venerdì 30 giugno 2017

Free State of Jones (2016)

L'avevo perso, non so per quale motivo, all'uscita cinematografica ma in questi giorni ho deciso di recuperare Free State of Jones, diretto e co-sceneggiato nel 2016 dal regista Gary Ross.


Trama: nel corso della guerra di secessione, il medico da campo Newton Knight decide di disertare per difendere i contadini dalle ingiuste richieste dei Confederati, unendo sotto la stessa bandiera di libertà bianchi e neri...



Quando gli Oscar si avvicinano cominciano a spuntare come funghi film più o meno "patriottici", o comunque legati a doppio filo ad una parte di storia Americana, possibilmente quella scomoda legata a schiavismo, guerre e tensioni razziali. Non è esente da questo cliché Free State of Jones che racconta, come da titolo, la rapida nascita e declino del cosiddetto "Stato libero di Jones", in cui un gruppo di contadini ribelli era riuscito ad affrancarsi dalle ingiuste leggi della Confederazione e a creare una sorta di paradiso dove i poveri potevano tenersi i frutti del loro duro lavoro e dove bianchi e neri collaboravano apparentemente senza conflitti. Apparentemente, ovvio, ché al primo segno di cambiamento presidenziale una delle leggi su cui si fondava lo staterello (o sarebbe meglio dire contea?), ovvero quella che recitava "siamo tutti uomini, senza distinzione", ha cominciato a venire ignorata da quelli che erano fondamentalmente un branco di redneck burini i quali, una volta finita la guerra e riottenuto quello che volevano, hanno mandato al diavolo Knight e tutti i suoi amici di colore, gettando i semi del Ku Klux Clan nella felicissima terra del Mississippi. Nelle quasi due ore e mezza di film, Gary Ross infila quindi tutte le contraddizioni del sud degli Stati Uniti, tra poveracci che combattono i ricconi possidenti e contemporaneamente il nemico nordista, tra contadini che hanno praticamente gli stessi non-diritti degli schiavi di colore e che tuttavia li odiano, offrendo il ritratto di un popolo pavido, umorale e retrogrado (l'eredità razzista del sud si ripercuoterà ottant'anni dopo su un pro-nipote di Knight, per un ottavo di colore, ma l'uomo riuscirà ad evitare il carcere per timore di ritorsioni da parte della Corte Suprema) e di un eroe duro e puro costretto a combattere contro i mulini a vento dell'ignoranza e della paura. La storia funziona, nonostante un senso di "incompletezza" e confusione dato dall'eccessiva attenzione conferita alla parte iniziale, quella in cui i ribelli dimorano in paludi trasformate a poco a poco in zona residenziale, alla quale si affiancano sei o sette postille finali che paiono appiccicate con lo sputo perché "bisognava raccontarle ma non ci stavano più" e perché sono appunto funzionali ai flash forward che mostrano il già citato pro-nipote di Knight.


Incrocio tra Robin Hood, un padre pellegrino e un cowboy, Newton Knight è ovviamente il fulcro della pellicola e nonostante Free State of Jones patisca una lunghezza eccessiva e un punto di vista univoco, non c'è dubbio che il personaggio sia in grado di coinvolgere lo spettatore col suo carisma e col suo sguardo indignato. Questo è quindi uno di quei casi in cui si può ben dire che un attore regge da solo un intero film: in barba alla presenza di un cast composto da ottimi attori e caratteristi, a spiccare su tutti è Matthew McConaughey, convincente sia nei panni del dottore dimesso che in quelli del combattivo proprietario terriero, nei momenti in cui gli tocca anticipare l'occhio spiritato di Randall Flagg e in quelli dove alla foga vendicativa si sostituisce la natura quasi solenne di un padre fondatore. E' anche vero che accanto a Matthew non spiccano altri nomi particolarmente eccellenti, anzi, viene un po' da sorridere perché praticamente mezzo cast di 12 anni schiavo è finito ad ingrossare le fila dei co-protagonisti e buona parte dei discendenti del vero Newton Knight ha ottenuto una particina nel film, comunque Free State of Jones mi è parso ben recitato e nel complesso anche ben diretto, sia nelle parti statiche che in quelle dinamiche, pur essendo privo di sequenze particolarmente memorabili. A mio avviso, il difetto più grande del film (che pur mi è piaciuto) è la sua natura un po' didascalica e, come si diceva sopra, disomogenea, cosa che non mi ha portata ad entusiasmarmi per le vicende narrate, come accade di solito con questo genere di pellicole, né a farmi venire voglia di saperne di più su Newton Knight e questo singolare episodio di storia americana. Sarà mica che dopo Silence pretendo una perfezione e una profondità fuori dal comune? Può essere. A prescindere, se vi piace il genere, un'occhiata a Free State of Jones la consiglio!


Del regista e co-sceneggiatore Gary Ross ho già parlato QUI. Matthew McConaughey (Newton Knight), Gugu Mbatha-Raw (Rachel), Mahershala Ali (Moses) e Sean Bridgers (Will Sumrall) li trovate invece ai rispettivi link.

Keri Russell interpreta Serena. Americana, ha partecipato a film come Tesoro, mi si è allargato il ragazzino, Mission: Impossible III, Dark Skies - Oscure presenze, Apes Revolution - Il pianeta delle scimmie e a serie quali Scrubs. Ha 41 anni.


Se Free State of Jones vi fosse piaciuto recuperate 12 anni schiavo, Lincoln e The Birth of a Nation (che devo ancora vedere). ENJOY!

giovedì 29 giugno 2017

(Gio) WE, Bolla! del 29/6/2017

Buon giovedì a tutti! Si vede che il multisala savonese sta per andare in ferie visto che ha mantenuto tutti i blockbuster delle scorse settimane e ha introdotto solo UN nuovo film, peraltro neppure tanto pregevole a mio avviso... ENJOY!

2:22 - Il destino è già scritto
Reazione a caldo: Mah.
Bolla, rifletti!: Quest'anno va di moda Ricomincio da capo? No perché nel giro di un mese sono già due i film a tema loop temporale che dovrebbero uscire, entrambi thriller. Peccato che questa coproduzione USA-Australia non mi ispiri per nulla...

Il film bello lo ha tirato però fuori il cinema d'élite...

Lady Macbeth
Reazione a caldo: Dev'essere splendido!
Bolla, rifletti!: Non c'entra niente con Shakespeare ma racconta di una ragazza che, lungi dal sottostare alle rigide regole della società, cerca la libertà di amare ed essere se stessa nel modo più violento. La collezionista di biglietti ne ha parlato benissimo, quindi lo recupererò appena possibile!

mercoledì 28 giugno 2017

Antichrist (2009)

Era da un po' che non tornavo tra le grinfie dell'amico Lars Von Trier e l'ho fatto, non sto nemmeno a dirvi perché, con Antichrist, da lui diretto e sceneggiato nel 2009.


Trama: dopo la perdita del figlio, un uomo e una donna vanno in un rifugio in mezzo alla foresta per superare il lutto. Lì cominceranno ad accadere cose molto strane...


"Lascia ch'io pianga/mia cruda sorte, e che sospiri/la libertà". In soldoni, lasciatemi soffrire e deprimere e non spaccate i marroni. Potrebbe essere questo il messaggio recondito di Lars Von Trier, reduce da una depressione che lo ha portato a girare il primo film di un'ideale trilogia imperniata proprio su questo terribile disturbo (le altre pellicole sono Melancholia e Nynphomaniac, quest'ultimo deprimente sì ma per lo sventurato spettatore) e che, di fatto, mi porterebbe ad identificare il regista, pur essendo uomo, col personaggio di Lei, alla faccia di tutta la misoginia che parrebbe trasparire da ogni fotogramma del film. Ma facciamo un passetto indietro, a beneficio di chi non ha mai visto Antichrist. In soldoni, la pellicola narra la storia di una coppia che ha perso il figlio in maniera abbastanza cretina, ovvero abbandonandosi ad un furioso amplesso senza badare al pupo che, a un certo punto, decide di averne abbastanza dei genitori mugolanti e di uscire in esplorazione, inforcando la finestra del terzo/quarto piano invece che la porta. Dramma e orsetti spezzati sulla neve, sulla triste melodia Handeliana. Stacco. I due, ma lo avevamo già intuito, tanto normali non sono: lui piange giusto al funerale del pargolo, per poi trasformarsi nel Freud dei poveri ed eleggersi a psicoterapeuta della moglie, dimostrando da quel momento in poi la gamma emotiva di un termosifone spento; lei, comprensibilmente, si dispera e cade vittima di attacchi d'ansia, momenti di follia, paure irrazionali, gesti di violenza inconsulta e quant'altro. Forse per smuovere lui, forse perché Von Trier aveva già in mente Nynphomaniac, tra un attacco isterico e l'altro la donna cerca periodicamente di violentare il marito che, poverello, un po' tenta di trincerarsi dietro una parvenza di codice deontologico professionale (ma sei il suo compagno, idiota!), un po' dimostra d'essere fatto di carne e sangue (pure troppo) e, insomma, due colpi glieli concede. Il tutto tra le quattro mura di un rifugio nella foresta all'interno del quale la donna, tempo addietro, aveva passato un lungo periodo col figlioletto, impegnata a scrivere una tesi intitolata *rullo di tamburi* Gynocide. In base a questa tesi le donne sono malvagie. Tutte. Schiave di una Natura che è a sua volta schiava del Demonio, il quale pare imperversare nella foresta ironicamente denominata Eden, scatenando su lui e lei tre tenerissimi emissari di morte (tre mendicanti, come tre sono i capitoli in cui è diviso il film, Pena, Dolore e Disperazione, mancavano solo Pessimismo e Fastidio) quali cervo, volpe e corvo. Mi fermo qui ma sappiate che appena viene nominato Satana il film prende una piega horror/splatter esteticamente non disprezzabile, se avrete la pazienza di sopportare la grandeur Vontrieriana, le sue pippe fisico/mentali e, soprattutto, se avrete lo stomaco per sostenere mutilazioni abbastanza esplicite e raccapriccianti.


Riassumendo: Von Trier voleva fare un horror ma, per sua stessa ammissione, non gli è riuscito ed è venuto fuori questo Antichrist. A mio avviso, l'unico difetto di Antichrist, tolta la pornografia talvolta gratuita che non contribuisce ad approfondire né i personaggi né la storia (per non parlare del fatto che la Gainsbourg va in giro con la patata costantemente all'aria, manco fosse una Paz De La Huerta qualsiasi), è semplicemente l'impossibilità di provare qualsivoglia emozione davanti alla vicenda di Lui e Lei. Santo cielo, ai due è morto un figlio e la Gainsbourg piange da spezzare il cuore ad un sasso ma niente, guardando il film ho provato la stessa commozione che avrei potuto avere leggendo un manuale di diritto, forse meno ancora. Il dolore puro o, meglio, la Pena, il Dolore e la Disperazione derivano solo dai dialoghi pesantissimi ed intellettualoidi tra due persone che, invece di cercar consolazione l'uno nell'altro oppure scassarsi di botte rinfacciandosi la rispettiva deficienza, speculano sulla "natura umana", sulla malvagità femminile che porta inevitabilmente a ferire le persone amate, in definitiva sulla psicanalisi d'accatto, lo stesso difetto fatale di Nynphomaniac per altro. La seconda parte, per quanto criticata da molti, è perlomeno liberatoria ed è un modo (goffo e ributtante quanto volete, ve lo concedo) per costringere Lui ad aprire gli occhi e ad abbracciare finalmente la vera essenza di una moglie sconosciuta, sacrificata ad un ego smisurato che viene giustamente demolito a colpi di pala e torture, preludio alla consapevolezza di vivere in una realtà cupa, buia, incomprensibile. Questo mi è piaciuto molto. Il resto, premesso che Von Trier è un regista capace di girare sequenze meravigliose, poetiche persino nella loro trivialità, e premesso che Charlotte Gainsbourg e Willem Dafoe sono due mostri di bravura incredibile (sfido qualsiasi attore e attrice, tra quelli più blasonati, ad accettare di mettere anima e, soprattutto, corpo nell'interpretazione di due personaggi così "brutti" e difficili, per di più avendo a che fare con un regista psicologicamente distrutto), è fuffa. Fuffa non totalmente disprezzabile ma pur sempre fuffa, aria fritta d'autore che mi ha lasciata come mi ha trovata, niente di più, niente di meno. Lars, mi spiace sinceramente per la depressione ma mi sa che io e te non ci capiamo, sai?


Del regista e sceneggiatore Lars Von Trier ho già parlato QUI. Willem Dafoe (Lui) e Charlotte Gainsbourg (Lei) li trovate invece ai relativi link.


Se il film vi fosse piaciuto recuperate le altre due parti della Trilogia della Depressione, ovvero Melancholia e Nynphomaniac parte I e II. ENJOY!

martedì 27 giugno 2017

The Devil's Candy (2015)

Cercando un horror corto che potesse guardare anche Mirco mi sono imbattuta in The Devil's Candy, diretto e sceneggiato nel 2015 dal regista Sean Byrne.


Trama: Jesse, pittore dall'animo metal, si trasferisce in una nuova casa assieme alla moglie e alla figlia adolescente. Lì l'uomo comincia ad entrare in contatto con un'entità malevola che, tempo addietro, aveva già soggiogato il precedente proprietario della casa...


Ne avevo letto benissimo QUI e QUI e ora anche io posso darvi conferma di come The Devil's Candy sia un film delizioso che, prima ancora di terrorizzare lo spettatore, lo riconcilia con un mondo dimenticato, quello delle famiglie Funzionali. Pensateci, ormai non si vedono quasi più nemmeno nei cartoni animati o nelle commedie, ci dev'essere sempre il modello Simpson/Griffin quando va bene oppure una sottotrama di corna, odio reciproco, traumi irrisolti quando va male e non parliamo poi dei figli: meglio avere dei conigli piuttosto che questi ragazzini indisponenti ai quali non va mai bene UNA cosa che sia una e ti guardano sempre come fossi l'uomo o la donna più sfigato del globo terracqueo. In The Devil's Candy abbiamo invece una famiglia che FUNZIONA, Satana non voglia, con un marito artista e metallaro ma non immaturo (finalmente!) che farebbe carte false per la felicità di moglie e figlia le quali, giustamente, lo amano senza riserve e sono talmente carine che verrebbe voglia di abbracciarle. Ecco perché, a differenza di quel che accade per il 90% delle famiglie dell'horror moderno e vintage (se penso ai camurriosi abitanti di Amityville mi viene voglia di ucciderli di persona e questo è solo un esempio su tanti, vogliamo parlare dei Torrance?), non vorremmo mai che agli Hellman venisse fatto del male, eppure sappiamo già cosa accadrà. Casa nuova a prezzo stracciato in America vuol dire come minimo abitazione appartenuta a un serial killer e infatti in questo caso abbiamo un assassino dalla mente di infante che, ahimé, "sente le voci" che lo spingono a procurare "caramelle al Diavolo" e l'unico modo per zittirle sarebbe strimpellare su una chitarra elettrica proprio la musica del Diavolo, il metal. Dite che tra metallozzi ci si intende, oppure che Satanasso troverà terreno fertile nel povero, perfetto papà pittore che manderà conseguentemente a ramengo la Famiglia Funzionale? Scrivere di più sarebbe un delitto, secondo me, in quanto Sean Byrne è stato molto abile a fare propri i cliché di un certo tipo di horror e sovvertirli così da regalarci la più alta partecipazione emotiva possibile (persino Mirco a un certo punto era seduto ad occhi sgranati a dire "No, poverini! No, dai!!"), sia nei momenti faceti che in quelli pesantissimi... che, per inciso, in The Devil's Candy abbondano.


I momenti pesantissimi, mi si passi il gioco di parole, sono tutti imperniati sul fisicone ciccio di Pruitt Taylor Vince, attore capace di mettere più paura di qualsiasi vocetta o visione di morte imminente. Non si sa molto bene come prenderlo, questo omone che non vorrebbe ammazzare nessuno ma è costretto perché i vicini maleducati chiamano lo sceriffo ogni volta che costui cerca di tagliar fuori le voci sparando la musica metal a tutto volume. Non all'inizio perlomeno, ché andando avanti l'unico modo di prenderlo è a badilate o peggio, tra il disgusto capace di ispirare con quella canotta sucida e le azioni sempre più sanguinose che compie in nome di un Satana particolarmente goloso di dolci; qui, tra l'altro, subentra anche la bravura di Sean Byrne, il quale con incredibili giochi di regia e montaggio non mostra splatterate innominabili ma suggerisce comunque cose orribili (mamma mia, quella pietra con quell'altalena!), che è anche peggio. Chiedete a Mirco. Favoloso, ma per altri motivi, è anche Nathan Embry. Oltre ad essere incredibilmente bravo nell'alternarsi tra amorevole padre di famiglia e pittore invasato dal maligno tutto occhi spiritati, colore e sudore, possiamo dire che è anche un grandissimo gnocco? Certo che possiamo, con tutto che io non amo il genere capello lungo/metallaro incallito ma qui c'è tanta roba bella e buona, signore. L'unica cosa che non ho molto apprezzato di The Devil's Candy è la parentesi "vecchio Satana", col sulfureo proprietario di una galleria d'arte dal nome evocativo (Belial) che a un certo punto parrebbe diventare fondamentale ai fini della trama ma in definitiva rimane lì, come un aratro nel maggese, neanche fosse un riempitivo per allungare il breve metraggio della pellicola. Un difetto trascurabile, per carità, che non impedisce a The Devil's Candy di essere un horror intelligente, ben scritto e soprattutto capace di toccare il cuore dello spettatore.


Di Ethan Embry (Jesse Hellman) e Pruitt Taylor Vince (Ray Smilie) ho già parlato ai rispettivi link.

Sean Byrne è il regista e sceneggiatore della pellicola. Australiano, ha diretto un solo altro lungometraggio, The Loved Ones.


Tony Amendola interpreta Leonard. Americano, lo ricordo per film come La maschera di Zorro, Blow e Annabelle, inoltre ha partecipato a serie quali Colombo, Hunter, Raven, Ally McBeal, X-Files, Angel, Streghe, Alias, CSI - Scena del crimine, Dexter, Numb3rs, Dollhouse, CSI: NY e C'era una volta. Ha 66 anni e due film in uscita.


Shiri Appleby, che interpreta Astrid, era una delle sgallettate della serie Roswell (non la sopportavo, mi spiace). Detto questo, se The Devil's Candy vi fosse piaciuto recuperate l'opera prima del regista, The Loved Ones, cosa che farò io immantinente. ENJOY!


domenica 25 giugno 2017

Il Bollodromo #32 - Le pagelle di Twin Peaks - Episodio 3x07

Domenica, giorno di pagelle! Il settimo episodio è stato... vabbé, meraviglioso ed emozionante come pochi, si respirava proprio l'aria dei picchi gemelli ed è tornata persino QUELLA musica. La chiusa dell'episodio, sulle note di Sleepwalk, è stata poi un tocco di finezza. Ma bando alle ciance, c'è già troppa profondità e io e Alessandra abbiamo dei voti da dare! ENJOY!

La sorpresa della settimana è stata indubbiamente la comparsa via Skype di Warren Frost nei panni dell'adorato Doc Hayward. Il Premio Sanpei è d'obbligo, così come il conseguente Premio Tonno Insuperabile di Alessandra, ma vorrei sottolineare che sono premi mossi da ironico rispetto visto che mi sono commossa a vedere il povero Warren così vecchio e malato (non a caso l'episodio è dedicato alla sua memoria).
Voto: 1000 con aggiunta di stima



Questa settimana mi sento di dare anche un premio al grande assente Michael Ontkean, nella fattispecie il Premio Giochiamo Che Tu Eri Lo Sceriffo Harry Truman. Caro David, lungi da me criticare, ma per fare tutta la manfrina del fratello che telefona all'ex sceriffo malato solo per ricordare agli spettatori che i due personaggi sono diversi, non potevi farlo schiattare 'sto poveraccio? Io fossi in Ontkean, a sentire parlare di cancro tutte le puntate, mi toccherei non poco i marroni, anche perché Alessandra gli ha affibbiato il Premio E con il Tuo Spirito.
Voto: LOL



Ultimo volto conosciuto che torna è quello di Walter Olkewicz che, dopo averci disgustati nei panni di Jacques Renault, è tornato in questa nuova serie come Jean-Michel Renault, laido quanto il fratello e altrettanto grasso, cosa che gli vale il Premio Ciccio Bastardo di Alessandra. Mi spiace tipo, non ho nulla contro di te ma ogni volta che ti vedo mi viene la pelle d'oca quindi io ti assegno il Premio SuCCido.
Voto: Eeeew



Alessandra ha poi aggiunto un paio di meritatissimi Award speciali a due "vecchi" che erano già stati nominati nei post precedenti. Ad un David Patrick Kelly, alias Jerry Horne, sempre più in botta va il Premio Ganja Ganja ma la perla della settimana è il Premio Se Pippavo Meno Imparavo Meglio la Grammatica alla Laura Palmer di Sheryl Lee, che è riuscita a scrivere I can't breath invece di breathe. Braverrima!


Passiamo ai volti nuovi? Questa settimana la nostra attenzione è stata catturata dal sempre adorabile David Koechner nei panni di uno degli agenti che interrogano Dougie (e vengono cazziati da Janie-E). A lui va il Premio Guest Star d'Eccellenza e di Lusso da parte di entrambe!
Voto: 10

Torna anche Ashley Judd nei panni di Beverly, alla quale Alessandra assegna il Premio Piallata. La tizia continua a non attirare la mia attenzione ma non posso fare a meno di notare che lei e il marito Tom formino una coppia molto Kinghiana (e se non avete letto It siete delle persone MALE).


Ma ora BRACE YOURSELVES! perché è il momento del...


Dougie questa settimana non si è profuso nei suoi soliti momenti esilaranti (l'ha superato di 100 misure Janie-E, ormai campionessa mondiale di Cazziatone) ma la battaglia contro il nano FOMENTATA da un altro nano è meritevole di venire inserita nel Dougie Weekly Best! Con questo vi diamo appuntamento alla settimana prossima! HELLOOO-OOOOO!!!



sabato 24 giugno 2017

Liebster Award!

Non pubblico mai di sabato, lo so. Ma l'adorabile Silvia di Secondo Kara Lafayette mi ha nominata per ricevere il Liebster Award e le domande che ha posto come condizione per ritirarlo erano così interessanti che non ho potuto non rispondere con un post dedicato!


Regolamento: il gioco consiste nel rispondere alle 11 domande formulate dal blog che ti ha invitato, nominare altri 11 blog con meno di 200 followers e formulare delle nuove 11 domande per gli invitati. Questo ovviamente ricordandosi di spiegare le regole del gioco e pubblicare il logo del Liebster Award. E ricordarsi di informare i blog invitati con un messaggio. 
Edit: purtroppo non conosco blog con meno di 200 followers, quindi segnalerò quelli che ho scoperto io più recentemente e che mi diverto sempre a leggere! Siete liberi, ovviamente, di rispondere o meno alle mie domande in fondo, che arrivano subito dopo quelle di Silvia.

1) Scegli il tuo film d’autore preferito e quello commerciale.
Arancia Meccanica Indiana Jones e il tempio maledetto

2) Se fossi un produttore molto ricco, in quale progetto cinematografico tratto da un romanzo (o racconto) ti imbatteresti? 
Sicuramente in qualcosa di King. Per essere più precisi, mi piacerebbe moltissimo una versione finalmente ben fatta di Cose Preziose, uno dei miei libri preferiti.

3) Qual è l’attrice più sopravvalutata (non vale dire Meryl Streep per citare Trump)? E l’attore? Quali sono, invece, attori e attrici più sottovalutati?
Jennifer Lawrence, santo cielo. Mobbasta. Attore Johnny Depp. Ha davvero rotto le palle. Quanto ai sottovalutati mi piacerebbe tornassero ad offrire più parti consistenti al fratello di Bill Murray, Joel. Dopo averlo visto “mangiato” in American Gods ci sono rimasta male. Per le attrici… mi piace molto Krysten Ritter e secondo me starebbe bene in un film invece di rimanere relegata in TV.

4) Qualche tempo fa, Iñárritu affermò che i cinecomics fossero un genocidio culturale. Molti di noi lo hanno preso a pernacchie, essendo una generalizzazione estrema ed esagerata. Ma alla luce dei fatti poco gloriosi (non del botteghino, ma della reale qualità di alcuni cinecomics), oggi che ne pensi? 
L’ho preso a pernacchie anche io all’epoca e probabilmente lo ha fatto anche Michael Keaton, che tra poco arriverà al cinema nei panni dell’Avvoltoio in Spiderman – Homecoming. Il problema secondo me non è tanto “il cinecomic” quanto il doverne fare uscire almeno tre all’anno. Ormai hanno perso freschezza e c’è semplicemente la rincorsa al marketing, all’universo condiviso, al punto che dopo due giorni te li sei già dimenticati.

5) Che rapporto hai con l’animazione? Lungometraggi o serie TV animate ti interessano? Se sì, quali ti sono entrati nel cuore?
Certo che sì. Adoro i cartoni animati, lunghi o corti che siano. Ovviamente, La bella e la bestia, Il mio vicino Totoro, Lady Oscar, Lupin, Aladdin, Robin Hood su tutti ma la lista è davvero infinita. Una buona parte di cartoni televisivi che mi hanno segnato la vita la trovi QUI.

6) Cosa pensi davvero dei cagatori di minchia (categoria da me messa in risalto) ai quali non piace mai niente e dove tutto viene scisso in capolavoro assoluto o merda?
Che sono delle persone davvero tristi e dalla mentalità ristretta. Mi spiace per loro e per chi li circonda, non dev’essere facile sopportarli.

7) Sei chiuso in ascensore con Takashi Miike, Nicolas Winding Refn e Patty Jenkins. Tutti e tre ti fissano in silenzio con le braccia conserte, in attesa che tu dica qualcosa. Di cosa parli? A chi ti rivolgi per primo? 
A Miike. In giapponese. Dopodiché, quando lui non capirà una mazza, mi metterò a cantare una canzone scema, a ballare e a cercare di abbatterlo con assurde mosse di arti marziali inventate. Probabilmente Refn e la Jenkins scoppieranno a ridere, dopodiché Refn tirerà fuori un film psichedelico dall’avvenimento e con la Jenkins mi andrò a fare una serata alcoolica interamente pagata da me, perché se lo merita.

8) Ti svegli una mattina e non sei più tu. Ti guardi allo specchio e sei diventato/a un personaggio di un film o di una serie TV. Quale?
Willow di Buffy l’ammazzavampiri. Quanto la amavo.

9) Sei all’interno di The Sims, la fattucchiera ti porta la lampada magica da strofinare. Scegli i tuoi tre desideri.
Siccome le questioni desideri sono infingarde, siamo precisi:
1. Vivere agiatamente senza mai più dover lavorare
2. Un’umanità fatta di persone razionali, sensibili, capaci di dialogare e comprendere il prossimo.
3. Una cena con Tarantino.

10) Hai mai partecipato alla realizzazione di un film o serie TV? Se sì, quali? e se no, ti piacerebbe? In quale ruolo?
No, non ho né presenza scenica, né una bella voce, né un bell’accento/dizione. Mi piacerebbe lavorare dietro le quinte, magari come “trovarobe” (esistono ancora?)

11) La tua colonna sonora cinematografica preferita.
Quella di Edward mani di forbice. Purtroppo però non riesco più ad ascoltarla.


Ecco ora i miei 11 nominati, dai quali ne ho tolto un paio che avevo identici a Silvia giusto per non subissarli di premi:


Ecco infine le mie 11 domande, alle quali potete rispondere qui, sulla pagina FB, sul vostro blog, ovunque. Potete anche non rispondere, per carità!

1) Se la tua vita fosse un film da chi vorresti venire interpretato?
2) Hai mai provato a pubblicare qualcosa di tuo (fumetto, libro, film, video, ecc.)?
3) Qual è il tuo rapporto con la musica italiana?
4) Ti è mai capitato di conoscere altri blogger? Con che risultati?
5) Marvel o DC?
6) Hai un budget illimitato: dove vorresti andare in vacanza e cosa ti piacerebbe fare lì?
7) Si dice sempre "i libri sono migliori dei film". Ci sarà almeno UN film che per te ha superato l'opera cartacea da cui è stato tratto?
8) Qual è la persona famosa che faresti scomparire dalla Terra con uno schiocco di dita?
9) Ai concerti preferisci goderti la musica oppure passare il tempo a fare foto/video dello spettacolo?
10) Qual è la scena di un film che proprio non puoi dimenticare? Non necessariamente la tua preferita, ma proprio quella che ti è rimasta più in testa, nel bene o nel male.
11) Per quale attore/attrice avevi una cotta da ragazzino? Sei rimasto fedele nei tuoi gusti o crescendo hai sostituito il prescelto?



venerdì 23 giugno 2017

Una doppia verità (2016)

Vai a sapere perché, al cinema ero rimasta intrigata dal trailer di Una doppia verità (The Whole Truth), diretto nel 2016 dalla regista Courtney Hunt. Sono così corsa a vederlo e il risultato è stato MEH a tal punto che non scriverò più di un paragrafo (tanto è estate, chi ha voglia di leggere recensioni?).


Trama: il giovane Mike viene accusato di avere ucciso il padre violento e l'avvocato di famiglia si assume l'incarico di difenderlo durante il processo per omicidio.


I cosiddetti courtroom movie possono essere una brutta bestia. Interamente ambientati, come da definizione, all'interno di un tribunale, quello che si richiede loro è di intrattenere lo spettatore, coinvolgerlo nel caso che viene messo in scena, spingerlo a parteggiare per gli avvocati protagonisti, instillare il dubbio riguardo la presunta innocenza o colpevolezza dell'imputato, in pratica deve fare venire voglia di seguire un processo. Una doppia verità ci riesce, duole dirlo, solo per i primi cinque minuti. E' infatti PALESE che Mike, accusato di omicidio, non abbia ucciso il padre manesco e stronzo, il problema è che sono passati anni da L'avvocato del diavolo e Keanu Reeves come avvocato è oggi mollo come la panissa. Come si evince dal trailer, tutti mentono all'interno di Una doppia verità, e la monocorde voce narrante del vecchio Keanu vorrebbe prendere per mano lo spettatore e fargli da guida tra testimoni bugiardi, inutili assistenti accusate di essere delle folli stalker (il personaggio di Gugu Mbatha-Raw probabilmente vince il Premio Inutilità 2017) e accusati che si rifiutano giustamente di parlare, mentre dei flashback dal passato ci mostrano come Boone, interpretato da un Jim Belushi sempre più vicino a diventare l'erede della bonanima di James Gandolfini, fosse un uomo di merda meritevole di venire ucciso; il risultato è una noia mortale, appiattita da una regia che non sa di nulla ed enfatizzata dalla visione di una Renée Zellweger tirata ed inguardabile come non mai. Per carità, tanto di cappello al twist finale, con tirata d'orecchi agli spoilerosi titolisti italiani capaci di vanificare un trailer fatto bene, però si riesce ad arrivare fino in fondo giusto grazie al metraggio corto della pellicola, ché se avessero girato uno dei soliti mattoni da due ore e fischia non so neppure se sarei rimasta sveglia per capire, alla fine, chi avesse ficcato il coltello in petto a Boone. Il Bolluomo, appassionato di casi giudiziari, ha decretato migliore una puntata di Un giorno in pretura, e sì che avevo scelto questo film apposta per lui! Meglio indirizzarlo verso American Crime Story!


Di Keanu Reeves (Ramsey), Gugu Mbatha - Raw (Janelle), Jim Belushi (Boone) e Sean Bridgers (Arthur Westin) ho parlato ai rispettivi link.

Courtney Hunt è la regista della pellicola. Americana, è al suo secondo lungometraggio, il primo è stato Frozen River - Fiume di ghiaccio. Anche sceneggiatrice, ha 53 anni.


Renée Zellweger interpreta Loretta. Americana, la ricordo per film come Giovani, carini e disoccupati, Love e una .45, Non aprite quella porta IV, Jerry Maguire, Betty Love, Io, me & Irene, Il diario di Bridget Jones, Chicago, Ritorno a Cold Mountain (che le è valso l'Oscar come migliore attrice non protagonista), Che pasticcio, Bridget Jones! e Bridget Jones's Baby; come doppiatrice, ha lavorato in Shark Tale e Mostri contro alieni. Anche produttrice e sceneggiatrice, ha 48 anni e due film in uscita.


Gabriel Basso, che interpreta Mike, era uno dei ragazzini di Super 8. L'attore Daniel Craig avrebbe dovuto interpretare Ramsey ma si è tirato indietro quattro giorni prima dell'inizio delle riprese mentre Lupita Nyong'o si è fatta soffiare il ruolo di Janelle da Gugu Mbatha-Raw. Se vi piace questo genere di film provate a guardare Schegge di paura, Sotto accusa, Philadelphia, Codice d'onore e magari anche Mio cugino Vincenzo. ENJOY!

giovedì 22 giugno 2017

(Gio)WE, Bolla! del 22/6/2017

Buon giovedì a tutti! Che tristezza il periodo estivo per il cinema! Questa settimana, tra blockbuster stantii e saghe che si trascinano ormai alla frutta, c'è davvero poco da stare allegri... ENJOY!

Transformers - L'ultimo cavaliere
Reazione a caldo: Ma che sia proprio l'ultimo, eh!
Bolla, rifletti!: Fa talmente caldo che non ho nemmeno voglia di tirare fuori un commento decente per questa cretinata. Fareste meglio a leggere QUI ed evitare la sala come la peste.

Civiltà perduta
Reazione a caldo: Mah.
Bolla, rifletti!: Credevo fosse una specie di Indiana Jones per sfigati, invece scopro che è tratto dalla vera storia di un esploratore del XX secolo. Purtroppo, nonostante se ne parli molto bene, visti gli attori coinvolti e l'argomento trattato ho ben poca voglia di recuperarlo...

Al cinema d'élite spuntano drammi familiari...

Sieranevada
Reazione a caldo: Molto poco estivo.
Bolla, rifletti!: Lo so, sono una persona MALE. Sieranevada potrebbe anche piacermi, di solito amo i confronti attorno a un tavolo dove le famiglie sviscerano magagne con tagliente ironia ma con questo caldo non posso farcela. Attendo la frescura autunnale per un eventuale recupero!

mercoledì 21 giugno 2017

Wonder Woman (2017)

Ce l'ho fatta, diamine. Con TRE settimane di ritardo ho finalmente potuto guardare questo Wonder Woman diretto da Patty Jenkins, film che ha spaccato in due pubblico e critica. E quindi...?


Trama: quando una spia inglese riesce a penetrare nell'isola di Temyscira, la principessa delle amazzoni Diana viene a conoscenza della guerra che imperversa nel mondo umano e decide di andare a dare una mano, convinta così di poter sconfiggere il malvagio dio Ares...


Ultimamente mi risulta sempre più difficile esprimere delle preferenze assolute visto che i film cominciano ad assomigliarsi un po' tutti, soprattutto i cosiddetti "cinecomics". Tuttavia, se mi puntassero una pistola alla tempia, potrei dire che Wonder Woman è uno dei migliori film tratti da un fumetto che mi sia capitato di vedere, per quel che riguarda l'universo DC sicuramente il più bello dopo i Batman di Burton (mi spiace, sapete che quelli di Nolan li ho visti, più o meno apprezzati e dimenticati). Al di là dei meriti registici di quella gran donna di Patty Jenkins, sui quali non entro in merito in quanto ignorante e per i quali vi rimando a QUESTO pregevole articolo di Lucia, ho proprio apprezzato il personaggio di Wonder Woman in sé, il modo in cui è stato scritto e portato sul grande schermo. Ho letto in giro che la povera Diana è stata tacciata di essere un pessimo personaggio in quanto scema come un tacco e a me sinceramente viene da ridere; l'idea che nel 2017 sia stato offerto al pubblico un eroe fresco, ingenuo, testardo come un mulo, in pieno stile anni '40, mi ha invece fatta impazzire e spinta a fare un tifo spudorato per la potentissima amazzone. D'altronde, Diana di Temyscira è cresciuta in un'isola di sole donne, indottrinata da libri "antichi", tagliata fuori dagli eventi del mondo esterno e, nonostante un'educazione da guerriera, è stata tenuta nella bambagia da una madre iperprotettiva, quindi non ci si può aspettare che lo stesso personaggio dimostri in quattro e quattr'otto una mente da stratega e la malizia di una Vedova Nera. Diana è la versione femminile di Hulk: nel mondo esterno c'è la guerra? Troviamo il Dio della guerra, Ares, ammazziamolo e automaticamente il conflitto finirà, che problema c'è? Una signora piangente chiede aiuto? Al diavolo tutti i piani di infiltrazione segreta, devastiamo l'esercito nemico scagliandoci contro i tedeschi come un panzer e liberiamo la popolazione vessata. Questa Wonder Woman è bella perché è come noi, noi poveri stronzi che non capiamo PERCHE' il mondo debba fare così schifo e che saremmo così felici di eliminare tutti i problemi tagliando la testa di UNA sola persona, così da riportare serenità ed armonia ovunque. E invece, come noi, anche una dea potentissima deve chinare il capo, crescere e rendersi conto della realtà delle cose, persino arrendersi disgustata di fronte all'impossibilità di cambiare il mondo solo con la violenza e la testardaggine; Wonder Woman potrebbe decidere di lasciarci tutti nella bratta oppure, ancora peggio, distruggerci tutti ma non lo fa perché sceglie di accettare la natura contorta dell'essere umano, fatta di bene e di male, impossibile da etichettare senza commettere sbagli. E questa è una presa di coscienza forse banale ma a mio avviso bellissima e delicata, alla faccia di tutti gli inutili crossover che deriveranno da questo film e che ci mostreranno una Diana ormai interamente calata nel suo ruolo di eroina dopo decenni di studi e (presumibilmente) perdita e dolore.


Di questa Wonder Woman bellissima dentro e fuori è impossibile non innamorarsi. Gal Gadot è la perfezione, un mix di innocenza, fascino e badassitudine: sai che potrebbe spaccare la faccia persino al già citato Hulk eppure nei momenti di tristezza ti verrebbe voglia di abbracciarla o di andare a bere con lei per farsi due risate, al punto che persino l'umorismo sciocchino delle interazioni iniziali con Steve e la segretaria Etta mi è sembrato simpatico e non fuori luogo. Poi, chiaro, tutto quel che fa da contorno può piacere o meno e io, come ho già detto all'inizio, sono ben poco interessata al destino futuro di Wonder Woman (il trailer di Justice League mi ha fatto già venire un principio di pellagra, per dire). Nello specifico, ho assai gradito l'introduzione ambientata a Temyscira, che poteva venire fuori truzza come una qualsiasi puntata di Xena - Principessa guerriera e invece è riuscita ad ipnotizzarmi sia per la bellezza dei paesaggi (d'altronde, parliamo della costiera amalfitana), sia per i feroci combattimenti delle amazzoni, sia per la presenza di Connie Nielsen e Robin Wright, due splendide cinquantenni capaci di dare dei punti a delle sgallettate con trent'anni di meno. Mi è piaciuta moltissimo la resa della missione al fronte, la capacità della Jenkins di sottolineare tutto l'orrore della guerra con poche inquadrature e di realizzare sequenze d'azione mozzafiato e tesissime, per non parlare poi del senso di cameratismo tirato fuori da reietti come Sameer, Charlie (ho un debole per Ewen Bremner) e il Capo. D'altra parte, Wonder Woman non è un film perfetto e in un paio di punti ho storto il naso. La pellicola della Jenkins soffre la mancanza di villain di un certo spessore e l'esigenza di infilare almeno una sequenza realizzata con una vomitevole CGI capace di renderla somigliante a un videogame, nella fattispecie il pre-finale, due difetti comuni al 90% dei cinecomic di ultima generazione. Per carità, uno dice Ares, Dio della guerra, si fa due conti sulla "villanitudine" di costui, poi però con quella faccetta lì e l'armatura finale identica a quella di un qualsiasi Nazgul il facepalm parte abbastanza in automatico e anche i terrificanti nemici tedeschi non è che ci facciano proprio una bella figura (ma quella sorta di doping che si sniffa Danny Huston, alla fine, è un elemento della trama che hanno lasciato cadere lì? Mah.), anche se la citazione a La pelle che abito mi ha garbato particolarmente. Ma queste son sciocchezze che scompaiono davanti allo sguardo di Gal Gadot, alla fierezza con cui brandisce la spada, al mezzo sorrisetto davanti all'ennesima cosa sconosciuta. Datemi più Wonder Woman e meno Justice League, fatemi contenta!


Di Chris Pine (Steve Trevor), Connie Nielsen (Hyppolita), Robin Wright (Antiope), Danny Huston (Ludendorff), David Thewlis (Sir Patrick), Ewen Bremner (Charlie) ed Elena Anaya (Dr. Maru) ho già parlato ai rispettivi link.

Patty Jenkins (vero nome Patricia Lea Jenkins) è la regista della pellicola. Americana, ha diretto film come Monster. Anche sceneggiatrice, produttrice e attrice, ha 46 anni.


Gal Gadot interpreta Diana. Israeliana, ha partecipato a film come Fast & Furious - Solo parti originali, Fast & Furious 5, Fast & Furious 6, Fast & Furious 7 e Batman vs Superman: Dawn of Justice. Ha 32 anni e due film in uscita, le due parti di Justice League.


Lucy Davis, che interpreta Etta, era l'esilarante Dianne di Shaun of the Dead. Purtroppo Lynda Carter, la Wonder Woman originale del telefilm, non è riuscita a partecipare al film mentre Nicole Kidman ha rifiutato il ruolo di Hyppolita solo per poi finire a fare la madre di Aquaman nel film a lui dedicato che dovrebbe uscire l'anno prossimo; allo stesso modo, anche Cate Blanchett ha declinato la partecipazione in Wonder Woman per poi accettare il ruolo di Hela in Thor: Ragnarok. Wonder Woman fa da prequel al pluricitato Justice League, quindi per avere un quadro completo della situazione dovreste guardare anche L'uomo d'acciaio, Batman vs Superman: Dawn of Justice e Suicide Squad... ma sinceramente non me la sento di consigliarveli. Meglio recuperare la vecchia, adorata serie TV Wonder Woman! ENJOY!

martedì 20 giugno 2017

Nerve (2016)

Nell'attesa di vedere Wonder Woman e parlarne, giovedì è uscito anche Nerve, diretto nel 2016 da Henry Joost e Ariel Schulman (e tratto dal romanzo omonimo di Jeanne Ryan), così ho deciso di guardarlo.


Trama: Vee è una ragazza molto timida che, un giorno, decide di iscriversi al gioco on line Nerve per dimostrare alla sua migliore amica di avere coraggio. Nerve prevede che i partecipanti accettino e portino a termine delle sfide decise dagli utenti paganti, a fronte di ricompense sempre più alte e pericoli sempre maggiori...


Nerve è un simpatico thriller per ragazzi capace di dare qualche "scossa" anche agli spettatori più adulti. La storia, di base, è molto simile a quella raccontata nel ben più riuscito e raccapricciante 13 Beloved: c'è un gioco all'interno del quale i partecipanti devono affrontare prove sempre più difficili per portare a casa dei soldi e, siccome ormai sono passati dieci anni dal film di Chookiat Sakveerakul, anche la popolarità su internet, che di questi tempi è bramata come non mai. Protagonista di Nerve è Vee, liceale dal passato triste che vive nell'ombra dell'amica Sydney, popolare coi ragazzi e disnibita. Come spesso accade in questo genere di storie, Vee è intelligente, creativa e molto carina ma "non si applica" quindi è costretta a vivere di foto rubate e ad accompagnarsi col nerd del gruppo, che la ama non ricambiato. L'iscrizione a Nerve, fatta fondamentalmente per frustrazione e per vendicarsi di Sydney, paleserà agli occhi di tutti come la ragazza in realtà sia incredibilmente bella, tosta e capace e le consentirà anche di conquistare un misterioso fidanzato, a sua volta utente di Nerve. Insomma, parrebbe tutto rose e fiori se non fosse che Nerve pretende dai suoi giocatori un impegno e uno sprezzo del pericolo crescente, con prove che diventano sempre più pericolose ed illegali, al punto che qualcuno, in passato, pare ci abbia rimesso la vita; euforica per le novità rappresentate da Nerve, lì per lì Vee non capisce di essere l'ingranaggio di un gioco pericoloso che rischia di rovinarle amicizie di lunga data e famiglia, privarla della libertà e persino della vita ma ovviamente ci vorrà poco per farle aprire gli occhi e trasformarla nella Katniss Everdeen del gioco. Ho citato la protagonista di Hunger Games perché, effettivamente, tra le due opere c'è una certa affinità dei temi di base e gli utenti di Nerve hanno la stessa sete di spettacolo e violenza che caratterizza gli abitanti di Capitol City, con l'aggravante di essere forse ancora più vigliacchi: da bravi internettari, i cosiddetti watchers, protetti dall'anonimato, diventano degli stalker e si consultano via chat per sottoporre i players a prove sempre più umilianti e pericolose, privandoli dello status di persone per trasformarli in avatar da muovere a piacimento e solo per il gusto del divertimento proibito. Il pistolotto finale della protagonista, la storia d'amore mantenuta nonostante tutto il delirio e la critica al web sotterraneo fanno molto young adult e a chi non è più tanto young rischiano di far storcere il naso ma la verità è che, al netto di un paio di scelte mosce, Nerve è un thriller abbastanza adrenalinico.


Joost e Schulman hanno fortunatamente abbandonato lo stile found footage dei tempi di Paranormal Activity e qui le riprese dal vivo, fatte dagli utenti di Nerve coi cellulari, servono solo per aumentare il senso di vertigine che rischia di agghiacciare lo spettatore timoroso delle altezze come la sottoscritta, in quanto nel film ci sono parecchie prove legate al "penzolare da luoghi alti". Di fatto, dopo un inizio soft ma dalla grafica gradevole, con riprese effettuate dal punto di vista di pc e cellulari e colme di schermate tipiche di Facebook e di altri social (un po' come accadeva in Unfriended e Friend Request ma anche in The Shallows, per intenderci), le prove diventano più dinamiche e adrenaliniche e mostrano come i due registi si trovino a loro agio anche davanti a sequenze che prevedono l'utilizzo di una moto lanciata in corsa in mezzo al traffico di New York, giusto per fare un esempio. La tensione dunque non manca, così come non mancano rimandi a film come la trilogia de La notte del giudizio, soprattutto per quel che riguarda l'aspetto degli stalker del finale, ma non mancano neppure scelte stilistiche e di cast atti a catturare l'attenzione di un pubblico di teenager. La colonna sonora, giusto per fare un esempio, è ruffiana da morire nonché un aspetto importante del film, poi ovviamente ci sono gli attori: tutti belli, giovani e cool, vestiti secondo la moda del momento (sapete che in Italia siamo un paio d'anni in ritardo, no? Guardate un po' le mise della Roberts - costosissimo abito a parte - o dell'amica Sydney e ditemi se non sono identiche a quelle di TUTTE le adolescenti italiane medie) e con accessori all'ultimo grido, bicicletta vintaggia compresa. Poco importa che Dave Franco, fratellino del più famoso James, sia un cane inespressivo buono solo per far da manzetto della situazione, Emma Roberts è così carina e in parte (quando, per esigenze di copione, qualcuno le dice di "non essere il suo tipo", sono scoppiata a ridere) da reggere da sola l'intera trama, anche nelle situazioni più trite ed abusate, anche se ogni tanto mi ritrovavo a rimpiangere la caustica cattiveria dell'adorata Chanel Oberlin. Riassumendo, se cercate un thriller serio capace di non farvi dormire la notte evitate Nerve come la peste, se invece vi va bene la visione di un divertissement estivo e poco impegnativo concedetegli pure una chance.


Dei registi Henry Joost e Ariel Schulman ho già parlato QUI mentre Juliette Lewis, che interpreta Nancy, la trovate QUA.

Emma Roberts interpreta Vee. Adorabile e adorata Chanel della serie Scream Queens nonché tra i giovani volti più promettenti di American Horror Story e figlia di Eric Roberts, la ricordo per film come Blow, Aquamarine, Scream 4 e February - L'innocenza del male; come doppiatrice, ha partecipato a episodi de I Griffin. Anche produttrice, ha 26 anni e cinque film in uscita.


Dave Franco (vero nome David John Franco) interpreta Ian. Fratello di James Franco, ha partecipato a film come Suxbad: Tre menti sopra il pelo, Fright Night - Il vampiro della porta accanto, Now You See Me - I maghi del crimine e a serie quali Scrubs, inoltre ha lavorato come doppiatore nel film The Lego Movie. Anche sceneggiatore, produttore e regista, ha 32 anni e tre film in uscita.


Emily Meade, che interpreta Sydney, era già comparsa nel diludente My Soul to Take - Il cacciatore di anime mentre il rapper Machine Gun Kelly, che interpreta Ty, era anche nel cast di Viral, diretto da Joost e Schulman lo stesso anno. Se Nerve vi fosse piaciuto recuperate il già citato 13 Beloved (occhio però perché non è altrettanto "leggero") e aggiungete The Game - Nessuna regola, Nemico pubblico e magari anche Unfriended. ENJOY!

domenica 18 giugno 2017

Il Bollodromo #31 - Le pagelle di Twin Peaks - Episodio 3x06

Arrivati a un terzo della gargantuesca operazione messa in atto da Lynch, non abbiamo ancora tutte le pedine sulla scacchiera ma continuano comunque a spuntare vecchi, amatissimi personaggi e altri stanno assurgendo a miti assoluti. Riusciremo io e Alessandra a continuare le pagelle "vecchiaia" fino al diciottesimo episodio? Chissà! Nel frattempo guardate un po' cos'è spuntato questa settimana, occhio a uno SPOILER importante e... HELLOOOO-OOOO!!!

Cominciamo col dire che se non avete mai guardato Fuoco cammina con me la prima pagella di oggi vi risulterà ostica. Il personaggio di Carl Rodd, interpretato da Harry Dean Stanton, fa il suo commovente debutto nella serie televisiva e si prende il mio Premio Dolce Catananno Triste. Oh, gli astanti erano dei cani ma ho comunque pianto, va bene?! Alessandra invece non s'è commossa e gli ha appioppato il Premio Skeletron. Non son cose, signora mia!
Voto Bolla: 10


Passiamo a territori più familiari, anche se forse non molto eclatanti. Il Premio Brutthilde (e se non capite la citazione siete brutte persone) va ad Andrea Hays, la cameriera Heidi del Double R, evidentemente l'unico luogo in tutta America a non temere la recessione! Alessandra ne omaggia invece l'elegante risata col Premio Hyena Ridens!
Voto Bolla: Faffenkulen! (Sarebbe un 10 anche per lei)


Le facce nuove per me questa settimana non erano molto interessanti e ho sorvolato ma Alessandra ha voluto conferire un Premio Il Sesto Elemento Mancato degli Spandau Ballet a Balthazar Getty nel ruolo del cattivissimo Red.


Ci sarebbe ancora un premio da conferire ma lo assegneremo dopo la nuova rubrica Dougie Weekly Best in quanto è uno spoiler bello grosso e ho deciso di inserirlo in fondo al post.


Dougie Jones (che si becca un premio Suit Up and Be Awesome da Alessandra) è diventato nel giro di cinque puntate il personaggio migliore di sempre e Kyle MacLachlan l'attore comico del 2017. Alessandra è rimasta giustamente deliziata dalla sequenza che lo vede battere le mani per accendere la luce mentre per me questa settimana vince lo scambio di battute tra Dougie e la moglie Janey-E la quale, dopo avere scovato foto compromettenti del marito assieme alla stangona nera Jade, chiede giustamente lumi sull'identità della signorina. La risposta di Dougie (accompagnata da un sorrisone sognante) è da antologia:

Dougie: Jade gives two rides.
Janey-E (sconvolta): I bet she does!!!!



E ora... tenetevi forte per l'ultimo, meritatissimo premio della settimana.


SPOILERISSIMOOOOOOOOO!!!!!!!!!!!!!!!!!!!111111!!!!111111!


Vincitrice incontrastata del Premio Mo Non Me l'aspettavo Veramente è Laura Dern la quale, finalmente, dopo 25 anni da un volto alla storica Diane, segretaria di Dale Cooper impersonificata fino ad oggi solo da un registratore. Alessandra è molto più colta di me e le assegna un sottile Premio Marietta Fortune Ma Truccata Meglio.
Voto Bolla: oltre l'infinito ed oltre. La gioia non si può quantificare.


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