Approfittando di uno sconto su Chili, col Bolluomo abbiamo recuperato L'uomo del labirinto, scritto e diretto nel 2019 dal regista Donato Carrisi, nonché tratto dal suo romanzo omonimo.
Trama: una ragazza viene liberata dopo una prigionia di 15 anni e due uomini, un profiler e un investigatore spiantato, cercano di capire l'identità del suo rapitore.
L'uomo del labirinto mi aveva colpita fin dal trailer, più virato sull'horror sovrannaturale che sul thriller, e assai simile alle copertine del manga Doubt di Yoshiki Tonogai; quell'uomo con la testa di coniglio e gli occhi rossi a cuoricino mandava brividi giù per la schiena e l'aggiunta di due signori attori come Dustin Hoffman e Toni Servillo era quel qualcosa in più che mi avrebbe spinta ad andarlo a vedere. Non so come mai, alla fine, non ero riuscita ad andare in sala, ma forse è stato meglio così. Intendiamoci, L'uomo del labirinto non è un brutto film ed è a tratti molto inquietante, però ha delle caratteristiche che non ho apprezzato granché, in primis un "sovraccarico" di elementi perturbanti e stilosi che mi ha dato da pensare a come la pellicola di Carrisi sembri più un film di apparenza che di sostanza. Sulla trama, niente da dire. Il film lavora su due piani paralleli, da una parte l'indagine del profiler Green, costretto a discernere il sogno dalla realtà nei racconti confusi di una ragazza traumatizzata, dall'altra parte Bruno Genko, investigatore morente che vorrebbe fare almeno una cosa buona nella vita, dopo aver rifiutato all'epoca la richiesta dei genitori di Samanta di indagare sulla scomparsa della figlia. Lo spettatore è costretto, giustamente, a fare attenzione a tutto ciò che viene detto all'interno del film, zeppo di piccoli dettagli risolutori, tuttavia si inseriscono, a livello di regia e fotografia, degli elementi scorretti e dissonanti che spingerebbero i ragionamenti del pubblico verso una determinata direzione, frustrata da quel finale in cui tutto torna, lasciando con un palmo di naso chi pensava di aver capito ogni cosa.
La voglia di confondere lo spettatore si mescola al desiderio di creare sequenze quanto più "fasulle" possibile, non tanto durante le visioni, evocative ed interessanti, di Samanta, quanto nel corso di tutto lo storyarc dedicato a Bruno Genko, all'interno del quale predominano colori saturi con preponderanza di rosso, giallo ed ocra (in contrasto con le scene in cui è presente il dottor Green, molto più "televisive" non solo a livello di fotografia ma anche di regia), punti di vista strani e soluzioni visive fumettistiche, che a tratti mi hanno ricordato alcune sequenze di Sin City, soprattutto quando il personaggio viene mostrato in macchina, con paesaggi posticci che scorrono nei finestrini. Ragionando col senno di poi sono scelte sensate e anche intelligenti, ma lo stesso ho ravvisato un senso di scorrettezza nei confronti dello spettatore, forse spinta da una naturale antipatia nei confronti dei due personaggi principali, che mi sono sembrati interpretati da due attori normalmente bravi ma svogliati, in particolare Dustin Hoffman (penalizzato anche da un doppiaggio non all'altezza). Onestamente, nemmeno Toni Servillo mi è parso particolarmente a suo agio nel ruolo di Bruno Genko, surclassato da uno stuolo di caratteristi tra il weird e l'ambiguo, sicuramente molto "americani" nel loro modo di essere e di porsi. Di sicuro, L'uomo del labirinto è un film che potrebbe vendere molto bene all'estero, proprio per il suo stampo poco italiano, dal respiro internazionale, tuttavia avrei preferito che l'intera operazione non si fosse "vergognata" delle sue origini e fosse riuscita ad essere originale e nostrana come per esempio il recente The Nest.
Di Dustin Hoffman (Dottor Green) e Toni Servillo (Bruno Genko) ho già parlato ai rispettivi link.
Donato Carrisi è il regista e sceneggiatore della pellicola. Nato a Martina Franca, ha diretto La ragazza nella nebbia, sempre tratto da un suo romanzo. Ha 47 anni.
domenica 31 maggio 2020
venerdì 29 maggio 2020
I Miei Horror Preferiti: Gli Anni ’90
Continuano le classifiche dei miei horror preferiti per ogni decennio e oggi tocca ai tanto vituperati anni '90 che, c'è da dire, davano ancora parecchie gioie. QUI c'è la classifica anni '90 di Lucia, QUA quella di Davide, ché come sapete oggi loro saranno un decennio più avanti. Fatemi sapere quali sono i vostri horror del cuore per questi anni, indossate giacche con spalline molto larghe e i vostri migliori fuseaux fluorescenti e... ENJOY!
1990: Misery non deve morire
Il 1990 è stato un ottimo anno Kinghiano, perché è uscito quel trauma infantile di It. E' anche l'anno in cui i ragazzini di tutto il mondo si sono divertiti con Tremors, ma con la pistola puntata alla testa ho scelto comunque Misery non deve morire. Perché Kathy Bates mi ha sempre fatto una paura fotonica, forse più di Tim Curry nei panni di Pennywise.
1991: La casa nera
Lo so, lo so. Nel 1991, come ci ricorda Lucia, è uscito Il silenzio degli innocenti, che è un capolavoro davanti al quale io chino il capo con verecondia e che riguarderei fino allo sfinimento. Però qui parliamo di Amore e non c'è amore più grande di quello che ho sempre provato per La casa nera, che probabilmente è il mio horror preferito tra quelli made in Craven. Sarà per quell'aria Twinpeaksiana che si respira? Chissà, sta di fatto che la videocassetta è stata consumata a furia di guardarla.
1992: Dracula di Bram Stoker
Eccessivo, barocco, affascinante, sicuramente un po' kitsch. Da vedere di nascosto, perché ci sono scene capaci di far inorridire i genitori di una ragazzina di 11 anni con gli occhi a cuoricino per quel gran figo di Gary Oldman. E poi, l'ho sempre detto, io amo i vampiri.
1993: Cose preziose
Altro film che ho distrutto a furia di rivederlo. Se è vero che questo è l'anno de L'armata delle Tenebre, che ha retto indubbiamente meglio l'usura del tempo, Cose preziose è un altro di quei "prodotti proibiti" che mi hanno regalato gioia e dolore allo stesso tempo, legando alla sua visione ricordi vividissimi.
1994: Il seme della follia
Batte Intervista col vampiro e Nightmare nuovo incubo. Questo è il capolavoro di Carpenter, il film horror perfetto, il mio ideale, senza sé e senza ma. Gli va vicino giusto Cigarette Burns, sempre di Carpenter.
1995: L'ultima profezia.
Questa storia demoniaca zeppa di attori tarantiniani come non poteva fare breccia nel cuore di una fanciulla che pochi anni dopo si sarebbe innamorata di Angel Sanctuary di Kaori Yuki? Angeli, demoni e le loro battaglie mi hanno sempre affascinata ma non esistono solo film seri nel 1995: Il cavaliere del male, The Mangler e persino I gusti del terrore sono sempre nel mio cuore.
1996: Giovani streghe
Batte a man bassa Dal tramonto all'alba e Scream. Ebbene sì. Anche Tesis. Mi ha spezzato il cuore calcioruotare i vampiri fighissimi di Tarantino e Rodriguez ma io, ogni volta che vedo Giovani streghe, mi metto in testa di poter acquistare libri sulla stregoneria e fare del gran bordello. In più, amo Fairuza Balk alla follia, querelatemi.
1997: Funny Games
Non esiste una storia d'orrore più angosciante di questa. Il brivido e l'odio, lo shock puro e semplice provato durante la terribile sequenza del telecomando non li scorderò finché campo.
1998: Vampires
Lo dirò fino alla nausea. Amo i vampiri. E nel 1998 non c'erano streghe a combatterli, ma solo tanta tamarreide firmata Carpenter, col suo pessimismo in salsa western. Ma anche i duri hanno un cuore e persino all'interno di film come questi trovo il modo di "shippare" tantissimo delle coppie improbabili ma tanto belle.
1999: L'insaziabile
Questo gioiellino delirante ed ironico batte Giovani diavoli (BEH? AMO Giovani diavoli!!) e Il sesto senso. Ho riguardato L'insaziabile ancora qualche mese fa e nulla, è folgorante come la prima volta che l'ho visto e le melodie di Damon Albarn sono ipnotiche e perfette.
1990: Misery non deve morire
Il 1990 è stato un ottimo anno Kinghiano, perché è uscito quel trauma infantile di It. E' anche l'anno in cui i ragazzini di tutto il mondo si sono divertiti con Tremors, ma con la pistola puntata alla testa ho scelto comunque Misery non deve morire. Perché Kathy Bates mi ha sempre fatto una paura fotonica, forse più di Tim Curry nei panni di Pennywise.
1991: La casa nera
Lo so, lo so. Nel 1991, come ci ricorda Lucia, è uscito Il silenzio degli innocenti, che è un capolavoro davanti al quale io chino il capo con verecondia e che riguarderei fino allo sfinimento. Però qui parliamo di Amore e non c'è amore più grande di quello che ho sempre provato per La casa nera, che probabilmente è il mio horror preferito tra quelli made in Craven. Sarà per quell'aria Twinpeaksiana che si respira? Chissà, sta di fatto che la videocassetta è stata consumata a furia di guardarla.
1992: Dracula di Bram Stoker
Eccessivo, barocco, affascinante, sicuramente un po' kitsch. Da vedere di nascosto, perché ci sono scene capaci di far inorridire i genitori di una ragazzina di 11 anni con gli occhi a cuoricino per quel gran figo di Gary Oldman. E poi, l'ho sempre detto, io amo i vampiri.
1993: Cose preziose
Altro film che ho distrutto a furia di rivederlo. Se è vero che questo è l'anno de L'armata delle Tenebre, che ha retto indubbiamente meglio l'usura del tempo, Cose preziose è un altro di quei "prodotti proibiti" che mi hanno regalato gioia e dolore allo stesso tempo, legando alla sua visione ricordi vividissimi.
1994: Il seme della follia
Batte Intervista col vampiro e Nightmare nuovo incubo. Questo è il capolavoro di Carpenter, il film horror perfetto, il mio ideale, senza sé e senza ma. Gli va vicino giusto Cigarette Burns, sempre di Carpenter.
1995: L'ultima profezia.
Questa storia demoniaca zeppa di attori tarantiniani come non poteva fare breccia nel cuore di una fanciulla che pochi anni dopo si sarebbe innamorata di Angel Sanctuary di Kaori Yuki? Angeli, demoni e le loro battaglie mi hanno sempre affascinata ma non esistono solo film seri nel 1995: Il cavaliere del male, The Mangler e persino I gusti del terrore sono sempre nel mio cuore.
1996: Giovani streghe
Batte a man bassa Dal tramonto all'alba e Scream. Ebbene sì. Anche Tesis. Mi ha spezzato il cuore calcioruotare i vampiri fighissimi di Tarantino e Rodriguez ma io, ogni volta che vedo Giovani streghe, mi metto in testa di poter acquistare libri sulla stregoneria e fare del gran bordello. In più, amo Fairuza Balk alla follia, querelatemi.
1997: Funny Games
Non esiste una storia d'orrore più angosciante di questa. Il brivido e l'odio, lo shock puro e semplice provato durante la terribile sequenza del telecomando non li scorderò finché campo.
1998: Vampires
Lo dirò fino alla nausea. Amo i vampiri. E nel 1998 non c'erano streghe a combatterli, ma solo tanta tamarreide firmata Carpenter, col suo pessimismo in salsa western. Ma anche i duri hanno un cuore e persino all'interno di film come questi trovo il modo di "shippare" tantissimo delle coppie improbabili ma tanto belle.
1999: L'insaziabile
Questo gioiellino delirante ed ironico batte Giovani diavoli (BEH? AMO Giovani diavoli!!) e Il sesto senso. Ho riguardato L'insaziabile ancora qualche mese fa e nulla, è folgorante come la prima volta che l'ho visto e le melodie di Damon Albarn sono ipnotiche e perfette.
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mercoledì 27 maggio 2020
A Good Woman Is Hard to Find (2019)
Puntavo A Good Woman Is Hard to Find, diretto nel 2019 dal regista Abner Pastoll, da quando ne avevano parlato QUI i 400calci. Poi è arrivato il post di Lucia e ho capito che finalmente era giunto il momento di vederlo!
Trama: rimasta vedova e madre di due figli, Sarah si arrabatta come può per portare a casa la pagnotta, finché un giorno un piccolo spacciatore non le entra in casa, facendo piombare la sua già difficile vita in un incubo.
L'Irlanda continua a sfornare un sacco di bei film, confermandosi come uno dei Paesi in cui horror, thriller e contaminazioni di genere stanno benissimo. A Good Woman Is Hard to Find è una pellicola borderline, nel senso che per buona parte della sua durata racconta qualcosa di anche troppo verosimile, doloroso ancor prima che subentri l'"esagerazione" dell'elemento di fiction. Protagonista della pellicola è Sarah, una "vinta" che sarebbe stata perfetta all'interno di qualche romanzo Verghiano oppure in uno di quei begli anime che andavano di moda negli anni '80, perché la fanciulla è un concentrato vivente di sfiga: il marito è stato ucciso e la polizia ha deciso di lavarsene le mani, convinta di avere a che fare con un regolamento di conti tra spacciatori, l'unico testimone è il figlio piccolo che, per lo shock, ha smesso di parlare, Sarah è rimasta priva di soldi e di lavoro, si lascia scorrere la vita addosso e chiunque si ritiene in dovere di trattarla a pesci in faccia, dai commessi del supermercato alla madre frustrata. Il suo atteggiamento remissivo e passivo è perfetto per gente come Tito, piccolo spacciatore che, dopo avere rubato una partita di droga al boss del quartiere, invade casa di Sarah usandola come base d'appoggio, infischiandosene di lei, dei figli e dei vicini finché, come spesso accade in questo genere di film, qualcosa si spezza e la situazione precipita. Determinata a proteggere figli che ama più di se stessa, già minacciati dalla presenza degli assistenti sociali, Sarah prende per la prima volta tra le mani la sua esistenza e si scrolla di dosso l'apatia, "trasformandosi" letteralmente in una furia vendicatrice senza mai valicare quel confine tipico di questo genere di pellicola, attraversato il quale ogni donna diventa Wonder Woman in versione horror.
Non che non ci siano sequenze vomitevoli e sconvolgenti anche qui. Una, in particolare, si concentra su quanto sia difficile eliminare prove compromettenti; non mi è mai passato nemmeno per l'anticamera del cervello di fare simili opere di pulizia, per carità, ma dopo i dieci minuti di pura fatica, sofferenza e disgusto mostrati in A Good Woman Is Hard to Find credo propenderei maggiormente per il metodo Breaking Bad, anche se probabilmente ci rimetterei vasca e pavimenti come i protagonisti del telefilm. Il merito di cotanto disgusto, se così si può dire, è da ricercarsi nella bravura di Sarah Bolger, che regge da sola l'intero film. Ora, purtroppo io ricordo Sarah Bolger esclusivamente per il sciocco ruolo di Aurora nelle stagioni peggiori di Once Upon a Time e per quell'enorme vaccata di Emelie ed è un peccato; qui la Bolger da veramente il meglio di sé, incarnando un personaggio col quale è facilissimo empatizzare a fronte del suo aspetto dimesso e della profonda fragilità che comunque pretendono dignità e rispetto, e a fronte del suo smisurato amore per i figli (provate a ignorare il magone che vi verrà in un paio di sequenze). Nel prefinale, la sua trasformazione in femme fatale potrebbe fare perdere qualche battito cardiaco a più di un uomo eppure è quanto di più "naturale" si possa pensare, una transizione di puro squilibrio che può portare, forse, a qualcosa di definitivamente positivo. O, perlomeno, accettabile e dignitoso.
Di Sarah Bolger, che interpreta Sarah, ho già parlato QUI.
Abner Pastoll è il regista della pellicola. Sudafricano, ha diretto film come Road Games. Anche sceneggiatore e produttore, ha 38 anni e un film in uscita.
Trama: rimasta vedova e madre di due figli, Sarah si arrabatta come può per portare a casa la pagnotta, finché un giorno un piccolo spacciatore non le entra in casa, facendo piombare la sua già difficile vita in un incubo.
L'Irlanda continua a sfornare un sacco di bei film, confermandosi come uno dei Paesi in cui horror, thriller e contaminazioni di genere stanno benissimo. A Good Woman Is Hard to Find è una pellicola borderline, nel senso che per buona parte della sua durata racconta qualcosa di anche troppo verosimile, doloroso ancor prima che subentri l'"esagerazione" dell'elemento di fiction. Protagonista della pellicola è Sarah, una "vinta" che sarebbe stata perfetta all'interno di qualche romanzo Verghiano oppure in uno di quei begli anime che andavano di moda negli anni '80, perché la fanciulla è un concentrato vivente di sfiga: il marito è stato ucciso e la polizia ha deciso di lavarsene le mani, convinta di avere a che fare con un regolamento di conti tra spacciatori, l'unico testimone è il figlio piccolo che, per lo shock, ha smesso di parlare, Sarah è rimasta priva di soldi e di lavoro, si lascia scorrere la vita addosso e chiunque si ritiene in dovere di trattarla a pesci in faccia, dai commessi del supermercato alla madre frustrata. Il suo atteggiamento remissivo e passivo è perfetto per gente come Tito, piccolo spacciatore che, dopo avere rubato una partita di droga al boss del quartiere, invade casa di Sarah usandola come base d'appoggio, infischiandosene di lei, dei figli e dei vicini finché, come spesso accade in questo genere di film, qualcosa si spezza e la situazione precipita. Determinata a proteggere figli che ama più di se stessa, già minacciati dalla presenza degli assistenti sociali, Sarah prende per la prima volta tra le mani la sua esistenza e si scrolla di dosso l'apatia, "trasformandosi" letteralmente in una furia vendicatrice senza mai valicare quel confine tipico di questo genere di pellicola, attraversato il quale ogni donna diventa Wonder Woman in versione horror.
Non che non ci siano sequenze vomitevoli e sconvolgenti anche qui. Una, in particolare, si concentra su quanto sia difficile eliminare prove compromettenti; non mi è mai passato nemmeno per l'anticamera del cervello di fare simili opere di pulizia, per carità, ma dopo i dieci minuti di pura fatica, sofferenza e disgusto mostrati in A Good Woman Is Hard to Find credo propenderei maggiormente per il metodo Breaking Bad, anche se probabilmente ci rimetterei vasca e pavimenti come i protagonisti del telefilm. Il merito di cotanto disgusto, se così si può dire, è da ricercarsi nella bravura di Sarah Bolger, che regge da sola l'intero film. Ora, purtroppo io ricordo Sarah Bolger esclusivamente per il sciocco ruolo di Aurora nelle stagioni peggiori di Once Upon a Time e per quell'enorme vaccata di Emelie ed è un peccato; qui la Bolger da veramente il meglio di sé, incarnando un personaggio col quale è facilissimo empatizzare a fronte del suo aspetto dimesso e della profonda fragilità che comunque pretendono dignità e rispetto, e a fronte del suo smisurato amore per i figli (provate a ignorare il magone che vi verrà in un paio di sequenze). Nel prefinale, la sua trasformazione in femme fatale potrebbe fare perdere qualche battito cardiaco a più di un uomo eppure è quanto di più "naturale" si possa pensare, una transizione di puro squilibrio che può portare, forse, a qualcosa di definitivamente positivo. O, perlomeno, accettabile e dignitoso.
Di Sarah Bolger, che interpreta Sarah, ho già parlato QUI.
Abner Pastoll è il regista della pellicola. Sudafricano, ha diretto film come Road Games. Anche sceneggiatore e produttore, ha 38 anni e un film in uscita.
martedì 26 maggio 2020
Bollalmanacco On Demand: Legami! (1989)
Grazie a Prime Video torna il Bollalmanacco on Demand con Legami! (¡Átame!), diretto e sceneggiato nel 1989 dal regista Pedro Almodóvar e richiesto da Arwen Lynch. Il prossimo film On Demand dovrebbe essere Demoni. ENJOY!
Trama: appena uscito da un istituto psichiatrico, Ricky rapisce la pornostar Marina, deciso a far sì che l'attrice si innamori di lui.
Almodóvar è un matto vero e matti sono anche i suoi personaggi, per quel poco che ho visto della sua filmografia. Eppure, ai suoi matti spesso inquietanti (penso anche a Benigno di Parla con lei) non si può non voler bene, neppure quando si approcciano alla vita in maniera violenta e scellerata, come nel caso di Ricky. Ricky è un bel ragazzo che sa fare qualunque mestiere ma è incapace di vivere all'interno della società; solo al mondo, entra ed esce dagli istituti psichiatrici fin dalla più tenera età e durante una delle sue libere uscite ha incontrato Marina, con la quale ha avuto una notte di sesso di cui noi spettatori sentiamo solo parlare, innamorandosene perdutamente e decretandola come futura moglie e madre dei suoi figli. Anche Marina, da par suo, tanto normale non è. Reduce da una cura disintossicante dopo un'esistenza di eccessi e una forte dipendenza dalle droghe, la sua carriera è appesa un filo a causa della sua pessima reputazione e la sua ultima chance di tornare sulla cresta dell'onda è un horror di serie Z diretto da un regista ormai vecchio e pieno di rimpianti per il suo vigore perduto, anche lui innamorato dell'attrice. Ricky non trova altro modo, per approcciarsi a Marina, che sequestrarla all'interno del suo stesso appartamento. Il suo piano è tanto semplice quanto ingenuo: stando assieme 24 ore su 24, Marina avrà modo di conoscerlo a fondo e di innamorarsi di lui, finalmente. Non rivelerò, ovviamente, il finale del film ma se è vero che l'inizio segue pedissequamente i canoni di un certo genere di thriller, tra violenze e reciproca diffidenza, andando avanti i due personaggi diventano qualcosa di più di un semplice binomio vittima e carnefice, e la follia dell'uno e l'apparente sicurezza dell'altra si fondono, si annullano e si arricchiscono di significati ulteriori.
Attorno ai due personaggi principali ruota un microcosmo di umanità strana e disnibita, creature colorate che spesso vivono ai margini della società senza troppo curarsi della "normalità", in una Spagna dove trasgressione e valori tradizionali convivono e si compenetrano. Sono ancora, a parer mio, delle macchiette rispetto ad altre indimenticabili creazioni Almodóvariane, ma anche così è difficile non voler automaticamente bene a Lola e al suo modo spiccio di mostrare amore alla sorella scapestrata, accettandone ogni pregio e difetto, oppure ad interessarsi a quegli scorci di vita mostrati per il breve tempo di una sequenza (mi piacerebbe tanto sapere che storia c'è dietro il vecchio amore tra la giornalista e l'attore all'inizio, oppure dietro alla dentista di Marina, per non parlare poi del vicino di casa che colleziona pupazzetti dei Masters!). Difficile, anche, non rimanere affascinati dall'energia della regia di Almodóvar, coi primi piani "incorniciati" di Marina o la macchina da presa che gira attorno ai corpi e ai volti di lei e Ricky, oppure davanti al "film nel film" che introduce Legami!, fino ad arrivare al divertente intermezzo musicale. Ma la cosa che ho apprezzato di più è la sequenza appena prima dei titoli di coda, allo stesso tempo consolatoria e amara, interamente imperniata su un innocuo sing along dove l'unica cosa che stona e che porta lo spettatore a riflettere per giorni su Legami! è l'espressione della bravissima Victoria Abril, un incredibile mix di felicità, speranza e terrore che è il cuore stesso di un film controverso: a pensarci bene, come si fa a sperare nella riuscita di una storia "d'amore" che nella realtà ci farebbe solo accapponare la pelle? Miracoli di Pedro, ovviamente.
Del regista e sceneggiatore Pedro Almodóvar ho già parlato QUI mentre Antonio Banderas, che interpreta Ricky, lo trovate QUA.
Victoria Abril interpreta Marina Osorio. Spagnola, ha partecipato a film come La legge del desiderio, Tacchi a spillo, Kika - Un corpo in prestito e Mari del sud. Ha 61 anni.
Rossy de Palma interpreta la spacciatrice in Vespa. Spagnola, la ricordo per film come La legge del desiderio, Donne sull'orlo di una crisi di nervi, Azione mutante, Kika - Un corpo in prestito, Chicken Park, Prêt-à-Porter, Il fiore del mio segreto, Metalmeccanico e parrucchiera in un turbine di sesso e politica e L'uomo che uccise Don Chisciotte. Ha 56 anni e due film in uscita.
Julieta Serrano interpreta Alma. Spagnola, la ricordo per film come Pepi, Luci, Bom e le altre ragazze del mucchio, L'indiscreto fascino del peccato, Donne sull'orlo di una crisi di nervi e Dolor y Gloria. Ha 87 anni.
Francisco Rabal interpreta Máximo Espejo. Spagnolo, ha partecipato a film come Bella di giorno, Incubo sulla città contaminata e a serie quali La piovra 3. Anche sceneggiatore e regista, è morto nel 2001 all'età di 75 anni.
Trama: appena uscito da un istituto psichiatrico, Ricky rapisce la pornostar Marina, deciso a far sì che l'attrice si innamori di lui.
Almodóvar è un matto vero e matti sono anche i suoi personaggi, per quel poco che ho visto della sua filmografia. Eppure, ai suoi matti spesso inquietanti (penso anche a Benigno di Parla con lei) non si può non voler bene, neppure quando si approcciano alla vita in maniera violenta e scellerata, come nel caso di Ricky. Ricky è un bel ragazzo che sa fare qualunque mestiere ma è incapace di vivere all'interno della società; solo al mondo, entra ed esce dagli istituti psichiatrici fin dalla più tenera età e durante una delle sue libere uscite ha incontrato Marina, con la quale ha avuto una notte di sesso di cui noi spettatori sentiamo solo parlare, innamorandosene perdutamente e decretandola come futura moglie e madre dei suoi figli. Anche Marina, da par suo, tanto normale non è. Reduce da una cura disintossicante dopo un'esistenza di eccessi e una forte dipendenza dalle droghe, la sua carriera è appesa un filo a causa della sua pessima reputazione e la sua ultima chance di tornare sulla cresta dell'onda è un horror di serie Z diretto da un regista ormai vecchio e pieno di rimpianti per il suo vigore perduto, anche lui innamorato dell'attrice. Ricky non trova altro modo, per approcciarsi a Marina, che sequestrarla all'interno del suo stesso appartamento. Il suo piano è tanto semplice quanto ingenuo: stando assieme 24 ore su 24, Marina avrà modo di conoscerlo a fondo e di innamorarsi di lui, finalmente. Non rivelerò, ovviamente, il finale del film ma se è vero che l'inizio segue pedissequamente i canoni di un certo genere di thriller, tra violenze e reciproca diffidenza, andando avanti i due personaggi diventano qualcosa di più di un semplice binomio vittima e carnefice, e la follia dell'uno e l'apparente sicurezza dell'altra si fondono, si annullano e si arricchiscono di significati ulteriori.
Attorno ai due personaggi principali ruota un microcosmo di umanità strana e disnibita, creature colorate che spesso vivono ai margini della società senza troppo curarsi della "normalità", in una Spagna dove trasgressione e valori tradizionali convivono e si compenetrano. Sono ancora, a parer mio, delle macchiette rispetto ad altre indimenticabili creazioni Almodóvariane, ma anche così è difficile non voler automaticamente bene a Lola e al suo modo spiccio di mostrare amore alla sorella scapestrata, accettandone ogni pregio e difetto, oppure ad interessarsi a quegli scorci di vita mostrati per il breve tempo di una sequenza (mi piacerebbe tanto sapere che storia c'è dietro il vecchio amore tra la giornalista e l'attore all'inizio, oppure dietro alla dentista di Marina, per non parlare poi del vicino di casa che colleziona pupazzetti dei Masters!). Difficile, anche, non rimanere affascinati dall'energia della regia di Almodóvar, coi primi piani "incorniciati" di Marina o la macchina da presa che gira attorno ai corpi e ai volti di lei e Ricky, oppure davanti al "film nel film" che introduce Legami!, fino ad arrivare al divertente intermezzo musicale. Ma la cosa che ho apprezzato di più è la sequenza appena prima dei titoli di coda, allo stesso tempo consolatoria e amara, interamente imperniata su un innocuo sing along dove l'unica cosa che stona e che porta lo spettatore a riflettere per giorni su Legami! è l'espressione della bravissima Victoria Abril, un incredibile mix di felicità, speranza e terrore che è il cuore stesso di un film controverso: a pensarci bene, come si fa a sperare nella riuscita di una storia "d'amore" che nella realtà ci farebbe solo accapponare la pelle? Miracoli di Pedro, ovviamente.
Del regista e sceneggiatore Pedro Almodóvar ho già parlato QUI mentre Antonio Banderas, che interpreta Ricky, lo trovate QUA.
Victoria Abril interpreta Marina Osorio. Spagnola, ha partecipato a film come La legge del desiderio, Tacchi a spillo, Kika - Un corpo in prestito e Mari del sud. Ha 61 anni.
Rossy de Palma interpreta la spacciatrice in Vespa. Spagnola, la ricordo per film come La legge del desiderio, Donne sull'orlo di una crisi di nervi, Azione mutante, Kika - Un corpo in prestito, Chicken Park, Prêt-à-Porter, Il fiore del mio segreto, Metalmeccanico e parrucchiera in un turbine di sesso e politica e L'uomo che uccise Don Chisciotte. Ha 56 anni e due film in uscita.
Julieta Serrano interpreta Alma. Spagnola, la ricordo per film come Pepi, Luci, Bom e le altre ragazze del mucchio, L'indiscreto fascino del peccato, Donne sull'orlo di una crisi di nervi e Dolor y Gloria. Ha 87 anni.
Francisco Rabal interpreta Máximo Espejo. Spagnolo, ha partecipato a film come Bella di giorno, Incubo sulla città contaminata e a serie quali La piovra 3. Anche sceneggiatore e regista, è morto nel 2001 all'età di 75 anni.
domenica 24 maggio 2020
Sea Fever (2019)
Nel bel mezzo della pandemia, quando a differenza di molti ho avuto la (s)fortuna di continuare a lavorare, ho chiesto a Lucia quali horror guardare assolutamente tra quelli che escono non dico quotidianamente ma quasi e lei mi ha fatto il nome di Sea Fever, diretto nel 2019 dalla regista Neasa Hardiman.
Trama: una biologa marina sale a bordo di un peschereccio e nel corso della battuta di pesca si imbatte in una creatura marina sconosciuta e pericolosa, che nel giro di breve tempo infetta l'equipaggio...
La sea fever è l'equivalente marino della cabin fever, ovviamente declinata all'interno di un luogo ancora più scomodo e pericoloso, circondato da mare profondo, dove non si fa fatica a capire come la gente possa dare di matto per l'ansia, le privazioni e la claustrofobia. Bella ligure, che sono, eh? Comunque, nel caso del film di Neasa Hardiman "sea fever" ha anche un significato più letterale, è una febbre che colpisce l'equipaggio di una nave dopo l'incontro con un gigantesco animale sconosciuto i cui tentacoli secernono un liquido non solo pericoloso per la struttura delle navi ma anche e soprattutto per gli umani, che si ritrovano a fare da incubatrici per piccole, inquietanti bestiole. L'equipaggio di pescatori, spinti dal bisogno di lavoro verso una zona interdetta al traffico marino ma comunque ricca di pesce, si ritrovano in balìa tra l'istinto di sopravvivenza e il desiderio di mantenere l'attività, ed è la biologa marina Siobhan ad introdurre una terza, importantissima variante, ovvero la necessità di preservare la comunità da un'infezione mortale e potenzialmente inarrestabile, anche a costo di sacrificare poche persone. I risultati di queste interazioni non saranno scontati come accade nella maggior parte degli horror a tema "pandemico", perché a differenza di molti altri film dove i personaggi idioti "vanno in cantina anche se sanno che la casa è infestata (cit.)" qui abbiamo una protagonista che incarna il lume della ragione, sicuramente scomoda, sicuramente in contrasto con qualunque sentimento e rimpianto umano, talvolta persino così "sfacciata" da considerare l'animale sconosciuto come un organismo che merita di esistere tanto quanto noi, eppure sempre pronta ad offrire soluzioni concrete e potenzialmente utili, per quanto alla fine poco efficaci. Il risultato è dunque una trama avvincente, zeppa di tutti gli elementi che rendono efficace un film a tema pandemico-claustrofobico, e anche originale, per quanto possibile.
Il climax del film viene raggiunto più o meno a metà della sua durata, quando si concentrano anche gli elementi gore e i momenti in cui la paranoia si fa violenta e insinuante, dopodiché l'ottima costruzione dei personaggi che troviamo nella prima parte va un po' a farsi friggere in un prefinale a mio avviso sbrigativo (Freya? Boh.), che fortunatamente lascia il posto a un finale d'impatto, molto bello sia a livello di sceneggiatura che di regia. C'è da dire che io sono molto parziale quando si parla di Irlanda e mi è bastato godermi l'accento utilizzato dai bravissimi attori, tutti perfetti per i ruoli che sono stati loro assegnati, a partire dalla bellissima Hermione Corfield, "rossa portasfortuna" in grado di incarnare un personaggio allo stesso tempo fragile e deciso, costretto ad accollarsi soluzioni scomode e ad affrontare la diffidenza degli altri compagni di sventura senza mai indietreggiare di un passo; tra i comprimari, spiccano l'interessante Olwen Fouéré, che avrei voluto onestamente vedere molto di più sullo schermo, e la coppia "rude" e malinconica formata da Connie Nielsen e Dougray Scott ma in generale ho apprezzato tutto il cast, senza distinzioni. Se vi piace il genere, Sea Fever non vi deluderà, anche se forse neppure questo è un film molto adatto alla paranoia da Covid-19.
Di Connie Nielsen (Freya) e Dougray Scott (Gerard) ho già parlato ai rispettivi link.
Neasa Hardiman è la regista della pellicola. Irlandese, ha diretto episodi della serie Jessica Jones ed è anche produttrice e sceneggiatrice.
Hermione Corfield interpreta Siobhan. Inglese, ha partecipato a film come Mission: Impossible - Rogue Nation, PPZ: Pride and Prejudice and Zombies, King Arthur: Il potere della spada, Star Wars - Gli ultimi Jedi e Slaughterhouse Rulez. Ha 27 anni.
Olwen Fouéré interpreta Ciara. Irlandese, ha partecipato a film come This Must Be the Place, Mandy e Animali fantastici: I crimini di Grindelwald.
Se Sea Fever vi fosse piaciuto recuperate La cosa e Alien. ENJOY!
Trama: una biologa marina sale a bordo di un peschereccio e nel corso della battuta di pesca si imbatte in una creatura marina sconosciuta e pericolosa, che nel giro di breve tempo infetta l'equipaggio...
La sea fever è l'equivalente marino della cabin fever, ovviamente declinata all'interno di un luogo ancora più scomodo e pericoloso, circondato da mare profondo, dove non si fa fatica a capire come la gente possa dare di matto per l'ansia, le privazioni e la claustrofobia. Bella ligure, che sono, eh? Comunque, nel caso del film di Neasa Hardiman "sea fever" ha anche un significato più letterale, è una febbre che colpisce l'equipaggio di una nave dopo l'incontro con un gigantesco animale sconosciuto i cui tentacoli secernono un liquido non solo pericoloso per la struttura delle navi ma anche e soprattutto per gli umani, che si ritrovano a fare da incubatrici per piccole, inquietanti bestiole. L'equipaggio di pescatori, spinti dal bisogno di lavoro verso una zona interdetta al traffico marino ma comunque ricca di pesce, si ritrovano in balìa tra l'istinto di sopravvivenza e il desiderio di mantenere l'attività, ed è la biologa marina Siobhan ad introdurre una terza, importantissima variante, ovvero la necessità di preservare la comunità da un'infezione mortale e potenzialmente inarrestabile, anche a costo di sacrificare poche persone. I risultati di queste interazioni non saranno scontati come accade nella maggior parte degli horror a tema "pandemico", perché a differenza di molti altri film dove i personaggi idioti "vanno in cantina anche se sanno che la casa è infestata (cit.)" qui abbiamo una protagonista che incarna il lume della ragione, sicuramente scomoda, sicuramente in contrasto con qualunque sentimento e rimpianto umano, talvolta persino così "sfacciata" da considerare l'animale sconosciuto come un organismo che merita di esistere tanto quanto noi, eppure sempre pronta ad offrire soluzioni concrete e potenzialmente utili, per quanto alla fine poco efficaci. Il risultato è dunque una trama avvincente, zeppa di tutti gli elementi che rendono efficace un film a tema pandemico-claustrofobico, e anche originale, per quanto possibile.
Il climax del film viene raggiunto più o meno a metà della sua durata, quando si concentrano anche gli elementi gore e i momenti in cui la paranoia si fa violenta e insinuante, dopodiché l'ottima costruzione dei personaggi che troviamo nella prima parte va un po' a farsi friggere in un prefinale a mio avviso sbrigativo (Freya? Boh.), che fortunatamente lascia il posto a un finale d'impatto, molto bello sia a livello di sceneggiatura che di regia. C'è da dire che io sono molto parziale quando si parla di Irlanda e mi è bastato godermi l'accento utilizzato dai bravissimi attori, tutti perfetti per i ruoli che sono stati loro assegnati, a partire dalla bellissima Hermione Corfield, "rossa portasfortuna" in grado di incarnare un personaggio allo stesso tempo fragile e deciso, costretto ad accollarsi soluzioni scomode e ad affrontare la diffidenza degli altri compagni di sventura senza mai indietreggiare di un passo; tra i comprimari, spiccano l'interessante Olwen Fouéré, che avrei voluto onestamente vedere molto di più sullo schermo, e la coppia "rude" e malinconica formata da Connie Nielsen e Dougray Scott ma in generale ho apprezzato tutto il cast, senza distinzioni. Se vi piace il genere, Sea Fever non vi deluderà, anche se forse neppure questo è un film molto adatto alla paranoia da Covid-19.
Di Connie Nielsen (Freya) e Dougray Scott (Gerard) ho già parlato ai rispettivi link.
Neasa Hardiman è la regista della pellicola. Irlandese, ha diretto episodi della serie Jessica Jones ed è anche produttrice e sceneggiatrice.
Hermione Corfield interpreta Siobhan. Inglese, ha partecipato a film come Mission: Impossible - Rogue Nation, PPZ: Pride and Prejudice and Zombies, King Arthur: Il potere della spada, Star Wars - Gli ultimi Jedi e Slaughterhouse Rulez. Ha 27 anni.
Olwen Fouéré interpreta Ciara. Irlandese, ha partecipato a film come This Must Be the Place, Mandy e Animali fantastici: I crimini di Grindelwald.
Se Sea Fever vi fosse piaciuto recuperate La cosa e Alien. ENJOY!
venerdì 22 maggio 2020
I Miei Horror Preferiti: Gli Anni ’80
Finalmente sono arrivata in un decennio conosciuto e amato, laddove l'ignoranza non esiste più, esiste solo il consapevole gusto personale unito a un sacco di ricordi. Oggi Lucia e Davide si dedicheranno agli anni '90, io lo sapete che sono sempre in differita di un decennio. Cotonatevi la capoccia, andate di trucco pesantissimo, cantate a squarciagola "cosa resterà di questi anni ottanta?" e... ENJOY!
1980: Shining
Vabbé, potevo non mettere lui sul podio? Dopo Arancia Meccanica è il mio film di Kubrick preferito e anche se ha osato vilipendere il Re, anzi, proprio in virtù di questo vilipendio, non posso che amarlo alla follia.
1981: ... E tu vivrai nel terrore! L'Aldilà
L'ho odiato a una prima visione. E poi l'ho amato immensamente, perché Fulci è arte delirante e amore puro per il cinema di genere. E lo so, nel 1981 (che è anche il mio anno di nascita!) ci sono due film seminali sui lupi mannari e la nascita del personaggio più iconico di Bruce Campbell , ma il mio cuore è stato inevitabilmente rapito dal "mare delle tenebre e ciò che in esso vi è di esplorabile".
1982: Poltergeist - Demoniache presenze
Altro film che rivedrei senza mai stancarmi e che mi commuove profondamente ad ogni visione. D'altronde, la zampata di Spielberg si sente più della regia di Hooper e io sono una figlia degli anni '80, non dimenticatelo.
1983: Videodrome
Non lo rivedo da troppi anni ma non importa, mi ci sono drogata tra gli anni del liceo e quelli dell'università e lo trovo uno dei film più inquietanti e "sporchi" di sempre.
1984: Gremlins
Pensavate che il mio horror dell'anno fosse Nightmare - Dal profondo della notte? No. Io amo Gremlins, da bambina mi terrorizzava e ogni anno, sotto Natale, lo riguardo assieme a The Nightmare Before Christmas. E chi dice che Gremlins non è un horror mente sapendo di mentine.
1985: Ammazzavampiri
Ho fatto un po' fatica a trovare un horror che fosse imprescindibile quell'anno, almeno per me. Sì, c'è Il giorno degli zombi e sì, c'è anche Re-Animator ma a me piacciono i vampiri, è inutile, e poi Ammazzavampiri contiene uno dei destini più crudeli mai capitati a un personaggio adorabile, quindi ha vinto.
1986: La piccola bottega degli orrori
Altro musical altro regalo, si vede che mi piace il genere? Confesso che ero MOLTO indecisa tra lui e Brivido, anche solo in virtù del fatto che ci ho messo anni a recuperare, finalmente, il finale del film di King, nonostante lo avessi registrato mezza dozzina di volte. Ma l'ho rivisto poco tempo fa e, niente, fa schifo, invece la storia di Seymour e Audrey II mi avvince ogni volta come se fosse la prima. E poi, che belle canzoni!
1987: La casa 2
Il mio primo, vero film horror. Sì, l'ho guardato prima de La casa, in una torrida estate di videonoleggi compulsivi alle medie. Ho avuto gli incubi per giorni e ogni rumore vagamente somigliante a quello prodotto dal demone calderiano mi faceva sobbalzare. Non posso non amarlo visceralmente ancora oggi.
1988: La bambola assassina
Anche solo in virtù del terrore che mi ha sempre provocato, fin da bambina (avevo 8 o 9 anni quando è arrivato in Italia in video!) la sola visione di Chucky, ma col tempo ho imparato a non aver paura, forse, e a voler davvero bene al bambolotto sboccato. A onor del vero il 1988 è zeppo di altri film che mi hanno segnata, nel bene o nel male, e ai quali sono molto affezionata: La casa 3, Una strega chiamata Elvira, La tana del serpente bianco, Brain Damage, Scarlatti - Il thriller... e poi, vabbé, vogliamo dimenticare che il 1988 è l'anno de Il bosco 1?
1989: Cimitero vivente
Un film che mi ha distrutta. Di terrore (maledetto Gage, maledetta Zelda) e di dolore (povero Gage), al punto che ad ogni visione piango senza ritegno, adesso ancor più di quando ero ragazzina. Per me, è uno dei migliori adattamenti di un romanzo Kinghiano.
1980: Shining
Vabbé, potevo non mettere lui sul podio? Dopo Arancia Meccanica è il mio film di Kubrick preferito e anche se ha osato vilipendere il Re, anzi, proprio in virtù di questo vilipendio, non posso che amarlo alla follia.
1981: ... E tu vivrai nel terrore! L'Aldilà
L'ho odiato a una prima visione. E poi l'ho amato immensamente, perché Fulci è arte delirante e amore puro per il cinema di genere. E lo so, nel 1981 (che è anche il mio anno di nascita!) ci sono due film seminali sui lupi mannari e la nascita del personaggio più iconico di Bruce Campbell , ma il mio cuore è stato inevitabilmente rapito dal "mare delle tenebre e ciò che in esso vi è di esplorabile".
1982: Poltergeist - Demoniache presenze
Altro film che rivedrei senza mai stancarmi e che mi commuove profondamente ad ogni visione. D'altronde, la zampata di Spielberg si sente più della regia di Hooper e io sono una figlia degli anni '80, non dimenticatelo.
1983: Videodrome
Non lo rivedo da troppi anni ma non importa, mi ci sono drogata tra gli anni del liceo e quelli dell'università e lo trovo uno dei film più inquietanti e "sporchi" di sempre.
1984: Gremlins
Pensavate che il mio horror dell'anno fosse Nightmare - Dal profondo della notte? No. Io amo Gremlins, da bambina mi terrorizzava e ogni anno, sotto Natale, lo riguardo assieme a The Nightmare Before Christmas. E chi dice che Gremlins non è un horror mente sapendo di mentine.
1985: Ammazzavampiri
Ho fatto un po' fatica a trovare un horror che fosse imprescindibile quell'anno, almeno per me. Sì, c'è Il giorno degli zombi e sì, c'è anche Re-Animator ma a me piacciono i vampiri, è inutile, e poi Ammazzavampiri contiene uno dei destini più crudeli mai capitati a un personaggio adorabile, quindi ha vinto.
1986: La piccola bottega degli orrori
Altro musical altro regalo, si vede che mi piace il genere? Confesso che ero MOLTO indecisa tra lui e Brivido, anche solo in virtù del fatto che ci ho messo anni a recuperare, finalmente, il finale del film di King, nonostante lo avessi registrato mezza dozzina di volte. Ma l'ho rivisto poco tempo fa e, niente, fa schifo, invece la storia di Seymour e Audrey II mi avvince ogni volta come se fosse la prima. E poi, che belle canzoni!
1987: La casa 2
Il mio primo, vero film horror. Sì, l'ho guardato prima de La casa, in una torrida estate di videonoleggi compulsivi alle medie. Ho avuto gli incubi per giorni e ogni rumore vagamente somigliante a quello prodotto dal demone calderiano mi faceva sobbalzare. Non posso non amarlo visceralmente ancora oggi.
1988: La bambola assassina
Anche solo in virtù del terrore che mi ha sempre provocato, fin da bambina (avevo 8 o 9 anni quando è arrivato in Italia in video!) la sola visione di Chucky, ma col tempo ho imparato a non aver paura, forse, e a voler davvero bene al bambolotto sboccato. A onor del vero il 1988 è zeppo di altri film che mi hanno segnata, nel bene o nel male, e ai quali sono molto affezionata: La casa 3, Una strega chiamata Elvira, La tana del serpente bianco, Brain Damage, Scarlatti - Il thriller... e poi, vabbé, vogliamo dimenticare che il 1988 è l'anno de Il bosco 1?
1989: Cimitero vivente
Un film che mi ha distrutta. Di terrore (maledetto Gage, maledetta Zelda) e di dolore (povero Gage), al punto che ad ogni visione piango senza ritegno, adesso ancor più di quando ero ragazzina. Per me, è uno dei migliori adattamenti di un romanzo Kinghiano.
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mercoledì 20 maggio 2020
We Summon the Darkness (2019)
Oggi parliamo di un horroretto simpatico, We Summon the Darkness, diretto nel 2019 dal regista Marc Meyers.
Trama: tre ragazze vanno ad un concerto metal dove incontrano tre ragazzi. Finito lo show, decidono di andare tutti insieme a casa di Alexis, una delle tre fanciulle, dove la serata prende una piega brutalmente inattesa...
We Summon the Darkness è un piccolo thriller-horror pieno di facce conosciute (belle facce conosciute, mannaggia alle fanciulle), legato all'epidemia di omicidi a sfondo satanico che hanno flagellato gli USA negli anni '80 e al modo che hanno i media e i cosiddetti poteri forti (in questo caso la Chiesa, incarnata da predicatori senza scrupoli) di manipolare le notizie facendo presa soprattutto sulle menti del popolino ignorante, incapace di guardare oltre l'aspetto delle persone. Il film mette in scena l'incontro-scontro tra due gruppi di ragazze e ragazzi, che comincia come una normalissima serata potenzialmente a base di alcool e sesso e finisce invece in un bagno di sangue, tanto inaspettato per i protagonisti quanto scontato per lo spettatore, il quale al limite può rimanere sorpreso da un twist nel twist, benché avesse probabilmente subodorato dopo mezz'oretta come sarebbe andata a finire la faccenda. La sceneggiatura non si impegna troppo a rimestare nel torbido nonostante qualche inevitabile e giusta stoccata ai fedeli invasati, a chi si fa intortare proprio per questioni di fede e anche a chi inneggia al diavolo a sproposito, "ribellandosi" non si sa bene a cosa né perché, e procede sui binari sicuri tipici di questo genere di film.
We Summon the Darkness, come buona parte delle pellicole recenti ambientate negli anni '80, impiega buona parte del metraggio e dei dialoghi a contestualizzare temporalmente la vicenda, e in questo senso è estremamente curato anche dal punto di vista del make-up, delle acconciature e ovviamente dei costumi, però non è irritante come altri suoi simili, forse perché i dialoghi imperniati sulla musica metal sono sempre e comunque piacevoli. Per il resto, oltre a consigliarvi di godervelo per il divertissement che è, non c'è molto altro da dire. Alexandra Daddario spicca sulle altre attrici per bellezza e "spessore", almeno finché non comincia a sbroccare e andare in overacting, assieme alla compare Maddie Hasson, in scene che potrebbero fare la felicità di un Nicolas Cage in gonnella, mentre Amy Forsyth si riconferma maestra a gestire personaggi scazzati e malinconici, con quintali di pelo sullo stomaco. Se vogliamo trovare un difetto a We Summon the Darkness, a parer mio le interpretazioni maschili non sono pervenute, anche se l'inedito Johnny Knoxville ha il suo perché. Altro non conviene dire, anche per non fare spoiler, quindi se il post vi ha messo curiosità cercate di recuperare questo film!
Di Alexandra Daddario (Alexis), Logan Miller (Kovacs) e Johnny Knoxville (John Henry Butler) ho parlato ai rispettivi link .
Marc Meyers è il regista della pellicola. Americano, ha diretto film come My Friend Dahmer ed è anche sceneggiatore, produttore e attore. Ha un film in uscita.
Keenan Johnson, che interpreta Mark, era lo Hugo di Alita - L'angelo della battaglia mentre Amy Forsyth, che interpreta Beveryl, è stata Margot Sleator nella seconda stagione di Channel Zero. Se We Summon the Darkness vi fosse piaciuto recuperate Lords of Chaos. ENJOY!
Trama: tre ragazze vanno ad un concerto metal dove incontrano tre ragazzi. Finito lo show, decidono di andare tutti insieme a casa di Alexis, una delle tre fanciulle, dove la serata prende una piega brutalmente inattesa...
We Summon the Darkness è un piccolo thriller-horror pieno di facce conosciute (belle facce conosciute, mannaggia alle fanciulle), legato all'epidemia di omicidi a sfondo satanico che hanno flagellato gli USA negli anni '80 e al modo che hanno i media e i cosiddetti poteri forti (in questo caso la Chiesa, incarnata da predicatori senza scrupoli) di manipolare le notizie facendo presa soprattutto sulle menti del popolino ignorante, incapace di guardare oltre l'aspetto delle persone. Il film mette in scena l'incontro-scontro tra due gruppi di ragazze e ragazzi, che comincia come una normalissima serata potenzialmente a base di alcool e sesso e finisce invece in un bagno di sangue, tanto inaspettato per i protagonisti quanto scontato per lo spettatore, il quale al limite può rimanere sorpreso da un twist nel twist, benché avesse probabilmente subodorato dopo mezz'oretta come sarebbe andata a finire la faccenda. La sceneggiatura non si impegna troppo a rimestare nel torbido nonostante qualche inevitabile e giusta stoccata ai fedeli invasati, a chi si fa intortare proprio per questioni di fede e anche a chi inneggia al diavolo a sproposito, "ribellandosi" non si sa bene a cosa né perché, e procede sui binari sicuri tipici di questo genere di film.
We Summon the Darkness, come buona parte delle pellicole recenti ambientate negli anni '80, impiega buona parte del metraggio e dei dialoghi a contestualizzare temporalmente la vicenda, e in questo senso è estremamente curato anche dal punto di vista del make-up, delle acconciature e ovviamente dei costumi, però non è irritante come altri suoi simili, forse perché i dialoghi imperniati sulla musica metal sono sempre e comunque piacevoli. Per il resto, oltre a consigliarvi di godervelo per il divertissement che è, non c'è molto altro da dire. Alexandra Daddario spicca sulle altre attrici per bellezza e "spessore", almeno finché non comincia a sbroccare e andare in overacting, assieme alla compare Maddie Hasson, in scene che potrebbero fare la felicità di un Nicolas Cage in gonnella, mentre Amy Forsyth si riconferma maestra a gestire personaggi scazzati e malinconici, con quintali di pelo sullo stomaco. Se vogliamo trovare un difetto a We Summon the Darkness, a parer mio le interpretazioni maschili non sono pervenute, anche se l'inedito Johnny Knoxville ha il suo perché. Altro non conviene dire, anche per non fare spoiler, quindi se il post vi ha messo curiosità cercate di recuperare questo film!
Di Alexandra Daddario (Alexis), Logan Miller (Kovacs) e Johnny Knoxville (John Henry Butler) ho parlato ai rispettivi link .
Marc Meyers è il regista della pellicola. Americano, ha diretto film come My Friend Dahmer ed è anche sceneggiatore, produttore e attore. Ha un film in uscita.
Keenan Johnson, che interpreta Mark, era lo Hugo di Alita - L'angelo della battaglia mentre Amy Forsyth, che interpreta Beveryl, è stata Margot Sleator nella seconda stagione di Channel Zero. Se We Summon the Darkness vi fosse piaciuto recuperate Lords of Chaos. ENJOY!
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