Per una volta il cinemino albisolese mi è venuto in soccorso e domenica sera sono riuscita a vedere Ocean's 8, diretto e co-sceneggiato da Gary Ross, alla faccia delle ferie del multisala savonese.
Trama: dopo essere uscita di prigione, Debbie Ocean organizza un audace colpo al Metropolitan Museum di New York.
Doverosa premessa: sono passati 17 anni da Ocean's Eleven e io credo di non averlo mai più riguardato dopo quella lontanissima sera al cinema del 2001, ergo se sperate che durante la visione di Ocean's 8 abbia colto non solo i riferimenti al suo predecessore (salvo il nome Danny Ocean, grazie al piffero!) ma anche le somiglianze a livello di trama (c'era un cinese acrobata anche lì mi pare, giusto?) cascate malissimo e, sempre in virtù di ciò, non riuscirei nemmeno a confrontare la qualità dei due film. Di fatto, non sono andata a vedere Ocean's 8 per una sorta di nostalgia o per vedere "come mi avessero rovinato l'infanzia anche se all'epoca avevo già 20 anni" ma solo per il cast zeppo di attrici che adoro, salvo la Bullock, e perché in generale mi piacciono gli heist movies, come ama chiamarli oggi la critica, benché quelli americani finiscano per assomigliarsi un po' tutti. Come da programma, quindi, sono andata al cinema giusto per godermi un furto perpetrato da un gruppo di donne cool e quello ho avuto, niente di più e niente di meno; Ocean's 8 fila dritto e liscio dall'inizio alla fine, con qualche complicazione all'acqua di rose, un paio di garbati "colpi di scena", una lunga e necessaria introduzione per presentare tutte le otto protagoniste e qualche forzatura della trama che probabilmente sfuggirà agli spettatori meno spaccapalle e che, effettivamente, in questo genere di pellicola deve necessariamente finire in secondo piano. Si potrebbe definire Ocean's 8 un film "leggero", un divertissement estivo che lascia il tempo che trova, non entusiasmante quanto ci si potrebbe aspettare da un ensemble di prime donne potenzialmente carismatico e quindi facilmente dimenticabile nel giro di un paio di settimane o anche meno, con parecchie potenzialità sprecate e fiaccato da una mancanza di coraggio imperdonabile. Banalmente, giusto per fare un esempio, manca un villain degno di questo nome (oh, quanto avrei sperato che "qualcuna" facesse il doppio gioco, invece ciccia, bisogna accontentarsi di una sciapa vendetta ai danni di un povero sfighé...), manca un po' di sano pericolo, manca, per citare Alex De Large, una sana dose di ultraviolenza e un po' di dolce su e giù i quali, se non rammento male, mancavano anche nei vari Ocean's precedenti ma perlomeno c'era l'umorismo guascone e fighetto di Clooney e compagnia a farla da padrone.
Ocean's 8 è invece un vorrei ma non posso. Non so come spiegarmi al meglio ma pare davvero pensato e realizzato "solo" per un pubblico femminile, a partire da quelle sequenze palesemente imperniate su lusso e glamour, fatte di gioielli da sogno e abiti da capogiro, come se le spettatrici stessero sfogliando una di quelle riviste alla Vanity Fair invece di vedere un film; non è che le protagoniste non siano carismatiche, intelligenti o toste, però mi è sembrato che queste tre caratteristiche fossero subordinate ad una superficialità concretizzata nell'apparenza, in sogni di evasione fatti di cinema, gossip, lavori a contatto col mondo della moda ecc. e questo non accadeva in Ocean's Eleven, fatto per piacere e divertire a partire dal "gender" dello spettatore. Detto questo, le donne che passano sullo schermo sono effettivamente lontane anni luce da noi povere mortali quindi forse ci sta che alle spettatrici venga lasciata giusto la possibilità di sognare. La boss Sandra Bullock non ha il carisma del "fratello" George Clooney ma comunque il personaggio di Debbie Ocean è un perfetto esempio di criminale veterana che riesce a farsi rispettare dal gruppo pur mantenendo i suoi piccoli segretucci, ed è degnamente spalleggiata da una Cate Blanchett alla quale vengono riservate le mise migliori nonostante la sua Lou non spicchi come dovrebbe, vincendo la palma di co-protagonista sprecata e tenuta stupidamente nell'ombra; divertentissima Anne Hathaway nei panni di un'attrice oca, ignorante e superba, un ruolo sciocchino che tuttavia l'attrice interpreta con incredibile grazia, e sorprendente Rihanna che risulta una gnocca colossale anche conciata come l'ultima delle streppone di Piazza del Popolo (con l'unico difetto di un adattamento italiano imbarazzante, come sempre accade quando si è costretti a riportare uno slang "cciofane"), mentre Helena Bonham Carter passa alla cassa senza impegnarsi più di tanto, portando a casa la solita interpretazione da weirdo un po' attempata. La Paulson, il motivo principale che mi ha spinta al cinema, è invece una signora come sempre, attrice tra le più duttili esistenti, brava sia nei ruoli drammatici che in quelli leggeri come questo. Definirla passepartout non le rende giustizia, visto tutto il bene che le voglio, sta di fatto che ogni volta che la vedo a me pare perfetta e calzante, a prescindere dal ruolo. In soldoni, quindi, non è che Ocean's 8 sia un brutto film ma forse è un po' anonimo e piatto, incapace di sfruttare al meglio tutti gli elementi positivi di cui è dotato, un budget della Madonna e un incredibile cast in primis. E poi, mi chiedo: ma perché Richard Armitage è figo solo quando fa il nano?
Del regista e co-sceneggiatore Gary Ross ho già parlato QUI. Sandra Bullock (Debbie Ocean), Griffin Dunne (Responsabile libertà vigilata), Cate Blanchett (Lou), Elliott Gould (Reuben), Richard Armitage (Claude Becker), Anne Hathaway (Daphne Kluger), Helena Bonham Carter (Rose Weil), Dakota Fanning (Penelope Stern), Sarah Paulson (Tammy) e James Corden (John Frazier) li trovate invece ai rispettivi link.
Mindy Kaling interpreta Amita. Americana, ha partecipato a film come 40 anni vergine, Una notte al museo 2 - La fuga e Facciamola finita, come doppiatrice ha lavorato invece in Cattivissimo me, Ralph Spaccatutto ed Inside Out. Anche produttrice, sceneggiatrice e regista, ha 39 anni e un film in uscita.
Rihanna (Robyn Rihanna Fenty) interpreta Palla Nove. Nativa delle Barbados, ovviamente famosissima come cantante, ha partecipato a film come Battleship, Facciamola finita, Valerian e la città dei mille pianeti e a serie come Bates Motel; come doppiatrice ha lavorato in Home - A casa. Anche regista, sceneggiatrice e produttrice, ha 30 anni.
Tra le celebrità che hanno partecipato non accreditate nel ruolo di loro stesse ci sono Katie Holmes, Kim Kardashian, Jaime King, Olivia Munn, Serena Williams, Anna Wintour e Common; tra quelle che invece "non ce l'hanno fatta" ci sono Jennifer Lawrence, rimpiazzata da Anne Hathaway a causa di impegni pregressi, ed Elizabeth Banks. Siccome Ocean's 8 è lo spin-off di Ocean's Eleven - Fate il vostro gioco, se il genere vi piace recuperatelo e aggiungete Ocean's Twelve, Ocean's Thirteen e magari anche Colpo grosso e The Italian Job. ENJOY!
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martedì 31 luglio 2018
mercoledì 14 settembre 2011
Contagion (2011)
Forse perché il 2012 si sta avvicinando, il mio Multisala sta facendo il miracolo e si sta impegnando per mettere in programmazione bei film che non avrei mai creduto di poter vedere al cinema nella mia zona. Ieri sera sono riuscita così ad andare a vedere Contagion, la nuova pellicola del regista Steven Soderbergh.

Trama: Un terribile e mortale virus si diffonde in pochissimi giorni in tutto il pianeta. Mentre autorità mondiali, luminari della medicina e giornalisti cercano di trovare una soluzione, i pochi sopravvissuti cominciano a fare i conti con la paura e il caos…

Pur essendo uno dei pochi film “originali” in uscita, Contagion riprende un trend già in voga negli anni ’70, ovvero quello delle pellicole catastrofiche che radunavano un gran numero di famosissime star dell’epoca. Originale, quindi, con riserva, anche se l’approccio ad una trama di per sé non innovativa viene portato avanti con piglio assai asettico e documentaristico, concedendo poco allo spettacolo. Soderbergh decide di puntare molto sui fatti e di girare un film sobrio, privo di fronzoli o immagini ad effetto (uniche eccezioni la terribile sequenza dell’autopsia su Gwyneth Paltrow e la commovente scena finale del prom casalingo, accompagnata dalla splendida musica degli U2), dal montaggio serrato ed implacabile come la diffusione del virus che vorrebbe rappresentare. Un drink all’aeroporto, un viso lucido di sudore, primi piani di mani che toccano oggetti che vengono passati ad altre mani, didascalie con nomi di città e relativo numero di abitanti, panoramiche di hotel, autobus, condomini, metropoli: Contagion come da titolo si concentra giustamente sulla dinamica del contagio e sulla conseguente ondata di panico collettivo e “fobia dell’altro” che influenzano ogni cosa, dalle alte decisioni governative ai più semplici rapporti umani.

Il risultato è un film sicuramente ben recitato (Kate Winslet e Jude Law sono strepitosi!), molto bello ed ottimamente confezionato, che stringe lo spettatore in una morsa di ansia dall’inizio alla fine, evitando di ammorbarlo con spiegazioni scientifiche troppo dettagliate o complesse, e che alla fine non si sofferma troppo su nessun personaggio, preferendo mostrare un campionario di varia umanità per coprire il maggior numero di punti di vista possibili. Certo, all’uscita dal cinema ho origliato i pareri “a caldo” di alcune persone, e secondo loro il difetto più grande di Contagion è proprio questo, la decisione di raccontare tante piccole storie senza approfondirle troppo. Personalmente non l’ho preso come un difetto ma come un ulteriore mezzo per accentuare il realismo della pellicola perché, diciamoci la verità, nel corso di una pandemia dubito che tutti i giorni accadano costantemente, ad ogni singola persona, eventi degni di essere narrati: molto meglio, quindi, mostrare spizzichi e bocconi di vicende più o meno interessanti e lasciare anche qualche dubbio, storie che potranno essere ulteriormente raccontate o continuate se qualcuno lo vorrà. A dire il vero la cosa che però mi ha colpita di più è l’assenza di personaggi totalmente positivi o negativi (a parte Jude Law che è un bel bastardo, ma in modo particolare) e di qualsivoglia riferimento alla religione; in Contagion nessun personaggio ricerca il conforto della fede, non ci sono santi né predicatori che inneggiano alla fine del mondo, solo una disperata fiducia nella scienza e nell’informazione alternativa, un’ancor più disperata diffidenza verso le autorità e il desiderio di proteggere il proprio mondo, per quanto sia piccolo. Chissà cosa farei io in un caso come questo. Mah. Per ora posso solo dire che Contagion mi è piaciuto e lo consiglio.

Di Matt Damon (Mitch), Gwyneth Paltrow (Beth), Jude Law (Alan), Laurence Fishburne (Dr. Cheever), Kate Winslet (Dr. Mears), Elliot Gould (Dr. Sussmann), ho già parlato nei vari post a loro dedicati, che potete leggere cliccando sui link.
Steven Soderbergh è il regista della pellicola. Americano, lo ricordo per film come Sesso, bugie e videotape, Out of Sight, Traffic (che gli è valso l’Oscar come miglior regista), Ocean’s Eleven – Fate il vostro gioco, Ocean’s Twelve e Ocean’s Thirteen. Anche produttore, sceneggiatore e attore, ha 48 anni e tre film in uscita.

Marion Cotillard interpreta la Dottoressa Orantes. Francese, ha partecipato a film come Taxxi, Taxxi 2, Taxxi 3, Big Fish – Le storie di una vita incredibile, Un’ottima annata, La vie en rose (che le è valso l’Oscar come miglior attrice protagonista) e Inception, oltre ad un episodio della serie Highlander. Ha 36 anni e un film in uscita, Il Cavaliere Oscuro – Il ritorno.

John Hawkes (vero nome John Perkins) interpreta Roger. Per la serie, “dove t’ho già visto?”: ma sei Pete!! Pete, il povero, sfigatissimo commesso seviziato dai fratelli Jeko in Dal tramonto all’alba!! E non solo, ovviamente. Potete trovare l’attore americano in film come Scary Movie, Freaked – Sgorbi, Congo, Incubo finale, Identità, Miami Vice o in serie come Millenium, Nash Bridges, E.R. – Medici in prima linea, Buffy l’ammazzavampiri, X- Files, Più forte ragazzi, 24, Taken, Senza traccia, CSI e Lost. Ha 52 anni e quattro film in uscita.

Rimaniamo in tema di attori. Tra chi ce l’ha fatta, segnalo Jennifer Ehle, che nel film interpreta la dottoressa Hextall mentre ne Il discorso del re era la moglie di Logue. Passando a chi, invece, non ce l’ha fatta, si era pensato di assegnare il ruolo (marginale ma a suo modo importante) di Beth a Jennifer Connelly che, in quanto premio Oscar, in questo cast all star non avrebbe sfigurato. Se vi fosse piaciuto Contagion suggerirei di guardare almeno L’inferno di cristallo, film catastrofico che da piccola mi terrorizzava e dal quale pare Soderbergh abbia tratto ispirazione per la sua ultima pellicola. Intanto che lo cercate, vi lascio col trailer di Contagion... ENJOY!
Trama: Un terribile e mortale virus si diffonde in pochissimi giorni in tutto il pianeta. Mentre autorità mondiali, luminari della medicina e giornalisti cercano di trovare una soluzione, i pochi sopravvissuti cominciano a fare i conti con la paura e il caos…
Pur essendo uno dei pochi film “originali” in uscita, Contagion riprende un trend già in voga negli anni ’70, ovvero quello delle pellicole catastrofiche che radunavano un gran numero di famosissime star dell’epoca. Originale, quindi, con riserva, anche se l’approccio ad una trama di per sé non innovativa viene portato avanti con piglio assai asettico e documentaristico, concedendo poco allo spettacolo. Soderbergh decide di puntare molto sui fatti e di girare un film sobrio, privo di fronzoli o immagini ad effetto (uniche eccezioni la terribile sequenza dell’autopsia su Gwyneth Paltrow e la commovente scena finale del prom casalingo, accompagnata dalla splendida musica degli U2), dal montaggio serrato ed implacabile come la diffusione del virus che vorrebbe rappresentare. Un drink all’aeroporto, un viso lucido di sudore, primi piani di mani che toccano oggetti che vengono passati ad altre mani, didascalie con nomi di città e relativo numero di abitanti, panoramiche di hotel, autobus, condomini, metropoli: Contagion come da titolo si concentra giustamente sulla dinamica del contagio e sulla conseguente ondata di panico collettivo e “fobia dell’altro” che influenzano ogni cosa, dalle alte decisioni governative ai più semplici rapporti umani.
Il risultato è un film sicuramente ben recitato (Kate Winslet e Jude Law sono strepitosi!), molto bello ed ottimamente confezionato, che stringe lo spettatore in una morsa di ansia dall’inizio alla fine, evitando di ammorbarlo con spiegazioni scientifiche troppo dettagliate o complesse, e che alla fine non si sofferma troppo su nessun personaggio, preferendo mostrare un campionario di varia umanità per coprire il maggior numero di punti di vista possibili. Certo, all’uscita dal cinema ho origliato i pareri “a caldo” di alcune persone, e secondo loro il difetto più grande di Contagion è proprio questo, la decisione di raccontare tante piccole storie senza approfondirle troppo. Personalmente non l’ho preso come un difetto ma come un ulteriore mezzo per accentuare il realismo della pellicola perché, diciamoci la verità, nel corso di una pandemia dubito che tutti i giorni accadano costantemente, ad ogni singola persona, eventi degni di essere narrati: molto meglio, quindi, mostrare spizzichi e bocconi di vicende più o meno interessanti e lasciare anche qualche dubbio, storie che potranno essere ulteriormente raccontate o continuate se qualcuno lo vorrà. A dire il vero la cosa che però mi ha colpita di più è l’assenza di personaggi totalmente positivi o negativi (a parte Jude Law che è un bel bastardo, ma in modo particolare) e di qualsivoglia riferimento alla religione; in Contagion nessun personaggio ricerca il conforto della fede, non ci sono santi né predicatori che inneggiano alla fine del mondo, solo una disperata fiducia nella scienza e nell’informazione alternativa, un’ancor più disperata diffidenza verso le autorità e il desiderio di proteggere il proprio mondo, per quanto sia piccolo. Chissà cosa farei io in un caso come questo. Mah. Per ora posso solo dire che Contagion mi è piaciuto e lo consiglio.
Di Matt Damon (Mitch), Gwyneth Paltrow (Beth), Jude Law (Alan), Laurence Fishburne (Dr. Cheever), Kate Winslet (Dr. Mears), Elliot Gould (Dr. Sussmann), ho già parlato nei vari post a loro dedicati, che potete leggere cliccando sui link.
Steven Soderbergh è il regista della pellicola. Americano, lo ricordo per film come Sesso, bugie e videotape, Out of Sight, Traffic (che gli è valso l’Oscar come miglior regista), Ocean’s Eleven – Fate il vostro gioco, Ocean’s Twelve e Ocean’s Thirteen. Anche produttore, sceneggiatore e attore, ha 48 anni e tre film in uscita.
Marion Cotillard interpreta la Dottoressa Orantes. Francese, ha partecipato a film come Taxxi, Taxxi 2, Taxxi 3, Big Fish – Le storie di una vita incredibile, Un’ottima annata, La vie en rose (che le è valso l’Oscar come miglior attrice protagonista) e Inception, oltre ad un episodio della serie Highlander. Ha 36 anni e un film in uscita, Il Cavaliere Oscuro – Il ritorno.
John Hawkes (vero nome John Perkins) interpreta Roger. Per la serie, “dove t’ho già visto?”: ma sei Pete!! Pete, il povero, sfigatissimo commesso seviziato dai fratelli Jeko in Dal tramonto all’alba!! E non solo, ovviamente. Potete trovare l’attore americano in film come Scary Movie, Freaked – Sgorbi, Congo, Incubo finale, Identità, Miami Vice o in serie come Millenium, Nash Bridges, E.R. – Medici in prima linea, Buffy l’ammazzavampiri, X- Files, Più forte ragazzi, 24, Taken, Senza traccia, CSI e Lost. Ha 52 anni e quattro film in uscita.
Rimaniamo in tema di attori. Tra chi ce l’ha fatta, segnalo Jennifer Ehle, che nel film interpreta la dottoressa Hextall mentre ne Il discorso del re era la moglie di Logue. Passando a chi, invece, non ce l’ha fatta, si era pensato di assegnare il ruolo (marginale ma a suo modo importante) di Beth a Jennifer Connelly che, in quanto premio Oscar, in questo cast all star non avrebbe sfigurato. Se vi fosse piaciuto Contagion suggerirei di guardare almeno L’inferno di cristallo, film catastrofico che da piccola mi terrorizzava e dal quale pare Soderbergh abbia tratto ispirazione per la sua ultima pellicola. Intanto che lo cercate, vi lascio col trailer di Contagion... ENJOY!
martedì 22 marzo 2011
Mash (1970)
Esistono dei film molto particolari, che non possono rientrare semplicemente in una sola categoria. M.A.S.H., diretto nel 1970 dal regista Robert Altman, è un esempio calzante di questa mia affermazione. La pellicola, che ha vinto l’Oscar per la migliore sceneggiatura non originale (tratta dall’omonimo romanzo dello scrittore Richard Hooker, pubblicato nel 1968), può sicuramente essere definita una commedia, ma anche un film di guerra a tutti gli effetti.
Trama: durante la guerra di Corea, due abili chirurghi, Hawkeye (Falco, in italiano) e Duke, vengono trasferiti in un ospedale da campo militare. Lì si scontrano con il bigotto ed incapace maggiore Burns, si alleano con il chirurgo McIntyre, e cercano di superare gli orrori della guerra con umorismo, alcool e soprattutto donne.
Se dovessi definire con un termine MASH, mi verrebbe in mente commedia nera. E’ innegabile che il film faccia ridere, però sono risate che si mescolano alla vista di serissimi e continui interventi chirurgici, che ci ricordano sempre dove si trovano i personaggi. Altman non gira una commedia demenziale alla Animal House, per intenderci, anche se i temi trattati (ribellione alle autorità, donne, alcool, problemi sessuali, sfide da vincere contro spocchiosi nemici ecc. ecc.) sono per lo più gli stessi: il regista vuole immergerci nella realtà della guerra, e mostrarci come dei competentissimi chirurghi possano riuscire a non diventare pazzi e a sopravvivere, continuando a svolgere un lavoro che hanno scelto in un contesto che sicuramente avrebbero voluto evitare. La competenza, quindi, va di pari passo con l’indisponenza, con la mancanza di rispetto, con la palese infrazione delle regole, che nel film vengono incarnate non già dal povero e debole colonnello Blake, il cui unico obiettivo è vivere tranquillo e tormentare il povero Radar, ma dal Maggiore Burns e dal Maggiore Houlinan, alias Bollore: il primo è un bigotto ed un chirurgo incompetente, capace solo di fomentare panico e dispensare vergogna, mentre la seconda è una fanatica della disciplina militare, tanto bella quanto fredda e “maschile”, in un certo senso, e per questo vittima dei pesanti scherzi di Hawkeye e compagni.
Sì, perché le donne sono allo stesso tempo necessarie e subordinate all’interno del film. La figura dell’infermiera è indispensabile al lavoro dei chirurghi ma anche al buonumore dei soldati, che non perdono occasione per portarsene a letto qualcuna, in barba a mogli e fidanzate lontane. Questa doppia valenza della donna si può vedere nel primo dei quattro episodi in cui è idealmente diviso il film: nel primo Bollore viene apprezzata come infermiera, ma assolutamente messa in ridicolo come donna, tanto da beccarsi il poco simpatico soprannome e perdere ogni autorità davanti ai compagni e ai superiori, finché negli ultimi due episodi non la vediamo accettare il suo ruolo di trastullo sessuale ed ochetta, solo per essere accettata. Nel secondo episodio, invece, si vede come “dovrebbe” essere la donna ideale del gruppo: disponibile ad aiutare in ogni modo, con buona pace del povero Cassiodoro che pensava già di essere diventato un gay impotente nonostante gli attributi fuori dal comune. E proprio in questo secondo episodio viene ripresa l’amaramente ironica ballata iniziale (scritta peraltro dal figlio quattordicenne del regista, Mike): “Suicide is Painless/ it brings on many changes/ and you can take or leave it if you please”; quasi tutti i personaggi scelgono di affrontare la vita evitando la soluzione facile e meno dolorosa, ovvero il suicidio, il dentista Cassiodoro (alias Painless, appunto, in originale) sceglierebbe invece di smettere di combattere, sopraffatto dalla perdita della virilità, ad aggiungersi a tutte le brutture della guerra.
Passando ad aspetti più tecnici, la pellicola è ovviamente molto ben diretta, e anche ben recitata. Traspaiono purtroppo la maretta che doveva esserci sul set e la tensione tra regista e produttori, elementi che si mescolano a parecchia improvvisazione: il risultato, quindi, è ibrido come il film, ovvero una sensazione di generale “diffidenza” e di rigidità che si mescola a scene ottimamente riuscite e naturalissime. Tra i quattro episodi, il terzo è quello dove viene mostrata meglio quella dicotomia di cui parlavo all’inizio, con i due chirurghi che fanno il bello e il cattivo tempo all’interno di un ospedale militare approfittando della loro bravura, mentre i primi due episodi sono sicuramente i più divertenti; nel secondo, soprattutto, Altman si sbizzarrisce con immagini decisamente artistiche, mostrandoci l’Ultima Cena di Cassiodoro con una tavolata di personaggi messi nelle stesse posizioni immortalate da Leonardo nel suo capolavoro, ed una scena molto “disneyana”, con una principessa che risveglia il bello addormentato in un modo un po’ poco ortodosso. Particolarissima anche la colonna sonora, zeppa di “storici” pezzi americani cantati in giapponese ed inframmezzata da improbabili annunci con l’altoparlante, un rumore di sottofondo costante che ci accompagna fino agli intelligenti titoli di coda, dove viene presentato il film della serata… ovvero MASH, appunto. In definitiva, come film MASH mi piace e lo consiglio. Molto probabilmente non è facile da apprezzare come un Animal House o un Blues Brothers, ma a mio avviso è un importante pezzo di storia cinematografica, specchio di un’epoca neanche troppo lontana.
Di Donald Sutherland, che interpreta Hawkeye Pierce, ho già parlato qui.
Robert Altman è il regista della pellicola. Grandissimo “vecchio” del cinema americano, lo ricordo per splendidi film come Nashville, America oggi, Gosford Park e Radio America, la sua ultima opera. Inoltre, si è fatto le ossa con serie televisive come Alfred Hitchcock presenta e Bonanza. Altman è morto di leucemia nel 2006, all’età di 81 anni.
Robert Duvall interpreta il maggiore Frank Burns. Uno dei più grandi attori americani viventi, i fan lo ameranno innanzitutto per il ruolo di Tom Hagen nella trilogia de Il Padrino, io l’ho semplicemente adorato nei panni del Colonnello Kilgore in Apocalypse Now, ma ha partecipato a molti altri film come Il buio oltre la siepe, Quinto potere, Terrore dallo spazio profondo, Colors – Colori di guerra, Giorni di tuono, Un giorno di ordinaria follia, Qualcosa di cui… sparlare, La lettera scarlatta, Phenomenon e A Civil Action, che gli ha fatto vincere l’Oscar come miglior attore non protagonista. Ha inoltre partecipato a serie come Alfred Hitchcock presenta, Ai confini della realtà e The Outer Limits. Ha 80 anni e un film in uscita.
Elliott Gould interpreta John McIntyre. Americano, i più lo ricorderanno per avere interpretato il papà di Monica e Ross in Friends; io lo ricordo anche per una trashata nazionale come I miei primi quarant’anni (per chi se lo fosse scordato è un orrendo biopic che racconta la vita di Marina Ripa di Meana, come se a qualcuno ne fosse fregato qualcosa…), lo Shining televisivo, American History X, Ocean’s Eleven – Fate il vostro gioco, Ocean’s Twelve e Ocean’s Thirteen. In TV ha lavorato per telefilm come Ai confini della realtà, La signora in giallo, Avvocati a Los Angeles, Masters of Horror, Law & Order e CSI e prestato la voce per serie come American Dad! e Kim Possible. Ha 73 anni e quattro film in uscita.
Tom Skerritt interpreta Duke Forrest. Americano, tra i suoi film ricordo il bellissimo Harold e Maude, Alien, La zona morta, Top Gun, Poltergeist III: ci risiamo, Fiori d’acciaio, Orchidea selvaggia 2, l’inguardabile La mia peggiore amica e Desperation, mentre per le serie a cui ha partecipato citerei Bonanza, Ai confini della realtà, Will & Grace, West Wing, Law & Order e La zona morta. Ha 78 anni e un film in uscita.
Fred Williamson interpreta “Spearchucker” Jones. Nonostante compaia pochissimo e praticamente solo verso il finale, mi sento in dovere di parlare quest’attore, visto che la sua faccia particolarissima e la sua verve hanno contribuito a rendere ancora più divertente un film che io adoro, Dal tramonto all’alba. Tra le sue altre pellicole ricordo Quel maledetto treno blindato (da cui Tarantino ha preso spunto per Inglorious Basterds), Gli adoratori del male e Starsky & Hutch; ha inoltre partecipato a serie come Star Trek, Chips, Fantasilandia e Renegade. Americano, ha 73 anni e cinque film in uscita.
E ora, un paio di curiosità. Dal film e dal libro è stata tratta una serie televisiva dal titolo omonimo, andata in onda dal 1972 al 1983, che contava nel cast solo tre degli attori presenti nella pellicola: Gary Burghoff e G. Wood hanno mantenuto rispettivamente i ruoli di Radar e del Generale Hammond, mentre Timothy Brown, che nel film interpretava il Caporale Judson, nella serie ha preso il ruolo di Spearchucker. Esistono inoltre altri tre spin – off, uno dedicato completamente a McIntyre, uno che racconta i destini dei personaggi dopo la guerra di Corea e uno che racconta le peripezie di Radar all’interno della polizia. Se vi fosse piaciuto MASH, io vi consiglio di recuperare un altro classico contro la guerra: Il Dottor Stranamore di Stanley Kubrick. Un capolavoro. E ora vi lascio con il trailer di MASH... ENJOY!
Trama: durante la guerra di Corea, due abili chirurghi, Hawkeye (Falco, in italiano) e Duke, vengono trasferiti in un ospedale da campo militare. Lì si scontrano con il bigotto ed incapace maggiore Burns, si alleano con il chirurgo McIntyre, e cercano di superare gli orrori della guerra con umorismo, alcool e soprattutto donne.
Se dovessi definire con un termine MASH, mi verrebbe in mente commedia nera. E’ innegabile che il film faccia ridere, però sono risate che si mescolano alla vista di serissimi e continui interventi chirurgici, che ci ricordano sempre dove si trovano i personaggi. Altman non gira una commedia demenziale alla Animal House, per intenderci, anche se i temi trattati (ribellione alle autorità, donne, alcool, problemi sessuali, sfide da vincere contro spocchiosi nemici ecc. ecc.) sono per lo più gli stessi: il regista vuole immergerci nella realtà della guerra, e mostrarci come dei competentissimi chirurghi possano riuscire a non diventare pazzi e a sopravvivere, continuando a svolgere un lavoro che hanno scelto in un contesto che sicuramente avrebbero voluto evitare. La competenza, quindi, va di pari passo con l’indisponenza, con la mancanza di rispetto, con la palese infrazione delle regole, che nel film vengono incarnate non già dal povero e debole colonnello Blake, il cui unico obiettivo è vivere tranquillo e tormentare il povero Radar, ma dal Maggiore Burns e dal Maggiore Houlinan, alias Bollore: il primo è un bigotto ed un chirurgo incompetente, capace solo di fomentare panico e dispensare vergogna, mentre la seconda è una fanatica della disciplina militare, tanto bella quanto fredda e “maschile”, in un certo senso, e per questo vittima dei pesanti scherzi di Hawkeye e compagni.
Sì, perché le donne sono allo stesso tempo necessarie e subordinate all’interno del film. La figura dell’infermiera è indispensabile al lavoro dei chirurghi ma anche al buonumore dei soldati, che non perdono occasione per portarsene a letto qualcuna, in barba a mogli e fidanzate lontane. Questa doppia valenza della donna si può vedere nel primo dei quattro episodi in cui è idealmente diviso il film: nel primo Bollore viene apprezzata come infermiera, ma assolutamente messa in ridicolo come donna, tanto da beccarsi il poco simpatico soprannome e perdere ogni autorità davanti ai compagni e ai superiori, finché negli ultimi due episodi non la vediamo accettare il suo ruolo di trastullo sessuale ed ochetta, solo per essere accettata. Nel secondo episodio, invece, si vede come “dovrebbe” essere la donna ideale del gruppo: disponibile ad aiutare in ogni modo, con buona pace del povero Cassiodoro che pensava già di essere diventato un gay impotente nonostante gli attributi fuori dal comune. E proprio in questo secondo episodio viene ripresa l’amaramente ironica ballata iniziale (scritta peraltro dal figlio quattordicenne del regista, Mike): “Suicide is Painless/ it brings on many changes/ and you can take or leave it if you please”; quasi tutti i personaggi scelgono di affrontare la vita evitando la soluzione facile e meno dolorosa, ovvero il suicidio, il dentista Cassiodoro (alias Painless, appunto, in originale) sceglierebbe invece di smettere di combattere, sopraffatto dalla perdita della virilità, ad aggiungersi a tutte le brutture della guerra.
Passando ad aspetti più tecnici, la pellicola è ovviamente molto ben diretta, e anche ben recitata. Traspaiono purtroppo la maretta che doveva esserci sul set e la tensione tra regista e produttori, elementi che si mescolano a parecchia improvvisazione: il risultato, quindi, è ibrido come il film, ovvero una sensazione di generale “diffidenza” e di rigidità che si mescola a scene ottimamente riuscite e naturalissime. Tra i quattro episodi, il terzo è quello dove viene mostrata meglio quella dicotomia di cui parlavo all’inizio, con i due chirurghi che fanno il bello e il cattivo tempo all’interno di un ospedale militare approfittando della loro bravura, mentre i primi due episodi sono sicuramente i più divertenti; nel secondo, soprattutto, Altman si sbizzarrisce con immagini decisamente artistiche, mostrandoci l’Ultima Cena di Cassiodoro con una tavolata di personaggi messi nelle stesse posizioni immortalate da Leonardo nel suo capolavoro, ed una scena molto “disneyana”, con una principessa che risveglia il bello addormentato in un modo un po’ poco ortodosso. Particolarissima anche la colonna sonora, zeppa di “storici” pezzi americani cantati in giapponese ed inframmezzata da improbabili annunci con l’altoparlante, un rumore di sottofondo costante che ci accompagna fino agli intelligenti titoli di coda, dove viene presentato il film della serata… ovvero MASH, appunto. In definitiva, come film MASH mi piace e lo consiglio. Molto probabilmente non è facile da apprezzare come un Animal House o un Blues Brothers, ma a mio avviso è un importante pezzo di storia cinematografica, specchio di un’epoca neanche troppo lontana.
Di Donald Sutherland, che interpreta Hawkeye Pierce, ho già parlato qui.
Robert Altman è il regista della pellicola. Grandissimo “vecchio” del cinema americano, lo ricordo per splendidi film come Nashville, America oggi, Gosford Park e Radio America, la sua ultima opera. Inoltre, si è fatto le ossa con serie televisive come Alfred Hitchcock presenta e Bonanza. Altman è morto di leucemia nel 2006, all’età di 81 anni.
Robert Duvall interpreta il maggiore Frank Burns. Uno dei più grandi attori americani viventi, i fan lo ameranno innanzitutto per il ruolo di Tom Hagen nella trilogia de Il Padrino, io l’ho semplicemente adorato nei panni del Colonnello Kilgore in Apocalypse Now, ma ha partecipato a molti altri film come Il buio oltre la siepe, Quinto potere, Terrore dallo spazio profondo, Colors – Colori di guerra, Giorni di tuono, Un giorno di ordinaria follia, Qualcosa di cui… sparlare, La lettera scarlatta, Phenomenon e A Civil Action, che gli ha fatto vincere l’Oscar come miglior attore non protagonista. Ha inoltre partecipato a serie come Alfred Hitchcock presenta, Ai confini della realtà e The Outer Limits. Ha 80 anni e un film in uscita.
Elliott Gould interpreta John McIntyre. Americano, i più lo ricorderanno per avere interpretato il papà di Monica e Ross in Friends; io lo ricordo anche per una trashata nazionale come I miei primi quarant’anni (per chi se lo fosse scordato è un orrendo biopic che racconta la vita di Marina Ripa di Meana, come se a qualcuno ne fosse fregato qualcosa…), lo Shining televisivo, American History X, Ocean’s Eleven – Fate il vostro gioco, Ocean’s Twelve e Ocean’s Thirteen. In TV ha lavorato per telefilm come Ai confini della realtà, La signora in giallo, Avvocati a Los Angeles, Masters of Horror, Law & Order e CSI e prestato la voce per serie come American Dad! e Kim Possible. Ha 73 anni e quattro film in uscita.
Fred Williamson interpreta “Spearchucker” Jones. Nonostante compaia pochissimo e praticamente solo verso il finale, mi sento in dovere di parlare quest’attore, visto che la sua faccia particolarissima e la sua verve hanno contribuito a rendere ancora più divertente un film che io adoro, Dal tramonto all’alba. Tra le sue altre pellicole ricordo Quel maledetto treno blindato (da cui Tarantino ha preso spunto per Inglorious Basterds), Gli adoratori del male e Starsky & Hutch; ha inoltre partecipato a serie come Star Trek, Chips, Fantasilandia e Renegade. Americano, ha 73 anni e cinque film in uscita.
E ora, un paio di curiosità. Dal film e dal libro è stata tratta una serie televisiva dal titolo omonimo, andata in onda dal 1972 al 1983, che contava nel cast solo tre degli attori presenti nella pellicola: Gary Burghoff e G. Wood hanno mantenuto rispettivamente i ruoli di Radar e del Generale Hammond, mentre Timothy Brown, che nel film interpretava il Caporale Judson, nella serie ha preso il ruolo di Spearchucker. Esistono inoltre altri tre spin – off, uno dedicato completamente a McIntyre, uno che racconta i destini dei personaggi dopo la guerra di Corea e uno che racconta le peripezie di Radar all’interno della polizia. Se vi fosse piaciuto MASH, io vi consiglio di recuperare un altro classico contro la guerra: Il Dottor Stranamore di Stanley Kubrick. Un capolavoro. E ora vi lascio con il trailer di MASH... ENJOY!
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