Trama: le notti di Curtis sono funestate da incubi apocalittici, che lo lasciano terrorizzato e preda di un'ansia costante. Per questo, l'uomo decide di cominciare a costruire un rifugio sotterraneo per proteggere sé stesso e la sua famiglia...
Take Shelter era un altro di quei film di cui avevo sentito parlare benissimo ma, come al solito, non avevo ancora avuto occasione di recuperare. Come da indicazioni della challenge, Take Shelter non è un horror tout court, ma ne contiene moltissimi elementi, perché la trama parte dagli incubi, terrificanti e assai realistici, del protagonista. Ogni notte, Curtis sogna l'arrivo di una tempesta, alla quale segue un'apocalisse in cui, apparentemente, persone ed animali perdono il senno, travolti da istinti omicidi o, comunque, violenti. La luce del giorno non riesce a dissipare l'inquietudine di Curtis, il quale comincia a vedere segni di un'imminente apocalisse anche durante la veglia, il che lo induce ad ampliare e rendere abitabile il rifugio antiatomico già annesso alla sua abitazione. Take Shelter parte da una situazione surreale, da quelli che il protagonista considera lampi di chiaroveggenza, per raccontare una discesa nella follia connotata da elementi realistici, la quale manda in frantumi una "vita che va bene", come viene detto nel dialogo più iconico del film, magari non perfetta, ma comunque equilibrata. Curtis ha un lavoro che gli consente di mantenere dignitosamente la famiglia e di avere una copertura assicurativa per le cure della figlioletta sorda, ha una moglie che lo ama, una bella casa e degli amici; il tarlo che comincia a rodergli la mente, a ragione o a torto, lo instrada verso la perdita di tutto questo, allontanandolo in primis dalla moglie Samantha, alla quale l'uomo decide di non rivelare il motivo del suo turbamento, preferendo affrontare la situazione "da maschio", senza neppure consultarla quando si tratta di estendere mutui in banca e rivoltare il cortile come un calzino. La crisi di Curtis, quindi, viene raccontata attraverso due punti di vista diversi. Da una parte abbiamo la ferma convinzione dell'uomo il quale, pur terrorizzato da un passato familiare di malattie mentali, non riesce ad impedirsi di sacrificare la propria stabilità (affettiva, economica e sociale) sull'altare di visioni e sensazioni che per lui diventano prioritarie; dall'altra, abbiamo la reazione di chi si ritrova impreparato ad affrontare un comportamento incomprensibile e vede ogni certezza sgretolarsi per mano di una persona amata. La narrazione di Nichols non da ragione a Curtis oppure a Samantha, né offre risposte certe, perché i punti di vista si alternano impercettibilmente senza che ce ne sia mai uno preponderante.
Il regista gioca con i registri dell'horror, ma racconta anche una storia di ordinaria umanità, fatta di persone con alle spalle lo spettro dell'indigenza, che vivono in un ambiente anche un po' squallido, la tipica America proletaria, ignorante e diffidente. Nichols mette alla prova lo spettatore abboccato magari al genere Shyamalano, lo sfida a prendere completamente le parti di Curtis quando il suo comportamento non è proprio cristallino, presentando il punto di vista razionale di una persona pacata e, soprattutto, preoccupata come Samantha, e a un certo punto il problema è che arriviamo a temere non tanto l'arrivo dell'apocalisse, quanto il fatto che Curtis possa sbagliarsi, il che porterebbe a conseguenze nefaste per lui e la sua famiglia. Lo stesso finale è ambivalente, lasciato all'interpretazione dello spettatore, ma come tutto il film assesta una bella botta emotiva, nonostante Nichols abbia scelto di utilizzare un ritmo lento, una narrazione classica e priva di sensazionalismi, che si affida più alla recitazione degli attori che ai pochi, validi effetti speciali. Tutto il film è racchiuso, infatti, nel volto e nello sguardo di Michael Shannon, attore solitamente camaleontico che qui si spoglia di ogni maschera ed incarna l'uomo "normale" messo di fronte a un orrore che potrebbe anche non venire da fuori, bensì da un'incontrollabile follia. Eppure, anche in questo caso, Shannon si scatena solo in una scena, quella della cena sociale, e lascia che il personaggio affronti l'ignoto con gesti pratici, trattenuti, o con un'intima disperazione riservata solo alla famiglia. Jessica Chastain gli fa da degno supporto, rifuggendo l'isterismo che ci si aspetterebbe davanti ad una simile situazione per veicolare la sacrosanta rabbia e la paura di Samantha in una forza d'animo che commuove e spinge lo spettatore ad empatizzare totalmente con il personaggio. La challenge horror 2025 è finita così, nel migliore dei modi, con un film che, molto probabilmente, non avrei mai guardato, sacrificato a novità recenti o altri recuperi irrinunciabili. E' il motivo per cui, tempo permettendo, continuerò anche nel 2026, rimediando ad una lacuna enorme già nella prima settimana. Se volete compiere il mio stesso percorso, trovate la challenge per il nuovo anno QUI. Non vedo l'ora di sapere quali altri gioielli mi porterà a scoprire!
Del regista e sceneggiatore Jeff Nichols ho già parlato QUI. Michael Shannon (Curtis), Jessica Chastain (Samantha), Shea Whigham (Dewarte) e Robert Longstreet (Jim) li trovate invece ai rispettivi link.













































