Visualizzazione post con etichetta matthew lillard. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta matthew lillard. Mostra tutti i post

mercoledì 24 settembre 2025

The Life of Chuck (2024)

Aspettavo da due anni e finalmente, lunedì, sono riuscita a vedere The Life of Chuck, diretto e co-sceneggiato nel 2024 dal regista Mike Flanagan, partendo dal racconto Vita di Chuck, contenuto nella raccolta Se scorre il sangue.


Trama: la vita del contabile Chuck Krantz viene raccontata, a ritroso, dalla sua fine all'infanzia...


Amo Stephen King dall'età di 13 anni e adoro Mike Flanagan fin dal suo primo film, quindi forse sarò un po' (tanto) di parte parlando di Life of Chuck. King è Maestro d'orrore, ma quelle rare opere in cui il sovrannaturale sfiora appena i personaggi, e dove il Tessitore di Storie si concentra maggiormente a raccontare della vita, della morte, e di tutto ciò che sta nel mezzo, forse sono quelle che gli riescono meglio. E anche quando l'Orrore è preponderante, King, se è al massimo della propria forma, restituisce a tutto tondo sensazioni e verità universali, una quotidianità che non è mai straordinaria, bensì prosaica, spesso brutale ed ingiusta. In questo, Mike Flanagan è molto simile, e al centro delle sue opere, sia cinematografiche che televisive, mette sempre le persone, e il concetto di come il tempo che hanno da passare su questa terra sia più o meno limitato. Da quest'unione non poteva che uscire fuori un'opera leggera come un passo di danza e profonda come l'immensità dell'universo. The Life of Chuck racconta tre tappe dell'esistenza di Charles "Chuck" Krantz, un ordinario contabile che, a 39 anni, sta morendo per un tumore incurabile. Le tre tappe non vanno in ordine cronologico, ma partono dalla fine, dalla tremenda apocalisse personale che coincide con la morte di ognuno di noi. Nell'ormai stra-abusato "Io contengo moltitudini" si consuma la fine di un micro-universo che contiene il nostro bagaglio culturale, la nostra essenza più profonda, ricordi importanti e presenze durate un battito di ciglia; ogni morte è la fine di un mondo, ed ogni mondo è fondamentale per chi lo ha vissuto, a prescindere dalle carte che ci ha servito la vita, dalla spietata legge delle probabilità che ci hanno voluto banali contabili invece che famosissimi ballerini o cantanti. Che la morte sia ineluttabile e spesso ingiusta è un concetto che accomuna i due autori, la differenza è che King spesso lascia degli spiragli, la speranza che ci sia una luminosa mano esterna a guidarci e, forse, ad accoglierci alla fine; Flanagan è tranchant, e per nulla interessato a raccontarci ciò che verrà dopo, perché probabilmente il "dopo" è solo una nera dissolvenza, un buco nero che ci inghiotte. 


Però, c'è la vita. "The rest is confetti" va di pari passo con "I am wonderful. And I have a right to be wonderful". Siamo dei miracoli e, per quanto la vita faccia spesso schifo, c'è sempre qualcosa che, a un certo punto, ci ha resi meravigliosi, anche solo ai nostri occhi (e magari nemmeno ce ne siamo accorti). Può essere una passione che si riaccende all'improvviso, un ultimo guizzo di eccentricità all'interno di un'esistenza che credevamo ormai regolata da una piacevole, rassegnata routine, un ricordo che ci fa sorridere, una parola fondamentale, un atto di coraggio, quello che volete. E' un concetto semplice, che Flanagan e King rendono lapalissiano senza ricorrere ad enfasi strappalacrime, visto che The Life of Chuck riesce a strappare il cuore pur rimanendo trattenuto dall'inizio alla fine. Se la cosa peggiore è l'attesa (della morte, ma non solo), l'unica fortuna che abbiamo è di scegliere cosa fare di quest'attesa. Aspettare passivamente, schiacciati dal peso di un'idea orribile, oppure aggrapparci all'idea che sì, "l'universo è grande, e contiene moltitudini ma, vaffanculo, contiene anche me" e quindi tanto vale goderci il tempo che ci è stato concesso senza rovinarcelo da soli (ci pensa già il mondo. Il primo capitolo del film è angosciante e sembra uno scorcio di imminente futuro. Ho debellato, a fatica, il principio del primo attacco di panico mai avuto al cinema, a dieci minuti dall'inizio di The Life of Chuck, e non penso fosse dovuto solo alla stanchezza). E, ribadisco, The Life of Chuck non parla di un uomo con chissà quali qualità. Chuck è un uomo comune, un contabile che ha abbandonato i sogni di gloria della giovinezza, e noi non abbiamo idea di cosa sia successo, effettivamente, nei suoi 39 anni di vita, perché non è quella la cosa importante. Ciò che conta, ai fini di un discorso più grande, sono la sua morte, il desiderio di toccare nuovamente con mano la meraviglia, il potenziale inizio dell'attesa e il suo deciso rifiuto.


Siccome sto piangendo mentre scrivo (Romina, se mai leggerai queste righe sì, sono una sega. Beata te che hai il pelo sullo stomaco) è meglio che mi rifugi in un discorso più cinematografico. Flanagan omaggia l'origine letteraria del film ricorrendo a un narratore esterno onnisciente, che a mio avviso non stona all'interno di una struttura che conserva la divisione in tre capitoli del racconto originale. Anzi, contribuisce a tenere "distanti" gli spettatori (quelli normali, non certo quelli emotivi come me) da ciò che viene mostrato sullo schermo, fungendo da filtro talvolta ironico. Quanto ai tre capitoli, la prima parte è quella più horror, perché evoca un'atmosfera apocalittica da manuale e veicola un'angoscia tangibile, di cui sono la prova vivente. La seconda è quella più difficile da incasellare e a molti potrebbe sembrare completamente inutile. In realtà, oltre a contenere (come anche la terza parte) molti degli elementi presenti nel primo capitolo, come attori, melodie, dialoghi e luoghi, rappresenta l'ultimo, rabbioso guizzo di eccentricità di cui ho parlato sopra. Non c'è gioia, non c'è catarsi nel ballo a cui si abbandonano Chuck e Janice, non c'è il glamour di un musical, nonostante l'intera sequenza contenga tutti i cliché del genere. Non si tratta, insomma, dell'inizio di un cambiamento epocale, ma "solo" una parentesi sottolineata dal ritmo di una batteria. E' un momento piacevole condiviso con altre persone, una magia che dura il tempo di un numero musicale, che lascia l'amaro in bocca per tutte le possibilità passate e future sfumate ma che, comunque, non influisce in alcun modo sulla vita di Chuck, trasformandosi in un ricordo prezioso e nulla più, come spesso succede. L'ultima parte ha il sapore e il ritmo di una ghost story malinconica, e la bellezza di uno di quei coming of age di cui King è maestro (a tal proposito, in Se scorre il sangue c'è anche Il telefono del signor Harrigan, racconto molto bello che è stato adattato in maniera orribile per Netflix), oltre a contenere la chiave di volta del film e tante bellissime facce amate. Flanagan, con la sua solita, elegante maestria, è riuscito ad adattare alla perfezione il racconto del Re, smussando le differenze di stile tra i tre capitoli del film pur lasciando ad ognuno una personalità ben riconoscibile, e per quanto mi riguarda ha confezionato l'ennesima opera in grado di toccare in profondità le corde del mio animo e straziarlo, anche se forse non era questa la sua intenzione. Lo amo per questo, ma un po' anche lo odio, e mi farò presto di nuovo del male riguardando The Life of Chuck in lingua originale, ché di piantini non ce n'è mai abbastanza. 


Del regista e co-sceneggiatore Mike Flanagan, che compare nelle scene al cimitero, ho già parlato QUI. Tom Hiddleston (Charles 'Chuck' Krantz), Jacob Tremblay (Charles 'Chuck' Krantz), Chiwetel Ejiofor (Marty Anderson), Karen Gillan (Felicia Gordon), Carl Lumbly (Sam Yarborough), Mark Hamill (Albie Krantz), David Dastmalchian (Josh), Matthew Lillard (Gus), Violet McGraw (Iris), Annalise Basso (Janice Halliday), Kate Siegel (Miss Richards), Heather Langenkamp (Vera Stanley), Carla Gugino (voce del notiziario e delle pubblicità), Axelle Carolyn (voce della reporter francese) e Lauren LaVera (voce della reporter italiana) li trovate invece ai rispettivi link.

Nick Offerman è la voce narrante. Sposato con la mitica Megan Mullally, ha partecipato a film come City of Angels - La città degli angeli, Cursed - Il maleficio, Sin City, L'uomo che fissa le capre, Love & Secrets, 7 sconosciuti a El Royale, Civil War e serie quali E.R. Medici in prima linea, 24, Detective Monk, Una mamma per amica, CSI: NY, Parks & Recreation, Fargo, Will & Grace e Pam & Tommy; come doppiatore, ha lavorato in The Cleveland Show, I Simpson, The Lego MovieL'era glaciale 5 - In rotta di collisione, Sing e Sing 2 - Sempre più forte. Anche produttore, sceneggiatore e regista, ha 55 anni e due film in uscita.


Mia Sara
, che interpreta Sarah Krantz, ha avuto un breve ma intenso momento di fama nei primi anni '80, come protagonista dei film Legend e Una pazza giornata di vacanza. Nel film, a colloquio con Anderson, compare Harvey Guillén, visto nella serie What We Do in the Shadows e Companion, mentre i tra i collaboratori fissi o quasi di Flanagan segnalo Michael Trucco (il padre di Dylan), Rahul Kohli (Bri), Samantha Sloyan (Miss Rohrbacher), Molly C. Quinn (La madre di Chuck), Sauriyan Sapkota (Ram), Matt Biedel (Dottor Winston) e Hamish Linklater (voce del reporter americano), senza dimenticare Cody Flanagan, figlio di Mike e Kate Siegel, che interpreta Chuck da piccolino. ENJOY!

venerdì 10 novembre 2023

Five Nights at Freddy's (2023)

Non mi ispirava per nulla, ma non dico mai no a un horror al cinema, quindi sono andata anche io a vedere Five Nights at Freddy's, diretto e co-sceneggiato dalla regista Emma Tammi.


Trama: vittima di un passato traumatico e alla costante ricerca di un lavoro per poter mantenere la sorellina, Mike finisce per fare il guardiano notturno in un ristorante per famiglie abbandonato e popolato da inquietanti pupazzi robotici...


Essendo una vecchia di 42 anni non ho mai giocato a Five Nights at Freddy's e ho giusto una vaga idea della trama del videogioco, ma già dal trailer mi aspettavo un blando horror per ragazzi privo della follia di operazioni simili, come Willy's Wonderland e The Banana Splits Movie, quindi partivo già poco convinta. Il mio livello di convinzione non è aumentato a fine visione, anzi, ho riconfermato ogni mio pregiudizio. A onor del vero, il povero Five Nights at Freddy's partiva già svantaggiato a causa della "scorrettezza" di chi ha deciso di trarne un film con Nicolas Cage cambiando il titolo e il design dei pupazzi malvagi per non incappare in cause legali, stabilendo un livello di badassitudine difficile da superare con un PG 13 e la fazzetta fessa di Josh Hutcherson, ma l'operazione è moscia in generale. Invece di gettarla in caciara, infatti, gli sceneggiatori hanno deciso di puntare su un dramma famigliare che sbaglia praticamente ogni mossa (togliamo pure il momento "Mystic River", ma all'inizio si fatica persino a capire il legame tra Mike e Abby, la zia cattiva ha delle motivazioni talmente risibili che è impossibile accettare il suo piano arzigogolato di pagare degli scappati di casa così da ottenere l'affidamento di Abby per avere i soldi del mantenimento, e non voglio neppure cominciare a parlare della poliziotta, per carità), "arricchito" da una storia sovrannaturale che dovrebbe coinvolgere emotivamente lo spettatore e lo lascia invece basito, a chiedersi se 'sti bambini spettrali non fossero degli stronzetti già prima di venire traumatizzati. Freddy e i suoi compari, inquietanti pupazzoni che esulano da ogni logica della fisica (ma minchia, quale uomo avrebbe la capacità di camallarsi addosso chili di ferraglia e pelo finto??), vengono sfruttati il minimo indispensabile, giusto il tempo di un paio di omicidi fuori campo e del WTF più grosso di tutta la trama, ed è un peccato perché l'ambientazione del ristorante abbandonato e il loro sembiante sono il punto forte dell'intero film.


Proprio per questo, la regista Emma Tammi da il meglio di sé quando trasforma il ristorante di Freddy in un luna park del terrore dove i pupazzoni spadroneggiano, tra cunicoli bui e corridoi che sfociano in magazzini dal contenuto terrificante, con quel tocco d'ironia dato dalle canzoni allegre e dai colori sgargianti che traggono in inganno gli sprovveduti, per il resto le sequenze risultano persino ripetitive, soprattutto quella del sogno, inquietante giusto la prima volta ma riproposta all'infinito. I pupazzoni sono belli (d'altronde sono stati realizzati ed animati dal Jim Henson Creature Shop), sicuramente più di quelli di Willy's Wonderland che erano brutti come il peccato e anche poco omogenei a livello di stile, e ci sono dei momenti in cui fanno passare la voglia di scappare e spingerebbero ad abbracciarli (a nostro rischio e pericolo, ovvio). Sono, perlomeno, migliori del cast moscio tirato fuori per l'occasione, con Matthew Lillard che, da solo, spazza via a colpi di carisma tutti quelli che lo circondano nel poco tempo che gli è stato concesso, mentre il pubblico è costretto a seguire le vicissitudini di un Josh Hutcherson più sonnacchioso e inespressivo del solito, cosa che mi ha portata ad invocare il nome di Nic Cage in ogni maledetto secondo. A 'sto punto, esigo che facciano un remake degli Hunger Games con Cage travestito da pietra di fiume, o non ci sarà giustizia a questo mondo. E già questa mia ultima affermazione si avvererà quando usciranno fiumi di sequel per Five Nights at Freddy's, che sta facendo sfracelli al bottteghino. Buon per tutti i coinvolti, ai quali faccio i miei migliori auguri di un roseo futuro, ma a meno di guest star allucinanti le mie notti con Freddy finiscono qui.


Josh Hutcherson (Mike) e Matthew Lillard (Steve Raglan) li trovate ai rispettivi link. 

Emma Tammi è la regista e co-sceneggiatrice del film. Americana, ha diretto film come The Wind ed è anche produttrice e attrice.


Se Five Night at Freddy's vi fosse piaciuto recuperate Willy's Wonderland e The Banana Splits Movie. ENJOY!

mercoledì 14 ottobre 2020

La signora ammazzatutti (1994)

Tornata dalle vacanze estive ero in totale astinenza da film e cercandone uno da poter vedere anche col Bolluomo ho scoperto, tra le "novità" su Amazon Prime, La signora ammazzatutti (Serial Mom), diretto e sceneggiato nel 1994 dal regista John Waters.


Trama: Beverly è una moglie e madre di famiglia perfetta, con un piccolissimo difetto: è completamente pazza e non conviene contraddirla o risultarle antipatici...


La signora ammazzatutti era uno dei film che più amavo guardare da ragazzina, prima ancora che arrivassi ad associare il nome di John Waters al trash estremo di opere come Pink Flamingos, giusto per citare la più famosa. Adoravo La signora ammazzatutti senza conoscerne il "papà", semplicemente perché c'era colei che fin da bambina avevo imparato ad amare senza riserve in virtù di capolavori visti e rivisti come All'inseguimento della pietra verde, Il tesoro del Nilo e La guerra dei Roses, la meravigliosa Kathleen Turner; abituata a vederla nei panni di donna giovane ed elegante, questa versione inedita di mamma killer già un po' avanti con gli anni mi intrigava mentre il film in sé era qualcosa che sfuggiva ad una comprensione totale. Al di là delle citazioni a serial killer quali Charles Manson e Ted Bundy e della parodia di serie e programmi USA basati sul true crime (tutte cose che all'epoca non avrei potuto cogliere), erano proprio le situazioni surreali mostrate nel film a suscitare in me sensazioni contrastanti, perché la vicenda de La signora ammazzatutti è improbabile ma non assurda e non c'è nessun giudizio negativo nei confronti di Beverly né verso la marea di freaks che la circondano, i figli in primis. Ero abituata a separare la commedia dall'horror/thriller e vedere un film che indulgeva nelle peggiori nefandezze ridendone a crepapelle, anzi, quasi facendo passare Beverly per il personaggio "savio" in un mondo di matti e maleducati assortiti, determinata a compiere i peggiori delitti per mantenere intatta la felicità della famiglia e del quartiere, era qualcosa che mi aveva colpita profondamente. Certo, c'era già stato Roba da matti ma quello era scemo e basta, qui invece c'era non solo una presa in giro della famiglia perfetta ma anche della società americana in generale, quella perbenista e provincialotta, che abita nei quartieri bene di una città come Baltimora.


La signora ammazzatutti, al secolo Beverly Sutphin, si fa paladina di questa perfezione disperatamente ricercata dalla classe medio-alta bianca, ma non esita a sporcarsi le mani e a mostrare, sotto la superficie patinata, la sua natura weird: adorabilmente pazza, Beverly indulge in letture "proibite", "osa" godere a letto urlando come se non ci fosse un domani (altro che mammina pancina), ama i film dell'orrore e si diverte un mondo a giustiziare tutti quelli che esibiscono comportamenti non consoni verso la sua famiglia, l'ambiente, la morale comune (le scarpe bianche dopo il Labor Day? Orrore!!!) ecc. Come conseguenza di ciò, i suoi famigliari arrivano sì a temerla, ma senza smettere di amarla, perché mammà fa tutto per mantenere l'armonia e pazienza se qualcuno ci rimette la vita, anzi, tanto meglio, in quanto con la pazzia di mamma arriva anche la tanto bramata celebrità alimentata dalla nostra natura di voyeur pervertiti, che adorano divorare storie turpi e possibilmente vere. Ecco la presa in giro di John Waters nei confronti dello stesso spettatore, che fin dall'inizio si trova davanti un film presentato come una storia realmente accaduta, giusto con i nomi cambiati, strutturato appunto come un lungo episodio dei true crime che vanno tanto di moda ora, completo di didascalie con luoghi, orari, giorni in cui viene consumata la follia omicida di Beverly, personaggio che divora la scena dall'inizio alla fine. Non che tutti i comprimari non siano esilaranti e simpatici, ma Kathleen Turner è semplicemente meravigliosa, col suo aspetto rassicurante e sorridente che cambia in un secondo, sostituito da lunghi e cupi musi infastiditi e, soprattutto, da un vocione che rovescia sulla vicina di casa i peggiori improperi senza battere ciglio: a dimostrazione di quanto gli adattamenti di un tempo fossero esilaranti (ancora ricordo quello di La morte ti fa bella), le telefonate di Beverly, tra "via passeggiata della fica" e "succhioni di salice", fanno ancora oggi morire dal ridere, ancor più dell'intero film. Che vi consiglio, ovviamente, di recuperare, tanto su Prime c'è soltanto doppiato e non potete sbagliare!


Di Kathleen Turner (Mamma), Sam Waterston (Papà) e Matthew Lillard (Chip) ho parlato ai rispettivi link.

John Waters è il regista e sceneggiatore della pellicola, inoltre è la voce originale di Ted Bundy. Americano, ha diretto film come Pink Flamingos, Polyester, Grasso è bello, Cry Baby, Pecker e A morte Hollywood. Anche attore e produttore, ha 74 anni.


Ricki Lake interpreta Misty. Americana, famosa conduttrice di talk show, ha partecipato a film come Grasso è bello, Una donna in carriera, Cry Baby, Buffy - L'ammazzavampiri, A morte Hollywood e Hairspray: Grasso è bello. Anche produttrice, ha 52 anni e un film in uscita.


Traci Lords (vero nome Nora Louise Kuzma) interpreta la ragazza di Carl. Americana, un tempo attrice porno, ha partecipato a film come Cry Baby, Blade, Zack & Miri - Amore a... primo sesso, Excision e a serie quali Highlander, I racconti della cripta, Melrose Place, Pappa e ciccia, Nash Bridges, Hercules, Una mamma per amica e Will & Grace. Anche produttrice, compositrice, regista e sceneggiatrice, ha 52 anni e un film in uscita.


Justin Whalin, che interpreta Scotty, è stato Andy Barclay ne La bambola assassina 3 mentre Suzanne Somers era la "bionda" di Una bionda per papà e la Chrissy di Tre cuori in affitto. Per il ruolo di Beverly era stato fatto il nome di Julie Andrews ma la prima scelta del regista era stata Susan Sarandon, scartata per le esorbitanti richieste di compenso. Niente da fare anche per Will Wheaton, surclassato durante i provini per il ruolo di Chip. ENJOY!

giovedì 21 aprile 2011

Scream (1996)

Esiste solo un film che posso dire abbia segnato la mia adolescenza, diventando l’Horror per eccellenza. Prima della scoperta di Fulci, prima dell’arrivo del J – Horror, prima di cominciare a scavare nelle perle trash della cinematografia mondiale… c’era questo Scream – Chi urla muore (Scream), diretto da Wes Craven nel 1996.


La trama: Nella cittadina di Woodsboro un killer mascherato comincia a mietere vittime tra gli studenti del liceo. In particolare, la più perseguitata parrebbe essere Sidney Prescott, la cui madre era stata brutalmente uccisa proprio un anno prima…


Scream è il giocattolo di un appassionato di horror e come tale va visto e “vissuto”. Nonostante il sangue scorra abbastanza copioso, non c’è niente di serio per i veri appassionati, ci sono soltanto una miriade di ammiccamenti al pubblico “esperto” che deve giocare col regista e cogliere la citazione, l’indizio, la presa in giro del cliché. Ecco perché all’epoca vedevo Scream come l’apoteosi dell’horror e saltavo sulla sedia ad ogni apparizione di Ghostface mentre adesso mi faccio delle grasse risate (tolto il fatto che ormai l’ho già visto almeno cinque volte e ogni spavento mi è precluso…): questo primo episodio è una sorta di dono che Craven fa ai suoi fan e una bella autocritica al cinema di genere, un ironico “manuale del perfetto film horror che ne smaschera le convenzioni, suggerendo ai registi, soprattutto quelli che pensano bastino delle lame e del sangue per spaventare l’audience, di percorrere altre strade visto che ormai l’horror segue gli stessi schemi fin dagli anni ’70, gli anni in cui ha cominciato a lavorare Craven, per l’appunto.


La trama, quindi, è solo un pretesto, anche personalmente ritengo che la parte horror funzioni quanto quella thriller. Sì perché anche a distanza di anni, anche se ora è l’Enigmista di Saw a proporre “giochi” ben più efferati, quello crudele e cinefilo che viene proposto telefonicamente a Casey mette i brividi e la sequenza iniziale è una delle più belle della storia del cinema: la telefonata amichevole, qualche domanda mirata di cui Craven approfitta per mostrare il suo disgusto per i sequel del suo Nightmare – Dal profondo della notte, poi l’inquietudine che si sparge come il fumo dei pop – corn che cominciano a bruciare, quindi la violenza per mano di una maschera che richiama l’impressionante Urlo di Munch, per finire con la cattiveria di mostrare genitori impotenti che sentono i rantoli della figlia attraverso il telefono e che sfocia in quell’urlo che percorre tutto il film. Da qui in avanti il gioco, per lo spettatore, è capire chi si nasconda dietro la figura di Ghostface: Craven ci sfida svelandoci le regole horror che ben conosciamo (il nostro Virgilio all’interno dell’inferno di Woodsboro è il nerd Randy, che conosce a menadito cliché e difetti del genere, tanto da poter essere l’indiziato numero uno…) e ci prende in giro facendoci capire che potrebbe anche non seguirle. Il risultato finale, se vogliamo, potrebbe essere un po’ tirato per i capelli ma, almeno in questo primo film, non delude e funziona. Wes Craven ci regala, così, l’ultimo classico (e questo è indicativo…) di un genere, l’horror USA, che da quel momento non ha fatto altro che declinare lasciando spazio alla Francia, alla Spagna e all’Asia. Da vedere, assolutamente.


Del regista Wes Craven (che fa una guest appearence nei panni del già citato bidello Fred) ho già parlato qui, il post dedicato a Liev Schreiber , che compare brevemente nei panni di Cotton Weary, lo trovate qua, mentre qui c’è un breve profilo di Rose McGowan, che interpreta Tatum.

Neve Campbell interpreta Sidney Prescott. Attrice canadese assai quotata e famosa negli anni ’90, la ricordo per film come il bellissimo Giovani Streghe, Scream 2, Sex Crimes – Giochi pericolosi, Studio 54, Scream 3 e serie come Il mio amico Ultraman, Medium e, soprattutto, Party of Five – Cinque in famiglia, che l’ha fatta conoscere al pubblico. Ha doppiato anche un episodio de I Simpson. Anche produttrice e sceneggiatrice, ha 38 anni e due film in uscita tra i quali Scream 4, attualmente nelle sale italiane, dove riprenderà il ruolo della sfortunata Sid.


Courteney Cox interpreta la reporter Gale Weathers. Attrice americana universalmente conosciuta per avere interpretato Monica nella fortunatissima serie Friends, la ricordo per film come I dominatori dell’universo, Cocoon il ritorno, Ace Ventura – L’acchiappanimali, Scream 2 e Scream 3; inoltre ha partecipato anche alle serie Love Boat, La signora in giallo, Casa Keaton e Scrubs. Produttrice, regista e sceneggiatrice, fino a quest’anno era anche sposata con David Arquette, un amore nato con il primo Scream e purtroppo finito con il quarto episodio, al quale parteciperà comunque la quarantasettenne Courteney.


David Arquette interpreta il poliziotto Linus. Attore canadese tra i miei preferiti (nonostante i ruoli da idiota io lo trovo bellissimo!!), il più giovane dei fratelli Arquette ha partecipato a film come l’orrendo Buffy l’ammazzavampiri, Airheads – Una banda da lanciare, Scream 2, il bellissimo L’insaziabile, Scream 3, l’inguardabile Spot, Arac attac – Mostri a otto zampe, e a serie come Beverly Hills 90210, Friends, My Name is Earl e Medium. Produttore, regista e sceneggiatore, ha 40 anni e tre film in uscita, tra cui Scream 4.


Matthew Lillard interpreta Stuart. Attore americano dalla faccia particolarissima, anche lui ha avuto il suo momento di gloria una decina di anni fa, quando partecipava a film come La signora ammazzatutti, I tredici spettri, Scooby – Doo e Scooby – Doo 2: mostri scatenati; proprio questi ultimi due film lo hanno legato al ruolo di Shaggy visto che tuttora sta continuando a doppiare il personaggio nei cartoni animati, oltre a prestare la voce per serie come American Dad e Robot Chicken. Per la TV, ha anche lavorato in Law & Order e Dr. House. Curiosamente, appare brevemente anche in Scream 2, ma non nei panni di Stuart. Anche produttore, ha 41 anni e quattro film in uscita.


Skeet Ulrich (vero nome Bryan Ray Trout) interpreta Billy. Americano, tra i suoi film ricordo Weekend con il morto, Tartarughe Ninja alla riscossa, il geniale Giovani streghe, Insoliti criminali e Qualcosa è cambiato, mentre per la TV ha lavorato in CSI: New York, Law & Order e doppiato episodi di Robot Chicken. Ha 41 anni.


Drew Barrymore interpreta la sfortunata Casey. Decisamente una delle più famose e potenti attrici americane, fa cinema fin dalla più tenera età, da quando è comparsa nel film E.T. l’extraterrestre come sorellina del protagonista Eliott. Tra gli altri suoi film ricordo Fenomeni paranormali incontrollabili, La mia peggiore amica, Fusi di testa 2 – Waynestock, Batman Forever, La leggenda di un amore: Cinderella, Charlie’s Angels, Donnie Darko, Confessioni di una mente pericolosa e Charlie’s Angels: più che mai. Ha partecipato ad un episodio di Hercules e doppiato serie come I Simpson e I Griffin. Anche produttrice e regista, ha 36 anni e un film in uscita.


Henry Winkler interpreta il preside. Credo che nessuno potrà mai dimenticarsi di colui che ha incarnato per anni il mito di Fonzie nell’ancor più mitico Happy Days (e in una puntata di Mork & Mindy…); con un personaggio così carismatico sulle spalle, va da sé che la carriera di Winkler non se n’è praticamente mai staccata, e le sue parti in film come Cambia la tua vita con un click o Zohan – Tutte le donne vengono al pettine sono essenzialmente degli omaggi a quel ruolo. Inoltre, ha partecipato alle serie McGyver, Law & Order e Numb3rs, oltre ad aver doppiato episodi di South Park e I Simpson. Anche produttore e regista, ha 66 anni e due film in uscita.


Linda Blair compare in un breve cameo nei panni di una giornalista. Tornando a parlare di attori che sono rimasti bloccati in un ruolo, la Blair verrà probabilmente sempre e solo ricordata nei panni della piccola Regan, la ragazzina posseduta dal demonio ne l’Esorcista (ruolo che l’ha vista nominata all’Oscar come attrice non protagonista e che ha ripreso, molti anni dopo, nella parodia Riposseduta, con Leslie Nielsen nei panni dell’esorcista) e nel sequel L’esorcista II: l’eretico. Tra gli altri film ai quali ha partecipato ricordo solo La casa 4 - Witchcraft, mentre tra le serie che la vedono presente segnalo Fantasilandia, Love Boat, La signora in giallo, MacGyver, Renegade e Supernatural. Anche produttrice, l’attrice americana ha 52 anni e un film in uscita.


E ora un paio di curiosità: nel corso di alcune interviste Craven ha dichiarato di avere rifiutato, almeno all’inizio, di dirigere il film (che all’inizio doveva chiamarsi Scary Movie, proprio come quella che sarebbe diventata la sua parodia!) perché “troppo violento”, e di avere poi riconsiderato la cosa dopo le pressioni dei fan. Per quanto riguarda gli attori, inizialmente doveva essere proprio Drew Barrymore ad interpretare Sidney al posto di Neve Campbell. Ma è stata la stessa Barrymore a convincere Craven ad usarla per il ruolo di Casey, così da poter mostrare agli spettatori che in Scream poteva davvero succedere di tutto. Tra le altre attrici in lizza per il ruolo di Sidney c’erano anche Melissa Joan Hart (la ragazzetta di Sabrina – Vita da strega!) e Reese Witherspoon, mentre per quello di Tatum c’era la bella Rebecca Gayheart, che compare però in Scream 2. Cambio ruolo, invece, per David Arquette, a cui in origine era stato offerto quello di Billy: pare infatti che la parte di Linus fosse stata pensata per un attore molto più carismatico e atletico. Francamente, io preferisco il poliziotto dolce ed impedito che è diventato! (SPOILER: parlando sempre di Linus, se guardate con attenzione le scene dopo che il personaggio è stato accoltellato, potete notare che non sta respirando. Effettivamente il povero sbirro avrebbe dovuto morire, ma il pubblico durante le proiezioni di prova lo ha amato così tanto che Craven ha deciso di “salvarlo”, e per fortuna!). Se il film vi fosse piaciuto, vi consiglio di cercare i due seguiti (inferiori al primo, ahimé…) e di andare al cinema a vedere il quarto episodio, ovviamente. E ora vi lascio alla prima parte dello storico e bellissimo incipit del film. Decidete voi se guardarla o meno, e se continuare! ENJOY!


Se vuoi condividere l'articolo

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...