Capita che scorrendo la pagina FB mi imbatta in un pezzo di Cinefatti che parla di Jallikattu, film indiano diretto nel 2019 dal regista Lijo Jose Pellissery e disponibile su Amazon Prime. E mi dico che dovrei guardare più film indiani...
Trama: alla vigilia di un banchetto di fidanzamento, il bufalo che avrebbe dovuto fungere da portata principale fugge e comincia a devastare il villaggio.
Fausto di Cinefatti è una persona raffinata e vi ha regalato la più bella recensione su Jallikattu che potrete trovare online. Io sono una persona rozza, lo sapete, e vi parlerò di questo assurdo film indiano per come riesco, innanzitutto partendo dal fatto che su Amazon Prime troverete solo i sottotitoli inglesi (e in altre lingue non occidentali ma parto dal presupposto che i più non le conoscano), quindi pensateci bene prima di guardarlo se non siete ferrati con l'idioma d'Albione; io che credevo, io che speravo Jallikattu fosse privo di dialoghi o quasi, una visione continua di bufali incazzati che devastano villaggi senza un perché, mi sono dovuta ricredere, in quanto molti degli aspetti sociali del villaggio vengono espressi proprio attraverso scambi verbali che toccano religione, politica, economia, caste, passato e presente. In breve, dopo dieci minuti il Bolluomo ne aveva già le palle piene e non posso dargli torto, poverino, se ha concluso l'ora e mezza di visione con un "ma che film maffo". Ma maffo non è, Jallikattu, io ve lo dico. Ritmato, lo definirei. Ad accumulo graduale, con un finale (anzi, un pre-finale, ché effettivamente l'ultima sequenza "di chiosa" l'avrei evitata) da slogarsi la mascella. Curioso, certo, per ciò che mostra allo spettatore occidentale ignorante, eppure anche abbastanza universale nel suo smontare la tranquillità di un villaggio apparentemente pacifico con l'iradiddio incarnata da un bufalo eletto per essere la portata principale de L'Evento sociale per eccellenza, la festa di fidanzamento del riccone del paesello, in una regione dove la natura è stata stuprata più volte dall'essere umano che ha distrutto la foresta per far spazio alle colture di tapioca, a uomini sudaticci che picchiano le donne, a gente davvero brutta il cui unico interesse è mangiare e bere, a un branco di scimmie che vogliono solo seguire il "più forte" e soprattutto salvare il proprio culo asciugamanomunito.
Ma lasciamo perdere la trama, perché è la realizzazione di Jallikattu a renderlo un film che è in qualche modo un peccato guardare su un piccolo schermo. Tra montaggio e regia c'è infatti da farsi venire la tachicardia, a cominciare dalla prima sequenza modulata sul ticchettare delle lancette di una sveglia mescolato ai respiri degli abitanti del paesello, pronti a cominciare una nuova giornata; un momento ipnotico, che cattura l'attenzione dello spettatore fin dal primo istante. Quando poi subentra il bufalo le sequenze sorprendenti (ma anche quelle da far torcere le budella persino a chi non è vegetariano o vegano, io vi avviso) si moltiplicano, sia quelle in cui l'animale spunta inaspettato a portare il caos sia quando lunghi e rapidissimi piani sequenza lo seguono tra le piantagioni e la foresta, per arrivare ai momenti più allucinanti di un film che mescola senza soluzione di continuità presente e passato e, soprattutto, che sottolinea la mostruosità dell'uomo. Personalmente, infatti, sono rimasta sconvolta più da quelle immagini in cui gli abitanti del paese sembrano diventare una legione infinita di demoni armati di torce, dalla violenza irrazionale che precede la fine del film (una delle sequenze più belle viste quest'anno e, dimmi te, l'ho dovuta trovare in una pellicola indiana che probabilmente non guarderà nessuno anche se è lì, non pubblicizzata, persa nel catalogo Prime), da quelle urla bramanti sangue, umano o animale non importa più, SE è mai importato. Concludo dicendo che la parola Jallikattu indica una sorta di festa di San Firmino, una cerimonia in cui si libera il bufalo e i giovani aitanti del paese devono riuscire a non farsi incornare ma, onestamente, non ho visto niente di cerimoniale o festoso in questo film, che posso solo consigliarvi di vedere.
Lijo Jose Pellissery è il regista della pellicola. Indiano, ha diretto film ovviamente a me sconosciuti come Angamaly Diaries e Ee. Ma. Yau.. Anche attore, produttore e sceneggiatore, ha 40 anni.
A volte Prime ti propone dei film in base a quello che hai visto, ma questo non è mai saltato fuori. Vedrò di recuperarlo, tanto non sarebbe la prima volta che vedo un film con i sottotitoli inglesi
RispondiEliminaOnestamente non era saltato fuori neanche a me, l'ho recuperato solo grazie agli amici che ne hanno parlato su FB.
EliminaFammi sapere poi che ne pensi!
L'unico ostacolo, infatti, sarà sicuramente la lingua. Ma da come ne scrivete (sei la terza di cui ne leggo una recensione), sembra una chicchetta non da poco.
RispondiEliminaMah, se conosci l'inglese non c'è nemmeno l'ostacolo della lingua. Certo che Prime poteva anche metterli in italiano visto che è presente anche nel catalogo nostrano.
EliminaL'avevo notato qualche giorno fa ma mi sono trattenuto, temendo un film pieno di violenza gratuita sugli animali. Mi sbagliavo o è davvero così?
RispondiEliminaAllora, all'inizio ci sono pratiche di macelleria abbastanza esplicite su carne "già morta" e sul finale la bestiola non fa una bella fine ma dopo aver visto L'albero degli zoccoli giuro che è roba per bambini.
EliminaFausto dà sempre degli ottimi consigli.
RispondiEliminaAssolutamente sì!
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