno clonato Tyrone
sarebbe stato un film perfetto per le mani d'oro di Jordan Peele, il quale però, stranamente, non ha avuto nulla a che fare con l'opera in questione. Dico questo perché il nuovo film distribuito da Netflix sfrutta un genere "poco nobile" (in questo caso la fantascienza) per esprimere il disagio della comunità afroamericana e sottolineare il persistente stato di oppressione per mano di una classe dirigente formata principalmente da bianchi, ai quali non importano né l'integrazione razziale né la comprensione di una cultura altra, tantomeno una qualche forma di sostegno e sviluppo per quartieri lasciati decadere e trasformati in ghetti. Ciò che importa, di solito, sono mantenimento dello status quo, repressione o controllo capillare e da qui parte la trama di Hanno clonato Tyrone, che (non è spoiler poiché si evince già dal titolo) parla di clonazione e quindi richiama, a tratti, le atmosfere paranoiche de L'invasione degli ultracorpi e di una depersonalizzazione voluta da misteriose e malevole entità governative. A contrastare questa cospirazione c'è un improbabile trio che sembra uscito da una barzelletta, formato da uno spacciatore, un pappone e una prostituta, il che definisce il mood del film virandolo, spesso e volentieri, verso i territori del mistery ironico e volgarotto. L'idea non sarebbe affatto male, non fosse che, come spesso accade, Hanno clonato Tyrone risulta una di quelle pellicole dove le due anime che la compongono, invece di compenetrarsi creando un'opera ricca e sfaccettata, cozzano dando l'idea di vedere due film diversi, uno troppo stupido per l'argomento trattato e l'altro troppo serio per la quantità di gag e battute che contiene. 


Benché abbia del potenziale innegabile, Juel Taylor non è Jordan Peele e, quel che è peggio, è privo del dono della sintesi. Hanno clonato Tyrone ha una durata proporzionalmente elefantiaca per quel che deve raccontare, e si perde in dettagli e ripetizioni reiterate che lo spettatore medio può tranquillamente afferrare in un paio di sequenze; inoltre, una volta scoperto il mistero, la storia perde in qualche modo di fascino e mordente e si trascina stancamente verso la risoluzione finale. Di fatto, è più intelligente l'estetica del film rispetto alla trama, e centra molto di più la questione di fondo. La fotografia è infatti volutamente sgranata e retrò, così come la scelta di rendere incerti i contorni temporali della vicenda, con costumi e scenografie privi di elementi specifici di un determinato periodo storico e, al limite, più virate sul vintage (cosa che fa deliziosamente a pugni coi dialoghi zeppi di citazioni moderne e scompensa lo spettatore) e, soprattutto, sull'idea "bianca" di come dovrebbe vestirsi un afroamericano strettamente legato a un quartiere povero e degradato. Quest'ultimo aspetto si rispecchia anche nelle personalità e nel modo di parlare dei personaggi principali, che abbracciano allegramente stereotipi reiterati nel tempo, con risultati diversi. Jamie Foxx e Teyonah Parris incarnano infatti l'aspetto più ironico della pellicola e sono frizzantissimi, insieme o separati (anche troppo, a tratti sfociano nell'irritante), mentre a John Boyega è toccata la parte del duro muto, con quella faccia un po' così che induce al sonno anzitempo, il che mi fa pensare che anche lui sia uno di quegli attori che necessitano di un buon regista per brillare, pena l'essere mangiati dal resto del più carismatico cast. Per quanto mi riguarda, Hanno clonato Tyrone è l'ennesima occasione sprecata infilata nel cestone Netflix, carica di potenzialità andate perse in un mare di brodo allungato che ha privato di sapore anche quei pochi aspetti originali. 

Di John Boyega (Fontaine), Jamie Foxx (Slick Charles) e Kiefer Sutherland (Nixon) ho già parlato ai rispettivi link. 

Juel Taylor è il regista e co-sceneggiatore del film. Americano, ha diretto un altro film, Actors Anonymous. E' anche produttore e attore.

Teyonah Parris interpreta Yo-Yo. Americana, ha partecipato a film come Se la strada potesse parlare, Candyman e serie quali CSI - Scena del crimine e Wanda/Vision. Anche produttrice, ha 36 anni e due film in uscita tra cui The Marvels, dove tornerà a vestire i panni di Monica Rambeau.


Se Hanno clonato Tyrone vi fosse piaciuto recuperate Get Out e Noi. ENJOY! 


venerdì 7 gennaio 2022

Spider-Man: No Way Home (2021)

Finalmente domenica sono andata a vedere Spider-Man: No Way Home, diretto nel 2021 dal regista Jon Watts, dopo un'attesa di quasi un mese dovuta alla gente folle che si è riversata a frotte in sale, come quella savonese, dove le regole anti-covid, prima dell'obbligo di portare la FFP2, erano pura utopia. Vediamo un po' se è valsa la pena attendere!


Trama: dopo che Mysterio ha rivelato al mondo l'identità di Spider-Man, la vita di Peter Parker e dei suoi amici è diventata un disastro. Il ragazzo decide quindi di chiedere aiuto a Doctor Strange per cancellare la memoria delle persone ma ovviamente l'incantesimo va storto...


Sì, ne è valsa la pena. Non sono di quelle che definiscono i film Marvel dei capolavori, anche perché salvo pochissimi casi li ho tutti dimenticati ad una settimana dalla visione, ma No Way Home ha davvero il suo perché e oserei dire (ma, come avete letto, non sono granché affidabile) che è una delle poche pellicole del MCU a curare veramente il personaggio protagonista, facendolo evolvere e crescere tra gioie e dolori; non so se è un paragone da fare, anche perché i Potterhead sono più micidiali dei fan del MCU, ma l'evoluzione del personaggio Spider-man interpretato da Tom Holland mi ha ricordato i romanzi di Harry Potter, dove i primi due erano libri per bambini semplici e principalmente ironici, poi dal terzo in poi i toni si sono fatti più cupi e i protagonisti più complessi e problematici. A costo di privare della freschezza il Peter Parker di Holland, credo sia questa la strada da seguire per elevarlo dal novero di eroi "cazzari" i cui problemi durano il giro di un film, sepolti da una salva ininterrotta di battute e siparietti esilaranti, perché, se ci pensate, il Bimbo Ragno del MCU finora ha avuto vita molto facile: è entrato di diritto nella squadra di eroi più forti della Terra, preso subito sotto l'ala potente di Stark, che lo ha fornito di ogni tipo di gadget, e dopo la morte dell'adorato Tony ci hanno pensato Happy Hogan e Nick Fury a far sì che a Peter non mancasse nulla. A fare cerchio attorno alla sua identità segreta, oltre ai due pesi massimi, c'erano anche l'adorata zia May, l'amico fraterno Ned e la fidanzata MJ, cosa che ha sempre consentito a Peter di vivere come un'adolescente normale ma anche come supereroe, una fortuna che credo non sia mai toccata a nessun ragazzino di nessun fumetto, film o cartone animato, e tutte queste cose combinate hanno fatto sì che Peter Parker diventasse una sorta di ragazzino viziato, dolce e carino quanto volete ma comunque privo di una dose di durezza e indipendenza tali da renderlo un supereroe consapevole e responsabile, e questo viene sottolineato parecchie volte nel corso di No Way Home, che sbatte in faccia al protagonista fin da subito una situazione dalla quale il ragazzo non potrebbe mai fuggire da solo, senza essere "paraculato" a più livelli. 


Purtroppo, sarà proprio questa consapevolezza di avere sempre e comunque le spalle coperte che causerà il casino cosmico che ha fatto bagnare il 90% dei nerd del pianeta e che ha trasformato No Way Home in un vero e proprio evento, rendendolo più ricco, intrigante e anche piacevole da guardare, non posso negarlo. Giocherò a carte mezze scoperte senza fare troppi spoiler, tanto ormai il film lo avranno visto tutti (ma, se non l'avete ancora fatto, evitate l'infoporn con tutti i nomi degli attori coinvolti) e il mio blog ormai è meno letto di Grand Hotel, dicendo che rivedere certi volti è stato come riavvolgersi in una calda coperta, souvenir dei bei tempi in cui i cinecomics erano ancora appannaggio di poche case di produzione pazze e registi che ci credevano senza omologarsi, un rischio per lo spettatore che apriva il cuore alla speranza e poi rischiava di ritrovarsi tra le mani una mezza ciofeca ma, nonostante tutto, si teneva le urla di dolore nel cuore perché non erano ancora spuntati internet e i maledetti social a dar voce anche alle capre. L'interazione tra i moltissimi personaggi presenti nel film mi è parsa naturale e rispettosa delle personalità dei coinvolti (almeno, di quelli che conoscevo) e se è vero che è sempre divertente vedere Doctor Strange alle prese con quelle che per lui sono fondamentalmente delle inutili minchie di mare a fronte della sua infinita e spocchiosa sapienza, è ancora più vero che un film senza dramma sarebbe nulla e che i signori attori sono pochi ma riescono a nobilitare pellicole ben peggiori di queste: qui, in particolare, c'è un attore che mangia la scena a tutti quelli che si ritrovano a doverla condividere con lui, arricchendo non solo le loro interpretazioni, ma anche le sequenze appena successive alla sua apparizione, nelle quali il fantasma della sua presenza aleggia ancora, impossibile da ignorare. Si piange parecchio in No Way Home e, come ho scritto sopra, è giusto così, perché un po' di cupezza rende i personaggi più complessi e migliori, al di là di tutto il codazzo di gag ed effetti speciali che possono accompagnare le loro avventure.


Questi ultimi elementi, ovviamente, non mancano. Come nei primi due film si cerca di approfondire la vita scolastica e sentimentale di Peter Parker, e ormai il terzetto Holland/Zendaya/Batalon è talmente affiatato che viene da pensare che i tre siano molto amici anche fuori dal set, inoltre a Batalon è richiesto di alleggerire un po' le atmosfere fungendo da elemento comico. In questo caso, gli sceneggiatori sono riusciti a tenersi in ottimo equilibrio senza sconfinare nella farsa e anche a gestire le fila di una storia comunque assai complessa a livello di continuity senza troppe sbavature (non chiedetemi lumi in merito, mi mancano pezzi di puzzle. Fate come se doveste guardare Tenet, godetevelo e non fate domande). Passando agli effetti speciali, io ho un debole per la magia di Strange e per la sua dimensione specchio, ho dunque trovato l'intera sequenza di combattimento tra lui e Spider-Man assai entusiasmante vista su grande schermo, oltre ad avere ovviamente apprezzato lo showdown finale, chiaro e dettagliato nonostante l'abbondanza di personaggi e poteri coinvolti, e la scena centrale del film, dove Spider-Man viene messo di fronte ai suoi limiti nel modo più violento e tragico possibile. Non riesco, al momento, a prevedere che direzione prenderanno le avventure di Spider-Man (e nemmeno dell'MCU vista la graditissima guest star che compare a un certo punto!!), soprattutto visto che è il Dottor Strange il fulcro delle anticipazioni post-credit, ma se l'ex Bimbo-Ragno dovesse tornare in futuro tornerò al cinema a fargli compagnia perché ormai ho cominciato a volergli molto bene, nonostante le dichiarazioni scellerate del minchietta che lo interpreta. 
 

Del regista Jon Watts ho già parlato QUITom Holland (Peter Parker/Spider-Man), Zendaya (MJ), Benedict Cumberbatch (Doctor Strange), Jon Favreau (Happy Hogan), Jamie Foxx (Max Dillon/Electro), Willem Dafoe (Norman Osborn/Goblin), Alfred Molina (Dr. Otto Octavius/Doc Ock), Benedict Wong (Wong), Tony Revolori (Flash Thompson), Marisa Tomei (May Parker), Andrew Garfield (Peter Parker/Spider-Man), Tobey Maguire (Peter Parker/Spider-Man), Angourie Rice (Betty Brant), Martin Starr (Mr. Harrington), J.K.Simmons (J. Jonas Jameson), Rhys Ifans (Dr. Curt Connors/Lizard), Charlie Cox (Matt Murdock) e Tom Hardy (Eddie Brock/Venom) li trovate invece ai rispettivi link. 

Jacob Batalon interpreta Ned Leeds. Hawaiano, ha partecipato a film come Spiderman: Homecoming, Blood Fest, Avengers: Infinity War, Avengers: Endgame e Spiderman: Far From Home. Ha 26 anni. 


Thomas Haden Church interpreta Flint Marko/L'uomo sabbia. Americano, ha partecipato a film come Il cavaliere del male, Sideways, Spider-Man 3 e Hellboy. Ha 62 anni e due film in uscita.


La trama del film, che avrebbe dovuto riprendere una delle scene post-credits di Far From Home, quella in cui si scopre che i Maria Hill e Nick Fury della Terra sono in realtà degli Skrull mentre il vero Fury è nello spazio, è stata completamente cambiata per poter realizzare la mini-serie Secret Invasion, che dovrebbe uscire quest'anno. Nell'attesa che ciò, accada, se Spider-Man: No Way Home vi fosse piaciuto recuperate Spider-Man: Homecoming, Spider-Man: Far From Home, Doctor Strange, la serie Wanda/Vision (peraltro molto ma molto carina), Shang Chi e la leggenda dei 10 anelli... e poi armatevi di santa pazienza vintage con Spider-Man, Spider-Man 2, Spider-Man 3, The Amazing Spider-Man e The Amazing Spider-Man 2 - Il potere di Electro, mentre potete serenamente evitare quella cacca fumante di Venom e, ovviamente, Venom 2. ENJOY!

domenica 3 gennaio 2021

Soul (2020)

Buon anno a tutti, innanzitutto, sperando che il 2021 porti solo cose belle. Il 2020 ne ha portata sicuramente una, almeno in campo cinematografico, ed è Soul, diretto e co-sceneggiato dai registi Pete Docter e Kemp Powers. Vi avviso che questo sarà un post molto personale, quindi avete tutto il diritto di fermarvi qui, dove dico che Soul è splendido e merita di essere visto, per poi tornare alle vostre faccende.


Trama: Joe è un insegnante di musica il cui unico sogno è quello di sfondare nel mondo del jazz. Proprio quando sta per arrivare, inaspettata, la sua occasione, Joe finisce in coma e cerca in tutti i modi di tornare nel suo corpo...


In un anno brutto come questo, Soul può distruggere una persona o può salvarla. In ogni caso, di sicuro è un film che fa riflettere. L'anno prossimo, ahimé, compirò 40 anni. Un tempo era già una bella età, anzi, se rileggo oggi i libri scritti da Stephen King, a 40 anni si era già considerati decrepiti; adesso, certo, non è proprio così ma più o meno vuol dire che sono già arrivata a metà della mia vita e che la parte migliore ce l'ho ormai alle spalle. Non mi è stato quindi molto difficile identificarmi con Joe, uomo di mezza età con una grande passione per la musica il quale, brutto da dire, nella vita non ha mai combinato un belino: ringrazio dal profondo Pete Docter e soci per avermi dato la prima mazzata più o meno a venti minuti dall'inizio del film, quando Joe mostra all'animella 22 la sua esistenza noiosa e monotona, priva di eventi particolarmente significativi, successi o sogni che diventano realtà. Una vita simile, giustamente, è impossibile che offra a 22, anima che a cominciare un'esistenza sulla Terra non ci pensa nemmeno, un motivo per cambiare idea. Certo, anche il Seminario dell'Io non è il posto più esaltante dell'universo ma almeno è un posto conosciuto e sicuro, mentre la Terra è piena di incognite e, se dev'essere altrettanto noiosa, tanto vale rimanere "non nati", a far disperare anime importanti che hanno tagliato ogni traguardo possibile e immaginabile e non si capacitano del fatto che 22 sia così "banale". Ah, la banalità. Probabilmente prima che spuntasse questa piaga che sono i social, molte meno persone avevano una percezione chiara di essere banali, medie se non mediocri, prive di una "scintilla" capace di farle spiccare in mezzo a una marea di persone tutte uguali e tutte omologate, ma adesso tutti DEVONO spiccare in qualcosa e i confronti sono sempre meno costruttivi, sempre più legati all'imperativo di venire "guardati" ed "ammirati", possibilmente invidiati. C'è gente che quest'anno, durante i vari lockdown, ha guardato in se stessa e ha riflettuto sulla propria esistenza in senso costruttivo e positivo, io purtroppo non ho avuto nemmeno quel lusso, anzi, ho continuato la mia banale vita di tutti i giorni che, ovviamente, è andata peggiorando: lutti, depressione, malanni assortiti, un senso di paura e precarietà costante, una perenne mancanza di tempo per fermarmi, riflettere o rilassarmi, pianti a giorni alterni e un odio crescente verso tutto e tutti, in primis verso me stessa. 


Non c'è da stupirsi se, per più di metà film, guardando Soul, ho pensato: porca puttana, sono come Joe. Prendete il miraggio del posto fisso. Io per ora ce l'ho, lavoro dal 2007 sempre nello stesso posto, ma mi piace quello che faccio? Nemmeno per sogno, lo faccio perché devo, così come Joe insegna musica senza capire davvero perché, senza metterci anima ma solo un costante senso di rimpianto e frustrazione, che si accresce il giorno in cui entra in coma proprio quando avrebbe la sua occasione di diventare un musicista vero. Le occasioni perdute, che ci impediscono di guardare al presente e al futuro perché è molto più facile piangere sulla sfiga che abbiamo sempre avuto; eppure, se ci si mette nei panni di 22 invece, magari si scopre che la sfiga non è tale ma è facilmente sostituibile da una nostra fondamentale mancanza di coraggio. Un esempio "recente"? Non ho fatto l'artistico non per sfiga, ma perché (ah, anche lì, le "voci" che ci costringono all'immobilità e al disprezzo verso noi stessi) mi dicevano che non mi avrebbe portata a nulla, anche se amavo disegnare. Grazie a questo cambio di rotta ho scoperto di amare le lingue, certo, ma l'amore per il disegno mi è rimasto e quest'anno è crollato tutto quando, dopo un paio di corsi on line, ho capito di essere mediocre ed incapace, cosa che mi ha resa ancora più depressa di quanto già non fossi. Posso solo ringraziare Mirco, un paio di amici online che mi hanno incoraggiata con dei regali a tema, il maestro del corso e sì, anche Soul, se in questi giorni di festa ho cominciato a guardare a questa incapacità (e alle opere ben più belle di tutti i miei compagni di corso e di un sacco di amici su Facebook) e a tutte le cose che mi fanno male da anni con un po' di coraggio, cercando di accettare quel che è stato e quel che sono e provando a migliorarmi, anche di poco, senza arrendermi e, soprattutto, cercando di godere di quel che ho.


Questo per dire che Soul ci insegna che la vita, con tutte le sue difficoltà spesso anche terribili, può essere bella. E che banalità, direte voi, e avete ragione. Soul ci insegna che la vita è bella anche nella sua normalità, ma SOLO se noi vogliamo che lo sia, solo se riusciamo ad armarci del coraggio di accettare quello che abbiamo senza rinunciare a migliorarlo e migliorarci ma soprattutto senza abbatterci se vediamo che proprio non si riesce. Joe, concentrandosi sull'obiettivo di sviluppare la sua "scintilla", ha di fatto smesso di vivere: "Poor Joe", come avrebbe detto con disprezzo mammà Soprano, non vede al di là del suo naso, non vede gli studenti che gli chiedono aiuto, non si interessa di amici e conoscenti, non percepisce i problemi altrui né la bellezza di quello che lo circonda e io, purtroppo, mi sono resa conto di essere uguale a lui. Uguale a lui e anche un po' uguale a 22, che per paura e per la pesantezza dei giudizi altrui, rinuncerebbe alla possibilità di qualcosa di nuovo, magari spaventoso ma magari anche positivo, chissà. E' riunendo queste due anime, "jazzando" sulle ali dell'improvvisazione e di punti di vista differenti, che forse è possibile davvero dare un senso all'esistenza e imparare a vivere, non solo a sopravvivere come sto (stiamo?) facendo ora. E' lo schiaffo finale di Soul a far aprire gli occhi definitivamente ed è uno schiaffo che, per qualche minuto prima dell'inevitabile happy end, mi ha distrutta dalle lacrime: Joe alla fine capisce, purtroppo lo fa troppo tardi, proprio quando rinuncia alla propria vita per salvare 22 dalla tristezza oscura che l'ha annullata. E' lì, giuro, che ho pregato irrazionalmente che il cartone non finisse con la morte di Joe e dove l'unica cosa che ho pensato è stata: e sua madre? E le vecchiette? E i suoi amici, i suoi studenti, così orgogliosi di lui anche quando avevano davanti il "normale" Joe? E la sua vita banale? Credeteci o no, sto scrivendo il post (sconclusionato, me ne rendo conto) con difficoltà, perché ho le lacrime agli occhi e il magone a ripensare alla vergogna e alla paura provata guardando Soul, e anche al piccolo senso di speranza e voglia di cambiare che mi ha lasciato. Sicuramente è stato il film giusto al momento giusto e, come tutte le opere, è impossibile che scateni le medesime sensazioni in tutti coloro che ne fruiranno, ma io mi sento (dopo averli maledetti spesso nel corso del film) di ringraziare Docter e soci per questo piccolo gioiellino, che mi fa riflettere da giorni.  


Del co-regista e co-sceneggiatore Pete Docter ho già parlato QUI. Jamie Foxx (voce originale di Joe), Alice Braga (Jerry), Phylicia Rashad (Libba) e Angela Bassett (Dorothea) li trovate invece ai rispettivi link. 

Kemp Powers è il co-regista e co-sceneggiatore della pellicola, al suo primo lavoro dietro la macchina da presa. Americano, è anche attore e produttore.


Tina Fey
è la voce originale di 22. Attrice comica del Saturday Night Live, ha partecipato a film come Anchorman 2 - Fotti la notizia e a serie quali 30 Rock; come doppiatrice ha lavorato in Ponyo sulla scogliera, Megamind e serie come Spongebob Squarepants, Phineas e Ferb, I Simpson. Americana, anche sceneggiatrice e produttrice, ha 50 anni.


Graham Norton
, presentatore ufficiale dell'Eurovision per la BBC, presta la voce a Spartivento. Se Soul vi fosse piaciuto recuperate Il libro della vita, Inside Out, La sposa cadavere, Coco... e, ovviamente, cercate su Youtube qualunque cosa riguardi La linea di Osvaldo Cavandoli, che mi è tornata in mente ogni volta che compariva Terry! ENJOY!

mercoledì 13 settembre 2017

Baby Driver - Il genio della fuga (2017)

L'ultimo film scritto e diretto da Edgar Wright è uscito persino a Savona! Potevo quindi perdermi Baby Driver - Il genio della fuga (Baby Driver)? Assolutamente no!


Trama: a seguito di un incidente stradale accorsogli da bambino, Baby è affetto da acufene, cosa che lo costringe ad andare in giro con la musica perennemente sparata nelle orecchie. Questa sua particolarità lo rende anche un autista provetto, nonché il migliore alleato di un ladro professionista, Doc, che lo utilizza sempre per i suoi colpi.


Baby Driver è un film che Edgar Wright si rigirava nella mente fin dagli anni '90 e che è riuscito brevemente a fare capolino in un video diretto proprio dal regista, Blue Song dei Mint Royale, uscito nel 2004 e avente tra gli attori protagonisti anche ciccio Nick Frost (il video si può vedere brevemente in una sequenza di Baby Driver); il progetto era talmente caro a Wright da spingerlo a fare persino il gesto dell'ombrello alla Marvel e al loro Ant-Man, con buona pace di noi spettatori amanti dello stile del regista britannico e di film realizzati col cuore più che col portafoglio. E' un bene che esistano ancora Autori con la A maiuscola anche in ambito "commerciale" perché Baby Driver, nonostante la natura di film un po' supercazzola tutto stunt automobilistici (favolosi) e malviventi spacconi (o forse proprio in virtù di questo), è un'opera che titilla tutti i sensi dello spettatore, almeno quelli utilizzati per la recezione di una pellicola, e dalla quale traspaiono interamente la bravura, la perizia e l'impegno di chi l'ha realizzata. La trama di Baby Driver, a dirla tutta, non brilla di originalità: la storia di un animo fondamentalmente candido costretto suo malgrado a compiere brutte azioni, vuoi per necessità economiche vuoi perché ricattato da chi è davvero malvagio (forse), che arriva a compiere determinate scelte per amore, è stata raccontata mille e una volta, eppure come al solito il tocco leggero di Edgar Wright riesce a non rendere banale né il racconto in generale né la caratterizzazione dei vari personaggi. Baby, con tutti i suoi tic quasi autistici e quell'atteggiamento tra il buffo e l'esasperante col quale letteralmente fugge dalla realtà che lo circonda, è un protagonista assai carino, col quale lo spettatore può facilmente empatizzare, ma ogni personaggio viene reso vivo ed indimenticabile anche quando gli vengono concessi poco più di alcuni minuti sullo schermo, si vedano il duro interpretato da Jon Bernthal ("Se non mi rivedrete vorrà dire che sarò morto"), il nipotino di Kevin Spacey, la commessa dell'ufficio postale e persino la vecchina derubata della macchina. E poi c'è quel protagonista unico ed indispensabile che è la musica, punto fermo di una pellicola che rischiava di essere il tipico "videoclip" stilosetto ma freddo e invece proprio grazie ad essa trova una sua personalità tutta particolare, un calore difficile da trovare al giorno d'oggi.


Baby è la musica, e la musica è Baby. Il ragazzo vive di Ipod, campiona i dialoghi di chi lo circonda per creare una nuova melodia, cammina a ritmo di ciò che in quel momento passa nelle sue cuffie, parla riportando brani di canzoni o film a seconda dell'occasione ed è talmente innamorato di questa forma d'arte da riuscire a trasmettere la sua passione persino al nonno adottivo, sordomuto. La realtà della vita criminale non lo tange, almeno fino a un certo punto, perché tutto ciò che gli capita viene filtrato dalle cuffiette dell'Ipod e finché il fanciullo è libero di fare quel che più gli piace e c'è da guidare e rubare senza fare male a nessuno, tutto bene; lo stesso vale per la storia d'amore con Debora e per il suo destino finale, al punto che sembra quasi che la realtà stessa si plasmi a seconda di ciò che ascolta Baby, tra graffiti che riportano interi testi di canzoni e arcobaleni che spuntano all'improvviso come in un brano di Dolly Parton, a ricordarci che la felicità arriva solo dopo l'inevitabile pioggia e il temporale chissà quanti anni potrà durare. E la musica scandisce non solo il ritmo della vita di Baby ma anche quello della struttura stessa del film, con Edgar Wright che si permette di ri-citare se stesso e una delle scene più famose di Shaun of the Dead seguendo Ansel Elgort con un elegante piano sequenza mentre il protagonista va a prendere il caffé, per poi cominciare a giocare col montaggio e i suoni degli spari o delle portiere sbattute, che seguono letteralmente il ritmo della colonna sonora. E quando quest'ultima non c'è, ecco che lo spettatore si ritrova a dover sentire quel fastidioso ronzio che porta Baby a cercare riparo nella musica, cosa che crea ancora più empatia col personaggio. A completare il tutto c'è infine un cast d'eccezione, con due premi Oscar come Kevin Spacey e Jamie Foxx pronti a gigioneggiare senza ritegno, una Eiza Gonzáles particolarmente gnocca e un Jon Hamm che definirlo figo è poco visto lo sviluppo a cui va incontro il suo personaggio, ribaltando decisamente le aspettative del pubblico benché molte cose vengano prefigurate da tutti i piccoli dettagli che meriterebbero a Baby Driver una seconda visione e persino una terza. Ovviamente in lingua originale, ché l'adattamento italiano fa perdere non solo alcuni giochi di parole e le citazioni delle canzoni, ma a un certo punto mi ha portata anche a non capire una mazza di ciò che dice Doc e giuro che è la prima volta che mi accade al cinema!


Del regista e sceneggiatore Edgar Wright ho già parlato QUI. Jon Bernthal (Griff), Jon Hamm (Buddy), Lily James (Debora), Kevin Spacey (Doc) e Jamie Foxx (Pazzo) li trovate invece ai rispettivi link.

Ansel Elgort interpreta Baby. Americano, ha partecipato a film come Lo sguardo di Satana - Carrie, Divergent, Insurgent e The Divergent Series - Allegiant. Ha 23 anni e tre film in uscita.


Walter Hill non si vede ma è la voce originale dell'interprete in tribunale. Famosissimo regista, ha diretto film come Driver l'imprendibile (una delle fonti di ispirazione del film, ovviamente), I guerrieri della notte, 48 ore, Danko, Johnny il bello, Ancora 48 ore, Ancora vivo ed episodi di serie come I racconti della cripta. Anche produttore e sceneggiatore, ha 75 anni.


Eiza Gonzáles, che interpreta Darling, era la Santanico Pandemonium della serie Dal tramonto all'alba e dovrebbe tornare sul grande schermo con l'uscita di Alita: Battle Angel di Robert Rodriguez, a luglio dell'anno prossimo mentre la cantante Sky Ferreira, già vista in Twin Peaks, è la mamma di Baby e il bassista dei Red Hot Chili Peppers, Flea, intepreta Eddie; l'attore CJ Jones, che interpreta Joseph, è invece davvero sordo ed è molto attivo nel promuovere e realizzare spettacoli proprio per i portatori di questo handicap. Emma Stone era stata scelta per il ruolo di Debora ma ha rinunciato per partecipare a La La Land (ecco forse perché il look delle due è molto simile in una scena) mentre Michael Douglas era stato preso in considerazione per il ruolo di Doc ed è stato proprio Edgar Wright ad assegnargli quello di Hank Pym prima di abbandonare il set di Ant-Man. Detto questo, se Baby Driver vi fosse piaciuto recuperate Grindhouse - A prova  di morte, Driver, l'imprendibile, Mad Max: Fury Road, The Blues Brothers, Hudson Hawk - Il mago del furto e Una vita al massimo. ENJOY!

domenica 18 gennaio 2015

Come ammazzare il capo 2 (2014)

Dopo tre anni tornano sugli schermi Nick, Kurt e Dale, protagonisti di Come ammazzare il capo 2 (Horrible Bosses 2), diretto e co-sceneggiato nel 2014 dal regista Sean Anders. Il tempo avrà giovato ai tre "assassini" di capi?


Trama: Nick, Kurt e Dale, tutti liberi dai rispettivi boss, decidono di mettersi in proprio e commercializzare un improbabile Shower Buddy. Il magnate Bert Hanson si offre di acquistarlo e distribuirlo ma alla fine li truffa e i tre decidono di vendicarsi ricorrendo non all'omicidio... bensì al rapimento!


Come ammazzare il capo... e vivere felici era un film che mi aveva fatta molto divertire, simpatico, fresco e frizzante. Ovviamente, non avevo grandissime pretese quando ho cominciato a guardare Come ammazzare il capo 2 ma lo stesso mi sono cimentata nell'impresa proprio in virtù dell'esilarante primo capitolo. Purtroppo, devo dire che i miei "timori" sono stati confermati perché ci sono un paio di cose che fregano questo sequel, rendendolo meno divertente e un po' più insopportabile. Il secondo difetto, che va ad alimentare il primo, deriva dal suo essere troppo simile a Una notte da leoni per quel che riguarda l'imbecillità dei personaggi; ora, so bene che stiamo parlando di una commedia demenziale quindi non mi aspetto che i protagonisti siano Einstein o dotati di qualsivoglia profondità però non mi capacito del fatto che, mentre Nick è rimasto più o meno lo stesso, Kurt e Dale siano regrediti ad uno stadio di stupidità tale che al confronto Peter Griffin è Margherita Hack, bonanima. A questo aggiungete il fatto che il plot, di base, cambia davvero poco. Ai tentativi di omicidio si sostituiscono quelli di rapimento ma l'incapacità dei tre protagonisti non muta e il risultato è una fotocopia sbiadita, con molto meno humor nero, di Come ammazzare il capo... e vivere felici, tanto che i momenti davvero divertenti non sono quelli che cercano di cambiare un po' la situazione ma, paradossalmente, sono quelli che ripropongono le stesse identiche gag del capitolo precedente, facendole "evolvere" il minimo indispensabile, come quelle che riguardano la ninfomane Julia (e finalmente capiamo il perché della sua fissa per Dale!) e il bastardissimo Dave Arken. La riproposta di questi due "villain", tra l'altro, aiuta a superare il diludendo causato dalle due new entry, Hanson padre e figlio, il primo troppo stereotipato ed ininfluente per venire minimamente ricordato e il secondo anche troppo carismatico e sfiancante.


Purtroppo trama e caratterizzazioni influiscono anche sul rendimento degli attori. Mi fa male al cuore dirlo ma, mentre Kevin Spacey e Jennifer Aniston diventano l'unico motivo di guardare Come ammazzare il capo 2 e si elevano al rango di guest star di lusso, Christoph Waltz viene semplicemente sprecato e non viene resa alcuna giustizia alla sua incommensurabile gigioneria; va un po' meglio a Chris Pine invece, che si è sicuramente divertito e si vede, ma non per questo il suo personaggio mi ha entusiasmata, anzi. Bateman, Sudeikis e Day sono sempre molto affiatati e questo giova parecchio al clima generale della pellicola anche se Day, che tra l'altro era quello che mi aveva più convinta nel primo capitolo, mi è sembrato parecchio sotto tono, mentre Jamie Foxx ottiene un po' più di tempo sullo schermo e porta dignitosamente a casa la pagnotta, ritagliandosi anche una scenetta finale tutta sua, degno preludio al solito gag reel che accompagna i titoli di coda (altro aspetto del film che mi ha un po' delusa. Speravo in retroscena esilaranti su Waltz, invece la scenetta che lo riguarda è la più brutta di tutte). Francamente, c'è poco altro da dire su Come ammazzare il capo 2 anche perché, dall'alto della mia ignoranza "tecnica", non mi sono praticamente accorta del cambio di regia, forse questo capitolo è giusto un po' più movimentato per quel che riguarda inseguimenti in auto e scene d'azione ma non ci sono delle sequenze che rimangono particolarmente impresse. Insomma, se vi è piaciuto Come ammazzare il capo... e vivere felici potete anche concedere una chance a Come ammazzare il capo 2 e farvi un paio di risate ogni tanto ma non aspettatevi chissà cosa e, soprattutto, pregate che a nessuno venga mai in mente di girare un terzo capitolo!


Di Jason Bateman (Nick Hendricks), Jason Sudeikis (Kurt Buckman), Charlie Day (Dale Arbus), Jennifer Aniston (Dr. Julia Harris), Kevin Spacey (Dave Arken), Jamie Foxx (Dean "Fottimadre" Jones), Chris Pine (Rex Hanson) e Christoph Waltz (Bert Hanson) ho già parlato ai rispettivi link.

Sean Anders è il regista e co-sceneggiatore della pellicola. Americano, ha diretto film come Sex Movie in 4D. Anche produttore e attore, ha un film in uscita.


Tommy Lee Jones e Jack Nicholson erano stati presi in considerazione per il ruolo di Bert Hanson mentre l'idea di Jason Sudeikis, poi non messa in pratica, era quella di mostrare i tre protagonisti di Una notte da leoni che andavano a parlare da Fottimadre subito dopo Nick, Kurt e Dale. Il film segue, ovviamente, gli eventi di Come ammazzare il capo... e vivere felici; se vi fosse piaciuto recuperatelo e aggiungete magari la già citata serie Una notte da leoni, Facciamola finita e The Interview. ENJOY!

martedì 22 gennaio 2013

Django Unchained (2012)

Caro Quentin,
domenica sera sono finalmente riuscita ad andare al cinema a vedere il tuo ultimo film, Django Unchained. Lo so, ormai c'erano già andati tutti e ne hanno parlato a straf**tere in qualsiasi blog, me ne rendo conto. Ma questa non è una recensione per i lettori, è una mia lettera per te, quindi che ti frega se quello che scriverò l'avranno già letto in tutte le salse?  Salto la trama, tanto già la conosci? Sì, d'altronde il film l'hai scritto e girato tu, è giusto.


Innanzitutto, grazie. Grazie per avermi ridato l'orgoglio di essere italiana. Sì perché effettivamente tu non hai inventato nulla, ti sei "limitato" ad omaggiare gli spaghetti western che tanto davano lustro al cinema nostrano quando io non ero ancora nata. E chi se ne frega se devi arrivare tu a ricordarci le nostre origini, l'importante è che qualcuno ce le ricordi e che il tuo nome spinga i giovani debosciati che non hanno nemmeno idea di chi siano Corbucci, Sergio Leone o E.B. Clucher, solo per fare un paio di nomi, a recuperare i vecchi film che tanto facevano divertire papà e nonni. Di conseguenza, ti ringrazio anche per aver riportato su schermo la strana coppia Trinità e Bambino incarnandoli nel logorroico e paraculissimo (ma quanto meraviglioso! poi ci torniamo) Dr. Schultz e nell'ingenuo ed ignorantello "braccio" Django; mi hai fatto ritornare bambina e mi hai fatto divertire come una matta, anche se è vero che i tempi cambiano. Il tuo omaggio, per esempio, prevede violenza e sangue a fiumi, non pistolettate a salve e sganassoni... ma ti pare che io mi sia lamentata? Ben vengano i palettoni che squassano cavalli, povere bestiole, e crivellano corpi, gli showdown finali talmente concitati che a ridipingere le pareti di rosso sono il sangue e le cervella, le frustate talmente ben date che pare di sentirle addosso, i cani che si sbranano poveri mandinghi e questi ultimi che si cavano gli occhi gli uni con gli altri. D'altronde, siamo nel selvaggio west. O meglio, scusami, nel selvaggio sud, dove anche la legge viene amministrata con la pistola.


E comunque, caro il mio Quentin, sei un bel paraculo (e te lo dico con tanto aMMore, perché è questo che mi piace di te). Potrai anche cominciare il film con un commovente omaggio al Django di Corbucci e concluderlo sulle fighissime note di Lo chiamavano Trinità..., ma tutto quel che sta nel mezzo è tuo, lo spirito del film è tuo! Cosa credi, che non mi sia accorta di come la vendetta di Django sia un degno complemento a quello della Sposa in Kill Bill, tanto che il Dr. Schultz gli ricorda di non perdere di vista il cammino e non fare strane ed inaspettate deviazioni? E quest'ultimo? E' talmente cialtrone e meravigliosamente teatrale da esser un degno precursore di Aldo l'Apache e Mr. Wolf, con in più quel guizzo di intellettualismo europeo che lo rende uno dei migliori personaggi che tu abbia mai creato. Sì, Quentin, sei un maledetto. Perché io del Dr. Schultz e del suo cavallo Fritz mi sono innamorata fin dalla prima battuta, perché sei talmente sfacciato da urlare al mondo quanto tu sia l'unico regista in grado di portare il grandissimo Christoph Waltz oltre i livelli dell'eccellenza (se non si porta di nuovo a casa la doppietta Golden Globe + Oscar mi mangio il cappello, giuro!), perché sei riuscito a farmi apprezzare persino Jamie Foxx e Di Caprio (con la manina veramente insanguinata, bravissimo!!), gli unici dubbi che avevo sulla tua operazione. Ma il bello è che tu tutti questi riferimenti per fan, queste chicche (e Savini?? Guarda che l'ho visto, eh!! Ma l'elenco della gente che ho sgamato te lo becchi alla fine della lettera, mariuolo che non sei altro!!) non li metti a babbo, tanto per. Li infili in una trama con le contropalle. Sarà anche semplice, ma la storia di Django mi ha presa un casino. Brutto romanticone, ti metti persino a citare Sigfrido e Brunilde, indulgi nel romanzo di formazione trasformando il naif Django in uno scafatissimo uomo degno di essere libero, gli dai una spalla che lo supera in più di un'occasione, ad ostacolarli piazzi dei villain indimenticabili, mi fai persino tremare dall'ansia per Broomhilda e versare una lacrima prima della sparatoria finale. E per rispettare lo spirito dei western che guardavo da bambina non risparmi nemmeno i pezzi comici (ma sarai scemo! il siparietto del proto-KKK mi ha fatta morir dalle risate e ti prenderei a coppini nella testa per esserti infilato in quel terzetto di deficienti alla fine!!! Che cavolo facevate tu e John Jarrat assieme, eh? Lo scherzetto della testa sullo stecco ai danni di qualche schiavo?! Orrore!!). Insomma, la sceneggiatura di Django Unchained ha tutto, ma non sono io che devo ricordartelo.


E allora cosa vuoi ancora? Che ribadisca quanto la colonna sonora da te scelta sia perfetta e in grado di accompagnare ogni scena in modo esemplare? Che magnifichi la tua regia? Va bene, lo farò, anche se ho notato, e non volermene, che si sente un po' la mancanza della mano di Sally Menke al montaggio, la bonanima di quella santa donna conferiva un tocco di personalità in più ai tuoi capolavori. Però quegli schizzi di rosso sul bianco dei cavalli e del cotone, quei flashback sgranati e violentissimi, quei paesaggi su cui si stagliano le silhouette dei due cowboy, l'immagine finale di Broomhilde che si infila le dita nelle orecchie, il balletto da piacione di Jamie Foxx in sella al cavallo, il primo piano degli occhi addolorati di Christoph Waltz e il passaggio del testimone tra il nuovo e il vecchio Django ("La D non si pronuncia" "Lo so.") sono immagini che ho rinchiuso nel mio cuoricino per non farle uscire mai più. Degli attori principali ti ho già detto tutto, semplicemente perfetti, ma sappi che ho anche apprezzato molto la comparsata trash di Don Johnson e quella, più sostanziosa e seria, di un Samuel Jackson in stato di grazia. Ah, a proposito del personaggio di Stephen: geniale interrompere il suo "Django, sei un gran figlio di p....." come fece già a suo tempo il grande Sergio Leone col Biondo. E non lo faccio per vantarmi della mia cinefilia, ma il parallelo tra l'Alex di Arancia Meccanica e il Dr. Schultz mentre ascolta la musica del Ludovico Van nel bel mezzo del turbamento violento è l'ultima chicca che mi ha ricordato, se ancora ce ne fosse bisogno, perché ti adoro tanto.


Gesù, Quentin, sono stata prolissa e la mia dichiarazione d'amore verrà letta pubblicamente, quindi mi toccherà trovare anche qualche difetto al tuo film, altrimenti mi accuseranno di non essere obiettiva. E va bene, un difetto l'ho trovato. Mi fa male dirlo, ma.... c'è. Non posso esimermi dal fartelo notare, anche se non trovo le parole. E va bene, ecco qua: probabilmente ti hanno detto che mi piacciono gli uomini spessi. Al limite del ciccio. Che tu ti sia adeguato ai miei gusti mi riempie di gioia, ma per citare Elio, "ti mancano due buchi nel sedere per esser Ciccio Bombo Cannoniere e andare ad abitare in Francia". Vederti lì in piedi, con quella panza da alcoolizzato, accanto a quel bel figurino di Jamie Foxx, che hai mostrato ignudo a più riprese... ehhh. Dai, amore, buttiamo giù sti due chiletti in vista della tua prossima comparsata, eh? Per il resto, continua così. Aspetto con ansia il tuo prossimo film e anche di poter sentire il tuo accento aussie guardando Django Unchained in lingua originale. Grazie ancora, Quentin!!!!
Tua,
Bollina


Di Quentin (che qui, oltre ad essere regista e sceneggiatore, interpreta anche lo sfigatissimo impiegato della LeQuint Dickey Mining Co. assieme al John Jarrat di Wolf Creek) ho già parlato qua. Jamie Foxx (Django), Christoph Waltz (Dr. King Schultz), Leonardo Di Caprio (Calvin Candie), Samuel L. Jackson (Stephen), Don Johnson (Big Daddy) e Franco Nero (Amerigo Vessepi) li trovate invece nei rispettivi link. Beccàti, ovviamente, all'interno del nutrito gruppetto di cacciatori armati di cani, anche Tom Savini, Michael Bowen e Robert Carradine.

Kerry Washington interpreta Broomhilda. Americana, ha partecipato a film come I Fantastici 4, Mr. & Mrs. Smith, I Fantastici 4 e Silver Surfer e a episodi della serie NYPD. Ha 35 anni e un film in uscita.


Walton Goggins (vero nome Walton Sanders Goggins Jr.) interpreta Billy Crash. Americano, ha partecipato a film come Karate Kid 4, Il corvo 3 – Salvation, Pallottole cinesi, La casa dei 1000 corpi, Predators, Cowboys & Aliens, Lincoln e alle serie Beverly Hills 90210, L’ispettore Tibbs, Renegade, Sentinel, NYPD, CSI: Scena del crimine, The Shield, CSI: Miami e Sons of Anarchy. Anche produttore, ha 41 anni e un film in uscita.


Dennis Christopher (vero nome Dennis Carelli) interpreta Leonide Moguy. Americano, ha partecipato a film come Momenti di gloria, It (nei panni di Eddie Kaspbrak) e alle serie Moonlighting, La signora in giallo, Sentinel, Roswell, Six Feet Under, Angel, NYPD, CSI: Scena del crimine e Criminal Minds. Ha 57 anni.


Michael Parks (vero nome Harry Samuel Parks) interpreta uno degli impiegati della LeQuint Dickey Mining Co.  Americano, lo ricordo per  aver interpretato lo sceriffo Earl McGraw nei film Dal Tramonto all’alba, Kill Bill – Vol. 1 e Vol. 2, Grindhouse – A prova di morte e Planet Terror, inoltre ha partecipato anche a Dal tramonto all’alba 3, Argo e a serie come La signora in giallo e I segreti di Twin Peaks (dove interpretava il laido Jean Renault). Anche produttore e regista, ha 72 anni e due film in uscita.


Tra gli altri attori, segnalo Laura Cayouette (che in Django Unchained interpreta l'odiosa sorella di Calvin e in Kill Bill recitava accanto a Michael Madsen nei panni della spogliarellista Rocket), l'ex Luke Duke di Hazzard Tom Wopat nei panni del cosiddetto Marshall, lo Swamp Thing di Con Air M.C. Ganey nei panni di Big John Brittle e, tra i cacciatori, la stunt di Uma Thurman Zoe Bell nascosta dal fazzoletto rosso, il Gesù Cristo di Jesus Christ Superstar Ted Neeley e il cosiddetto “figlio numero uno” dello sceriffo di Kill Bill, James Parks. Dopo tutte queste guest star passiamo ora a chi non ce l’ha fatta, per stupidità o scherzi del destino. Nella prima categoria, con buona pace della sottoscritta che non lo sopporta, rientra Will Smith: Quentin ha buttato giù la sceneggiatura pensando di dargli la parte del protagonista e il cretino dalle orecchie a sventola ha osato rifiutare. Ma sparati, bestia! Più sfortunati e per questo rispettabilissimi sono stati Kevin Costner, Joseph Gordon - Levitt, Sacha Baron Coen e Kurt Russell, che hanno dovuto tutti rinunciare per impegni pregressi. Un caso a parte, invece, è Sid Haig, che aveva una parte quasi assicurata finché Tarantino non ha deciso di darla a un altro, probabilmente per vendicarsi del fatto che l'attore, anni prima, aveva rifiutato il ruolo di Marcellus Wallace in Pulp Fiction. Quentin, Quentin, ma sei tremendo!! Per concludere questo lunghissimo delirio, se Django Unchained vi fosse piaciuto, consiglio almeno la visione dei film già citati nella "recensione": Django, Lo chiamavano Trinità... e Il buono, il brutto e il cattivo. ENJOY!



giovedì 25 agosto 2011

Come ammazzare il capo... e vivere felici (2011)

La stagione cinematografica 2011/2012 è finalmente cominciata, e qualche bel film comincia già ad affacciarsi all’orizzonte, anche inaspettatamente. Infatti, non credevo che una commedia come Come ammazzare il capo… e vivere felici (Horrible Bosses) del regista Seth Gordon mi sarebbe piaciuta così tanto e mi avrebbe fatto così ridere.

Trama: tre amici condividono la disgrazia di avere dei capi orribili che rovinano loro la vita. Stanchi di subire le angherie di malvagi, ninfomani e tossici decidono così di ricorrere alle maniere forti.. e ucciderli.



Come ho detto, non me l’aspettavo. Francamente, non capisco perché Una notte da leoni abbia fatto così tanto successo mentre questo Come ammazzare il capo… e vivere felici sia passato praticamente sotto silenzio, quando è cento volte più divertente, meglio recitato e, a suo modo, anche più originale, pur seguendo qualche inevitabile cliché da commedia nera. Sarà che la sequenza di gag è davvero ininterrotta, sarà che la comicità non punta tutta su un singolo personaggio idiota ma viene “diluita” consentendo a tutti e tre i maldestri ed esilaranti protagonisti di finire sotto i riflettori e primeggiare sugli altri, sarà che l’assunto su cui si basa il film è qualcosa di universalmente comprensibile (chi non ha mai sognato di fare fuori il proprio capo?) nonostante la trama, ovviamente, calchi molto la mano e presenti degli estremi abbastanza surreali, sarà che gli attori sono tutti perfetti… insomma, sarà quel sarà; Come ammazzare il capo… e vivere felici è sicuramente più triviale della media, ma raggiunge comunque lo scopo e risulta una delle commedie più riuscite degli ultimi anni.


Non sto a scendere in particolari sulla trama e sulle varie gag visto che, per una volta, il trailer invoglia a vedere il film ma non mostra tutte le scene migliori né fa capire come andrà a finire, ma mi permetto di spendere due parole sugli attori, essenziali alla buona riuscita di una commedia come questa. Iniziamo dagli “horrible bosses” del titolo originale. Kevin Spacey dopo L’uomo che fissa le capre si è specializzato nei ruoli del villain sociopatico al limite del caricaturale ed è semplicemente esilarante in questo film; Colin Farrell, irriconoscibile con la calotta posticcia che lo stempia e lo rende semplicemente orrendo, è talmente sucido e laido, così lontano dai suoi soliti ruoli, che potrebbe tranquillamente diventare un novello Johnny Depp in quanto a trasformismo ed incuranza del suo ruolo di sex symbol; Jennifer Aniston negli inusuali panni della capa ninfomane regala delle performance non da poco, e si riconferma una delle attrici più autoironiche in circolazione. Dopo questa carrellata di pezzi grossi, vorrei fare notare che, molto intelligentemente, è stato scelto di impiegare attori bravissimi ma non troppo conosciuti per il ruolo dei tre protagonisti e anche di non “soffocare” questi ultimi con una presenza preponderante delle altre star hollywoodiane, consentendo così al pubblico di seguire sicuramente meglio la vicenda e anche di immedesimarsi nei poveri e vessati impiegati. Voto dieci anche alla scelta dei personaggi “di contorno”, uno su tutti un Jamie Foxx perfetto nei panni del malvivente che aiuta i tre a progettare l’omicidio perfetto. Andate a vedere Come ammazzare il capo… e vivere felici, gente. Non ve ne pentirete e magari, chissà.. potrebbe venirvi fuori qualche buona idea!!


Di Kevin Spacey, che interpreta il maledetto Harken, ho già parlato qui, mentre Donald Sutherland, che appare nei panni del padre di Pellitt, lo trovate qua.

Seth Gordon è il regista della pellicola. Americano, ammetto di non conoscere nessuno degli altri progetti a cui ha partecipato, sorry. Anche sceneggiatore, produttore e attore, ha 37 anni e un film in uscita.


Colin Farrell interpreta il laidissimo Bobby Pellitt. Irlandese, al momento è uno degli attori più famosi del mondo e tra i suoi film ci sono titoli come Minority Report, Daredevil, Alexander, Miami Vice, Parnassus – L’uomo che voleva ingannare il diavolo e infine Fright Night – Il vampiro della porta accanto, che spero di vedere la settimana prossima. Ha partecipato anche ad un episodio della serie Scrubs. Anche produttore, ha 35 anni e due film in uscita, tra cui il remake dello storico Atto di forza con Schwarzenegger.



Jennifer Aniston interpreta Julia. Attrice americana salita alla ribalta grazie al ruolo di Rachel nella serie Friends e grazie al matrimonio con Brad Pitt, la ricordo per altri film come Leprechaun, Una settimana da Dio, … E alla fine arriva Polly e Derailed – Attrazione letale, oltre ad aver partecipato ad un episodio della serie Hercules, doppiato uno di South Park e il film Il gigante di ferro. Anche produttrice e regista, ha 42 anni e un film in uscita.



Jason Bateman interpreta Nick. Americano, ha partecipato a film come Voglia di vincere 2, Starsky & Hutch, Dodgeball, Paul e Juno, oltre ad aver recitato in alcuni episodi delle serie La casa nella prateria, Il mio amico Ricky, Supercar, Scrubs e aver doppiato un episodio di Due Fantagenitori. Anche regista e produttore, ha 41 anni e un film in uscita.


Charlie Day interpreta Dale. Purtroppo non conoscevo questo attore americano (non ho mai visto It’s Always Sunny in Philadelphia, la serie che lo vede tra i protagonisti) ma giuro che mi impegnerò a colmare la lacuna perché mi piace un casino! Follia a parte, ha partecipato ad episodi delle serie Law & Order (non a caso serie da lui citata nel film!) e Camelot – Squadra emergenza. Anche produttore e sceneggiatore, ha 35 anni e un film in uscita.


Jason Sudeikis interpreta Kurt. Americano, ha partecipato a film che non ho mai visto ma che conosco almeno di nome, come Notte brava a Las Vegas, Il cacciatore di ex e Libera uscita, inoltre è uno dei doppiatori di The Cleveland Show e partecipa spesso e volentieri al Saturday Night Live. Anche sceneggiatore, ha 36 anni e un film in uscita.


Jamie Foxx (vero nome Eric Marlon Bishop) interpreta “Fottimadre” Jones. Americano, ha partecipato a film come Toys – Giocattoli, Miami Vice e Ray, che gli ha fatto vincere l’Oscar come miglior attor e protagonista. Anche sceneggiatore, produttore e regista, ha 44 anni e due film in uscita, tra cui il Django Unchained di Tarantino, ancora in fase di pre – produzione, dove il buon Jamie interpreterà proprio Django. Viva Quentin!!!!


Sempre rimanendo in tema di attori, Ashton Kutcher era tra le scelte per interpretare il ruolo di Dale (grazie a Dio non se n’è fatto nulla perché non lo sopporto!), mentre per quello di Harken si era pensato anche a Philip Seymour Hoffman, Jeff Bridges e persino Tom Cruise. E ora vi lascio con il trailer originale del film… ENJOY!!

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