martedì 30 agosto 2022
Bullet Train (2022)
domenica 13 gennaio 2019
Bird Box (2018)
Trama: il mondo viene funestato da un'epidemia di suicidi causati da misteriose entità. Tra i pochi sopravvissuti c'è Malorie, madre di due bambini assieme ai quali tenta una disperata traversata alla cieca lungo il fiume...
Netflix fa una pubblicità spudorata a rumenta come Sabrina e poi lascia passare gioiellini come Bird Box in secondo piano, al punto che se non avessi letto della presenza di Sarah Paulson nel cast probabilmente non avrei nemmeno dato una chance al film di Susanne Bier. Poi l'ho guardato, ho scoperto che c'era anche John Malkovich e ovviamente ho ri-bestemmiato contro Netflix. Detto questo, Bird Box è un inquietante horror post-apocalittico che priva i personaggi principali di uno dei cinque sensi, rendendo ancora più ardua la sopravvivenza. Benché il romanzo da cui è tratto risalga al 2014, è inevitabile pensare subito a A Quiet Place, all'interno del quale i protagonisti venivano messi in pericolo dai suoni, ma la mente durante la visione è corsa anche al quasi sconosciuto ma pregevole From Within; all'interno di Bird Box, infatti, chi utilizza la vista rischia di scorgere qualcosa di terribile che lo spinge a suicidarsi e i personaggi sono dunque costretti a rimanere chiusi in casa con le finestre oscurate oppure tentare una fuga disperata con gli occhi bendati, a rischio di finire malissimo sia che si incroci lo sguardo con le creature invisibili sia che ci si rompa l'osso del collo perché impossibilitati a vedere (cosa che, per inciso, non succede a nessuno, un'ingenuità a livello di trama che effettivamente fa un po' sorridere visto che, io per prima, come minimo sarei volata in un dirupo). In tutto questo, la protagonista è una donna incinta dotata dello stesso senso materno che potrei avere io la quale, già provata dalla sua indesiderata condizione, si ritrova a un certo punto a dover garantire la sopravvivenza sua e di ben due bambini e ad affrontare scelte che la renderebbero ancora meno umana delle creature che danno loro la caccia. La storia di Malorie e dei sue due figli viene narrata con una serie di flashback che fungono da intermezzo per la loro fuga disperata verso la salvezza, affidata alla corrente di un fiume, scelta narrativa che divide il film in due "generi" ideali: il survival apocalittico in senso stretto e qualcosa di più simile al The Mist di Stephen King, all'interno del quale fanno più paura le dinamiche che intercorrono tra i sopravvissuti piuttosto che la minaccia che li affligge.
La bellezza di Bird Box, dunque, risiede non solo nella storia ma anche nel modo in cui vengono tratteggiati i vari personaggi. Mi verrebbe da dire che il tocco femminile alla regia si percepisce, perché la protagonista viene costretta ad affrontare se stessa prima ancora che la minaccia sovrannaturale incombente ma anche perché persino i personaggi secondari hanno qualcosa da dire, come per esempio un John Malkovich sopra le righe ma capace di regalare almeno un interessante confronto a base di "saggezza popolare", per non parlare dei primi piani di due bimbi tanto espressivi quanto disperati e del modo in cui Sandra Bullock si rapporta con loro. L'attrice, poi, è bellissima e brava come non mai. Il personaggio di Malorie è infatti una protagonista nella quale ci si può ritrovare sotto molti aspetti, è eroica ma anche umanissima ed imperfetta, oltre ad essere pervasa da un dolore che la spinge a comportarsi da stronza persino con i due bambini che si è ritrovata tra le mani, un "boy" e una "girl" ai quali viene letteralmente impedito di affezionarsi alla madre, fino a rischiare inevitabili, nefaste conseguenze. In generale, comunque, mi è parso che ogni dialogo, ogni gesto, ogni interazione non fosse lasciata al caso e il risultato è che, oltre ad avere il cuore in gola durante le sequenze più concitate e prettamente horror (e ce ne sono moltissime), di tanto in tanto guardando Bird Box si riesce anche a riflettere e a commuoversi, soprattutto sul delicato finale che, mi si dice, è molto diverso da quello del libro. Quindi il mio consiglio è quello di recuperare Bird Box per incominciare l'anno cinematografico su Netflix nel migliore dei modi!
Di Sandra Bullock (Malorie), John Malkovich (Douglas), Sarah Paulson (Jessica), Jacki Weaver (Cheryl), Tom Hollander (Gary), Pruitt Taylor Vince (Rick) e David Dastmalchian (Predone che fischia) ho parlato ai rispettivi link.
Susanne Bier è la regista del film. Danese, ha diretto film come Non desiderare la donna d'altri, Dopo il matrimonio, In un mondo migliore e Love Is All You Need. Anche sceneggiatrice, produttrice e attrice, ha 58 anni.
Machine Gun Kelly (vero nome Colson Baker) interpreta Felix. Rapper americano, ha partecipato a film come Nerve e Viral. Anche compositore e produttore, ha 28 anni e quattro film in uscita.
Parminder Nagra interpreta la dottoressa Lapham. Inglese, la ricordo per film come Sognando Beckham, inoltre ha partecipato a serie quali E.R. Medici in prima linea e Agents of S.H.I.E.L.D.. Ha 43 anni e un film in uscita.
Se Bird Box vi fosse piaciuto recuperate The Mist e A Quiet Place. ENJOY!
martedì 31 luglio 2018
Ocean's 8 (2018)
Trama: dopo essere uscita di prigione, Debbie Ocean organizza un audace colpo al Metropolitan Museum di New York.
Doverosa premessa: sono passati 17 anni da Ocean's Eleven e io credo di non averlo mai più riguardato dopo quella lontanissima sera al cinema del 2001, ergo se sperate che durante la visione di Ocean's 8 abbia colto non solo i riferimenti al suo predecessore (salvo il nome Danny Ocean, grazie al piffero!) ma anche le somiglianze a livello di trama (c'era un cinese acrobata anche lì mi pare, giusto?) cascate malissimo e, sempre in virtù di ciò, non riuscirei nemmeno a confrontare la qualità dei due film. Di fatto, non sono andata a vedere Ocean's 8 per una sorta di nostalgia o per vedere "come mi avessero rovinato l'infanzia anche se all'epoca avevo già 20 anni" ma solo per il cast zeppo di attrici che adoro, salvo la Bullock, e perché in generale mi piacciono gli heist movies, come ama chiamarli oggi la critica, benché quelli americani finiscano per assomigliarsi un po' tutti. Come da programma, quindi, sono andata al cinema giusto per godermi un furto perpetrato da un gruppo di donne cool e quello ho avuto, niente di più e niente di meno; Ocean's 8 fila dritto e liscio dall'inizio alla fine, con qualche complicazione all'acqua di rose, un paio di garbati "colpi di scena", una lunga e necessaria introduzione per presentare tutte le otto protagoniste e qualche forzatura della trama che probabilmente sfuggirà agli spettatori meno spaccapalle e che, effettivamente, in questo genere di pellicola deve necessariamente finire in secondo piano. Si potrebbe definire Ocean's 8 un film "leggero", un divertissement estivo che lascia il tempo che trova, non entusiasmante quanto ci si potrebbe aspettare da un ensemble di prime donne potenzialmente carismatico e quindi facilmente dimenticabile nel giro di un paio di settimane o anche meno, con parecchie potenzialità sprecate e fiaccato da una mancanza di coraggio imperdonabile. Banalmente, giusto per fare un esempio, manca un villain degno di questo nome (oh, quanto avrei sperato che "qualcuna" facesse il doppio gioco, invece ciccia, bisogna accontentarsi di una sciapa vendetta ai danni di un povero sfighé...), manca un po' di sano pericolo, manca, per citare Alex De Large, una sana dose di ultraviolenza e un po' di dolce su e giù i quali, se non rammento male, mancavano anche nei vari Ocean's precedenti ma perlomeno c'era l'umorismo guascone e fighetto di Clooney e compagnia a farla da padrone.
Ocean's 8 è invece un vorrei ma non posso. Non so come spiegarmi al meglio ma pare davvero pensato e realizzato "solo" per un pubblico femminile, a partire da quelle sequenze palesemente imperniate su lusso e glamour, fatte di gioielli da sogno e abiti da capogiro, come se le spettatrici stessero sfogliando una di quelle riviste alla Vanity Fair invece di vedere un film; non è che le protagoniste non siano carismatiche, intelligenti o toste, però mi è sembrato che queste tre caratteristiche fossero subordinate ad una superficialità concretizzata nell'apparenza, in sogni di evasione fatti di cinema, gossip, lavori a contatto col mondo della moda ecc. e questo non accadeva in Ocean's Eleven, fatto per piacere e divertire a partire dal "gender" dello spettatore. Detto questo, le donne che passano sullo schermo sono effettivamente lontane anni luce da noi povere mortali quindi forse ci sta che alle spettatrici venga lasciata giusto la possibilità di sognare. La boss Sandra Bullock non ha il carisma del "fratello" George Clooney ma comunque il personaggio di Debbie Ocean è un perfetto esempio di criminale veterana che riesce a farsi rispettare dal gruppo pur mantenendo i suoi piccoli segretucci, ed è degnamente spalleggiata da una Cate Blanchett alla quale vengono riservate le mise migliori nonostante la sua Lou non spicchi come dovrebbe, vincendo la palma di co-protagonista sprecata e tenuta stupidamente nell'ombra; divertentissima Anne Hathaway nei panni di un'attrice oca, ignorante e superba, un ruolo sciocchino che tuttavia l'attrice interpreta con incredibile grazia, e sorprendente Rihanna che risulta una gnocca colossale anche conciata come l'ultima delle streppone di Piazza del Popolo (con l'unico difetto di un adattamento italiano imbarazzante, come sempre accade quando si è costretti a riportare uno slang "cciofane"), mentre Helena Bonham Carter passa alla cassa senza impegnarsi più di tanto, portando a casa la solita interpretazione da weirdo un po' attempata. La Paulson, il motivo principale che mi ha spinta al cinema, è invece una signora come sempre, attrice tra le più duttili esistenti, brava sia nei ruoli drammatici che in quelli leggeri come questo. Definirla passepartout non le rende giustizia, visto tutto il bene che le voglio, sta di fatto che ogni volta che la vedo a me pare perfetta e calzante, a prescindere dal ruolo. In soldoni, quindi, non è che Ocean's 8 sia un brutto film ma forse è un po' anonimo e piatto, incapace di sfruttare al meglio tutti gli elementi positivi di cui è dotato, un budget della Madonna e un incredibile cast in primis. E poi, mi chiedo: ma perché Richard Armitage è figo solo quando fa il nano?
Del regista e co-sceneggiatore Gary Ross ho già parlato QUI. Sandra Bullock (Debbie Ocean), Griffin Dunne (Responsabile libertà vigilata), Cate Blanchett (Lou), Elliott Gould (Reuben), Richard Armitage (Claude Becker), Anne Hathaway (Daphne Kluger), Helena Bonham Carter (Rose Weil), Dakota Fanning (Penelope Stern), Sarah Paulson (Tammy) e James Corden (John Frazier) li trovate invece ai rispettivi link.
Mindy Kaling interpreta Amita. Americana, ha partecipato a film come 40 anni vergine, Una notte al museo 2 - La fuga e Facciamola finita, come doppiatrice ha lavorato invece in Cattivissimo me, Ralph Spaccatutto ed Inside Out. Anche produttrice, sceneggiatrice e regista, ha 39 anni e un film in uscita.
Rihanna (Robyn Rihanna Fenty) interpreta Palla Nove. Nativa delle Barbados, ovviamente famosissima come cantante, ha partecipato a film come Battleship, Facciamola finita, Valerian e la città dei mille pianeti e a serie come Bates Motel; come doppiatrice ha lavorato in Home - A casa. Anche regista, sceneggiatrice e produttrice, ha 30 anni.
Tra le celebrità che hanno partecipato non accreditate nel ruolo di loro stesse ci sono Katie Holmes, Kim Kardashian, Jaime King, Olivia Munn, Serena Williams, Anna Wintour e Common; tra quelle che invece "non ce l'hanno fatta" ci sono Jennifer Lawrence, rimpiazzata da Anne Hathaway a causa di impegni pregressi, ed Elizabeth Banks. Siccome Ocean's 8 è lo spin-off di Ocean's Eleven - Fate il vostro gioco, se il genere vi piace recuperatelo e aggiungete Ocean's Twelve, Ocean's Thirteen e magari anche Colpo grosso e The Italian Job. ENJOY!
domenica 6 settembre 2015
Minions (2015)
Trama: "orfani" di padrone, i minion Stuart, Bob e Kevin vanno in spedizione per conto dell'intera tribù e si imbattono in Scarlett Sterminator, una supercattivissima che vuole rubare nientemeno che la Corona d'Inghilterra...
Cosa sarebbero Cattivissimo Me e il suo sequel senza i Minions? Ammettiamolo, è dal 2010 che stavamo tutti aspettando un film che vedesse i buffi esserini gialli protagonisti assoluti. Quest'anno il nostro desiderio si è avverato e Minions si è confermato, almeno per quel che mi riguarda, un esperimento riuscitissimo, simpatico, garbato e (soprattutto!) della giusta durata: un'ora e mezza di avventure del dinamico trio Stuart, Bob e Kevin è la perfetta via di mezzo tra un cortometraggio poco soddisfacente e un'ininterrotta, lunghissima sequenza di gag che dopo un po' diventerebbe pesante come un macigno. La storia, introdotta da un serissimo Alberto Angela che ci mostra le origini degli ometti gialli (nonché le tristi dipartite dei padroni nel corso delle ere ma non spiega come fanno i Minions a riprodursi, papà Piero non apprezzerebbe tanta superficialità!), si focalizza solo su tre Minions i cui caratteri uniti creano delle dinamiche parecchio esilaranti e, parallelamente alla loro odissea tra Orlando e Londra, riesce anche a seguire con poche, spassose e caotiche sequenze, le vicende del resto della tribù. A fare le spese dello zelo adorante di Stuart, Bob e Kevin sono la cattivissima Scarlett Sterminator e il marito Herb, malvagia osannatissima la prima ed innamoratissimo emulo di Austin Powers il secondo, che come "prova" per assumere i Minions pretendono la corona d'Inghilterra; il film verte interamente sul tentativo dei tre Minions di recuperare il preziosissimo oggetto e sulle impreviste conseguenze del loro gesto scellerato, offrendo al pubblico una simpatica parodia dei film "di spionaggio" e, soprattutto, tutta quella serie di stupidissimi stereotipi britannici che fanno sempre tanto ridere, per di più ambientati all'epoca della Swinging London. Ovviamente non vi racconto nello specifico cosa succederà nel film ma preparatevi a sciogliervi davanti alla dolcezza di Bob, a strapparvi i capelli di fronte alla badassitudine di Stuart e ad entusiasmarvi davanti alla determinazione di Kevin; se non ci fossero loro il film sarebbe ben poca cosa anche perché purtroppo Scarlett Sterminator è tanto cattiva quanto loffia, non certo una nemesi adatta a un branco di scalmanati e carismatici esserini gialli.
Passando all'aspetto tecnico, Minions è coloratissimo, perfettamente animato e soprattutto prevede una serie di numeri musicali che sono quasi più belli e divertenti dell'intero film, sui quali spiccano l'ipnotica danza "bollywoodiana" delle guardie all'interno della Torre di Londra e il numero d'avanspettacolo fatto per festeggiare ed intrattenere il gelido "Capo" delle grotte ghiacciate. Ma la cosa che ho trovato assolutamente spettacolare di Minions, che mi ha lasciata a bocca aperta per tutta la sua durata, alla faccia di tutti gli sforzi dei validissimi animatori, sapete qual è stata? Sentirli parlare, ovvio!! E' vero che i Minions parlavano già nei due Cattivissimo Me ma stavolta il loro meraviglioso patois fa da "colonna sonora" all'intero film, non solo in qualche sequenza, ed è affascinante cercare di dare un senso a quell'inglese italianizzato, mezzo francese, un po' spagnolo, condito da un pizzico di tedesco e zeppo di parole prese da altri idiomi e messe apparentemente a caso che è il loro linguaggio. Con un po' d'attenzione si può capire tutto quello che dicono e dare anche delle rozze regole grammaticali al minionese (tranne forse durante il discorso di Bob. Quello effettivamente mi ha lasciata perplessa...) e non avete idea di quanto mi piacerebbe imparare a parlarlo come fa Pierre Coffin, di cui per fortuna hanno mantenuto la voce originale. Sì perché se vogliamo proprio trovare un neo a questo piacevolissimo cartone animato, è proprio il doppiaggio italiano. La Litizzetto come Scarlett Sterminator, col suo "pinoli" usato per rivolgersi ai Minions, è fastidiosa come al solito, la parola "guappo" in bocca al mollo Fabio Fazio, doppiatore di Herb, non si può sentire (e chissà cosa dice il personaggio in originale...) e anche Riccardo Rossi è inascoltabile quando doppia Walter Nelson (in America avevano Michael Keaton. No, per dire). Peccato, perché senza questo dettaglio Minions sarebbe perfetto. Non un cartone particolarmente memorabile ma sicuramente un prequel degno degli originali! Ah, e non alzatevi durante i titoli di coda, mi raccomando!
Del co-regista e voce dei Minions Pierre Coffin ho già parlato QUI mentre Sandra Bullock (voce originale di Scarlett Sterminator), Jon Hamm (Herb Sterminator), Michael Keaton (Walter Nelson), Allison Janney (Madge Nelson), Geoffrey Rush (il narratore) e Steve Carell (Gru) li trovate ai rispettivi link.
Kyle Balda è il co-regista della pellicola. Americano, ha co-diretto anche Lorax - Il guardiano della foresta e ha lavorato come animatore e doppiatore.
Steve Coogan (vero nome Stephen John Coogan) è la voce originale del guardiano della Torre. Inglese, incarnazione del personaggio comico Alan Partridge, ha partecipato a film come Il giro del mondo in 80 giorni, Marie Antoinette, Una notte al museo, Hot Fuzz, Tropic Thunder, Una notte al museo 2 - La fuga, Notte al museo: Il segreto del faraone e a serie come Little Britain; come doppiatore aveva già lavorato in Cattivissimo me 2. Anche produttore, sceneggiatore e compositore, ha 50 anni e due film in uscita.
Minions segue Cattivissimo me e Cattivissimo me 2 e nel 2017 sarà raggiunto da Cattivissimo me 3; nell'attesa, se Minions vi fosse piaciuto recuperateli tutti e aggiungete Home - A casa, Big Hero 6, Monsters & Co. e Monsters University. ENJOY!
venerdì 11 ottobre 2013
Gravity (2013)
Trama: durante la sua prima missione nello spazio l’ingegnere medico Stone rimane vittima di un incidente e si ritrova a vagare sola nello spazio, quasi priva di ossigeno e tagliata da ogni comunicazione con la NASA…
Mi basta solo rileggere la trama per ricordare il film e rimanere senza respiro. Cuarón è riuscito, maledetto lui, a confezionare uno dei pochi film (oltre a quegli horror “seri” che parlano di Satana, clown o bambole assassine) in grado di farmi venire voglia di abbandonare la sala ogni 5 minuti, vuoi per l’ansia, vuoi per i polmoni che si rattrapivano in automatico. Con l’ausilio di un 3D per una volta utile e funzionale, il regista messicano annulla i confini tra la sala e le stupende immagini mostrate su schermo e costringe lo spettatore a ritrovarsi impotente e solo, perso nello spazio profondo, in costante pericolo di vita, bersagliato a più riprese da silenziosi ma mortali detriti, alla deriva in un ambiente privo di punti di riferimento o, e non so cosa sia peggio, bloccato all’interno di navicelle strette, vecchie, malfunzionanti e per di più aliene in quanto corredate da libretti di istruzioni in linguaggi sconosciuti. In tutto questo, Cuarón riesce soprattutto a lasciarci a bocca aperta con i suoi movimenti di macchina fluidi ma vertiginosi, con quell’incredibile piano sequenza iniziale e con la stupefacente bellezza di un’immagine grandiosa come quella dell’alba sul pianeta Terra, la cui luce si riflette alla perfezione sui caschi dei protagonisti, o quella in cui Sandra Bullock riesce per la prima volta a liberarsi dalla scomoda tuta e si ritrova protetta, fluttuante ma sicura, all’interno della capsula come un bambino nella pancia della mamma.
Le immagini, l'assenza di qualsiasi suono tranne quello del respiro affannato della protagonista e la sensazione costante di pericolo incombente, in questo caso, valgono più della sceneggiatura (scritta dal regista assieme al figlio) o dei dialoghi, inconsistenti e a tratti banali. Come ha detto Simone nella sua recensione, il film avrebbe potuto anche essere muto perché la sua forza sta tutta nell’abilità di Cuarón, nella perfezione degli effetti speciali che, davvero, toccano vette mai testimoniate prima in un film di “fantascienza” e, devo ammetterlo, nell’interpretazione della Bullock, che meriterebbe il plauso anche solo per l’enorme tour de force fisico a cui ha necessariamente dovuto sottoporsi: personalmente, sono rimasta molto colpita soprattutto dal finale, in cui sembra davvero che la gravità del titolo la schiacci a terra, con le gambe intelligentemente inquadrate dal basso che tremano per lo sforzo di sostenere un peso a cui non sono più abituate. Poi, ovvio, ci sono delle ingenuità nella trama, l'irritante personaggio di Clooney su tutti, e momenti costruiti ad arte per fare commuovere, ma tutto scompare davanti a un'esperienza al cardiopalma in grado superare, quanto ad immedesimazione, le simulazioni fasulle dei parchi giochi più grandi e famosi. Se non avete ancora visto Gravity e potete andare al cinema solo una volta questa settimana buttatevi subito nelle sale dove lo proiettano, ignorate qualunque altro film anche se ogni volta che sentite nominare Sandra Bullock vi parte la placca come alla sottoscritta. E se odiate il 3D fidatevi di chi lo odia più di voi ed è costretta ad indossare gli occhiali sopra quelli da vista a rischio mal di testa: sarà valsa veramente la pena di spendere quei 10, 11 euro e i soldini per farsi passare l'emicrania. Señor Cuarón, chapeau!
Di Sandra Bullock (Ryan Stone), George Clooney (Matt Kowalski), Ed Harris (la voce del Controllo NASA in originale è la sua) ho già parlato ai rispettivi link.
Alfonso Cuarón (vero nome Alfonso Cuarón Orozco) è il regista e co-sceneggiatore della pellicola. Messicano, ha diretto Y tu mama también, Harry Potter e il prigioniero di Azkaban e I figli degli uomini. Anche produttore e attore ha 52 anni.
Per il ruolo di Ryan si era pensato inizialmente ad Angelina Jolie che poi, fortunatamente, ha abbandonato il progetto. Altre candidate papabili, prima che venisse scelta la Bullock, erano in primis Natalie Portman, che però nel frattempo è rimasta incinta, Rachel Weisz, Naomi Watts, Marion Cotillard, Carey Mulligan e Scarlett Johansson mentre, al posto di Clooney, avrebbe potuto esserci il mio adorato Robertino Downey Jr. (ma poi sai che spreco?) che ha rinunciato in favore di altri impegni. Detto questo, se Gravity vi fosse piaciuto, potreste recuperare Apollo 13 e 2001: Odissea nello spazio. ENJOY!
mercoledì 29 maggio 2013
Molto forte, incredibilmente vicino (2011)
Trama: Oskar è un ragazzino quasi geniale ma incapace di integrarsi nella società a causa delle proprie fobie. Quando il padre muore l’11 settembre a causa del crollo delle due torri, il piccolo trova nell’armadio del genitore una chiave con sopra scritto “Black” e decide di cercarne il proprietario…
Il romanzo di Foer, per quanto purtroppo sia ormai lontano dalla mia memoria, è un libro particolarissimo che affronta in modo inusuale una tragedia giustamente ancora molto radicata nell’immaginario collettivo mondiale; all’interno di esso si intrecciano testi, disegni e fotografie, il dolore del protagonista Oskar, il tentativo della madre di rifarsi una vita e, in parallelo, anche un altro terribile capitolo di Storia, quello della seconda guerra mondiale, raccontato dal punto di vista della nonna di Oskar e del suo misterioso inquilino muto. La sceneggiatura della pellicola invece, in qualche modo, semplifica la storia narrata ed eleva Oskar a protagonista unico, facendo diventare la vicenda un lineare racconto di formazione, per quanto godibile e commovente; scompaiono i riferimenti alla travagliata vita del nonno di Oskar, alla conseguente decisione dell'uomo di fuggire dalla moglie e dal figlio non ancora nato, scompare la figura dell'anziano vicino che, all'inizio del romanzo, aiuta Oskar nella sua ricerca e alcune caratteristiche del personaggio vengono accorpate a quelle dell'Inquilino, che si trasforma così in un vecchietto ben più saggio e simpatico di quello presentato nel romanzo. Insomma, la complessa struttura del libro è stata come al solito rimasticata e appiattita per risultare più appetibile agli spettatori americani e anche i ruoli del padre e della madre di Oskar sono stati ampliati per giustificare la presenza di due "grandi" (a me non piacciono ma sono indubbiamente tra i più famosi al mondo) attori come Tom Hanks e Sandra Bullock, ma il risultato per una volta non è stato totalmente disastroso... solo diverso.
Preso senza considerare il romanzo, ovviamente superiore, Molto forte, incredibilmente vicino è un film gradevole che racconta in modo particolare il disagio di un bambino problematico alle prese con una tragedia enorme e con delle emozioni assai difficili da gestire soprattutto a quell'età, come il senso di colpa, la paura di essere diverso e il distacco dai propri punti di riferimento. Come chiarisce il padre all'inizio, Oskar viene "costretto" ad interagire con le persone, a fare domande, ad uscire dal suo mondo di scienza e regole e ad affrontare l'imprevedibile contando solo su pochi indizi che potrebbero anche essere fuorvianti, di conseguenza viene spinto a crescere così da riuscire a sopravvivere in un mondo folle, spesso privo di senso logico, dove i genitori muoiono perché la gente fa schiantare aerei contro i grattacieli. Il percorso di Oskar, insomma, può tranquillamente essere inteso come il percorso che gli americani sono stati costretti ad intraprendere dopo l'11 settembre, uscendo a tentoni e senza aiuti da una realtà sconvolta per sempre... e purtroppo è questo l'unico, grande limite della pellicola, quel patriottismo latente che fa di Oskar un modello, quell'ottimismo all american che esige un happy ending a tutti i costi, per quanto assurdo e forzato. Ovviamente, sarei ipocrita a dirlo, tutte queste cose mi vengono in mente solo ora ripensando razionalmente alla visione, perché Molto forte, incredibilmente vicino è un film subdolo che annega eventuali giudizi nel mare di lacrime che scaturiscono automatiche davanti agli occhioni del piccolo Thomas Horn, alla scoperta del segreto nascosto nella chiave e alla lettera che il ragazzino scrive a tutti i Black incontrati nella sua faticosa ricerca.
Razionalmente parlando, quindi, Molto forte, incredibilmente vicino (che pur mi è piaciuto) è un film con molti difetti ma sicuramente in essi non rientrano gli attori, tutti straordinari. Il migliore è Max Von Sydow, particolarmente espressivo perché costretto da un ruolo muto a tirare fuori tutta la sua mimica senza risultare teatrale o innaturale, ma anche due attori che di solito non sopporto come Tom Hanks e Sandra Bullock regalano interpretazioni assai valide, soprattutto la seconda. Viola Davis e Jeffrey Wright compaiono poco ma si fanno ricordare per due performance misurate e assai commoventi, mentre a rimetterci è il povero John Goodman, sacrificato nel ruolo di burbero e antipatico portinaio nemmeno fosse l'ultimo dei pischelli trovato per strada. Insomma, rileggendo la recensione mi rendo conto di come i miei sentimenti verso la pellicola siano ambivalenti: tecnicamente Molto forte, incredibilmente vicino è un film ineccepibile, che senza aver letto il libro e lasciandosi trasportare dalle emozioni scatenate dalla visione risulterebbe uno dei più belli del 2011. Con un po' di cinismo in più e memore della lettura del romanzo, però, mi rendo conto che in realtà il film di Daldry è troppo spesso furbo e scorretto, quindi razionalmente giudico l'operazione buona, ma riuscita solo a metà.
Di Tom Hanks (Thomas Schell), John Goodman (Stan il portinaio), Max Von Sydow (l’inquilino), Viola Davis (Abby Black), Jeffrey Wright (William Black), ho parlato ai rispettivi link.
Stephen Daldry (vero nome Stephen David Daldry) è il regista della pellicola. Inglese, ha diretto film come Billy Elliot e The Hours. Anche produttore, ha 52 anni e due film in progetto, tra cui l’adattamento cinematografico di Wicked.
Sandra Bullock (vero nome Sandra Annette Bullock) interpreta Lisa Schell. Una di quelle attrici che non ho mai potuto soffrire e che ho sempre trovato di una pochezza imbarazzante, nonostante abbia anche vinto un Oscar come miglior attrice protagonista per The Blind Side; la ricordo per film come The Vanishing – Scomparsa, Speed, Speed 2 – Senza limiti, Amori & Incantesimi e per aver doppiato Il principe d’Egitto. Americana, anche produttrice, regista e sceneggiatrice, ha 49 anni e quattro film in uscita tra cui lo spin-off di Cattivissimo me, Minions.
Vogliamo aggiungere un altro difetto? Il mio povero James Gandolfini avrebbe dovuto interpretare un uomo conosciuto dalla madre di Oskar durante uno di quegli incontri di gruppo dove gli psicologi aiutano le persone che hanno subito una grave perdita, ma purtroppo le scene in questione sono state tagliate. A parte questo, se Molto lontano incredibilmente vicino vi fosse piaciuto consiglio la lettura dello splendido libro. ENJOY!!
lunedì 8 marzo 2010
Oscar 2010
Anche quest’anno sono arrivati i tanto amati/odiati Academy Awards, banalmente detti Oscar. Giusto stanotte sono stati assegnati i premi che a rigor di logica dovrebbero insindacabilmente giudicare i film e gli attori migliori dell’anno.Come tutte le volte, mi permetto di dissentire, e quest’anno ci metto anche un po’ di quel “furiosissimo sdegno” citato dal buon Jules in Pulp Fiction. Innanzitutto sovvertiamo l’ordine logico e parliamo dell’unico premio assolutamente buono e giusto: quello come migliore attore non protagonista a Christoph Waltz per Inglorious Basterds. Se per sbaglio non glielo avessero dato credo che i giudici dell’Academy sarebbero stati scalpati da più di un fan di Tarantino, perché l’attore tedesco, di cui ho già parlato qui, e assolutamente perfetto nei panni del Colonnello Landa. Sia quindi Giorno Gioiglorioso per tutti i fan di Quentin, e complimenti al BastErdissimo Colonnello!!
E ora mettiamo un po’ da parte la gioia e cominciamo a fare l’elenco dei caduti. Non nego il mio assoluto dispiacere per il fatto che Inglorious Basterds non abbia portato a casa nessun’altra statuetta. Avrei però scommesso oro sul fatto che Avatar avrebbe fatto man bassa di tutti i premi, e invece a sorpresa è spuntata la pur bravissima Kathryn Bigelow con il suo film The Hurt Locker, premiati rispettivamente come migliore regista e migliore film, con l’aggiunta di un premio per la miglior sceneggiatura originale. Ammetto che prima di questi ultimi giorni non avevo mai sentito nominare la pellicola (uscita in sordina in Italia già nel 2008!) che parla di un gruppo di soldati americani catapultati in Iraq agli ordini di un pazzo, costretti a sopravvivere per tutto il tempo di durata della missione, disinnescando bombe. Il film ha una trama interessante e conta la presenza di attori con le palle come Ralph Fiennes e David Morse, ed è solo per quello che non invoco l’anatema preventivo sull’Academy per avere ingiustamente snobbato i BastErdi. Quanto a Kathryn Bigelow, è una regista che mi piace molto. Il mistero dell’acqua è un film splendido, mentre Il buio si avvicina, che peraltro devo ancora vedere, è un caposaldo del cinema sui vampiri, e penso proprio che rimedierò presto. Giudizio sospeso sui premi ricevuti, dunque.
Nonostante tifassi il sempre bravo Morgan Freeman, invece, gioia invereconda per l’aver visto Jeff Bridges strappare la statuetta all’ormai decaduto e favoritissimo Clooney. Alla faccia di chi voleva ormai finito questo grandissimo attore, eccolo vincere l’ambita statuetta con il film Crazy Heart (altra pellicola che dovrò vedere), la storia di un cantante country ormai abbruttito dalla vita e dall’alcool. Per maggiori informazioni sull’attore Californiano andate a leggervi il post dedicato a L’uomo che fissa le capre.
CACCA, cacca e ancora cacca invece per un premio che non doveva nemmeno essere concepito, ovvero quello a Sandra Bullock (trionfatrice ai Razzies annuali con il film All About Steve) come miglior attrice. Innanzitutto, “ci piace vincere facile”, perché il film che le ha regalato la vittoria, ovvero The Blind Side, mescola sport e casi umani, una cosa che agli americani piace sempre. Seconda cosa, la fidanzatina d’America si scontrava con mostri talmente sacri (Helen Mirren e Meryl Streep su tutte) che se anche lei avesse recitato un novello Via col vento e le altre si fossero limitate a doppiare Miss Piggy nell’ennesimo film dei Muppets avrebbe dovuto accettare la sconfitta in silenzio. Ma comunque, quel che è stato è stato, le badilate di cacca arriveranno all’Academy per direttissima, e ora vi elenco un paio di film, interpretati dalla novella vincitrice, che NON dovete vedere se volete mantenervi un minimo di materia grigia: Pozione d’amore, Demolition Man, The Net, Amori & Incantesimi, Piovuta dal cielo, Miss Detective, Two Weeks Notice, Miss FBI 2 – Infiltrata speciale. Un paio di film almeno guardabili invece sono The Vanishing e Speed. Auguri.
Perplessità invece sulla decisione di dare l’Oscar come miglior attrice non protagonista alla comica Mo’Nique. Anche qui, sospendo il giudizio su interpretazione e film, Precious, che mi sembra assai interessante e carino (ha vinto l’Oscar per la migliore sceneggiatura non originale), però… mah. C’erano attrici del calibro di Pénelope Cruz (che ha vinto l’Oscar l’anno scorso) e Maggie Gyllenhaal a concorrere per la statuetta, anche se credo la prima sia stata penalizzata dal trash imperante di Nine e la seconda eclissata dall’interpretazione di Jeff Bridges. Nell’attesa dunque di vedere questo Precious ricordo che la gargantuesca Mo’Nique ha fatto parte per anni del cast di Le favolose Parkers e ha recitato in episodi di Nip/Tuck e Ugly Betty.
E il tanto atteso e favorito Avatar, se n’è tornato a casa con le pive nel sacco? Assolutamente no, anche se ha ramazzato solo ovvi e meritatissimi premi “tecnici”, per così dire: migliore scenografia, migliore fotografia, migliori effetti speciali. Aggiungo inoltre che quell’Up che tanto avrei voluto vedere, e che è rimasto al palo per cause lontane dalla mia volontà, ha vinto il premio come miglior film d’animazione. Dunque, questa volta, cacca anche su di me! E ora, a proposito di Avatar, vi lascio con la visione del geniale Ben Stiller travestito da alieno, che consegna il premio per il miglior makeup... ENJOY!!!