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venerdì 28 marzo 2025

2025 Horror Challenge: Body Bags (1993)

La challenge horror oggi ha come tema "film per la TV". La scelta è caduta su Body Bags - Corpi estranei (Body Bags), diretto dai registi John Carpenter e Tobe Hooper nel 1993.


Body Bags
è un po' un cheat, nel senso che era nato come serie antologica per la televisione, ma è diventato un film quando l'emittente Showtime ha deciso di sospendere il progetto. Di un'intera serie sono rimasti dunque tre episodi e una cornice assai simile, per atmosfere e stile, agli intermezzi de I racconti della cripta, dove un "narratore" dall'umorismo assai macabro introduceva l'episodio settimanale. Il narratore, in questo caso, è quello delle grandi occasioni, perché proprio John Carpenter, nei panni di un coroner dedito al consumo di formalina e ben poco schifato dai cadaveri che lo circondano, funge da anfitrione all'interno della cornice del film. Le singole storie esplorano ognuna un sottogenere dell'horror: la prima, The Gas Station, è uno slasher, la seconda, Hair, una commedia nera  virata sui toni surreali alla Twilight Zone, e l'ultima, Eye, un body horror sovrannaturale. Ma andiamo con ordine. The Gas Station, diretto da John Carpenter, è un classico slasher urbano in cui una ragazza, sola in un luogo isolato, è costretta ad affrontare uno spietato killer che cerca di assassinarla, dopo essere stata "snervata" da una serie di incontri con diversi casi umani (il più inquietante dei quali ha il volto di un Wes Craven abbastanza irriconoscibile) e alcune piccole sventure "da distrazione". Un film abbastanza recente, Open 24 Hours, deve moltissimo a The Gas Station, che è un manuale condensato di elementi thriller capace di tenere con il fiato sospeso lo spettatore e, nonostante la sua breve durata, di piazzare anche un plot twist angosciante. Come aperitivo, per così dire, non mi è dispiaciuto, anzi. In tutta onestà, ero tesa come una corda di violino durante la visione.


Più sciocchino e divertente è invece Hair che, come da titolo, parla di capelli. Per citare Elio, quelli del protagonista "sono andati via e non torneranno mai", il che è causa di profondo sconforto, talmente profondo da intaccare persino quella che sembrerebbe una relazione ben avviata. In quanto dotata, al momento almeno, di capelli folti e spessi, il tormento del protagonista e la sua folle vanità mi hanno indotta a ridere spesso, più che a compatirlo, e in effetti l'esilarante interpretazione di Stacy Keach (affiancato da un paio di caratteristi d'eccezione, tra i quali la sempre sexyssima Deborah Harris) accentua la natura grottesca della minaccia horror che gli grava sulla capoccia pelata, una volta fatto ricorso a un "prodigio della tecnica frutto di ricerche e sperimentazioni che ci aiutano nel look". A livello di paura ed effetti speciali (un pochino ridicoli, a differenza di un make-up di prim'ordine) c'è da dire che Hair è l'episodio più debole dei tre, nonostante la regia di Carpenter, ma ha comunque delle implicazioni abbastanza disgustosette per riuscire a strappare qualche brivido, magari agli spettatori meno scafati.


Si torna a fare sul serio con Eye, episodio diretto da un Tobe Hooper in ottima forma (se penso che quell'abominio de Le notti proibite del Marchese De Sade è dello stesso anno di Body Bags mi sento male). Il segmento inizia con una mutilazione terrificante, sbattuta in faccia allo spettatore con degli effetti speciali ottimi, e continua con visioni agghiaccianti che portano lentamente alla follia il giocatore di baseball professionista interpretato da Mark Hamill. Eye è più lungo degli altri due episodi, quindi gli sceneggiatori hanno un po'più di respiro nel dare un minimo di background all'orrore che stravolge la vita di Brent e tratteggiare i protagonisti, il rapporto che intercorre tra Brent e la moglie Cathy e, soprattutto, la loro natura profondamente religiosa; la Bibbia, in particolare, diventa sia veicolo per una rapida follia, sia ultima fonte di salvezza, almeno parziale, perché il tono di Eye è cupo, disperato e tremendamente serio, a differenza dei due episodi che lo hanno preceduto. Un vero peccato che Hooper non si sia tenuto un po' di ispirazione per i successivi lungometraggi della sua carriera, ahimé.


Riassumendo, Body Bags è un piacevolissimo figlio del suo tempo, un horroraccio senza troppe pretese né chissà quali particolarità, salvo l'essere pieno zeppo di belle facce adorate dagli amanti del genere. Non incute particolare paura, soprattutto quando traspare la natura televisiva di un'opera che, in particolare per quanto riguarda Carpenter (si dice che l'estenuante processo di make-up per trasformarlo nel coroner gli abbia fatto passare ogni velleità, ma visto il modo in cui gigioneggia sullo schermo, a me sembra si sia anche divertito!), è sicuramente stata vissuta dai registi come un divertissement e un mezzo per rilassarsi nell'attesa di progetti più seri, ma ho visto cose ben peggiori. Body Bags è l'espressione di una scena horror vivace e divertita, un film "brutto" con il suo perché, un piccolo baluardo di ciò che il nuovo millennio, di lì a poco, avrebbe spazzato via. Agli amici di Notte Horror che dovessero leggere il post, lo consiglio in particolare per l'annuale rassegna estiva, nel caso non lo avessero mai visto o non ne abbiano mai parlato sul blog. Chi non ha idea di cosa stia parlando ma volesse comunque passare una serata non troppo impegnativa davanti alla TV, può trovarlo su Prime Video


Dei registi John Carpenter (che ha diretto gli episodi "The Gas Station" e "Hair", oltre a partecipare come Coroner) e Tobe Hooper (che ha diretto l'episodio "Eye" e compare come medico dell'obitorio) li trovate ai rispettivi link, come anche Tom Arnold (medico dell'obitorio), Robert Carradine (Bill), Wes Craven (Uomo pallido), Peter Jason (Uomo alla pompa di benzina), Sam Raimi (il cadavere di Bill), David Naughton (Pete), George 'Buck' Flower (Straniero), David Warner (Dr. Lock), Deborah Harry (l'infermiera), Mark Hamill (Brent Matthews) e Charles Napier (Manager della squadra di baseball).  

Stacy Keach interpreta Richard Coberts. Americano, ha partecipato a film come Classe 1999, Fuga da Los Angeles, American History X, Children of the Corn 666 - Il ritorno di Isaac, Machete, Sin City - Una donna per cui uccidere, Cell, Gotti - Il primo padrino e a serie quali L'ispettore Tibbs, Oltre i limiti, Will & Grace, E.R. Medici in prima linea e Due uomini e mezzo. Come doppiatore, ha lavorato in Rugrats e I Simpson. Anche produttore, regista e sceneggiatore, ha 84 anni e un film in uscita. 


Tra le varie guest star segnalo la presenza di Greg Nicotero (l'uomo col cane nell'episodio Hair), la modella Twiggy (Cathy Matthews nell'episodio The Eye) e il regista Roger Corman (Dr. Bregman). A Clive Barker era stato chiesto di partecipare, ma ha rinunciato per impegni pregressi. Se Body Bags vi fosse piaciuto, recuperate Creepshow, Creepshow 2 e I delitti del gatto nero. ENJOY 

domenica 6 gennaio 2019

Il ritorno di Mary Poppins (2018)

Prima di Natale sono andata a vedere Il ritorno di Mary Poppins (Mary Poppins Returns), diretto e co-sceneggiato nel 2018 dal regista Rob Marshall e tratto dai romanzi di P. L. Travers.


Trama: Nel pieno della crisi economica, Mary Poppins torna ad aiutare i piccoli Banks, ormai cresciuti, e i tre figli di Michael, rimasti orfani di madre.



Chi mi conosce sa che Mary Poppins non è mai stato il mio film Disney preferito ma trattasi comunque di caposaldo della Casa del Topo; inevitabile, quindi, correre al cinema a vedere quello che è, a tutti gli effetti, un sequel del film del 1964. Abbiamo, infatti, gli stessi protagonisti, solo cresciuti o invecchiati (salvo la sempre "perfetta sotto ogni punto di vista" Mary Poppins), oppure qualche passaggio di testimone, come quello tra lo spazzacamino Bert ormai in giro per il mondo e l'acciarino Jack; abbiamo persino la stessa identica struttura, cosa che fa de Il ritorno di Mary Poppins non solo un sequel ma anche un remake aggiornato. Chi conosce un minimo Mary Poppins, infatti, ha di che sorridere. La trama è fondamentalmente la stessa fin dal 1964, con la tata volante che arriva a salvare non tanto i piccoli Banks, quanto piuttosto il padre, un Michael che sembra avere dimenticato l'infanzia passata assieme a Mary ed è diventato disilluso e cupo come il suo genitore. Ciò, ovviamente, si ripercuote sui tre figli, addolorati quanto lui per la scomparsa dell'amata mamma e costretti a crescere come un bambino non dovrebbe mai fare, con l'aggravante di aver per genitore un ex artista svanito che, a furia di dimenticarsi le cose, è persino riuscito a non pagare le ultime tre rate di un prestito chiesto alla banca e a farsi pignorare casa. A Mary Poppins, apparentemente, questa situazione familiare terrificante pare non importare e tutto ciò che fa assieme ai piccoli Banks sembra campato in aria mentre in realtà quello intrapreso dalla tata è un ragionato percorso di crescita e risoluzione di tutti i problemi affettivi ed economici che affliggono la sfortunata famiglia. C'è da dire che, rispetto al passato, il carisma distribuito all'interno della famiglia Banks si è trasferito dai genitori ai figli: tanto erano clueless e dimenticabili i pargoli di George Banks (per contro dotato di una classe e di un fascino tutto british capace di rivaleggiare con quelli di Mary Poppins) tanto i figli di Michael sono carini e intraprendenti, mentre il papà fa la figura del tonno che non si sa bene come sia capitato nella storia e lo stesso vale per la sorella Jane, fotocopia sputata della mamma, un terribile mix di impegno sociale e leziosità.


Si diceva, per l'appunto, di come la struttura del film del 1964 sia stata rispettata, anche troppo. Come nel Mary Poppins originale, anche qui abbiamo un paio di scorribande oniriche di cui una a cartoni animati (splendida perché, tra l'altro, oltre a non ricorrere all'animazione digitale ripropone per un buon 50% il character design dei cartoni del vecchio film, mentre il resto degli animaletti somigliano molto a quelli di Zootropolis) e l'altra, molto meno riuscita, subacquea; c'è la visita ad un parente matto di Mary Poppins, nella fattispecie una folle Meryl Streep con l'accento russo; c'è il balletto degli acciarini laddove in Mary Poppins c'era quello degli spazzacamini, accompagnato da una canzone che, imperniata com'è sul rhyming slang cockney (anche se pare sia stato creato un leery speak apposta per il film), sarebbe forse meglio ascoltata in originale; c'è, infine, il conflitto con la rigida realtà di banche ed avvocati, per non parlare di tutti i piccoli e grandi omaggi a Mary Poppins, tra citazioni e graditi ritorni (sapete che Dick Van Dyke sa ancora ballare? E quant'è bella la Lansbury, che all'epoca era stata "scalzata" da Julie Andrews?). Insomma, una cosa certa de Il ritorno di Mary Poppins è che non tradisce lo spirito dell'originale e non "rovina infanzie" a nessuno perché credo di non avere mai visto nulla di così rispettoso, anzi. Un pregio del film di Marshall è la sua capacità di rinfrescare il materiale di partenza soprattutto a livello visivo, giacché le coreografie, le scenografie e soprattutto i costumi di Sandy Powell sono spettacolari (quelli all'interno della sequenza animata sono fatti in modo tale da sembrare disegnati. E non mi sembrava un effetto speciale quanto proprio un particolare pattern della stoffa), e di non far rimpiangere un'icona come Julie Andrews grazie ad una Emily Blunt spocchiosa ma delicata ed adorabile quanto l'originale. Purtroppo, Lin-Manuel Miranda non è degno di lucidar le scarpe a Van Dyke, così come Ben Whishaw sta a David Tomlinson come Muccino sta a Kubrick, e le canzoni non sono nulla di particolarmente memorabile ma lo stesso Il ritorno di Mary Poppins è stata una visione assai gradita e perfetta per le festività natalizie. Tranquilli, fedeli fan Disney, ché le bestemmie vere arriveranno con Dumbo, Aladdin e Il re leone!


Del regista e co-sceneggiatore Rob Marshall ho già parlato QUI. Emily Blunt (Mary Poppins), Ben Whishaw (Michael Banks), Emily Mortimer (Jane Banks), Julie Walters (Ellen), Meryl Streep (Cugina Topsy), Colin Firth (Wilkins/Lupo), Dick Van Dyke (Mr. Dawes Jr), Angela Lansbury (Signora dei palloncini), David Warner (Ammiraglio Boom) e Chris O'Dowd (voce di Shamus il cocchiere) li trovate invece ai rispettivi link.

Mark Addy è la voce originale del cavallo Clyde. Inglese, ha partecipato a film come Full Monty, I Flintstones in Viva Rock Vegas, Il giro del mondo in 80 giorni e a serie quali Il trono di spade e Doctor Who. Ha 54 anni e un film in uscita. 


Julie Andrews ha rifiutato il ruolo di Signora dei palloncini onde evitare di rubare la scena ad Emily Blunt ma nel film compare però Karen Dotrice, la Jane Banks originale, qui nei panni di una "signora elegante". Ovviamente, se il film vi fosse piaciuto recuperate Mary Poppins e Pomi d'ottone e manici di scopa. ENJOY!


martedì 26 luglio 2016

Notte Horror 2016: Waxwork - Benvenuti al museo delle cere (1988)

Anche quest'anno è arrivata, come il Natale! Sto parlando della Notte Horror Blogger Edition, giunta ormai alla terza edizione! Oggi condivido la serata con l'amica Beatrix di Cinquecento Film Insieme (la quale parlerà del romeriano La terra dei morti viventi, visto all'epoca dell'uscita cinematografica e molto soddisfacente) e col regista e sceneggiatore Anthony Hickox, che nel 1988 girava Waxwork - Benvenuti al museo delle cere (Waxwork). Siete pronti per questo agghiaggiande viaggio nel terrore? E allora... ENJOY!


Trama: sei ragazzi vengono invitati dal padrone di un bizzarro museo delle cere appena aperto in città. Le installazioni del museo nascondono però un terribile segreto che potrebbe rivelarsi fatale per i sei malcapitati...



A differenza degli anni scorsi, durante i quali avevo scelto film che ben ricordavo dalle Notti Horror di Italia 1, stavolta ho voluto buttarmi su qualcosa di inedito, tanto per cambiare un po'. Ricordavo che Lucia aveva parlato con affetto di Waxwork - Benvenuti al museo delle cere e anche di Dolls ma siccome guardare un film interamente dedicato ad un branco di bambole assassine avrebbe potuto causarmi seri danni cardiaci ho scelto di dirigere la mia attenzione verso le più "tranquille" statue di cera. Per fortuna (o purtroppo, dipende dai punti di vista) ho scelto bene, ché Waxwork non fa affatto paura. Girato con un piglio molto ironico, il film di Anthony Hickox è una sorta di parodia di moltissimi generi horror, un collage di ministorie racchiuse all'interno di un'installazione da museo, collegate tra loro da una trama assolutamente pretestuosa a base di sacrifici umani, patti con un demonio che, poverino, non viene neppure mai mostrato, ed improbabili protettori dell'umanità. Ho parlato di parodia ma ciò non è propriamente esatto. Waxwork è divertente e non si prende sul serio, eppure ogni microstoria raccontata è girata tenendo a mente determinati canoni del genere che vuole rappresentare, e forma di fatto un piccolo universo a sé: con tutti i loro difetti, il racconto del licantropo, quello del vampiro, quello della mummia, quello del Marchese de Sade (sempre che sia lui, visto che parrebbe piuttosto un antenato di Jack Sparrow) e quello degli zombie starebbero tranquillamente in piedi da soli, in quanto agili bignami di storie universali, e nel loro piccolo riescono a creare tutta la tensione che manca alla cornice "esterna" del film, più baracconesca. Tenendo a mente questo, alla fine del film rimane il rimpianto di non avere potuto affondare i denti in moltissime delle altre installazioni mostrate all'interno del museo, alcune delle quali popolate da creature che avrebbero potuto fare la gioia del buon Lovecraft, ma ci si può godere comunque una sana dose di gore e parecchie scene disgustosette.


Quello che non manca in Waxwork è infatti l'abbondanza di liquido rosso. In questo senso, l'episodio passato agli annali della storia dell'horror è quello dedicato a Dracula, che comincia con un banchetto a base di "steak tartare" (sì, credici) innaffiata da una sospettosa salsa color cremisi e si conclude, furbamente, all'interno di una stanza bianca letteralmente sporcata da secchiate di sangue; ammetto, da grezza patentata quale sono, che fino a quel momento avevo dismesso Waxwork come un filmettino da pochi soldi, poi ho cominciato a guardarlo con molta più attenzione. E' stato lì che ho cominciato ad apprezzare le scelte registiche di Hickox, l'utilizzo dei diversi tipi di fotografia e l'accurata scelta dei costumi, elementi che saltano all'occhio ogni volta che i personaggi si ritrovano coinvolti nella terribile realtà rappresentata dalle varie statue di cera. Lo stesso make-up e gli effetti speciali sono decisamente superiori rispetto ad una qualsiasi, bassa produzione anni '80; come ho detto sopra, il bestiario delle installazioni non utilizzate è per la maggior parte vario e bello da vedere, due esempi eclatanti sono il bambino mostro oppure la creatura prigioniera all'interno di una gabbia, talmente terrificanti che se Hickox avesse deciso di utilizzarli seriamente nel film probabilmente ci saremmo trovati davanti ad un capolavoro dell'horror. Sicuramente, avrei preferito uno spin-off dedicato ad uno di questi due mostri piuttosto che l'imbarazzante episodio dedicato al Marchese de Sade, probabilmente il momento più WTF dell'intera pellicola nonché la quasi sicura fonte d'ispirazione dell'aberrante film di Tobe Hooper, che ne ha riproposto pedissequamente ogni aspetto negativo, a partire dalla stupidità della damsel in distress (una cagnissima Deborah Foreman) per arrivare al laidume del Marchese interpretato da J.Kenneth Campbell. Restando in tema attori, è sempre bello invece vedere il Billy dei Gremlins (moccioso altolocato riempito di latte da una madre iperprotettiva) e soprattutto l'ironico David Warner nei panni del proprietario del museo, mentre Dana Ashbrook sarebbe da prendere a ceffoni ma, capiamolo, era ancora un régazzino! Che ore sono? Uh, è quasi l'ora de La terra dei morti viventi, quindi la finisco qui e vi do appuntamento su Cinquecento film insieme, sperando di avervi invogliati a recuperare Waxwork!


Di seguito, ecco i link ai film già comparsi nella rassegna e il bannerone con i prossimi appuntamenti da non perdere!

Funny Games
Milo
Scream
The Whisperer in Darkness
Frailty - Nessuno è al sicuro
Nightmare - Dal profondo della notte



martedì 16 settembre 2014

Il seme della follia (1994)

Torno a parlare di horror che adoro e il compito oggi sarà particolarmente difficile perché il post è interamente dedicato a quello che, a mio avviso, è il capolavoro di John Carpenter, Il seme della follia (In the Mouth of Madness), da lui diretto nel 1994. Occhio agli SPOILER!!


Trama: John Trent è un investigatore specializzato in casi di frode assicurativa. Un giorno viene ingaggiato dalla casa editrice del famoso scrittore di libri horror Sutter Cane perché la loro punta di diamante è scomparsa senza lasciare traccia, proprio alla vigilia dell'uscita del nuovo libro. Trent è costretto così a mettersi alla ricerca di Cane e a scontrarsi con un incubo inimmaginabile...


Il seme della follia è un maledetto capolavoro ed è uno dei pochi horror che mi spinge ad accendere la luce e a guardarmi alle spalle dopo ogni visione. Ogni sequenza della pellicola, persino la più tranquilla, è costruita per lasciare un'inquietudine profondissima nello spettatore e per spingerlo a porsi domande continue alle quali, mi spiace dirlo, Carpenter non offre risposte positive. Come terzo capitolo dell'ideale trilogia dell'apocalisse, infatti, Il seme della follia si conclude mostrandoci un mondo ormai completamente fuori da ogni possibile recupero, in mano a mostri innominabili che si annidano nei più profondi recessi della mente umana, un universo di nuova carne in cui Lovecraft e Cronenberg danzerebbero allegre gighe sulla tomba dell'umanità intera; se in La cosa e Il principe del male un minimo di speranza c'era e la fine del mondo apparteneva ad un futuro forse evitabile, ne Il seme della follia ci ritroviamo a cose già fatte e l'intera storia non è altro che un lungo flashback dove viene raccontata l'origine di un regno di follia, oscurità e morte. Un regno, peraltro, partorito dalla mente di uno scrittore che ricorda tanto il già citato Lovecraft come stile e il buon vecchio Re King per lo smodato numero di adoranti seguaci e il numero vertiginoso di copie vendute; modellando Sutter Cane su questi grandissimi esempi, Carpenter imbastisce una trama complessa che abbatte le barriere tra finzione e realtà, dove il fanatismo e gli avidi occhi del lettore alimentano la letteratura tanto da consertirle di soverchiare persino la consapevolezza della propria esistenza e modificare la materia tangibile. Il seme della follia diventa così una celebrazione del potere della fantasia (per quanto oscura) ma anche una critica verso l'entertainment tutto, soprattutto quello cinematografico, che obnubila la ragione e genera fanatismi quanto e più di una religione: il sipario sull'umanità cala definitivamente dal momento in cui l'ultima opera di Sutter Cane, Il seme della follia, viene trasposto in film perché "non tutti leggono, ma chiunque va al cinema" ed è quello il momento in cui anche lo spettatore diventa protagonista del film e si rende complice dell'annientamento dell'universo intero.


Carpenter si diverte con la colonna sonora e la macchina da presa, utilizza inquadrature sghembe, primi piani che lasciano intravvedere l'oscurità che si trova alle spalle dei protagonisti, violenti lampi di luce che squarciano letteralmente la realtà e ricerca l'inquadratura in grado di sconvolgere lo spettatore con la sua familiarità e contemporanea impressione di"sbagliato" (ogni volta che nelle strade buie di Ellera incontro un ciclista perdo vent'anni di vita. Giuro.), mescolando la sua arte registica ad un montaggio spiazzante e frammentario e ad una narrazione colma di flashback, visioni e situazioni volutamente lasciate "in sospeso". Guardando Il seme della follia si ha come l'impressione di leggere un libro troppo pauroso da affrontare per intero, che ci spinge a saltare le pagine per andare avanti e vedere come andrà a finire, un libro in grado di rimanerci talmente impresso che ogni cosa che vediamo in giro ci richiama inevitabilmente alla mente elementi dello stesso, dove i personaggi diventano così reali da causarci frustrazione quando le cose non vanno come vorremmo noi: è la stessa cosa che succede a John Trent, interpretato da un favoloso Sam Neill, che cerca disperatamente di cambiare un destino già scritto e confermarsi reale agli occhi di un Dio spietato. Alla perfezione de Il seme della follia contribuiscono anche degli effetti speciali validissimi (dove il digitale è fortunatamente ancora bandito!) e un make-up particolarmente ripugnante, soprattutto per quel che riguarda i demoniaci bambini di Hobbs' End e quei terribili occhi azzurri tipici che caratterizzano le "vittime" delle opere di Sutter Cane. A proposito, lo sapevate che il blu è il colore preferito del mefistofelico scrittore ed è per questo che i fedeli lettori si ritrovano tutti con un allucinato sguardo bluastro? A questo dettaglio ho fatto caso proprio durante questa visione, che è la sesta ormai per questo capolavoro di John Carpenter, a dimostrazione del fatto che Il seme della follia è un film complesso, diretto e scritto con un'attenzione maniacale ai più piccoli dettagli, in grado di stupire, far riflettere ed impaurire lo spettatore ad ogni visione. Oltre che a mettergli addosso una voglia incredibile di rivedere il suo fratellino minore, lo spettacolare Cigarette Burns dei Masters of Horror. Date fiducia a Carpenter e immergetevi nel malsano mondo di Sutter Cane.. mi ringrazierete! O forse no.


Del regista John Carpenter ho già parlato qui mentre David Warner, che interpreta il Dr. Wenn, lo trovate qua.

Sam Neill (vero nome Nigel Neill) interpreta John Trent. Irlandese, lo ricordo per film come Omen III: Conflitto finale, Ore 10: Calma piatta, Caccia a ottobre rosso, Lezioni di piano, Jurassic Park, Mowgli - Il libro della giungla, Biancaneve nella foresta nera, L'uomo bicentenario e Jurassic Park III, inoltre ha doppiato un episodio de I Simpson. Anche regista, sceneggiatore e produttore, ha 67 anni e quattro film in uscita.


Jürgen Prochnow interpreta Sutter Cane. Tedesco, ha partecipato a film come Dune, Beverly Hills Cop II - Un piedipiatti a Beverly Hills II, La settima profezia, Robin Hood - La leggenda, Fuoco cammina con me, Body of Evidence - Il corpo del reato, Dredd - La legge sono io, Sorellina e il principe del sogno, Il paziente inglese, Il codice Da Vinci e a serie come 24. Anche produttore, ha 73 anni e due film in uscita.


John Glover (vero nome John Soursby Glover Junior) interpreta Saperstein. Americano, ha partecipato a film come Io & Annie, S.O.S. Fantasmi, Gremlins 2 - La nuova stirpe, Robocop 2, Batman & Robin e a serie come Il tenente Kojak, Ai confini della realtà, Miami Vice, La signora in giallo, Numb3rs, Heroes, Medium e Smallville; inoltre ha lavorato come doppiatore per le serie Animaniacs e Batman. Ha 70 anni e due film in uscita.


Charlton Heston (vero nome John Charles Carter) interpreta Jackson Harglow. Americano, lo ricordo per film come I dieci comandamenti, L'infernale Quinlan, Ben Hur (che gli è valso l'Oscar come miglior attore protagonista), La più grande storia mai raccontata, Il tormento e l'estasi, Il pianeta delle scimmie, L'altra faccia del pianeta delle scimmie, 1975: Occhi bianchi sul pianeta Terra, Il richiamo della foresta, 2022: I sopravvissuti, Airport 75, Terremoto, Fusi di testa 2 - Waynestock, True Lies, Hamlet, Armageddon - Giudizio finale e Planet of the Apes - Il pianeta delle scimmie; inoltre, ha partecipato a serie come Dinasty, I Colby, Beautiful, Oltre i limiti e lavorato come doppiatore nel film Hercules. Anche regista e sceneggiatore, è morto nel 2008 all'età di 84 anni.


Tra gli altri attori compare anche il futuro giovane Anakin Skywalker Hayden Christensen nei panni del ragazzino che vende i giornali. Detto questo, se Il seme della follia vi fosse piaciuto procuratevi gli altri due ideali capitoli della trilogia dell'apocalisse Carpenteriana, ovvero La cosa e Il signore del male. ENJOY!!

domenica 16 settembre 2012

I banditi del tempo (1981)

Direttamente dall'inesauribile fonte di consigli (più o meno validi) che è il sito GetGlue, in questi giorni ho fatto un salto ai tempi in cui non ero altro che una vaga idea nella mente dei miei genitori e mi sono guardata I banditi del tempo (Time Bandits), diretto nel 1981 dal folle Terry Gilliam.


Trama: Un ragazzino finisce in mezzo ad una banda di nani intenzionati ad arricchirsi rubando in diverse epoche storiche...


E' inutile. Terry Gilliam mi sfugge, è troppo complesso. Anche davanti ad un film apparentemente semplice come I banditi del tempo riesce comunque a lasciarmi con delle domande senza risposte, dei dubbi "esistenziali". Molto banalmente, infatti, questa pellicola è un simpatico film d'avventura per ragazzi, nel quale un bambino solitario, molto intelligente e fantasioso, ottiene l'opportunità di viaggiare nei periodi storici di cui ha potuto leggere solo sui libri e aiutare questa strana combriccola di ladruncoli nelle loro imprese "criminali". Il fatto però è che il regista e sceneggiatore americano inserisce qua e là anche qualche riflessione sulla natura della creazione stessa, sull'essenza di Dio e sull'eterno conflitto fra Bene e Male: Dio, o l'Essere Supremo, come viene chiamato nel film, non viene dipinto come un padre amorevole o come un entità vendicatrice, bensì come uno spocchioso e noncurante demiurgo che non esita a giocare con la vita e la morte solo per portare avanti le sue ricerche e i suoi esperimenti, come se l'intero universo e tutti gli avvenimenti in esso accorsi dall'inizio del tempo non fossero altro che una sequenza ininterrotta di eventi già pianificati da qualcuno che, fondamentalmente, non prova alcun sentimento verso la propria creazione. A questa amarissima riflessione sul senso dell'esistenza si aggiunge un finale molto ambiguo, che ovviamente non sto a rivelarvi, in cui è difficile per lo spettatore comprendere quale sarà il destino del protagonista e il significato dell'esperienza da lui vissuta... sempre che l'abbia vissuta veramente, visto che alcuni indizi lascerebbero anche pensare il contrario!


Preso solo come fantasy avventuroso, invece, I banditi del tempo regala momenti di divertimento assoluto. Innanzitutto è molto ironico, sia nella presa in giro delle famiglie moderne (composte da persone ignoranti, incapaci di comunicare, annichilite dalla tv e orientate al mero possesso di oggetti sempre più costosi) che nella presentazione dei vari personaggi, con un Robin Hood in odore di gayezza e falsamente cortese, un Napoleone vinto dal suo complesso di inferiorità, una ricorrente coppia di fidanzati impossibilitati a rimanere da soli e, dulcis in fundo, un grandioso Male che adora seviziare i suoi decerebrati sottoposti. Come seconda cosa, oltre ad essere ironico I banditi del tempo è anche parecchio visionario (anche se non tanto quanto altri lavori di Gilliam); personalmente, sono rimasta molto colpita dall'inquietante e realistico guerriero con la testa di cavallo che combatte contro Agamennone in una sequenza a dir poco magistrale e dai minacciosi Pipistrelli giganti evocati dal Genio del Male, ma anche i momenti in cui la stanza del protagonista diventa una zona di passaggio temporale oppure la scoperta della barriera che nasconde la Fortezza delle Tenebre (apparentemente fatta di mattoncini Lego!!) sono assai emozionanti.


Molto ben assortito il cast. Il gruppo di nani (che, a quanto pare, incarnano ognuno una diversa personalità dei componenti dei Monty Python) è molto simpatico e ruba la scena al piccolo protagonista in più di un'occasione, soprattutto perché ogni membro del gruppetto ha un tratto distintivo ben marcato, ma l'apoteosi si raggiunge con grossi calibri come John Cleese, Ian Holm, David Warner e, soprattutto, Sean Connery; anche se questi attori compaiono in proporzione molto poco rispetto agli altri, sono comunque i protagonisti dei momenti più divertenti, epici od emozionanti (anche se fa effetto sentire Agamennone parlare con accento scozzese, eh...) e sono quindi quelli che rimangono più impressi dopo la visione del film. Considerato anche che gli effetti speciali non sono moltissimi ma resistono bene all'usura del tempo e che la canzone finale la canta nientemeno che George Harrison, mi sento di consigliare I banditi del tempo a chiunque abbia voglia di vedersi un fantasy che non sia omologato ai patinati e banali standard attuali e, magari, fare un salto indietro nel tempo fino all'infanzia.


 Del regista e cosceneggiatore Terry Gilliam ho già parlato qui, mentre John Cleese (Robin Hood), Shelley DuVall (Pansy), Katherine Helmond (Mrs. Ogre), Ian Holm (Napoleone), David Warner (il Male, ruolo che era stato offerto a Jonathan Pryce, che ha dovuto rinunciare per impegni pregressi) e Jim Broadbent (il presentatore dello show televisivo) li trovate nei rispettivi link.

Sean Connery (vero nome Thomas Sean Connery) interpreta Agamennone e il pompiere. Uno dei più famosi attori del mondo, storico 007 (ha girato in tutto sette film a partire dal 1962) dotato di inconfondibile accento scozzese, lo ricordo per pellicole come Darby O' Gill e il re dei folletti, Marnie, Assassinio sull'Orient Express, Highlander - L'ultimo immortale, Il nome della rosa, The Untouchables - Gli intoccabili (che gli è valso l'Oscar come migliore attore non protagonista), Indiana Jones e l'ultima crociata, Sono affari di famiglia, Caccia a Ottobre Rosso, La casa Russia, Highlander II - Il ritorno, Robin Hood principe dei ladri, Il primo cavaliere, Dragonheart - Cuore di drago (prestava la voce a Draco), The Rock, The Avengers - Agenti speciali, Scherzi del cuore, Entrapment, Scoprendo Forrester e La leggenda degli uomini straordinari. Anche produttore e regista, ha 82 anni.


Michael Palin interpreta Vincent. Membro dei Monty Python, ha partecipato a film come Brian di Nazareth, Monty Python: Il senso della vita, Brazil, Un pesce di nome Wanda, Creature selvagge e alla soap australiana Home and Away. Inglese, anche sceneggiatore e produttore, ha 69 anni e un film in uscita.


Ralph Richardson interpreta l'Essere Supremo. Inglese, ha partecipato a film come Anna Karenina, Riccardo III, Il nostro agente all'Avana, Il dottor Zivago e Greystoke la leggenda di Tarzan il signore delle scimmie. Anche regista e produttore, è morto di infarto nel 1983, all'età di 80 anni.


Peter Vaughan (vero nome Peter Ewart Olm) interpreta l'Orco. Inglese, ha partecipato a film come Il villaggio dei dannati, Cane di paglia, Brazil, L'agente segreto, La seduzione del male, I miserabili e La leggenda del pianista sull'oceano. Ha 89 anni. 


Kenny Baker, alias il nano Fidgit, ha partecipato a tutti i film dedicati alla saga di Guerre Stellari nei panni del robot C1-P8 (o R2-D2, fate vobis). Nel 1996 Terry Gilliam aveva scritto un seguito di I banditi del tempo, ma il progetto è sfumato dal momento che tre degli attori che interpretavano i nani erano nel frattempo morti... in compenso, si vocifera l'uscita di un remake, anche se tutto è ancora avvolto nel mistero. Intanto, se il film vi fosse piaciuto, proverei a consigliarvi Labyrinth oppure Le avventure del Barone di Munchausen. ENJOY!


venerdì 18 novembre 2011

I gusti del terrore (1995)

Ma torniamo a parlare di Notte Horror (ebbene sì, mi manca tantissimo!!). Un’altra piccola perla scoperta negli anni ’90 è l’oscuro, orribile, trashissimo, indimenticabile I gusti del terrore (Ice Cream Man), diretto nel 1995 dal regista Paul Norman.



Trama: Gregory ha una sola, grande passione nella vita: fare il gelataio. A causa di un piccolissimo trauma infantile con conseguente ricovero in un discutibile manicomio, però, gli ingredienti dei suoi ottimi gelati non sono quelli canonici, come scopriranno gli inorriditi pargoletti che hanno passato l’estate a mangiarli…



“Non tutte possono essere delle felici, felici giornate” dice il buon Gregory ad una delle sue povere vittime. Mai massima fu più azzeccata, e questo è il leitmotiv de I gusti del terrore, dove la felicità imposta si mescola all’orrore scatenato per ottenerla. Parole grosse, per un film che è spudoratamente e dichiaratamente diretto, scritto e recitato coi piedi e che, proprio per questo suo modo fiero di abbracciare il ridicolo, ha meritato di assurgere all’Olimpo dei film cult per eccellenza. Questo film commuove per come ogni scena… ma che dico, ogni inquadratura! può essere dileggiata, distrutta, scherzata (come diceva il buon Elio) e intrattenere per ore e ore di risate gente che ha avuto il privilegio di vederlo. Non basterebbe quindi un libro per parlare delle minchiate di cui è farcito I gusti del terrore, figuriamoci una recensione che non vuole togliere la sorpresa a chi volesse guardarlo!



Vi butterei quindi lì qualche chicca, giusto per invogliarvi. Immaginate un film pagato principalmente dalla Converse, dove tutti i personaggi, quindi, indossano le scarpe di quella marca e dove viene usato ogni mezzo per inquadrarle, dai più “funzionali” alla trama (la vendetta di Gregory che riempie di gelato e vermi le scarpe di uno dei protagonisti) ai più sfacciatamente insulsi, come quando la telecamera indugia sui piedi dei protagonisti senza motivo. D’altronde questo è il primo e credo unico film non porno girato dal regista, quindi le scene che inquadrano i piedi sono nulla rispetto al paio di sequenze che partono, inspiegabilmente, dal pacco o dal lato B degli attori maschili. A questo aggiungerei un bambino ciccione reso tale dall’utilizzo di un’imbottitura (ma non ne potevano prendere uno vero…?), girandole a forma di fiori che invadono i giardini, poliziotti idioti, donne malate di mente che vengono fatte passare per messaggeri divini, festini notturni a base di tombe e gelato, e chi più ne ha più ne metta!



Certo, I gusti del terrore, per quanto involontariamente ironico e trash, non manca comunque di qualche momento disturbante. Nella sua perversa innocenza il gelataio è di un’efferatezza rara e non lesina agli spettatori immagini disgustose come la testa mozzata di una vittima infilata in un cono. Altre scene che rimangono impresse e rendono questo film un ibrido assai interessante sono la panoramica iniziale di quello che sta dietro al furgoncino dei gelati (blatte, sangue, ratti, l’incubo di ogni impiegato dell’ufficio di igiene), l’insistente primo piano di un occhio rigirato tra i denti e, soprattutto, l’intera sequenza girata all’interno del manicomio, dove i dottori sono matti quanto e più dei pazienti, come testimoniano i frequenti e deliranti flashback di Gregory. Insomma, sicuramente non sarà il film della vostra vita, ma I gusti del terrore merita almeno una visione, se non altro per la sua sfacciataggine e per la presenza del mitico Clint Howard. Vedrete che dopo averlo guardato sarà anche per voi una felice, felice giornata…!



Di Olivia Hussey, qui nei panni dell’infermiera Wharton, ho già parlato qui.

Paul Norman (vero nome Norman Paul Apstein) è il regista della pellicola, diretta sotto il nome di Norman Apstein. “Rinomato” regista di porno dalla filmografia (ovviamente) sterminata, ha 55 anni. Spiacente, ma di lui non riesco a trovare nemmeno un'immagine, sorry.

Clint Howard (vero nome Clinton E. Howard) interpreta Gregory, il nostro amato gelataio. Caratterista americano, fratello del pluripremiato regista Ron Howard, la sua ricchissima carriera conta comparsate più o meno lunghe e partecipazioni come protagonista in film come Splash, una sirena a Manhattan, Cocoon, l’energia dell’universo, Tango & Cash, Leprechaun 2, Apollo 13, Austin Powers: il controspione, Austin Powers la spia che ci provava, Il Grinch, Austin Powers in Goldmember, Il gatto… e il cappellaio matto, Dick e Jane – Operazione furto e Halloween: The Beginning. Inoltre ha doppiato Il libro della giungla e partecipato a serie come Star Trek, Tre nipoti e un maggiordomo, Happy Days, Hunter, Oltre i limiti, Jarod il camaleonte, My Name is Earl e Heroes. Anche sceneggiatore, produttore e regista ha 52 anni e tre film in uscita.



David Warner interpreta il padre di Heather. Inglese, ha partecipato a film come Il presagio, Tron, La brillante carriera di un giovane vampiro, Tartarughe Ninja II. Il segreto di Ooze, lo splendido Il seme della follia, Titanic, Scream 2, Planet of the Apes – Il pianeta delle scimmie, persino a quella troiata di Piccolo grande amore (!!!). Per quanto riguarda la tv, ha partecipato a episodi delle serie I segreti di Twin Peaks e La signora in giallo, inoltre ha doppiato cose cult come Capitan Planet e i Planeteers, Mighty Max, Biker Mice from Mars, Batman, Gargoyles e Freakazoid!. Ha 70 anni e un film in uscita.



Tra gli altri attori presenti nel film segnalo David Naughton (il padre di Tuna), già protagonista dello storico Un lupo mannaro americano a Londra. Dei quattro mocciosi della pellicola, invece, la ragazzina del gruppo, l’attrice Anndi McAfee, si è rifatta una carriera come doppiatrice quasi esclusiva del triceratopo Tricky de La ricerca della Valle Incantata, il ragazzetto più furbo, ovvero l’attore Justin Isfeld, ha partecipato a tre American Pie, mentre di Tuna e del Piccolo Paul si sono perse le tracce, sebbene quest’ultimo fosse un sosia dell’odioso enfant prodige Macaulay Culkin. D’altronde, la bionda e procace Wanda, alias Andrea Evans, ha finito per diventare parte integrante del cast di soap opera infinite come Beautiful, quindi forse meglio interrompere la carriera in tempo!! Siete ancora qui...? Correte a cercare I gusti del terrore e... ENJOY!

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