Trama: Di ritorno da una festa, il fotografo Tun e la
fidanzata Jane investono una ragazza e se ne vanno senza soccorrerla. Nei
giorni seguenti i due non trovano nessuna notizia dell’incidente ma l’immagine
della ragazza comincia a comparire nelle foto di Tun ed entrambi avvertono la
presenza di uno spirito pericoloso ed inquieto…
Uno dei primi film recensiti sul Bollalmanacco era stato
Shutter – Ombre dal passato, il remake americano dell’originale thailandese. Dopo
aver visto Ring, Ju-On e compagnia cantante, la pellicola che vedeva
protagonista il Pacey di Dawson’s Creek non mi era sembrata niente di che e mi
aveva fatto anche poca paura ma chi aveva visto Shutter mi assicurava invece
che la versione Thai era devastante in termini di ansia e terrore. Appena si è
presentata l’occasione ho quindi acquistato il DVD, che è rimasto a prendere
polvere sullo scaffale fino alla settimana scorsa, ma devo dire che il tempo
passato non ha giovato alla pellicola di Banjong Pisanthanakun e Parkpoom
Wongpoom; sarà che ricordavo molto bene Ombre dal passato, sarà che ormai
questi horror asiatici mi sembrano un po’ tutti uguali, sta di fatto che a
parte un paio di salti dalla sedia dovuti più ad un riflesso condizionato che
ad altro, Shutter non mi ha entusiasmata quanto avrei voluto, anche perché la
trama è sostanzialmente identica a quella del remake salvo un paio di cambiamenti
minimi (agli americani viene fatto capire SUBITO che il protagonista ha
qualcosa da nascondere, nella versione thailandese ci vuole una mezz’oretta in
più). In buona sostanza, Shutter è una storia di tremendo amore e ancor più
tremenda vendetta contro un uomo fondamentalmente stronzo ed impedito che, per
liberarsi dell’importuna fidanzata del liceo, non trova soluzione migliore che
lasciar fare a due amici che a definirli merde, oltre che brutti come il
peccato, si farebbe offesa sia al peccato che alle merde. In mezzo ci finisce ovviamente
la fidanzata di questo fotografo d’accatto, che per tutto il film è costretta a
subire la persecuzione di una mostrA sanguinante e dai capelli lunghi e, quel
che è peggio, a sorbirsi le crisi d’ansia, i segretucci, le velleità artistiche
e i racconti ammorbanti di lui. La caratteristica peculiare di Shutter non è
quindi tanto quella di veicolare l’orrore attraverso le foto “spiritiche”,
quanto invece quella di avere un protagonista talmente odioso (lo stesso valeva
per il remake ma perlomeno lì la fidanzata era più presente) che il vendicativo
fantasma diventa oggetto di tutto il tifo dello spettatore.
Tornando un attimino seri e mettendomi nei panni di chi ha
visto questo film 10 anni fa e non dopo 700 altri film tutti uguali, devo
ammettere che i due registi hanno scelto di affrontare l’argomento in maniera
molto furba ed elegante. Il fantasma si vede pochissimo e perlopiù in maniera
sfuggente, cosa che innanzitutto mette ansia allo spettatore e, non meno
importante, impedisce allo stesso di assuefarsi alla figura tumefatta e sanguinante
dello spettro fino a darla quasi per scontata; tra l’altro, il trucco dell’entità
è semplice ma molto ben fatto e i rari primi piani mettono davvero paura. Geniali,
anche se purtroppo l’effetto sorpresa con me era andato già perso, le
inquadrature che svelano ad un occhio attento il terribile segreto con cui è
costretto a convivere Tun, inquadrature che si soffermano su sguardi,
espressioni e gesti apparentemente inutili, costringendo così il pubblico a
guardare la pellicola con più attenzione del normale per capire cosa sia quella
sensazione di “sbagliato” palese fin dall’inizio di Shutter. Anche i due
protagonisti sono molto bravi, con pochi gesti e sguardi riescono a comunicare
molto sulla psicologia dei loro personaggi (per esempio, Tun lo vediamo spesso “farsi
scudo” inconsciamente della fidanzata nei momenti di pericolo mentre Jane
affronta a testa alta e con sguardo risoluto ogni evento inspiegabile) e, soprattutto,
hanno il pregio di prendere la pellicola dannatamente sul serio e di non
cercare mai, neppure per un minuto, di alleggerire la tensione. Tra tutti gli
esponenti dell’horror orientale Shutter si distingue quindi per l’incredibile
cura posta nella messa in scena e nella recitazione e anche solo per questo
meriterebbe di venire visto nonostante il poco entusiasmo da me dimostrato
nella prima parte del post: d’altronde, si sa che l’apprezzamento di un horror
è molto soggettivo e a maggior ragione chi non avesse mai guardato Ombre dal
passato potrebbe gradire molto l’originale thailandese!
Banjong Pisanthanakun è il regista e co-sceneggiatore della pellicola. Thailandese, ha diretto film come Alone e l'episodio N is for Nuptials di The ABCs of Death. E' anche attore.
Parkpoom Wongpoom è il regista e co-sceneggiatore della pellicola. Thailandese, ha diretto film come Alone, Phobia e Phobia 2. Ha 37 anni.
Shutter non ha solo il remake americano Ombre dal passato ma anche Sivi e Click, entrambi girati in India ma con dialetti diversi. Non vi dico di recuperarli ma, se Shutter vi fosse piaciuto, guardate Ju-On, Two Sisters, Dark Water, Ringu e The Call - Non rispondere. ENJOY!