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martedì 24 settembre 2024

Speak No Evil - Non parlare con gli sconosciuti (2024)

Martedì scorso sono andata a vedere Speak No Evil - Non parlare con gli sconosciuti (Speak no Evil), diretto e sceneggiato dal regista James Watkins partendo dalla sceneggiatura dell'omonimo film danese.


Trama: Louise e Ben, americani trapiantati a Londra con la figlioletta Agnes, incontrano durante una vacanza gli inglesi Paddy e Ciara, assieme al figlio Ant. Tornati a casa, vengono invitati a passare un weekend a casa dei nuovi amici, i quali però si rivelano meno simpatici del previsto...


So che James Watkins è un regista inglese, ma Speak no Evil è il remake più americano che vi capiterà di vedere in tutta la vostra vita, salvo forse Missing - Scomparsa, di cui tra l'altro parleremo prossimamente. Gli americani hanno bisogno di risposte e certezze, e Speak no Evil è LA risposta a tutte le domande che vi siete sicuramente posti guardando l'originale danese. Poiché il film di Watkins nasce per dare delle risposte, il primo tempo è sostanzialmente la copia carbone di ciò che è stato fatto in precedenza, con un paio di esasperazioni atte a fornire un contesto ancora più chiaro: Louise e Ben sono PALESEMENTE una coppia in crisi, Agnes è PALESEMENTE una bambina ansiosa e problematica, Paddy è PALESEMENTE uno spirito libero ma anche un po' pericoloso, tant'è che gira in Vespa senza casco davanti a dei vigili urbani, il lazzarone. Tutti questi dettagli Christian Tafdrup non li forniva ma, nonostante ciò, la pellicola risultava fruibilissima, era dopo che cominciavano le magagne. Lasciando un attimo da parte l'ironia, è interessante vedere la differenza di approccio anche per ciò che riguarda le dinamiche di "potere" tra i personaggi. La coppia danese del primo film era composta da persone che, tutto sommato, erano mosce e depresse in egual misura, ma il più sofferente era il marito, fiaccato da una routine priva di poesia che, progressivamente, gli inaridiva l'animo. Sull'onda dell'attuale "woman power", il personaggio di Louise è molto più cazzuto (anche se non più simpatico) del marito vittima e, anche dalle inquadrature, si evince che lo scontro di personalità, per non parlare di un po' di tensione sessuale sottesa, è tutto tra lei e Paddy; quest'ultimo è il boss finale da sconfiggere, senza se e senza ma, tanto che Ciara (resa più ambigua da una sottotrama che potrebbe o non potrebbe rispecchiare la realtà) è una presenza evanescente o quasi, con buona pace della sempre bravissima Aisling Franciosi, divorata dal carisma di James McAvoy. C'è anche un altro aspetto da considerare, esplicato fin dal soggetto della prima inquadratura. A Watkins interessa girare un film sulla perdita dell'innocenza, sull'homo homini lupus, non una metafora estremizzata della società odierna, fatta di cupissima sopportazione. Per fare ciò, ritorna alle atmosfere che gli sono congeniali fin dai tempi del lontano Eden Lake, mettendo in scena anche uno scontro sociale ben definito, tra persone fondamentalmente fighette e "civilizzate" che non si sentono di offendere i campagnolassi ignoranti che hanno dato loro la possibilità di passare un weekend diverso, cosa che apre a momenti di reale, esilarante e rozzo disagio, là dove Tafdrup se ti vedeva ridere ti prendeva a bacchettate forti sulle dita. 


Quindi sì, per citare Stannis, guardando l'originale Speak no Evil mi sono sentita MOLTO americana, e non avete idea di quanto, proprio per questo motivo, mi sia goduta la versione di Watkins, la quale, da metà in poi, offre allo spettatore tutto il giusto sfogo al prurito di mani cominciato nel momento esatto in cui i protagonisti entrano nella casa dei loro ospiti. Sono consapevole quanto chiunque altro che le soluzioni ricercate da Watkins sono facili, almeno a livello di sceneggiatura (non di esecuzione, per quanto mi riguarda, visto che comunque mi è mancato il respiro per l'ansia più di una volta), ma, se non altro, le reazioni dei personaggi hanno una motivazione plausibile. Che poi i risultati di queste reazioni portino ad esiti discutibili, è qualcosa che dipende dalla sensibilità individuale, ma qui si scende nello spoiler e non vorrei farne. Se avete piacere, ne riparleremo nei commenti; umanamente parlando, posso dire di essere soddisfatta di quello che ho visto, da spettatrice non mi sarebbe dispiaciuta un po' più di cattiveria, ma sono veramente bazzecole, perché quando si innesca il ricordo dello Speak no Evil originale affiora alle labbra un inevitabile sorriso. Del nuovo Speak no Evil, poi, ho apprezzato il cast, la confezione, persino la colonna sonora, decisamente più vicina ai miei gusti. L'unico che proprio non ho sopportato è Scoot McNairy, anche troppo mollo per il personaggio che interpreta, ma Mackenzie Davis e Aisling Franciosi sono due garanzie e James McAvoy dà libero sfogo all'esperienza vissuta sul set di Split e Glass, civilizzando "la bestia" quanto basta per trarre in inganno i malcapitati e portando a casa un'altra validissima interpretazione. Per una volta, dunque, il "trattamento Blumhouse" non mi è dispiaciuto. Capisco chi urlerà al vilipendio ma, come al solito, il film originale nessuno lo tocca e sta sempre lì, fruibile da chi volesse passare una serata in gioiosa depressione; il remake, per una volta, cerca una strada sua per raccontare un'altra storia e innescare altre riflessioni, non mi è sembrata una stupidata realizzata tanto per dare contentini e semplificare a beneficio del pubblico idiota, quindi non posso fare altro che consigliarlo! 


Del regista e sceneggiatore James Watkins ho già parlato QUI. James McAvoy (Paddy), Mackenzie Davis (Louise Dalton), Scoot McNairy (Ben Dalton) e Aisling Franciosi (Ciara) li trovate invece ai rispettivi link. 


Se il film vi fosse piaciuto recuperate, ovviamente, Speak no Evil. ENJOY!

venerdì 4 ottobre 2019

Bollalmanacco On Demand: Penelope (2006)

Torna a distanza di pochissimo tempo il Bollamanacco On Demand. Forse per farsi perdonare del travaglio che è stato Inland Empire, l'amica Silvia mi ha proposto la visione di Penelope, diretto nel 2006 dal regista Mark Palansky. Il prossimo film On Demand sarà invece Underground. ENJOY!


Trama: Penelope è una ragazza di buona famiglia che non è mai uscita di casa sua a causa di una maledizione. Per spezzarla, la madre apprensiva cerca da anni di combinarle un matrimonio con qualche giovane esponente dell'aristocrazia ma tutti scappano quando vedono il volto della povera Penelope.



Adoro l'On Demand. No, non è vero. Spesso lo odio, per svariati motivi, ma lo adoro quando mi consente, come in questo caso, di scoprire film assai poco conosciuti che alla fine toccano le mie corde nonostante la loro natura di sciocchezzuola divertente. Ecco, Penelope rientra nella categoria, essendo una deliziosa favola moderna a base di "principesse" maledette, in dolce attesa di un principe azzurro che corra a liberarle. In realtà, Penelope proprio una principessa non è. Definirla una versione dolce e intelligente di Paris Hilton potrebbe calzare a pennello e lo stesso dicasi per il principe azzurro (interpretato da un James McAvoy che avrebbe dovuto aspettare ancora un paio di annetti prima di assurgere al rango di attore di fama mondiale), scapestrato ex musicista col vizio del gioco d'azzardo. Date le premesse, si potrebbe pensare ad una versione ironica de La bella e la bestia a ruoli invertiti, in realtà Penelope sottolinea quasi fin da subito l'inutilità dei principi azzurri di qualunque schiatta, buoni o cattivi che siano, e il vero fulcro della questione è invece il rapporto tra Penelope e la madre, donna che, pur con le migliori intenzioni, rende la maledizione della ragazza ancora più pesante, costringendola ad isolarsi da resto del mondo invece di insegnarle ad accettarsi per quello che è: "la vera te stessa è dentro di te", in questo caso, non è proprio una massima da seguire al 100%, perché presuppone una scissione tra la Penelope maledetta e quella post-maledizione, denigrando la prima quando, di fatto, sono la stessa bellissima persona. E' per questo che Penelope, oltre ad essere popolato di personaggi borderline e divertenti, riesce spesso ad essere commovente, in particolare se lo spettatore si lascia conquistare dagli occhi dolci e sognanti di Christina Ricci, com'è successo a me. E ci fosse solo lei nel cast!


Tolti la Ricci e McAvoy, caruccissimo nonostante la capigliatura inguardabile, ad arricchire Penelope ci sono la mai troppo apprezzata Catherine O'Hara nei panni della madre petulante ed esageratamente emotiva, l'elegantissimo Richard E. Grant, al quale non servono parole per esprimere tutta l'esasperazione inglese davanti alle mattane della moglie, e due guest star d'eccezione come Peter Dinklage (al quale viene riservato uno degli esordi più esilaranti di un personaggio sullo schermo) e Nick Frost che, a onor del vero, non fa granché ma è sempre bello da vedere. E sì, c'è anche Reese Witherspoon ma siccome si limita a ritagliarsi una particina per benedire la sua prima impresa da produttrice direi che non c'è molto di cui parlare in merito. Il cast già "stellare" viene supportato inoltre da un comparto scenografie e costumi davvero niente male, che conferisce a Penelope un'aria svagata, da colorata favola moderna. La stanza di Penelope, colma di richiami alla natura e di terrari, di piante protette da cupole di vetro in parallelo con la condizione della protagonista, è un piccolo paradiso casalingo mentre gli abiti da lei indossati, al di là dell'inquietante sciarpa utilizzata per nascondere gli effetti della maledizione, sono deliziosi, perfetti per la personalità raffinata e un po' sognatrice di colei che li indossa. Come al solito, concludo l'On Demand ringraziando in questo caso Silvia per la dritta, è stato molto divertente guardare Penelope e lo consiglio a chi non avesse ancora avuto l'occasione di "incrociarlo".


Di Richard E. Grant (Frankilin Wilhern), Catherine O'Hara (Jessica Wilhern), Christina Ricci (Penelope Wilhern), Peter Dinklage (Lemon), James McAvoy (Johnny/Max), Nick Frost (Max), Reese Witherspoon (Annie) e Russell Brand (Sam) ho già parlato ai rispettivi link.

Mark Palansky è il regista della pellicola. Canadese, ha diretto film come Rememory ed episodi di serie quali Una serie di sfortunati eventi. Anche produttore e sceneggiatore, ha un film in uscita.


venerdì 6 settembre 2019

It - Capitolo due (2019)

Mercoledì sera mi sono imbarcata in una maratona degna di quelle di Mentana, culminata con la proiezione di mezzanotte dell'attesissimo It - Capitolo due (It Chapter Two), diretto dal regista Andy Muschietti e tratto dall'omonimo romanzo di Stephen King. Siccome non sono una brutta persona, NIENTE SPOILER.



Trama: i Perdenti tornano dopo 27 anni a Derry, così da uccidere il malvagio clown Pennywise una volta per tutte.



Disclaimer: ho solo 4 ore di sonno addosso, quindi mi scuso in anticipo se questo post sarà scritto coi piedi (per non dire di peggio) ma tanto c'è chi ha già parlato e soprattutto parlerà di questo secondo capitolo di It meglio di quanto possa fare io, ergo non mi preoccupo. Abbiamo aspettato due anni, pianto e gioito sul dream cast messo in piedi da Muschietti e soci, incrociato le dita affinché la conclusione di It cancellasse con un colpo di spugna il ragno di gomma di Tommy Lee Wallace e finalmente è arrivato il momento di tirare le somme: i perdenti sono cresciuti, hanno dimenticato quello che è successo a Derry nel corso della loro terrificante adolescenza e ventisette anni dopo sono tornati all'ovile, pronti a uccidere Pennywise una volta per tutte. Se la prima parte della serie del 1990 si concludeva con un evento ben preciso, dopo aver giustamente mescolato passato, presente e telefonate minatorie, il film del 2017 si era concluso invece con la promessa dei Perdenti ancora ragazzini: è normale, quando non si sa quale successo potrà avere la pellicola e quindi bisogna offrire un film in grado di stare in piedi da solo. Ecco perché uno degli eventi più importanti di It, uno dei più scioccanti e, perché no, "scenografici", qui viene ridotto a mero flash (mentre io quelle caspita di gocce che cadono le ricordo ancora adesso), parte di un processo di accelerazione che riunisce i Perdenti già adulti nel giro di pochi minuti. Uno dei difetti del film, senza dubbio, ma difetti inevitabili, ahimé. Come condensare in tre ore, tante ma purtroppo lo stesso insufficienti, tutta la ricchezza delle fisime, dei problemi, del dolore accumulatosi in 27 anni? C'è giusto il tempo di qualche sprazzo di indizio che il pubblico potrà cogliere o meno, di far pace con l'idea che forse Tom e Audra non sono poi così importanti all'economia della storia, di pensare che magari Bowers qualche minuto in più l'avrebbe anche meritato altrimenti non è null'altro che una macchia messa lì per far colore; di chiedersi, di nuovo, dove diamine è finito Mike, povero bibliotecario con la mera funzione di guardiano e portasfiga cosmico, prima che l'azione incalzi e cancelli ogni pensiero. Non si può dire, infatti, che il secondo capitolo di It manchi di ritmo. Allo spettatore non viene concesso nemmeno un istante di tregua perché anche i momenti più riflessivi sono il preludio a qualcosa di orribile, con l'occhio onnipresente di Pennywise sempre puntato sulla schiena dei protagonisti, nel passato e nel presente.


E quanto è più infantile e malvagio Pennywise in questo secondo capitolo. Così appare, ovvio, perché i Perdenti sono cresciuti, gli anni '80 hanno lasciato il posto al nuovo millennio ma Pennywise è rimasto sempre lo stesso, una creatura piena di sé convinta di avere sempre davanti dei bambini incapaci di liberarsi dai traumi passati e che quindi agisce di conseguenza, probabilmente nell'unico modo che conosce. Vero, sono passati 27 anni, non dovrebbero essere solo i Perdenti ad essere cambiati ma anche il mondo, popolato da ragazzini più smaliziati che hanno per l'anima di farsi prendere in giro da un clown; eppure, la solitudine e la paura travalicano i tempi, i diversi e perdenti vengono sempre perseguitati, e di questo il maledetto clown si nutre, approfittando della natura umana che tende a voler dimenticare quello che fa male, anche a costo di allontanarsi dai momenti felici e abbandonare tutto, le cose importanti e quelle che non lo sono mai state. Per questo, sono tanto più importanti quei momenti in cui i perdenti si ritrovano, l'umorismo infantile degli esilaranti battibecchi tra Richie ed Eddie e quei momenti di apparente comic relief che aiutano a stemperare la tensione, perché il fulcro della storia è, banalmente, questo: Pennywise è ridicolo, Pennywise incarna la stupida bruttezza del mondo, è il bullo supremo che merita di essere annullato con una risata in faccia per mostrargli la realtà della sua insipienza, non di essere temuto e venerato. Questo King lo diceva nel libro, lo ribadisce Muschietti, e se per un paio di momenti divertenti vi siete messi a gridare allo scandalo e al "ma questo non è horror", mi spiace ma non avete capito nulla. Anzi, It - Capitolo due, nonostante non sia privo di momenti agghiaccianti, è un film volutamente molto ironico e demolisce non solo Pennywise ma anche quelli che "la vecchia miniserie era meglio" (in effetti un ragno c'è anche qui), quelli che "ma questo pezzo nel libro non era così" (sì, mi ci metto in mezzo io per prima. E ammetto che alcuni contentini mi hanno fatto un po' male, decontestualizzati come sono), quelli che "Stephen King non sa scrivere i finali" (a volte è vero) e persino lo stesso Stephen King (amore mio), facendosi volere ancora più bene.


Non che il film sia esente da difetti, ci mancherebbe. Come ho scritto, tante, troppe cose si perdono qui e là o vengono totalmente stravolte per le esigenze più svariate ma ci sta, gli sceneggiatori non possono diventare scemi e inoltre non hanno vilipeso in toto un libro che al limite posso rileggere per la ventesima volta; è soprattutto la CGI a non convincere. Vedendo in sequenza il primo e il secondo capitolo saltano all'occhio gli imbarazzanti pupazzoni deformi e se già, rivista a mente fredda, la donna di Modigliani fa pietà, preparatevi all'orribile visu della strega/gollum e ad altre schifezzuole assortite, finte come i soldi virtuali di un Monopoli giocato su un green screen. Peccato, perché poi la battaglia finale è epica, tra regia e montaggio si arriva a un certo punto che manca il respiro per l'ansia e Bill Skarsgård è talmente "bello" che verrebbe voglia di abbracciarlo e allora perché Muschietti non ce la fa a stare lontano dagli obbrobri grotteschi? Chi lo sa, non pensiamoci, perché in It - Capitolo due ci sono ancora tante cose bellissime. Il dream cast di cui parlavo sopra, in primis. Tutti gli attori, nessuno escluso, sono assolutamente in parte e se da Jessicona nostra e Jamesuccio bello me lo aspettavo, non avevo idea che Bill Hader sarebbe stato un Richie sfaccettato, dolce da spezzare il cuore, né che i semi-sconosciuti James Ransone e Jay Ryan avrebbero riportato in vita alla perfezione due personaggi amatissimi come Eddie e Ben (tra l'altro scusate ma Ben è strafigo, come l'avevo sempre pensato). I loro volti, le loro espressioni, i loro gesti non fanno rimpiangere quelli delle loro giovani controparti (anche se, non me ne voglia la Chastain, ma la Lillis è talmente bella da essere innaturale) ed entrano nel cuore dello spettatore, concorrendo a spillare qualche lacrima, non certo per il bruciore dovuto a cinque ore ininterrotte di film. E qui, mi dispiace, ma parte lo SPOILER, tanto la recensione è bell'e finita, il film mi è piaciuto, correte a vederlo.


SPOILER
Stephen King potrà anche non sapere scrivere finali, ma quello di It è amaro e malinconico, una rappresentazione lucida di quello che è la vita, dove anche i legami più saldi, col tempo e a causa di percorsi diversi, tendono ad indebolirsi e forse a scomparire. E' un finale per nulla felice, che ho amato da lettrice, detestato da fan girl. Muschietti mi è venuto incontro con un happy ending per il quale non posso che ringraziarlo tra le lacrime, che hanno cominciato a scorrere copiose quando sullo schermo è comparsa una delle citazioni più belle di It e si sono intensificate con l'inno alla vita e all'amicizia di Stan. E' una cosa paracula, lo so. E' un tradimento dello spirito dell'opera, va bene, senza contare che Stan è morto per mera paura (e qui avrebbero potuto ricamare sul fatto che è stato l'unico, assieme a Beverly, a guardare DENTRO It)  enon per qualche contorto e scricchiolante piano. Ma che cazzo, già la vita dona poche gioie, perché non si può sperare, abbracciando idealmente un Ben finalmente felice, innamorato e pronto a girare il mondo in compagnia di Beverly? Sperando che la maledetta rimpatriata al ristorante cinese sia una delle mille che accompagneranno i Perdenti superstiti fino alla vecchiaia? Suvvia, lasciatemi sognare. E lasciate in pace Muschietti, criticoni.
FINE SPOILER



Del regista Andy Muschietti ho già parlato QUI. Jessica Chastain (Beverly Marsh), James McAvoy (Bill Denbrough), Bill Hader (Richie Tozier), James Ransone (Eddie Kaspbrak), Bill Skarsgård (Pennywise), Jaden Lieberher (Bill Denbrough da giovane) Nicholas Hamilton (Henry Bowers da giovane), Javier Botet (il barbone/la strega) e Xavier Dolan (Adrian Mellon) li trovate invece ai rispettivi link.


Il primo It ha portato fortuna ai giovani protagonisti, tutti tornati anche in questo secondo capitolo? Non proprio a tutti, in effetti, ma ad alcuni sì: Jack Dylan Grazer (Eddie) ha partecipato al film Shazam!, Finn Wolfhard (Richie) è sempre più mostro e, oltre a continuare a interpretare Mike in Stranger Things ha avuto tempo di doppiare Pugsley nell'imminente La famiglia Addams e parteciperà al nuovo Ghostbusters 2020; Sophia Lillis (Beverly) era nel cast di Sharp Objects, Chosen Jacobs (Mike) in quello di Castle Rock mentre Jeremy Ray Taylor (Ben) ha fatto capolino in Piccoli brividi 2 - I fantasmi di Halloween. Interessante invece vedere come l'attrice Molly Atkinson, che nel primo film interpretava la madre di Eddie, sia stata utilizzata nel secondo film per incarnarne la moglie, Myra; se inoltre, come me, volete sapere chi sia il "Peter" regista del film di Bill, trattasi di un regista vero, nella fattispecie Peter Bogdanovich il quale, per inciso, non è l'unica guest star eccellente della pellicola, anzi. Ma ho promesso niente spoiler, quindi vi rimando semplicemente alla visione di It e della miniserie del 1990 oltre a consigliarvi di leggere il romanzo di Stephen King. ENJOY!

martedì 11 giugno 2019

X-Men: Dark Phoenix (2019)

E finalmente è uscito anche l'ultimo film degli X-Men pre-Disney, un prodotto sulla carta assai ambizioso come X-Men: Dark Phoenix, diretto dal regista Simon Kinberg e tratto dalla Saga di Fenice Nera, storico arco narrativo della seconda generazione di X-Men. NO SPOILER, of course!


Trama: dopo aver recuperato degli astronauti persi nello spazio, Jean Grey viene investita da una forza cosmica che, a poco a poco, la corrompe, mettendo in pericolo tutto ciò che gli X-Men avevano ottenuto con fatica.



Verso questo X-Men: Dark Phoenix nutro sentimenti ambivalenti ma lasciate che metta in chiaro una cosa: NON è l'abominio che vorrebbero farvi credere l'80% delle recensioni presenti su internet. Sono molti gli aspetti positivi del film, in primis l'atmosfera cupa e disperata che permea ogni singolo fotogramma della pellicola, imperniato su una storia così tetra che nemmeno le scintille di Dazzler all'inizio possono rischiararla. La storia di Fenice Nera dovreste conoscerla tutti, quindi in questo caso non c'è spoiler: la mente di Jean Grey viene corrotta dal potere di un'entità cosmica che enfatizza tutte le sue emozioni, positive o negative che siano, e la priva del controllo sui suoi poteri, già di base abbastanza "volatili". Questo risvolto narrativo, contestualizzato all'interno della storyline cinematografica degli X-Men recenti, ci consegna un'adolescente (o poco più) che si trova ad avere a che fare con traumi infantili spaventosi, che incappa in un errore dopo l'altro poiché smette di fidarsi di coloro che ama di più, che distrugge letteralmente il mondo pacifico in cui gli X-Men sono riusciti ad affermarsi come eroi amati invece di paria. Il mondo è bianco o nero quando si ha l'età di Jean Grey e non è facile capire le azioni di un uomo storicamente ambiguo come Charles Xavier, qui finalmente ritratto come il rattuso emerso nel corso di anni di fumetti piuttosto che come un'amorevole papà; è difficile fidarsi di chi palesemente gode della fama e del successo, di chi si fa scudo di giovani mutanti mandandoli allo sbaraglio (vi ricordo che, nei fumetti, Xavier ne ha fatti morire parecchi di X-Men giovani) e di chi prende decisioni importantissime senza consultare nessuno, per poi "dimenticarsene" lasciando nella confusione i diretti interessati. E' difficile empatizzare con un personaggio come Xavier, che alla fine risulta più negativo di Jean Grey e persino dello stesso Magneto, poiché se la rabbia e i crimini di questi ultimi nascono dal (ri)sentimento, il primo non si accorge nemmeno di commettere crimini, preso com'è dal suo ego e dal desiderio di plasmare il mondo secondo la sua concezione. Davanti a un villain in disguise come Xavier (ah, quanto mi sarebbe piaciuto un bell'Onslaught, ma ormai...) è normale che scompaiano i flosci D'Bari, spenti ed asettici come l'orrida tinta bionda in cui è stata costretta la solitamente splendida Jessica Chastain, mai così poco carismatica.


Stavo quasi per cominciare a parlare degli aspetti negativi di Dark Phoenix ma prima diamo a Cesare quel che è di Cesare (oltre alle trentatré pugnalate), ché qualcosa di positivo, oltre a questa strisciante oscurità, ancora c'è. Sophie Turner, per esempio. Già, proprio lei, la spilungona de Il trono di spade. C'è qualcosa di liberatorio nel vederla abbandonarsi al potere di Fenice, qualcosa che con Famke Janssen non era abbastanza sottolineato, soffocato da sottotrame "sentimentali" e da una generale incapacità di gestire i personaggi, mentre attraverso la giovane attrice si percepisce in tutta la sua sublime grandezza; la sofferenza di Jean Grey stavolta si trasmette direttamente allo spettatore (sì, persino a me che ho sempre odiato Jean, in carta e in film) ma è comunque ipnotico il modo in cui la mutante annienta con un solo gesto tutti coloro che la vorrebbero vedere morta o vorrebbero approfittarsi di lei in qualche modo, con un sorriso di puro godimento sulle labbra, la consapevolezza di essere superiore a chiunque mescolato all'orrore causato da questa conoscenza. Ecco perché i combattimenti all'interno del film sono tra i migliori realizzati per questo genere di film, perché in essi c'è la cattiveria e la sofferenza, oltre alla perizia tecnica e l'entusiasmo di responsabili degli effetti speciali, stuntman ecc.. La sequenza dello scontro all'interno del treno, catastrofica a più livelli, è chiarissima, molto ben diretta, ha persino il pregio di inserire un elemento che avrebbe potuto essere trattato meglio, ovvero la tentacolare azione dell'oscurità di Fenice, che arriva a toccare persino l'infantile Nightcrawler, cambiandolo. Lo sfogo finale di Fenice da dei punti a quell'orrore di X-Men - Conflitto finale, l'incidente a inizio film, mostrato attraverso due punti di vista differenti, è angosciante, e anche lo scontro ambientato in mezzo alla città (nonostante la presenza di due dei mutanti più MEH dell'intero franchise, poi ci torno) è epico e ben fatto. Insomma, sono molti gli aspetti positivi di Dark Phoenix, eppure ho percepito qualcosa che mi ha fatta uscire dal cinema "media" come diceva Elio ne Il vitello dai piedi di balsa, né esaltata né scazzata.


Come ho scritto su FacebookDark Phoenix mi è sembrato molto svogliato, e non solo perché è palese che molti dei coinvolti non ne hanno più voglia (Jennifer Lawrence doveva già abbandonare la baracca con Apocalisse e si vede, idem per Michael Fassbender e Nicholas Hoult) ma anche per come sono stati scritti i personaggi. Salvo Xavier e Jean Grey, gli altri sono dei pupazzetti senz'anima ai quali sono state messe in bocca le peggiori banalità e la cartina tornasole di quanto affermo è la scomparsa di un personaggio importantissimo che diventa mero mezzo per portare la trama nella direzione voluta dagli sceneggiatori. Nessuna emozione, nessuna empatia nel corso dell'evento, il che è assurdo. Nonostante i personaggi da gestire fossero molto pochi, perché fortunatamente Dark Phoenix non è la sagra della guest star mutante (anche se qui e lì cicciano la già citata Dazzler e, di spalle, persino Quentin Quire con la capigliatura da cacca di Arale), gli X-Men rimasti sono comunque delle figurette intercambiabili in (orribile) tutina e benché sia felice di non aver assistito all'ennesimo sfoggio tecnico imperniato sui poteri di Quicksilver (che pur si profonde in un bel numero, più contenuto, giustamente adatto all'atmosfera del film), il poco metraggio che gli viene concesso ha del perplimente. Ma d'altronde Tempesta e Ciclope sono delle ombre sullo sfondo, mera manovalanza da VFX, quindi perché domandare di più? Abbastanza terrificante anche la resa di Genosha, storico stato mutante ipertecnologico, teatro delle più sconvolgenti catastrofi della saga cartacea. Qui abbiamo un meraviglioso Magneto in versione George Clooney immerso nelle atmosfere tipiche di uno spot della Nescafé, dove tutto è equo e solidale, persino la marijuana. Anonima Genosha, anonimi i D'Bari, alieni sui generis usciti dal bignami della fantascienza, anonimi i tirapiedi di Magneto: santo cielo, ma con tutti i mutanti tirati fuori nel corso degli anni, hanno dovuto ripiegare su un tizio sconosciuto che muove i dread e ridurre Selene (Selene. Ho dovuto andare a controllare su Imdb perché speravo di aver sentito male nel film) al rango di scappata di casa? Nemmeno quella schifezzuola di The Gifted aveva osato tanto. La cosa mi intristisce ancor più perché Dark Phoenix poteva essere come il suo corrispettivo cartaceo: sfacciato, tragico, cattivissimo, capace di distruggere i personaggi lasciando strascichi decennali, mentre qui basta un mese per far tornare tutto a posto, vai di tarallucci e vino, vecchi amici e fotografie di gente sorridente. L'amaro in bocca che mi ha lasciato l'ultima possibilità di far brillare davvero gli X-Men come una Fenice, prima di gettarli nell'oblio o nell'omologazione, è lo stesso rimasto allo Xavier scornato, senza più un perché nella vita. Questo freno tirato, questa parziale noncuranza svogliata, mi fanno avere molta paura per quanto riguarda New Mutants. Spero di sbagliarmi.


Di James McAvoy (Professor Charles Xavier), Michael Fassbender (Erik Lehnsherr/Magneto), Jennifer Lawrence (Raven/Mystica), Nicholas Hoult (Hank McCoy/Bestia), Tye Sheridan (Scott Summers/Ciclope), Evan Peters (Pietro Maximoff/Quicksilver), Kodi Smit-McPhee (Kurt Wagner/Nightcrawler) e Jessica Chastain (Vuk) ho parlato ai rispettivi link.

Simon Kinberg è il regista della pellicola. Inglese, conosciuto più come produttore (X-Men - L'inizio, La leggenda del cacciatore di vampiri, X-Men - Giorni di un futuro passato, Cenerentola, Sopravvissuto: The Martian, X-Men: Apocalisse, Logan - The Wolverine, Deadpool, Assassinio sull'Orient Express, Deadpool 2, The Gifted, Legion), è al suo primo lungometraggio dopo un episodio de The Twilight Zone. Anche sceneggiatore e attore, ha 46 anni.


Sophie Turner interpreta Jean Grey/Fenice. Inglese, la ricordo per film come X-Men: Apocalisse, inoltre ha partecipato alla serie Il trono di spade. Ha 23 anni e due film in uscita.


Alexandra Shipp interpreta Ororo Munroe/Tempesta. Americana, ha partecipato a film come Alvin Superstar 2, X-Men:Apocalisse, Tragedy Girls e Deadpool 2. Anche produttrice, ha 28 anni e quattro film in uscita.


Tra gli ospiti della Casa Bianca spunta fuori lo scrittore storico degli X-Men, Chris Claremont. L'attrice Halston Sage, che interpreta Dazzler, aveva già lavorato con Tye Sheridan in Manuale scout per l 'apocalisse zombie. Folli voci di corridoio affermavano che Jessica Chastain avrebbe interpretato l'aliena Shi'ar Lilandra, storica moglie di Xavier, e si pensava persino che tale personaggio sarebbe stato affidato ad Angelina Jolie. Se il film vi fosse piaciuto recuperate  X-MenX-Men 2X-Men - Conflitto finale, X-Men - L'inizio X-Men: Giorni di un futuro passato, X-Men Origins: Wolverine, Wolverine - L'immortale, Logan - The Wolverine, Deadpool e Deadpool 2. ENJOY!


E ritorna, per la gioia di tutti i bambini... L'angolo del Nerd (o del gnégnégné, fate voi)
HIC SUNT SPOILER!:

Starhammer/Vuk: solitamente per questo spazio non uso Wikipedia ma ricordavo che i D'Bari erano semplicemente "il popolo fatto scomparire da Fenice", invece qualcuno è sopravvissuto e questo qualcuno, per esempio, è Vuk. Un D'Bari verdognolo impegnato in una quest per distruggere la Fenice, dotato di un'armatura che lo ha reso Starhammer. Di più non domandate.

Alison Blair/Dazzler: membro degli X-Men capace di trasformare il suono in fasci di luce luminosi, fuochi d'artificio, quello che volete. Un simile potere, unito alle sue doti canore, per un po' ne ha fatto anche una rockstar se non sbaglio, ma la cosa che più conta è che, dopo anni di tira e molla col fidanzato alieno (e fortunato) Longshot, in qualche modo contorto tirato fuori da sceneggiatori rincoglioniti, sembrava ci fosse scappato anche un figlio, Shatterstar... e in effetti è così ma Shatterstar è anche il materiale genetico da cui è nato Longshot, che ha messo incinta Dazzler, che ha fatto nascere Shatterstar, che è tornato nel passato per fornire il materiale genetico per Longshot che al mercato mio padre comprò.

Selene: Regina Nera del Club infernale, mutante millenaria, praticamente una dea, ha poteri psichici potentissimi, è telecineta e persino una strega, inoltre riesce a rimanere perennemente giovane perché assorbe l'energia vitale delle sue vittime e spesso e volentieri le assoggetta a sé. Insomma, un bel donnino potentissimo nonché una dei più mortali nemici di X-Men e affini. Altro che contadina delle piantagioni di Magneto, dai.

martedì 22 gennaio 2019

Glass (2019)

Ammetto che, nonostante l'ormai radicato disprezzo per M. Night Shyamalan, qui in veste di regista e sceneggiatore, quella di Glass era una delle uscite che aspettavo di più.


Trama: mentre l'Orda e la Bestia continuano a mietere vittime, David Dunn decide di sfruttare propri poteri per fermarli. I due non ci metteranno molto a incrociare il cammino con Elijah Price, l'"uomo di vetro"...



Diamo subito un contentino a tutti coloro che hanno sputato veleno e non solo sull'ultima fatica Shyamalana. E' vero, sì, Glass non è degno di allacciare le scarpe né ad Unbreakable né a Split. Unbreakable era innanzitutto la storia dolente di un uomo incapace di accettare la propria natura e lo Shyamalan Twist finale era la ciliegina sulla torta di una storia già bella di suo, uno strano ibrido tra dramma e stilemi tipici dei fumetti; Split, per contro, partiva come un horror e rimaneva tale fino alla fine, con un racconto neppure troppo banale imperniato su dolore, abusi ed infanzie negate. Insomma, due film che non avevano nulla da spartire, se non per la scena appena prima dei credits del secondo, eppure da lì è nata una delle trilogie più attese degli ultimi tempi e Glass riesce ad essere contemporaneamente sia un ribaltamento delle concezioni dei primi due capitoli sia una naturale prosecuzione degli eventi. E, per questo, un film inferiore, vuoi perché pretende di raccontare troppo tutto assieme, vuoi perché sia Unbreakable che Split erano in grado di fare storia "a sé", senza bisogno di aggiungere altro e, guardando Glass, sembra quasi che il concept di "fumetto inserito nella realtà e viceversa" venga stiracchiato in maniera inverosimile. Eppure, proprio per questo ho trovato Glass la degna conclusione della trilogia, un divertissement simpatico nonché il ribaltamento di Unbreakable, poiché qui si parte dalla convinzione dell'esistenza dei supereroi per cercare di ridimensionarli e portarli coi piedi per terra. Alla Dottoressa Staple viene infatti accollato l'ingrato compito di smontare pezzo per pezzo sia le convinzioni di Elijah Price che le manie di grandezza dell'Orda, l'allegro trio composto da Dennis, Patricia ed Hedwig convinti dell'esistenza della Bestia; ovviamente, la mente più permeabile, quella che già diciannove anni fa metteva in discussione la propria natura di supereroe, è quella di David Dunn, ormai rimasto vedovo ma con accanto il figlio Jacob, che come sempre lo adora. Altro non dirò sulla trama, ché sarebbe una bestemmia, tuttavia vorrei spendere due parole su quello che ho più apprezzato di Glass e cioé il palese desiderio Shyamalano di inserire in un contesto reale tutti i cliché dei fumetti supereroistici, anche i più inverosimili. Se in Unbreakable questi stilemi erano inseriti ma solo lo spettatore attento poteva coglierli, qui vengono sbattuti in faccia al pubblico e alla Dottoressa Staple, tanto che è impossibile infilare la testa sotto la sabbia e fingere di non vederli: c'è la prosecuzione di una origin story, con tutti gli improbabili collegamenti del caso, ci sono un sidekick, un'eminenza grigia, una bella che riesce a placare la bestia, l'idea di una love story tormentata, gli spiegoni interminabili dei villain, scontri finali (i cosiddetti showdown, che noi forse chiameremmo "resa dei conti" e che qui, per colpa di un adattamento scellerato che ha tradotto persino "comic books" con libri DI fumetti - albi a fumetti pareva brutto?- acquisisce un'accezione tortuosissima), momenti in cui si mescolano le alleanze, mentori e persino personaggi secondari talmente stupidi da fare il giro, imbarazzanti quanto la cosiddetta "sicurezza" di un centro di igiene mentale espugnabile persino da un bimbo di 5 anni.


Tutto questo può apparire ridicolo, fuorviante, sicuramente da l'impressione di appesantire il racconto, eppure la spiegazione ad ogni cosa, anche quelle apparentemente fuori posto, viene fornita in un dialogo rivelatore, che conferma M. Night Shyamalan come uno dei migliori illusionisti cinematografici (o, se siete detrattori fino in fondo, ancora peggio di me, uno dei peggiori "venditori di fumo e merda" dell'industria - cit.-) e, per quanto continui a volergli male per roba come Lady in the Water, E venga il giorno e The Last Airbender, uno degli autori più coerenti in circolazione. Quando Shyamalan ha un'idea, state pur certi che la porterà fino in fondo e Glass, con tutti i suoi difetti, è il frutto di questa determinazione testarda, il che mi porta a stimarlo a prescindere. Poi, ovviamente, ci sono tutti i rimandi ai film precedenti, a partire da quei colori che diventano sempre più pallidi, mescolati al grigiore della realtà, a mano a mano che i protagonisti perdono di fiducia in se stessi... e poi c'è James McAvoy, che giustamente si becca il primo posto nei credits. Ora, dopo aver guardato Split in originale non c'è doppiatore che tenga, quindi mi riservo di riguardare anche Glass in lingua, appena sarà disponibile, tuttavia adoro il modo in cui l'attore cambia nel giro di un secondo il linguaggio del corpo, la postura, lo sguardo, adattandosi ad abiti e situazioni differenti senza mai cadere nel ridicolo e trasformandosi letteralmente nelle 24 diverse personalità che abitano il corpo di Kevin. Samuel L. Jackson, muto per buona parte del film, non si lascia mettere i piedi in testa dall'inglesotto, ci mancherebbe, e basta con la sua sola carismatica presenza a ridurre al silenzio o all'incredulità persino la Bestia, mentre il povero Bruce Willis è penalizzato sia dal ruolo ai margini riservato a Dennis Dunn (quello di silente e poco convinta nemesi) sia da un paio di riprese ravvicinate nei momenti più concitati, che spezzano la tensione e la gloria dei corpo a corpo presenti nel film. Sarà che Bruccino ormai non è più Unbreakable come un tempo? A prescindere dalla vecchiaia di colui che comunque è e sarà sempre un grandissimo figone, sta di fatto che durante la visione di Glass mi sono divertita, entusiasmata e parecchio commossa quindi direi che, pur non potendo ancora testimoniare il ritorno di Shyamalan, se non altro posso affermare che Shyabadà, anche stavolta, è rimasto a casa. Al prossimo showdown, caro il mio indianino megalomane!


Del regista e sceneggiatore M.Night Shyamalan, che interpreta anche Jai, ho già parlato QUI. James McAvoy (Patricia / Dennis / Hedwig / La Bestia / Barry / Heinrich / Jade / Ian / Mary Reynolds / Norma / Jalin / Kat / B.T. / Kevin Wendell Crumb / Mr. Pritchard / Felida / Luke / Goddard / Samuel / Polly), Bruce Willis (David Dunn), Samuel L. Jackson (Elijah Price), Anya Taylor-Joy (Casey Cooke), Sarah Paulson (Dr. Ellie Staple) e Spencer Treat Clark (Joseph Dunn) li trovate invece ai rispettivi link.

Charlayne Woodard interpreta Mrs. Price. Americana, ha partecipato a film come La seduzione del male, The Million Dollar Hotel, Unbreakable - Il predestinato e a serie quali Pappa e ciccia, Willy il principe di Bel Air, Frasier, E.R. Medici in prima linea e Medium. Ha 65 anni.


Neanche da dire, non andate a vedere Glass senza prima aver recuperato Unbreakable - Il predestinato e Split. sono due film molto belli, soprattutto il primo, quindi non ve ne pentirete a prescindere. ENJOY!


martedì 22 agosto 2017

Atomica bionda (2017)

Scrolliamo dal blog la ruggine da ferie con l’esplosivo film Atomica Bionda (Atomic Blonde), diretto dal regista David Leitch e tratto dalla graphic novel La città più fredda di Antony Johnston e Sam Hart. Pronti a spararvi in cuffia la migliore musica di fine anni ’80?


Trama: l’agente del MI6 Lorraine Broughton viene mandata a Berlino per recuperare una lista zeppa di segreti bramata da inglesi, americani, russi e francesi… proprio mentre i giorni del muro sono agli sgoccioli!


Alla mia veneranda età, dopo aver visto un buon numero di film, fatico ormai a ricordare nomi di registi e attori "secondari". Alla fine di Atomica Bionda mi è capitato di sussurrare al Bolluomo, col sorrisone sulle labbra, una cosa tipo "Ah ma questo è il modo in cui avrebbero dovuto girare quella mer*a di John Wick 2!" per poi scoprire, in effetti, che David Leitch era il co-regista non accreditato del primo, bellissimo John Wick, il cui secondo capitolo è stato diretto solo da Chad Stahelski. Da qui ho avuto modo di capire che, a son di guardare film, ho imparato qualcosa relativamente non solo a cosa viene raccontato bensì anche al "come", ma soprattutto di riflettere un po' sul Cinema di Menare (non me ne vogliano i fan de I 400 calci se utilizzo un loro termine), genere che, per quanto bistrattato dalla cVitica, ha un suo modo di essere e una sua dignità se realizzato bene, al punto che persino chi si intende di regia, montaggio e stunt tanto quanto un fermacarte (tipo la sottoscritta) riesce a capire facilmente la differenza tra un John Wick 2 e una meraviglia come Atomica Bionda: qui ci sono cuore, tecnica e gusto estetico, là c'è solo la pigrizia con la quale si prende per il naso lo spettatore. Perché a me (come ad altri spettatori, spero) frega poco di vedere Keanu Reeves ammazzare gente se le coreografie che lo vedono impegnato sono sempre le stesse e se il montaggio o la regia non mi esaltano, altrimenti non si parlerebbe, appunto, di coreografie, regia e montaggio e rimarremmo fermi a Van Damme o Steven Seagal al nadir delle loro carriere. In Atomica Bionda ci si mena ma lo si fa con un senso estetico superiore, col desiderio di costruire una scena, coccolando l'occhio dello spettatore con una bellezza che non è solo quella di una Charlize Theron che sarebbe gnocca persino avvolta in un sacco di juta e sfigurata dai lividi ma è anche e soprattutto quella di scontri all'arma bianca/pugni/calci/quello che volete così ben fatti da sembrare dei balletti, altro che La La Land. Questi sono film realizzati da gente che conosce benissimo il genere, lo ama e lo rispetta, da artigiani e stuntman che scelgono di renderlo appetibile anche per un pubblico di gente meno di nicchia, coinvolgendo grandi nomi e puntando tantissimo su scenografie, musiche, costumi e qualsiasi altro elemento possa risultare gradevole anche a chi non mastica pane e tamarreide dal mattino alla sera. A inizio 2000 c'erano i wu-xia occidentalizzati, oggi ci sono questi... come chiamarli? Action fortemente estetici? Non saprei ma, a prescindere da come vogliamo chiamarli, non ci si può lamentare della loro presenza sul mercato.


Sorvolando un attimino su una trama che a tratti si perde in un tourbillon di nomi in codice e passaggi di testimone, Atomica bionda ha tutto quello che serve per rendere la Bolla una bimba felice. Innanzitutto, ha una protagonista carismatica (e sapete quanto io ADORI le donne forti nel Cinema) interpretata da un'attrice che, ora come ora, è una delle migliori in circolazione. Non mi sento di scrivere altre righe sulla bellezza di Charlize Theron, quella donna è gnocca e bravissima, ma è innanzitutto una macchina da guerra credibile e stilosa da matti: le mise che la Theron indossa nel corso del film, non tanto quelle per me inarrivabili sfoggiate nei club berlinesi ma proprio quelle "da tutti i giorni", le sognerò nei mesi a venire, spulciando i siti di shopping on line per scovare qualche capo autunnale da mettere a mia volta. Magari con risultati diversi, ma l'importante è provare. Seconda cosa, Atomica bionda ha una serie di personaggi "di contorno" da paura. Ormai James McAvoy ha superato il noiosino Fassbender nella mia personalissima classifica di figaggine e quando lo sfruttano per ruoli da alcoolizzato/pazzo mi si scioglie il cuoricino; per gli ometti (o per le fanciulle amanti dello stesso sesso) c'è una Sofia Boutella sempre più affascinante, impegnata in una paio di scene capaci di lasciare letteralmente a bocca aperta il Bolluomo. Non potevo nemmeno prenderlo a schiaffi, visto che la Boutella e la Theron sono talmente sensuali assieme da far vacillare la mia eterosessualità come non erano riuscite nemmeno Natalie Portman e Mila Kunis ne Il cigno nero. Il parterre di attori ovviamente non finisce lì: vedere John Goodman, Toby Jones, Eddie Marsan e il futuro Pennywise Bill Skarsgård condividere lo schermo con la protagonista è sempre una gioia, così come è splendido vederli camminare per le due Berlino un attimo prima del crollo del maledetto muro. L'ambientazione è il terzo elemento vincente di Atomica Bionda, con le due anime di Berlino, la est più "straccionata" ma viva in un modo che la ovest può solo sognare, riportate perfettamente su pellicola e la storia reale che si insinua prepotentemente all'interno della finzione, segnando la sconfitta (non definitiva) di tutti i giochi di spie, traditori ed assassini che coi loro segreti hanno scritto una delle pagine più nere della storia mondiale. Immancabile infine, per mantenere il mood berlinese di fine anni '80, una colonna sonora stupenda che spazia da David Bowie a Blue Monday, passando per immancabili hit tedesche come 99 Luftballons e la sempre adorabile Der Commissar per poi finire con London Calling e Under Pressure, sempre per non dimenticare il divino Starman e l'altro divino Freddie Mercury. Volete altri motivi per andare a vedere Atomica bionda? Io sinceramente non perderei tempo e correrei al cinema prima che lo tolgano!


Del regista David Leitch ho già parlato QUI. Charlize Theron (Lorraine Broughton), James McAvoy (David Percival), Eddie Marsan (Spyglass), John Goodman (Emmett Kurzfeld), Toby Jones (Eric Gray) e Sofia Boutella (Delphine Lasalle) li trovate invece ai rispettivi link.

Bill Skarsgård interpreta Merkel. Svedese, figlio di Stellan e fratello di Alexander, lo ricordo per il film Anna Karenina, inoltre ha partecipato a serie quali Hemlock Grove. Ha 27 anni e tre film in uscita tra cui, ovviamente, IT, dove ricoprirà il ruolo di Pennywise!


I più accaniti fan di Tarantino avranno riconosciuto nei panni dell'orologiaio l'attore Til Schweiger, ovvero l'Hugo Stiglitz di Bastardi senza gloria. Detto questo, se Atomica bionda vi fosse piaciuto vi consiglio di recuperare Nikita e il primo John Wick. ENJOY!

venerdì 3 febbraio 2017

Split (2016)

Per quanto col tempo sia arrivata quasi a odiarlo, sul Bollalmanacco c'è sempre posto per M. Night Shyamalan, regista e sceneggiatore di Split. Oddio, wait a moment. Ho scritto Shyamalan e non Shyabadà. Vuoi vedere che stavolta...? Segue breve post SPOILER FREE!


Trama: tre ragazze vengono rapite da un uomo dotato di ben ventitré personalità diverse, reso ancora più pericoloso dall'insorgere di una ventiquattresima...


Negli ultimi anni l'idea di un film diretto, sceneggiato o persino prodotto da Shyamalan era diventata motivo di ilarità. Dopo gli exploit de Il sesto senso, Unbreakable, The Village e persino Signs, che a me era piaciuto parecchio nonostante si fosse beccato pernacchie e sputi da chiunque, ogni pellicola che portava l'ingombrante firma del nostro si era rivelata una sòla, una presa per i fondelli pompata da un ego presuntuoso, dalla convinzione di essere uno storyteller della Madonna e dalla necessità di inserire il fantomatico "Twist alla Shyamalan". Due anni fa, con The Visit, il regista si era fatto una bella doccia di umiltà e aveva confezionato un'opera non priva di difetti (stiamo pur sempre parlando di qualcosa prodotto dalla Blum House, così come lo stesso Split) ma comunque dignitosa, concentrandosi più sulla sua bravura di regista attento ai dettagli che su quella di sceneggiatore e quest'anno, con Split, è finalmente riuscito a girare qualcosa nuovamente meritevole di attenzione e rispetto. Anzi, posso dire che al momento Split è al secondo posto nella mia classifica di gradimento Shyamalano, subito sotto l'intoccabile Il sesto senso. Il motivo è presto detto: quella di Split è una storia intrigante, capace di mettere alla prova sia chi ha un minimo di dimestichezza col regista sia chi è alla sua prima esperienza e, soprattutto, non cala di ritmo neppure per un istante. Il disturbo dissociativo dell'identità è un tema naturalmente intrigante, da sempre perfetto per confezionare thriller imprevedibili e, al di là di un paio di "cadute di stile" legate ad un futuro universo Shyamalano (e comunque la scena mid-credits ha strappato l'applauso a me e ad altri seduti in poltrona), il regista lo gestisce alla perfezione focalizzando la sua attenzione non solo su Kevin, ideale fratello del Legione degli X-Men, ma anche sull'oscurità che circonda la giovane Casey, rapita assieme a due sue amiche dallo stesso Kevin, e sulla figura della Dottoressa Fletcher, uno dei pochi psichiatri sullo schermo che dimostra di sapere fare il suo lavoro con competenza e, soprattutto, con lo scopo di proteggere il paziente.


Nonostante il nostro sguardo venga inevitabilmente catturato da Dennis, Barry, Hedvig e le altre personalità nascoste dentro Kevin, Shyamalan riesce comunque ad insinuare dubbi anche sui personaggi "esterni" grazie a un abile gioco di inquadrature, montaggio e dialoghi, spingendo lo spettatore a farsi ben più di ventiquattro pensieri diversi sul modo in cui si risolverà la pellicola e, ammettiamolo per una volta, spingendolo a volerne ancora (ora ESIGO di conoscere anche le personalità che non sono state presentate!). Dare tutto il merito a Shyamalan sarebbe però ingiusto, adesso non esageriamo altrimenti torna a rimontarsi la testa. Il vero mostro del film è James McAvoy e mai quanto mercoledì ho desiderato di avere a disposizione un cinema illuminato che proiettasse le pellicole in lingua originale. Non potendo parlare con cognizione di causa dell'interpretazione dell'attore per intero, posso solo magnificarne la fisicità e l'espressività, che gli consente con un paio di gesti, un lieve mutamento della postura e un semplice cambio d'abiti (ma spesso non serve neppure quello!), di mostrare almeno sei delle ventiquattro personalità che compongono Kevin e di mettere conseguentemente ansia in mezza dozzina di modi diversi. A reggergli il gioco ci pensano la brava Betty Buckley con degli strepitosi botta e risposta e, soprattutto, la giovanissima Anya Taylor-Joy. Quest'ultima, con i suoi espressivissimi occhioni neri, supera il mero cliché di scream queen e final girl per regalare al pubblico un personaggio che non necessita di parole o gesti eclatanti per venire ricordata, le basta uno sguardo in camera sul finale, capace di raggelare lo spettatore con un orrore ancora più grande di quello vissuto fino a quel momento. Al netto di un paio di momenti in cui la suspension of disbelief dello spettatore viene messa a dura prova (nulla che il ricordo di Lady in the Water e della natura scoglionata di E venga il giorno non possa mettere a tacere, ovviamente!), mi sento dunque di dire che Manoj Nelliyattu Shyamalan stavolta è riuscito proprio a farsi volere bene e a girare un thriller-horror assai pregevole quindi bravo ciccio, continua così!


Del regista e sceneggiatore M. Night Shyamalan, che compare anche nel ruolo di Jay, ho già parlato QUI. James McAvoy (Kevin Wendell Crumb), Betty Buckley (Dr. Karen Fletcher) e Brad William Henke (Zio John) li trovate invece ai rispettivi link.

Anya Taylor-Joy interpreta Casey Cooke. Americana, la ricordo per film come The Witch e Morgan. Ha 21 anni e un film in uscita.


Inizialmente, avrebbe dovuto essere Joaquin Phoenix ad interpretare Kevin ma siccome era impegnato in altri progetti è stato scelto James McAvoy. Split, a quanto pare, è il secondo film di una trilogia che Shyamalan vorrebbe girare: se vi fosse piaciuto recuperate quindi Unbreakable - Il predestinato e aggiungete Identità, L'inquilino del terzo piano e Psyco. ENJOY!

martedì 24 maggio 2016

X-Men: Apocalisse (2016)

Siete pronti a leggere il lunghissimo sproloquio SENZA SPOILER su X-Men: Apocalisse (X-Men: Apocalypse), diretto e co-sceneggiato dal regista Bryan Singer? Dai, non perdiamo tempo.


Trama: A dieci anni dagli eventi accorsi nell'ultimo film Mystica è un'eroina ormai leggendaria, Magneto si è ritirato a vita privata e Xavier ha aperto la sua scuola per giovani dotati. Il risveglio dell'antichissimo mutante Apocalisse e l'arrivo dei suoi quattro Cavalieri cambierà ovviamente le cose, costringendoli a tornare in azione...


 Invecchiando cambiano le priorità, ormai l'ho capito. Se 20 anni fa mi avessero detto che sarebbe uscito un film sugli X-Men, avrei ovviamente voluto vedere sul grande schermo quanti più mutanti possibili, non importa per quanto tempo, e mi sarei divertita come una matta a puntare il dito urlando a squarciagola "Ma quello è - inserire nome mutante a piacere - !!!" per poi magari ficcarmi lo stesso dito in gola vomitando per l'orrore di un make-up teso a rovinare per sempre l'immagine di un personaggio che sulla carta era un figo pazzesco (Sabretooth nel primo X-Men docet). Allo stesso modo, se 20 anni fa mi avessero detto che avrei aspettato con più ansia una pellicola sugli odiati Avengers rispetto ad una dedicata agli X-Men avrei riso e sicuramente avrei giurato che la seconda sarebbe stata meglio della prima. Oggi però voglio assolutamente mettere nero su bianco che le parate di guest star non mi bastano più e che, per quanto blanda, voglio l'introspezione psicologica, ESIGO che si creino un minimo di legami sensati tra i personaggi, soprattutto che i nuovi eroi introdotti non siano messi lì tanto per vendere pupazzetti o stagliarsi sullo schermo freddati in improbabili pose epiche. Nei limiti, a queste poche pretese sono venuti incontro la Marvel e persino Gabriele Mainetti, la Fox e Bryan Singer invece no, quindi mi ritrovo a dire che X-Men: Apocalisse è semplicemente un divertente fumettone senz'anima, buono per una serata in compagnia passata a scommettere come Xavier perderà i capelli o poco più, dimenticabile nel giro di una settimana o anche meno. Quello che nei primi due reboot era uno spunto interessante, ovvero mostrare, di decennio in decennio, un mondo ancora "vergine" per quanto riguarda la questione mutante, e gli stessi mutanti ancora incerti su come usare i propri poteri o affrontare la propria diversità, in X-Men: Apocalisse si rivela un autogol sottolineato dalla stessa Mystica in uno dei dialoghi: di Magneto parliamo tra un attimo, ma com'è possibile che per dieci anni (l'azione si è spostata negli anni '80) Xavier, nonostante possieda un macchinario capace di trovare chiunque sia in possesso del Gene X, si sia isolato nella sua scuoletta pensando solo ai mutanti che possono pagare la retta quando nel resto del mondo i suoi simili vengono sfruttati come fenomeni da baraccone? Mistero.


Da qui si snoda la trama di X-Men: Apocalisse, la cui azione "vera" parte dal momento in cui Mystica, forse l'unico personaggio ancora tratteggiato decentemente, decide di dare la sveglia a Xavier. Ma il film si chiama Apocalisse, quindi parliamo di En Sabah Nur. Il villano della pellicola si ritaglia un paio di scene epiche, scatenando "fenomenali poteri cosmici" capaci di far scurire la braghetta di Stan Lee e della moglie, ma in definitiva Elvis avrebbe potuto prenderlo da parte e dirgli: "A little less conversation, a little more action please". Buona parte del film infatti è basata soltanto sul lavoro di restyling offerto dal vecchio Apocalisse ad un quartetto di mutanti, ai quali viene data non solo la possibilità di aumentare i propri poteri ma anche quella di sfoggiare un look cool indispensabile per gli araldi di una Divinità egizia; e se è vero che Tempesta, orfana abitante del Cairo costretta a rubare per vivere, oppure Angelo, privato delle ali come nel fumetto, un paio di motivi per dare retta a 'sto vecchio pedofilo ce li avrebbero pure, nulla giustifica la decisione dell'inutile Psylocke e di Magneto di seguirlo imbarcandosi nella distruzione del mondo "perché sì". A proposito di personaggi gettati a caso nel calderone, Psylocke, Havok e Jubilee hanno avuto la sfiga di finire sotto le mani di sceneggiatori incompetenti ottenendo lo spessore di tre figurine di carta, tanto che vi sento già pensare "Jubilee chi?": ecco, avete presente la tizia con l'impermeabile giallo, i codini e gli orecchini grossi che dirà due parole in tutto il film? E' una dei personaggi mutanti più gradevoli di sempre ma in X-Men: Apocalisse è diventata una tristissima marchetta che abbiamo riconosciuto solo noi nerd. Forse però è andata peggio a Magneto il quale, come dicevo, per ogni anno che passa perde probabilmente un pezzo di cervello e non sa più bene se essere buono o cattivo, dipende da quale enorme tragedia ha la sventura di segnarlo quel giorno e se la bromance tra lui e Xavier funziona oppure no. Sta di fatto che ormai Xavier a furia di perdere parti del corpo per colpa di Magneto è diventato 'na chiavica, mentre Erik viene rimandato a casa con una ramanzina e una botta di "vecchio amico" a prescindere che faccia saltare un pianeta oppure uccida una cucciolata di gattini (vi rendo edotti del fatto che il bodycount di X-Men: Apocalisse è altissimo e le implicazioni delle azioni di ogni mutante coinvolto farebbero schiumare di rabbia non solo Trump, Salveenee e Tony Stark ma persino il Dalai Lama eppure nessuno batte ciglio. Giuro. Come se nulla fosse successo).


Sulla trama e i personaggi non dirò più nulla, rischio lo spoiler e ho promesso che non ne avrei fatti, rinuncio anche a spiegarvi qualcosa sulla continuity, tanto il furbissimo Singer ha cancellato i tre film originali e il futuro mostrato in Giorni di un futuro passato con un barbatrucco temporale quindi ha ragione lui (nei limiti, ché comunque mi deve spiegare cosa diamine ci fa un Angelo adolescente a Berlino negli anni '80). Aggiungo solo, per ricollegarmi alla parte tecnica del film, che il Quicksilver di Evan Peters è favoloso come sempre e, insieme a Hugh Jackman, vince a man bassa per quel che riguarda le sequenze più fighe di tutta la pellicola. Narra la leggenda che Peters sia stato l'attore che ha passato più tempo sul set, probabilmente perché la scena riservata a Quicksilver in Giorni di un futuro passato era qualcosa di spettacolare e giustamente i produttori e Singer hanno deciso di girarne una simile, più lunga e più divertente, sulle note di Sweet Dreams, facendone il fiore all'occhiello di X-Men: Apocalisse; per il resto, le altre due sequenze che ho molto apprezzato sono quella iniziale e quella ambientata dentro Cerebro, andando avanti si assiste invece ad un triste riciclo di idee straviste nei film precedenti e, peggio ancora, ad una certa sciatteria fatta di scene statiche e pose epiche che paiono realizzate apposta per creare dei wallpapers (a farne le spese, neanche a dirlo, sono quella tristezza di Psylocke e la povera Tempesta). Il make-up e il guardaroba dei personaggi, i due elementi che più di tutti rischiano di trascinare nel baratro dell'ignominia un film di supereroi, vanno dall'inguardabile di un Nightcrawler emo e un Angelo zamarro, alla bellezza di una Tempesta finalmente credibile e con un taglio di capelli e una tinta "naturali", un bel traguardo rispetto all'orrido gnomo imparruccato che era Halle Berry. Gli attori portano più o meno tutti a casa la pagnotta, nei limiti ovviamente della caratterizzazione del loro personaggio. Se, infatti, McAvoy, la Lawrence ed Evans ne escono a testa alta, a farne le spese stavolta sono Michael Fassbender, decisamente poco convinto, il povero Oscar Isaac sepolto sotto tonnellate di cerone, un'Olivia Munn tanto attesa e tanto gnocca ma anche tanto gatta di marmo e un Nicholas Hoult nei panni di una Bestia interessata solo a bombarsi Mystica (ho davvero sentito la frase "E io copro te!" in un film di supereroi? Serva, GIRATI che ti copro!), mentre i novellini Nightcrawler, Jean, Tempesta e Ciclope alla fine sono carini e potrebbero regalare delle soddisfazioni in futuro. Se un futuro ci sarà per la franchise. Quello che spero è che NON ce ne sia uno per l'orribile doppiaggio italiano. Vi prego, davvero, BASTA utilizzare degli stranieri per doppiare accenti diversi da quello americano: già l'Ajax di Deadpool faceva schifo ma Magda e Nightcrawler sono proprio inascoltabili, un mortale mix tra "spaco botilia amazo familia" e una pessima imitazione di Papa Ratzinger. Possiamo ritornare all'uniformità di accenti e al limite se vogliamo capire la nazionalità di un personaggio recuperiamo il film in lingua originale o la evinciamo dai dialoghi? Grazie. Ah, il post è finito, potete andare in pace Vecchi Amici.


 Del regista e co-sceneggiatore Bryan Singer ho già parlato QUI. James McAvoy (Professor Charles Xavier), Michael Fassbender (Erik Lehnsherr/Magneto), Jennifer Lawrence (Raven/Mystica), Nicholas Hoult (Hank McCoy/Bestia), Oscar Isaac (En Sabah Nur/Apocalisse), Rose Byrne (Moira MacTaggert), Evan Peters (Pietro Maximoff/Quicksilver), Tye Sheridan (Scott Summers/Ciclope), Lucas Till (Alex Summers/Havok), Kodi Smit-McPhee (Kurt Wagner/Nightcrawler) e Hugh Jackman (un non accreditato Logan) li trovate invece ai rispettivi link.

Josh Helman interpreta il Colonnello William Stryker. Australiano, ha partecipato a film come X-Men: Giorni di un futuro passato, Mad Max: Fury Road e a serie come Home and Away e Wayward Pines. Ha 30 anni e un film in uscita.


Olivia Munn (vero nome Lisa Olivia Munn) interpreta Psylocke. Americana, ha partecipato a film come Iron Man 2, Magic Mike, Liberaci dal male e Zoolander 2, inoltre ha lavorato come doppiatrice per serie come Robot Chicken. Anche sceneggiatrice, ha 36 anni e un film in uscita.

Sophie Turner, che interpreta Jean Grey, ha ottenuto la fama come Sansa Stark della serie Il trono di spade ma siccome non si parla ancora di un sequel diretto del film non è detto che torni nei panni della rossa telepate; Alexandra Shipp invece, che nel film interpreta Tempesta, potrebbe tornare nell'annunciato spin-off X-Men: The New Mutants, la cui data è ancora da destinarsi. Passando a chi non ce l'ha fatta, Tom Hardy ed Idris Elba erano stati contattati per il ruolo di Apocalisse poi scartati (fossi in loro me ne farei una ragione, indubbiamente!) mentre per quello di Jean erano in lizza Elle Fanning, Chloë Grace Moretz, Hailee Steinfeld, Saoirse Ronan, Lily Collins e persino Margot Robbie; Taron Egerton (il protagonista di Kingsman: Secret Service) ha giustamente rifiutato il ruolo di Ciclope mentre Kodi Smit-McPhee aveva invece rinunciato di interpretare il giovane Logan in X-Men: le origini - Wolverine e a proposito del canadese artigliato questo sarà il penultimo film in cui Hugh Jackman ne vestirà i panni, prima di concludere l'ormai quasi ventennale carriera con una pellicola (ancora senza titolo) che dovrebbe uscire l'anno prossimo. Rimaniamo in tema progetti futuri. Jennifer Lawrence ha dichiarato che questo sarà il suo ultimo film nei panni di Mystica, mentre Fassbender, McAvoy e Hoult si sono resi disponibili per ulteriori sequel, nel caso gli script fossero interessanti; al momento, tuttavia, in cantiere per l'universo mutante cinematografico ci sono "solo" Deadpool 2, il già citato spin-off X-Men: The New Mutants, X-Force (nel quale dovrebbe tornare Psylocke) e il nuovo Wolverine, al quale dovrebbe fare riferimento la scena post-credit di X-Men: Apocalisse. Nell'attesa, se questo film vi fosse piaciuto recuperate  X-MenX-Men 2X-Men - Conflitto finale, X-Men - L'inizio X-Men: Giorni di un futuro passato, X-Men Origins: Wolverine, Wolverine - L'immortale e Deadpool. ENJOY!

L'angolo del nerd (o del gnègnègnè, fate voi!!)
HIC SUNT SPOILER

En Sabah Nur/Apocalisse: diciamo che pressappoco quello del film rispetta la controparte cartacea, i cui poteri sono assai nebulosi. Fondamentalmente, parliamo di un mutante antichissimo capace di controllare ogni molecola del proprio corpo il quale, in aggiunta, è entrato in possesso della tecnologia dei Celestiali rendendosi virtualmente immortale; col tempo è diventato anche telepate, telecineta, spara raggi, guarisce altri mutanti, è in grado di modificarli geneticamente... insomma, un tuttofare che ha creato non pochi grattacapi agli X-Men presenti, futuri e di altre dimensioni (d'altronde la saga Era di Apocalisse era interamente basata su di lui). L'ultima volta che ho letto fumetti Marvel Apocalisse era un adolescente di nome Evan, clonato dalle cellule del malvagio e cresciuto in un mondo artificiale. Avete mal di testa, eh?

I quattro cavalieri di Apocalisse: siccome anche questi sono diventati, col tempo, tanti quante le stelle in cielo, soffermiamoci su quelli contemplati anche nel film. Angelo è stato uno dei primi X-Men a diventare Cavaliere, col nome di Morte, proprio perché gli erano state strappate le ali in battaglia e Apocalisse gliene ha dato un paio di acciaio organico, semi-senzienti, oltre a fornire al mutante un bel colore blu puffo e una personalità da psicopatico. Anche Psylocke è stata Morte per un certo periodo, così come Calibano, visto brevemente nel film e stravolto da Apocalisse sia nel fisico che nell'animo. Gli altri Cavalieri sono Pestilenza, Carestia e Guerra e tra gli eroi "conosciuti" ad essere finiti a ricoprire l'uno o l'altro ruolo ci sono stati anche Wolverine, Gambit (entrambi come Morte) e persino Hulk (Guerra).

Magda: ebbene sì, è vero che Magneto si è sposato e ha avuto dei figli dall'umana Magda, ma questo prima di sapere di essere un mutante. Nella fattispecie, i suoi poteri si sono scatenati per la prima volta dopo che una folla inferocita, scoperta la natura di Erik, ha bruciato la casa del mutante con dentro la prima figlioletta, Anya. Magda è fuggita terrorizzata dopo che Magneto ha sterminato la folla, dando poi APPARENTEMENTE luce a Pietro e Wanda, i futuri Quicksilver e Scarlett (il fatto che ora si sia scoperto come costoro non fossero i veri figli di Magneto e neppure mutanti è uno dei motivi per cui mi sono rotta le palle di leggere i comics della Marvel) prima di morire.

Psylocke: Elizabeth "Betsy" Braddock era una mutante inglese dai blandi poteri telepatici che, per traversie che non vi sto a raccontare, si è ritrovata nel corpo di una mutante ninja giapponese, cosa che nel tempo le ha causato non pochi scompensi psico-fisici e un lato oscuro mica da ridere. L'espressione fisica dei suoi poteri telepatici (ai quali col tempo si sono aggiunti anche quelli telecinetici) è la cosiddetta "lama psionica", capace di lobotomizzare le persone, non quella belinata né carne né pesce vista nel film!! Capre! Al momento la signorina dovrebbe militare in X-Force ma per anni è stata una delle colonne portanti degli X-Men.

Essex: Nathaniel Essex, conosciuto come Sinistro. Nel film non si vede neppure, si legge solo il suo cognome su una valigetta, ma sappiate che è uno dei mutanti più pericolosi del mondo, uno scienziato pazzo mutaforma con il pallino della genetica. E' grazie a lui se praticamente tutti i mutanti morti tornano in vita (ha una scorta di cloni praticamente infinita) e se Scott Summers ha più figli di Noé, tutti sparsi in una moltitudine di realtà e futuri, poiché Sinistro ritiene che nel gene dei Summers si nasconda il segreto per creare il mutante perfetto.




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