giovedì 31 dicembre 2015

Bolla's Top 5 - Best of 2015

Ancora poco e il 2015 sarà finito! E' stato un anno ricco, cinematograficamente parlando, soprattutto un anno pieno di sorprese e, quel che è ancora più sorprendente, pieno di sorprese ITALIANE. Su cinque ho inserito ben due film nostrani, diversissimi tra loro, a dimostrazione che il Cinema italiano è vivo e cerca di lottare con noi, tentando di non finire schiacciato dalla mediocrità imperante. Detto questo, vi chiedo come al solito di guardare con indulgenza alla mia cinquina: dove abito arrivano pochissimi film, per lo più mainstream, la connessione è lentissima, il tempo a disposizione per i recuperi è poco, ecc. ecc. Ci risentiamo dopo per la classifichina horror!

5. Whiplash
Lo so, fa ancora molto 2014 ma è vero anche che da noi è stato distribuito a ridosso della notte degli Oscar. E' finito di diritto in classifica perché, nonostante non sia interessata né alla musica né tantomeno alla batteria, è riuscito ad entusiasmarmi come poche altre pellicole! Da vedere e rivedere.


4. Suburra
La sorpresa dell'anno, un film sporco e cattivo come piace a me, con interpreti e una colonna sonora da urlo. E pazienza se alcune scelte di sceneggiatura erano un po' telefonate, mi sono lasciata trasportare con l'ignoranza di una novellina!


3. Il racconto dei racconti
Un po' horror, un po' fantasy, un po' fiaba, un po' commedia, un po' tragedia. La bellezza del film di Garrone non risiede solo nella splendida fotografia e nei luoghi dov'è stato girato ma soprattutto nella sua natura ambigua, che ha fatto storcere il naso a molti e che mi ha affascinata più di quanto credessi possibile.


2. Mad Max - Fury Road
Solo una cosa si può dire di questo film: "Ammiratelo!!". Sarebbe stato in cima alla classifica, sia per la sfacciataggine del vecchio Miller, che ha preso ha calci in culo quei novellini wannabe registi di presunti action tutti effetti speciali, sia per la sua incredibile capacità di girare dopo 30 anni un sequel assolutamente all'altezza della sua trilogia cult... se solo non fosse uscito l'adorato Inside Out!


1. Inside Out
E' tutta colpa di Bing Bong. Tra lui e l'imperatrice Furiosa non c'è stata lotta, sapete che all'esaltazione omicida preferisco lacrime di commozione, soprattutto se fuoriescono dagli occhi in forma di caramelle. Ho già detto Capolavoro?


E ora passiamo alla mini-classifica horror, che necessita di una spiegazione. Sono stati moltissimi gli esponenti "alti" del genere quest'anno: Deathgasm, We Are Still Here, Last Shift, Lost After Dark, It Follows sono solo i primi che mi vengono in mente, per non parlare di altre pellicole apprezzatissime e da me ahimé ancora inedite come Knock Knock, Howl, ecc. A differenza di quanto accaduto l'anno scorso con The Babadook, ho tuttavia trovato difficile appassionarmi totalmente ad un horror e anche le emozioni suscitate dai titoli di cui sopra sono a poco a poco svanite assieme al ricordo degli stessi. Sono rimasti quindi pochi i film che, per un motivo o per l'altro, la mia mente si rifiuta di lasciar andare ed ecco perché si trovano in classifica, nonostante alcuni di essi risulteranno per gli appassionati VERI assai inferiori rispetto a quelli rimasti fuori. Con questo vi saluto, ci risentiamo all'anno prossimo.. ENJOY!

5. Bone Tomahawk
L'ultimo horror visto quest'anno è diventato il quinto della Top 5! Inizia lentamente ma penetra sottopelle ed entusiasma proprio in virtù del suo essere uno spettacolare ibrido tra cannibal movie e western. Mi spiace per Eli ma tra i suoi cannibali e quelli di S.Craig Zahler ho preferito gli indiani!


4. Crimson Peak
Elegante, sontuoso e profumato di un'eleganza vecchio stile graditissima. Ma sarebbe bastata anche solo la presenza di Jessicona e Tommolino per farmelo amare.


3. Spring
Una commovente storia d'amore a sfondo horror ambientata in Puglia. Oltre ogni cliché del genere e, soprattutto, per una volta si vedono sul grande schermo dei turisti plausibili, alla faccia degli Hostel. Imperdibile.


2. Musarañas
Più thriller che horror ma non lesina comunque una buona dose di sangue questo folle melodramma benedetto da Alex de la Iglesia. Gli occhi spiritati di Macarena Gomez mi perseguitano ancora adesso!


1. The Final Girls
L'horror dell'anno, nostalgico e commovente come pochi ma anche tanto divertente e ben realizzato. Non ascolterete più Bette Davis Eyes con le stesse orecchie, garantito!


mercoledì 30 dicembre 2015

Bolla's Top 5 - Worst of 2015

Tempo di bilanci finali e mai come quest'anno è stato difficile stilarli. Il motivo è presto detto, nel 2015 sono usciti (o non usciti, dipende) in Italia un sacco di film sciapi, derivativi ed inutili ma non necessariamente orribili al punto da far urlare allo scandalo. Molte pellicole, anzi, sono state talmente dimenticabili che mi sono ritrovata a non ricordare nemmeno il motivo per il quale non mi fossero piaciute quindi ecco la Worst 5 di quelle che in qualche modo ancora oggi spiccano per bruttezza nella mia mente... ENJOY e a domani con la Top 5!

5. Final Girl
Ricordabile principalmente per la fastidiossima aria chic e patinata conferita da fotografia, regia e montaggio, ideale per infiocchettare una delle trame più sciocche e noiose viste quest'anno. Peccato per Abigail Breslin e Wes Bentley che invece hanno vinto tutto con Scream Queens ed American Horror Story!
L'unica cosa che si può dire alla Breslin...
4. Into the Woods
Poteva essere un capolavoro, invece è diventato un musical trashissimo incerto su quale direzione prendere, se quella seria o parodica. Spreco di costumi ed attori, il fatto che Meryl Streep sia stata nominata all'Oscar ANCHE per questa ciofechetta ha dello scandaloso.

Un agile riassunto del film..
3. Ouija
L'horror confezionato dalla Hasbro per pargoletti in cerca di emozioni "forti". Era meglio morire da piccoli...
Un altro agile riassunto del film
2. The Gallows - L'esecuzione
Di tutti i found footage visti quest'anno questo è l'unico che mi ha causato forti nausee durante la visione. Probabilmente perché è stato "girato" da un paio di scimmie col morbo di Parkinson, chissà.

Un agilissimo riassunto del film CON moccio annesso

1. Motel
Una storia che avrebbe fatto la gioia di Tarantino, Coen e Lynch, affidata ad un regista incapace e ad attori cani, sui quali spiccano uno svogliato John Cusak e un Robert De Niro ormai bollito. Fortunatamente in Italia è stato distribuito malissimo quindi credo di averlo visto solo io!

Se riuscite a capire chi dei due è il broccolo lesso avete vinto!

martedì 29 dicembre 2015

Bone Tomahawk (2015)

L'anno sta per concludersi ma io sono riuscita a recuperare ancora un ultimo scampolo di 2015 e a guardare Bone Tomahawk, scritto e diretto dal regista S. Craig Zahler.


Trama: in una cittadina di frontiera ai tempi del Far West, alcune persone vengono rapite da indiani cannibali. Lo sceriffo, assieme all'anziano vice e altri due uomini, vanno al salvataggio ma l'impresa si rivelerà molto pericolosa...


Oltre al cinema di fantascienza, un altro genere che non ho mai apprezzato più di tanto è il western (non cominciamo a nominare Django Unchained e il prossimo The Hateful Eight. Quello è aMMore, non western). E' per questo forse che, nonostante Bone Tomahawk abbia subito fatto gridare al miracolo quasi tutti i blogger che maggiormente stimo, la parte iniziale mi ha lasciata un po' freddina. Diciamo che ci ho messo del tempo per apprezzare i personaggi e le atmosfere, aiutata da una piccola spinta chiamata "David Arquette", attore al quale voglio notoriamente benissimo e che purtroppo si vede solo una decina di minuti scarsi ma una volta entrata nel mood è stato impossibile tirarmene fuori. Bone Tomahawk è infatti un western che solo verso la fine si colora di horror, un cinema di frontiera dal sapore antico che incontra le colline occhiute di Wes Craven e sviscera un orrore che preferisce celarsi tra le sterpaglie del torrido ed assolato deserto piuttosto che nelle ombre; prima ancora degli indiani cannibali, il vero orrore nel film di Zahler sono l'impossibilità di comunicare con la cittadina lontana, la consapevolezza che ogni minuto di sonno potrebbe significare la morte di chi si è andati a salvare oppure l'occasione per un bandito di prendersi la nostra vita, una "banalissima" gamba ingessata, la mancanza di acqua e viveri, l'ignoranza rispetto all'ambiente che ci circonda, l'età che comincia a farsi sentire e soprattutto la perdita di speranza o presenza di spirito. I protagonisti di Bone Tomahawk sono tutti carismatici a modo loro ma non sono affatto superuomini ed ognuno cerca di rendersi utile come può, dolorosamente consapevole dei propri limiti eppure pronto a superarli per riportare a casa le persone amate ed impedire che gli inermi cittadini vengano a poco a poco trucidati da una minaccia che pare quasi uscita da una leggenda superstiziosa.


Gli amanti del western impazziranno dunque per il modo in cui è stata diretta e scritta buona parte del film, impreziosito da una fotografia particolare che parrebbe quasi voler "spegnere" il calore del deserto con le fredde nebbie della morte, ma anche gli amanti dell'horror hanno di che gioire davanti a Bone Tomahawk e non parlo solo del sanguinosetto cameo di Sid Haig ma anche delle trucissime scene ambientate all'interno della grotta dei cannibali e, soprattutto, del modo assai realistico in cui sono state realizzate ferite "classiche" come quelle fatte da una freccia. Ai momenti di violenza "visiva" si accompagnano quelli ben più intensi di violenza psicologica, alimentati da un senso di minacciosa attesa che prende volentieri a schiaffi quello ben più puerile del Green Inferno di Eli Roth; il confronto finale tra Kurt Russel e il capo dei cannibali è da cardiopalma ma non è da meno l'operazione che subisce ad un certo punto Patrick Wilson, il quale si riconferma qui un grandissimo attore. Altro punto a favore di Bone Tomahawk è un cast di prim'ordine che sfrutta al meglio un duro come Kurt Russel, un caratterista di lusso come Richard Jenkins (il racconto del circo delle pulci sarà probabilmente inutile ai fini della storia ma ho pianto come una maledetta, ho adorato il vecchio Chicory) e un Matthew Fox che forse meriterebbe un po' più fortuna rispetto alla suo costante e quasi esclusivo impiego in ruoli televisivi. Come vedete, lo strano ibrido horror/western di Zahler mi ha lentamente conquistata nonostante la mia naturale ritrosia nei confronti del genere; aspettando The Hateful Eight mi sono degnamente consolata e consiglio a voi di guardare Bone Tomahawk nell'attesa che arrivi il febbraio dell'aMMore!


Di Kurt Russell (Sceriffo Hunt), Patrick Wilson (Arthur), Richard Jenkins (Chicory), David Arquette (Purvis) e Sid Haig (Buddy) ho già parlato ai rispettivi link.

S. Craig Zahler è il regista e sceneggiatore della pellicola, al suo primo lavoro dietro la macchina da presa. Americano, anche compositore, ha 42 anni.


Matthew Fox interpreta Brooder. Americano, lo ricordo per film come World War Z e soprattutto per la serie Lost, oltre che per Party of Five. Anche regista, ha 49 anni e film in uscita.


Il progetto di girare Bone Tomahawk risale al 2012 e per allora ad interpretare i coniugi O'Dwyer avrebbero dovuto esserci Peter Sarsgaard e Jennifer Carpenter, con Timothy Olyphant nel ruolo di Brooder; la realizzazione della pellicola è stata poi rimandata, gli attori cambiati e per un po' Jim Broadbent ha addirittura sostituito Richard Jenkins, impossibilitato a partecipare proprio per i ritardi legati alla produzione. Detto questo, se Bone Tomahawk vi fosse piaciuto recuperate L'insaziabile. ENJOY!


domenica 27 dicembre 2015

Il ponte delle spie (2015)

E quindi mentre tutti si fiondavano a vedere l'ultimo Star Wars io andavo controcorrente e mi recavo a rendere omaggio a Steven Spielberg, regista de Il ponte delle spie (Bridge of Spies).


Trama: durante la guerra fredda all'avvocato James B. Donovan viene chiesto di assumersi la difesa di una spia russa. Il caso assumerà proporzioni tali che l'avvocato verrà impiegato dalla CIA per fungere da mediatore durante uno scambio di prigionieri a Berlino Est...


E quindi, per l'appunto, mentre tutti si devastavano giustamente la psiche con Millenium Falcons, droidi, spade laser e quant'altro, nell'attesa di concludere il ripasso della prima trilogia di Star Wars ho consapevolmente scelto, su consiglio di Lucia, di affidarmi con gioia infantile al bravo Steven Spielberg. Il quale, lungi dal persistere nel baloccarsi con effetti speciali ed alieni, continua a sfornare importanti biografie capaci di coniugare la spettacolarità e la solidità dei migliori blockbuster americani ad una narrazione che, per quanto classica, riesce a catturare lo spettatore dall'inizio alla fine, anche le capre come me che, pur amando la storia, dopo cinque minuti cominciano a confondere date, nomi e luoghi. Spielberg parte da un fatto storico realmente accaduto, la crisi degli U-2 che ha rischiato di scatenare la tanto paventata guerra nucleare tra USA e Russia, e si allea con le mani felici dei fratelli Coen e Matt Charman per raccontarci le vicissitudini di un uomo che, nonostante fosse finito in una situazione più grossa di lui, ha tenuto fede ai suoi principi ed è andato avanti per la sua strada senza scendere a compromessi; l'avvocato James B. Donovan accetta una causa "di facciata", giusto per dimostrare al mondo la capacità americana di offrire ache alle spie nemiche un processo equo, e rimane coinvolto dall'umanità e dalla rettitudine dimostrata proprio dal "nemico", la spia russa Rudolf Abel, decidendo quindi di impegnarsi e difenderlo come avrebbe fatto per qualunque suo compatriota. "Ogni uomo è importante" è il mantra col quale Donovan è partito da un tribunale di Washington, rischiando carriera, reputazione, famiglia e persino vita per difendere l'"uomo più odiato d'America", è la convinzione che lo ha portato a finire nella devastata Berlino Est per riportare a casa non solo l'aviatore in missione segreta Powers ma anche il povero studente universitario Frederic Pryor, in barba a tutti i giochi politici e di spionaggio, per i quali gli uomini non sono tali ma soltanto pedine sacrificabili o mezzi per raggiungere scopi più o meno puliti.


Con un pizzico di ingenuità ma con molta coerenza, Spielberg non tesse l'elogio degli USA bensì quello di un'umanità capace di ragionare, di seguire dei principi di rettitudine ed onestà, di mantenersi tale anche davanti ad aberrazioni come un muro costruito in una sola notte, ragazzi mandati a sacrificarsi per il "bene comune" (il dollaro avvelenato dato in dotazione alle spie americane è raccapricciante) o giochetti di spionaggio e politica che presuppongono l'utilizzo delle persone come merce o come "Jolly" da giocare per ricavare vantaggi oppure trarsi d'impaccio da situazioni sgradevoli. L'avvocato Donovan di Tom Hanks (che io sono arrivata a non sopportare ma in questo film da davvero il meglio di sé!) in tutto questo procede per la sua strada, evitando di scendere a compromessi e cercando di ridare speranza a chi si è rassegnato ad essere semplicemente un ingranaggio della macchina e a sacrificare il proprio benessere per quello del suo Paese ("Ma non sei preoccupato?" chiede Tom Hanks ad un meraviglioso Mark Rylance. "Servirebbe?" risponde lui) e la cosa che più ho apprezzato del film è che, molto prosaicamente, il protagonista non cambia il mondo rendendolo un posto migliore ma riesce comunque a raggiungere i propri obiettivi nonostante le persone che lo circondano remino contro fino all'ultimo. Alla fine de Il ponte delle spie, il muro di Berlino è ancora in piedi, la Guerra Fredda continua, Rudolf Abel non ha tradito la Russia vendendo segreti agli americani e Powers è passato dall'essere un eroe all'essere guardato come un traditore della patria ma James B. Donovan è riuscito a mantenere la propria integrità di "uomo tutto d'un pezzo", rifiutando di rimanere a terra e rialzandosi ogni volta che è stato abbattuto. E questa è davvero la lezione di vita più bella con la quale un gran narratore per immagini come Spielberg poteva congedarsi in questi ultimi giorni di un 2015 molto soddisfacente dal punto di vista cinematografico!


Del regista Steven Spielberg ho già parlato QUI mentre Tom Hanks, che interpreta James B. Donovan, lo trovate QUA.

Mark Rylance (vero nome David Mark Rylance Waters) interpreta Rudolf Abel. Inglese, ha partecipato a film come L'altra donna del re e Anonymous. Ha 55 anni e un film in uscita.


Tra gli altri attori segnalo la presenza di Eve Hewson, figlia di Bono degli U2 (guarda un po' che caso!), che nel film interpreta una dei figli di Donovan. Steven Spielberg ha dichiarato che Gregory Peck si era interessato alla stessa storia già nel 1965. Alec Guinness aveva accettato di interpretare Abel e lo stesso Gregory Peck avrebbe interpretato Donovan; tuttavia, siccome si era ancora in piena guerra fredda (da poco c'erano state sia la tentata invasione della Baia dei Porci che la crisi missilistica di Cuba), la MGM ha rifiutato di realizzare il film. Detto questo, se Il ponte delle spie vi fosse piaciuto recuperate Sono un agente FBI, Argo e The Imitation Game. ENJOY!

giovedì 24 dicembre 2015

Pausa Natalizia!

Ragazzuoli, ci risentiamo il 27 o il 29, più probabile la seconda che ho detto.. le Top 5 di fine anno stanno per arrivare quindi non dimenticatemii! (come diceva Renatone) e, soprattutto, passate delle buonissime feste NaSalizie!


mercoledì 23 dicembre 2015

Gone (2012)

L'anno sta finendo male, gente. Ultimamente imbrocco una ciofeca dietro l'altra, sarà la stanchezza, chissà. Fatto sta che in questi giorni mi sono ritrovata a guardare Gone, diretto nel 2012 dal regista Heitor Dhalia e... vabbé...


Trama: Jill soffre di turbe psichiche da quando è stata rapita ed è riuscita a sfuggire al suo aguzzino, inoltre la polizia non le crede perché non sono mai riusciti a trovare il rapitore o il luogo dove la ragazza è stata tenuta prigioniera. Quando la sorella scompare misteriosamente, Jill si convince che il rapitore sia tornato...


Da quando il binomio thriller e Wes Bentley sono diventati sinonimo di fregatura certa? Per carità, non che il povero Wes (che mi sta dando tante soddisfazioni in American Horror Story Hotel) si veda per più di 10 minuti in questo Gone, però dopo il film di Heitor Dhalia e Final Girl ci penserò molto bene prima di dargli un'altra chance in tal senso. Gone è veramente un film medio, anzi mediocre, una rottura di palle che si trascina per un'ora e mezza, con personaggi tra l'antipatico e l'idiota nonché una gestione della suspance praticamente inesistente; tolto un vago senso di curiosità riguardo all'esistenza o meno del presunto rapitore, non c'è mai stato un momento durante la visione in cui mi sia ritrovata partecipe della vicenda di Jill, sciapa biondina dai grandi occhioni e dalla testa di cocco. La trama della pellicola verte essenzialmente sullo scontro tra la protagonista e gli scazzatissimi poliziotti di Portland i quali, terrorizzati dall'idea di setacciare palmo a palmo un parco nazionale, preferiscono convincersi che Jill si sia inventata un rapimento per calamitare su di sé l'attenzione dopo la morte dei genitori piuttosto che aiutarla con le indagini. Il progressivo astio della polizia nei confronti della protagonista si traduce nella trasformazione della giovane da vittima in cerca di aiuto a pericolo pubblico numero uno e in parallelo alla disperata ricerca del rapitore da parte di Jill comincia anche una caccia alla "donna" da parte di sbirri ed investigatori da operetta. Le indagini della protagonista, di una faciloneria talmente estrema da farmi sospettare che Portland sia grossa quanto Ellera (SV), non danno adito al minimo dubbio che il film finirà a tarallucci e vino ma sinceramente non mi aspettavo delle risoluzioni così avulse da ogni legge o senso civico: va bene che gli USA hanno un concetto di "possesso d'arma da fuoco" e diritti del cittadino un po' diverso dal nostro ma il finale di Gone pare davvero la Casa delle Libertà, dove ognuno fa quel Razzo che gli pare.


Non che la realizzazione di Gone sia meglio della trama, ovviamente. Il povero Heitor Dhalia, immigrato brazileiro in terra americana, si è visto strappare di mano il progetto ed è stato relegato al ruolo di servo della produzione, al punto che non è nemmeno riuscito a parlare con gli attori prima di cominciare a girare, per dire; non avendo visto nessuno dei film da lui realizzati prima o dopo non so dire quindi se la saudade causatami dalla regia piattissima sia da attribuire alle sua scarse capacità dietro la macchina da presa oppure dal suo comprensibile scazzo. Gli attori non se la cavano meglio, ahimé. Amanda Seyfried è irritante e loffia, il peso di un film così risibile la schiaccia a tal punto che la biondina, solitamente presenza a me gradita, non riesce a risollevarlo nemmeno per un istante e soprattutto le manca l'ambiguità sufficiente ad instillare il dubbio nella mente dello spettatore. Stenderei un velo pietoso anche sui comprimari, che vanno dall'inutile (la sorella, l'amico senza palle, i vari soggetti interrogati durante le indagini e lo stesso rapitore, favoloso nella sua inconsistenza) al dannoso (gente come Wes Bentley e Jennifer Carpenter messi lì probabilmente solo per fare da specchietto per le allodole e attirare i loro fan) e contribuiscono a rendere ancora più anonimo e dimenticabile un film che già nasceva sotto una cattiva stella. Basta, tra i buoni propositi per l'anno nuovo ci sarà sicuramente quello di non guardare più thriller a scatola chiusa: voi se volete evitare di sprecare tempo prezioso continuate a leggere il Bollalmanacco invece!


Di Amanda Seyfried (Jill), Sebastian Stan (Billy) e Wes Bentley (Peter Hood) ho già parlato ai rispettivi link.

Heitor Dhalia è il regista della pellicola. Brasiliano, ha diretto film che non conosco come O cheiro do Ralo e À Deriva. Anche sceneggiatore, produttore e attore, ha 40 anni.


Jennifer Carpenter interpreta Sharon Ames. Americana, la ricordo per film come The Exorcism of Emily Rose, Quarantena e per la serie Dexter. Anche produttrice, ha 36 anni.


Se Gone vi fosse piaciuto recuperate la trilogia di Taken e The Vanishing - Scomparsa. ENJOY!

martedì 22 dicembre 2015

Assassination Classroom (2015)

Sapete che amo il Giappone, vero? E sapete anche, nonostante purtroppo non abbia più l'età né il tempo per seguirli come una volta, che amo gli anime e i manga. Questo è il motivo per cui qualche sera fa mi sono imbarcata nella visione del live action Assassination Classroom (暗殺教室 - Ansatsu Kyoushitsu), diretto dal regista Eiichiro Hasumi e tratto dal manga omonimo di Yusei Matsui.


Trama: un essere dotato di tentacoli e capace di muoversi a velocità Mach 20 distrugge buona parte della Luna e minaccia di fare lo stesso con la Terra se, entro un anno scolastico, non verrà fatto fuori. L'essere chiede inoltre di poter insegnare nella classe E (come End) dell'istituto Kunugigaoka, i cui alunni vengono designati come potenziali killer del mostro, nel frattempo ribattezzato Korosensei: in caso di successo ai ragazzi spetterebbero ben dieci miliardi di yen!


L'anno scorso mi sono follemente innamorata di un essere dalla testa tonda, il corpo tentacolato e capace di cambiare colore a seconda dei suoi stati d'animo. Questa creatura peculiare, denominata Korosensei dall'unione delle parole giapponesi sensei e korosenai (insegnante che non si può uccidere), è il protagonista del manga Assassination Classroom, una delle cose più divertenti ed intelligenti che mi si capitato di leggere negli ultimi tempi. L'opera di Yusei Matsui unisce storie semplici di ordinaria quotidianità scolastica ad una situazione che di ordinario non ha proprio nulla: la classe E dell'istituto Kunugigaoka, composta da studenti delle medie espulsi ed allontanati dall'edificio principale in quanto "inferiori" agli alunni delle altre sezioni, non segue solo normali lezioni ma ha anche il difficile compito di uccidere una creatura apparentemente invincibile che ha volutamente scelto di insegnare in quella classe particolare nell'attesa di distruggere la Terra alla fine dell'anno scolastico. Dopo otto volumi il segreto che si cela dietro la decisione di Korosensei (nonché alle sue origini!!) è ancora avvolto nel mistero ma io ho avuto intanto un anno di tempo per innamorarmi di lui e disperarmi per non avere mai avuto un insegnante simile. La bellezza delle storie di Yusei Matsui, dotate di un'ironia spesso grottesca ma mai volgare, è infatti il modo in cui Korosensei riesce ad affinare le arti omicide dei suoi giovani protetti formandoli allo stesso tempo come studenti ed esseri umani, tirando fuori il meglio di loro in ogni situazione ed elevandoli dalla tragica ed umiliante condizione in cui sono stati gettati dal crudele preside dell'istituto Kunugigaoka. Non ho avuto tempo di recuperare l'anime, anche perché non amo molto le animazioni di quelli recenti, però ho voluto guardare a tutti i costi il film di Eiichiro Hasumi sperando che l'intelligenza del manga potesse risaltare con forza anche in un live action e invece...


E invece Assassination Classroom è stato un mezzo diludendo. La trama segue quasi pedissequamente quella del manga (cosa che conclude forzatamente il film con un finale aperto, nell'attesa che escano altri tankobon dell'opera cartacea) ma laddove i tempi ovviamente dilatati del fumetto consentono al lettore di conoscere i personaggi e gustarsi la loro evoluzione, in un adattamento cinematografico come questo l'impressione è quella di avere davanti tante piccole storie scollegate tra loro, noiosine e poco divertenti. Vista l'abbondanza di studenti  presenti nel manga, la trama del film si focalizza esclusivamente su quelli principali o più particolari (il mingherlino Nagisa, lo scavezzacollo Karma, il computer Ritsu e ovviamente il violento Itona), inglobati all'interno delle quattro/cinque "minisaghe" chiave concertate da Yusei Matsui finora, mentre personaggi fondamentali come i due professori Karasuma e Irina "Bitch Sensei" Jelavich paiono messi lì giusto per dovere di precisione e sono ben distanti dalle figure tridimensionali del manga. Più che emozionare, il film di Eiichiro Hasumi incuriosisce visivamente, nel senso che l'inizio è serissimo e non ha nulla da invidiare agli action horror occidentali, poi diventa un tripudio di assurdità colorate e combattimenti tentacolati; sinceramente, non ho ancora capito se l'impressionante (in senso positivo!) Korosensei sia stato realizzato in CGI oppure se si tratti di un mix di computer graphic e riprese dal vivo di un pupazzone con all'interno un attore! Purtroppo, questi ultimi sono un'altra nota negativa del film. L'intera classe E pare il tripudio del cosplay venuto male, il moccioso che interpreta Itona, con quella pelle abbronzata e i capelli semoventi , fa impressione, Karasuma dal figo che è nel manga è diventato un vecchiaccio privo di carisma e la povera Bitch Sensei, che a rigor di logica dovrebbe essere russa (Irina Jelavich), viene interpretata da una coreana con un'improbabile parrucca gialla in testa che fa più ridere del povero Korosensei (a proposito, bellissima la risata del doppiatore!!). Insomma, un mezzo sfacelo, via, nonché un film che vi consiglio di guardare solo se siete curiosi o avete un'insaziabile "fame" di Korosensei. In caso, sappiate che non siete soli nella vostra follia tentacolata!

Eiichiro Hasumi è il regista della pellicola. Giapponese, ha diretto un bel po' di film e serie che non conosco e sta per tornare con Assassination Classroom: Graduation, che dovrebbe uscire nel 2016. Ha 48 anni.


Se Assassination Classroom vi fosse piaciuto recuperate assolutamente il manga omonimo edito dalla Planet Manga e, nell'attesa che esca Assassination Classroom: Graduation, aggiungete la serie animata e live action come As the Gods Will o L'attacco dei giganti. ENJOY!

domenica 20 dicembre 2015

Lupin III: Fuga da Alcatraz (2001)

Il Natale si avvicina ma ciò non mi impedisce di continuare il mio Progetto Lupin! Oggi parlerò dello special TV Lupin III: Fuga da Alcatraz (ルパン三世 アルカトラズコネクション - Rupan Sansei - Alcatraz Connection), diretto nel 2001 dal regista Hideki Tonokatsu.


Trama: dopo aver tentato di rapinare un casinò galleggiante, Lupin e soci si mettono alla ricerca del tesoro di Al Capone ma finiscono per scontrarsi con un gruppo di malviventi denominato I sette occulti..


Dopo Per un dollaro in più, il nuovo millennio ha portato con sé un altro valido film TV dedicato al ladro gentiluomo e non a caso il regista è sempre lo stesso, Hideki Tonokatsu. Anche in questo caso gli sceneggiatori non basano la storia sull'ingresso di un nuovo personaggio temporaneo ma cercano di amalgamare le novità al naturale affiatamento dei membri principali del cast, facendo sì che le caratteristiche peculiari di ogni componente della banda risaltino all'interno della trama. L'intreccio è quello classico, il film inizia con un furto abbastanza spettacolare che nasconde tuttavia qualcosa di più e funge da specchietto per le allodole onde consentire a Lupin di puntare al suo vero obiettivo: il tentato furto dell'incasso di un casinò galleggiante diventa quindi il pretesto per cercare informazioni sul tesoro di Al Capone, una montagna di lingotti d'oro nascosta sul fondo dell'oceano e poco distante da Alcatraz. Questo fantomatico tesoro nasconde un'ulteriore segreto, quasi fossimo davanti a una matrioska e, come spesso accade in questi special TV, ai pittoreschi nemici di Lupin si affiancano elementi di fantastoria e fantapolitica che, in questo caso, rimandano agli anni '60 e al caso Kennedy. La trama in sé è quindi intricata e molto interessante, soprattutto se siete vagamente appassionati (come me) del periodo storico in questione, sebbene patisca leggermente lo sfruttamento malgestito di alcuni villain potenzialmente interessanti e l'antipatia dell'antagonista principale che, tra l'altro, subisce un'improbabile metamorfosi nel corso del film.


La cosa bellissima di Fuga da Alcatraz è però il modo in cui vengono gestiti i rapporti tra i personaggi principali. Jigen diventa letteralmente un "fratellone" per l'esagitato Lupin, un fine e pacato stratega capace di tirarlo fuori dai guai e di battere i nemici in astuzia, abilità e (ovviamente) figaggine, inoltre viene mostrato un inedito Goemon, talmente innamorato della bella di turno (povero samurai, invaghitosi di un puchiaccone senza possibilità di redenzione...) da essere pronto a lasciare Lupin nella bratta ed allearsi con Fujiko pur di fare soldi. Molto bella anche la sfumatura conferita a Zenigata il quale, pur rimanendo sempre un terribile pasticcione, mostra un'integrità morale e una fermezza tali da renderlo l'unico degno avversario del ladro gentiluomo. Tecnicamente parlando, Fuga da Alcatraz risulta molto simile al precedente Per un dollaro in più: belle le animazioni, ben fatto il character design (l'unico che sembra sempre un po' mostro è Lupin, chissà perché...) e come sempre assai calzante la colonna sonora del veterano Yuji Ono, soprattutto la bella canzone finale What's the Worry, che chiude un'improbabile sequenza conclusiva in cui San Francisco viene praticamente spazzata via dagli elicotteri d'assalto della CIA. Esagerati, per un paio di segreti di stato! A proposito di esagerazione, è bene sottolineare anche come Fuga da Alcatraz sia stato censurato durante in vari passaggi Mediaset a causa di un paio di scene particolarmente splatter (nulla che un po' di sangue nero mediasettaro non potesse sistemare, ovvio). E con questo chiudo, al prossimo TV Special!


Del regista Hideki Tonokatsu ho già parlato QUI.

Il film, che si ispira ad una saga della seconda serie manga (marzo, ma quando arrivi??) e un episodio della terza serie televisiva, è stato distribuito anche col titolo Lupin III - Alcatraz Connection; se vi fosse piaciuto date un'occhiata alla lista degli altri film di Lupin dei quali ho parlato sul blog. ENJOY!

venerdì 18 dicembre 2015

Alone in the Dark (2005)

Tutto comincia da una cartella denominata "Serata Trash!", donatami dall'amico Dario parecchi anni fa. Complice tutta una serie di fattori non ho mai avuto il coraggio di aprirla finché, qualche mese fa, non ho cominciato con Pomodori assassini e, tra gli altri titoli, ho notato un nome ripetuto parecchie volte: Uwe Boll. Consapevole di stare per inoltrarmi nella peggio monnezza ho deciso di guardare Alone in the Dark, diretto appunto da Boll nel 2005 e tratto dall'omonimo videogame anni '90. Mamma mia.


Trama: Edward Carnby è un detective dell'occulto dall'oscuro passato che, un giorno, si ritrova a dover affrontare terribili mostri desiderosi di invadere il nostro mondo...


Che è il massimo sforzo che otterrete da me per quel che riguarda la stesura di una trama, poiché dopo due giorni di Alone in the Dark non ricordo altro che il sonno. Anzi, anche per darvi un'idea del poco tempo a mia disposizione per scrivere i post vi comunico che dalla stesura della riga precedente è passata addirittura una settimana e non so davvero cosa diavolo scrivere sul film di Uwe Boll tranne che fa davvero schifo. Già a mio parere non è una mossa saggia partire da un videogioco per girare un film horror però poi penso che, effettivamente, Silent Hill non era venuto male, anzi. Il problema è che Alone in the Dark come film (al videogame non ho mai giocato quindi non posso giudicare) è la quintessenza della banalità, della noia, del già visto, del "e ti pare una scena d'azione quella??": tutto ruota attorno ad un'organizzazione segreta che gestisce le minacce paranormali, soprattutto quelle aberrazioni scheletriche di cui non ricordo il nome che tentano di invadere la Terra e che uno scienziato ha cercato di incrociare, aiutato da una suora (!!!) con dei bambini. Il risultato saranno adulti zombizzati e un Christian Slater che è mezzo incrociato mezzo no quindi rimarrà bello fresco per tutto il film, ad aiutare l'organizzazione a distruggere gli orridi mostri. In quasi tutte le scene del film ci saranno dunque dei personaggi che "Soli Nel Buio" si ritroveranno, fucile alla mano, a sparare contro i mostrilli che un po' si vedono un po' non si vedono in quanto capaci di mimetizzarsi nelle tenebre fino a scomparire: avete idea di quanto sia bello vedere attori incapaci a recitare che corrono fingendo che ci sia qualcosa di cattivissimo e sanguinario alle loro spalle? Se non lo sapete, guardate Alone in the Dark e ve ne farete un'idea! Ma non è questo l'unico difetto del film, eh no.


Accanto ad una trama noiosissima ed inutilmente complicata (tanto che i realizzatori hanno dovuto aggiungere lo spiegone scritto in sovrimpressione all'inizio perché dopo le prime proiezioni il pubblico aveva difficoltà a capire) e ad attori cagnacci (credo che Stephen Dorff e Christian Slater abbiano semplicemente staccato il cervello, Tara Reid non ne ha mai avuto uno, nemmeno ai tempi di American Pie, ma almeno in Alone in the Dark non è ancora rifatta o in botta come in Sharknado) c'è la regia di Uwe Boll e mi spiace solo che il suo cognome sia così simile al mio. Potevo "quasi" sorvolare sulla trashissima scena di sesso tra la Reid e Slater, preceduta da un attacco di 7 Seconds così smaccato che mancava solo il filtro sfumato in fase di montaggio, ma le oscene battaglie contro i mostri, zeppe di immagini statiche illuminate dal flash dei fucili mentre gli attori stanno fermi ad urlare come dei dementi, o il vilipendio all'Aldilà Fulciano durante il pre-finale (è stato vilipeso persino Alien 2 sulla terra, vi pare possibile????) sono stati troppo anche per me. Ho giusto apprezzato la presenza di Wish I Had an Angel dei Nightwish, anche troppo bella per i titoli di coda di una rumenta simile: vi dico solo che ho continuato a fissare inebetita lo schermo scuotendo la testa finché non è finita, cercando di purgarmi la mente dall'orrore "cinematografico" appena conclusosi. Alone in the Dark ha avuto un seguito e la filmografia di Boll è praticamente sterminata ma seguirò il consiglio dell'amica Lucia e cancellerò dalle mie proprietà qualsiasi cosa sia legata anche solo lontanamente a questo regista. Per me l'esperienza Boll finisce qui!


Di Christian Slater (Edward Carnby), Tara Reid (Aline Cedrac) e Stephen Dorff (Richard Burke) ho già parlato ai rispettivi link.

Uwe Boll è il regista della pellicola. Tedesco, ha diretto film come House of the Dead, Bloodrayne, In the Name of the King e Rampage. Anche produttore, sceneggiatore e attore, ha 50 anni e due film in uscita.


La recensione più bella del film l'ha scritta tale Blair Erickson, autore non accreditato della prima bozza di sceneggiatura, dopo che Uwe Boll ha deciso di cambiare lo script per farlo assomigliare più ad un action che a un thriller. Ecco la traduzione di quello che ha scritto Erickson sul sito Somethingawful.com, una roba da facepalm definitivo: "La sceneggiatura originale di Alone In the Dark era stata scritta come la storia vera di un investigatore privato che scopriva un inquietante segreto paranormale nascosto dietro alcuni casi di persone scomparse. La storia veniva raccontata attraverso gli occhi di uno scrittore che era arrivato a collaborare con Edward Carnby durante la stesura di un romanzo e i due erano descritti come normalissime persone che non si sarebbero mai aspettate di incontrare nel buio degli esseri orribili. Abbiamo provato a rimanere fedeli allo stile di H.P. Lovecraft e al videogioco originale, decisamente meno hi-tech, cercando di tenere l'orrore nell'ombra, così che lo spettatore non vedesse mai di preciso ciò che aspettava nel buio i protagonisti. Per fortuna, il Dott. Boll è riuscito ad ingaggiare la sua fedele cricca di mestieranti per realizzare in tempo zero qualcosa di molto meglio della nostra storiella del cavolo e aggiungere un sacco di elementi terrificanti nonché indispensabili per un film horror, come portali che si aprono su dimensioni alternative, stupide archeologhe bionde, scene di sesso, scienziati pazzi, cani-mostro grondanti slime, forze speciali create per combattere cani-mostro grondanti slime realizzati in CG, Tara Reid, sparatorie in slow-motion stile "Matrix" e inseguimenti in auto. Ah già, e anche un prologo di dieci minuti il cui testo scorre sullo schermo ma viene anche letto a voce alta a beneficio degli spettatori analfabeti, ovvero gli unici che sono riusciti a bypassare tutte le critiche negative. Cioè cazzo, Boll sì che sa cosa fa davvero paura". Date un Nobel a quest'uomo!!! E se, inaspettatamente, Alone in the Dark vi fosse piaciuto, sappiate che c'è anche un Alone in the Dark 2: nonostante (o forse proprio a causa della) presenza di Lance Henriksen, Danny Trejo e Bill Moseley non garantisco la pregevolezza dell'opera ed evito di guardarla. ENJOY!





giovedì 17 dicembre 2015

(Gio)WE, Bolla! del 17/12/2015

Buon giovedì a tutti! Inutile dire che questa è la settimana di Star Wars, anche perché non è che ci sia tutta questa concorrenza... ENJOY!

Star Wars: Il risveglio della forza
Reazione a caldo: Papappapaaaapappapapappapaaaaaa!
Bolla, rifletti!: Devo ancora finire di riguardare la trilogia originale (quella nuova qualcuno mi dice che non sia stata neppure girata, quindi...) ergo andrò con calma quando l'hype dei veri fan si sarà consumato, sperando di trovarmi davanti un bel film fruibile anche dagli spettatori "normali" come la sottoscritta.

Il ponte delle spie
Reazione a caldo: Boh.
Bolla, rifletti!: Manco sapevo che Spielberg avesse girato un nuovo film, giuro. Pare però che questo confronto tra Tom Hanks e la guerra fredda sia molto bello quindi probabilmente sarà il film che andrò a vedere questa settimana se troverò qualcuno che abbia voglia di accompagnarmi...

Natale col boss
Reazione a caldo: Per pietà...
Bolla, rifletti!: Ci sono tante di quelle cose sbagliate in questo film, fin dal trailer, che non so nemmeno da che parte cominciare. Dico solo che la presenza di Peppino Di Capri potrebbe essere la meno peggiore, ecco. Il cinepanettone demenziale, da affiancare a quello tradizionale, decisamente mi stomaca.

Irrational Man
Reazione a caldo: Hmm...
Bolla, rifletti!: Come al solito vado controcorrente dicendo che a me Woody Allen non fa impazzire. La vicenda di Irrational Man credo inoltre verta su un personaggio che potrebbe starmi molto antipatico, tutto pose filosofiche, insicurezze e, appunto, irrazionalità. Credo passerò.

Vacanze ai Caraibi
Reazione a caldo: A quando Natale all'Inferno?
Bolla, rifletti!: Davvero, no. C'è bisogno di commentare l'ennesimo cinepanettone con De Sica? Comunque complimenti ai distributori coraggiosi, fare uscire una roba simile assieme a Star Wars è stata davvero una mossa volpina, bravi!

Al cinema d'élite esce invece l'unico film che avrei voluto vedere la settimana scorsa...

Perfect Day
Reazione a caldo: Mi ispira!!
Bolla, rifletti!: La fine della guerra dei Balcani trattata con piglio ironico alla MASH, con degli attori grandissimi come Benicio Del Toro e Tim Robbins. Potrebbe essere un film orribile ma anche una meraviglia, sono più tentata verso la seconda ipotesi...







Se vuoi condividere l'articolo

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...