Oggi parlerò di The Corpse of Anna Fritz (El cadáver de Anna Fritz), penultimo recupero horror dell'anno passato diretto e co-sceneggiato dal regista Hèctor Hernández Vicens. Seguono turpiloquio a palate e SPOILER limitati al secondo paragrafo.
Trama: un impiegato di obitorio invita due suoi amici a vedere il cadavere di Anna Fritz, famosissima e bellissima attrice. La vista della donna nuda, benché morta, scatena nei tre istinti malsani...
Ve lo dico sinceramente: ho faticato ad andare oltre i primi dieci minuti di The Corpse of Anna Fritz. Di base, infatti, sono una persona che detesta qualunque tipo di accenno alla necrofilia che, anche se per fiction, è un'idea che mi fa davvero schifo e che trovo totalmente inconcepibile (Buio Omega, al di là dei siparietti trash, è un film che mi da i brividi, Dead Girl non voglio neppure sapere cosa sia e l'episodio M is for Munging di The ABCs of Death 2.5, che speravo di dimenticare in breve tempo, ancora mi provoca conati). Immaginate quindi come possa essermi sentita davanti alle prime sequenze del film di Vicens. Tre stronzi (uno meno degli altri ma comunque stronzo nell'accezione più generica del termine), tra i quali un impiegato di obitorio, obnubilati dai fumi dell'alcool e della coca decidono di penetrare nottetempo nella camera mortuaria dove riposa il corpo nudo di Anna Fritz, attrice molto bella e amata, morta giusto qualche ora prima. All'improvviso, l'idea geniale, essere gli ultimi a fare sesso con l'attrice più famosa del momento. Chissenefrega se è morta, se il corpo è freddo, se l'atto che si sta per compiere è probabilmente il più immorale dopo la pedofilia: stiamo pur sempre parlando di Anna Fritz, ormai fare le foto al volto di un cadavere è una roba da bambini, vuoi mettere il ricordo indelebile di una scopata con la celebrità? Tanto, ormai, la tizia è morta, è un pezzo di carne e non può protestare, in più l'inserviente sfigato conosce anche qualche trucchetto per rendere l'esperienza più "gradevole", vuoi mica rinunciare all'opportunità? Vi lascio immaginare cosa succeda dopo. Per fortuna, devo dargliene atto, Vicens è un regista raffinato e, nonostante le sequenze "incriminate" siano particolarmente esplicite, le inquadrature giocano più sulla suggestione, sugli sguardi, sul "pensiero stupendo che nasce un poco strisciando" nella mente dei tre imbecilli, senza andare a vilipendere ancor più il corpo nudo della povera Anna, concentrandosi sul viso immoto dell'attrice. Certo, quello di Vicens è comunque un gioco crudele perché ci costringe ad immedesimarci col meno stronzo dei tre ragazzi, Javi, nascosto dietro una porta a guardare senza volontà di toccare ma anche senza il coraggio di distogliere lo sguardo o intervenire in qualche modo per salvare Anna dalla profanazione e Iván e Pau dal peggiore errore della loro vita, che è un po' quello che succede ogni volta che qualche bulletto picchia dei ragazzini mentre gli altri lo riprendono senza intervenire. Per dire che, nonostante tutto, The Corpse of Anna Fritz è un film che porta a sensazioni ben diverse dal semplice schifo iniziale, riflessioni scomode che acquistano ancora più forza dopo l'inaspettato twist.
HIC SUNT SPOILER, quindi non leggete oltre se non avete visto il film.
La telecamera è puntata sul volto di Anna Fritz mentre Pau sta raggiungendo quello che probabilmente è l'orgasmo della sua vita. E la donna, ad un certo punto, apre gli occhi. Se all'inizio ero disgustata all'idea della necrofilia, in quel momento mi si è stretto lo stomaco per il modo in cui il regista è riuscito a cogliere il terribile momento di consapevolezza di una donna impotente, confusa, violata nel peggiore dei modi, una ridda di sensazioni devastanti interamente concentrate nello sguardo sconvolto della bravissima Alba Ribas. Da quel momento il film diventa un Cose molto cattive all'ennesima potenza, uno scomodo spaccato della bassezza umana e di come il terrore possa stravolgere gli animi delle persone nonché un ulteriore richiamo agli episodi di cronaca che sempre più spesso vengono riportati in TV. La reazione di Iván e Pau non è infatti di preoccupazione per la salute fisica e mentale di Anna, bensì per il proprio culo, ché probabilmente la ragazza avrà capito di essere stata violentata; a Javi invece importa solo di restituire l'attrice all'affetto dei suoi cari e da quel momento in poi, come avrete capito, per l'amicizia fraterna dei tre saranno cavoli amari. Non c'è molto sangue in The Corpse of Anna Fritz, solo in un paio di momenti topici, c'è più che altro una violenza verbale ancora più terribile, interamente sbattuta in faccia alla protagonista, letteralmente colpevole di non essere rimasta morta così che Iván e il pavido Pau potessero farla franca e tornare alla loro vita di tutti i giorni con un eccitante segreto di cui magari bullarsi in serate dal tasso alcoolico particolarmente alto; la figura femminile, ancora una volta, viene ridotta a mero involucro di carne fatto apposta per eccitare il maschio alfa che, poverello, ai suoi istinti non può mica dire di no. Quindi, giù botte di cagna, di puttana, di stronza a questa povera crista che non riesce neppure a controllare i propri muscoli, a muoversi o a rimanere in piedi. La seconda metà di The Corpse of Anna Fritz è peggio di un survival horror, è il cervello dell'attrice contro gli istinti primitivi dei suoi carnefici codardi, è il suo desiderio di rimanere viva dopo un'esperienza terribile, è la fatica fisica di dover superare la morte apparente, il tutto condito da un cinismo e una lucidità spietati. C'è catarsi sul finale? Mah, sicuramente c'è un senso di euforica vendetta che tuttavia lascia presto il posto ad un devastante disgusto per l'intera umanità. La dolorosa consapevolezza nell'ultimo sguardo di Anna Fritz è un mirabile esempio di come l'unione tra una scrittura semplice ma non banale, regia attenta e abilità interpretativa possano rendere un gioiellino anche un film dal budget ridotto all'osso e infondere eleganza anche al più scabroso degli argomenti.
Hèctor Hernández Vicens è il regista e co-sceneggiatore della pellicola. Spagnolo, è al suo primo lungometraggio. Anche produttore, ha 41 anni e un film in uscita, il remake de Il giorno degli zombi.
Se The Corpse of Anna Fritz vi fosse piaciuto considerate l'idea di vedere Piccoli omicidi tra amici, Cose molto cattive e Among Friends perché, sinceramente, non mi sento di consigliarvi film a tema! ENJOY!
domenica 30 aprile 2017
giovedì 27 aprile 2017
Il (Gio)WE, Bolla! che vorrei - Parte 2
Guardiani della Galassia vol. 2
Posso solo sperare che lo tengano fino al mio ritorno ed effettivamente, in cinque giorni ho buone possibilità che ciò succeda. Più che altro, dovrei riguardarmi il primo "volume" visto che di esso ricordo giusto un paio di scene, la simpatia dei coinvolti, le lacrime alla fine e poco altro. Siccome la questione del padre di Starlord è già stata spoilerata nel trailer, resta solo da capire come Guardiani della Galassia riuscirà ad unirsi al prossimo Avengers: Infinity War e cosa ci sarà dopo i titoli di coda!
The Circle
A parte che è l'ultimo film interpretato da Bill Paxton prima di morire, come thriller distopico parrebbe molto valido. Temo solo la bolsitudine di Tom Hanks e qualche faccetta di troppo di Emma Watson ma a prescindere gli darò una chance!
Esce anche L'amore criminale, alias Unforgettable, diretto da Denise Di Novi (produttrice storica dei primi successi di Tim Burton), thriller che vede Rosario Dawson subire le ire dell'ex moglie del suo nuovo fidanzato. Non mi ispirava tanto da metterlo in elenco ma magari, chissà... potrebbe essere interessante?
domenica 23 aprile 2017
The Guest (2014)
Prima di partire ho fatto in tempo a veder passare in TV quel The Guest di cui avevano parlato già tutti un paio di anni fa, diretto nel 2014 dall'amico Adam Wingard.
Trama: un soldato di nome David si presenta alla famiglia Peterson dicendo di essere amico del primogenito Caleb, morto in guerra. I Peterson lo accolgono come un membro della famiglia ma David non è cortese e carino come sembra...
Aaaah, Dan Stevens!!! Quanta inglesità, quanto aMMore, quanta bellezza, che gran figopaur... ehm... no, scusate, mi è andata in cortocircuito la capoccia ma dovete capire che tra docce, momenti "Aidontuontiutubiioursleivpappapparappappà" che fanno molto Coca Cola anni '90 e millemila inquadrature dell'occhio azzurro del buon vecchio David Haller DICIAMO che mi sono ricordata di essere donna e di avere qualcosa chiamato "ormone impazzito" in grado di farmi sragionare. Ma torniamo a The Guest che, a parte la momentanea fangirlitudine per Dan Stevens (sul quale tornerò ma, a proposito di inglesi fighi, ciao Joseph non mi sono scordata di te, attendo con trepidazione giugno) è un film molto ma molto simpatico e ben fatto. D'altronde, dall'adorabile puccio Wingard me lo aspettavo visto che, tolta quella vaccata di Blair Witch, il suo stile e le sue scelte cinematografiche mi hanno sempre garbato molto, soprattutto quando riprende dei cliché da determinati generi, li frulla, li rimastica e li sputa creando un collage nostalgico e molto apprezzato. In questo caso c'è un po' di thriller anni '80, un po' (tanto) Carpenter, persino un po' di tamarrata alla Van Damme e il cocktail che viene così assemblato e offerto allo spettatore è una di quelle robe leggere che vanno giù che è un piacere, capace di appagare sia la voglia di passare una serata divertente ad alto tasso di ignoranza sia l'occhio di chi guarda, non solo quello femminile. Certo, bisogna sorvolare sulla sceneggiatura dell'altro amico Simon Barrett, fatta di personaggi scemi come un tacco che non si pongono la minima domanda su David e cominciano a portarselo dietro persino per andare in bagno, a mo' di sostituto del figlio/fratello morto, ma questa è la conditio sine qua non per avere da una parte il quadretto pseudofelice della famiglia borghese americana, dall'altra gli inevitabili momenti thriller derivanti da questa situazione paradossale, soprattutto quando il film imbocca la strada dell'horror sci-fi che alla fine non ti aspetti, senza troppi spiegoni per lasciare a "David" quell'aura di fatale mistero che ti porta a pregare di non incrociare MAI la sua strada.
Oddio, se proprio Dan Stevens volesse incrociare la mia, di strada, che venga, lo aspetto, ma detto questo (Bolla ripigliati!) buona parte della riuscita del film è da imputare proprio all'attore inglese. Il quale, lo ammetto, mi è piaciuto molto di più in Legion ma qui ha quella perfetta ambiguità da Giano bifronte, che ti conquista col sorrisino, il consiglio fraterno, l'addominale scolp... la gentilezza, la faccetta da bravo ragazzo e poi ti fredda con lo sguardo di ghiaccio dello psicopatico capace di uccidere gente a caso senza stare troppo a pensarci su, profondendosi in freddissimi ma spettacolari corpo a corpo e sparatorie che John Wick, scansati un attimo, vecchiodimmerda. I momenti più riusciti, sul versante attoriale, sono in effetti quelli in cui il ragazzo duetta con la particolare Maika Monroe (colpevole di quella colonna sonora un po' così, che ha devastato i maroni del Bolluomo e che però, a ripensarci, non sta nemmeno male all'interno del film e soprattutto ricorda tanto Carpenter, It Follows e Refn), in un gioco di sguardi e atteggiamenti talmente carichi di sottintesi erotici che a registi e sceneggiatori meno "onesti" sarebbe scappato di mano portando all'inevitabile e banalissima scopata mentre qui si mantiene, aggiungo con molta coerenza, a "semplice" livello di tensione. Meno bene gli altri attori, anche se qualche faccia simpatica spunta qui e là (Ciao, Ethan Embry!), ma benissimo per quel che riguarda regia, fotografia e scenografie, con quei meravigliosi colori isterici nell'horror labirinto del finale, tra giochi di specchi e fumo anni '80, che catapultano lo spettatore in quel decennio tanto amato al giorno d'oggi senza fargli venire il tipico mal di testa da strizzata d'occhio. Quindi, riassumiamo: protagonista figo, molto figo, tremendamente figo, tamarreide, thriller, orrore, gente che muore male, colonna sonora straniante e colori fluo. Siete ancora qui a leggere? Ma che diamine, andate subito a guardare The Guest!
Del regista Adam Wingard ho già parlato QUI. Dan Stevens ("David"), Maika Monroe (Anna Peterson) e Ethan Embry (Higgins) li trovate invece ai rispettivi link.
Lance Reddick interpreta il Maggiore Carver. Americano, ha partecipato a film come Godzilla, Attacco al potere, John Wick, John Wick - Capitolo 2 e a serie quali La tata, CSI: Miami, Numb3rs, Lost e American Horror Story. Anche produttore, ha 55 anni e sei film in uscita.
Chase Williamson interpreta John Hardesty. Americano, ha partecipato a film come John Dies at the End, Beyond the Door e SiREN. Anche produttore, ha 29 anni e sette film in uscita.
Il film è stato pesantemente tagliato e ridotto di durata dopo i primi, insoddisfacenti test screening: sono stati eliminati tutti gli spiegoni relativi a cosa sia davvero David, cosa gli sia successo, perché agisca in questo modo e in cosa consista il programma militare in cui è stato coinvolto. Detto questo, se il film vi fosse piaciuto recuperate il primo Halloween, Drive e magari qualche bel thriller anni '80 come Il patrigno. ENJOY!
Trama: un soldato di nome David si presenta alla famiglia Peterson dicendo di essere amico del primogenito Caleb, morto in guerra. I Peterson lo accolgono come un membro della famiglia ma David non è cortese e carino come sembra...
Aaaah, Dan Stevens!!! Quanta inglesità, quanto aMMore, quanta bellezza, che gran figopaur... ehm... no, scusate, mi è andata in cortocircuito la capoccia ma dovete capire che tra docce, momenti "Aidontuontiutubiioursleivpappapparappappà" che fanno molto Coca Cola anni '90 e millemila inquadrature dell'occhio azzurro del buon vecchio David Haller DICIAMO che mi sono ricordata di essere donna e di avere qualcosa chiamato "ormone impazzito" in grado di farmi sragionare. Ma torniamo a The Guest che, a parte la momentanea fangirlitudine per Dan Stevens (sul quale tornerò ma, a proposito di inglesi fighi, ciao Joseph non mi sono scordata di te, attendo con trepidazione giugno) è un film molto ma molto simpatico e ben fatto. D'altronde, dall'adorabile puccio Wingard me lo aspettavo visto che, tolta quella vaccata di Blair Witch, il suo stile e le sue scelte cinematografiche mi hanno sempre garbato molto, soprattutto quando riprende dei cliché da determinati generi, li frulla, li rimastica e li sputa creando un collage nostalgico e molto apprezzato. In questo caso c'è un po' di thriller anni '80, un po' (tanto) Carpenter, persino un po' di tamarrata alla Van Damme e il cocktail che viene così assemblato e offerto allo spettatore è una di quelle robe leggere che vanno giù che è un piacere, capace di appagare sia la voglia di passare una serata divertente ad alto tasso di ignoranza sia l'occhio di chi guarda, non solo quello femminile. Certo, bisogna sorvolare sulla sceneggiatura dell'altro amico Simon Barrett, fatta di personaggi scemi come un tacco che non si pongono la minima domanda su David e cominciano a portarselo dietro persino per andare in bagno, a mo' di sostituto del figlio/fratello morto, ma questa è la conditio sine qua non per avere da una parte il quadretto pseudofelice della famiglia borghese americana, dall'altra gli inevitabili momenti thriller derivanti da questa situazione paradossale, soprattutto quando il film imbocca la strada dell'horror sci-fi che alla fine non ti aspetti, senza troppi spiegoni per lasciare a "David" quell'aura di fatale mistero che ti porta a pregare di non incrociare MAI la sua strada.
Oddio, se proprio Dan Stevens volesse incrociare la mia, di strada, che venga, lo aspetto, ma detto questo (Bolla ripigliati!) buona parte della riuscita del film è da imputare proprio all'attore inglese. Il quale, lo ammetto, mi è piaciuto molto di più in Legion ma qui ha quella perfetta ambiguità da Giano bifronte, che ti conquista col sorrisino, il consiglio fraterno, l'addominale scolp... la gentilezza, la faccetta da bravo ragazzo e poi ti fredda con lo sguardo di ghiaccio dello psicopatico capace di uccidere gente a caso senza stare troppo a pensarci su, profondendosi in freddissimi ma spettacolari corpo a corpo e sparatorie che John Wick, scansati un attimo, vecchiodimmerda. I momenti più riusciti, sul versante attoriale, sono in effetti quelli in cui il ragazzo duetta con la particolare Maika Monroe (colpevole di quella colonna sonora un po' così, che ha devastato i maroni del Bolluomo e che però, a ripensarci, non sta nemmeno male all'interno del film e soprattutto ricorda tanto Carpenter, It Follows e Refn), in un gioco di sguardi e atteggiamenti talmente carichi di sottintesi erotici che a registi e sceneggiatori meno "onesti" sarebbe scappato di mano portando all'inevitabile e banalissima scopata mentre qui si mantiene, aggiungo con molta coerenza, a "semplice" livello di tensione. Meno bene gli altri attori, anche se qualche faccia simpatica spunta qui e là (Ciao, Ethan Embry!), ma benissimo per quel che riguarda regia, fotografia e scenografie, con quei meravigliosi colori isterici nell'horror labirinto del finale, tra giochi di specchi e fumo anni '80, che catapultano lo spettatore in quel decennio tanto amato al giorno d'oggi senza fargli venire il tipico mal di testa da strizzata d'occhio. Quindi, riassumiamo: protagonista figo, molto figo, tremendamente figo, tamarreide, thriller, orrore, gente che muore male, colonna sonora straniante e colori fluo. Siete ancora qui a leggere? Ma che diamine, andate subito a guardare The Guest!
#Ciaone |
Lance Reddick interpreta il Maggiore Carver. Americano, ha partecipato a film come Godzilla, Attacco al potere, John Wick, John Wick - Capitolo 2 e a serie quali La tata, CSI: Miami, Numb3rs, Lost e American Horror Story. Anche produttore, ha 55 anni e sei film in uscita.
Chase Williamson interpreta John Hardesty. Americano, ha partecipato a film come John Dies at the End, Beyond the Door e SiREN. Anche produttore, ha 29 anni e sette film in uscita.
Il film è stato pesantemente tagliato e ridotto di durata dopo i primi, insoddisfacenti test screening: sono stati eliminati tutti gli spiegoni relativi a cosa sia davvero David, cosa gli sia successo, perché agisca in questo modo e in cosa consista il programma militare in cui è stato coinvolto. Detto questo, se il film vi fosse piaciuto recuperate il primo Halloween, Drive e magari qualche bel thriller anni '80 come Il patrigno. ENJOY!
venerdì 21 aprile 2017
The Bye Bye Man (2017)
E' uscito il 19 aprile, giusto per il compleanno della sottoscritta, The Bye Bye Man, ultima distribuzione cinematografica a marchio Midnight Factory, diretta dalla regista Stacy Title. Avranno fatto il colpaccio come le ultime volte? Ehm no. Non proprio.
Trama: trasferitisi in una nuova casa, tre ragazzi scoprono, vergato all'interno di un cassetto, il nome del Bye Bye Man. Da quel momento saranno affetti da malesseri e visioni, costretti a diffondere il nome di questo pericoloso essere...
Com'era quella storia del "non pensare all'elefante rosa" e tu, ovviamente, BAM! da quel momento pensi SOLO al leggiadro pachiderma? Non lo dicevano anche in Inception? Ecco, più o meno The Bye Bye Man segue questo concetto, partendo dal presunto reportage di una "vera" leggenda metropolitana intitolata The Bridge to Body Island ed inclusa da Robert Damon Schneck nel suo libro The President's Vampire. In base a questa leggenda, pare che il Bye Bye Man fosse un killer realmente esistito negli anni '30, che si spostasse in treno e che, avendo cominciato a perdere la vista, si fosse letteralmente costruito un cane coi pezzi delle vittime (da rinnovare periodicamente), amena bestiolina che riusciva a condurlo, per l'appunto, da coloro che pensavano o pronunciavano il suo nome. Così ci siamo levati anche l'incomodo del cane demoniaco e delle visioni del treno, che ovviamente non vengono minimamente spiegati nel corso di The Bye Bye Man, in quanto lo sceneggiatore Jonathan Penner (marito della regista, by the way) ha preferito concentrarsi su una storia di visioni e matti fuori di testa. In pratica, la leggenda dice che è il Bye Bye Man stesso ad ucciderti, mentre nel film neanche si scomoda, lascia che tre semplici parole ti incasinino il cervello e ti portino a fare secchi amici e famiglia per poi percularti con un ditino ungulato e darti in pasto al mostrocane: incrocio tra la maledizione di Samara e Candyman, questo nuovo boogeyman è, in pratica, colui al quale dovremmo imputare le colpe di chi sbrocca e stermina gente senza un motivo, quindi eliminandolo scomparirebbero probabilmente anche la D'Urso e quell'inquietante psicologo del TG5. Il problema è che, a quanto pare, il Bye Bye Man non si riesce a eliminare perché "qualcosa" è sempre lì a spingerti a balbettarne il nome, quindi a diffondere il virus del Male Dylandoghiano (seh, magari) e l'unico vero pregio di questa storiella raffazzonata è il pessimismo cosmico che la impregna, un senso di ineluttabilità che neppure il solito viaggio verso chi dovrebbe detenere il sapere riesce a cancellare.
Insomma, avrete capito che The Bye Bye Man è fuffosetto, un film che andrebbe giusto bene per una serata estiva a base di pop corn e horror supercazzola, non fa paura nemmeno per sbaglio però a tratti fa tanto ridere (il che, preso con lo spirito giusto, non è nemmeno un male). La risata sgorga spontanea grazie ad attori particolarmente cani, un terzetto di poveri mentecatti che, a mio avviso, già sbagliano in partenza ad andare a convivere in tre (due fidanzati e il migliore amico di lui, mandingo che si farebbe qualunque donna respirante): la biondina slavata da il meglio di sé quando finge spasmodici attacchi di tosse, il cioccolatino è inespressivo come pochi e il protagonista tocca picchi di ilarità involontaria quando cerca di prendere di petto il Male e ostentare sicumera, ritrovandosi incaprettato in due secondi netti (a proposito di incaprettamenti: quanto è gratuita la scena di sesso verso il finale? E, ancora meglio: perché John viene portato in cantina con le caviglie legate ma appena si sveglia le corde sono sparite? Mah). Della tizia darkettona non parlo che è meglio, vista la somiglianza vaga con Neve Campbell le auguro ruoli migliori di quello della Cassandra de noantri, mentre non posso invece evitare di compiangere Carrie Ann Moss e, soprattutto, Faye Dunaway, che come caspita ci sia finita in un horror dozzinale come questo è qualcosa che esula dalla mia comprensione. Considerato anche che a gore, inquietudine e persino jump scare siamo messi malissimo e che la parte migliore del film, sia come costumi che come scenografie, sono i pochi flashback ambientati negli anni '70, ritengo che domani mi sarò già dimenticata di The Bye Bye Man, alla faccia del boogeyman del titolo, che verrà seppellito nei recessi della mia mente dalla mancanza di infamia o di lode. Venisse mai a bussarmi alla porta verrà comunque abbracciato e consolato, ché povera bestia è talmente male imbelinato da far tenerezza.
Di Douglas Smith (Elliot), Doug Jones (Bye Bye Man), Carrie-Ann Moss (Detective Shaw) e Leigh Whannell (Larry), ho già parlato ai rispettivi link.
Stacy Title è la regista della pellicola. Americana, ha diretto film come Una cena quasi perfetta. Anche produttrice e sceneggiatrice, ha 47 anni.
Faye Dunaway interpreta la vedova Redmon. Americana, la ricordo per film come Chinatown, L'inferno di cristallo, I tre giorni del condor, Quinto potere (che le è valso l'Oscar come migliore attrice protagonista), Il villaggio dei dannati, Occhi di Laura Mars, Supergirl - La ragazza d'acciaio, Insoliti criminali, Giovanna D'Arco e Le regole dell'attrazione, inoltre ha partecipato a serie quali Colombo, Alias, CSI e Grey's Anatomy. Anche produttrice, regista e sceneggiatrice, ha 76 anni e tre film in uscita.
Un paio di curiosità sui vari interpreti: Lucien Laviscount, che interpreta John, era nel cast della prima stagione di Scream Queens, Erica Tremblay, che interpreta la cuginetta di Elliot, è la sorellina dell'adorabile Jacob Tremblay e infine Jonathan Penner, marito della regista, interpreta Mr. Daizy. Se The Bye Bye Man vi fosse piaciuto recuperate Candyman e qualsiasi altro horror con un boogeyman degno di questo nome. ENJOY!
Trama: trasferitisi in una nuova casa, tre ragazzi scoprono, vergato all'interno di un cassetto, il nome del Bye Bye Man. Da quel momento saranno affetti da malesseri e visioni, costretti a diffondere il nome di questo pericoloso essere...
Com'era quella storia del "non pensare all'elefante rosa" e tu, ovviamente, BAM! da quel momento pensi SOLO al leggiadro pachiderma? Non lo dicevano anche in Inception? Ecco, più o meno The Bye Bye Man segue questo concetto, partendo dal presunto reportage di una "vera" leggenda metropolitana intitolata The Bridge to Body Island ed inclusa da Robert Damon Schneck nel suo libro The President's Vampire. In base a questa leggenda, pare che il Bye Bye Man fosse un killer realmente esistito negli anni '30, che si spostasse in treno e che, avendo cominciato a perdere la vista, si fosse letteralmente costruito un cane coi pezzi delle vittime (da rinnovare periodicamente), amena bestiolina che riusciva a condurlo, per l'appunto, da coloro che pensavano o pronunciavano il suo nome. Così ci siamo levati anche l'incomodo del cane demoniaco e delle visioni del treno, che ovviamente non vengono minimamente spiegati nel corso di The Bye Bye Man, in quanto lo sceneggiatore Jonathan Penner (marito della regista, by the way) ha preferito concentrarsi su una storia di visioni e matti fuori di testa. In pratica, la leggenda dice che è il Bye Bye Man stesso ad ucciderti, mentre nel film neanche si scomoda, lascia che tre semplici parole ti incasinino il cervello e ti portino a fare secchi amici e famiglia per poi percularti con un ditino ungulato e darti in pasto al mostrocane: incrocio tra la maledizione di Samara e Candyman, questo nuovo boogeyman è, in pratica, colui al quale dovremmo imputare le colpe di chi sbrocca e stermina gente senza un motivo, quindi eliminandolo scomparirebbero probabilmente anche la D'Urso e quell'inquietante psicologo del TG5. Il problema è che, a quanto pare, il Bye Bye Man non si riesce a eliminare perché "qualcosa" è sempre lì a spingerti a balbettarne il nome, quindi a diffondere il virus del Male Dylandoghiano (seh, magari) e l'unico vero pregio di questa storiella raffazzonata è il pessimismo cosmico che la impregna, un senso di ineluttabilità che neppure il solito viaggio verso chi dovrebbe detenere il sapere riesce a cancellare.
Insomma, avrete capito che The Bye Bye Man è fuffosetto, un film che andrebbe giusto bene per una serata estiva a base di pop corn e horror supercazzola, non fa paura nemmeno per sbaglio però a tratti fa tanto ridere (il che, preso con lo spirito giusto, non è nemmeno un male). La risata sgorga spontanea grazie ad attori particolarmente cani, un terzetto di poveri mentecatti che, a mio avviso, già sbagliano in partenza ad andare a convivere in tre (due fidanzati e il migliore amico di lui, mandingo che si farebbe qualunque donna respirante): la biondina slavata da il meglio di sé quando finge spasmodici attacchi di tosse, il cioccolatino è inespressivo come pochi e il protagonista tocca picchi di ilarità involontaria quando cerca di prendere di petto il Male e ostentare sicumera, ritrovandosi incaprettato in due secondi netti (a proposito di incaprettamenti: quanto è gratuita la scena di sesso verso il finale? E, ancora meglio: perché John viene portato in cantina con le caviglie legate ma appena si sveglia le corde sono sparite? Mah). Della tizia darkettona non parlo che è meglio, vista la somiglianza vaga con Neve Campbell le auguro ruoli migliori di quello della Cassandra de noantri, mentre non posso invece evitare di compiangere Carrie Ann Moss e, soprattutto, Faye Dunaway, che come caspita ci sia finita in un horror dozzinale come questo è qualcosa che esula dalla mia comprensione. Considerato anche che a gore, inquietudine e persino jump scare siamo messi malissimo e che la parte migliore del film, sia come costumi che come scenografie, sono i pochi flashback ambientati negli anni '70, ritengo che domani mi sarò già dimenticata di The Bye Bye Man, alla faccia del boogeyman del titolo, che verrà seppellito nei recessi della mia mente dalla mancanza di infamia o di lode. Venisse mai a bussarmi alla porta verrà comunque abbracciato e consolato, ché povera bestia è talmente male imbelinato da far tenerezza.
Di Douglas Smith (Elliot), Doug Jones (Bye Bye Man), Carrie-Ann Moss (Detective Shaw) e Leigh Whannell (Larry), ho già parlato ai rispettivi link.
Stacy Title è la regista della pellicola. Americana, ha diretto film come Una cena quasi perfetta. Anche produttrice e sceneggiatrice, ha 47 anni.
Faye Dunaway interpreta la vedova Redmon. Americana, la ricordo per film come Chinatown, L'inferno di cristallo, I tre giorni del condor, Quinto potere (che le è valso l'Oscar come migliore attrice protagonista), Il villaggio dei dannati, Occhi di Laura Mars, Supergirl - La ragazza d'acciaio, Insoliti criminali, Giovanna D'Arco e Le regole dell'attrazione, inoltre ha partecipato a serie quali Colombo, Alias, CSI e Grey's Anatomy. Anche produttrice, regista e sceneggiatrice, ha 76 anni e tre film in uscita.
Un paio di curiosità sui vari interpreti: Lucien Laviscount, che interpreta John, era nel cast della prima stagione di Scream Queens, Erica Tremblay, che interpreta la cuginetta di Elliot, è la sorellina dell'adorabile Jacob Tremblay e infine Jonathan Penner, marito della regista, interpreta Mr. Daizy. Se The Bye Bye Man vi fosse piaciuto recuperate Candyman e qualsiasi altro horror con un boogeyman degno di questo nome. ENJOY!
giovedì 20 aprile 2017
Il (Gio) WE, Bolla! che vorrei - Parte 1
Se tutto va bene oggi dovrei essere già da qualche giorno in suolo nipponico, sperabilmente alle prese con una sbronza post-誕生日, quindi non ho idea di cosa approderà al multisala di zona. Ecco però un paio di uscite che, almeno sulla carta, parrebbero interessanti e meritevoli di una visione... ENJOY!
The Bye Bye Man
Il trailer è bello e l'idea di base che da esso si evince, ovvero quello di uno spirito che ti spinge a compiere azioni nefande quando ne nomini il nome o quando lo pensi (impossibile non pensare a qualcosa quando ti viene detto: "Non dirlo, non pensarlo"!), sembra impossibile da rovinare. Eppure, ci sono riusciti. Ne parliamo domani, grazie alla programmazione di Blogger e a un'anteprima.
Baby Boss
Praticamente, il ritorno di Baby Herman in tempi non sospetti, ovvero quando i millenials non sanno neppure di chi sto parlando. Scherzi a parte, mi intriga l'idea di un bebé in giacca e cravatta impegnato a sconvolgere il mondo del fratellino di sette anni. Purtroppo, la voce di Alec Baldwin, che pare sia una delle cose migliori del film, in Italia ce la sogniamo.
The Bye Bye Man
Il trailer è bello e l'idea di base che da esso si evince, ovvero quello di uno spirito che ti spinge a compiere azioni nefande quando ne nomini il nome o quando lo pensi (impossibile non pensare a qualcosa quando ti viene detto: "Non dirlo, non pensarlo"!), sembra impossibile da rovinare. Eppure, ci sono riusciti. Ne parliamo domani, grazie alla programmazione di Blogger e a un'anteprima.
Baby Boss
Praticamente, il ritorno di Baby Herman in tempi non sospetti, ovvero quando i millenials non sanno neppure di chi sto parlando. Scherzi a parte, mi intriga l'idea di un bebé in giacca e cravatta impegnato a sconvolgere il mondo del fratellino di sette anni. Purtroppo, la voce di Alec Baldwin, che pare sia una delle cose migliori del film, in Italia ce la sogniamo.
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domenica 16 aprile 2017
イースターおめでとう!
Sto scrivendo questo post quando mancano ormai solo nove giorni alla partenza ma quando leggerete queste righe dovrei ragionevolmente essere arrivata in Giappone, per un sospiratissimo e tanto atteso secondo viaggio nelle meravigliose terre nipponiche.
Per un paio di settimane non ci sentiremo quindi ma, grazie alla programmazione di Blogger, qualche post spunterà, di tanto in tanto (e poi conto di mettere un po' di foto su Facebook e Istagram, anche se sono quelli personali!) così magari non abbandonerete il mio piccolo blog vecchierello.
Nel frattempo, buona Pasqua a tutti voi e ricordatevi, il 19 aprile, di alzare un calice in onore della mia rinnovata vecchiaia... io farò altrettanto con un bicchiere di sake!
またね!
venerdì 14 aprile 2017
Ralph Spaccatutto (2012)
Nel 2012 il regista Rich Moore, anche in veste di co-sceneggiatore, realizzava Ralph Spaccatutto (Wreck-It Ralph) e io ho dovuto attendere fino alle feste natalizie del 2016 per guardarlo e addirittura aprile per pubblicare il post!!
Trama: Ralph è il cattivo del videogioco Felix Aggiustatutto Jr. ma col tempo si è stufato di vivere da reietto, odiato da tutti gli abitanti del videogame. Per provare a Felix e gli altri di essere in grado di diventare un eroe, cerca di rubare una medaglia d'oro da Hero's Duty ma finisce per errore nel gioco Sugar Rush, un mondo fatto di dolciumi dove gli abitanti si fronteggiano in spericolate corse coi go-cart...
Chissà perché, dopo mesi di attesa, avevo finito per snobbare Ralph Spaccatutto. Ho cercato ma non trovo traccia nel blog dei motivi che mi hanno spinta ad andare a vedere Vita di Pi piuttosto che il film Disney di quell'anno, quindi posso solo pensare che le recensioni tiepide degli appassionati mi avessero dissuasa dall'affrontare quello che, a conti fatti, è un omaggio ai videogiochi vintage. Da ignorante qual sono, credevo che Felix Aggiustatutto fosse un gioco realmente esistito, invece pare che l'abbia inventato la Disney, ma ciò non toglie che il film sia pieno di riferimenti più o meno velati a famosissimi personaggi del mondo videoludico quali Sonic, i protagonisti di Street Fighter (che si beccano le citazioni migliori, peraltro), Qubert, Pac-Man e mille altri che, in quanto poco appassionata del genere, non ho potuto riconoscere. Al di là di questo gioco citazionista, quella di Ralph Spaccatutto è una validissima e "tipica" storia Disney, con una bella morale di fondo. Ralph è costretto "per contratto" ad essere cattivo ma giustamente si è stufato di dover per questo essere isolato dai suoi comprimari "buoni". Per mettere una pezza alla sua condizione cerca di diventare un Eroe, snaturando completamente il suo modo d'essere e combinando solo casini, ignorando le sue abilità di distruttore in quanto portatrici sane di catastrofe e sguardi indignati; l'incontro con Vanellope, glitch del videogioco Sugar Rush incarnatosi in una bimbetta sboccata e peperina, gli aprirà ovviamente nuovi orizzonti e lo porterà a capire che essere sé stessi non significa necessariamente rimanere bloccati in una determinata etichetta, basta solo convincersi (e convincere gli altri) di essere in grado di usare le proprie capacità e predisposizioni al meglio. Voler essere qualcos'altro (o qualcun altro) è solitamente fonte di guai per tutti, soprattutto quando le nostre azioni sono mosse da invidia e disperazione, sentimenti negativi che è sempre meglio tenere sotto controllo per riuscire al meglio nella vita. Se tutto ciò vi sembra pedante, sappiate che messo su schermo con la sceneggiatura scoppiettante di Rich Moore e compagnia la cosa risulta molto più convincente, oltre che emozionante e divertente, soprattutto grazie all'intelligente scelta di affidare il timone della storia a due anti-eroi come Ralph e Vanellope che di buono, zuccheroso e perfettino non hanno proprio nulla.
Oltre alle divertentissime citazioni che, purtroppo, ho recepito solo per metà, e al gusto vintage che tuttavia nel 2016 risulta già stra-abusato (almeno per me ma, oh, come sempre viva gli anni '80, ci mancherebbe!!!) Ralph Spaccatutto vince innanzitutto per l'assenza di canzoncine e poi per l'abilità con la quale designer e animatori hanno saputo riproporre visivamente un insieme di mondi fantasiosi e ognuno dotato della propria personalità. L'idea geniale di raccontare il micro-cosmo di una sala giochi, dove nell'orario di chiusura i personaggi comunicano tramite un porto franco che somiglia tantissimo alla Central Station di New York, prevede un'infinità di ambienti e character design realizzati ognuno secondo uno stile diverso di videogame: c'è lo sparatutto, il gioco anni '80, l'ambiente zuccheroso simile ai vari Candy Crush di Facebook, il picchiaduro, ecc. ecc. Di base il character design dei personaggi ha qualcosa di simile per tutti (tranne per quelli non originali, chiaro) eppure ogni abito, taglio di capelli, modo di camminare inserisce ciascun eroe in un contesto ben preciso, anche quando si trova fuori dal suo ambiente. In tal senso, le scenografie hanno dell'incredibile e non si limitano a riproporre i luoghi tipici del singolo videogioco ma immaginano e creano elementi che vanno oltre ciò che ai giocatori è consentito di vedere: la festa in casa di Felix è esilarante ma il modo in cui vengono utilizzati i dolci che compongono l'universo di Sugar Rush ha del geniale e creano un insieme di mezzi, case e abiti che, se venissero messi in commercio, probabilmente farebbero la felicità di ogni ragazzina appassionata di pupazzetti. E poi, diciamocelo, Ralph Spaccatutto vince anche solo per il suo geniale ed ironico utilizzo dei flashback "traumatici" e per la migliore coppia vista sullo schermo negli ultimi anni (coppia che, per inciso, spero torni nell'annunciato Wreck-It Ralph 2!) quindi dategli una chance e non aspettate tanto quanto ho fatto io per guardarlo.
Del regista e co-sceneggiatore Rich Moore (che presta la voce ad Aspro Bill e Zangief) ho già parlato QUI. John C. Reilly (Ralph), Sarah Silverman (Vanellope), Jack McBrayer (Felix), Alan Tudyk (Re Candito) e Dennis Haysbert (Generale Ologramma) li trovate invece ai rispettivi link.
Jane Lynch è la voce originale di Calhoun. Americana, ha partecipato a film come Il fuggitivo, Fatal Instinct, Lemony Snicket - Una serie di sfortunati eventi, 40 anni vergine, Talladega Nights - The Ballad of Ricky Bobby, Alvin Superstar, Paul e a serie quali Party of Five, Una famiglia del terzo tipo, Dharma & Greg, Dawson's Creek, Una mamma per amica, X-Files, La zona morta, La vita secondo Jim, Friends, CSI - Scena del crimine, Weeds, Desperate Housewives, My Name is Earl, Due uomini e mezzo e Criminal Minds; come doppiatrice, ha lavorato nelle serie I Griffin, American Dad!, The Cleveland Show, I Simpson, Manny Tuttofare, Phineas and Ferb e nei film L'era glaciale 3 - L'alba dei dinosauri e Shrek e vissero felici e contenti. Anche produttrice, ha 57 anni e un film in uscita, il seguito di Ralph Spaccatutto.
Come ho già accennato, l'anno prossimo dovrebbe uscire il seguito di Ralph Spaccatutto, in cui, apparentemente, Ralph spaccherà internet. Non vedo l'ora. Nell'attesa, se il film vi fosse piaciuto recuperate Big Hero 6 e la trilogia di Toy Story. ENJOY!
Trama: Ralph è il cattivo del videogioco Felix Aggiustatutto Jr. ma col tempo si è stufato di vivere da reietto, odiato da tutti gli abitanti del videogame. Per provare a Felix e gli altri di essere in grado di diventare un eroe, cerca di rubare una medaglia d'oro da Hero's Duty ma finisce per errore nel gioco Sugar Rush, un mondo fatto di dolciumi dove gli abitanti si fronteggiano in spericolate corse coi go-cart...
Chissà perché, dopo mesi di attesa, avevo finito per snobbare Ralph Spaccatutto. Ho cercato ma non trovo traccia nel blog dei motivi che mi hanno spinta ad andare a vedere Vita di Pi piuttosto che il film Disney di quell'anno, quindi posso solo pensare che le recensioni tiepide degli appassionati mi avessero dissuasa dall'affrontare quello che, a conti fatti, è un omaggio ai videogiochi vintage. Da ignorante qual sono, credevo che Felix Aggiustatutto fosse un gioco realmente esistito, invece pare che l'abbia inventato la Disney, ma ciò non toglie che il film sia pieno di riferimenti più o meno velati a famosissimi personaggi del mondo videoludico quali Sonic, i protagonisti di Street Fighter (che si beccano le citazioni migliori, peraltro), Qubert, Pac-Man e mille altri che, in quanto poco appassionata del genere, non ho potuto riconoscere. Al di là di questo gioco citazionista, quella di Ralph Spaccatutto è una validissima e "tipica" storia Disney, con una bella morale di fondo. Ralph è costretto "per contratto" ad essere cattivo ma giustamente si è stufato di dover per questo essere isolato dai suoi comprimari "buoni". Per mettere una pezza alla sua condizione cerca di diventare un Eroe, snaturando completamente il suo modo d'essere e combinando solo casini, ignorando le sue abilità di distruttore in quanto portatrici sane di catastrofe e sguardi indignati; l'incontro con Vanellope, glitch del videogioco Sugar Rush incarnatosi in una bimbetta sboccata e peperina, gli aprirà ovviamente nuovi orizzonti e lo porterà a capire che essere sé stessi non significa necessariamente rimanere bloccati in una determinata etichetta, basta solo convincersi (e convincere gli altri) di essere in grado di usare le proprie capacità e predisposizioni al meglio. Voler essere qualcos'altro (o qualcun altro) è solitamente fonte di guai per tutti, soprattutto quando le nostre azioni sono mosse da invidia e disperazione, sentimenti negativi che è sempre meglio tenere sotto controllo per riuscire al meglio nella vita. Se tutto ciò vi sembra pedante, sappiate che messo su schermo con la sceneggiatura scoppiettante di Rich Moore e compagnia la cosa risulta molto più convincente, oltre che emozionante e divertente, soprattutto grazie all'intelligente scelta di affidare il timone della storia a due anti-eroi come Ralph e Vanellope che di buono, zuccheroso e perfettino non hanno proprio nulla.
Oltre alle divertentissime citazioni che, purtroppo, ho recepito solo per metà, e al gusto vintage che tuttavia nel 2016 risulta già stra-abusato (almeno per me ma, oh, come sempre viva gli anni '80, ci mancherebbe!!!) Ralph Spaccatutto vince innanzitutto per l'assenza di canzoncine e poi per l'abilità con la quale designer e animatori hanno saputo riproporre visivamente un insieme di mondi fantasiosi e ognuno dotato della propria personalità. L'idea geniale di raccontare il micro-cosmo di una sala giochi, dove nell'orario di chiusura i personaggi comunicano tramite un porto franco che somiglia tantissimo alla Central Station di New York, prevede un'infinità di ambienti e character design realizzati ognuno secondo uno stile diverso di videogame: c'è lo sparatutto, il gioco anni '80, l'ambiente zuccheroso simile ai vari Candy Crush di Facebook, il picchiaduro, ecc. ecc. Di base il character design dei personaggi ha qualcosa di simile per tutti (tranne per quelli non originali, chiaro) eppure ogni abito, taglio di capelli, modo di camminare inserisce ciascun eroe in un contesto ben preciso, anche quando si trova fuori dal suo ambiente. In tal senso, le scenografie hanno dell'incredibile e non si limitano a riproporre i luoghi tipici del singolo videogioco ma immaginano e creano elementi che vanno oltre ciò che ai giocatori è consentito di vedere: la festa in casa di Felix è esilarante ma il modo in cui vengono utilizzati i dolci che compongono l'universo di Sugar Rush ha del geniale e creano un insieme di mezzi, case e abiti che, se venissero messi in commercio, probabilmente farebbero la felicità di ogni ragazzina appassionata di pupazzetti. E poi, diciamocelo, Ralph Spaccatutto vince anche solo per il suo geniale ed ironico utilizzo dei flashback "traumatici" e per la migliore coppia vista sullo schermo negli ultimi anni (coppia che, per inciso, spero torni nell'annunciato Wreck-It Ralph 2!) quindi dategli una chance e non aspettate tanto quanto ho fatto io per guardarlo.
Del regista e co-sceneggiatore Rich Moore (che presta la voce ad Aspro Bill e Zangief) ho già parlato QUI. John C. Reilly (Ralph), Sarah Silverman (Vanellope), Jack McBrayer (Felix), Alan Tudyk (Re Candito) e Dennis Haysbert (Generale Ologramma) li trovate invece ai rispettivi link.
Jane Lynch è la voce originale di Calhoun. Americana, ha partecipato a film come Il fuggitivo, Fatal Instinct, Lemony Snicket - Una serie di sfortunati eventi, 40 anni vergine, Talladega Nights - The Ballad of Ricky Bobby, Alvin Superstar, Paul e a serie quali Party of Five, Una famiglia del terzo tipo, Dharma & Greg, Dawson's Creek, Una mamma per amica, X-Files, La zona morta, La vita secondo Jim, Friends, CSI - Scena del crimine, Weeds, Desperate Housewives, My Name is Earl, Due uomini e mezzo e Criminal Minds; come doppiatrice, ha lavorato nelle serie I Griffin, American Dad!, The Cleveland Show, I Simpson, Manny Tuttofare, Phineas and Ferb e nei film L'era glaciale 3 - L'alba dei dinosauri e Shrek e vissero felici e contenti. Anche produttrice, ha 57 anni e un film in uscita, il seguito di Ralph Spaccatutto.
Come ho già accennato, l'anno prossimo dovrebbe uscire il seguito di Ralph Spaccatutto, in cui, apparentemente, Ralph spaccherà internet. Non vedo l'ora. Nell'attesa, se il film vi fosse piaciuto recuperate Big Hero 6 e la trilogia di Toy Story. ENJOY!
giovedì 13 aprile 2017
(Gio) WE, Bolla! del 13/4/2017
Buon giovedì a tutti!! Questa settimana escono giusto due film interessanti, Planetarium e Personal Shopper: il primo a Savona non è neppure arrivato, il secondo sì ma non al multisala, cosa che mi impedisce di andarlo a vedere in quanto... beh, lo scoprirete domenica. Per Pasqua. ENJOY!
Fast & Furious 8
Moglie e marito
Lasciati andare
L'unico film interessante esce al cinema d'élite proprio la settimana in cui per me andare al cinema è impossibile!
Personal Shopper
Fast & Furious 8
Reazione a caldo: Anche basta, dai.
Bolla, rifletti!: Otto. Otto film. Persino il trailer mi infastidisce, santo cielo. Credo che quella di Fast & Furious sia l'unica tamarreide che non sopporto, chissà perché.Moglie e marito
Reazione a caldo: Meh.
Bolla, rifletti!: Innanzitutto, invidia per la posa in cui si trova Kasia Smutniak nella locandina, dico davvero. Però lo scambio di corpi, con conseguente involgarimento di lei al limite del ridicolo, non si può vedere nel 2017, dai.Lasciati andare
Reazione a caldo: Meh2.
Bolla, rifletti!: Questa poteva essere la settimana dei 2 euro al cinema, con 'ste due commedie italiane nobilitate da bravi attori. Invece, pagare prezzo pieno per vedere Servillo in crisi di mezza età, peraltro accompagnato da una co-protagonista che prenderei a schiaffi già dai trailer, è una cosa che non farei.L'unico film interessante esce al cinema d'élite proprio la settimana in cui per me andare al cinema è impossibile!
Personal Shopper
Reazione a caldo: Uhm!
Bolla, rifletti!: Mezzo thriller, mezzo dramma psicologico, un po' paranormale, mi intriga talmente tanto che potrei anche sorvolare sul fatto che c'è Kristen Stewart come protagonista, Purtroppo chissà quando riuscirò a vederlo...mercoledì 12 aprile 2017
Trash Fire (2016)
Un altro film presente nella top 2016 di Lucia, cosa che già di per sé ne giustificava un recupero, per quanto tardivo, era questo Trash Fire, scritto e diretto nel 2016 da Richard Bates Jr.
Trama: Owen ed Isabel sono una coppia in pesante crisi. Quando lei rimane incinta e sceglie di non tenere il bambino, lui cerca di convincerla a desistere promettendo di affrontare le questioni irrisolte con la propria famiglia, composta dalla nonna e dalla sorellina rimasta ustionata nell'incidente che ha reso orfani lei ed Owen...
E' possibile farsi piacere un film che non si riesce a classificare? Assolutamente sì e Trash Fire è un ottimo esempio di questa mia affermazione. L'ultimo film di Richard Bates Jr. è infatti difficilissimo da collocare in un determinato genere. Imdb lo fa rientrare nelle categorie comedy, horror e romance, probabilmente seguendo un ordine alfabetico, ed effettivamente Trash Fire è tutte queste cose. Per la prima parte si può dire che l'aspetto prevalente sia quello romantico, anche se l'aggettivo mal si adatta alla storia tra Owen ed Isabel, presentata allo spettatore proprio quando il sentimento che lega i due è praticamente ormai svanito; lui è letteralmente un "uomo di merda", apatico, cinico e interessato ad Isabel giusto quando gli viene voglia di fare sesso, lei reagisce diventando di rimando sempre più antipatica e disinteressata (per non dire disgustata) di fronte a qualsivoglia interazione "fisica" con Owen. Tra i due, indubbiamente, qualcosina c'è ancora capace di tenerli assieme ma, tra la situazione familiare disastrata di lui e e il fratello bigotto di lei, il futuro non è dei più rosei e la situazione precipita quando lei scopre di essere incinta. Dopo la notizia, lui reagisce in maniera inaudita (giuro che davanti alle cattivissime parole di Owen è quasi venuto da piangere a me) salvo poi pentirsi e rimediare nel modo più grottescamente romantico che abbia mai visto in un film e da qui prende il via la parte horror di Trash Fire, che prevede l'incontro tra Isabel, Owen e la famiglia di lui. Anche qui, parlare di horror è forse improprio. Già prima gli scontri verbali tra i due fidanzati erano pesantemente contaminati da venature comico-grottesche, assai distanti dai "drama" tipici di un film sentimentale, quando poi lo sceneggiatore introduce il personaggio di nonna Violet l'humour nero comincia a farla da padrone e l'inquietudine latente che si percepisce guardando Trash Fire viene sempre mitigata dalla lingua tagliente dell'anziana signora. Il che, ovviamente, non vuol dire che la pellicola di Richard Bates Jr. non tocchi argomenti pesanti e dolorosi che si accumulano deflagrando in un finale spiazzante, disperato e quasi "liberatorio": la sorella di Owen, per esempio, è una giovane donna traumatizzata non solo da un pesante incidente che l'ha lasciata sfigurata ma è soprattutto una ragazza plagiata da concezioni religiose deviate, abbandonata alla mercé di una donna bigotta ed incapace di provare piacere se non davanti ai crudeli castighi scatenati da un Dio che risiede solo nella mente dell'anziana.
Se siete arrivati a leggere fin qui avrete capito che Trash Fire è un film lento, che si prende tutto il tempo di esplorare i personaggi interessandosi più a ciò che li lega e li muove piuttosto che all'aspetto thriller/horror della vicenda; nel passato di Owen e della sorella c'è qualcosa di orribile ma Richard Bates Jr. punta più a mostrarci i risultati di queste vicende oscure piuttosto che a far luce sulle stesse, presentandoci comunque una situazione che non ha vie di uscita se non quelle tragiche e definitive del finale. Anche le suggestioni horror sono pochine, qualche visione spettrale e l'inquietante presenza della giovane Pearl che vaga nottetempo nelle stanze degli ospiti potrebbero non bastare per chi da questo genere di film cerca lo spavento facile, eppure la seconda metà del film è un bellissimo lavoro di suspance nato dalla combinazione tra una regia intelligente e degli attori capaci. Quando Owen, Isabel e nonna Violet sono seduti a tavola, la tensione tra i personaggi è palpabile e non solo a causa delle cattiverie che escono dalla bocca dell'anziana: c'è la presenza celata di Pearl, che si manifesta con la cinepresa che segue il piatto fatto strisciare sul pavimento, ci sono le carrellate sui volti dei vari personaggi, c'è l'impianto teatrale della pellicola, quasi interamente girata e recitata in interni, che già di per sé da un senso di claustrofobia devastante, assai adatto a rappresentare il mondo malato che si cela nelle case della piccola provincia americana. E gli attori, come ho detto, sono molto bravi, tutti costretti ad interpretare personaggi scomodi. Fionnula Flanagan è superba, capace di far ridere lo spettatore un attimo prima con le sue battute al vetriolo per poi inquietarlo con sguardi e gesti che lasciano trasparire la follia di Violet, ma i duetti tra Adrian Grenier ed Angela Trimbur sono insuperabili, talmente caustici e surreali che avrei voluto che la prima parte del film non finisse mai. Alla fine di Trash Fire, lo ammetto, si resta spiazzati, e serve lasciar macerare il cervello almeno fino a metà titoli di coda per riprendersi dallo schiaffone ricevuto a tradimento, poi fino al giorno dopo per rispondere alla domanda "cosa diamine ho visto?". Personalmente, a tale quesito non riesco ancora a rispondere, ma perlomeno so che mi è piaciuto parecchio.
Di Fionnula Flanagan, che interpreta Violet, ho già parlato QUI.
Richard Bates Jr. è il regista e sceneggiatore della pellicola. Americano, ha diretto film come Excision e Suburban Gothic. E' anche produttore.
Adrian Grenier interpreta Owen. Americano, ha partecipato a film come A.I. Intelligenza
artificiale e Il diavolo veste Prada. Anche produttore, regista e sceneggiatore, ha 42 anni e due film in uscita.
Angela Trimbur interpreta Isabel. Americana, ha partecipato a film come Halloween II, The Final Girls e a serie quali Hannah Montana. Anche sceneggiatrice, ha 36 anni e cinque film in uscita, tra cui XX.
Trama: Owen ed Isabel sono una coppia in pesante crisi. Quando lei rimane incinta e sceglie di non tenere il bambino, lui cerca di convincerla a desistere promettendo di affrontare le questioni irrisolte con la propria famiglia, composta dalla nonna e dalla sorellina rimasta ustionata nell'incidente che ha reso orfani lei ed Owen...
E' possibile farsi piacere un film che non si riesce a classificare? Assolutamente sì e Trash Fire è un ottimo esempio di questa mia affermazione. L'ultimo film di Richard Bates Jr. è infatti difficilissimo da collocare in un determinato genere. Imdb lo fa rientrare nelle categorie comedy, horror e romance, probabilmente seguendo un ordine alfabetico, ed effettivamente Trash Fire è tutte queste cose. Per la prima parte si può dire che l'aspetto prevalente sia quello romantico, anche se l'aggettivo mal si adatta alla storia tra Owen ed Isabel, presentata allo spettatore proprio quando il sentimento che lega i due è praticamente ormai svanito; lui è letteralmente un "uomo di merda", apatico, cinico e interessato ad Isabel giusto quando gli viene voglia di fare sesso, lei reagisce diventando di rimando sempre più antipatica e disinteressata (per non dire disgustata) di fronte a qualsivoglia interazione "fisica" con Owen. Tra i due, indubbiamente, qualcosina c'è ancora capace di tenerli assieme ma, tra la situazione familiare disastrata di lui e e il fratello bigotto di lei, il futuro non è dei più rosei e la situazione precipita quando lei scopre di essere incinta. Dopo la notizia, lui reagisce in maniera inaudita (giuro che davanti alle cattivissime parole di Owen è quasi venuto da piangere a me) salvo poi pentirsi e rimediare nel modo più grottescamente romantico che abbia mai visto in un film e da qui prende il via la parte horror di Trash Fire, che prevede l'incontro tra Isabel, Owen e la famiglia di lui. Anche qui, parlare di horror è forse improprio. Già prima gli scontri verbali tra i due fidanzati erano pesantemente contaminati da venature comico-grottesche, assai distanti dai "drama" tipici di un film sentimentale, quando poi lo sceneggiatore introduce il personaggio di nonna Violet l'humour nero comincia a farla da padrone e l'inquietudine latente che si percepisce guardando Trash Fire viene sempre mitigata dalla lingua tagliente dell'anziana signora. Il che, ovviamente, non vuol dire che la pellicola di Richard Bates Jr. non tocchi argomenti pesanti e dolorosi che si accumulano deflagrando in un finale spiazzante, disperato e quasi "liberatorio": la sorella di Owen, per esempio, è una giovane donna traumatizzata non solo da un pesante incidente che l'ha lasciata sfigurata ma è soprattutto una ragazza plagiata da concezioni religiose deviate, abbandonata alla mercé di una donna bigotta ed incapace di provare piacere se non davanti ai crudeli castighi scatenati da un Dio che risiede solo nella mente dell'anziana.
Se siete arrivati a leggere fin qui avrete capito che Trash Fire è un film lento, che si prende tutto il tempo di esplorare i personaggi interessandosi più a ciò che li lega e li muove piuttosto che all'aspetto thriller/horror della vicenda; nel passato di Owen e della sorella c'è qualcosa di orribile ma Richard Bates Jr. punta più a mostrarci i risultati di queste vicende oscure piuttosto che a far luce sulle stesse, presentandoci comunque una situazione che non ha vie di uscita se non quelle tragiche e definitive del finale. Anche le suggestioni horror sono pochine, qualche visione spettrale e l'inquietante presenza della giovane Pearl che vaga nottetempo nelle stanze degli ospiti potrebbero non bastare per chi da questo genere di film cerca lo spavento facile, eppure la seconda metà del film è un bellissimo lavoro di suspance nato dalla combinazione tra una regia intelligente e degli attori capaci. Quando Owen, Isabel e nonna Violet sono seduti a tavola, la tensione tra i personaggi è palpabile e non solo a causa delle cattiverie che escono dalla bocca dell'anziana: c'è la presenza celata di Pearl, che si manifesta con la cinepresa che segue il piatto fatto strisciare sul pavimento, ci sono le carrellate sui volti dei vari personaggi, c'è l'impianto teatrale della pellicola, quasi interamente girata e recitata in interni, che già di per sé da un senso di claustrofobia devastante, assai adatto a rappresentare il mondo malato che si cela nelle case della piccola provincia americana. E gli attori, come ho detto, sono molto bravi, tutti costretti ad interpretare personaggi scomodi. Fionnula Flanagan è superba, capace di far ridere lo spettatore un attimo prima con le sue battute al vetriolo per poi inquietarlo con sguardi e gesti che lasciano trasparire la follia di Violet, ma i duetti tra Adrian Grenier ed Angela Trimbur sono insuperabili, talmente caustici e surreali che avrei voluto che la prima parte del film non finisse mai. Alla fine di Trash Fire, lo ammetto, si resta spiazzati, e serve lasciar macerare il cervello almeno fino a metà titoli di coda per riprendersi dallo schiaffone ricevuto a tradimento, poi fino al giorno dopo per rispondere alla domanda "cosa diamine ho visto?". Personalmente, a tale quesito non riesco ancora a rispondere, ma perlomeno so che mi è piaciuto parecchio.
Di Fionnula Flanagan, che interpreta Violet, ho già parlato QUI.
Richard Bates Jr. è il regista e sceneggiatore della pellicola. Americano, ha diretto film come Excision e Suburban Gothic. E' anche produttore.
Adrian Grenier interpreta Owen. Americano, ha partecipato a film come A.I. Intelligenza
artificiale e Il diavolo veste Prada. Anche produttore, regista e sceneggiatore, ha 42 anni e due film in uscita.
Angela Trimbur interpreta Isabel. Americana, ha partecipato a film come Halloween II, The Final Girls e a serie quali Hannah Montana. Anche sceneggiatrice, ha 36 anni e cinque film in uscita, tra cui XX.
martedì 11 aprile 2017
Il Bollalmanacco On Demand: Terkel in Trouble (2004)
Sempre più lenta e discontinua ma ogni tanto torna la rubrica On Demand e oggi tocca a Terkel in Trouble (Terkel i knibe), diretto nel 2004 dai registi Kresten Vestbjerg Andersen, Thorbjørn Christoffersen e Stefan Fjeldmarke (anche co-sceneggiatore) richiesto dal licantropaccio Nabil. Il prossimo film On Demand sarà Blu Profondo. ENJOY!
Trama: la vita di Terkel, studente di prima media, viene sconvolta quando comincia a ricevere pesanti minacce di morte...
Ricordo che nel 2004 si era fatto un gran parlare, soprattutto su un'ancora viva MTV, di Terkel in Trouble. Il motivo è presto detto: quasi tutti i personaggi del film sono stati doppiati dai membri della band Elio e le storie tese i quali, come si evince dai dialoghi, probabilmente hanno messo del loro anche in fase di adattamento e sicuramente hanno imposto il loro stile inconfondibile sulle quattro o cinque canzoni presenti nella pellicola. Sentire le voci di Elio, narratore onnipresente, Faso, bulletto dal cuore d'oro di una presunta periferia miladanese, Rocco Tanica e Cesareo, terribili stronzetti in erba, è effettivamente l'unica cosa che rende Terkel in Trouble meritevole di una visione, in quanto il film in sé da molto l'impressione di uno scherzo tirato anche troppo per le lunghe, intriso di un umorismo demenziale che aveva già dato i suoi frutti migliori in serie come South Park e che è nato, non a caso, da una trasmissione radiofonica danese del 2001. La particolarità di Terkel in Trouble, infatti, è quella di essere un mix di siparietti tenuti assieme da una sorta di "giallo" (chi è che sta minacciando di morte lo sfigato Terkel?), con un paio di monologhi esilaranti messi in bocca allo zio ubriacone del protagonista e alla madre ipocondriaca e alcune canzoni che sono, di fatto, il cuore pulsante e realmente geniale del film, con picchi di trashissima epicità toccati da una storia d'amore nata al ritmo di “Fanculo a te, sei troppo un cesso/ E tua mamma gonfia banane giganti/A mazzi da sei”, oppure grazie a una cattivissima ballata "ecologica" a base di bambini sfortunati.
Al di là dell'adattamento italiano, rimane di Terkel in Trouble grande abbondanza di humour nero e un gusto abbastanza accentuato per l'horror splatter, al punto che forse i realizzatori della pellicola funzionerebbero meglio se si impegnassero a mettere in piedi qualche delirante corto animato per un eventuale terzo capitolo di The ABCs of Death; il sangue scorre copioso, a grossi goccioloni, e tra spranghe usate come oggetto contundente, pugni che volano ed enormi ammassi di carne che impattano contro il suolo ce n'è abbastanza per togliere Terkel in Trouble dalla definizione di "film per famiglie", non bastasse già il turpiloquio messo in bocca ai vari personaggi o un paio di mise particolarmente kinky dei genitori del protagonista. Il resto, animazione con occhi scompagnati e arti simili a bastoncini di liquirizia molli in primis (per non parlare di quelle inquietanti dentature...) è abbastanza fuffosetto ed è un bene che il film duri solo un'ora e diciassette perché diciamo che alla base della storia c'è ben poca sostanza, alla faccia dell'insensibilità degli adolescenti di oggi e delle trame pretestuose; di fatto, se il brodo non fosse stato allungato con simpatici videoclip delle varie canzoni e con il personaggio di Elio che, di tanto in tanto, offre allo spettatore un riassunto degli eventi appena accorsi e un paio di considerazioni personali, probabilmente Terkel in Trouble non sarebbe durato nemmeno trenta minuti. Comunque, per gli amanti di un certo tipo di animazione "underground" e soprattutto per i fan degli Elii lo consiglio: il mio fidanzato ha guardato solo l'ultimo quarto d'ora e ha riso come un matto.
Kresten Vestbjerg Andersen è il co-regista della pellicola. Danese, anche tecnico degli effetti speciali, animatore, doppiatore e sceneggiatore, ha co-diretto il film d'animazione Ronal the Barbarian. Ha 39 anni.
Thorbjørn Christoffersen è il co-regista della pellicola. Danese, anche tecnico degli effetti speciali, animatore, doppiatore e sceneggiatore, ha co-diretto i film d'animazione Ronal the Barbarian e The Trouble with Terkel. Ha 39 anni.
Stefan Fjeldmark è il co-regista e co-sceneggiatore della pellicola. Danese, ha diretto film quali Aiuto! sono un pesce, Asterix e i vichinghi e The Trouble with Terkel. Anche animatore, produttore, doppiatore e tecnico degli effetti speciali, ha 53 anni.
Mentre tutti i personaggi della versione danese sono doppiati dal comico Anders Matthesen, creatore dello show radiofonico, oltre a quelle di Elio e le storie tese nella versione italiana ci sono le voci di Claudio Bisio (il papà) e Lella Costa (la mamma). Nel 2010 il film è stato ri-doppiato per il mercato americano col titolo The Trouble with Terkel, senza nessun rimaneggiamento delle animazioni e mantenendo inalterate le scritte danesi sugli sfondi, e a febbraio di QUEST'ANNO è stato distribuito negli USA, dove ha ricevuto giustamente solo insulti e sputi. Detto questo, se Terkel in Trouble vi fosse piaciuto recuperate Beavis & Butthead alla conquista dell'America e South Park - Il film. ENJOY!
Trama: la vita di Terkel, studente di prima media, viene sconvolta quando comincia a ricevere pesanti minacce di morte...
Ricordo che nel 2004 si era fatto un gran parlare, soprattutto su un'ancora viva MTV, di Terkel in Trouble. Il motivo è presto detto: quasi tutti i personaggi del film sono stati doppiati dai membri della band Elio e le storie tese i quali, come si evince dai dialoghi, probabilmente hanno messo del loro anche in fase di adattamento e sicuramente hanno imposto il loro stile inconfondibile sulle quattro o cinque canzoni presenti nella pellicola. Sentire le voci di Elio, narratore onnipresente, Faso, bulletto dal cuore d'oro di una presunta periferia miladanese, Rocco Tanica e Cesareo, terribili stronzetti in erba, è effettivamente l'unica cosa che rende Terkel in Trouble meritevole di una visione, in quanto il film in sé da molto l'impressione di uno scherzo tirato anche troppo per le lunghe, intriso di un umorismo demenziale che aveva già dato i suoi frutti migliori in serie come South Park e che è nato, non a caso, da una trasmissione radiofonica danese del 2001. La particolarità di Terkel in Trouble, infatti, è quella di essere un mix di siparietti tenuti assieme da una sorta di "giallo" (chi è che sta minacciando di morte lo sfigato Terkel?), con un paio di monologhi esilaranti messi in bocca allo zio ubriacone del protagonista e alla madre ipocondriaca e alcune canzoni che sono, di fatto, il cuore pulsante e realmente geniale del film, con picchi di trashissima epicità toccati da una storia d'amore nata al ritmo di “Fanculo a te, sei troppo un cesso/ E tua mamma gonfia banane giganti/A mazzi da sei”, oppure grazie a una cattivissima ballata "ecologica" a base di bambini sfortunati.
Al di là dell'adattamento italiano, rimane di Terkel in Trouble grande abbondanza di humour nero e un gusto abbastanza accentuato per l'horror splatter, al punto che forse i realizzatori della pellicola funzionerebbero meglio se si impegnassero a mettere in piedi qualche delirante corto animato per un eventuale terzo capitolo di The ABCs of Death; il sangue scorre copioso, a grossi goccioloni, e tra spranghe usate come oggetto contundente, pugni che volano ed enormi ammassi di carne che impattano contro il suolo ce n'è abbastanza per togliere Terkel in Trouble dalla definizione di "film per famiglie", non bastasse già il turpiloquio messo in bocca ai vari personaggi o un paio di mise particolarmente kinky dei genitori del protagonista. Il resto, animazione con occhi scompagnati e arti simili a bastoncini di liquirizia molli in primis (per non parlare di quelle inquietanti dentature...) è abbastanza fuffosetto ed è un bene che il film duri solo un'ora e diciassette perché diciamo che alla base della storia c'è ben poca sostanza, alla faccia dell'insensibilità degli adolescenti di oggi e delle trame pretestuose; di fatto, se il brodo non fosse stato allungato con simpatici videoclip delle varie canzoni e con il personaggio di Elio che, di tanto in tanto, offre allo spettatore un riassunto degli eventi appena accorsi e un paio di considerazioni personali, probabilmente Terkel in Trouble non sarebbe durato nemmeno trenta minuti. Comunque, per gli amanti di un certo tipo di animazione "underground" e soprattutto per i fan degli Elii lo consiglio: il mio fidanzato ha guardato solo l'ultimo quarto d'ora e ha riso come un matto.
Kresten Vestbjerg Andersen è il co-regista della pellicola. Danese, anche tecnico degli effetti speciali, animatore, doppiatore e sceneggiatore, ha co-diretto il film d'animazione Ronal the Barbarian. Ha 39 anni.
Thorbjørn Christoffersen è il co-regista della pellicola. Danese, anche tecnico degli effetti speciali, animatore, doppiatore e sceneggiatore, ha co-diretto i film d'animazione Ronal the Barbarian e The Trouble with Terkel. Ha 39 anni.
Stefan Fjeldmark è il co-regista e co-sceneggiatore della pellicola. Danese, ha diretto film quali Aiuto! sono un pesce, Asterix e i vichinghi e The Trouble with Terkel. Anche animatore, produttore, doppiatore e tecnico degli effetti speciali, ha 53 anni.
Mentre tutti i personaggi della versione danese sono doppiati dal comico Anders Matthesen, creatore dello show radiofonico, oltre a quelle di Elio e le storie tese nella versione italiana ci sono le voci di Claudio Bisio (il papà) e Lella Costa (la mamma). Nel 2010 il film è stato ri-doppiato per il mercato americano col titolo The Trouble with Terkel, senza nessun rimaneggiamento delle animazioni e mantenendo inalterate le scritte danesi sugli sfondi, e a febbraio di QUEST'ANNO è stato distribuito negli USA, dove ha ricevuto giustamente solo insulti e sputi. Detto questo, se Terkel in Trouble vi fosse piaciuto recuperate Beavis & Butthead alla conquista dell'America e South Park - Il film. ENJOY!
domenica 9 aprile 2017
Nina Forever (2015)
Credevate che il recupero degli horror topici dello scorso anno fosse finito? Assolutamente no, me ne mancano ancora un paio e uno di questi era Nina Forever, diretto e sceneggiato nel 2015 dai registi Ben e Chris Blaine.
Trama: dopo la morte della fidanzata Nina in un incidente stradale, Ben è diventato un uomo taciturno, triste ed incline al suicidio. La giovanissima collega Holly in qualche modo riesce a fare breccia nel suo cuore ma la prima volta che i due fanno l'amore si ritrovano nel letto il terzo incomodo, ovvero il cadavere sanguinolento della defunta Nina...
Probabilmente, dopo aver letto la trama, penserete che Nina Forever sia uno di quegli horror morbosetti alla Buio omega incentrati quasi interamente sulla necrofilia, una robaccia cupa ed ammorbante al limite dell'umana sopportazione. Nulla di più sbagliato. Nina Forever, almeno nella prima parte, è più vicino nello spirito al divertente Burying the Ex, con la coppietta novella che deve fare i conti con l'ingombrante e caustica presenza di una cadaverA senziente e parlante dotata del brutto vizio di palesarsi ogni volta che i due fanno sesso e, ancor peggio, di vomitare loro addosso delle scomode verità. Nella seconda parte il tono da commedia nera del film cambia, immergendosi in un'atmosfera malinconica che rende Nina il fulcro di un discorso neppure troppo superficiale, incentrato sull'elaborazione del lutto, sulla cosiddetta "sindrome da crocerossina" e sul fondamentale masochismo dell'essere umano. Perché Nina è tornata o, meglio, non se n'è mai andata? Le storie di fantasmi o zombi ci hanno insegnato che, di solito, uno spirito inquieto rimane sulla terra per rancore, perché ha delle questioni irrisolte oppure perché viene trattenuto dai sentimenti di chi è rimasto in vita; senza fare troppi spoiler, il ritorno di Nina viene scatenato essenzialmente da quest'ultima condizione ma, anche qui, non nel modo che uno si aspetterebbe. La conditio sine qua non che porta Holly a corteggiare Ben fino a farlo capitolare è l'idea stessa del suo amore eterno per Nina, un sentimento che ne definisce la personalità e senza il quale il ragazzo non sarebbe più "quel" Ben; allo stesso modo, ciò che definisce Holly è proprio il desiderio di aiutare gli altri, di essere indispensabile per il benessere di qualcuno, che sia Ben oppure la stessa Nina e, venendo meno questa possibilità, la vita della ragazza si priva di senso. Detto ciò, Nina Forever non si limita ad indagare le dinamiche di questo complicato triangolo amoroso ma si focalizza anche su personaggi apparentemente marginali come i genitori di Nina, due figure tragiche attraverso le quali gli argomenti trattati nel film vengono ulteriormente approfonditi sul finale e grazie alle quali i protagonisti vengono messi ancora sotto un'altra luce, non necessariamente positiva.
Sento già voci di utenti anonimi che mi accusano di avere parlato bene di un horror che in realtà è un megapippone psicologico con qualche piccolo momento "de paura" (non sia mai!): anche qui, sbagliato. Nina Forever fa riflettere, è vero, e tratta argomenti più seri di quelli normalmente presenti in un film di genere ma lo fa con leggerezza (e non è un termine negativo) e senza mai dimenticare ciò che rende tale un horror incentrato sulle presenze malevole. E' impossibile ignorare, per noi e per i protagonisti, la fisicità di Nina, essere ormai morto ma fatto di carne e tantissimo sangue, capace di spuntare nei posti più impensati senza per questo ricorrere a jump scare scorretti ed impegnata nei ménage à trois più improbabili e grotteschi della storia del cinema; l'interpretazione di Fiona O'Shaughnessy è a tratti esilarante e palesa lo scazzo cosmico di chi sa di essere morta, ancora molto desiderabile e fondamentalmente circondata da imbecilli, ex fidanzato e nuova amante in primis. Bravissimi anche Abigail Hardingham e Cian Barry, rispettivamente nei panni di Holly e Rob, soprattutto la prima che, con l'evolversi della vicenda, snuda sempre più il lato dark del personaggio avvicinandosi a poco a poco all'aura mitica che circonda la misteriosa Nina. L'intero film è stato poi girato con uno stile di montaggio assai particolare e non consequenziale, fatto di piccole anticipazioni di quello che avverrà poco più avanti, tecnica che spezza l'azione e rende il film un collage di "flash", come se i personaggi vivessero in uno stato di confusione perenne, cosa che in effetti è... e vorrei ben vedere, poveri cristi. Bravissimi quindi anche i semi-esordienti Ben e Chris Blaine, fratellini da portare ad ennesimo esempio di come gli inglesi ci sappiano decisamente fare con i film horror!
Ben e Chris Blaine sono i registi e sceneggiatori della pellicola. Inglesi, sono al loro primo lungometraggio cinematografico; entrambi produttori, Chris è anche tecnico degli effetti speciali.
Se Nina Forever vi fosse piaciuto recuperate il già citato Burying the Ex. ENJOY!
Trama: dopo la morte della fidanzata Nina in un incidente stradale, Ben è diventato un uomo taciturno, triste ed incline al suicidio. La giovanissima collega Holly in qualche modo riesce a fare breccia nel suo cuore ma la prima volta che i due fanno l'amore si ritrovano nel letto il terzo incomodo, ovvero il cadavere sanguinolento della defunta Nina...
Probabilmente, dopo aver letto la trama, penserete che Nina Forever sia uno di quegli horror morbosetti alla Buio omega incentrati quasi interamente sulla necrofilia, una robaccia cupa ed ammorbante al limite dell'umana sopportazione. Nulla di più sbagliato. Nina Forever, almeno nella prima parte, è più vicino nello spirito al divertente Burying the Ex, con la coppietta novella che deve fare i conti con l'ingombrante e caustica presenza di una cadaverA senziente e parlante dotata del brutto vizio di palesarsi ogni volta che i due fanno sesso e, ancor peggio, di vomitare loro addosso delle scomode verità. Nella seconda parte il tono da commedia nera del film cambia, immergendosi in un'atmosfera malinconica che rende Nina il fulcro di un discorso neppure troppo superficiale, incentrato sull'elaborazione del lutto, sulla cosiddetta "sindrome da crocerossina" e sul fondamentale masochismo dell'essere umano. Perché Nina è tornata o, meglio, non se n'è mai andata? Le storie di fantasmi o zombi ci hanno insegnato che, di solito, uno spirito inquieto rimane sulla terra per rancore, perché ha delle questioni irrisolte oppure perché viene trattenuto dai sentimenti di chi è rimasto in vita; senza fare troppi spoiler, il ritorno di Nina viene scatenato essenzialmente da quest'ultima condizione ma, anche qui, non nel modo che uno si aspetterebbe. La conditio sine qua non che porta Holly a corteggiare Ben fino a farlo capitolare è l'idea stessa del suo amore eterno per Nina, un sentimento che ne definisce la personalità e senza il quale il ragazzo non sarebbe più "quel" Ben; allo stesso modo, ciò che definisce Holly è proprio il desiderio di aiutare gli altri, di essere indispensabile per il benessere di qualcuno, che sia Ben oppure la stessa Nina e, venendo meno questa possibilità, la vita della ragazza si priva di senso. Detto ciò, Nina Forever non si limita ad indagare le dinamiche di questo complicato triangolo amoroso ma si focalizza anche su personaggi apparentemente marginali come i genitori di Nina, due figure tragiche attraverso le quali gli argomenti trattati nel film vengono ulteriormente approfonditi sul finale e grazie alle quali i protagonisti vengono messi ancora sotto un'altra luce, non necessariamente positiva.
Sento già voci di utenti anonimi che mi accusano di avere parlato bene di un horror che in realtà è un megapippone psicologico con qualche piccolo momento "de paura" (non sia mai!): anche qui, sbagliato. Nina Forever fa riflettere, è vero, e tratta argomenti più seri di quelli normalmente presenti in un film di genere ma lo fa con leggerezza (e non è un termine negativo) e senza mai dimenticare ciò che rende tale un horror incentrato sulle presenze malevole. E' impossibile ignorare, per noi e per i protagonisti, la fisicità di Nina, essere ormai morto ma fatto di carne e tantissimo sangue, capace di spuntare nei posti più impensati senza per questo ricorrere a jump scare scorretti ed impegnata nei ménage à trois più improbabili e grotteschi della storia del cinema; l'interpretazione di Fiona O'Shaughnessy è a tratti esilarante e palesa lo scazzo cosmico di chi sa di essere morta, ancora molto desiderabile e fondamentalmente circondata da imbecilli, ex fidanzato e nuova amante in primis. Bravissimi anche Abigail Hardingham e Cian Barry, rispettivamente nei panni di Holly e Rob, soprattutto la prima che, con l'evolversi della vicenda, snuda sempre più il lato dark del personaggio avvicinandosi a poco a poco all'aura mitica che circonda la misteriosa Nina. L'intero film è stato poi girato con uno stile di montaggio assai particolare e non consequenziale, fatto di piccole anticipazioni di quello che avverrà poco più avanti, tecnica che spezza l'azione e rende il film un collage di "flash", come se i personaggi vivessero in uno stato di confusione perenne, cosa che in effetti è... e vorrei ben vedere, poveri cristi. Bravissimi quindi anche i semi-esordienti Ben e Chris Blaine, fratellini da portare ad ennesimo esempio di come gli inglesi ci sappiano decisamente fare con i film horror!
Ben e Chris Blaine sono i registi e sceneggiatori della pellicola. Inglesi, sono al loro primo lungometraggio cinematografico; entrambi produttori, Chris è anche tecnico degli effetti speciali.
Se Nina Forever vi fosse piaciuto recuperate il già citato Burying the Ex. ENJOY!
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venerdì 7 aprile 2017
Lupin III: L'ultimo colpo (2010)
Cifra doppia del nuovo millennio! Arriviamo al 2010, quando la TV giapponese trasmetteva Lupin III: L'ultimo colpo (ルパン三世 the Last Job) del regista Tetsurou Amino (meanwhile, in Japan è uscito il 4 febbraio Rupan Sansei: Chikemuri no Ishikawa Goemon e io ho una scimmia colossale che urla "vedilo!!!").
Trama: Lupin cerca di rubare una statua del Buddha contenente un misterioso segreto. Sulle tracce della statuetta e del suo contenuto ci sono anche il malvagio Morgana e Asuka, un'agente dell'Interpol discendente dal clan dei Fuma.
Messo da parte il crossover con Detective Conan, Lupin torna su terreni a lui più congeniali con questa storia che, apparentemente, riesuma il clan dei Fuma; in realtà, questi ninja e quelli de La cospirazione dei Fuma non hanno nulla a che spartire e di sicuro nel film TV diretto da Amino non torna la piccola Murasaki, magari cresciuta per far pentire Goemon di averla mollata sull'altare. In compenso, c'è la damsel in distress di turno che tanto in distress non è e si avvale non solo di spettacolari tecniche ninja ma persino di un badge dell'Interpol e di un cagnusso ninja protagonista di ricorrenti gag a base di mozzichi sulle chiappe di Lupin. Detta così, pare che la trama di L'ultimo colpo sia una cretinata senza capo né coda e diciamo che, effettivamente, tra momenti di fantastoria (antichi romani che vanno in Giappone, fondano clan, tornano in Italia e nascondono statuette ai piedi del Vesuvio, poi basta?), oggetti che ne custodiscono altri che ne custodiscono altri ancora, gente che muore "per sbaglio" e Fujiko che fa un casino indicibile per due spiccioli, c'è da mettersi le mani nei capelli ma è anche vero che in questo film TV non c'è un secondo di noia che sia uno. I cattivi sono abbastanza ben caratterizzati, soprattutto per quel che riguarda Morgana (un uomo, chissà perché dotato di un nome da fata) e i due killer al suo soldo, il tizio nerboruto con lo yo yo assassino (vecchia conoscenza di Jigen) e il buliccio con gli artigli in primis, e in generale a ciascun membro della banda di Lupin viene dato il giusto spazio, così da non scontentare nessun fan, tranne forse chi per la seconda volta è costretto a vedere Jigen col braccio al collo (succedeva anche ne La lampada di Aladino, lo special che ha preceduto il crossover con Detective Conan. Chissà se la cosa ha qualche significato...). Gli unici che ci rimarranno sicuramente male saranno gli aficionados di Zenigata visto che il povero Ispettore compare davvero poco, pur essendo nominato spesso.
Dal punto di vista del character design c'è una strana discrepanza soprattutto tra i personaggi secondari. Per esempio, Asuka è disegnata con uno stile completamente diverso rispetto a quello di Maya, la ninja al soldo di Morgana, mentre per quel che riguarda la scelta degli abiti si va dall'esagerato al trash, al punto che qualcuno, vedendo Asuka conciata da ninja smutandata, si chiede "ma perché è vestita così?" (contestualizziamo: i suoi colleghi si pongono la domanda in quanto non sanno che Asuka è anche ninja oltre che agente dell'Interpol ma lo stesso un ninja con 'sti due straccetti porno addosso è ridicolo!). Molto belle invece le abbondanti scene d'azione, con inseguimenti particolarmente spericolati che toccano la Germania e i monumenti più famosi di Roma, con un occhio di riguardo al Colosseo, a Piazza di Spagna e ai ponti zeppi di gatteenee da salvare, mentre vorrei capire quale sia il museo che viene distrutto a metà speciale lasciando intera giusto una statua equestre. Non ci si può lamentare neppure per la resa grafica dei combattimenti, con Jigen che è costretto ad evitare di venire ucciso da uno yo yo gigante ed ad armarsi di spettacolare stampella/bazooka, mentre grazie a ninja e affini gli amanti di spade, lame, artigli e in generale di armi bianche avranno di che essere parecchio contenti. Insomma, in generale L'ultimo colpo non sarà un prodotto memorabile ma è meno malvagio di altri e in definitiva gli si può persino perdonare quel finale un po' floscio, tara simile a quella di molti altri special TV dedicati al ladro gentiluomo.
Del regista Tetsurou Amino ho già parlato QUI.
La pagina italiana di Wikipedia ha davvero pochissime informazioni su L'ultimo colpo, tranne che purtroppo è stato l'ultimo film TV di Lupin in cui Sandro Pellegrini, morto nel 2011, ha prestato la voce a Jigen. Anche la pagina giapponese, ben più dettagliata, parla di molte defezioni tra i doppiatori originali, come Makio Inoue per Goemon, Eiko Masuyama per Fujiko e Goro Naya per Zenigata, tutti al loro ultimo lavoro; inoltre, racconta di come Lupin III: L'ultimo colpo sia un mix tra personaggi e trame utilizzate all'interno di un pachinko dedicato a Lupin (video al riguardo si trovano QUI) e almeno tre manga contenuti in diverse uscite del Rupan Sansei Official Magazine dove i personaggi cambiano un po' indole e scopo e dove si racconta del primo scontro tra il mercenario Andre Maxim e Jigen. Detto questo, se Lupin III: L'ultimo colpo vi fosse piaciuto recuperate tutta questa bella roba QUI.
Trama: Lupin cerca di rubare una statua del Buddha contenente un misterioso segreto. Sulle tracce della statuetta e del suo contenuto ci sono anche il malvagio Morgana e Asuka, un'agente dell'Interpol discendente dal clan dei Fuma.
Messo da parte il crossover con Detective Conan, Lupin torna su terreni a lui più congeniali con questa storia che, apparentemente, riesuma il clan dei Fuma; in realtà, questi ninja e quelli de La cospirazione dei Fuma non hanno nulla a che spartire e di sicuro nel film TV diretto da Amino non torna la piccola Murasaki, magari cresciuta per far pentire Goemon di averla mollata sull'altare. In compenso, c'è la damsel in distress di turno che tanto in distress non è e si avvale non solo di spettacolari tecniche ninja ma persino di un badge dell'Interpol e di un cagnusso ninja protagonista di ricorrenti gag a base di mozzichi sulle chiappe di Lupin. Detta così, pare che la trama di L'ultimo colpo sia una cretinata senza capo né coda e diciamo che, effettivamente, tra momenti di fantastoria (antichi romani che vanno in Giappone, fondano clan, tornano in Italia e nascondono statuette ai piedi del Vesuvio, poi basta?), oggetti che ne custodiscono altri che ne custodiscono altri ancora, gente che muore "per sbaglio" e Fujiko che fa un casino indicibile per due spiccioli, c'è da mettersi le mani nei capelli ma è anche vero che in questo film TV non c'è un secondo di noia che sia uno. I cattivi sono abbastanza ben caratterizzati, soprattutto per quel che riguarda Morgana (un uomo, chissà perché dotato di un nome da fata) e i due killer al suo soldo, il tizio nerboruto con lo yo yo assassino (vecchia conoscenza di Jigen) e il buliccio con gli artigli in primis, e in generale a ciascun membro della banda di Lupin viene dato il giusto spazio, così da non scontentare nessun fan, tranne forse chi per la seconda volta è costretto a vedere Jigen col braccio al collo (succedeva anche ne La lampada di Aladino, lo special che ha preceduto il crossover con Detective Conan. Chissà se la cosa ha qualche significato...). Gli unici che ci rimarranno sicuramente male saranno gli aficionados di Zenigata visto che il povero Ispettore compare davvero poco, pur essendo nominato spesso.
Cosa diavolo ti sei messa, tipa? |
E poi lui è sempre badassissimo! |
La pagina italiana di Wikipedia ha davvero pochissime informazioni su L'ultimo colpo, tranne che purtroppo è stato l'ultimo film TV di Lupin in cui Sandro Pellegrini, morto nel 2011, ha prestato la voce a Jigen. Anche la pagina giapponese, ben più dettagliata, parla di molte defezioni tra i doppiatori originali, come Makio Inoue per Goemon, Eiko Masuyama per Fujiko e Goro Naya per Zenigata, tutti al loro ultimo lavoro; inoltre, racconta di come Lupin III: L'ultimo colpo sia un mix tra personaggi e trame utilizzate all'interno di un pachinko dedicato a Lupin (video al riguardo si trovano QUI) e almeno tre manga contenuti in diverse uscite del Rupan Sansei Official Magazine dove i personaggi cambiano un po' indole e scopo e dove si racconta del primo scontro tra il mercenario Andre Maxim e Jigen. Detto questo, se Lupin III: L'ultimo colpo vi fosse piaciuto recuperate tutta questa bella roba QUI.
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