domenica 30 settembre 2018

The Nun: La vocazione del male (2018)

Mercoledì sono finita al cinema in una sala zeppa di ragazzetti imbelli a vedere The Nun: La vocazione del male (The Nun), diretto dal regista Colin Hardy.


Trama: dopo il suicidio di un suora, un prete e una novizia vengono mandati in un convento di clausura in Romania ad indagare. Scopriranno che il convento è infestato dalle forze del male...



Dopo essersi palesata in The Conjuring - Il caso Enfield in tutta la sua Marilynmansonica bruttezza, la suora demoniaca ha finalmente ottenuto un film tutto suo. Film che, nonostante l'abbondanza di momenti perplimenti, protagonisti mosci e jump scare prevedibilissimi, non è nemmeno male come avrei pensato, soprattutto in virtù di un setting molto affascinante che non si limita alle mere location esterne ma anche e soprattutto agli ambienti in cui si ritrovano a soffrire e fuggire i personaggi principali. Ma partiamo dai difetti, suvvia, anche perché essi sono concentrati essenzialmente a livello di trama e caratterizzazione dei personaggi, al punto che, forse, di tutti i film derivanti dall'universo creato da James Wan, The Nun è il più debole ed involontariamente ridicolo in questo senso. Padre Burke e Sorella Irene sono, infatti, la summa degli stereotipi dell'horror a tema religioso, partendo da L'esorcista fino ad arrivare a robette recenti come, che so, qualsiasi pellicola che nell'adattamento italiano si sia vista affibbiare un "del male" all'interno del titolo. Lui è l'esorcista top del Vaticano, colui che viene mandato dagli alti prelati a risolvere le beghe della Chiesa benché porti dentro di sé il dolore di non essere riuscito a salvare un pargolo dalla possessione demoniaca (pargolo che riciccerà fuori più volte nel corso della pellicola) mentre lei, nonostante sia ancora postulante e nemmeno novizia, viene scelta dal Vaticano perché dotata del dono della "vedenza". In pratica, i due dovrebbero essere, almeno sulla carta, il Superman e la Wonder Woman della Chiesa, peccato che il demone faccia fare ad entrambi (soprattutto al primo) delle figure da cioccolatai talmente grandi che spesso mi sono ritrovata vittima di facepalm compulsivi. Ad accompagnare i due allegri fringuelli, un ragazzotto francese dotato della funzione di spalla comica, l'occhio "esterno" e laico di cui in effetti non si sentiva il bisogno. Questo trio, all'erta e pieno di brio, si destreggia tra uno jump scare e l'altro, vagando per conventi, boschi e cimiteri infestati da suore malvagie e demoni assortiti prendendo ogni scelta sbagliata possibile ed immaginabile (si separano, seguono creature che sono palesemente demoni per poi lamentarsi se questi ultimi fanno brutte cose, ficcano il naso dove non devono, ecc. ecc.) fino all'inevitabile risoluzione finale che arriva a citare, attenzione, persino Il cavaliere del male, l'unica cosa che mi ha fatto saltare il cuore in petto, sì, ma di pura gioia.


Se i protagonisti sono sull'imbecille andante, la suora demoniaca non è da meno o, meglio, è un po' indecisa. Di base, se è vero che al demone serve un corpo per incarnarsi, non sarebbe opportuno possedere Irene invece di star tanto lì a menarsela con visioni e preticelli? Invece, il demone Valak adora sbattere gente contro i muri e spaventarla, lasciando alle sue vittime tutto il tempo di fare ricerche, conversare, visitare conventi, gingillarsi con fantasmi o demoni minori e persino farsi pisolini tra un buco di sceneggiatura (solo la storia della chiave all'inizio e dei bombardamenti che svegliano il Male sono dei maccosa grossi come una casa) e l'altro. Però, in tutto questo, c'è da dire che The Nun è assai evocativo e dotato di un'interessante e piacevole atmosfera gotica. Gli ambienti, interamente ricostruiti in studio, ché in Romania (dov'è stato girato il film) è vietato riprendere l'interno degli edifici religiosi, sono davvero molto belli e, come giustamente suggeriva il mio esaltatissimo compagno di visioni, a tratti evocano le atmosfere de La Chiesa di Michele Soavi; regia e fotografia sono molto raffinate per una pellicola simile, fanno grande uso di nebbie rarefatte e di una pazzesca illuminazione che rende corridoi, stanze e boschi molto inquietanti e peccato che questo senso di inquietudine venga spezzato dalla banalità della suora che ciccia fuori nell'ombra, giusto dietro le spalle dei protagonisti oppure veloce veloce davanti alla cinepresa, perché se i realizzatori avessero scelto di lasciare l'orrore sottopelle, ispirandosi interamente al compianto Bava e appoggiandosi un po' di più ad alcune suggestioni fulciane gettate qui e là, probabilmente avremmo avuto un capolavoro. Bravo quindi il regista Corin Hardy, costretto ahimé a piegarsi alle regole dell'horror commerciale, un po' meno bravi gli sceneggiatori, adagiati sugli allori di una storia banale che svilisce di rimando anche la bellezza di regia e fotografia. Insomma, non proprio un diludendo ma nemmeno un film memorabile o particolarmente spaventoso. Aspettiamo ora i prossimi, inevitabili capitoli del franchise, tanto dubito di essermi liberata definitivamente della  terribile Nun!


Di Demián Bichir (Padre Burke), Taissa Farmiga (Sorella Irene) e Michael Smiley (Vescovo Pasquale) ho già parlato ai rispettivi link.

Corin Hardy è il regista della pellicola. Inglese, ha diretto il film The Hallow. Anche sceneggiatore, animatore e produttore, ha 43 anni.


All'interno di The Nun vengono riprese intere sequenze da The Conjuring - Il caso Enfield (nel prologo) e L'evocazione - The Conjuring (durante l'epilogo, benché le sequenze siano state ovviamente rimaneggiate nelle immagini e nei dialoghi), così da garantire la continuità con quello che è spin-off ma anche prequel della saga; per avere un quadro più completo dell'universo di The Conjuring recuperate quindi questi due film e aggiungete Annabelle e Annabelle: Creation, nell'attesa che arrivino The Conjuring 3 e The Crooked Man. ENJOY!


venerdì 28 settembre 2018

Ghost Stories (2017)



Nel mese di settembre la Midnight Factory ha distribuito sul mercato dell'home video il film Ghost Stories, diretto e sceneggiato da Andy Nyman e Jeremy Dyson.


Trama: il Professor Goodman, esperto di paranormale pronto a smascherare le truffe di sensitivi e medium ciarlatani, viene contattato da un suo anziano collega per risolvere tre casi misteriosi e difficili da ricondurre a mano umana...



Ghost Stories è una strana, particolare ed interessante "bestia". Un film che ti prende a poco a poco, dopo un'inizio che sa tanto di già visto, col protagonista scettico costretto ad indagare su tre avvenimenti inspiegabili che hanno messo a dura prova un altro investigatore, ormai anziano e malato. Noi spettatori scafati sappiamo fin da subito che il Professor Goodman si pentirà di aver accettato l'incarico e che dovrà prostrarsi di fronte alla presenza di spiriti ed entità maligne assortite e la prima storia raccontata asseconda la nostra convinzione di avere davanti una pellicola sui generis; per quanto d'atmosfera, la storia di un uomo che, durante un turno di notte all'interno di una fabbrica, si trova davanti orribili presenze fatte apposta per assecondare lo jump scare compulsivo, è praticamente un bignami dei film recenti della BlumHouse, nonché il segmento più debole della pellicola. Già col secondo "caso", però, Ghost Stories alza l'asticella del weird e ci presenta una vicenda più complessa ed inquietante. In essa, un ragazzo viene perseguitato da un'entità non ben definita che, probabilmente, influenza anche la sua famiglia, composta da persone di cui non vediamo il volto né sentiamo la voce... ma qualcosa, indubbiamente, in casa c'è e la sua natura potrebbe venire rivelata dalle inquietanti immagini che tappezzano la stanza del ragazzo e che richiamano culti satanici e altre simili amenità. Un po' The Conjuring e un po' La Casa di Raimi, soprattutto quando il teatro della vicenda si sposta dalla casa ai boschi catturati da rapidissime carrellate di steadycam, l'episodio in questione si interrompe proprio quando lo spettatore ne vorrebbe di più e quando la sensazione di terrore ha quasi raggiunto il punto di non ritorno, contribuendo alla riuscita dell'effetto straniante causato dal terzo segmento.


Ecco, questa terza storia è ciò che rende Ghost Stories così particolare, benché in apparenza non vi sia proprio nulla di strano in una trama che unisce gravidanze sospette ad ancora più sospetti poltergeist casalinghi, soprattutto se a "vivere" il tutto è un uomo con la faccia perbene del meraviglioso Martin Freeman (a proposito, sono arrivata ad adorare questo attore)... ma è qui che comincia a convergere tutto ciò che strideva fin dall'inizio del film. Piccoli dettagli, immagini più esplicite, numeri che tornano a ripetersi, strane coincidenze che, dal nulla, trasformano quella che avrebbe dovuto essere solo la cornice di Ghost Stories in qualcosa di più importante e meritevole di attenzione e che, purtroppo, mi costringono a scrivere un post più breve del solito per non incappare in scandalosi spoiler. Basti solo sapere che Andy Nyman (già adorato nello splendido e ormai vecchio Dead Set e nell'altro splendido ma pure lui vecchiotto Severance - Tagli al personale) e il suo compare Jeremy Dyson hanno approfittato alla perfezione del fatto che l'horror non è morto come molti sperano ma, anzi, sta tornando in auge alla grandissima, e hanno scelto di portare sul grande schermo un esperimento nato a teatro che omaggia solo in apparenza gli horror a episodi degli anni '70. Ghost Stories è infatti un ottimo esempio di horror moderno, perfettamente in linea con i gusti del pubblico odierno e per questo non privo di difetti, ma comunque costruito per divertire, spaventare e, perché no, stupire lo spettatore con twist non esattamente prevedibili, dunque meritevolissimo di una visione.


Del co-regista e co-sceneggiatore Andy Nyman, che interpreta anche il Professor Goodman, ho già parlato QUI mentre Martin Freeman, che interpreta Mike Priddle, lo trovate QUA.

Jeremy Dyson è il co-regista e co-sceneggiatore della pellicola, al suo primo lungometraggio. Inglese, anche produttore e attore, ha 52 anni.


Paul Whitehouse interpreta Toy Matthews. Inglese, ha partecipato a film come Harry Potter e il prigioniero di Azkaban, Neverland - Un sogno per la vita e Morto Stalin, se ne fa un altro; come doppiatore ha lavorato in La sposa cadavere e Alice in Wonderland. Anche sceneggiatore, produttore e regista, ha 60 anni e un film in uscita.




giovedì 27 settembre 2018

(Gio) WE, Bolla! del 27/9/2018

Buon giovedì a tutti! Questa settimana il signor Frignetta (e chi non conosce Leo Ortolani e le sue recensioni è una persona male) la fa da padrone con una serie di uscite molto interessanti... ENJOY!

Tutti in piedi
Reazione a caldo: Carino ma non al cinema
Bolla, rifletti!: Commedia francese a base di ammore ed equivoci. Sicuramente sarà una visione piacevole ma ci sono film più importanti da vedere al cinema questa settimana!


Blackkklansman
Reazione a caldo: Mi incuriosisce...
Bolla, rifletti!: Non amo Spike Lee ma già l'idea che il produttore sia Jordan Peele e che tra gli interpreti ci sia Adam Driver, che quando non è impegnato in Star Wars come attore mi piace pure, mi spinge a dargli una chance. Il problema è che temo questo sia un film da vedersi rigorosamente in lingua originale e da queste parti non c'è questa possibilità...

Sei ancora qui
Reazione a caldo: Mah.
Bolla, rifletti!: young adult horror che mi ispira davvero poco, un po' quanto poco m'ispira la  resting bitch face perenne di Bella Thorne.

Il cinema d'élite stavolta fa il colpaccio!!!

L'uomo che uccise Don Chisciotte
Reazione a caldo: Finalmente!!!!
Bolla, rifletti!: Il sudato, atteso, bramato ultimo lavoro di Terry Gilliam arriva in Italia, persino a Savona... posso farmelo scappare? Ma assolutamente no e spero sia bellissimo come merita! 

mercoledì 26 settembre 2018

Sulla mia pelle (2018)



Ho rimandato la visione finché ho potuto, poi anche io ho scelto di guardare Sulla mia pelle, il film sugli ultimi giorni di Stefano Cucchi, diretto e co-sceneggiato dal regista Alessio Cremonini. Più che un post questo sarà uno sconclusionato elenco di riflessioni, dal quale non emergerà se il film è bello o brutto: è da vedere, punto.


Evito anche di scrivere la trama, ché come si fa a parlare di "trama", in questo caso. Il motivo per cui ho procrastinato la visione di Sulla mia pelle, nonostante fosse lì, bello pronto su Netflix, è che devo ancora riprendermi da Diaz e già sapevo che il film di Cremonini sarebbe stato un pugno allo stomaco capace di riaprire vecchie ferite. E poi, questo genere di film lo temo più degli horror, nonostante con carabinieri, polizia ecc. non abbia mai avuto a che fare salvo per un paio di furti di portafoglio. Eppure, porca miseria, sarà che avrò avuto sfiga, ma anche quelle due, tre volte che mi sono trovata ad interagire con le cosiddette "forze dell'ordine" mi è sembrato quasi di essere dalla parte del torto quando è andata male, o davanti a degli automi scazzati quando è andata bene, quindi capirete perché non faccio parte di quella branca di popolazione che si sente tutelata e protetta da chi dovrebbe infondere queste sensazioni nell'uomo della strada. Al di là dell'abuso di potere di chi non meriterebbe nemmeno di stare al mondo, figuriamoci avere un posto di "rilievo" nella società, non fatico dunque a credere al muro di gomma che si sono trovati davanti i genitori di Stefano e la sorella, poveracci fiduciosi, semplici cittadini, il cui unico desiderio era sapere come stava il loro figlio e fratello, fargli sentire di non essere stato abbandonato nonostante la sua vita scapestrata; allo stesso modo, non fatico a credere alla freddezza di un giudice donna che, trovandosi davanti un ragazzo palesemente malmenato, non si sia posta neppure una domanda, tanto era un'udienza "di routine", e non fatico a credere al lassismo e all'insensibilità di medici incapaci di tenere testa a una persona confusa e sconfitta che rifiutava le cure. Purtroppo, è questa terrificante doccia fredda di realtà a tenermi lontana da film come Sulla mia pelle. Intendiamoci, non è che viva in un'oasi felice di ignoranza e rifiuto, però uno ci prova ad avere fiducia e ad essere ottimisti, aggrappandosi al filtro offerto dalle voci distaccate dei giornalisti per non farsi coinvolgere emotivamente dalle mille cose orribili che accadono quotidianamente ed evitare così di uscir di testa, aggrediti dalla consapevolezza che nel 2009, in un paese civilizzato come l'Italia, un ragazzo possa morire e i suoi familiari debbano venirlo a sapere solo perché serve il loro consenso per l'autopsia.


E il bello è che Cremonini, Borghi e gli sceneggiatori non ci provano nemmeno a nascondersi dietro un dito e celebrare la figura di Cucchi. Stefano era un tossicodipendente, uno spacciatore, probabilmente una testa di cazzo, il tipico ragazzo che potrebbe vivere un'esistenza normale assieme ad una famiglia che gli vuole bene e invece no, sceglie la via "sbagliata", causando sofferenza e disagio a genitori e sorella. Anzi, sicuramente questi ultimi due schiaffi ben dati glieli avrebbero anche tirati ma si sono visti sottrarre persino questa possibilità, schiacciati come il figlio da una kafkiana macchina di omertà, omissioni e burocrazia. Quello che fa male davvero, benché Cremonini (pur omettendo scene relative al pestaggio) non lesini inquadrature del volto martoriato di Stefano, soprattutto durante il calvario dell'ospedale, è la banalità di tutta una serie di situazioni che, messe assieme, hanno portato alla morte di un ragazzo, roba da mettersi le mani nei capelli e rimanere attoniti, a fissare uno schermo che ci rimanda la triste realtà delle cose, asettica, per nulla poetica, ovviamente priva di una colonna sonora "triste". Perché non servono artifici cinematografici per chiudere la gola e stringere lo stomaco, per costringerci a piangere impotenti, pensando "Cristo ci potevo essere io al posto suo". Basta una voce fredda e sbrigativa, che si rivolge ad una voce incerta ed impastata, sugli impietosi titoli di coda per rendersi conto che sì, Sulla mia pelle è un film, ma di romanzato c'è davvero poco e allora ben vengano pellicole simili, per farci pensare, per farci vergognare, per risvegliare le nostre coscienze... e magari, chissà, riuscire anche a tutelarci dall'indifferenza e dalla cattiveria.


Alessio Cremonini è il regista e co-sceneggiatore della pellicola. Nato a Roma, ha diretto film come Border. Anche produttore, ha 45 anni.


Alessandro Borghi interpreta Stefano Cucchi. Nato a Roma, ha partecipato a film come Non essere cattivo, Suburra e a serie quali Distretto di polizia, Don Matteo, Romanzo criminale - La serie, Il commissario Rex, Che Dio ci aiuti e Suburra - La serie. Ha 32 anni.


Max Tortora interpreta Giovanni Cucchi. Nato a Roma, lo ricordo per film come Loro 2, inoltre ha partecipato a serie quali I Cesaroni. Anche sceneggiatore e conduttore televisivo, ha 55 anni.


Jasmine Trinca interpreta Ilaria Cucchi. Nata a Roma, ha partecipato a film come La stanza del figlio, La meglio gioventù, Romanzo criminale e Fortunata. Ha 37 anni.




martedì 25 settembre 2018

Gli Incredibili 2 (2018)

Galvanizzata dalla riscoperta bellezza de Gli Incredibili - Una normale famiglia di supereroi, sabato sono corsa a vedere Gli Incredibili 2 (Incredibles 2), sempre diretto e sceneggiato dal regista Brad Bird. Nessuno SPOILER, tranquilli!


Trama: costretti a subire la conseguenze della loro ultima sortita come supereroi, i membri della famiglia Parr si ritrovano a un bivio delle loro esistenze, almeno finché alla ex Elastigirl non viene di nuovo offerto un lavoro come eroina...


Come se non fossero passati 14 anni dal loro esordio sui grandi schermi, tornano gli Incredibili esattamente dove li avevamo lasciati, alle prese con quella specie di "uomo talpa" spuntato dal sottosuolo alla fine del primo film. E se pensavate che dopo aver sconfitto Syndrome la condizione giuridica dei super fosse cambiata, beh, vi sbagliavate di grosso, ché l'universo de Gli Incredibili non è proprio fatto di semplicità ed happy ending; Bob, Helen e soci sono ancora fuorilegge e l'entusiasmo di essersi ritrovati come superfamiglia si traduce nella perdita della libertà e della casa ottenute con tanta fatica, con sommo scorno dei due figlioli, Violetta e Flash, finalmente pronti a vivere un'esistenza gratificante ed entusiasmante, da ragazzini "speciali". Questa è dunque la triste situazione in cui vengono a trovarsi i membri della famiglia Parr all'inizio del film e altro non vorrei aggiungere per non incappare in spoiler ma qualcos'altro sulla trama bisognerebbe dirla. Soprattutto, è bene sottolineare come Brad Bird, da sceneggiatore scafato qual è, non si sia limitato ad adagiarsi sugli allori di un suo vecchio successo commerciale ma, anzi, abbia scelto di riprendere alcuni temi del film precedente aggiornandoli al gusto attuale pur contestualizzandoli all'epoca in cui è ambientato Gli Incredibili (che, ricordo, non è la nostra, ma sono gli anni '60). Nel corso de Gli Incredibili 2 si percepisce una forte critica non tanto all'alienazione imposta dal crescente desiderio di appoggiarsi alla tecnologia e agli schermi degli smartphone (benché la valenza metaforica dell'Ipnotizzatore sia palese), quanto piuttosto al desiderio di de-responsabilizzarsi, che è un po' il discorso fatto da Ortolani nell'ultima saga di Rat-Man, il desiderio di attribuire tutti i mali del mondo all'assenza di "supereroi" che se ne facciano carico, quando invece dovrebbe essere l'uomo della strada in primis a preoccuparsi e ad attivarsi; di più, Bird ci fa anche riflettere sul potere della pubblicità e dei media, pronti a mostrare al pubblico solo ciò che è giusto che veda, così da pilotare l'opinione pubblica, nel bene e nel male, verso determinate conclusioni. Come già nel primo film, infatti, le persone comuni si ritrovano a testimoniare solo la conclusione delle avventure dei supereroi, senza conoscere i rischi, le decisioni al limite, la sofferenza di cui i super si fanno carico, così che ogni disastro viene attribuito semplicemente a noncuranza o incapacità. In tutti questi temi attualissimi e dati in pasto allo spettatore con incredibile eleganza, Bird riesce anche ad inserire un più "divertente", piccolo dramma familiare, portando avanti lo sviluppo dei personaggi del primo Gli Incredibili e svelandoci qualcosa di più relativamente alle loro personalità... o i loro poteri. E sì, Jack Jack è gran mattatore e io quel pupetto lo adoro.


Ottima sceneggiatura, quindi, in perfetto equilibrio tra dramma e commedia, temi adulti e concessioni al pubblico di giovani spettatori, come già accadeva ne Gli Incredibili, al quale si aggiunge il sempre ottimo comparto tecnico. Brad Bird, anche come regista, è infatti in grado di passare dall'umorismo alla Looney Tunes di una battaglia tra bimbi e procioni alla serietà quasi horror di un'indagine all'interno di un edificio abbandonato (provare per credere, le ragazzine nella fila davanti si sono messe a strillare, credo che nemmeno gli jump scare delle produzioni BlumHouse siano così efficaci); perfetto padrone di ogni topos del genere, Brad Bird, coadiuvato ovviamente dagli animatori della Pixar, riesce a realizzare sequenze d'azione al cardiopalma interamente imperniate sulla duttilità dei poteri di Elastigirl (quella iniziale del treno e quella finale dell'aereo farebbero invidia al 90% degli action con Tom Cruise, per dire) e a sfruttare quelli degli altri personaggi così da creare scene di impressionante dinamismo (la resa migliore ce l'hanno quelli di Frozone e della new entry Vuoto, per concetto simile alla Blink degli X-Men), inserendoli all'interno di una trama che, per quanto intuibile a naso da buona parte degli spettatori adulti, riserva comunque qualche sorpresa e, sì, anche qualche momento assai teso, distante dalla concezione moderna di film per bambini. Il character design ha reso più "morbidi" i personaggi principali, soprattutto Elastigirl, senza privarli delle loro caratteristiche fondamentali, quanto alle new entry è bello vedere come il supergruppo imbastito dai Deavor sia zeppo di citazioni fumettistiche (ma come aspetto ho trovato i membri abbastanza deludenti) e la migliore in assoluto è Evelyn Deavor, incredibilmente umana e realistica negli atteggiamenti e nel taglio di capelli, nonostante l'inevitabile aspetto cartoonesco. Concludo qui per evitare spoiler dannosi. Se ancora non siete convinti di dare una chance a Gli Incredibili 2, vi basti sapere che Jack Jack ed Edna danno davvero il bianco e che probabilmente non avrete idea di quanto vi siano mancati... almeno finché non li rivedrete in azione! Quindi correte a vedere Gli Incredibili 2 e...


... anche il corto che precede il film, il delicatissimo, commovente Bao. Il bao, o baozi, per chi non lo sapesse, è una sorta di fagottino cinese ripieno di carne o verdure e questo dolcissimo corto della Pixar ci mostra cosa succede quando uno di questi ottimi intingoli prende vita e viene adottato da una signora cinese di mezza età particolarmente sola. Arricchito da una deliziosa colonna sonora, Bao è divertente e assai carino, dotato di una conclusione scioccante e decisamente inaspettata... che, neanche a dirlo, mi ha lasciata in lacrime. Ormai i corti della Pixar mi fanno lo stesso effetto dei lungometraggi dello Studio Ghibli, che ci volete fare!!


Del regista e sceneggiatore, nonché voce di Edna, Brad Bird ho già parlato QUICraig T. Nelson (voce originale di Bob Parr/Mr. Incredible), Holly Hunter (Helen Parr/Elastigirl), Catherine Keener (Evelyn Deavor), Bob Odenkirk (Winston Deavor), Samuel L. Jackson (Julius Best/Frozone), Isabella Rossellini (Ambasciatrice), Jonathan Banks (Rick Dicker) e Barry Bostwick (il sindaco) li trovate invece ai rispettivi link.


Tra i doppiatori italiani figurano la meravigliosa Amanda Lear, che riprende il ruolo di Edna, e Bebe Vio, che invece doppia Vuoto, mentre Ambra Angiolini presta la voce ad Evelyn Deavor e la Rossellini si doppia da sé. Il film segue Gli Incredibili - Una normale famiglia di supereroi, che vi consiglierei di recuperare, assieme a Jack Jack Attack, nel caso non l'abbiate ancora visto. ENJOY!


domenica 23 settembre 2018

Gli Incredibili - Una normale famiglia di supereroi (2004)

Con l'uscita del sequel, ho deciso di recuperare Gli incredibili - Una normale famiglia di supereroi (The Incredibles), diretto e sceneggiato nel 2004 dal regista Brad Bird.


Trama: dopo anni di successi e fama, Bob Parr è stato costretto a dismettere la sua identità segreta di Mr. Incredible e a vivere come una persona normale assieme alla moglie, un tempo Elastigirl, e ai tre figlioletti. Ma una misteriosa organizzazione lo richiama in servizio...



Non vedevo Gli Incredibili dalla sua uscita al cinema, nel lontano 2004, chissà perché. E pensare che ero uscita dalla sala entusiasta e avevo acquistato il DVD doppio appena si era reso disponibile, per poi lasciarlo lì a prendere polvere, benché avessi adorato il film di Brad Bird. Sono passati ben quattordici anni da allora e posso dire tranquillamente che Gli Incredibili non ha perso smalto, anzi: semmai, questo gioiellino della Pixar ha acquistato ancora più valore ai miei occhi, dopo innumerevoli cinecomics che non sarebbero nemmeno degni di allacciargli le scarpe. Ciò che rende Gli Incredibili così prezioso è la sua natura estremamente seria, rispettosa dei canoni di un genere che viene sfruttato per veicolare un messaggio positivo da fare arrivare ai piccoli mentre i grandi, per una volta, possono gustarsi un "film di supereroi" come si deve, senza vergognarsi di essere costretti ad accompagnare figli e nipoti. I modelli, per qualcuno che mastica un minimo di fumetti, sono chiari, ché la storia si ispira in parte a una pietra miliare come Watchmen e in parte, ovviamente, alle saghe degli X-Men e non solo per i poteri dei personaggi (anzi, sia per nomi che per poteri i membri della famiglia Parr forse ricordano più i Fantastici 4). Abbiamo quindi il protagonista, ex Mr. Incredible, costretto a vivere un'esistenza normale dopo i fasti da supereroe, quando l'opinione pubblica ha cominciato a considerare un pericolo quelli come lui, con conseguenze deprimenti quali vecchiaia, decadimento fisico, lavoro insoddisfacente, desiderio di rimembrare i vecchi tempi con gli amici ma abbiamo anche dei ragazzini che si ritrovano dotati di poteri e non possono usarli perché costretti a nascondersi, pena il venire nuovamente sradicati dall'ambiente in cui vivono, che è un po' ciò che accade ai mutanti Marvel; a cercare di tenere in piedi la famiglia c'è la caparbia Helen, ex Elastigirl, la quale deve farsi nume tutelare della ragione familiare per quanto, sicuramente, anche lei vorrebbe tornare ai bei tempi della giovinezza e della fama, quando la sua natura non era "solo" quella di casalinga ma di donna forte capace di sventare i crimini e salvare il mondo. Insomma, Gli Incredibili riporta sullo schermo le frustrazioni delle persone normali, le rende "super" e per questo ancora più condivisibili, in una trama che riesce a coniugare azione seria e divertimento, con degli eroi buoni e un villain fatto e finito che condivide con loro la stessa, impotente rabbia davanti all'idea di essere considerato normale e quindi, erroneamente, inutile o non speciale. A tal proposito, poiché Gli Incredibili affronta con estrema serietà la parte di trama strettamente legata alla sua natura di "cinecomic" (sicuramente più di quanto ha fatto, in tempi recenti, un Thor: Ragnarok qualsiasi), il villain merita davvero questo appellativo, ché Syndrome è malvagio nel midollo e non si fa scrupoli a lasciarsi alle spalle un cumulo di supereroi morti per affermare la propria supremazia, cosa che a momenti non accade nemmeno nei film Marvel o, perlomeno, non viene sbattuta in faccia allo spettatore come se nulla fosse per mano di quei burattini senza fichi che continuano a farci passare per supercattivi (Thanos a parte).


Detto questo, non è che il film di Brad Bird sia qualcosa di improponibile per i piccoli spettatori, anzi. Gli Incredibili riesce ad essere anche assai lieve e divertente, coniuga le sue due identità meglio di quanto farebbe un supereroe, in un equilibrio che ha del miracoloso. Sfruttando i cliché del genere riesce infatti a far sorridere adulti e bambini grazie ad un ex super in piena crisi d'identità (Mr. Incredible in borghese è buffissimo) e a un paio di altri personaggi piazzati ad hoc, come la divina stilista Edna, doppiata magistralmente in italiano da Amanda Lear, e ovviamente il piccolo Jack Jack, pupotto sbrodolante e dallo sguardo folle che si fa protagonista di una delle sequenze più sorprendenti e riuscite del film. Gli stessi poteri dei protagonisti hanno una resa assai divertente, basti pensare al modo in cui il corpo di Elastigirl può plasmarsi in mille modi diversi, cosa che rende Gli Incredibili uno dei più riusciti film di supereroi anche per un altro motivo: l'accuratezza con la quale sono state realizzate sia le scene d'azione che gli ambienti in cui si muovono i personaggi. La combinazione dei vari poteri dei nostri, oltre al modo in cui vengono scoperti o ri-scoperti è molto fantasiosa e di conseguenza entusiasmante per lo spettatore, basti solo pensare ai campi di forza della piccola Violetta utilizzati in sincrono con la velocità del fratello, ma c'è anche un senso palpabile di "normale" umanità nel metterli in mostra, cosa che li rende ancora più veri, come quando Elastigirl si sofferma davanti a uno specchio all'interno della base per controllare come cade il nuovo costume su un corpo di donna plurimamma. Sfondi, dettagli e ambientazione, nonché la colonna sonora, sono invece debitori dei film di spionaggio, quelli di James Bond in primis, e i supereroi, così come i villain, sono dotati di accessori ipertecnologici, automobili zeppe di gadget, armi e robot pericolosissimi e dal design vintage e per questo ancora più affascinante, oltre che raffinato. Se a questo aggiungete un'animazione e un character design perfetti, che non mostrano il fianco a difetti nemmeno dopo quattordici anni, capirete perché Gli Incredibili rimanga ancora oggi uno dei film Pixar migliori... e anche perché sono terrorizzata all'idea di affrontare il sequel!


Del regista e sceneggiatore, nonché voce di Edna, Brad Bird ho già parlato QUI. Craig T. Nelson (voce originale di Bob Parr/Mr. Incredible), Holly Hunter (Helen Parr/Elastigirl), Samuel L. Jackson (Julius Best/Frozone), Jason Lee (Buddy Pyne/Syndrome) e Wallace Shawn (Gilbert Huph) li trovate invece ai rispettivi link.


I due anziani sul finale sono rispettivamente Frank Thomas e Ollie Johnston, due dei nove animatori storici della Disney, che prestano anche le voci ai personaggi. Gli Incredibili - Una normale famiglia di supereroi era stato già "completato" all'epoca da due corti, l'esilarante Jack Jack Attack e Mr.Incredible and Pals, che non ho mai visto ma che dicono essere altrettanto divertente e ben realizzato. Nell'attesa di vedere Gli Incredibili 2 recuperateli e... ENJOY!

venerdì 21 settembre 2018

Stephen King's Day - Brivido (1986)


Per festeggiare il compleanno di Stephen King, Marco de La Stanza di Gordie ha chiamato all'appello noi blogger e chiesto di parlare di un film tratto da una delle sue opere. Io, per fare proprio le cose per bene, ho scelto di pubblicare un post sulla prima e finora unica prova da regista dello zio Stephen, ovvero Brivido (Maximum Overdrive), da lui diretto e sceneggiato nel 1986 a partire dal racconto Camion, pubblicato nella raccolta A volte ritornano.


Trama: a causa del passaggio di una cometa, camion, automobili e oggetti elettrici impazziscono e diventano dotati di vita propria. Un gruppo di persone rimane bloccato in una stazione di servizio e deve cercare di sopravvivere...



Proprio perché amo fare le cose per bene, prima di scrivere il post mi sono riletta anche Camion. Ci vuole poco, è un racconto brevissimo ed incredibilmente pessimista, con un bodycount alto, senza un vero e proprio inizio né una fine, all'interno del quale troviamo quello che sarebbe diventato il cuore del film, ovvero le vicende di un gruppo di persone asserragliate in una stazione di servizio e circondate da camion che minacciano di farle fuori. In Camion non viene spiegato perché i pesanti mezzi di trasporto sono diventati senzienti in quanto il racconto è solo un piccolo assaggio di apocalisse, all'interno del quale la voce narrante elucubra su un ben triste futuro per l'intera umanità, un futuro di schiavitù e ritorno all'età della pietra; inoltre, i personaggi presi in considerazione sono pochissimi, appena sei, al punto che un paio di loro (voce narrante compresa) non hanno nemmeno un nome o comunque muoiono prima che venga fatta luce sul loro carattere o sulle relazioni che intercorrono tra di loro. Nonostante, quindi, Camion sia molto simile come concetto a La nebbia (persone disparate bloccate in un luogo chiuso a causa di una minaccia esterna), in esso manca ciò che rende quest'ultimo davvero angosciante, quella follia serpeggiante che trasforma le persone normali in mostri peggiori di quelli che stanno all'esterno, e si "limita" ad essere la visione kinghiana di una probabile distopia che va a criticare l'eccessiva dipendenza dalle macchine. Per ricavare un film intero da un soggetto così evocativo ma effettivamente striminzito, King ha dovuto per forza lavorare di fantasia ed ecco perché la semplice, efficace "compressa" di apocalisse contenuta in A volte ritornano si è prima "evoluta" in uno dei più classici B-Movie a base di eroi sboccati, damsel in distress che tanto damigelle non sono, sangue, esplosioni e colonna sonora zamarra, poi è diventata il Graal della mia infanzia. Dovete infatti sapere che mi è capitato solo UNA volta (esclusa questa) di vedere Brivido fino alla fine perché ogni maledetta volta che provavo a programmare il videoregistratore durante uno dei suoi mille passaggi televisivi qualcosa interrompeva la registrazione poco dopo l'arrivo della mitragliatrice, lasciandomi con un palmo di naso a domandarmi che fine avrebbero fatto Bill e soci. Poi un giorno sono riuscita nell'intento e... vabbé, dai, lo ammetto, sono rimasta delusa, perché Brivido è un film divertente ma anche dannatamente brutto.


Brivido è infatti frutto di due presupposti sbagliatissimi: Stephen King che decide di adattare una sua opera così che venga proprio come vuole lui, senza "interpretazioni" esterne (qualcuno ha detto Kubrick?) e Stephen King che decide di dirigere il film strafatto di coca, ahimé una costante per lui, almeno in quegli anni. Queste due scelte estreme hanno portato ad ovvi risultati. In primis, come già ho scritto prima, Brivido è diventato una belinata per ragazzini, perfetto per un doppio spettacolo al drive-in e zeppo di incongruenze MA con un'unica intuizione geniale, ovvero quella di dare un volto, quello del Goblin, ad uno dei camion, fissandolo nella memoria dello spettatore a prescindere dall'effettiva qualità della pellicola. La minaccia non è più il futuro fatto di schiavitù ma il presente in cui il camion-Goblin rischia di maciullarti le ossa e in quanto tale è proprio il mezzo in questione la fonte di tutti i mali, il nemico da sconfiggere assieme a tutto il suo codazzo di minion; inoltre, per rendere il tutto ancora più dinamico, ironico e splatter, non sono solo i camion ad impazzire ma tutti i mezzi elettronici, bancomat, distributori di bibite e coltelli elettrici compresi. Qui comincia a cascare l'asino, ché per esempio le automobili dei protagonisti dovrebbero di regola portarli a schiantarsi contro i guardrail o peggio, invece si lasciano condurre docili come agnellini, per non parlare poi di eventuali aerei o carri armati, missili, bombe atomiche... insomma, era più sensato limitarsi ai camion e lasciare il sospetto, come nel racconto. All'interno del gruppetto di sopravvissuti, poi, si ritrovano tutti gli stereotipi del cinema di genere, interpretati da attori più o meno abbaianti (dite quello che volete di Emilio Estevez ma, diamine, ha UNA SOLA espressione e al confronto Van Damme mi diventa l'equivalente di Al Pacino!) e talvolta, fortunatamente, affidati a caratteristi interessanti o divertenti come Pat Hingle e Yeardley Smith; soprattutto, buona parte dei personaggi hanno in bocca dialoghi improponibili e diventano carne da macello soggetti ad omicidi più o meno efferati e qui si torna allo Stephen King strafatto di bamba il quale, per il 90% del tempo, non capiva una cippa di quanto stava accadendo sul set ma aveva sicuramente enormi ambizioni. Lo spettatore ha dunque l'onore di vedere cadaveri sparsi un po' in tutte le sequenze (alcuni senza motivo, come quelli morti dentro le automobili, apparentemente "uccisi" dai finestrini), gente crivellata da proiettili o con le mani tagliate ma "qualcuno", all'epoca, aveva inserito nella versione finale della pellicola anche ragazzini che esplodevano in laghi di sangue, facce staccate e cervelli al vento, con sommo scorno di censori subito corsi ai ripari. Per fortuna, rimangono le esplosioni. Immagino la mente di King gioiosamente obnubilata dalla coca e lui che vuole vedere esplodere tutto, con personaggi armati di lanciarazzi che cercano di fare piazza pulita degli odiati camion. E cosa c'è di più bello, mentre il fuoco divampa, di sentire in sottofondo la musica degli AC/DC? Ecco, questo è Brivido: sangue, ignoranza, esplosioni, metal a stecca. Certo, ci sono modi migliori di ricordare Stephen King ma il Re va premiato anche per la sua sconsideratezza e i suoi errori, soprattutto quando questi ultimi diventano dolci ricordi d'infanzia.


Di Emilio Estevez (Bill Robinson), Pat Hingle (Hendershot) e Giancarlo Esposito (giocatore nella sala videogame) ho già parlato ai rispettivi link.

Stephen King è il regista e sceneggiatore della pellicola, inoltre compare nel ruolo dell'uomo che cerca di prelevare i soldi dal bancomat. Questa per ora rimane la sua prima ed unica prova dietro la macchina da presa ma King ha dato molto a cinema e TV come produttore, attore e persino come compositore (per la miniserie L'ombra dello scorpione), macchinista (per la miniserie Incubi e deliri) e fotografo di scena (per la miniserie Shining, dove ha lavorato anche come aiuto regista). Ha 71 anni, auguri Stephen!!


Laura Harrington interpreta Brett. Americana, ha partecipato a film come Le avventure di Buckaroo Banzai nella quarta dimensione, Buon compleanno, Mr. Grape!, L'avvocato del diavolo e Paulie - Il pappagallo che parlava troppo. Anche sceneggiatrice, ha 60 anni.


Yeardley Smith, che interpreta Connie, è da anni la voce originale di Lisa Simpson e si vergogna tantissimo di aver partecipato a questo film. Lo stesso tema di Brivido è stato ripreso da Trucks - Trasporto infernale, quindi se il film vi fosse piaciuto recuperatelo e aggiungete Christine - La macchina infernale e La macchina nera. ENJOY!



Ecco i link agli altri tributi che troverete oggi in giro per il web!

giovedì 20 settembre 2018

(Gio)WE, Bolla! del 20/9/2018

Buon giovedì a tutti! Questa settimana si fa doppietta con due dei film più attesi della nuova stagione, per fortuna! ENJOY!

Gli Incredibili 2
Reazione a caldo: Timore misto a panico
Bolla, rifletti!: Potrà la Pixar bissare il successo di uno dei suoi film più riusciti senza scadere nel diludendo demenziale infantile? Domenica vi farò sapere perché Gli Incredibili è così bello anche dopo anni di distanza, proprio la sera in cui probabilmente andrò a vedere il sequel... fingers crossed!

The Nun - La vocazione del male
Reazione a caldo: Panico misto a timore
Bolla, rifletti!: The Nun, assieme all'Uomo Storto, era stato uno degli highlights di L'evocazione - Il caso Enfield e indubbiamente l'attesa per l'ennesimo spin-off della saga era tanta, anche perché la suora Marylin Manson è davvero inquietante. Speriamo non sia una sòla, mi spiacerebbe per Taissa Farmiga!

Al cinema d'élite una commedia, giusto per cambiare un pochino!

Un figlio all'improvviso
Reazione a caldo: Mh!
Bolla, rifletti!: Siccome ultimamente ho riscoperto la commedia francese, potrebbe anche essere che questo film possa rientrare nelle mie corde, poiché imperniato su una coppia senza figli che si ritrova in casa un ragazzo convinto di essere figlio loro. Poco politically correct e molto divertente, così pare dai commenti letti in rete, potrebbe anche piacermi!

Il Bollodromo #65: Lupin III - Parte 5 - Episodio 24

Anche stavolta siamo arrivati alla fine del viaggio! Con l'episodio 24 si conclude Lupin III - Parte 5, serie che mi ha dato parecchie soddisfazioni e che, benché non priva di difetti, si è confermata una delle migliori mai realizzate per celebrare la creatura di Monkey Punch. Ecco a voi il recap di ルパン三世は永遠に (Rupan Sansei wa eien ni - Lupin III per sempre, tradotto ottimamente dagli HorribleSubs con Viva Lupin III!).


Dopo che Lupin ha sfruttato PeopleLog per riversare sul web tutti gli altarini dei potenti della Terra, l'assistente di Enzo, Ling, cerca di mediare con i vertici mondiali ma Enzo non ci sta e, testardo, continua a ribadire l'indispensabilità della sua app per costruire un futuro migliore. Nel frattempo, in aiuto del fuggiasco Lupin accorre la mogliettina Rebecca Rossellini la quale, oltre a fornirgli supporto navale, gli porta anche una bella pizza filante da mangiare (maddai!), proprio quando la sede della Shake Hands viene attaccata dall'esercito USA sobillato da AlbeLt: Enzo e soci vengono bollati come terroristi e i morti all'interno dell'azienda, il cui edificio viene colpito da missili e colpi di mortaio, non si contano. Ling, resosi conto che il suo boss è un invasato senza possibilità di recupero, porta via le suole e abbandona all'ultimo piano Enzo, Ami e una Fujiko vestita da sposa che racconta alla fanciulla di come l'amore tra lei e Lupin è venuto meno a causa della convivenza e della vita pre-matrimoniale, niente di più, niente di meno. Della serie, "non ho detto gioia ma noia, noia, noia". Arrivati ai piedi dell'edificio della Shake Hands grazie a un sobrio sottomarino d'ORO (gentilmente offerto da Diana, la nipote di Sir Archer vista in Chi trova Lupin trova un tesoro, sottomarino evidentemente recuperato dai fondali marini visto che, se non erro, era affondato), Jigen e Goemon cominciano a fare quello che sanno fare meglio, ovvero sbaragliare interi eserciti con il mero ausilio di una pistola e una katana, per la gioia di vecchie e nuove conoscenze impegnate a seguire lo scontro via streaming, dando così la possibilità a Lupin di andare a salvare la principessa Fujiko come un novello Super Mario.


Arrivato in cima alla torre, Lupin evita di venire ucciso da Enzo in virtù della curiosità di quest'ultimo, che vuole assolutamente conoscere il segreto di Lupin, quello che ha consentito al ladro di gabbare PeopleLog. Ma Lupin ha di meglio da fare, ovvero confrontarsi con Fujiko, decisa ad avere finalmente una risposta alla fatidica domanda: "cosa sono io per te?" o, come direbbe il ladro gentiluomo, "chi è davvero Lupin III?". La risposta arriva, ma non è quella che ci saremmo aspettati. Dopo 50 anni di onorata attività, Lupin getta LETTERALMENTE la maschera, mostrando finalmente il suo vero volto alla donna che ama da sempre (e anche ad Ami ed Enzo, ma sono dettagli); è una sequenza splendida, perché la vera identità di Lupin rimane giustamente celata allo spettatore conquistato dallo sguardo di Fujiko, che da solo trasmette più di mille parole, lo sguardo di chi ha ottenuto la fiducia di uno degli uomini più straordinari della terra e la sua prova d'amore più grande. La cosa, in effetti, è anche un po' angosciante. Come già accennato in Green vs Red, non è detto che il Lupin che conosciamo e amiamo sia una persona sola perché nel corso del tempo potrebbero essersi susseguiti diversi uomini (o donne!) a portare alto lo scettro del "Lupin", ad incarnarne il mero concetto di ladro, gentiluomo, canaglia, icona e supereroe. Ciò farebbe di Goemon, Jigen, Fujiko e Zenigata degli immortali, ovviamente, ma anche lì... chi può dire che persino quei comprimari indispensabili non siano delle "idee", degli archetipi, che potrebbero venire incarnati da chiunque? Bella riflessione metatestuale, eh?


La stupenda atmosfera di sì grande rivelazione viene interrotta da un piccolissimo dettaglio: la torre della Shake Hands sta crollando e i nostri rischiano di fare una fine orribile. Con l'ausilio di Underworld (e l'orecchino-chip diventato, per l'occasione, luminoso come un qualsiasi accessorio majokko), Ami calcola tempistiche e metodi di uscita, cosa che permette a lei, Enzo, Lupin e Fujiko di fuggire a bordo di un comodissimo toboga di cartone. Scivolando allegramente lungo la torre distrutta, Enzo si riscopre padre e diventa persino un simpatico compagnone, mandando al diavolo in tre secondi l'aura da mastermind psicopatico che l'ha caratterizzato fin dalla prima comparsa nella serie, al punto che Ami, invitata da Lupin a fuggire con lui, rifiuta l'offerta e tiene il pacco, ovvero un padre terrorista che fino al giorno prima se ne fregava della moglie morta e ora dice che Ami in giapponese vuol dire "rete", nel senso di connessione. Vabbé. Tanto ci pensa papà Zenigata, che con un messaggio fa sapere ad Ami che lei ed Enzo saranno suoi ospiti finché le acque non si saranno calmate. Ah. Comodissimo avere un ispettore dell'Interpol per amico. Messi da parte Ami, il suo amore non corrisposto per Lupin e persino AlbeLt, pronto a conquistare il mondo con l'ausilio di un riluttante Ling, la serie e le avventure di Lupin si concludono (per ora) con uno spettacolo molto familiare: il quartetto di amici/nemici, seguiti da Zenigata e dal suo kohai, che corrono verso il tramonto e verso un futuro incerto fatto di tecnologie sconosciute ma prontissimi ad affrontarlo, nuovamente consapevoli del loro ruolo nel mondo. Tutto è bene quel che finisce bene dunque? Sì, lo immaginavo, ma non si può dire che Lupin III - Parte 5 non abbia dato modo di riflettere a noi fan sfegatati e non abbia proiettato Lupin nell'inquietante modernità! Visti i nodi lasciati in sospeso mi azzarderei ad aspettare una parte 6 ma siccome per la quinta non c'è nemmeno ancora una data di uscita italiana chissà quanto dovremo attendere... a prescindere, però, questo è stato davvero un bel viaggio, che mi ha lasciata incredibilmente soddisfatta. Brutto da dire ma Francia batte Italia 1 a 0! Alla prossima avventura!


Ecco le altre puntate di Lupin III - Parte 5:

Episodio 1
Episodio 2
Episodio 3
Episodio 4
Episodio 5

mercoledì 19 settembre 2018

Giustizieri da strapazzo (2012)

Saltando di palo in frasca sono finita a vedere Giustizieri da strapazzo (Bad Ass), diretto e co-sceneggiato nel 2012 dal regista Craig Moss.


Trama: Frank Vega, veterano del Vietnam, assurge agli onori della cronaca dopo un pestaggio sul bus ai danni di due nazi, col quale si guadagna la stima e l'affetto dei concittadini. Dopo la morte del suo migliore amico, però, Frank diventa giustiziere a tutti gli effetti...



Avevo voglia di staccare un po' il cervello, ho letto nell'elenco degli attori Danny Trejo e Ron Perlman e ho quindi schiacciato play, riuscendo a non pentirmi amaramente di aver scelto Giustizieri da strapazzo per una serata all'insegna dell'ignoranza. Oddio, non è vero, un po' ci sono rimasta male ma non tanto per la bassa qualità del film (quella me l'aspettavo) quanto piuttosto per il fatto che Perlman compaia sì e no cinque minuti nel ruolo del sindaco, lasciando di sé ben poca memoria. Cosa che, per inciso, succederà anche a Giustizieri da strapazzo, così com'è accaduto, immagino, al video virale che ha ispirato Craig Moss fino a spingerlo a dirigere e co-sceneggiare un film partendo dall'immagine di un vecchio che pesta come un fabbro ferraio un tizio sul bus dopo un litigio; considerato però che al vecchio in questione è stata proposta la versione americana di un TSO, Moss e compagnia hanno aggiustato un po' il tiro, trasformando il vecchio picchiatore pazzo in uno sfortunato veterano del Vietnam con uno spiccato senso del decoro e della giustizia, un po' antiquato nei modi nonché molto malinconico e sensibile nonostante i pugni coi quali scassa gli avversari di mazzate. A prescindere dalla rinnovata sanità mentale, che ad una simile persona, con tutte le sue buone intenzioni, venga concesso di vagare in bus per la città per andare a menomare ed uccidere malviventi, scrollando le spalle davanti a un paio di casualties poco belle, mette a dura prova la suspension of disbelief dello spettatore, soprattutto visto che all'inizio si parla di una ferita alla gamba invalidante al punto da non consentire a Frank di entrare in polizia (ma a me è sembrato che 'sto signore tarellasse veloce anche, senza risentirne troppo).


D'altronde, l'attore principale è Danny Trejo e quando c'è di mezzo lui non si può certo parlare di sottigliezze di sceneggiatura, né tantomeno di Actor's Studio o metodo, ché è già tanto che costui nel tempo abbia imparato a parlare senza calcare troppo l'accento. Tornando alla suspension of disbelief citata prima, Trejo è più credibile quando va in giro a picchiare gente col suo sembiante da messicano alto come un puffo, trugno quanto un blocco di tufo e marsupio da vegiu allacciato in vita, piuttosto che quando cerca di dare spessore psicologico al personaggio, tra pianti artefatti (signore, che imbarazzo...), memorie dei bei vecchi tempi andati e un savoir faire che gli consente persino di imbastire una relazione con una tizia di venti/trent'anni più giovane. Anzi, diciamo pure che Giustizieri da strapazzo comincia a decollare proprio quando la trama si fa assurda e Frank passa dall'essere picchiatore "casuale" a vendicatore consapevole, perché d'accordo il contesto e un minimo d'introduzione, ma da un film simile non mi aspetto né una riflessione sulle condizioni dei reduci del Vietnam (ancora?) né la volontà di spingere lo spettatore a considerare i disagi della vecchiaia, della solitudine e dell'alienazione. Scevro da questi scivoloni "sentimentali", Giustizieri da strapazzo (al di là dello stupido titolo italiano) non è nemmeno un film spiacevole e a tratti diverte, anche se Trejo ha fatto di mooolto meglio. E comunque, dai, io a quest'uomo voglio bene ma è anche l'ora di finirla di dargli parti importanti o cucirgli addosso film, su.


Di Danny Trejo (Frank Vega) e Ron Perlman (Sindaco Williams) ho già parlato ai rispettivi link.

Craig Moss è il regista e co-sceneggiatore della pellicola. Americano, ha diretto film come Succhiami, Giustizieri da strapazzo - Bad Asses e Giustizieri da strapazzo in Luisiana. E' anche produttore e attore.


Charles S. Dutton interpreta Panther. Americano, ha partecipato a film come L'occhio del gatto, Mr. Crocodile Dundee II, Alien³, Seven, Mimic, La fortuna di Cookie, Gothika, Secret Window e serie quali Miami Vice, I Soprano, Senza traccia, Dr. House, My Name is Earl, CSI: NY, Criminal Minds e American Horror Story. Anche produttore, regista e sceneggiatore, ha 67 anni.


Il film ha dato vita a due sequel, uno straight to video dal titolo Giustizieri da strapazzo - Bad Asses, e un altro intitolato Giustizieri da strapazzo in Luisiana. Per me, sinceramente, la saga finisce qui ma se Giustizieri da strapazzo vi fosse piaciuto vi consiglio il recupero di Machete e Machete Kills. ENJOY!

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