martedì 31 luglio 2018

Ocean's 8 (2018)

Per una volta il cinemino albisolese mi è venuto in soccorso e domenica sera sono riuscita a vedere Ocean's 8, diretto e co-sceneggiato da Gary Ross, alla faccia delle ferie del multisala savonese.


Trama: dopo essere uscita di prigione, Debbie Ocean organizza un audace colpo al Metropolitan Museum di New York.


Doverosa premessa: sono passati 17 anni da Ocean's Eleven e io credo di non averlo mai più riguardato dopo quella lontanissima sera al cinema del 2001, ergo se sperate che durante la visione di Ocean's 8 abbia colto non solo i riferimenti al suo predecessore (salvo il nome Danny Ocean, grazie al piffero!) ma anche le somiglianze a livello di trama (c'era un cinese acrobata anche lì mi pare, giusto?) cascate malissimo e, sempre in virtù di ciò, non riuscirei nemmeno a confrontare la qualità dei due film. Di fatto, non sono andata a vedere Ocean's 8 per una sorta di nostalgia o per vedere "come mi avessero rovinato l'infanzia anche se all'epoca avevo già 20 anni" ma solo per il cast zeppo di attrici che adoro, salvo la Bullock, e perché in generale mi piacciono gli heist movies, come ama chiamarli oggi la critica, benché quelli americani finiscano per assomigliarsi un po' tutti. Come da programma, quindi, sono andata al cinema giusto per godermi un furto perpetrato da un gruppo di donne cool e quello ho avuto, niente di più e niente di meno; Ocean's 8 fila dritto e liscio dall'inizio alla fine, con qualche complicazione all'acqua di rose, un paio di garbati "colpi di scena", una lunga e necessaria introduzione per presentare tutte le otto protagoniste e qualche forzatura della trama che probabilmente sfuggirà agli spettatori meno spaccapalle e che, effettivamente, in questo genere di pellicola deve necessariamente finire in secondo piano. Si potrebbe definire Ocean's 8 un film "leggero", un divertissement estivo che lascia il tempo che trova, non entusiasmante quanto ci si potrebbe aspettare da un ensemble di prime donne potenzialmente carismatico e quindi facilmente dimenticabile nel giro di un paio di settimane o anche meno, con parecchie potenzialità sprecate e fiaccato da una mancanza di coraggio imperdonabile. Banalmente, giusto per fare un esempio, manca un villain degno di questo nome (oh, quanto avrei sperato che "qualcuna" facesse il doppio gioco, invece ciccia, bisogna accontentarsi di una sciapa vendetta ai danni di un povero sfighé...), manca un po' di sano pericolo, manca, per citare Alex De Large, una sana dose di ultraviolenza e un po' di dolce su e giù i quali, se non rammento male, mancavano anche nei vari Ocean's precedenti ma perlomeno c'era l'umorismo guascone e fighetto di Clooney e compagnia a farla da padrone.


Ocean's 8 è invece un vorrei ma non posso. Non so come spiegarmi al meglio ma pare davvero pensato e realizzato "solo" per un pubblico femminile, a partire da quelle sequenze palesemente imperniate su lusso e glamour, fatte di gioielli da sogno e abiti da capogiro, come se le spettatrici stessero sfogliando una di quelle riviste alla Vanity Fair invece di vedere un film; non è che le protagoniste non siano carismatiche, intelligenti o toste, però mi è sembrato che queste tre caratteristiche fossero subordinate ad una superficialità concretizzata nell'apparenza, in sogni di evasione fatti di cinema, gossip, lavori a contatto col mondo della moda ecc. e questo non accadeva in Ocean's Eleven, fatto per piacere e divertire a partire dal "gender" dello spettatore. Detto questo, le donne che passano sullo schermo sono effettivamente lontane anni luce da noi povere mortali quindi forse ci sta che alle spettatrici venga lasciata giusto la possibilità di sognare. La boss Sandra Bullock non ha il carisma del "fratello" George Clooney ma comunque il personaggio di Debbie Ocean è un perfetto esempio di criminale veterana che riesce a farsi rispettare dal gruppo pur mantenendo i suoi piccoli segretucci, ed è degnamente spalleggiata da una Cate Blanchett alla quale vengono riservate le mise migliori nonostante la sua Lou non spicchi come dovrebbe, vincendo la palma di co-protagonista sprecata e tenuta stupidamente nell'ombra; divertentissima Anne Hathaway nei panni di un'attrice oca, ignorante e superba, un ruolo sciocchino che tuttavia l'attrice interpreta con incredibile grazia, e sorprendente Rihanna che risulta una gnocca colossale anche conciata come l'ultima delle streppone di Piazza del Popolo (con l'unico difetto di un adattamento italiano imbarazzante, come sempre accade quando si è costretti a riportare uno slang "cciofane"), mentre Helena Bonham Carter passa alla cassa senza impegnarsi più di tanto, portando a casa la solita interpretazione da weirdo un po' attempata. La Paulson, il motivo principale che mi ha spinta al cinema, è invece una signora come sempre, attrice tra le più duttili esistenti, brava sia nei ruoli drammatici che in quelli leggeri come questo. Definirla passepartout non le rende giustizia, visto tutto il bene che le voglio, sta di fatto che ogni volta che la vedo a me pare perfetta e calzante, a prescindere dal ruolo. In soldoni, quindi, non è che Ocean's 8 sia un brutto film ma forse è un po' anonimo e piatto, incapace di sfruttare al meglio tutti gli elementi positivi di cui è dotato, un budget della Madonna e un incredibile cast in primis. E poi, mi chiedo: ma perché Richard Armitage è figo solo quando fa il nano?


Del regista e co-sceneggiatore Gary Ross ho già parlato QUI. Sandra Bullock (Debbie Ocean), Griffin Dunne (Responsabile libertà vigilata), Cate Blanchett (Lou), Elliott Gould (Reuben), Richard Armitage (Claude Becker), Anne Hathaway (Daphne Kluger), Helena Bonham Carter (Rose Weil), Dakota Fanning (Penelope Stern), Sarah Paulson (Tammy) e James Corden (John Frazier) li trovate invece ai rispettivi link.

Mindy Kaling interpreta Amita. Americana, ha partecipato a film come 40 anni vergine, Una notte al museo 2 - La fuga e Facciamola finita, come doppiatrice ha lavorato invece in Cattivissimo me, Ralph Spaccatutto ed Inside Out. Anche produttrice, sceneggiatrice e regista, ha 39 anni e un film in uscita.


Rihanna (Robyn Rihanna Fenty) interpreta Palla Nove. Nativa delle Barbados, ovviamente famosissima come cantante, ha partecipato a film come Battleship, Facciamola finita, Valerian e la città dei mille pianeti e a serie come Bates Motel; come doppiatrice ha lavorato in Home - A casa. Anche regista, sceneggiatrice e produttrice, ha 30 anni.


Tra le celebrità che hanno partecipato non accreditate nel ruolo di loro stesse ci sono Katie Holmes, Kim Kardashian, Jaime King, Olivia Munn, Serena Williams, Anna Wintour e Common; tra quelle che invece "non ce l'hanno fatta" ci sono Jennifer Lawrence, rimpiazzata da Anne Hathaway a causa di impegni pregressi, ed Elizabeth Banks. Siccome Ocean's 8 è lo spin-off di Ocean's Eleven - Fate il vostro gioco, se il genere vi piace recuperatelo e aggiungete Ocean's Twelve, Ocean's Thirteen e magari anche Colpo grosso e The Italian Job. ENJOY!

domenica 29 luglio 2018

Io, Dio e Bin Laden (2016)



Dopo avere visto il trailer non potevo assolutamente perdere Io, Dio e Bin Laden (Army of One), diretto nel 2016 dal regista Larry Charles e arrivato proprio giovedì sugli schermi italiani.


Trama: Gary Faulkner, costretto a sedute di dialisi settimanale e non proprio sano di mente, ha una visione in cui Dio gli dice di andare in Pakistan e catturare Bin Laden. L'uomo, galvanizzato, cerca di ottemperare alla missione divina in tutti i modi possibili...


Io, Dio e Bin Laden è l'ennesimo one man show di Nicolas Cage, all'interno del quale il nostro asseconda tutta la sua verve e la follia, profondendosi in un atto di overacting talmente commovente che è quasi un peccato guardare il film doppiato, anzi, togliete pure il quasi. Anche perché durante i titoli di coda viene mostrato il vero Gary Faulkner, colui che un giorno ha deciso di partire per il Pakistan e catturare Bin Laden (come se io, un giorno, m'intestardissi e volessi andare a dare una zuccata in fronte a Trump) e vi giuro che, a parte il sembiante da hippy e una tendenza a parlare come se fosse il depositario del sapere mondiale, costui sembrerebbe una persona normale. Così non è, ovviamente, per il Gary Faulkner interpretato da Cage, un logorroico barbone urlante con un accento aMMeregano marcatissimo, fatto di vocali allungate a dismisura, costantemente in agitazione, occhi da pazzo, tendenze psicotico/patriottiche, sincero al punto da essere disarmante. Eppure, guardando il film, ci si ritrova ad amarlo come succede all'amica d'infanzia e alla figlioletta adottiva, a sperare che questa creatura rincoglionita, in missione per conto di Dio, venga a bussarci alla porta per condividere una birra, una canna, i suoi racconti di vita. Davvero, se i patrioti filoamericani fossero tutti come il Gary Faulkner ritratto da Cage il mondo sarebbe probabilmente un mondo migliore visto che costui ha nel cuore la gioia dell'incoscienza e il cuore grande dello sballone, anche quando si ritrova in un paese sconosciuto e potenzialmente nemico come il Pakistan; lo so che non bisognerebbe prendere sul serio un film simile, per di più girato dal realizzatore di Borat con intenti meno che imbecilli, però non posso fare a meno di pensare che il Faulkner di Cage sia una persona da cui si potrebbe imparare qualcosa, fosse anche il coraggio di perseguire le proprie folli idee a prescindere dagli inevitabili limiti, oppure la capacità di essere così incredibilmente generosi, benché sconsiderati, colmi di affetto per gli altri e di amore per la vita. E ok, sto straparlando per l'effetto Cage mi sa.


E comunque, se Cage è pazzo, Russell Brand non è da meno. I momenti più genuinamente esilaranti del film (tolto quando Faulkner si spacca il dente, ché le urla del vecchio Nicolas sono impagabili e mi hanno letteralmente fatta piegare in due dalle risate) sono quelli in cui il protagonista si confronta con un Dio che si atteggia come un gangsta, una sboccata rockstar da due soldi zeppa di autostima e con poca voglia di essere presa per il naso, mentre il suo "discepolo" si accartoccia disperato sotto il peso del suo giudizio. La cosa valida di questo Dio è che, fortunatamente, viene centellinato in modo che non solo non venga a noia al pubblico, magari già fiaccato dall'esageratissimo Cage, ma anche che rimanga un minimo d'incertezza relativamente alla missione di Faulkner, forse pazzo o forse veramente eletto dal Signore, chi lo sa. Quindi, Io, Dio e Bin Laden non funziona bene solo per la presenza di un Nicolas Cage in formissima ma anche per i comprimari che lo affiancano, impossibilitati a rubargli la scena ma comunque in grado di conquistarsi uno spazietto nel cuore dello spettatore sia che compaiano solo per poche scene (come gli agenti della CIA oppure i messicani/colombiani di Las Vegas), sia che abbiano ruoli più preponderanti, come quello della dolce Marci, personaggio che ancora adesso non ho capito se ci è o ci fa ma comunque molto carino. Insomma, di questo Io, Dio e Bin Laden salvo tutto, persino il titolo italiano che invoglia alla visione sicuramente più di "Army of One", a rischio di far pensare allo spettatore all'ennesimo action scrauso con un Nicolas Cage svogliato; non fatevi ingannare, ché il film di Larry Charles è una commedia magari non perfetta ma di sicuro assai divertente... soprattutto se, come me, non vi vergognate di proclamare ai quattro venti il vostro amore per Nicolas Cage!


Di Nicolas Cage (Gary Faulkner), Denis O'Hare (Agente Doss) e Rainn Wilson (Agente Simons) ho già parlato ai rispettivi link.

Larry Charles è il regista della pellicola. Americano, ha diretto film come Borat: Studio culturale sull'America a beneficio della gloriosa nazione del Kazakistan, Brüno e Il dittatore. Anche produttore, sceneggiatore e attore, ha 62 anni.


Russell Brand interpreta Dio. Inglese, ha partecipato a film come Non mi scaricare, In viaggio con una Rock Star, Arturo e Rock of Ages; come doppiatore ha lavorato in Cattivissimo me, Cattivissimo me 2 e I Simpson. Anche produttore e sceneggiatore, ha 43 anni e due film in uscita.


Paul Scheer interpreta Pickles. Americano, ha partecipato a film come Piranha 3D, Piranha 3DD, The Disaster Artist e a serie quali 30 Rock e C'era una volta; come doppiatore ha lavorato in Robot Chicken, Adventure Time e Big Mouth. Anche sceneggiatore, produttore e regista, ha 42 anni e tre film in uscita.


venerdì 27 luglio 2018

Il Bollodromo #59: Lupin III - Parte 5 - Episodio 16

A quanto pare Lupin non va in vacanza e (per adesso) nemmeno io quindi beccatevi il commento al sedicesimo episodio di Lupin III - Parte 5, intitolato 初恋の話をしょう (Hatsukoi no hanashi o shou - Parliamo del primo amore). ENJOY!


La puntata si apre con Jigen e Goemon che, dopo essersi rifocillati, decidono di andare a cercare Lupin ed entrare così nel vivo dell'azione. Intanto, Lupin ed Ami si introducono nella roccaforte del Primo Sacerdote travestendosi abilmente da Generale orbo e Principessa Dolma, cosa che da modo alla ragazza di mostrare a Lupin le sue abilità di hacker (Ami non solo ha salvato il ladro gentiluomo e Fujiko facendo schiantare un dirigibile nel bosco, come da cliffhanger dello scorso episodio, ma consente anche a Lupin di superare uno scanner retinico senza colpo ferire). Nel frattempo il Re di Padar, "al sicuro" all'interno di un dirigibile della Shake Hands, riesce a parlare alla nazione e a tutto il mondo attraverso una connessione internet prontamente ripristinata, invitando il suo popolo a non indulgere in una guerra civile; applausi da parte del bieco Enzo o' barbone, che pianifica un mondo senza confini, senza guerre, senza ladri, senza nulla a parte lui, credo. Ma questa probabilmente sarà una storia da riservare all'Episode IV immagino. Infine, all'interno della fortezza del Primo Sacerdote, la Principessa scopre che il vecchio rattuso ha solo voglia di accentrare il potere su di sé senza nessun rispetto per Padar, il suo popolo o le tradizioni che lo governano. Mi verrebbe da dire "bella scoperta!" ma probabilmente Dolma è tanto rapida a scoccare frecce quanto è lenta nei ragionamenti.


In virtù di ciò, il Primo Sacerdote sta quasi per farla fuori liberandosi di un peso ma fortunatamente a salvarla arrivano Lupin e Ami. I quali, per inciso, rischiano di venir uccisi a loro volta se non fosse per la presenza di Jigen e Goemon che, per una volta, hanno giocato d'anticipo e capito quali sarebbero state le mosse del loro capo, infiltrandosi tra le guardie scelte del Gran Sacerdote. Messo alle strette, quest'ultimo decide di giocare la carta della corruzione e comincia a promettere soldi, potere, gioielli e donne a Lupin senza rendersi conto che Ami sta riprendendo tutto, trasmettendolo in mondovisione. In un attimo, i soldati di Padar passano dall'essere alleati del vecchio porco a volerlo uccidere e, palesando l'intelligenza di un branco di volpi, quasi quasi ammazzerebbero anche Dolma, credendola sua alleata e serva degli Stati Uniti. Vedendo che la situazione non butta benissimo, l'ex agente della CIA Ugo punta una pistola alla tempia della Principessa fingendo di volerla rapire per conto degli USA e viene freddato dai soldati; parte così un terrificante momento "Tristezza a palate" durante il quale Ugo ricorda la sua triste infanzia e muore mostrando un sorriso d'aMMore a Dolma. La fanciulla, pur col cuore spezzato, sfrutta così Ami per mettere in rete un monito contro i "cani statunitensi", invitandoli a rimanere cortesemente fuori dalle balle. I vertici mondiali, tra cui spicca un soddisfatto AlbeLt, decidono all'istante che il regno di Padar è degno di stima e finisce tutto a tarallucci, vino e maledizioni del defunto Ugo.


Sul finale, Dolma promette a Lupin di diventare "malvagia" e confida ad Ami che Ugo era, di fatto, il suo primo amore (ecco il perché dello sdolcinato titolo dell'episodio). Ringalluzzita dalla confidenza, Ami corre da Lupin e, davanti a due imbarazzatissimi Jigen e Goemon, gli dice di amarlo o, meglio, di "credere di", visti gli scompensi fisici che le vengono al solo pensare a lui. Il ladro nicchia, ovviamente, ma Ami lo trae d'impaccio promettendogli di tornare alla carica solo quando sarà diventata "migliore di Fujiko Mine". Tra un furioso colpo di tosse e l'altro, Jigen e Goemon infilano qualcosa che sa tanto di "Ti mancano almeno 10 kg di sise!!" ma Lupin è un signore e si limita a sorridere ed annuire, ché non si sa mai, arrivato a 60/70 anni ogni lasciata è persa. Ma Fujiko, in tutto questo? E' con Zenigata! E non cominciate a pensare subito male, nemmeno fossimo in una puntata de La donna chiamata Fujiko Mine! Il vecchio ispettore è ligio, probo e soprattutto curioso come noi, al punto da chiedere per ben due volte alla ladra che diamine sia successo tra lei e Lupin. La donna ricorda ciò che è accaduto nel post cliffhanger, quando Lupin non ha risposto alla sua domanda ma si è limitato a brasarla con sguardo e voce da marpione rubandole la Gemma di Sangue prima di scappare... e a Zazà dice solo "Lo odio!", lasciando lui e noi con un palmo di naso. E vabbé, ne sapremo di più nel corso dell'Episode IV, che vi devo dire. Anche perché la prossima puntata (una sorta di Lupin meets Cluedo) sarà un filler ambientato ai tempi della giacca verde col ladro gentiluomo come unico protagonista!

Sì, sì, carina, aspettiamo che ti crescano le sise!
Ecco le altre puntate di Lupin III - Parte 5:

Episodio 1
Episodio 2
Episodio 3
Episodio 4
Episodio 5




giovedì 26 luglio 2018

Il (Gio)WE, Bolla! del Diludendo (26/7/2018)

Ordunque, non avevo dubbi che alla prima uscita horror incredibilmente degna di questa metà dell'anno il Multisala avrebbe CHIUSO. Ah, le bestemmie. Da oggi e per le prossime due settimane, questa rubrica diventerà quindi la lamentela bramosa di una povera crista che vorrebbe vedere determinati film e non può. O comunque deve emigrare per vederli, ecco. ENJOY!


Hereditary - Le radici del male
La prima, vera bomba horror dell'anno. A naso, direi che il paragone con L'esorcista è la solita bufala pubblicitaria a base di fregnacce e paroloni ma comunque il film mi da ottime vibrazioni, soprattutto in virtù di quella bimba inquietantissima. Dovrei andare a vederlo lunedì a Genova quindi potremmo riparlarne mercoledì, ché sapete quanto sono lenta.


Io, Dio e Bin Laden
Sì, volevo andarlo a vedere, d'accordo? Sapete quanto ami Nicolas Cage in ruoli assurdi e cosa c'è di più assurdo di un tizio che va ad uccidere Bin Laden accompagnato da Cristo? Boh, forse giusto Preacher (ah, la terza stagione è MOLTO meglio della seconda, per fortuna)! Comunque, speriamo la provvidenza mi dia una mano...


Ocean's 8
Qui dovrebbe venirmi in soccorso il cinemino di Albisola, sperando che l'argomento trattenga le orde di pargolacci urlanti che erano a vedere Ghostbusters. Non sono mai stata una fan di Ocean's Eleven e seguiti ma questo, col cast tutto al femminile (e che cast!!), mi intriga. Chissà che nel weekend non riesca a convincere il Bolluomo ad andare a vederlo, magari domenica!


Hostile
Horror post-apocalittico francese. Non so nemmeno io perché l'ho inserito nell'elenco di titoli che vorrei vedere, giacché mi sa di porcata lontano un chilometro, o al massimo di un'opera prima abbastanza nella media. Sono finiti i tempi degli sconvolgenti horror franzosi...


mercoledì 25 luglio 2018

Colossal (2016)



Con un bel ritardo di un paio d'anni, qualche settimana fa ho guardato Colossal, film diretto e sceneggiato nel 2016 dal regista Nacho Vigalondo. Il post contiene qualche inevitabile spoiler, siete avvisati.



Trama: Gloria, fancazzista ed ubriacona, viene scaricata dal fidanzato newyorkese e torna a vivere nella cittadina di provincia dov'è nata. Lì rincontra l'amico di infanzia Oscar, comincia a lavorare nel suo bar e, soprattutto, scopre di essere legata a qualcosa di terribile e... colossale!



Non so cosa mi aspettassi da Colossal quando ho cominciato a guardarlo ricordando un paio di blandi consigli da parte di alcuni blogger ma sicuramente non credevo che avrei adorato un film che si presenta come la più grossa cretinata del secolo e si sviluppa come un gioiello, come qualcosa che travalica i generi per prendere lo spettatore e scuoterlo come un pupazzo. Parlo di apparente cretinata perché Colossal inizia abbracciando i toni della commedia surreale, con una protagonista che si ritrova nella più classica delle situazioni da "racconto formativo". Gloria, ragazza afflitta da un serio problema di alcolismo, viene cacciata di casa da un fidanzato che la ama ma non ne può più delle sue amnesie da sbronza e torna a vivere nel paese dov'è nata e cresciuta incontrando Oscar, simpatico amico d'infanzia con una palese cotta per lei che la aiuta a riambientarsi. Logico sarebbe pensare che Gloria ritroverà senno e amore con questo ritorno alle origini... e invece no! Infatti proprio lì, dopo l'ennesima sbronza, Gloria scopre di essere collegata ad un kaiju che compare a Seul ogni volta che lei mette piede in un determinato parco giochi a una determinata ora, compiendo i suoi stessi movimenti; di più, a un certo punto a Seul spunta anche un robot, che si scopre essere mosso da Oscar allo stesso modo. Un simile incipit offrirebbe il fianco a mille svolte demenziali, probabilmente ad una parodia del cinema di mostri, invece Vigalondo la vira a poco a poco nel dramma esistenziale, nel thriller, nella commedia nera che strappa più gemiti di angoscia che risate. Immaginate infatti un'alcolista senza nessun controllo delle proprie azioni, non cattiva, non depressa, semplicemente noncurante e dimentica di ogni cosa accaduta nel momento di massimo picco alcolico, che rischia di causare migliaia di morti in una grande città solo per essere inciampata. C'è ben poco da ridere, nevvero? Ma questo non è l'unico risvolto oscuro di Colossal perché, come ho detto, il regista e sceneggiatore non si limita a mettere in piedi una commedia nera dai risvolti fantastici ma scava anche nella psicologia dei personaggi, mettendo davanti allo spettatore una delle evoluzioni caratteriali più devastanti e plausibili tra quelle viste ultimamente, che porta alla rappresentazione di un legame fatto di dipendenza e sopraffazione, malato eppure terribilmente realistico, angosciante.


Con un budget ridotto e la possibilità di ricorrere alle sequenze tipiche di un film di mostri giganti solo per pochi minuti, sfruttando giochi di prospettive intelligenti e validi effetti speciali, la genialata di Nacho Vigalondo è stata quella di sfruttare l'elemento fantastico del film per parlare delle pulsioni autodistruttive degli esseri umani e delle emozioni oscure che li muovono. Parallelamente al percorso di Gloria, che fatica a recuperare controllo e dignità per la salvezza di una popolazione, c'è infatti la progressiva discesa nel baratro del simpatico e gioviale Oscar. Costui compare come possibile love interest di Gloria e si conquista le simpatie di lei e degli spettatori nell'arco di un quarto d'ora, durante il quale sono riuscita persino a sfanculizzare la protagonista per le attenzioni dedicate al belloccio della situazione a discapito del povero barista barbuto. In realtà, Oscar è un personaggio oscuro e alcuni suoi comportamenti sembrano fin da subito in contrasto col suo sembiante pacioso. Per esempio, che senso avrebbe affidare un bar a una persona palesemente alcolizzata invece di aiutarla a uscire dalla sua malattia? Oppure, ancora, perché aggredire uno dei propri migliori amici davanti a un innocente tentativo di flirt? Sono tutte domande che mi pongo ora, a ben vedere, perché Oscar è costruito in modo da ingannare non solo i personaggi del film ma anche e soprattutto gli spettatori, e posso assicurarvi che ce n'è voluto perché anche io gettassi la spugna e arrivassi a rinunciare ad una sua redenzione finale, ritrovandomi col cuore spezzato come Gloria. Il che è angosciante, perché la violenza di Oscar esplode solo negli ultimi dieci minuti di film, per il resto il suo è un terrificante gioco di ricatti e subdole catene che vengono strette al collo della protagonista, frutto non tanto di cattiveria quanto piuttosto dell'incapacità di gestire la propria vita e di risalire una volta che si è toccato il fondo, una sorta di perverso "mal comune mezzo gaudio" che fa ancora più paura se si pensa a quante persone sono davvero così. E quante ce ne sono che non riescono a liberarsi di chi le sopraffà in questo modo, tornando a riprendersi la propria libertà. Anne Hathaway è bravissima in questo film, gestisce un personaggio molto difficile, ma la mia intera ammirazione è andata giocoforza a Jason Sudeikis; abituata come sono a vederlo in ruoli sciocchi, questa sua interpretazione mi ha alternativamente spiazzata e affascinata, oltre ad avere contribuito ad aumentare il mio amore per Colossal, diretto e sceneggiato in maniera magistrale. Non capisco come abbia fatto un simile gioiello a non trovare distribuzione ma adesso dovrebbe essere su Netflix, quindi non avete più scuse!


Di Anne Hathaway (Gloria), Jason Sudeikis (Oscar), Tim Blake Nelson (Garth) e Dan Stevens (Tim) ho già parlato ai rispettivi link.

Nacho Vigalondo è il regista e sceneggiatore della pellicola. Spagnolo, ha diretto episodi di film come The ABCs of Death e V/H/S Viral. Anche attore e produttore, ha 41 anni.


Austin Stowell interpreta Joel. Americano, ha partecipato a film come Dietro i candelabri, Whiplash e Il ponte delle spie. Ha 34 anni e un film in uscita.




martedì 24 luglio 2018

Bad Teacher - Una cattiva maestra (2011)

Dopo una giornata non bellissima, uno vuole solo distendersi con una supercazzola e l'onore è toccato a Bad Teacher - Una cattiva maestra (Bad Teacher), diretto nel 2011 dal regista Jake Kasdan.


Trama: abbandonata sull'altare dal fidanzato, Elizabeth è costretta a tornare a insegnare benché sia solo interessata a fare soldi per pagarsi la plastica al seno e trovare così un ottimo partito. L'arrivo nel corpo docente del bel Scott scatenerà una guerra senza esclusione di colpi bassi tra lei e una collega...



Dopo tutti questi anni ho capito di non essere affatto brava a scrivere post sulle commedie. Non so mai cosa dire, nemmeno quando mi sono piaciute, come questo Bad Teacher. A mio avviso, per dirsi completamente riuscita, una commedia deve fare ridere ma anche riflettere, oppure ridere e basta, buttando il tutto in caciara; da quest'ultimo punto di vista, Bad Teacher è perfetto perché la protagonista rimane "malvagia" fino alla fine senza snaturarsi nemmeno per un secondo, al limite trovando un modo per incanalare la sua mancanza di peli sulla lingua e la sua esperienza di bellissima e grebanissima cercatrice di dote per migliorare (seppure di poco) la vita altrui. Per il resto, il film funziona perché immerge l'improbabile docente Elizabeth in un ambiente scolastico tutto zucchero, amore per gli studenti e insegnanti (d)ef(f)icienti, ché se l'avessero ambientato in una qualsiasi scuola italiana i metodi poco ortodossi della protagonista sarebbero sembrati quasi normali, e decolla dal momento in cui la costante ricerca di soldi di Elizabeth si combina al desiderio di portarsi a letto il nuovo collega, concupito dall'inquietante maestrina Squirrell; la lotta tra le due, resa ancora più aspra dall'atteggiamento "santo" ma parziale di Scott, porta Elizabeth a raggiungere picchi di bassezza esilaranti e cattivissimi, per la gioia del pubblico e la disperazione della Squirrell, costretta a poco a poco a gettare la maschera di perfezione per rivelare quella follia intuibile fin dai primi minuti di film. Ovvio, un po' di bontà dev'esserci per forza, perlomeno una "redenzione" parziale o una maturazione della protagonista, ed effettivamente quest'ultima arriva, assieme alla consapevolezza che l'anima gemella si può trovare nei posti più impensabili, in fogge decisamente impreviste benché pesantemente "shippate" dal pubblico, perlomeno dalla sottoscritta.


Forse sto parlando troppo bene di questo film ma temo di non fare testo visto che ADORO Cameron Diaz fin dai tempi del suo esordio in The Mask, nonostante i gossip che la vogliono succida e grezza come il suo personaggio in Bad Teacher e nonostante le voci che la confermano in pensione (in effetti non esce un suo film dal 2014): per me, con quel sorriso assurdo e l'autoironia che l'accompagna da sempre, la vecchia Camerona può fare davvero quello che vuole e guarderò ogni suo film con un'indulgenza che non tributerei ad altre attrici, proprio no. La fisicità prorompente della Diaz e la facilità con la quale passa da supergnocca a creatura robosissima sono il fulcro del film ma lascerebbero il tempo che trovano se non fosse per l'ottimo cast di supporto chiamato ad affiancare l'attrice. Judy Punch la sto apprezzando come mmeravigliosa Esmé Squalor de Una serie di sfortunati eventi ma anche qui è perfetta nel ruolo di maestrina santarella ed isterica, per non parlare di un inedito Justin Timberlake "bello" e soprattutto sfigato, tra l'altro all'epoca già ex della Diaz, ma in generale ognuno dei membri del corpo docente meriterebbe menzione, a partire dall'adorato Jason Segel e il suo cinismo porcelloso. Intendiamoci, Bad Teacher non vincerà MAI il premio di cult del millennio, però ultimamente sono talmente stanca che mi addormento davanti a ogni tipo di film, sia che cominci a vederlo alle 19 che alle 21/22, invece stavolta sono rimasta ben sveglia fino alla fine e questo per me è già un enorme punto a favore che mi spinge a consigliarlo!!


Del regista Jake Kasdan ho già parlato QUI. Cameron Diaz (Elizabeth Halsey), Jason Segel (Russell Gettis), Justin Timberlake (Scott Delacorte), Paul Feig (Papà all'autolavaggio) e Molly Shannon (Melody, la mamma di Garrett) li trovate invece ai rispettivi link.

Judy Punch interpreta Amy Squirrel. Inglese, ha partecipato a film come Hot Fuzz, Grindhouse, Uomini di parola, Into the Woods e a serie quali Una serie di sfortunati eventi; come doppiatrice, ha lavorato in Robot Chicken. Ha 41 anni.


Kathryn Newton interpreta Chase Rubin-Rossi. Americana, ha partecipato a film come Paranormal Activity 4, Lady Bird, Tre manifesti a Ebbing, Missouri e a serie quali Piccole donne e Supernatural. Ha 21 anni e due film in uscita, tra cui l'imminente Detective Pikachu.


L'attrice Phyllis Smith, che interpreta Lynn Davies, era la voce originale di Tristezza in Inside Out. Dal film è stata tratta una serie omonima durata solo una stagione e per qualche anno si è parlato di un sequel ma pare che i rumors in tal senso siano rientrati. Chi vivrà vedrà, non si sa mai. Nel frattempo, se Bad Teacher vi fosse piaciuto recuperate School of Rock. ENJOY!


domenica 22 luglio 2018

Johnson il cattivo (2014)

Eh beh, oggi parliamo di un CA-PO-LA-VO-RO! Riflettori puntati su Johnson il cattivo (Bad Johnson), diretto nel 2014 dal regista Huck Botko.

Trama: Rich è l'uomo fedifrago per eccellenza, che non riesce a tenersi l'uccello nelle mutande nemmeno quando è impegnato in una relazione seria. Dopo l'ennesimo paio di corna messe all'ennesima fidanzata, Rich si sveglia al mattino e... surprise!, "là sotto" non c'è più nulla. Allo shock della tremenda scoperta si aggiunge la misteriosa telefonata di un uomo che asserisce di essere il suo pene...



Un pomeriggio arriva la mia collega Barbia, piegata in due dalle risate, e mi racconta di aver visto un film la sera prima, col suo fidanzato, su un tizio che perde il pene e se lo ritrova fatto uomo, pronto a "pistonare" qualunque donna gli si pari davanti. Barbia aggiunge "hai già guardato il centopiedi umano e il mostro monocolo, puoi tranquillamente guardare anche questo, dai!". Ma sì, per carità. Così, torno a casa e mi metto a cercare questo Bad Johnson, lasciandolo poi a frollare qualche mese prima di riuscire a guardarlo e... beh, effettivamente come film fa ridere. Non tanto quanto mi sarei aspettata, anche perché trattasi di commedia edificante/romantica (con un tocco di weird non da poco ma sempre di romance si tratta) con un protagonista costretto ad intraprendere un percorso di redenzione che lo porterà dall'essere un "nemico delle donne" a raggiungere lo status di uomo più fedele ed innamorato sulla faccia della terra, però fa ridere l'idea di un La bella e la bestia dove il principe è stato condannato alla privazione del pene e a recuperarlo solo grazie al potere del Vero Amore. Se riuscite a trovare qualche simpatico sinonimo di pene sarebbe una favola perfetta da raccontare a dei bambini, by the way. Comunque, Bad Johnson parte dall'assunto per cui tutti gli uomini (o quasi) ragionano con l'uccello, conseguentemente quel piccolo cervello secondario viene identificato come la causa di tutti i mali, fermo restando che le donne dovrebbero SEMPRE cercare di intrattenerlo e interessarlo in qualche modo (concetto non espresso a chiare lettere ma più volte suggerito nel corso del film); esistono poi uomini in grado di resistere al suo "comando", come l'amico di Rich, e altri che proprio non ce la fanno. Rich è uno di questi ultimi e per questo viene punito, costretto a trovarsi faccia a faccia con la scellerata cattiveria menefreghista del suo Id freudiano e a comprendere, attraverso le nefandezze compiute dal suo pene fattosi uomo, quanto il suo stile di vita a base di apparenza, vanità e sesso casuale sia sbagliato e deleterio non solo per le povere derelitte vittime della brama sessuale del bel tomo, ma anche e soprattutto per sé stesso.


Detto questo, se non ci fosse lui, la cippa in forma umana, il film sarebbe abbastanza noioso e persino la fava bipede (oh, il personaggio non ha nome!) non regala delle grandi gioie finché non si arriva al prefinale e al confronto folle con Rich; Cippa (e chiamiamolo così!) si limita infatti ad essere un pessimo inquilino, a farsi di maria come se non ci fosse un domani, a rubare soldi a Rich e a scopare di qua e di là ed è solo verso la fine del film che diventa realmente "diabolico" e di conseguenza divertente. Peccato perché Nick Thune ci mette tutta la buona volontà di un attore a cui non importa prestare il volto per un ruolo tanto ingrato e sicuramente è un interprete migliore di Cam Gigandet, tipico belloccio americano piacione di quelli che quando arrivi negli USA e trovi solo ciccioni sfondati ti chiedi "Ma dov'è finita la gente bella??". Un po' sprecata Jamie Chung, probabilmente l'attrice più conosciuta della baracca, che si limita a fare la parte della cornuta e (in)felice, per quanto agli occhi dei fan sarà comunque, sicuramente, un bel vedere. Ho poco altro da aggiungere relativamente a Bad Johnson, film perfetto per una serata ad alto tasso d'ignoranza, da vedere magari col fidanzato... aggiungo solo una considerazione personale e SPOILERosa: la morale finale del film è un po' scema. Va bene essere guidati dalla cippa ma comunque Rich con Jamie Chung ci era rimasto senza fare sesso per 6 settimane e da sceneggiatura l'orientale mi era sembrata assimilabile, per intelligenza, compatibilità e bellezza, alla rossa che alla fine fa capitolare il protagonista. Quindi, fondamentalmente, un uomo per trovare il Vero Amore deve rimanere per forza senza balollo tra le gambe? Mah. Misteri del pipino! FINE SPOILER.


Di Jamie Chung, che interpreta Jamie, ho già parlato QUI.

Huck Botko è il regista della pellicola. Probabilmente americano, anche sceneggiatore e produttore, ha diretto film a me sconosciuti ma distribuiti in Italia come Virginity Hit - La prima volta è online e Mozart, un cane per due.


Cam Gigandet interpreta Rich Johnson. Americano, ha partecipato a film come Twilight, Il mai nato, The Experiment, The Twilight Saga: Breaking Dawn e a serie quali CSI - Scena del crimine e The O.C.. Ha anni e un film in uscita.


Nick Thune, che interpreta il pene di Rich, era il Dave del bellissimo Dave Made a Maze, film che vi consiglio di recuperare senza indugio. ENJOY!

venerdì 20 luglio 2018

Bollalmanacco On Demand: Dogs - Questo cane uccide! (1976)

Torna il Bollalmanacco On Demand, peraltro con una rapidità preoccupante! Oggi tocca ad Obsidian venire esaudito con un post dedicato a Dogs - Questo cane uccide! (Dogs), diretto nel 1976 dal regista Burt Brinckerhoff. Il prossimo film On Demand sarà invece Una storia vera di David Lynch. ENJOY!


Trama: in una piccola cittadina universitaria i cani cominciano a dare di matto, attaccando animali e persone...



Mancu li cani. Non c'è modo migliore di cominciare un post su una roba imbarazzante come Dogs - Questo cane uccide! (da qui in poi semplicemente Dogs), nato da un'idea nemmeno troppo malvagia ma concretizzatosi in qualcosa che passa su YouTube come v.m. 14 quando probabilmente farebbe ridere persino il pargolo duenne della mia migliore amica. In sostanza, come da titolo italiano, ci sono dei cani che all'improvviso cominciano ad uccidere le persone. Nel corso del film non ci verrà dato di sapere perché, nonostante il sotteso palesemente ambientalista dell'intera storia, durante la quale i personaggi parlano spesso di centrali nucleari alle quali imputare la colpa di tutto (benché il governo - e i matusa - neghino con veemenza questa possibilità!), ma la questione non avrebbe importanza se questo branco di cani mettesse veramente paura. Invece, Dogs parte sbagliato fin dalla scelta dei quadrupedi, ripresi mentre corrono liberi e felici già all'inizio, sulle note di una musica perfetta per un film sentimentale ma sicuramente non per un horror: va bene mostrare un dobermann, tanto quanto, mi pare ci sia persino un cane lupo... ma se pretendete che io mi spaventi davanti a un elegante setter irlandese, un bobtail e persino un dalmata (!) cascate veramente male. Di più, la sceneggiatura peggiora mano a mano che il film prosegue, passando dalla plausibilità di un branco di cani che sopraffà ed uccide un paio di umani isolati, benché armati, allo stesso branco di cani che stermina senza problemi un intero corpo studentesco, parliamo di almeno una cinquantina di persone. Gli animalisti smettano pure di leggere mentre faccio questo orribile ragionamento. I cani sono sei, massimo sette, gli umani sono dieci volte di più; mentre un cane si getta a sbranare uno studente, gli altri nove compagni di 'sto povero sfigato non possono prenderlo a calci/sediate/sprangate/quello che volete invece di mettersi in fila e aspettare che il dalmata li uccida a sua volta a leccate? In quell'università saranno stati tutti vegani? O semplicemente strafatti di erba? Mah.

Pucci cagnussi!! *-*
E "mah" è l' unica reazione possibile davanti all'inesistente comparto tecnico, all'interno del quale spicca una regia anonima degna di uno sceneggiato televisivo anni '80, con la fotografia delle sequenze in cui i cani si scatenano che, unita ad una pessima gestione della cinepresa, contribuisce a renderle dei deliri cupi dove non si capisce nulla, per non parlare della terrificante e già citata colonna sonora, che di inquietante ha giusto la bruttezza rara; i responsabili degli effetti speciali meritano a malapena il plauso per aver scelto di utilizzare cani veri e non pupazzi anche durante le scene ravvicinate di attacco, e una menzione speciale per aver sprecato litri di liquido rosso onde "scioccare" lo sprovveduto spettatore dell'epoca davanti al massacro degli studenti. Per il resto, anche gli attori oscillano tra l'imbarazzante e l'inguardabile, nonostante un paio di nomi televisivi famosi. In particolare, sottolineo il fine lavoro di studio del personaggio effettuato da David McCallum sul protagonista, indeciso per l'intero film su quale sia la strada da percorrere: della serie, mi si nota di più se faccio il semplice professore hippy, l'hippy scazzato, l'hippy dal passato tormentato, l'hippy innamorato, l'hippy figa di legno, l'hippy animalista oppure l'hippyaiyù,hippyyaihé? La risposta a questa domanda non c'è o, meglio, è soltanto "Fanno tutti schifo uguale, tranquillo", ma lo stesso si può dire valga per tutto il film che, per inciso, ho guardato a sprazzi poiché è praticamente impossibile rimanere svegli per tutta la durata. E' un vero peccato che Dogs si risollevi solo sull'apocalittico finale, proiettato verso un roseo futuro fatto di successo e sequel, nonché di felini che sicuramente avrebbero fatto ai realizzatori più di un gesto dell'ombrello. Gesto che vi consiglio ovviamente di tributare a chiunque vi proponga di guardare un film simile, fosse anche una persona squisita come Obsidian!!

Burt Brinckerhoff è il regista della pellicola. Americano, ha diretto episodi di serie quali Dinasty, Moonlighting, Magnum P.I., ALF, Genitori in Blue Jeans, Beverly Hills 90210 e Settimo cielo. Anche produttore e attore, ha 82 anni.


David McCallum interpreta Harlan Thompson. Scozzese, famoso per il ruolo di Illya Kuryakin nella serie Operazione U.N.C.L.E., ha partecipato a film come La grande fuga, La più grande storia mai raccontata, Gli occhi del parco e ad episodi di Perry Mason, A-Team, Matlock, Alfred Hitchcock presents, La signora in giallo, Oltre i limiti e Sex and the City. Ha 85 anni.


Tra le guest star del film c'è la Sue Ellen di Dallas, ovvero l'attrice Linda Gray, nei panni di Miss Engle, e il Colonnello Nunziatella di Balle Spaziali, l'attore George Wyner, che qui interpreta Michael Fitzgerald. Potesse mai interessarvi, si era pensato ad un seguito intitolato Cats ma siccome Dogs - Questo cane uccide! ha toppatissimo al box office... beh, potete immaginare come sia finita! Se vi piace il genere potete sempre ripiegare su Cujo, Il cane infernale, Frogs e magari Grizzly l'orso che uccide. ENJOY!


giovedì 19 luglio 2018

Il Bollodromo #58: Lupin III - Parte 5 - Episodio 15

Quindicesimo episodio di Lupin III – Parte V e, se volete la mia opinione spassionata, ルパンと彼女の関係 (Rupan to kanojo no kankei - La relazione tra lei e Lupin) è stata una delle puntate più belle della serie! Ah, il post viene pubblicato oggi in quanto al cinema non è uscito nulla di nuovo, perlomeno a Savona, quindi... ENJOY!


Per chi se lo fosse chiesto nei commenti della scorsa volta: sì, la principessa Dolma ha veramente scoccato una freccia contro Lupin. E sì, c’è anche un motivo recondito, non è che la ragazzetta si sia rincoglionita all'improvviso. Dolma ha accettato di diventare la principessa “di comodo” per il Gran Sacerdote onde salvare la vita di suo padre, con l’intento di riprendersi il regno appena possibile con l’aiuto di Ugo (giuro), il biondo agente della CIA afflitto da un tormentato passato di guerre civili e quindi pronto a diventare il primo servitore della principessa mettendolo nello stoppino agli odiati USA. Ma, diciamocela tutta, di questa fantapolitica che ci importa? Noi vogliamo sapere de "La relazione tra lei e Lupin", quindi parliamo di Fujiko! La fanciulla riesce in un colpo solo (e mostrando la forza di un wrestler qualsiasi) a sollevare da terra Lupin, fuggire con un paracadute portandosi in spalla persino Ami, rubare la Lacrima di Sangue e probabilmente anche risolvere il problema della fame nel mondo, chissà. Mostrando insospettabili doti di chirurgo, e tirando fuori un completo set medico non si sa bene da dove (probabilmente da in mezzo alle sise), Fujiko estrae la freccia dalla schiena di Lupin e lo rattoppa, lasciandolo poi a dormire onde guarire più velocemente. Purtroppo per Ami, nottetempo il ladro gentiluomo comincia a tremare dal freddo e Fujiko non può fare altro che denudarsi e profondersi nel remake di quella famosa puntata di Georgie che ancora causa turbamenti a noi ragazzine nate e cresciute negli anni '80, per la gioia di Lupin che il giorno dopo ha sul volto dormiente un bel sorrisone soddisfatto. Ma quindi, ma quindi, c'è ancora aMMore tra i due?


Chissà. Sta di fatto che, in un flashback, ci viene mostrato come durante un colpo Lupin abbia effettivamente chiesto la mano di Fujiko, ovviamente a modo suo, e come la fanciulla, sempre a modo suo, abbia accettato. Purtroppo non ci è dato sapere cosa sia successo dopo visto che l'azione incalza e i nostri vengono sgamati dalle truppe del Gran Sacerdote, dando il via a un inseguimento durante il quale Fujiko comincia a meritarsi il rispetto di Ami, almeno finché miss Mine non decide di lasciare Lupin (ancora svenuto) e la ragazzina in mezzo al bosco, alla mercé di droni e soldati. Apro una piccola parentesi. In tutto questo, neanche a dirlo, Jigen e Goemon sono in albergo a mangiare e a porsi domande esistenziali ampiamente condivisibili come "Ma noi, di base, serviamo davvero a Lupin visto che riesce ad uscire da solo dal 99,9% dei casini?", mentre all'interno di un dirigibile il padre di Dolma CREDE di essere in salvo, quando invece è ospite dell'azienda informatica Shake Hands, il cui mostruoso boss pare avere intenzioni non proprio "umanitarie" nei confronti del mondo intero. Chiusa parentesi, torniamo all'argomento principale della puntata. Fujiko, nonostante la sua laurea in inganni, viene messa con le spalle al muro dai soldati del Gran Sacerdote e ciò costringe Lupin, nel frattempo ripresosi, a correre letteralmente in suo soccorso... ma Fujiko lo ferma con la domanda fatidica: "Ma alla fine COSA sono io per te?". Il ladro gentiluomo, interdetto, non fa in tempo a rispondere "Tu sei la mia..." che succede il delirio, tra baracche che esplodono, soldati che fuggono e dirigibili che cadono, concludendo così la puntata e lasciando noi povere spettatrici con un cliffhanger che nemmeno Beautiful.


Come ho detto all'inizio, questa a mio avviso è stata una delle migliori puntate della serie. Finalmente gli autori hanno cominciato a rivelare qualcosina sul risentimento che divide Lupin e Fujiko fin dalla prima puntata e su quell'alone di tristezza che avvolge i due ogni volta che il passato viene rivangato. A quanto pare, dopo anni quel sentimento litigarello, infantile e più di complicità che d'amore si è concretizzato in qualcosa di più adulto, profondo e maturo... per poi spezzarsi, come spesso accade quando cambia lo status quo dei rapporti tra esseri umani. Ancora non sappiamo perché da una promessa di matrimonio si sia passati ad una separazione ma conoscendo Lupin e Fujiko c'è sotto più di quanto appare (spero non sia a causa del matrimonio con Rebecca, non avrebbe senso). A prescindere, ribadisco, AMO vedere i due ex innamorati finalmente approfonditi, lui più di una scimmia ladra al limite del decerebrato e lei più di una zoccolotta dal tradimento facile, sfaccettati e umani come mai negli ultimi dieci anni. Allo stesso modo, ho molto gradito il momento introspettivo condiviso da Jigen e Goemon, che spiegherebbe perché i due personaggi siano un po' sottotono in questa quinta serie, mera "manovalanza" spesso e volentieri all'oscuro dei piani del boss della banda il quale, fondamentalmente, esce incolume da ogni situazione senza fare troppo affidamento sul pistolero e il samurai. Sarà l'inizio della fine anche per loro? Speriamo di no! Alla settimana prossima!


Ecco le altre puntate di Lupin III - Parte 5:

Episodio 1
Episodio 2
Episodio 3
Episodio 4
Episodio 5

mercoledì 18 luglio 2018

Always Shine (2016)

Aspettavo di vederlo da qualche tempo, probabilmente dopo averne letto da Lucia, e alla fine sono riuscita a guardare Always Shine, diretto nel 2016 dalla regista Sophia Takal.


Trama: Beth e Anna, due amiche attrici, decidono di passare insieme un weekend a Big Sur, in California. Quello che dovrebbe essere un viaggio per consolidare un'amicizia diventa però il principio della fine...



Quando ero nel pieno dell'adolescenza, ovvero più di tremila anni fa, ma anche da più grande, mi è capitato di avere la fortuna di avere grandissime amiche che sono rimaste con me ancora oggi ma anche la sfiga di uscire, per questioni di vicinanza, con persone che poi ho "lasciato per strada" senza alcun rimpianto. Sfiga vuole, queste amicizie "sbagliate" sono servite solo a dare una bella botta alla mia già scarsa autostima, lasciandomi addosso un'insicurezza che dura ancora oggi, e a condizionare il mio pensiero in una massima che può riassumersi tranquillamente con "Non importa se sei scema come un tacco, se sei vuota o falsa come Giuda: se in qualche modo puoi venire definita figa e ti sai vendere, nella vita avrai sempre maggior successo di chi lo meriterebbe più di te". Guardare Always Shine è stato come addentare una terribile madeleine proustiana ammuffita, che mi ha riportata a quei tempi con forza prepotente. Per carità, io non ho mai avuto velleità attoriali né sono mai stata bella come Mackenzie Davis, ma lo stesso mi sono messa nei panni di Anna, attrice capace e grintosa costretta a subire il successo della collega Beth, tanto carina ma anche tanto snob. Il problema di Anna, poveraccia, è l'essere grebana e molto "intensa" nelle sue reazioni, sia in positivo che in negativo, sincera al punto da inimicarsi registi e produttori, col risultato di non riuscire a ottenere un lavoro manco a morire nonostante l'innegabile bravura; per contro, Beth ha sempre un atteggiamento remissivo e distaccato che probabilmente la rende assai desiderabile agli occhi di chiunque, quasi fosse un'irraggiungibile e misteriosa principessa, per quanto invece nasconda un animo ben piccino (è palese come abbia tentato in tutti i modi di impedire che la carriera di Anna decollasse) e come attrice sia non dico una cagna maledetta ma quasi. Le due decidono un giorno di andare insieme a Big Sur per rinsaldare il rapporto che le lega e lì vengono a galla, a poco a poco, rivalità e tensioni che portano ad inevitabili conseguenze, tra momenti in cui l'invidia di Anna raggiunge i massimi livelli e altri in cui la paranoia di Beth (chiamiamolo pure senso di colpa) la fa da padrona, al punto da far dubitare che tra le due sia mai esistito un sentimento di amicizia sincera.


La Takal, regista al suo secondo lungometraggio, si inserisce in questo scontro tra "primedonne" con un'eleganza capace di trasformare un potenziale horror in un acuto thriller psicologico dove le differenze tra sentimenti reali e finzione recitativa si annullano in un battito di ciglia, fin dall'inizio. Il primo piano di Beth durante l'audizione che la porterà ad ottenere un ruolo in un horror (da lei detestato, neanche a dirlo) è speculare a quello di Anna, impegnata invece a contrattare realmente con un meccanico disonesto, e questo gioco di doppi e specchi verrà mantenuto fino alla fine del film, con un ritmo spezzato da stacchi isterici di montaggio in cui il destino delle due donne viene anticipato e dato in pasto al pubblico nemmeno fosse il trailer di qualche becero horror di serie B. L'atmosfera di Always Shine è perturbante ma anche malinconica, in quanto non si concentra solo sulle brutture del mondo del cinema come faceva Starry Eyes o sullo stress costantemente imposto alle donne dal giudizio della società (la citazione iniziale mette i brividi: "It is a woman's birthright to be attractive and charming. In a sense, it is her duty... She is the bowl of flowers on the table of life", citazione da un manuale di tal John Robert Powers, fondatore della più famosa agenzia per modelle di New York) ma riflette soprattutto sulla condizione di attore in quanto portatore, per buona parte della sua vita, di una "maschera" che rischia di accompagnarlo anche nei rapporti con gli altri; "Ci vuole coraggio ad essere attore" dice a un certo punto uno dei personaggi, e credo anch'io non sia per nulla facile farsi carico di vite altrui, annullare sé stessi e diventare qualcos'altro, col rischio di non riuscire più a tornare come prima. Ci riescono benissimo, per carità, Caitlin FitzGerald e una Mackenzie Davis semplicemente stupenda, emozionante nel suo "triplicare" le interpretazioni, al punto che persino il non addetto ai lavori può finalmente arrivare a capire cosa significhi davvero immergersi in un personaggio (la prova con Beth con tanto di bacio finale sulla punta del naso è da antologia, affascinante da morire) e "recitare", alla faccia di tanti attori blasonati che ormai lo fanno col pilota automatico. Motivo in più per ripescare Always Shine, davvero una bellissima sorpresa, per quanto tardiva.


Di Mackenzie Davis (Anna), Colleen Camp (Sandra) e Jane Adams (Summer) ho già parlato ai rispettivi link.

Sophia Takal è la regista della pellicola. Americana, anche attrice, produttrice e sceneggiatrice, ha diretto un altro lungometraggio, Green.


Caitlin FitzGerald interpreta Beth. Americana, ha partecipato a film come Damsels in Distress. Anche regista e sceneggiatrice, ha 35 anni e un film in uscita.


Blast from the (horrible) past: Matt, il ragazzotto che propone ad Anna di partecipare aggratise al suo film, è interpretato dall'attore Alexander Koch, REO di aver partecipato nei panni del cretinissimo James "Junior" Rennie nell'orrido Anderdedoum (per i fan: Under the Dome). ENJOY!


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