giovedì 23 ottobre 2025

Nuovi Incubi Halloween Challenge Day 23: Death to Metal (2018)

Mi ero effettivamente chiesta come mai, in ormai dieci mesi di challenge, peraltro rinforzata nel corso di ottobre, non avessi mai beccato una sòla. Ebbene, il momento è arrivato quando ho unito il "metallari" della Nuovi Incubi Halloween Challenge al "New Slasher Era" della settimanale horror di Letterboxd ed è uscito Death to Metal, diretto e co-sceneggiato nel 2018 dal regista Tim Connery


Trama: dopo un incidente, un prete già non proprio sano di mente si trasforma in un mostro con un solo obiettivo, eliminare i metallari senza Dio...


La cosa che mi dispiace di più dell'essere incappata in Death to Metal è che Lucia, una delle fondatrici di Nuovi Incubi, ha giurato che non avrebbe mai più parlato di film brutti sul suo blog e nel podcast, perché ogni opera, anche la più inguardabile, ha dietro comunque il lavoro di persone che ci hanno messo dentro cuore e anima. La co-fondatrice del podcast, Marika, si è invece ritrovata spesso a fare da avvocato del diavolo a film distrutti da pubblico e critica, e anche se Death to Metal sarebbe un osso duro persino per lei, mi pare comunque di tradirla a parlarne male. Quindi, per venire incontro a loro e alla mia pignoleria, la quale esige che io non salti un giorno né una settimana di challenge, qualora sia riuscita a guardare il film richiesto, sarò molto breve e partirò da un punto fondamentale. SICURAMENTE non faccio parte del pubblico a cui Death to Metal è rivolto. Del metal non me ne frega una mazzafionda, non conosco la scena indipendente delle zone in cui il film è stato girato (probabilmente Death to Metal è zeppo di riferimenti, inside joke e guest star che avranno mandato in sollucchero i fan di Bifolcolandia, Iowa, ma con me mancavano proprio il bersaglio) e sono troppo anziana per apprezzare la roba low budget e recitata coi piedi. Non è vero, sto mentendo, non la apprezzavo nemmeno a 20 anni, tant'è che ho ancora gli incubi al ricordo di avere guardato Bone Sickness ma, se non altro, quel film era l'apoteosi del morboso, del malato, del disgustorama, l'espressione dello stile unico del regista, e quasi quasi posso arrivare a capirlo. Death to Metal invece è innocuo, la versione metallozza del Toxic Avenger della Troma, solo con un prete stronzo al posto del povero Melvin. Quest'ultimo era un buono, i rifiuti tossici gli davano la forza di contrastare i soprusi di gente orribile, mentre padre Milton è una merda, un prete dalle idee talmente estremiste e zeppe d'odio verso il diverso da mettere paura ai suoi parrocchiani e spingere i suoi superiori ai ripari. Ecco, una delle cose che ho apprezzato di Death to Metal è il modo equilibrato in cui sottolinea pregi e difetti di entrambe le "fazioni", nonostante la simpatia di Connery vada ovviamente ai metallari. Certo, padre Milton è deprecabile (anche a causa di un trauma infantile davanti al quale, mi spiace, ma ho riso parecchio), però il suo diretto superiore riconosce il valore indispensabile della tolleranza e della comunicazione; allo stesso modo, i metallari non sono tutti simpatici e "cool", anzi, alcuni sono rappresentati come la squallida feccia della società, e diciamo che di fronte a un paio di mattanze del Prete Tossico, un bel "good riddance" ci sta tutto. Un' altra cosa geniale è che il film sia ambientato sotto Pasqua, una festività che, solitamente, non viene molto sfruttata negli horror, nonostante tutto il suo potenziale.


Oltre a questo, c'è da dire che Death to Metal è più una horror comedy che uno slasher, quindi ammetto che qualche risata me la sono fatta (però se a fronte di una durata di un'ora e poco più uno comincia ad annoiarsi ugualmente, bisognerebbe farsi delle domande...) e ho apprezzato un paio di effettacci splatter e una cattiveria che, con un budget più alto, forse avrebbero potuto anche farmi rivoltare lo stomaco, perché di potenziale per un'opera in stile Troma oppure Peter Jackson degli esordi ce ne sarebbe stato. Purtroppo, a Tim Connery manca la visione d'insieme, la capacità di andare oltre un "vorrei ma non posso", cercando qualche soluzione originale e d'impatto, quindi nel complesso Death to Metal risulta piatto e amatoriale anche quando si spinge a mescolare non solo i generi, ma anche le tecniche (per esempio, all'interno del film c'è una sequenza animata. Di sicuro è stata realizzata per aggirare dei limiti economici, ma avrebbe comunque potuto funzionare benissimo, non fosse che è abbastanza banale. Personalmente, avrei puntato a realizzare un flashback più "estremo", sfruttando le mille possibilità del mezzo animato). Infine, c'è la nota dolente degli attori. Anche in questo caso, mi dispiace sparare sulla croce rossa, quindi cercherò di trovare almeno un pregio, che potrebbe essere la scelta di due protagonisti di bellezza "media", coi quali chiunque potrebbe identificarsi, ed una final girl che mi ha ricordato moltissimo, per indole e prontezza di risposte sagaci, la Willow di Buffy the Vampire Slayer. Il resto del cast fa abbastanza pena, quanto potrei farlo io se mai decidessi di partecipare a un film diretto da qualche amico, e si salvano giusto l'attore che interpreta il prete (ma solo perché gli è richiesto un discreto overacting) e il tenerissimo pargolotto metallozzo dotato del padre migliore del mondo. Per il resto, non consiglierei Death to Metal nemmeno al mio peggior nemico e, contrariamente a quanto premesso, ne ho parlato anche troppo. Se siete interessati, lo trovate su Tubi, ma la vita è troppo breve per dedicarsi a film mediocri. Ci penso io per voi!

Tim Connery è il regista e co-sceneggiatore della pellicola, al suo secondo lungometraggio. Americano, è anche produttore.  


Se vi piace il genere "commedia horror con musicisti", molto meglio Deathgasm, Studio 666 e Destroy All Neighbors. ENJOY!

mercoledì 22 ottobre 2025

Nuovi Incubi Halloween Challenge Day 22: Spider Baby (1967)

La Nuovi Incubi Halloween Challenge chiedeva oggi la visione di un film in bianco e nero. Ne ho approfittato per riguardare, dopo decenni, il film Spider Baby (Spider Baby or The Maddest Story Ever Told), diretto e sceneggiato nel 1967 dal regista Jack Hill.


Trama: Virginia, Elizabeth e Ralph, affetti da una rara sindrome ereditaria che riduce progressivamente le loro facoltà intellettive, rendendoli simili a bambini guidati da oscuri istinti, vivono isolati dal mondo nella casa di famiglia, assieme al servo Bruno. La situazione si complica quando dei lontani parenti arrivano in visita, per reclamare la loro parte di eredità...


Avevo visto Spider Baby tantissimi anni fa, grazie al solito Enrico Ghezzi e al suo Fuori orario, e ne ero rimasta entusiasta. La recente visione ha confermato la bontà dell'opera, almeno per quanto mi riguarda, e soprattutto la sua natura di film stranissimo, difficile da inserire in una categoria ben precisa. Spider Baby, ovviamente, è un horror, ma fin dall'inizio è connotato con toni grotteschi e assai vicini a quelli di una commedia nera (l'introduzione è affidata a un narratore con tanto di libro tra le mani, i titoli di testa sono cartooneschi e la canzone intonata da Lon Chaney Jr., sempre nei titoli di testa, è perfetta per un imbonitore da circo), e lo stesso vale per i rapporti che si vengono a creare tra le persone che, dopo anni, vanno a visitare la magione dei Merrye per grette questioni ereditarie. Questi aspetti stridono tantissimo con la terribile condizione degli abitanti della casa, degni eredi dei Freaks di Tod Browning. I giovani Virginia, Elizabeth e Ralph sono, infatti, giovani vittime di una maledizione genetica che li condanna a perdere, crescendo, le facoltà intellettive, e a diventare dei bambini governati dall'istinto e proni a commettere le peggiori atrocità. Nella fattispecie, Elizabeth è morbosamente affascinata dal male, Virginia è talmente attratta dai ragni da comportarsi come tale, uccidendo coi coltelli chiunque finisca nelle maglie della sua "ragnatela", e Ralph è un ragazzone ritardato ma dagli appetiti sessuali molto attivi. La sceneggiatura di Jack Hill, ovviamente, non è raffinata come quella del film di Tod Browning. La componente "exploitation" è quella preponderante, con derive tendenti al morbosetto e al lascivo, e ciò che si nasconde nei sotterranei della magione dei Merrye li distanzia parecchio dalla comunità chiusa e pericolosa ma fondamentalmente "corretta" del circo dove vivevano Hans e i suoi deformi compagni. I Merrye non fanno distinzioni tra buoni o cattivi, e la loro follia omicida li categorizza inevitabilmente come mostri; eppure, la presenza del servo e chaffeur Bruno, caratterizzato da pazienza e dolcezza inusuali, nonché realmente affezionato ai tre ragazzi, ci ricorda che i suoi protetti sono vittime di qualcosa che non controllano, e li umanizza quanto basta sia per rendere la visione di Spider Baby qualcosa di più di un filmetto horror di serie B, che per incrementare l'aspetto disturbante dell'opera.


Il fascino di Spider Baby deriva, inoltre, dal suo essere anacronistico. Jack Hill aveva girato il film in bianco e nero nel 1964, ma a causa della bancarotta dei produttori non era riuscito a farlo uscire se non tre anni dopo, quando ormai il colore, soprattutto per i film di largo consumo da proporre agli spettatori all'interno di scioccanti double feature, era d'obbligo. Ciò ha rischiato di far scomparire Spider Baby dalla circolazione, condannandolo all'oblio, ma per fortuna, col tempo, il film ha ottenuto lo status di pellicola cult, e forse anche per questo il parallelo col Freaks di Browning mi si è sedimentato nella testa fin dalla prima visione. La regia di Hill, comunque, è molto distante dallo stile espressionista di Browning. Spider Baby è molto pulito, ben illuminato, classico nei tagli e nelle inquadrature. La "regolarità" della messa in scena contribuisce a creare lo stesso contrasto presente nella sceneggiatura, quella commistione di commedia nera e horror becero che è l'aspetto vincente di Spider Baby. Sotto l'occhio rilassato della telecamera si consumano pasti quantomeno discutibili, violenze sessuali che spingono alla follia, omicidi efferati e tanto altro ancora, messi in scena come ci si trovasse davanti a una sit-com. La maggior parte degli attori, in effetti, soprattutto Quinn K. Redeker, recitano coi toni svagati di una commedia e sono ben lontani dalle esagerazioni tipiche degli horror. Fanno eccezione l'affascinante, caricatissima Virginia di Jill Banner, che sembra davvero una vedova nera, anche nel suo fare lezioso ed infantile, l'inquietante Sid Haig (il quale, alla sua prima apparizione all'interno del film, sembra davvero uscito dal set di Freak), e un Lon Chaney Jr. dolcissimo, pronto a rendere memorabile il suo personaggio con misurate (e, ahilui, inutili) lezioni di etica rivolte ai suoi protetti, e monologhi disperati sul finale. Insomma, Spider Baby ha rischiato di scomparire prima nei meandri della distribuzione, poi per via di copie sempre più rovinate, finché il negativo originale non è stato ritrovato e restaurato, così che il film potesse arrivare fino a noi. Se non lo avete mai visto, un simile sforzo andrebbe premiato, non solo perché Spider Baby è un film originale e bellissimo, precursore dei temi di moltissimi horror moderni, ma anche perché ormai è un'opera di pubblico dominio e potete trovarla ovunque, molto facilmente. 


Di Lon Chaney Jr. (Bruno) e Sid Haig (Ralph) ho già parlato ai rispettivi link.

Jack Hill è il regista e sceneggiatore della pellicola. Americano, ha diretto film come La vergine di cera, Sesso in gabbia, Coffy e Foxy Brown. Anche montatore, attore, direttore della fotografia, ha 92 anni.


Quinn K. Redeker
, che interpreta Peter, era uno degli sceneggiatori de Il cacciatore, nonché uno dei membri ricorrenti del cast della soap opera Febbre d'amore; sia Mary Mitchell (Ann) che Karl Schanzer (Schloker), hanno invece partecipato a Terrore alla 13a ora. Beverly Washburn, che interpreta Elizabeth, è l'unica a comparire anche nel remake omonimo del 2024, diretto e sceneggiato dal regista Dustin Ferguson, di cui vi invito a scoprire la filmografia QUI. Amo la serie Z, lo sapete, ma stavolta passo. Piuttosto, preferirei recuperare Spider Baby the Musical, che all'inizio del nuovo millennio ha girato parecchi teatri negli Stati Uniti. ENJOY!

martedì 21 ottobre 2025

Nuovi Incubi Halloween Challenge Day 21: Morti e sepolti (1981)

La Nuovi Incubi Halloween Challenge chiedeva oggi un horror per il mio anno di nascita, così ho scelto Morti e sepolti (Dead and Buried), diretto nel 1981 dal regista Gary Sherman.


Trama: nella cittadina di Potters Bluff, turisti e persone di passaggio vengono uccisi dagli abitanti, per poi tornare misteriosamente in vita...  


Ho affrontato Morti e sepolti con la beata ignoranza di chi conosceva il film solamente per la bellissima locandina, che giustamente richiama le atmosfere inusualmente lugubri di una cittadina di mare, dove il turismo c'è ma non è quello chiassoso delle località più famose. Non sapevo neppure che Morti e sepolti fosse stato proposto per la lista dei video nasty da bandire dall'Inghilterra, quindi mi sono goduta con somma e piacevole sorpresa l'abbondanza di momenti scioccanti che costellano un film dal ritmo anche piuttosto lento, se vogliamo, insidioso come il mistero che pervade Potters Bluff. Lì, tutti si conoscono per nome, magari i rapporti non sono proprio idilliaci, ma si respira quell'aria familiare di piccolo paese di provincia, coi suoi segretucci imbarazzanti, qualche personaggio eccentrico ma innocuo, e un paio di capisaldi sui quali fare affidamento se le cose vanno male. Uno di essi è lo sceriffo Gillis il quale, poveraccio, comincia ad imbattersi in omicidi efferati che stridono con l'atmosfera rilassata di Potters Bluff. Non solo. I cadaveri scompaiono, altri sembrano tornare a camminare, persino la bellissima moglie dello sceriffo manifesta comportamenti ed interessi inusuali. Soprattutto, all'insaputa dello sceriffo, sono proprio i cittadini di Potters Bluff a uccidere turisti e semplici visitatori di passaggio, come se una follia collettiva si fosse impadronita di loro, o come se fosse in atto una seconda invasione degli ultracorpi. Potreste non avere mai guardato Morti e sepolti, quindi non mi addentrerò ulteriormente nel terreno dello spoiler; quel che posso dire è che il film di Gary Sherman diventa sempre più claustrofobico e ansiogeno col progredire della consapevolezza dello sceriffo e l'aumentare dei cadaveri, come se una morsa si stesse chiudendo addosso al povero uomo di legge, per stritolarlo senza pietà. Sul finale non tutto torna, sul piano della logica, ma è indubbio che la sceneggiatura di Morti e sepolti (scritta a quattro mani da Ronald Shusett e Dan O'Bannon, ma poi disconosciuta da quest'ultimo) è affascinante e originale, svia lo spettatore e lo sorprende in più occasioni, e mescola ipotesi di magia nera, atmosfere da Ai confini della realtà e, soprattutto, pur essendo tutto sommato un film elegantissimo, non si vergogna di muovere ampi passi all'interno del territorio dell'exploitation becera.


Morti e sepolti
, infatti, è molto efferato. Il primo omicidio fa impallidire il 90% dei jump scare moderni, perché è gratuito e totalmente inaspettato, sia per atmosfera che per ambientazione, e il racconto si accanisce più volte, molto crudelmente, su questa prima vittima. In particolare, ho fatto un salto sulla sedia di tre metri durante la famigerata sequenza della stanza d'ospedale (in tutta la mia vita, solo la suora armata di forbici de L'esorcista III mi ha scossa allo stesso modo), ma anche i video rivelatori sul finale sono parecchio disturbanti. Il merito va, in primis, ai favolosi effetti speciali di Stan Winston. Quando guardo questi vecchi film, mi incazzo a morte per la pigrizia, la sciatteria che oggi viene distribuita a piene mani attraverso l'utilizzo di una CGI orribile (Together, sto parlando con te, ma non sei mica l'unico). Con tutti i mezzi che abbiamo a disposizione, trovo impossibile che non si riesca a superare i livelli di perfezione e realismo dell'epoca, e mi stupisco nel ritrovarmi a bocca aperta, terrorizzata davanti a un uomo completamente bruciato che urla, a pugnali che si conficcano nei punti più raccapriccianti, a un volto sfigurato che si ricostruisce "in diretta" sotto gli occhi dello spettatore, fino a riottenere la bellezza originale, a corpi che si decompongono impercettibilmente. Questi esempi sono l'apice dell'incredibile lavoro artigianale di Stan Winston, ma Morti e sepolti è zeppo di effetti speciali fantastici, che lo rendono tuttora prezioso e modernissimo. Gary Sherman, che poi non ha lavorato più granché, contribuisce all'atmosfera malata e claustrofobica di Morti e sepolti, nonché alla sensazione di un pericolo e terrore costante, scegliendo di proposito di girare in location nebbiose, alterando la luce naturale del sole e spingendosi persino ad eliminare ogni traccia di rosso ad eccezione del sangue spillato dagli omicidi, così che il colore spicchi ancor di più. Sono piccoli dettagli importanti che, assieme all'interpretazione di Jack Albertson, col suo humour nero, hanno reso Morti e sepolti uno dei film più belli recuperati durante la Challenge, nonché un piccolo cult che riguarderò con moltissimo piacere in futuro. Se non lo avete mai visto, ve lo consiglio. Se lo conoscete, riguardatelo, male non fa!


Di Robert Englund, che interpreta Harry, ho già parlato QUI

Gary Sherman è il regista della pellicola. Americano, ha diretto film come Poltergeist III ed episodi di serie quali Poltergeist: The Legacy. Anche sceneggiatore, produttore e attore, ha 80 anni.


James Farentino
interpreta lo sceriffo Dan Gillis. Americano, ha partecipato a film come Alibi seducente e a serie quali Gesù di Nazareth, Dinasty, Il segreto del Sahara, E.R. Medici in prima linea e Melrose Place. E' morto nel 2012. 


Jack Albertson
interpreta William G. Dobbs. Americano, ha partecipato a film come Willy Wonka e la fabbrica di cioccolato e a serie quali Ai confini della realtà e Charlie's Angels; come doppiatore ha lavorato in Red e Toby nemiciamici. E' morto nel 1981.


Melody Anderson
, che interpreta Janet Gillis, era la Dale Arden di Flash Gordon mentre Lisa Blount, che interpreta l'infermiera, era la Catherine de Il signore del male. Se Morti e sepolti vi fosse piaciuto, recuperate The Fog e Non si deve profanare il sonno dei morti. ENJOY!

lunedì 20 ottobre 2025

Nuovi Incubi Halloween Challenge Day 20: The House of the Devil (2009)

Il tema della Nuovi Incubi Halloween Challenge di oggi era "Satanici". Ho quindi scelto The House of the Devil, diretto e sceneggiato nel 2009 dal regista Ti West.


Trama: disperata all'idea di non avere i soldi per pagare l'appartamento nuovo, la studentessa Samantha accetta un lavoro come babysitter nella villa del signor Ulman. La generosa offerta, però, è il preludio a una notte di orrore...


The House of the Devil
era uno dei pochissimi film di Ti West a mancarmi all'appello. Ne avevo sempre sentito parlare abbastanza bene, anche se probabilmente la fama del film era stata surclassata da The Innkeepers, che ha poi consacrato il regista a star dell'horror indipendente, quindi ho approfittato della Challenge per recuperarlo. The House of the Devil, in effetti, ha una struttura narrativa abbastanza simile a quella di The Innkeepers, anche se i personaggi non sono altrettanto ben caratterizzati. Si tratta di uno slow burn che, per la maggior parte della sua durata, introduce la protagonista, Samantha, e le crea attorno un'atmosfera di inquietudine pura, prima di far deflagrare l'orrore negli ultimi dieci minuti. Samantha è la classica studentessa squattrinata protagonista di centinaia di horror, che vorrebbe trovare un appartamento dove stare tranquilla ed evitare di avere a che fare con compagne di stanza moleste. Il bisogno di denaro, assieme alla volontà di essere indipendente da genitori e amiche più abbienti, è ciò che la spinge a rispondere all'annuncio di Mr. Ulman, il quale cerca una babysitter per una notte. Dopo averle tirato un pacco clamoroso, Mr. Ulman si rifà vivo con una fretta pazzesca, pronto a sborsare una cifra esorbitante per quattro ore di lavoro; nonostante le raccomandazioni dell'amica Megan, la palese stranezza dell'uomo, l'ondata di strani omicidi a sfondo satanico, l'arrivo di un'eclissi di luna totale, la scoperta che dovrà fare da babysitter non a un bimbo ma a un'anziana, Samantha accetta e, dopo un breve incontro con Ulman e la moglie, rimane tutta sola nella loro enorme casa. Sarà che da bambina ero terrorizzata all'idea di rimanere sola nel piccolo appartamento che dividevo coi miei, ma con me i film dove ai personaggi tocca lo stesso destino funzionano alla perfezione. Come accade ogni volta che rileggo La nonna di Stephen King, mi immedesimo totalmente in chi si sente a disagio all'interno di un ambiente che dovrebbe essere sicuro, eppure viene travolto da un terrore irrazionale; Ti West, in questo caso, è riuscito a ricreare magistralmente le atmosfere Kinghiane e a veicolare il disagio di una ragazza che, consapevole della presenza di un'altra persona sconosciuta e a rischio di sentirsi male in quanto anziana, tende i sensi al massimo dell'allerta e comincia a notare tutte le piccole magagne di una situazione già in partenza non troppo limpida. Mi rendo conto che molti potrebbero trovare molto noioso The House of the Devil proprio perché, per buona parte del suo metraggio, "prepara" la protagonista e gli spettatori allo shock finale (risultando, in alcuni punti, persino didascalico, vedi la questione della pizza, o i dialoghi tra Samantha e Megan), ma per quanto mi riguarda, la parte terrificante del film è proprio questa, mentre il resto è un "di più" anche un po' baracconesco e derivativo.


Sono molto felice anche di avere visto The House of the Devil dopo la recente trilogia realizzata dal regista. Purtroppo, dalla visione di The Innkeepers sono passati quattordici anni e, pur ricordando molto bene l'atmosfera generale, non rammento quasi nulla dello stile e della regia, mentre avendo ben freschi in mente sia X che MaXXXine, mi è sembrato di vedere in The House of the Devil un primo seme dei lavori migliori di Ti West. Girato in 16 mm, riproponendo inquadrature, zoomate, stacchi di montaggio (Ti West qui si è occupato anche di questo aspetto), titoli e sequenze tipiche degli horror anni '70-'80, il film è un omaggio nostalgico e rispettoso ma riesce a mantenere comunque una sua personalità, soprattutto perché non si tratta di una fredda riproposizione dei "vezzi" dell'epoca. Ti West li usa per raccontare la storia di una persona vera, preda di quegli sprazzi di stupidera e ingenuità che ce la rende ancora più vicina, e sfrutta i mezzi dell'epoca per consentire allo spettatore di creare un legame profondo con lei. Come ho scritto sopra, i momenti splatter contano fino a un certo punto, soprattutto alla fine. Abbondano, da un certo punto in poi, e sono persino disgustosi, talvolta inverosimili, ma impallidiscono di fronte alla mazzata inaspettata che colpisce a metà film, con tutta la banalità di un male che, dietro l'apparenza clueless, nasconde un agghiacciante disprezzo per la vita umana. The House of the Devil ha, come punti di forza, anche una location splendida (una villa che il regista trasforma nella più terrificante delle magioni gotiche, fatta di angoli morti, porte chiuse, luce soffusa che incrementa le ombre, riprese dall'esterno delle enormi vetrate, che sembrano fatte apposta per rendere Samantha ancora più vulnerabile) e vanta due attrici che si completano alla perfezione. Jocelin Donahue è fantastica nella sua interpretazione di Samantha, ma la scintilla che la rende ancora più vitale è la Megan di Greta Gerwig, ragazzaccia di buona famiglia nonché la migliore amica che tutti vorremmo avere. Il perché la dinamica tra le due funziona e accentua ancor più la tragica ineluttabilità di The House of the Devil, ve lo lascio scoprire da soli, consigliandovi di recuperare questo piccolo gioiellino firmato Ti West.


Del regista e sceneggiatore Ti West, anche montatore, ho già parlato QUIJocelin Donahue (Samantha), Tom Noonan (Mr. Ulman), Greta Gerwig (Megan), AJ Bowen (Victor Ulman) e Dee Wallace (la padrona di casa) li trovate invece ai rispettivi link.

Mary Woronov interpreta Mrs. Ulman. Americana, ha partecipato a film come Silent Night, Bloody Night, Anno 2000 - La corsa della morte, Eating Raoul, La notte della cometa, Terror Vision, Supermarket Horror, La vedova nera, Scene di lotta di classe a Beverly Hills, Dick Tracy, La casa del diavolo e a serie quali Charlie's Angels, Taxi, Cuore e batticuore, Supercar, La signora in giallo, Highlander, Otto sotto un tetto. Anche sceneggiatrice e regista, ha 82 anni e un film in uscita.


Se The House of the Devil vi fosse piaciuto recuperate The Innkeepers. ENJOY!

domenica 19 ottobre 2025

Nuovi Incubi Halloween Challenge Day 19: Together (2025)

Qualche giorno dopo l'uscita sono corsa in sala a vedere Together, diretto e sceneggiato dal regista Michael Shanks, ma ho deciso di tenermelo per la Nuovi Incubi Halloween Challenge, visto che il tema odierno era "Horror Romance".


Trama: Tim e Millie, coppia ormai di lunga data, si trasferiscono in un paesino sperduto per via del lavoro di lei. Un giorno, facendo un'escursione del bosco, cadono in una caverna sotterranea che contiene una pozza d'acqua. Assetato, Tim la beve e da quel momento comincia a cambiare...


"Ma che vaccata!". Con buona pace del claim di "horror dell'anno", è questo che ho esclamato alla fine di Together. L'ho fatto ridendo, quindi permettetemi di elaborare, prima di dirmi che non capisco una mazza di horror in particolare e di cinema in generale. Together è l'opera prima del regista australiano Michael Shanks, che ne ha scritto anche la sceneggiatura. Il film ha una forte componente romance, infatti inizia nel bel mezzo di quel tremendo bivio in cui si vengono a trovare la maggioranza delle coppie dopo anni di frequentazione o convivenza, ovvero "o ti lasci o ti sposi", aut aut che a me è sempre sembrato la summa di tutta la stupidità umana. Nel caso di Tim e Millie, i due protagonisti, è però un bivio quantomeno sensato, visto che i due sembrano stare assieme per abitudine, più che per un sentimento sincero, soprattutto per quel che riguarda Tim. Quest'ultimo incarna il belino mollo per eccellenza, un thirtysomething fallito, un uomo senza spina dorsale a prescindere dai traumi che la vita gli ha fatto piombare addosso; disperato all'idea di perdere la libertà di essere patetico cercando di trovare (ancora) la sua strada nella vita, è comunque incapace a troncare i rapporti con Millie, la quale, pur essendo una scassapalle da primato (ma la si può capire, vista la pittima con cui sta) proiettata verso la perfetta vita di coppia, cerca almeno di salvare il salvabile e trovare un modo per mantenere economicamente sé stessa e l'ameba. Per fare ciò, Millie decide di portare via Tim dalla città, convinta che lì l'immaturo avrà modo di fare pace col cervello e coi suoi sogni di gloria infranti, mentre lei lavorerà come insegnante. Purtroppo, durante una camminata nel bosco succede qualcosa che muta profondamente la fisiologia di Tim, costretto, da quel momento in avanti, ad esprimere in maniera fisica quella dipendenza mentale da Millie di cui lui nemmeno è consapevole. Qui entra a gamba tesa l'aspetto body horror del film, ampiamente anticipato dai trailer, un elemento tuttavia assai trattenuto, salvo per un paio di scene splatter, perché Together preferisce piuttosto muoversi nel campo della commedia nera grottesca, da qui la mia divertita definizione di "vaccata".


Intendiamoci, la visione di Together è un'ordalia, proprio perché anticipa (attraverso suoni da far accapponare la pelle, incubi allucinati che sono la parte migliore del film e un paio di spoilerose ed inutili scene iniziali che vi consiglierei di evitare se avete a cuore gli animali) tutta una serie di probabili "cose" che chi conosce Yuzna e Gordon si aspetta con trepidante orrore. Che poi queste cose siano molto attenuate è, a mio avviso, un altro elemento che mi ha portata a considerare Together un'opera incerta e riuscita a metà, benché molto divertente. Il finale (ma, più in generale, tutto il film), infatti, ha la natura ambigua di qualcuno che vuole tenere il piede in due scarpe. Da una parte, Michael Shanks sembra impegnarsi con tutto se stesso a rappresentare Millie e Tim come una coppia "sbagliata", anche per quel che riguarda i desideri dei singoli individui, che palesemente cozzano tra loro; tuttavia, il film parrebbe mettere anche in guardia da quel dolore inestricabilmente legato alla separazione, che porterebbe i due a perdere un pezzo importante di loro stessi, dopo una vita passata insieme. Sono concetti complessi e zeppi di sfaccettature, che però il regista tronca proprio quando si fanno più interessanti, privando prima Millie della volontà di scelta, poi ricorrendo a una repentina "illuminazione" (o pentimento, non saprei) di Tim, improbabile visti gli orrori ai quali il ragazzo ha assistito. Nel finale frettoloso, si butta tutto in caciara grazie alla canzonetta più gnegna delle Spice Girls e si cerca di ovviare a una cupa tragedia sostituendola ad una leziosa arrendevolezza, senza avere però il coraggio di prendere una posizione netta rispetto alla natura del finale. Per quanto mi riguarda, trattasi di tragedia, però visto il registro utilizzato non sono sicura che una simile interpretazione fosse nelle intenzioni del regista. Inoltre, in maniera abbastanza scorretta, per troncare sul nascere ogni domanda dello spettatore, Michael Shanks cala il jolly di un'immagine di chiusura a dir poco grottesca.


A parte questi dubbi legittimi, che imputerei ad eccessivo entusiasmo di un regista/sceneggiatore alla prima opera, Together non è un brutto film. Io i fratelli Franco non li sopporto e fanno il paio coi Duplass, ma è innegabile che Dave Franco ed Alison Brie, coppia anche nella vita reale, abbiano un'incredibile alchimia. Tim e Millie sono detestabili, soprattutto lui, ma verosimili, e vederli battibeccare nei momenti più horror del film dà una sferzata di energia al tutto, rendendo Together spesso esilarante. Inoltre, Michael Shanks ha un buon occhio per le inquadrature e confeziona un paio di sequenze notevoli, in sinergia perfetta con l'intelligente montaggio di Sean Lahiff, in particolare quando si manifestano i primi effetti della "malattia" di Tim o durante i suoi terrificanti incubi, che mi hanno fatto fare più di un salto sulla sedia. Non perdono, però, l'orrore digitale che mi sono trovata davanti nella scena clou. Salvo un paio di necessari ritocchi a computer, la maggior parte degli effetti speciali di Together sono artigianali e si vede, anzi, c'è un lavoro di arti ed appendici prostetiche a dir poco eccellente, anche e soprattutto in sequenze potenzialmente scult come quella del bagno. Ma quello schifo inguardabile sul finale rientra in toto nella mia definizione di "imbarazzante", e non credo neppure per un secondo che non ci fosse un modo per realizzare il tutto artigianalmente, visto quello che riuscivano a fare negli anni '80. Anche per questo, "horror migliore dell'anno" un par di balle. Una visione piacevole, divertente, interessante, tutto quello che volete, non rimpiango assolutamente i soldi spesi e sono contentissima di essere andata al cinema. Ma quest'anno ho visto almeno cinque/sei film migliori. 


Di Dave Franco (Tim), Alison Brie (Millie) e Damon Herriman (Jamie) ho già parlato ai rispettivi link.

Michael Shanks è il regista e produttore della pellicola, inoltre interpreta Simon. Australiano, anche produttore, montatore, animatore e tecnico degli effetti speciali, è al suo primo lungometraggio. 



venerdì 17 ottobre 2025

Nuovi Incubi Halloween Challenge Day 17: All the Colors of Giallo (2019)

Il tema della Nuovi Incubi Halloween Challenge oggi era "Euro Horror". Ho deciso di combinarlo con la challenge horror di Letterboxd, che questa settimana chiedeva di guardare un documentario, ed è così che ho finito per scegliere All the Colors of Giallo, diretto e sceneggiato nel 2019 dal regista Federico Caddeo.


All the Colors of Giallo,
come potete evincere dal titolo (che tra l'altro rimanda proprio a uno dei gialli più famosi, Tutti i colori del buio di Sergio Martino) è un documentario che tratta, appunto, uno dei più famosi sottogeneri del cinema italiano. Sarò breve perché, pur essendo interessante, All the Colors of Giallo non è un documentario particolarmente fantasioso o elaborato, e il post rischierebbe di diventare il lungo riassunto di un'opera perfetta per chi vorrebbe avere una bella infarinatura sull'argomento ma magari non ha tempo di approfondire su libri dedicati. In un'ora e mezza, infatti, si susseguono sullo schermo la puntuale disamina dello storico di cinema italiano Fabio Melelli e le interviste a chi, in un modo o nell'altro, ha legato la sua carriera (o parte di essa) proprio al giallo. Si comincia con Ernesto Gastaldi, che introduce lo spettatore al famoso "Giallo Mondadori" e ai racconti gialli, sia italiani che internazionali, pubblicati già prima del Fascismo, si continua col debito che i pionieri del genere devono al Krimi tedesco e, poi, si prosegue con Lamberto Bava, il quale giustamente parla del padre Mario, e di quanto il suo stile precorresse i tempi. Buona parte del documentario si sofferma su Dario Argento, col quale il genere giallo si è affermato in Italia e all'estero, e su come il suo successo abbia aperto la strada ad autori magari meno conosciuti da chi mastica poco l'argomento, ma comunque molto importanti. Uno su tutti, il divino Lucio Fulci, la cui voce registrata, caustica e senza peli sulla lingua, esordisce proprio sottolineando l'odio che Argento provava per lui (e come Argento sia un semplice artigiano che si crede grande artista, non so onestamente chi dei due disprezzasse di più l'altro!). Seguono Sergio Martino e Umberto Lenzi, mentre Melelli nomina tutta una serie di altri autori e piccole perle all'epoca famosissime da appuntarsi, per cercarle e riguardarle in seguito. C'è spazio anche per attori e attrici, ovviamente. Adorabile la parentesi con Barbara Bouchet, la quale preferisce parlare delle beghe amorose sul set di Non si sevizia un paperino piuttosto che attenersi a retroscena più cinematografici, e interessanti anche gli scambi a distanza tra Nives Navarro e George Hilton, e il racconto di come sia stata scoperta Edwige Fenech e il suo essere diventata sex symbol nonostante l'odio verso le necessarie scene di nudo e di sesso. All the Colors of Giallo affascina lo spettatore con gli spezzoni e le pubblicità di film anche poco conosciuti e, personalmente, l'ho apprezzato perché racconta molto bene un tempo di sperimentazione spregiudicata, di registi visionari che puntavano più all'estetica che alla logica (spesso mettendo una pezza alla scrittura di sceneggiatori poco capaci) e di sceneggiatori che, invece, avevano le idee ben chiare e puntavano a costruire perfette maschere di suspence ispirandosi a grandi modelli. D'altra parte, però, All the Colors of Giallo offre pochi spunti critici e punta parecchio sul fattore nostalgia di un mondo che, salvo per alcuni produttori gretti e poco illuminati, sembrava fatto solo di rose e fiori. Non discuto, ma mi permetto di dubitarne, e vi invito comunque a recuperare il documentario di Federico Caddeo se l'argomento vi interessa e volete cominciare ad approfondirlo, perché è stata una visione molto interessante. 


Federico Caddeo
è il regista e sceneggiatore del documentario. Italiano, ha realizzato almeno un centinaio di corti e documentari, e quest'anno ha presentato il docufilm Nel nome dell'odio, che racconta la storia del film Teste Rasate di Claudio Fragasso. E' anche montatore e produttore.



giovedì 16 ottobre 2025

Nuovi Incubi Halloween Challenge Day 16: Them (2006)

Il tema della Nuovi Incubi Horror Challenge di oggi è "Home Invasion". Ne ho approfittato per vedere un film conosciuto da tutti tranne da me, Them (Ils), diretto e sceneggiato nel 2006 dai registi David Moreau e Xavier Palud.


Trama: Clementine e Lucas, due francesi che, per lavoro, abitano in Romania, vengono attaccati una notte da un gruppo di delinquenti...


Them
è uno di quei film angoscianti che ti fanno perdere fiducia nell'umanità intera e ti portano a guardare con sospetto persino i posti più affollati. In questo caso, però, posti affollati non ce ne sono, anzi. Abbiamo i soliti due rincoglioniti che decidono di andare a vivere in una casa gigantesca, zeppa di stanze neanche fossero 14 in famiglia, con un'intera ala ancora da costruire/riammodernare/restaurare e un giardino che confina con un bosco. Adesso, capirei se questa casa fosse temporanea, giusto per una vacanza, o se la avessero ereditata, ma ad aggravare la cosa c'è il fatto che Clementine è un'insegnante di francese in Romania, quindi immagino sia lì in affitto, straniera in terra straniera, nonostante capisca la lingua. Perché avete dovuto scegliere una villa a due piani che probabilmente ospitava dei nobili Romeni e tutti i loro servi, se siete in due?? Vergognatevi e non lamentatevi di ciò che vi capiterà in questo film. Scherzi a parte, sapete che per affrontare il pessimismo francese amo tirare fuori gli aspetti ridicoli dei film horror realizzati dai nostri "cugini", ma in realtà Them mi è piaciuto molto e mi ha messo parecchia ansia. Ispirato ad una storia vera accorsa in Romania ai danni di due turisti, Them comincia come il più classico horror "boschivo", con due donne che rimangono isolate dopo un incidente in macchina, dopodiché diventa un home invasion a tutti gli effetti. Il senso di isolamento dei due protagonisti viene accresciuto dall'ambientazione notturna del film e, ovviamente, dal gap linguistico; è vero che Clementine conosce il romeno, ma non è mai specificato che sia così anche per Lucas (il quale, comunque, non ha la stessa padronanza che ha la moglie). E comunque, gli assalitori non spiccicano parola, almeno fino all'ultimo, quando la scelta di andare a vivere in Culonia si accompagna ad altre decisioni discutibili dei due protagonisti, i quali si fanno frenare da una pietà malriposta. Capisco forse Clementine, "condannata" dalla natura del suo lavoro, ma Lucas ha vissuto sulla propria pelle cose orrende e le ha viste accadere a sua moglie, quindi a un certo punto avrebbe più senso abbandonarsi a una violenza cieca e fare scempio di "Loro". Certo, poi ci sarebbe tutto il discorso del non abbassarsi al loro livello di bestialità, però non siamo negli anni '70 di Serrador (che pure era molto più onesto), e nell'anno del Signore 2006 sarebbe stato giusto e doveroso abbracciare la filosofia di Erode. 


Siccome continuo a dare l'impressione di sminuire Them facendo dell'ironia, passo un attimino a parlare degli aspetti tecnici del film. La regia è molto efficace nel costruire la tensione. La prima sequenza, per esempio, è magistrale e alza progressivamente l'asticella del terrore senza mostrare altro che ombre e i volti spaventati delle due donne in macchina. Quando poi l'azione si trasferisce a casa di Clementine e Lucas, Moreau e Palud sfruttano alla perfezione la grandezza dell'edificio, il suo stile antiquato e gli abbondanti angoli morti che impediscono ai protagonisti di anticipare la presenza degli assalitori. In particolare, le sequenze ambientate nell'ala in costruzione della villa giocano sapientemente con ombre, trasparenze e nascondigli effimeri, e durante la fuga di Clementine i registi fanno ampio uso della camera a mano, che conferisce non solo maggiore dinamicità all'azione, ma catturano primi piani e soggettive delle fuggitiva, consentendo allo spettatore di immedesimarsi ancora di più. In generale, Them è un film labirintico e claustrofobico, una senzazione, quest'ultima, che si acuisce non solo nelle innumerevoli riprese di luoghi chiusi o sotterranei, ma anche in quelle ambientate nello sterminato bosco che circonda la casa dei protagonisti. A differenza di altri sui "colleghi" francesi, Them è meno splatter e gore, ma non meno crudele o scioccante, sia per il twist nel prefinale, sia per la spietatezza con la quale tratta i due personaggi principali. Anzi, la cosa particolare di Them è che non si sforza di renderli particolarmente simpatici o accattivanti, ma non induce neppure a pensare che i due si meritino un destino tanto nefasto; il film, piuttosto, racconta la banalità del bene e del male con un distacco spaventoso, e sul finale lascia impietriti, a realizzare impotenti (se ci fosse bisogno di ricordarlo) che il mondo continua a girare a prescindere dal modo orribile e gratuito in cui chiunque di noi potrebbe andare incontro alla morte. Che allegria, eh?


Del co-regista e co-sceneggiatore David Moreau ho già parlato QUI.

Xavier Palud è il co-regista e co-sceneggiatore del film. Francese, ha diretto film come The Eye. Ha 55 anni.


Se Them vi fosse piaciuto recuperate The Strangers, Eden Lake e Hush. ENJOY!

mercoledì 15 ottobre 2025

Nuovi Incubi Halloween Challenge Day 15: Slay (2024)

La Nuovi Incubi Halloween Challenge oggi chiedeva la visione di un Queer Horror, quindi ho scelto Slay, diretto e sceneggiato nel 2024 da Jem Garrard e disponibile su Tubi.


Trama: quattro drag queen sbagliano, apparentemente, locale e sono costrette ad esibirsi in una bettola popolata da bifolchi omofobi. La situazione peggiora ulteriormente quando il locale viene attaccato da un branco di vampiri...


Slay
è una horror comedy caciarona perfetta per una serata in allegria. Probabilmente, mi sarei divertita anche di più se fossi stata fan di RuPaul's Drag Race, visto che le quattro protagoniste sono tutte ex concorrenti del programma, ma ammetto di non averne mai guardata neppure una puntata (non tanto per mancanza di voglia, ma di tempo, come al solito) e, comunque, Slay è fruibile anche da un pubblico "vergine". Questo perché è un film innocuo e prevedibile a livello di intreccio, "colpi di scena" compresi, e i personaggi sono quelli tipici di un horror di serie B, con le personalità di ognuno scritte su un tovagliolino. Ciò importa poco, perché quello che conta, in Slay, è innanzitutto lo shock cultural-sociale dello scontro tra quattro drag queen e il pubblico del locale in cui si ritrovano ad esibirsi per sbaglio. Immaginate il Titty Twister di Dal tramonto all'alba ma con dentro gente ancora meno raffinata, persone che si trovano al pari dei redneck o forse ancora un gradino più sotto all'interno della scala evolutiva, e avrete il quadro completo della triste situazione in cui vengono a trovarsi Mama Sue Flay e socie. Ma, come si dice, the show must go on, anche perché all'interno del bar ci sono due sparuti fan da non deludere e, per fortuna, le "queen" sono talmente badass che riescono senza problemi a tenere a bada gli insulti del pubblico bue ricambiando l'ignoranza con frecciate da primato. Le ragazze non hanno però fatto i conti con l'inatteso arrivo di un bifolco trasformato in vampiro, che in breve tempo passerà la maledizione a buona parte dei suoi compaesani. La serata, già difficile di per sé, si trasforma in un vero e proprio assedio, complicato dalle personalità di ognuna delle quattro drag queen e da problemi interni al gruppo, come le velleità da prima donna dell'ultima arrivata, Olive. Tra un morso e un paletto nel cuore, Slay riesce persino a trasmettere un positivo messaggio di tolleranza ed incoraggiamento, che riprende quel "don't dream it, be it" di Frankenfurteriana memoria e aggiunge un invito a guardare oltre le etichette di genere e razza, perché se è vero che gli stronzi rimangono sempre tali, sia in versione umana che vampira, lo stesso vale anche per le brave persone.


Jem Garrard
, che ha diretto e sceneggiato il film, riesce nell'impresa di veicolare questi messaggi importanti in maniera leggera, senza che il ritmo di Slay ne risenta, complice anche la breve durata. Consapevole di avere per le mani un budget abbastanza risibile, Garrard trasforma il limite in una gag ricorrente e si affida quasi completamente allo scoppiettante connubio vampiri/drag queen, soprattutto all'innato carisma delle quattro protagoniste. Le quali, devo ammetterlo, per i primi dieci minuti mi hanno dato ben poca fiducia. In abiti borghesi, Trinity the Tuck e compagne mi sono sembrate legnose, costrette a una "recita nella recita" e a pronunciare battute poco naturali. Una volta indossati gli abiti di scena, però, è scoccata la magia e sono stata travolta dalla sboccata vitalità delle quattro regine, dai loro battibecchi e persino dal loro uso degli oggetti di scena (tacchi vertiginosi in primis) come armi improprie per trasformare i succhiasangue in polvere glitterata. Le drag queen fanno passare in secondo piano effetti speciali non proprio all'altezza, una generale "timidezza" nei confronti del gore (c'è solo una simpatica testa mozzata che fluttua al ralenti o poco più) e un paio di attori loffi. A tal proposito, probabilmente sono l'unica a non aver sopportato il personaggio interpretato da Donia Kash, che peraltro ho scoperto essere "agenere". Prima o poi farò un corso dedicato all'argomento, perché per me è faticosissimo scrivere questo tipo di post, nel terrore di sbagliare pronomi, aggettivi, ecc., visto che anche Jem Garrard è non binari*. Tornando a Slay e ai suoi piccoli difetti, il trucco dei vampiri, che peraltro ricorda tantissimo quello utilizzato nella serie Buffy the Vampire Slayer, non è sgradevole, mi hanno perplessa di più un paio di effetti digitali posticci utilizzati per gli occhi dei non-morti e per le rare spruzzate di sangue. D'altronde, come ho scritto, il budget è quello che era, lo si dice chiaro e tondo anche nel film, quindi non starei a spaccare il capello, ho visto opere ben più pretenziose fatte peggio. Vi consiglio dunque di recuperare Slay; anche questo film è una produzione originale Tubi, perciò lo potete trovare gratuitamente su questo sito legale di streaming americano che, nel corso della Nuovi Incubi Halloween Challenge, mi sta dando moltissime soddisfazioni e anche un bell'aiuto. 

Jem Garrard ha diretto e sceneggiato il film. Di origine canadese, ha diretto film come Invasive, Invasive 2: Getaway e serie quali Streghe. Ha un film in uscita e ha lavorato anche nel campo della produzione, della fotografia e del montaggio.


Trinity the Tuck, Heidi N Closet
e Crystal Methyd hanno tutte partecipato a RuPaul's Drag Race, mentre Cara Melle ha partecipato alla versione inglese del reality. Se Slay vi fosse piaciuto recuperate Dal tramonto all'alba, Boys from County Hell e magari anche Priscilla, la regina del deserto e A Wong Foo, grazie di tutto! Julie Newmar. ENJOY!

martedì 14 ottobre 2025

Nuovi Incubi Halloween Challenge Day 14: Please Don't Feed the Children (2024)

Il tema della Nuovi Incubi Halloween Challenge di oggi è "Cannibali". Viene proprio bene un film uscito qualche tempo fa su Tubi, Please Don't Feed the Children, diretto nel 2024 dalla regista Destry Allyn Spielberg.


Trama: a seguito di una pandemia che ha visto moltissimi adulti trasformarsi in cannibali a causa di un virus veicolato da bambini e adolescenti, per la maggior parte portatori sani, i giovanissimi sono confinati in comunità oppure uccisi. Decisa a fuggire dagli Stati Uniti con altri ragazzi, Mary viene a trovarsi però in un incubo ancora peggiore...


L'esordio alla regia di Destry Allyn Spielberg, figlia di padre appena poco famoso, è un "simpatico" thriller horror post-pandemico che segue le vicende di un gruppetto di orfani decisi a fuggire dagli Stati Uniti. L'aggettivo è tra virgolette, perché in Please Don't Feed the Children c'è ben poco da ridere. L'America è un luogo povero e inospitale, con una popolazione decimata da un virus che ha trasformato le persone in cannibali, principalmente gli adulti. Bambini e ragazzi, per la maggior parte, sono portatori sani e, per limitare il contagio, sono stati uccisi oppure isolati in terribili comunità dalle quali cercano di fuggire, soprattutto gli orfani privi di tutela. E' in questo clima di disperazione, con la piccola speranza di poter lasciare gli States ed andare in un luogo più libero, che Mary incontra un gruppo di coetanei e si unisce a loro per affrontare il difficile viaggio. Per tutta una serie di motivi, Mary e compagni si imbattono nella casa di Clara, la quale li imprigiona con l'inganno, spinta da ragioni che diverranno terribilmente chiare col proseguo del film. Please Don't Feed the Children, a causa di un budget ridotto, comincia come il racconto di un America post-pandemica, un'opera on the road vissuta su strade e luoghi infernali, con la polizia sempre alle calcagna, ma diventa ben presto un claustrofobico thriller ambientato all'interno di quattro mura e una serra. L'abilità dell'esordiente Destry Allyn Spielberg è proprio quella di dare allo spettatore un contesto ben definito con poche pennellate, in grado di rendere al meglio la disperazione di ragazzi innocenti eppure additati come mostri, passabili di venire uccisi per un nonnulla, e l'odio degli adulti, spazzati via da una pandemia causata da chi ha ancora tutta la vita davanti. Lo scontro generazionale non è il cuore della vicenda, ma la regista si impegna affinché il pubblico non dimentichi di avere davanti dei ragazzi,  adolescenti o anche più piccoli, così che ciò che accade loro colpisca maggiormente a livello emotivo. La presenza di Clara, matta col botto incapace di concepire l'amore se non come egoistico possesso e ricusa di affrontare l'esistenza prendendo atto delle pur terribili perdite, è l'incarnazione di tutto ciò che desidera il male dei ragazzi e che rifiuta di ricostruire la società partendo proprio da loro.


Probabilmente, il concetto di fondo di Please Don't Feed the Children è poco originale, ma ho apprezzato molto com'è stato messo in scena, soprattutto perché il film contiene profondissimi echi di un'opera che adoro, La casa nera di Craven. A partire dalla materna follia di Clara, passando per la stanza e gli abiti di Mary, per finire con passaggi labirintici che nascondono orrori inenarrabili, celati alla vista dei rispettabili abitanti esterni, gli omaggi al film di Craven sono tantissimi, nonostante Please Don't Feed the Children sia scevro di qualsiasi elemento ironico o grottesco, e la stessa Clara sia imprevedibile a livello "Annie Wilkes" (credevo l'attrice fosse la stessa di Castle Rock, ma mi sbagliavo), ben più misurata e insidiosa della rossa "mammina" Craveniana. A tal proposito, Michelle Dockery è molto brava, ma anche il cast di giovani talenti è composto da facce interessanti ed è molto equilibrato, forse grazie ad una bella scrittura che non rappresenta i soliti cliché dei ragazzini horror. Ciò che mi è piaciuto maggiormente di Please Don't Feed the Children, però, è la natura molto pessimista del film, che racconta di una speranza troppo lontana per potersi concretizzare con certezza, e che lascia allo spettatore l'amaro in bocca di un finale sospeso, in perfetta risonanza con un passato nebuloso che possiamo soltanto immaginare da alcuni dettagli "grafici", centellinati e per questo ancora più efficaci. Non so se e quando Please Don't Feed the Children arriverà in Italia ma, se avete una VPN, val la pena guardarlo su Tubi in maniera gratuita e perfettamente legale. Gli americani sono un bruttissimo popolo ma, per alcune cose, sono molto più avanti di noi. Quanto a Destry Allyn Spielberg, sono curiosa di sapere cosa potrà combinare in futuro, con un budget più grande e maggiore esperienza alle spalle!


Di Michelle Dockery (Clara) e Giancarlo Esposito (Fitz) ho già parlato ai rispettivi link.

Destry Allyn Spielberg è la regista del film, al suo primo lungometraggio. Figlia di Steven SpielbergKate Capshaw, anche attrice, produttrice e sceneggiatrice, ha 29 anni. 


Zoe Colletti
, che interpreta Mary, era la protagonista di Scary Stories to Tell in the Dark mentre Emma Meisel era nel cast di American Horror Story: 1984. Se Please Don't Feed the Children vi fosse piaciuto, recuperate La casa nera. ENJOY!

lunedì 13 ottobre 2025

Nuovi Incubi Halloween Challenge Day 13: The Wolf of Snow Hollow (2020)

Il tema odierno della Nuovi Incubi Halloween Challenge era "Freddo, ghiaccio, neve". Ho recuperato quindi il film The Wolf of Snow Hollow, distribuito in Italia col titolo Il lupo della neve, diretto e sceneggiato nel 2020 dal regista Jim Cummings.


Trama: la cittadina turistica di Snow Hollow viene scossa da violenti e sanguinosi omicidi, che sconvolgono in primis il corpo di polizia del luogo...


Direi che con The Wolf of Snow Hollow ho azzeccato in pieno il tema della challenge, in quanto il film è ambientato in una cittadina turistica dove l'attrazione principale è proprio la neve, inoltre la vicenda si snoda durante le festività natalizie e si conclude proprio a Capodanno. Piccolo particolare piccante, però, The Wolf of Snow Hollow non è proprio un horror tout court ma è più un mistery con l'aggiunta di una bella dose di commedia nerissima. Tutto inizia quando una turista viene dilaniata ferocemente all'esterno del cottage affittato assieme al fidanzato. La sanguinosa brutalità dell'aggressione sconvolge non solo la cittadina di Snow Hollow, ma soprattutto un corpo di polizia formato da agenti non proprio brillanti per intelligenza, né immacolati nella loro vita privata. In particolare, John, figlio dell'anziano sceriffo Hadley, è vittima di tremendi eccessi di rabbia, aggravati dalla sua natura di ex alcolista e da una depressione strisciante, che lo spinge ad avere pensieri di morte abbastanza costanti. Quando alla prima vittima se ne aggiungono altre, la pressione porta John ad avere sempre più problemi di autocontrollo e, complice il cattivo stato di salute dello sceriffo, il corpo di polizia di Snow Hollow si ritrova nel caos totale; in più, i delitti avvengono durante la luna piena e la ferocia degli attacchi farebbe pensare nientemeno che a un lupo mannaro. Diretto, sceneggiato e interpretato dall'attore Jim Cummings, The Wolf of Snow Hollow è un film nevrotico come il personaggio protagonista e scorre veloce come una scheggia impazzita. Proprio per questo, a tratti sembra perdere il filo della sua parte "mistery", in quanto non dà allo spettatore neppure il tempo di ragionare, e preferisce trasformarsi nello one man show di un personaggio impegnato a superare i suoi problemi personali conquistando almeno una vittoria che non lo faccia sembrare un inetto totale agli occhi del padre, della figlia adolescente e di quei pochissimi colleghi che ancora tiene da conto. Questa scelta di sceneggiatura, soprattutto con l'approssimarsi dell'ultimo atto, si traduce nella necessità di chiudere in fretta tutte le piste lasciate aperte, tanto che quando arriva la rivelazione del mistero sembra di avere fatto una corsa forsennata e si rimane con un "ah sì? Vabbè..." stampato in faccia. Purtroppo, per lo stesso motivo, non si ha neppure il tempo di commuoversi di fronte alle tragedie personali di John, che pure lo meriterebbero, o congratularsi con lui per quei pochi, importantissimi passi verso una possibile serenità.


A prescindere da questa "fretta", The Wolf of Snow Hollow non è affatto un brutto film, anzi (in un'epoca in cui persino le durate degli horror più stupidi sono elefantiache, questo, in realtà, è una boccata di aria fresca!). La fotografia è splendida e cattura non solo il bianco della neve ma anche il freddo che si respira nella cittadina di Snow Hollow, dando l'illusione allo spettatore di poterlo sentire fin dentro le ossa. Il montaggio è particolarissimo e asseconda in toto la frenesia e la confusione provati dal protagonista, tanto che la narrazione non è mai lineare ma alterna il presente a scampoli di tragici eventi passati di cui i poliziotti possono solo vedere le conseguenze, terribilmente sanguinose. A tal proposito, il comparto horror di The Wolf of Snow Hollow è favoloso. Gli omicidi del misterioso killer sono efferatissimi e ognuno di essi è un piccolo gioiellino di tensione e orrore, cosa che denota come il Jim Cummings regista conosca alla perfezione le regole del genere e le sappia rielaborare, mettendole in pratica in maniera efficace; anche la figura del lupo è molto ben fatta e un mix di sapienti riprese, combinate con un buon uso della fotografia, compensano eventuali limiti di budget e, soprattutto, contribuiscono a rendere verosimile la rivelazione sul finale. Molto bravi anche gli attori. Jim Cummings ha la tendenza a soverchiare quanti dividono la scena con lui, anche per necessità di sceneggiatura, ma nessuno dei suoi comprimari, nemmeno quelli meno "importanti", se la fa menare, e o compensano la forte presenza del protagonista con una remissività foriera di momenti esilaranti, oppure ingaggiano con lui furibonde battaglie verbali, come nel caso del favoloso Robert Forster (che si sarebbe spento di lì a poco e al quale il film è dedicato), oppure Chloe East. In conclusione, per quanto mi riguarda The Wolf of Snow Hollow è uno di quei film che bisognerebbe guardare più di una volta, per apprezzare tutte le varie sfumature sfuggite ad una prima visione. Intanto, però, se non lo avete mai visto vi invito a recuperarlo, perché potrebbe darvi delle soddisfazioni! 


Di Robert Forster (Sceriffo Hadley) ho già parlato QUI.

Jim Cummings è il regista e sceneggiatore del film, inoltre interpreta John Marshall. Americano, è principalmente attore e ha partecipato a film come Greener Grass, Halloween Kills e serie quali The Handmaid's Tale. Anche produttore, ha 39 anni.


Riki Lindhome
interpreta la detective Julia Robson. Americana, ha partecipato a film come L'ultima casa a sinistra, Cena con delitto - Knives Out, Queens of the Dead e serie quali Buffy l'ammazzavampiri, Una mamma per amica, Heroes, Criminal Minds, Bones, Nip/Tuck, Dr. House, The Big Bang Theory e Mercoledì. Come doppiatrice ha lavorato in SpongeBob - Fuori dall'acqua, Adventure Time, DuckTales e Animaniacs. Anche sceneggiatrice, produttrice e regista, ha 47 anni e due film in uscita, tra cui l'imminente remake de La mano sulla culla


Chloe East
interpreta Jenna Marshall. Americana, ha partecipato a film come The Fabelmans e Heretic. Anche regista, ha 24 anni e un film in uscita. 



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