martedì 14 ottobre 2025

Nuovi Incubi Halloween Challenge Day 14: Please Don't Feed the Children (2024)

Il tema della Nuovi Incubi Halloween Challenge di oggi è "Cannibali". Viene proprio bene un film uscito qualche tempo fa su Tubi, Please Don't Feed the Children, diretto nel 2024 dalla regista Destry Allyn Spielberg.


Trama: a seguito di una pandemia che ha visto moltissimi adulti trasformarsi in cannibali a causa di un virus veicolato da bambini e adolescenti, per la maggior parte portatori sani, i giovanissimi sono confinati in comunità oppure uccisi. Decisa a fuggire dagli Stati Uniti con altri ragazzi, Mary viene a trovarsi però in un incubo ancora peggiore...


L'esordio alla regia di Destry Allyn Spielberg, figlia di padre appena poco famoso, è un "simpatico" thriller horror post-pandemico che segue le vicende di un gruppetto di orfani decisi a fuggire dagli Stati Uniti. L'aggettivo è tra virgolette, perché in Please Don't Feed the Children c'è ben poco da ridere. L'America è un luogo povero e inospitale, con una popolazione decimata da un virus che ha trasformato le persone in cannibali, principalmente gli adulti. Bambini e ragazzi, per la maggior parte, sono portatori sani e, per limitare il contagio, sono stati uccisi oppure isolati in terribili comunità dalle quali cercano di fuggire, soprattutto gli orfani privi di tutela. E' in questo clima di disperazione, con la piccola speranza di poter lasciare gli States ed andare in un luogo più libero, che Mary incontra un gruppo di coetanei e si unisce a loro per affrontare il difficile viaggio. Per tutta una serie di motivi, Mary e compagni si imbattono nella casa di Clara, la quale li imprigiona con l'inganno, spinta da ragioni che diverranno terribilmente chiare col proseguo del film. Please Don't Feed the Children, a causa di un budget ridotto, comincia come il racconto di un America post-pandemica, un'opera on the road vissuta su strade e luoghi infernali, con la polizia sempre alle calcagna, ma diventa ben presto un claustrofobico thriller ambientato all'interno di quattro mura e una serra. L'abilità dell'esordiente Destry Allyn Spielberg è proprio quella di dare allo spettatore un contesto ben definito con poche pennellate, in grado di rendere al meglio la disperazione di ragazzi innocenti eppure additati come mostri, passabili di venire uccisi per un nonnulla, e l'odio degli adulti, spazzati via da una pandemia causata da chi ha ancora tutta la vita davanti. Lo scontro generazionale non è il cuore della vicenda, ma la regista si impegna affinché il pubblico non dimentichi di avere davanti dei ragazzi,  adolescenti o anche più piccoli, così che ciò che accade loro colpisca maggiormente a livello emotivo. La presenza di Clara, matta col botto incapace di concepire l'amore se non come egoistico possesso e ricusa di affrontare l'esistenza prendendo atto delle pur terribili perdite, è l'incarnazione di tutto ciò che desidera il male dei ragazzi e che rifiuta di ricostruire la società partendo proprio da loro.


Probabilmente, il concetto di fondo di Please Don't Feed the Children è poco originale, ma ho apprezzato molto com'è stato messo in scena, soprattutto perché il film contiene profondissimi echi di un'opera che adoro, La casa nera di Craven. A partire dalla materna follia di Clara, passando per la stanza e gli abiti di Mary, per finire con passaggi labirintici che nascondono orrori inenarrabili, celati alla vista dei rispettabili abitanti esterni, gli omaggi al film di Craven sono tantissimi, nonostante Please Don't Feed the Children sia scevro di qualsiasi elemento ironico o grottesco, e la stessa Clara sia imprevedibile a livello "Annie Wilkes" (credevo l'attrice fosse la stessa di Castle Rock, ma mi sbagliavo), ben più misurata e insidiosa della rossa "mammina" Craveniana. A tal proposito, Michelle Dockery è molto brava, ma anche il cast di giovani talenti è composto da facce interessanti ed è molto equilibrato, forse grazie ad una bella scrittura che non rappresenta i soliti cliché dei ragazzini horror. Ciò che mi è piaciuto maggiormente di Please Don't Feed the Children, però, è la natura molto pessimista del film, che racconta di una speranza troppo lontana per potersi concretizzare con certezza, e che lascia allo spettatore l'amaro in bocca di un finale sospeso, in perfetta risonanza con un passato nebuloso che possiamo soltanto immaginare da alcuni dettagli "grafici", centellinati e per questo ancora più efficaci. Non so se e quando Please Don't Feed the Children arriverà in Italia ma, se avete una VPN, val la pena guardarlo su Tubi in maniera gratuita e perfettamente legale. Gli americani sono un bruttissimo popolo ma, per alcune cose, sono molto più avanti di noi. Quanto a Destry Allyn Spielberg, sono curiosa di sapere cosa potrà combinare in futuro, con un budget più grande e maggiore esperienza alle spalle!


Di Michelle Dockery (Clara) e Giancarlo Esposito (Fitz) ho già parlato ai rispettivi link.

Destry Allyn Spielberg è la regista del film, al suo primo lungometraggio. Figlia di Steven SpielbergKate Capshaw, anche attrice, produttrice e sceneggiatrice, ha 29 anni. 


Zoe Colletti
, che interpreta Mary, era la protagonista di Scary Stories to Tell in the Dark mentre Emma Meisel era nel cast di American Horror Story: 1984. Se Please Don't Feed the Children vi fosse piaciuto, recuperate La casa nera. ENJOY!

lunedì 13 ottobre 2025

Nuovi Incubi Halloween Challenge Day 13: The Wolf of Snow Hollow (2020)

Il tema odierno della Nuovi Incubi Halloween Challenge era "Freddo, ghiaccio, neve". Ho recuperato quindi il film The Wolf of Snow Hollow, distribuito in Italia col titolo Il lupo della neve, diretto e sceneggiato nel 2020 dal regista Jim Cummings.


Trama: la cittadina turistica di Snow Hollow viene scossa da violenti e sanguinosi omicidi, che sconvolgono in primis il corpo di polizia del luogo...


Direi che con The Wolf of Snow Hollow ho azzeccato in pieno il tema della challenge, in quanto il film è ambientato in una cittadina turistica dove l'attrazione principale è proprio la neve, inoltre la vicenda si snoda durante le festività natalizie e si conclude proprio a Capodanno. Piccolo particolare piccante, però, The Wolf of Snow Hollow non è proprio un horror tout court ma è più un mistery con l'aggiunta di una bella dose di commedia nerissima. Tutto inizia quando una turista viene dilaniata ferocemente all'esterno del cottage affittato assieme al fidanzato. La sanguinosa brutalità dell'aggressione sconvolge non solo la cittadina di Snow Hollow, ma soprattutto un corpo di polizia formato da agenti non proprio brillanti per intelligenza, né immacolati nella loro vita privata. In particolare, John, figlio dell'anziano sceriffo Hadley, è vittima di tremendi eccessi di rabbia, aggravati dalla sua natura di ex alcolista e da una depressione strisciante, che lo spinge ad avere pensieri di morte abbastanza costanti. Quando alla prima vittima se ne aggiungono altre, la pressione porta John ad avere sempre più problemi di autocontrollo e, complice il cattivo stato di salute dello sceriffo, il corpo di polizia di Snow Hollow si ritrova nel caos totale; in più, i delitti avvengono durante la luna piena e la ferocia degli attacchi farebbe pensare nientemeno che a un lupo mannaro. Diretto, sceneggiato e interpretato dall'attore Jim Cummings, The Wolf of Snow Hollow è un film nevrotico come il personaggio protagonista e scorre veloce come una scheggia impazzita. Proprio per questo, a tratti sembra perdere il filo della sua parte "mistery", in quanto non dà allo spettatore neppure il tempo di ragionare, e preferisce trasformarsi nello one man show di un personaggio impegnato a superare i suoi problemi personali conquistando almeno una vittoria che non lo faccia sembrare un inetto totale agli occhi del padre, della figlia adolescente e di quei pochissimi colleghi che ancora tiene da conto. Questa scelta di sceneggiatura, soprattutto con l'approssimarsi dell'ultimo atto, si traduce nella necessità di chiudere in fretta tutte le piste lasciate aperte, tanto che quando arriva la rivelazione del mistero sembra di avere fatto una corsa forsennata e si rimane con un "ah sì? Vabbè..." stampato in faccia. Purtroppo, per lo stesso motivo, non si ha neppure il tempo di commuoversi di fronte alle tragedie personali di John, che pure lo meriterebbero, o congratularsi con lui per quei pochi, importantissimi passi verso una possibile serenità.


A prescindere da questa "fretta", The Wolf of Snow Hollow non è affatto un brutto film, anzi (in un'epoca in cui persino le durate degli horror più stupidi sono elefantiache, questo, in realtà, è una boccata di aria fresca!). La fotografia è splendida e cattura non solo il bianco della neve ma anche il freddo che si respira nella cittadina di Snow Hollow, dando l'illusione allo spettatore di poterlo sentire fin dentro le ossa. Il montaggio è particolarissimo e asseconda in toto la frenesia e la confusione provati dal protagonista, tanto che la narrazione non è mai lineare ma alterna il presente a scampoli di tragici eventi passati di cui i poliziotti possono solo vedere le conseguenze, terribilmente sanguinose. A tal proposito, il comparto horror di The Wolf of Snow Hollow è favoloso. Gli omicidi del misterioso killer sono efferatissimi e ognuno di essi è un piccolo gioiellino di tensione e orrore, cosa che denota come il Jim Cummings regista conosca alla perfezione le regole del genere e le sappia rielaborare, mettendole in pratica in maniera efficace; anche la figura del lupo è molto ben fatta e un mix di sapienti riprese, combinate con un buon uso della fotografia, compensano eventuali limiti di budget e, soprattutto, contribuiscono a rendere verosimile la rivelazione sul finale. Molto bravi anche gli attori. Jim Cummings ha la tendenza a soverchiare quanti dividono la scena con lui, anche per necessità di sceneggiatura, ma nessuno dei suoi comprimari, nemmeno quelli meno "importanti", se la fa menare, e o compensano la forte presenza del protagonista con una remissività foriera di momenti esilaranti, oppure ingaggiano con lui furibonde battaglie verbali, come nel caso del favoloso Robert Forster (che si sarebbe spento di lì a poco e al quale il film è dedicato), oppure Chloe East. In conclusione, per quanto mi riguarda The Wolf of Snow Hollow è uno di quei film che bisognerebbe guardare più di una volta, per apprezzare tutte le varie sfumature sfuggite ad una prima visione. Intanto, però, se non lo avete mai visto vi invito a recuperarlo, perché potrebbe darvi delle soddisfazioni! 


Di Robert Forster (Sceriffo Hadley) ho già parlato QUI.

Jim Cummings è il regista e sceneggiatore del film, inoltre interpreta John Marshall. Americano, è principalmente attore e ha partecipato a film come Greener Grass, Halloween Kills e serie quali The Handmaid's Tale. Anche produttore, ha 39 anni.


Riki Lindhome
interpreta la detective Julia Robson. Americana, ha partecipato a film come L'ultima casa a sinistra, Cena con delitto - Knives Out, Queens of the Dead e serie quali Buffy l'ammazzavampiri, Una mamma per amica, Heroes, Criminal Minds, Bones, Nip/Tuck, Dr. House, The Big Bang Theory e Mercoledì. Come doppiatrice ha lavorato in SpongeBob - Fuori dall'acqua, Adventure Time, DuckTales e Animaniacs. Anche sceneggiatrice, produttrice e regista, ha 47 anni e due film in uscita, tra cui l'imminente remake de La mano sulla culla


Chloe East
interpreta Jenna Marshall. Americana, ha partecipato a film come The Fabelmans e Heretic. Anche regista, ha 24 anni e un film in uscita. 



venerdì 10 ottobre 2025

Nuovi Incubi Halloween Challenge Day 10: Una notte per morire (1965)

Il tema della Nuovi Incubi Halloween Challenge oggi era "Hagsploitation", così ho scelto il fim Una notte per morire (Fanatic), diretto nel 1965 dal regista Silvio Narizzano.


Trama: dopo la morte del fidanzato, Patricia decide di andarne a trovare l'anziana madre, senza sapere che sarà l'inizio di un incubo...


Se non sapete cos'è l'hagsploitation, lasciatemi spendere un paio di righe per un breve "momento Wikipedia". Il termine è l'unione delle parole "hag", che sta per strega ma vale anche come dispregiativo per una donna anziana, ed "exploitation", che viene utilizzato per quei film di serie B dove la fanno da padrone sesso, violenza, gore e follia. L'hagsploitation è un genere diventato popolare negli anni '60 e '70, le cui protagoniste erano appunto vecchie folli dalle caratteristiche grottesche, spesso mosse da odio o vendetta verso altre donne (uno dei massimi esempi di questo filone cinematografico è Che fine ha fatto Baby Jane?, che vi consiglio di vedere se ancora vi mancasse all'appello). L'hagsploitation, proprio per la sua natura, è spesso l'ultima spiaggia di dive cinematografiche dalla carriera in declino, le quali non potevano più sperare di competere con le loro colleghe più giovani e affascinanti, né di trovare ruoli interessanti che ne valorizzassero la maturità. Ciò vale anche per Tallulah Bankhead, poco più che sessantenne all'epoca delle riprese di Una notte per morire, ma segnata da una vita di eccessi e dalla fama di essere una "poco di buono" dallo smodato appetito sessuale; cosa ironica, quest'ultima, in quanto la Bankhead qui interpreta una fanatica religiosa totalmente devota al figlio defunto e pronta a torturare, psicologicamente e fisicamente, l'ormai ex fidanzata, rea di non volere rimanere per sempre incatenata al ricordo dell'uomo. E l'ironia, benché amara e quasi sempre a spese della Bankhead, abbonda in Una notte per morire. Mrs. Trefoile ha un passato da attrice disnibita e, in una delle sequenze, viene mostrato un luogo sotterraneo tappezzato dalle vere foto di una giovane e splendida Tallulah Bankhead, furibonda che la produzione le avesse usate senza il suo permesso; il titolo americano del film invece, Die! Die! My Darling! si riferisce ad una frase che l'attrice è stata costretta a ridoppiare a causa di problemi di sonoro, mettendoci ore in quanto obnubilata dall'alcol e dalle droghe (e ovviamente i distributori ci sono andati a nozze, cavalcando lo scandalo). Insomma, Una notte per morire è un film che, appunto, ha letteralmente sfruttato un'attrice ormai considerata "hag", la quale, ammalatasi proprio all'inizio delle riprese, ha scelto di ridurre il proprio compenso, pur di partecipare. E la sua volontà si vede. L'interpretazione di Tallulah Bankhead, dignitosa nella sua follia religiosa ed imprevedibile negli sbalzi di umore che la rendono prima un'elegante nobildonna e poi una gelida suocera pronta a compiere le peggio nefandezze, è infatti la cosa migliore del film, che pure non è privo di altri elementi interessanti.


In primis, di Una notte per morire colpiscono i dialoghi (scritti da Richard Matheson), i botta e risposta tra Mrs. Trefoil e Patricia, che anche prima di sprofondare nell'odio reciproco rispecchiano lo scontro generazionale tra una gioventù libera, disnibita e un po' frivola, e la rigida austerità sentimental-sessuale di chi ha scelto di rinnegare ogni vizio per risultare rispettabile agli occhi della società. L'interazione iniziale tra Tallulah Bankhead e Stefanie Powers strappa parecchi sorrisi, anche in virtù del piglio sbarazzino e scoglionato della seconda, e funge da ottimo contrasto con la seconda parte del film, più tesa, allucinata e persino "intima", come dimostra l'elegante sequenza che svela tutta la fragilità di Mrs. Trefoile e la sua fatica nel mantenere uno stile di vita retto quando il dolore diventa soverchiante. Un altro aspetto che ho apprezzato molto è la gestione dei colori. Una notte per morire viene introdotto da titoli di testa all'interno dei quali un gatto insegue un topo; sembrerebbe quasi la versione live action di Tom & Jerry, non fosse che le immagini dei due animali sono immerse in un verde malato, la stessa sfumatura che si ripropone, assieme ad altre tinte surreali, man mano che la situazione precipita e Mrs. Trefoile fatica a mantenere il controllo, cercando rifugio nel misterioso sotterraneo che si rivela in tutta la sua "gloria" proprio sul finale. Gli altri elementi del film, invece, non hanno retto molto l'usura del tempo. La regia di Narizzano non è particolarmente entusiasmante e i personaggi di contorno, interpretati da attori che avrebbero fatto carriera negli anni seguenti, scompaiono davanti all'enorme carisma della Bankhead. A proposito di attori carismatici che sarebbero diventati famosi di lì a breve, è interessante vedere all'opera un giovanissimo Donald Sutherland, costretto a vestire i panni del servo ritardato. Questa è una piccola chicca per i fan dell'attore, ma in generale Una notte per morire è un film in grado di offrire un'ora e mezza di divertimento e ansia a tutti gli spettatori che sono stufi dei thriller moderni e vogliono tuffarsi nel vintage, quindi ve lo consiglio. Lo trovate su quella preziosissima miniera di film gratuiti che è Tubi, se avete una VPN, oppure a noleggio su Prime Video.


Di Peter Vaughan (Harry) e Donald Sutherland (Joseph) ho già parlato ai rispettivi link.

Silvio Narizzano è il regista della pellicola. Canadese, ha diretto film come Georgy svegliati! e Choices. Anche produttore e sceneggiatore, è morto nel 2011. 


Tallulah Bankhead
interpreta Mrs. Trefoile. Americana, ha partecipato a film come I prigionieri dell'oceano, Scandalo a corte e a serie come Batman. E' morta nel 1968.


Stefanie Powers
(vero nome Stefania Zofia Federkiewicz) interpreta Patricia Carroll. Americana, celebre per il ruolo di Jennifer Hart nel telefilm Cuore e batticuore, ha partecipato a film come Operazione terrore, Herbie il maggiolino sempre più matto e ad altre serie quali L'uomo da sei milioni di dollari e La donna bionica. Anche produttrice e sceneggiatrice, ha 73 anni.


Maurice Kaufmann
, che interpreta Alan Glentower, era nel cast de L'abominevole Dr. Phibes mentre Yootha Joyce, che interpreta Anna, sarebbe diventata la Mildred delle sit-com Un uomo in casa e George e Mildred. ENJOY!

giovedì 9 ottobre 2025

Nuovi Incubi Halloween Challenge Day 9: Godzilla Minus One (2023)

Oggi si mixano due challenge. Il tema di quella di Letterboxd era "Kaiju", mentre quella di Nuovi Incubi "Animal Attack", pertanto ho scelto di guardare Godzilla Minus One (ゴジラ-1.0), diretto e sceneggiato nel 2023 dal regista Takashi Yamazaki.


Trama: durante la seconda guerra mondiale, il kamikaze Shikishima si sottrae al proprio compito e vede un intero battaglione di soldati sterminato da Godzilla. L'uomo torna a casa vivo ma con enormi sensi di colpa, che tornano a perseguitarlo quando, una volta finita la guerra, Godzilla ricompare per minacciare Tokyo e l'intero Giappone...


Comincerò il post con una confessione che farà male soprattutto a Lucia: sarò anche appassionata di Giappone, ma i Kaiju non mi hanno mai detto nulla. Di Godzilla ho solo guardato questo e quello di Hideaki Anno, entrambe le volte per motivi "trasversali" (Godzilla Minus One era nella lista dei film da recuperare in quanto vincitore di un Oscar per i migliori effetti speciali, Shin Godzilla l'avevo visto perché era diretto dal creatore di Evangelion). E' un genere di film che mi diverte molto, durante la visione, come scoprirete leggendo questo post, ma potendo scegliere preferisco guardare dell'altro. In realtà, Godzilla Minus One mi aveva tenuta un po' indietro per via della sua durata, che supera le due ore, e purtroppo ammetto che tra l'attacco a Ginza e il tentativo finale di sconfiggere Godzilla in mare ho faticato a rimanere sveglia e seguire tutte le fasi preparatorie, con tutto il rispetto per il dramma umano messo in scena da Yamazaki. Il "minus one" del titolo, infatti, sta a significare l'ulteriore passo indietro del Giappone che, da "ground zero" martoriato dalla seconda guerra mondiale, si trova a sprofondare di un ulteriore gradino a causa della furia distruttiva di Godzilla. Il tutto, sotto gli occhi di Yamazaki, arruolatosi come kamikaze prima di scoprirsi terrorizzato dalla morte ed inventare una "scusa" per non compiere il dovere verso la patria. Non c'è alcun legame tra la sua decisione e la comparsa improvvisa di Godzilla sull'isola in cui è atterrato fingendo un'avaria, ma lo sterminio del plotone di soldati di stanza lì, proprio per mano del bestione, si traduce in un senso di colpa che Yamazaki si porta dietro anche dopo la fine della guerra, vittima di un profondo stress post traumatico. Proprio questo senso di colpa gli impedisce di aprire il cuore a Noriko, giovane sfollata con neonata non sua appresso, e di formare con loro una famiglia. Quando poi Godzilla si ripalesa, con conseguenze nefaste per tutto il Giappone ma in particolare per il protagonista, ecco che Yamazaki si convince di essere vittima di una maledizione causata dalla codardia dimostrata in guerra, e di dover espiare in modo definitivo, invece di "limitarsi" a fuggire dalle gioie della vita sentendosi indegno. L'aspetto psicologico del film si accompagna a varie critiche alla società giapponese (il riscatto finale dei "vinti" è da antologia) e, in generale, a un mondo che, come nel Godzilla originale, crea mostri nel tentativo di dominare la natura e sfruttare la scienza per portare distruzione. Il kaiju creato nel 1954 da Ishiro Honda non è seplicemente un mostro, è una divinità malvagia portatrice di distruzione indiscriminata, una calamità, una forza della natura che ci fa capire quanto siamo piccoli e inutili nell'universo.


Questa sensazione di impotenza e cieco terrore è rappresentata perfettamente attraverso sequenze in grado di lasciare a bocca aperta, sconcertati dalla distruzione portata da Godzilla. Il colossale bestione spazza via navi, treni e interi quartieri come se fossero briciole, calpesta persone che probabilmente neppure catturano il suo sguardo e, come carico a coppe, a un certo punto spara anche un raggio nucleare dalla bocca, oltre ad essere autorigenerante. L'orrore, però, non si trova solo sulla terraferma. Yamazaki omaggia più volte Lo squalo di Spielberg e ambienta le scene più tese del film in mare, dove nulla può competere con la grandezza e la potenza di Godzilla e, soprattutto, nulla può sfuggirgli. Il regista, che alterna inquadrature ravvicinate di Godzilla ad ampie, dinamiche panoramiche in cui scatenare tutta la potenza distruttiva del mostro, si avvale di effetti speciali all'avanguardia, che rendono ogni scena perfetta e verosimile, coinvolgendo lo spettatore in questa storia di sopravvivenza disperata; Godzilla Minus One ha il respiro ampio di un kolossal, un ritmo dilatato che offre spazio sia all'azione concitata che all'introspezione, inoltre è anche un ottimo film "storico", perché rappresenta con dovizia di particolari la reale situazione post-bellica del Giappone, così come lo stoico, testardo orgoglio di chi ancora si ritiene una potenza militare, anche con le gambe tagliate. Per quanto riguarda il mostro, ho trovato deliziosa l'idea di combinare l'iperrealismo di dettagli come squame, artigli e denti, a nostalgici omaggi verso gli ormai iconici occhi strabici e la camminata eretta, non proprio da dinosauro/rettile, tanto che a un certo punto mi sono chiesta se Godzilla fosse stato creato unendo effetti digitali alle riprese di un essere umano infilato in un pupazzo di gomma (mi sbagliavo. E' interamente digitale!). Alla fine del film mi sono pentita di non avergli dato una chance al cinema, visto che un'opera simile andava rigorosamente vista su schermo gigante, ma anche così, Godzilla Minus One è una visione che ho apprezzato molto!


Del regista e sceneggiatore Takashi Yamazaki ho già parlato QUI mentre Sakura Ando, che interpreta Sumiko, la trovate QUA


Se Godzilla Minus One vi fosse piaciuto avete una filmografia sterminata dalla quale attingere, aggiungerei giusto Lo squalo e Pacific Rim. ENJOY!

mercoledì 8 ottobre 2025

Nuovi Incubi Halloween Challenge day 8: Ma come si può uccidere un bambino? (1976)

La Nuovi Incubi Horror Challenge di oggi ha come tema "Bambini cattivi". Ho colto dunque l'occasione per guardare un film che mi intrigava da anni, Ma come si può uccidere un bambino? (Quién Puede Matar A Un Niño?), diretto e co-sceneggiato nel 1976 dal regista Narciso Ibáñez Serrador, a partire dal romanzo El juego de los niños di Juan José Plans.


Trama: due turisti inglesi in vacanza in Spagna decidono di fare una gita in un isola molto distante dalla terraferma. Lì, scoprono che i bambini del posto hanno ucciso quasi tutti gli adulti...


In questi tempi terribili, durante i quali si sta compiendo un genocidio sotto i nostri occhi disinteressati, mette più angoscia l'introduzione di Ma come si può uccidere un bambino? piuttosto che il film stesso. Prima di cominciare a raccontare l'irrealtà cinematografica, Narciso Ibáñez Serrador ci introduce a una serie di tragedie reali, unite da un sanguinoso fil rouge di guerra e morte, come l'Olocausto, la guerra in Biafra, il Vietnam, la guerra in Corea; nel corso di questi orrori, ci dice il regista e co-sceneggiatore, a pagare lo scotto più alto sono sempre i bambini. Il perché, non devo starvelo a spiegare io. I bambini sono innocenti e spesso muoiono senza avere neppure capito cosa stia succedendo, o perché gli adulti abbiano deciso di farsi i loro violenti interessi senza tenere in conto dell'esistenza di vite che dipendono in toto da loro. Anzi, tanti bambini nascono in Paesi dove fame, povertà, guerra e morte sono all'ordine del giorno, e quella è l'unica normalità che conoscono, il che è ancora più tragico e orribile. "Ma come si può uccidere un bambino?" diventa dunque una domanda oziosa, perché purtroppo c'è gente che lo fa senza troppi problemi, anche perché a qualcuno bisogna persino "definirli" i bambini, o non capisce di cosa si stia parlando. Così, in questo film, i bambini si vendicano. "Giocano", che è poi quello che fanno gli adulti nei loro confronti, con la stessa noncuranza, e il gioco consiste nell'uccidere uomini e donne talmente sventurati da capitare nell'isola sperduta di Almanzora. Proprio lì si recano Tom ed Evelyn, incinta per la terza volta, per concludere una vacanza all'insegna della spensieratezza. I due, coppia benestante e colta, ci mettono un po' a capire che c'è qualcosa di strano ad Almanzora, tra strade deserte, locali abbandonati e gruppi di inquietanti bambini che li fissano in silenzio, e quando lo capiscono è ormai troppo tardi, anche per un motivo legato al titolo del film. Uccidere un bambino è un'aberrazione, qualcosa che frenerebbe la mano anche di chi fredderebbe un adulto senza pensarci due volte, e che entra in risonanza col giusto senso di colpa scatenato dalle sequenze iniziali, richiamate da telegiornali e notiziari radio i quali, nel corso del film, ricordano ai protagonisti della guerra in Corea e del conseguente sterminio di anime innocenti. Evelyn in particolare, in quanto donna e per di più incinta, non comprende (o non vuole credere) fino all'ultimo il pericolo incarnato da bambini pronti a massacrare di botte un uomo, dopo averlo ingannato col più innocente dei sorrisi, e la lucidità con cui Tom compie un gesto irreparabile viene resa ancora più sconvolgente dal modo in cui Serrador decide di girare la relativa scena. 


Al di là di un paio di immagini che fungono da shock value per mostrare di cosa sono capaci i bambini e una sequenza, poco prima del finale, che sconfina nell'horror vero e proprio, Serrador non indugia infatti sulla violenza dei piccoli mostri (probabilmente, anche perché sarebbero state scene difficili da girare). Invece, nel momento in cui Tom supera il limite imposto da società e cultura e spara per difendere Evelyn, la cinepresa si sofferma a lungo sul corpicino che si accascia e sul sangue spillato, così da creare ancora più orrore nello spettatore, preso tra la volontà di condonare il gesto di autodifesa e gli inevitabili vincoli morali. Un'altra caratteristica di Ma come si può uccidere un bambino? è quella di essere uno di quei rari horror bruciati dal sole, dove avviene tutto alla luce del giorno. E' una scelta interessante, che non rende il film meno inquietante, anzi; Tom ed Evelyn arrivano dall'Inghilterra, e abbassano la guardia proprio perché attirati dall'atmosfera calda e soleggiata della Spagna in generale e di Almanzora in particolare. Ai loro occhi, l'isola è un paradiso dopo la folla delle città più turistiche, almeno all'inizio. Quelle stesse caratteristiche positive, tuttavia, ci mettono un istante a trasformarsi in seri problemi, in particolare per una donna incinta, tra caldo afoso, sete, isolamento e chi più ne ha più ne metta. Quando i bambini calano la loro silenziosa ed ingannevole maschera, Almanzora diventa un inferno torrido, e le ombre offrono una ben falsa sicurezza visto che pullulano di ragazzini; inoltre, le casette tutte uguali, così come gli spogli corridoi e scale degli interni, come se non bastassero già strade brulle e spiagge dalle quali non si vede altro che mare, contribuiscono a dare l'idea di un labirinto senza uscita. Ma come si può uccidere un bambino?, visto al giorno d'oggi, ha l'unico difetto di mancare di equilibrio tra una seconda parte concitata e una prima parte introduttiva molto lunga, un po' troppo lenta anche per uno slow burn, e ha due protagonisti tagliati un po' con l'accetta, soprattutto Evelyn, tenerissima ma rea di non capire proprio una mazzafionda (d'altronde, il marito è un biologo che sa pure lo spagnolo, quella deve solo scodellare figli e divertirsi in vacanza). In compenso, gode di un finale di rara perfidia, che stranamente non ha aperto la via a una marea di sequel, uno più brutto dell'altro (qualcuno ha detto Children of the Corn?), e in generale è un film molto bello, che val la pena vedere o riscoprire!

Narciso Ibáñez Serrador è il regista e co-sceneggiatore della pellicola. Uruguayano, ha diretto film come Gli orrori del liceo femminile ed episodi della serie Historias para no dormir. Anche attore e produttore, è morto nel 2019.


Del film esiste un remake messicano intitolato Come Out and Play ma, non avendolo mai visto, se Ma come si può uccidere un bambino? vi fosse piaciuto consiglio Grano rosso sangue, The Children, There's Something Wrong with the Children, Cooties e Il villaggio dei dannati. ENJOY!



martedì 7 ottobre 2025

Nuovi Incubi Halloween Challenge Day 7: Aenigma (1987)

Il tema della Nuovi Incubi Horror Challenge oggi è "Vendetta". Per l'occasione, vi parlo di Aenigma, diretto e co-sceneggiato da Lucio Fulci nel 1987.


Trama: una ragazza, finita in coma dopo uno scherzo crudele, si vendica dei suoi aguzzini sfruttando i propri poteri psichici...


Mi tocca cominciare il post con una dolorosa premessa. Io voglio bene a Fulci, gliene vorrò sempre, perché ci ha regalato dei capolavori immensi. Per questo, guardando Aenigma, ho provato a cercare tracce del Fulci che amo, trovando anche qualcosina di positivo in quell'ammasso di vaccate che è il film. Purtroppo, all'epoca il regista era malato, e da due anni non si metteva dietro la macchina da presa; inoltre, Aenigma è una produzione a bassissimo budget, realizzata a Sarajevo con molti attori e comparse del luogo, e probabilmente l'utilizzo sul set di lingue diverse dall'inglese e l'italiano, con successivo ridoppiaggio, ha peggiorato ulteriormente la recitazione già legnosa di buona parte dei coinvolti. C'è poi una fotografia a dir poco penosa, televisiva, e una struttura anche troppo lineare, che fa di Aenigma una "raccolta" di punizioni tenute assieme da un collante spesso pretestuoso, che deraglia, da un certo punto in poi, in una follia d'amore in grado di toccare punte di estremo imbarazzo. E' triste constatare la pochezza di Aenigma, perché l'idea di base, che parte dichiaratamente da Carrie - Lo sguardo di Satana e si tinge delle atmosfere perverse di Patrick, avrebbe anche del potenziale. Il film, infatti, racconta la vendetta di Kathy, finita in coma a causa di uno scherzo perpetrato dalle compagne di collegio, le quali non l'hanno mai accettata in quanto, letteralmente, "figlia della serva". La disperazione di Kathy, consapevole di stare per morire, proietta il suo spirito all'interno del corpo di Eva, una coetanea che ha passato lungo tempo rinchiusa in una casa di cura a causa di un pesante esaurimento nervoso. Attraverso Eva, nel frattempo iscrittasi al suo stesso collegio, Kathy si vendica delle sue ex compagne, dando prova di un potere psichico quasi onnipotente. L'aspetto horror di Aenigma, i modi fantasiosi con i quali Kathy elimina le sue vittime, sono la testimonianza di come Fulci fosse un visionario abituato ad ingegnarsi con pochi mezzi per veicolare un'enorme inquietudine. Infatti, nonostante il pessimo attore a disposizione, la scena del doppelgänger che compare dalle ombre per strangolare l'insegnante di ginnastica mette angoscia, così come la lunga sequenza ambientata in un labirintico museo, tra statue semoventi e visioni sanguinose, per non parlare della scena, giustamente nominata in tutte le recensioni di Aenigma, in cui una ragazza viene uccisa da una miriade di lumache: i gasteropodi, di dimensioni contenute, si limitano a strisciare lentamente sull'attrice, sono la regia, il montaggio, il sonoro e gli effetti speciali a compiere la magia e a darci l'orribile impressione di qualcuno che viene consumato da esseri che, normalmente, non farebbero paura a nessuno. 


Nonostante il tasso di gore molto contenuto, la regia e alcune soluzioni visive di Fulci infondono la sensazione di qualcosa di sbagliato, di una presenza insidiosa e malvagia, che trasforma un normale collegio in un claustrofobico covo di ingiustizie, sussurri e punti di vista alterati; se solo Aenigma a un certo punto non si perdesse e non lasciasse cadere un paio di spunti interessanti, in effetti, si potrebbe anche sorvolare sulla sua confezione "televisiva" (anche se l'inquadratura insistente su un poster di Tom Cruise, a un certo punto, come se l'attore c'entrasse in qualche modo in tutta la faccenda, mi ha portata a ridere più del dovuto). Il problema è che, a un certo punto, Kathy si invaghisce del neurologo che l'ha in cura e sfrutta Eva per portare avanti una relazione con lui. Il disagio alla vista di un quasi cinquantenne che, dopo una breve ritrosia iniziale, comincia a lumare con sguardo lubrico ogni studentessa diciottenne del college, con profusione di limonate e rapporti sessuali nei luoghi più imbarazzanti (and the Oscar goes to il neurologo cretino che invita la fidanzatina per il suo primo rapporto completo IN OSPEDALE, nella stanzetta dove lui tiene d'occhio Kathy sui monitor. Brrividi, amici), mi ha distratta in più occasioni dall'aspetto horror del film. Anche perché, dal momento in cui Eva/Kathy si invaghisce di Anderson, la povera ragazza in coma diventa una pazza scriteriata preda della gelosia più nera, e si perde un po' il senso della vendetta, che lascia spazio a frustrazione da mancanza di cippa. E viene lasciata cadere anche l'idea che, come in Suspiria, ci sia una cricca di insegnanti che si riuniscono nottetempo a fare cose innominabili, e anche i vari riferimenti a New Orleans e al voodoo sono usati semplicemente come nota di colore , dimenticata dopo pochi dialoghi. Per tutti questi motivi, francamente, non mi sento di consigliare la visione di Aenigma, a meno che non siate dei Fulciani di ferro. Il regista, poverino, ha messo nome e faccia in cose ben peggiori (se non altro, qui si limita vestire i panni di un ispettore e a constatare scoglionato che un insegnante di ginnastica è morto, altro picco di profonda ilarità), ma rischiate di addormentarvi prima che finisca il film e di farvi un'idea sbagliata di Fulci


Del regista e co-sceneggiatore Lucio Fulci, che interpreta anche l'ispettore di polizia, ho già parlato QUI.


Jared Martin
, che interpreta il Dr. Anderson, è stato il protagonista della serie televisiva La guerra dei mondi mentre sia Lara Lamberti (Eva) che Ulli Reinthaler (Jenny) hanno poi partecipato a Zombi 3.  Se Aenigma vi fosse piaciuto, recuperate Suspiria, Carrie - Lo sguardo di Satana, Phenomena e Patrick (se volete farvi del male ci sarebbe anche Patrick vive ancora ma... no, insomma). ENJOY!

lunedì 6 ottobre 2025

Nuovi Incubi Horror Challenge Day 6: Demeter - Il risveglio di Dracula (2023)

Sesto giorno di Nuovi Incubi Halloween Challenge, con un horror per chi è agli inizi col genere. Pensandoci un po' su mi è parso perfetto Demeter - Il risveglio di Dracula (The Last Voyage of the Demeter), diretto nel 2023 dal regista André Øvredal.


Trama: durante la traversata dal porto di Varna a Londra, l'equipaggio della nave mercantile Demeter si trova a fare i conti con un clandestino terrificante...


Avevo letto le peggio cose su The Last Voyage of the Demeter (con tutto il rispetto, il titolo italiano è orribile, ma che risveglio e risveglio?), forse per questo mi sono accinta a guardare il film senza grandi aspettative. In virtù di ciò, o del fatto che l'ho visto spezzato in un paio di giorni per la mia consueta mancanza di tempo, l'ho apprezzato più di quanto pensassi e non ho patito la mancanza di ritmo iniziale, anzi, mi sono fatta prendere abbastanza dall'atmosfera. D'altra parte, è anche vero che adoro Dracula e, a prescindere dalla qualità delle opere, mi diverto quasi sempre con le varie versioni del romanzo di Stoker, anche quando la trama, come in questo caso, si prende alcune libertà che sconfinano nella minchiata (per esigenze narrative, il contagio ha durata variabile, questa è l'unica cosa che mi ha indispettita). Per chi non lo sapesse, e senza fare troppi spoiler, The Last Voyage of the Demeter racconta, per l'appunto, l'ultimo viaggio di una nave condannata a un infausto destino nel momento esatto in cui viene designata per portare le casse di terra di Dracula verso la magione britannica scelta dal vampiro per "espandere la sua attività"; i protagonisti del film sono tutti dei dead men walking e c'è solo da aspettare l'inizio di una mattanza che non risparmia nessuno e che ha la struttura di un survival horror girato in un unico ambiente chiuso ed inospitale. La sceneggiatura si impegna persino a dare un minimo di personalità ai vari membri dell'equipaggio, salvo per un paio connotati come mera carne da macello, così che allo spettatore venga dato il tempo non solo di affezionarsi/interessarsi inutilmente, ma anche la possibilità di non prevedere perfettamente l'ordine di dipartita, il che consente di ravvivare un po' il ritmo del film. 


La pellicola punta inoltre a rendere Dracula un mostro privo di alcuna coscienza umana e praticamente muto, distante anni luce dalla figura romantica o elegante sdoganata da anni di opere a tema. Non ci sono sequenze di seduzione o ipnosi, ma solo la caccia feroce di una bestia che sfrutta le ombre di una nave zeppa di anfratti e le condizioni meteo avverse, e il risultato è che Øvredal può sfogarsi con sequenze fulminee e sanguinose, oppure giocare con l'interessante architettura della nave titolare senza neppure offrire il fianco a banali jump scares. Purtroppo, nonostante le mille possibilità legate a scenografia, fotografia e montaggio, The Last Voyage of the Demeter si affida ad una CGI non sempre all'altezza, soprattutto nel momento in cui alle movenze inquietanti dello snodatissimo Javier Botet si sostituiscono le inquadrature nitidissime di un mostro zannuto e nerboruto, finto come i soldi del Monopoli. Per fortuna, non è una scelta preponderante, ed è anche gradevole osservare le interazioni sempre più tese e disperate tra gli ottimi attori di un cast variegato, tra i quali spiccano l'adorato David DastmalchianAisling Franciosi (anche se dal suo personaggio si dipartono parecchie storture di sceneggiatura che mi hanno perplessa), Liam Cunningham nel ruolo del capitano e il piccolo, bravissimo Woody Norman, di cui spero di vedere il musotto tenerello in un altro horror, prossimamente. In breve, The Last Voyage of the Demeter non è la schifezza demolita da tantissimi spettatori e nemmeno un film imperdibile, bensì una perfetta via di mezzo per passare una serata in lieta tensione.


Del regista André Øvredal ho già parlato QUI. Corey Hawkins (Clemens), David Dastmalchian (Wojchek) e Javier Botet (Dracula / Nosferatu) li trovate invece ai rispettivi link.

Liam Cunningham interpreta il capitano Eliot. Irlandese, ha partecipato a film come Il cartaio, Harry Brown e a serie quali Doctor Who e Il trono di spade. Anche regista e produttore, ha 63 anni. 


Per la serie, dove li ho già visti: Aisling Franciosi, ovvero Anna, era la protagonista di The Nightingale; Chris Walley, che intepreta Abrams, era nel cast di 1917 e Unwelcome (o La maledizione dei Far Darrig); Stefan Kapicic, che interpreta Olgaren, ha doppiato Colosso nei due film dedicati a Deadpool; Nikolai Nikolaeff (Petrofsky) era l'Ivan della quarta stagione di Stranger Things; il piccolo Woody Norman è il protagonista del bellissimo Cobweb. Siccome sono 20 anni che questo film è in progetto, tra i vari registi che, prima o poi, hanno "rischiato" di dirigerlo c'erano Marcus Nispel, Neil Marshall e David Slade, mentre tra gli attori "caduti" figurano Viggo Mortensen, Noomi Rapace e Ben Kingsley. Ovviamente, se Demeter - Il risveglio di Dracula vi è piaciuto dovete recuperare Nosferatu, Dracula, Dracula di Bram Stoker e anche la miniserie del 2020 Dracula, con uno splendido episodio interamente ambientato sul Demeter. ENJOY! 

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