venerdì 31 ottobre 2025

Nuovi Incubi Halloween Challenge Day 31: La notte dei demoni (1988)

Ce l'ho fatta. Non chiedetemi come ma sono riuscita ad arrivare alla fine della Nuovi Incubi Halloween Challenge senza mancare neanche un post scritto, salvo nel weekend e per l'ovvia impossibilità di recuperare, nella giornata di ieri, anche un'intera serie TV. Ringrazio Lucia e Marika per aver creato la challenge e vi invito, qualora non lo faceste ancora, ad ascoltare il loro podcast Nuovi incubi, una voce importantissima per diffondere il buon horror in Italia! Il 31 ottobre è dedicato, ovviamente, a un film ambientato il giorno di Halloween, e per l'occasione ho recuperato La notte dei demoni (Night of the Demons), diretto nel 1988 dal regista Kevin Tenney. Con questo post partecipo anche allo Speciale Halloween proposto dal blog Vengono fuori dalle fottute pareti (in fondo trovate i permalink dei blog partecipanti). 


Trama: la notte di Halloween, Angela organizza una festa in un obitorio abbandonato. Durante una seduta spiritica, però, qualcosa va male e il luogo si popola di demoni che possiedono e uccidono i presenti...


La notte dei demoni
è un film cult di cui conoscevo giusto il poster, molto evocativo nonché ottimo biglietto da visita per la bontà del make up dei demoni. Il perché, nel tempo, La notte dei demoni sia diventato un cult è facile da capire: trattasi dell'epitome dell'horror di cassetta anni '80, perfetto per una serata caciarona tra ragazzini, magari cercando di limonare con l'amichetto/a del cuore tra un pop corn e un urlo disgustato. E la trama, in effetti, rispecchia proprio questa situazione. I protagonisti, benché interpretati da attori ultraventenni, sono dei liceali che vogliono solo divertirsi, bere e scopare; nonostante, nello stesso momento, la loro scuola stia dando una festa di Halloween, il party giusto dove andare per poter fare tutte queste cose è quello di Angela, ragazza che, stranamente, non è affatto popolare, e viene ritenuta da tutti la stramba del liceo. A differenza di altri film simili, Angela non è una sfigata, bensì un'amante del gotico, forse per questo c'è meno vergogna nel frequentarla, o non si spiega perché Judy, Jay e gli altri decidano di unirsi a lei. Ma lasciamo un attimo da parte questi ragionamenti inutili e torniamo al cuore del film. L'apice della festa è una seduta spiritica, durante la quale i ragazzi risvegliano un demone dormiente all'interno dell'obitorio. Ciò che segue è direttamente ispirato a La casa di Raimi, perché il demone possiede un paio di persone e, da lì, inizia la mattanza all'interno di un luogo che ha perso ogni riferimento spaziale e dal quale è impossibile uscire, nella speranza che arrivi l'alba a privare, secondo la leggenda, i demoni del potere di compiere nefandezze. La differenza sostanziale tra La notte dei demoni e La casa, al di là dell'uso della steadycam che qui non esiste, è che il film di Kevin Tenney è un Porky's meets horror. L'elemento sessuale è enfatizzato fin dalle prime scene, nelle quali Linnea Quigley sfoggia ampiamente il suo derrière, e parti anatomiche femminili, più o meno procaci, vengono mostrate dettagliatamente anche nei momenti più "tranquilli", per esempio quando la pudica Judy è in camera a cambiarsi. La voglia di "pilu", inoltre è il secondo motore degli eventi, dopo la seduta spiritica, perché le prime vittime del demone sono ragazze, e non ci mettono molto a capire che per attirare i morti di fiHa che li circondano e ammazzarli male, basta promettere loro una bella scopata. 


Ciò, lo ammetto, mi ha fatta ridere parecchio, ma in generale La notte dei demoni E' un film divertente, zeppo di umorismo nero. Anzi, a tal proposito, la parte che ho apprezzato di più è una cornice che  mi è parsa fonte di ispirazione per la cattiveria di uno dei film di Halloween che adoro, forse il mio preferito, ovvero Trick'r Treat. E' la degna conclusione di un bagno di sangue, che insegna come non servano i demoni per spargere male a piene mani, e ricorda di rispettare sempre le regole non scritte della festività. Per quanto riguarda gli aspetti tecnici, La notte dei demoni è dignitosissimo e vanta degli ottimi effetti speciali artigianali realizzati dal team di Steve Johnson, il quale ha una filmografia sterminata e ha collaborato con registi tra i più grandi al mondo, non solo nel campo dell'horror. Come ho scritto all'inizio, il trucco dei demoni è bellissimo, ma il film si distingue anche per abbondanti dosi di splatter, morti tremende a base di occhi cavati e chi più ne ha più ne metta. Kevin Tenney, pur non essendo Raimi, ha anche il gusto per sequenze interessanti, persino artistiche, come dimostra quella in cui Angela tenta di sedurre Hal danzando, oppure la stessa seduta spiritica, e nel complesso anche l'obitorio dove il film è ambientato è un ambiente perfetto, claustrofobico e decadente, zeppo di anfratti tutti uguali che confondono protagonisti e spettatori, per la gioia dei sanguinosi demoni protagonisti. Solo gli attori non sono granché, anche perché la metà di loro parla come Tommy Wiseau in The Room, soprattutto la protagonista, ma si salvano Amelia Kinkade e la solita Linnea Quigley, anche solo per la sfacciataggine con cui quest'ultima mostra tutto senza problemi; alle interpretazioni non proprio eccelse, compensano i dialoghi, ricchi di un turpiloquio praticamente infinito e in parte a me sconosciuto, il che ha contribuito a rendere il film ancora più divertente. La notte dei demoni si è rivelato dunque un film perfetto per Halloween, da gustare con una birra in una mano, i pop corn nell'altra, e pura gioia ignorante nel cuore. Cosa potrei chiedere di più?


Di Linnea Quigley, che interpreta Suzanne, ho già parlato QUI.

Kevin Tenney è il regista della pellicola. Americano, ha diretto film come Spiritika, Spiritika 2 e Bad Pinocchio. Anche sceneggiatore, produttore e attore, ha 70 anni.


Amelia Kinkade
, che interpreta Angela, ha partecipato anche ai due seguiti del film, Night of the Demons 2 e Night of the Demons III; Linnea Quigley compare invece nel remake di Night of the Demons, diretto nel 2009 dal regista Adam Gierash. Non ho visto nessuno dei tre film e non ci tengo particolarmente ma, nel caso, sapete che esistono! ENJOY!



Ed ecco a voi, per un Halloween ancora più ricco di scelte, la lista dei blog che partecipano allo Speciale Halloween!

"La Bara Volante": https://labaravolante.it/the-toxic-avenger-2025/

"CineCivetta": https://cinecivetta.blogspot.com/2025/10/halloween-2025.html

"CineMuffin": https://cine-muffin.com/2025/10/31/eat-locals-a-cena-con-i-vampiri/

"In Central Perk": https://incentralperk.blogspot.com/2025/10/la-casa-2013.html

"The Obsidian Mirror": https://insidetheobsidianmirror.blogspot.com/2025/10/la-casa-del-terrore.html

"Pensieri cannibali": https://www.pensiericannibali.com/2025/10/presence.html

"Solaris": https://www.solaris.news/2025/10/dracula-vs-frankenstein-proprio-come-un.html

"Storie da birreria": https://storiedabirreria.blogspot.com/2025/09/la-saga-di-terrifier-art-il-clown-recensione.html

"Vengono fuori dalle fottute pareti": https://vengonofuoridallefottutepareti.wordpress.com/2025/10/31/the-guardian-recensione-del-film/

"Il Zinefilo": https://ilzinefilo.wordpress.com/2025/10/31/hatchet-iii-2013/

"Catia in cucina": https://blog.giallozafferano.it/catiaincucina/ricetta-mani-di-strega-insanguinate/

giovedì 30 ottobre 2025

Visioni dal ToHorror Fantastic Film Fest 2025

Approfitto di una pausa dalla Nuovi Incubi Horror Challenge ormai agli sgoccioli (oggi si parlava di serie TV, quindi potete leggere un breve commento su qualcosa che ho già visto sulla mia pagina Instagram) per spendere due parole sull'ultima edizione del ToHorror Fantastic Film Fest, arrivato ormai al 25simo anno! Anche stavolta ho avuto l'enorme fortuna di partecipare e di poter godere dell'atmosfera unica che si respira in questo festival che adoro, e che ha fatto un record di presenze, vista la quantità di gente che sistematicamente affollava le sale del cinema Massimo! Quest'anno ho goduto del Festival a 360 gradi, andando per la prima volta al Blah Blah, dove ho assistito alla presentazione di Marika per il suo libro, consigliatissimo, Not in my Movie. Per questo ho visto un po' meno film, ma ne è valsa la pena, in quanto finalmente ho potuto conoscere "de visu" alcune adorabili persone con le quali avevo avuto contatti solo online, ed è stata un'esperienza davvero splendida! Augurando al ToHorror Fantastic Film Fest di arrivare almeno alla 50sima edizione, spero di poter partecipare a quella del prossimo anno, e vi invito a sbirciare le mini-recensioni che seguono, per avere un'idea di cosa recuperare nei mesi a venire, sperando in una distribuzione clemente! ENJOY!


Jimmy Jaguár
(Benedek Fliegauf, 2025)

Ad essere sincera, il "mio" ToHorror non è cominciato proprio benissimo. Jimmy Jaguár è un mockumentary glaciale, che racconta di come il demone titolare spinga le persone a compiere gesti in aperto contrasto con la loro indole, in particolare ad uccidere. In realtà, detto demone neppure si vede, e il film preferisce concentrarsi su interminabili dialoghi atti a sviscerare la psiche di quanti, apparentemente, vi entrano in contatto, in un turbinìo di sospetti, paranoie, mezze verità, rivelazioni scioccanti e, in generale, considerazioni su una triste realtà fatta di squallida violenza ai danni di deboli costretti a farsi giustizia da sé. Jimmy Jaguár comincia a diventare interessante sul finale, il problema è che rimanere svegli fino a quel momento è un'impresa difficile, se non impossibile, anche per via dello stile molto aulico, rarefatto, delle riprese. Dispiace solo che un film come questo rischi di essere un brutto biglietto da visita per Fliegauf. Per esempio, un paio di ragazzi seduti accanto a me (e altrettanto traumatizzati dall'esperienza) hanno deciso di togliere Womb, altro film del regista, dalla loro watchlist. Superando la mia atavica timidezza ho consigliato loro di non farlo e spero mi abbiano ascoltata, perché sarebbe un peccato penalizzare un'opera bella come Womb per via di un film riuscito a metà. 


Deathstalker
(Steven Kostanski, 2025)

Fortunatamente, il festival è migliorato quasi subito, grazie all'esilarante, zamarrissimo Deathstalker, uno sword and sorcery a base di splatter, demoni sanguinari, magia nera, necromanti ed eroi loro malgrado, remake di un film omonimo del 1983, prodotto da Roger Corman, che ha generato ben tre seguiti. Ovviamente, non conoscevo affatto queste "ottantarate" e, per di più, Kostanski è un autore che, nel corso delle mie visioni, ho sempre incrociato senza mai ricordarlo più di tanto, ma ora non me lo toglierò più dalla testa. Il suo approccio alla materia è cafone ma affettuoso, citazionista senza arrivare al plagio, caratterizzato da una cura incredibile per gli splendidi effetti speciali artigianali e da un umorismo nero, anche un po' scemo, col quale mi ritrovo tantissimo. Ammetto di essere andata a vedere Deathstalker solo per non sprecare il pass e ne sono uscita folgorata, animata dalla speranza che anche Kostanski possa proseguire con altri seguiti, ovviamente sempre con Daniel Bernhardt come protagonista, perché è semplicemente perfetto! Midnight Factory, pensaci tu a distribuirlo!!


La virgen de la tosquera
(Laura Casabé, 2025) - Menzione della giuria per il concorso lungometraggi

Sullo sfondo di un'Argentina di inizio nuovo millennio, distrutta dalla crisi economica e dalle proteste sociali, la giovane Natalia viene travolta da speranze e delusioni, imperniate sul sentimento sempre più forte verso l'amico Diego. Il film (tratto da due racconti della scrittrice Mariana Enríquez contenuti nella raccolta I pericoli di fumare a letto) è un coming of age dalle atmosfere sovrannaturali, che dipinge in maniera tristemente verosimile un'età in cui ogni problema, ogni gioia, vengono esasperati fino a diventare totalizzanti; il triangolo amoroso che viene a crearsi tra Natalia, preda delle prime pulsioni sessuali, Diego e Silvia, di qualche anno più grande e molto più disnibita, è il catalizzatore di una crisi aggravata dall'angoscia verso il futuro, dalla solitudine della protagonista, dalla sensazione di dover lottare continuamente, anche per ottenere le cose più semplici. Il modo in cui la Casabé rappresenta un mondo in cui realtà prosaica e riti superstiziosi vadano a braccetto, strettamente legati tra loro, e la bellezza magnetica della giovane protagonista, sono i due punti di forza di un film che, verso il finale, cita apertamente Giovani streghe, conquistandosi di diritto un posto nel mio cuore.


Kombucha
(Jake Myers, 2025)

Tratto dal corto omonimo diretto e co-sceneggiato dallo stesso regista, Kombucha è uno dei due incubi lavorativi (l'altro è Head Like a Hole, di cui ho parlato ieri) visionati al ToHorror di quest'anno. Le premesse sono simili, in quanto i protagonisti sono a un punto morto della loro vita e anche squattrinati, ed entrambi ottengono un lavoro troppo bello per essere vero, ben remunerato e senza prerequisiti. Nel caso di Kombucha, però, le carte si scoprono fin dal titolo; all'interno della ditta Symbiotic (nomen omen), tutti gli impiegati bevono il disgustoso orrore fermentato, che noi bambini degli anni '80 facevamo figliare a ripetizione senza conoscerne le proprietà terapeutiche, e vengono letteralmente consumati nel tentativo di risultare più produttivi. Un'invasione degli ultracorpi 2.0, una critica ficcante alle multinazionali e al linguaggio vuoto del business, che tocca picchi abbastanza alti di ilarità e disgusto, anche se talvolta gira un po' a vuoto. Nel complesso, un film divertente e tristemente attuale, consigliato anche a chi non è particolarmente avvezzo all'horror.  


I Fell in Love with a Z-Grade Director in Brooklyn
(Kenichi Ugana, 2025)

Il feel good movie del festival. Pur non avendo nulla a che fare con l'horror propriamente detto, salvo un paio di benedizioni da parte dei divini Larry Fessenden e Lloyd Kaufman (per quest'ultimo, vi conviene rimanere anche dopo i titoli di coda), è ambientato, come da titolo, nella scena del cinema americano stra-indipendente, di serie Z appunto. Un giovane regista entusiasta, alle prese col suo primo film horror-splatter, si ritrova senza l'attrice protagonista il giorno prima delle riprese; per caso, incontra Shina, famosissima attrice giapponese che ha perso la passione per il suo lavoro ed è stata abbandonata a New York dal suo fidanzato, e decide di scritturarla. Da quel momento, un rapporto lavorativo già assurdo si evolve in un sentimento ancor più inusuale, una sorta di La bella e la bestia complicato da gap linguistici esilaranti, che cattura inesorabilmente anche lo spettatore più restio a questo genere di film. Provare per credere, uscirete dalla visione saltellando gioiosi, e chiedendo a gran voce di poter guardare Natale con gli zombi.


Flush
(Grégory Morin, 2025) - Vincitore del premio del pubblico per il concorso lungometraggi

Non so se ho fatto bene a scegliere questo invece che Dolly, altro film che avrei voluto vedere tantissimo e che, purtroppo, veniva proiettato nello stesso momento, ma mi sono molto divertita guardando Flush. Oddio, no, non è vero. I primi dieci minuti sono stati un incubo durante il quale ho rischiato di correre fuori dalla sala, vittima di un attacco di panico scatenato da un mix di claustrofobia e germofobia, dopodiché, per fortuna, Flush si è assestato su binari più umani. Se vi state chiedendo come potrebbe svilupparsi un film il cui protagonista si ritrova con la testa incastrata dentro a un cesso alla turca per l'intera durata, sappiate che Flush non vi darà un attimo di tregua, con le sue trovate che mescolano commedia nerissima, dialoghi al fulmicotone, scene "pulp, molto pulp, pure troppo" e momenti di schifo vero. C'è anche spazio per un topolino tenerissimo, il beniamino Rabla, e la visione è stata ulteriormente impreziosita dal Q&A del regista, che si è dimostrato "uno di noi", un entusiasta amante dell'horror vittima di una timidezza in grado di renderlo il francese più simpatico mai conosciuto finora. Segnatevi il titolo, perché le vibes sono quelle simili di un altro gioiellino uscito dal ToHorror, Why Don't You Just Die, quindi mi aspetto una distribuzione italiana l'anno prossimo! 



mercoledì 29 ottobre 2025

Nuovi Incubi Horror Challenge Day 29: Head Like a Hole (2024)

Siccome la Nuovi Incubi Horror Challenge oggi è dedicata al tema "Orrore cosmico", ho deciso di approfittare di una delle visioni del recente ToHorror, e dedicare un post intero a Head Like a Hole, diretto e co-sceneggiato nel 2024 dal regista Stefan MacDonald-Labelle.


Trama: ad Asher, disoccupato ai limiti dell'indigenza, viene offerto un lavoro che sembra quasi un miracolo. Dovrà infatti monitorare e misurare, ogni giorno, allo scoccare dell'ora, un buco situato sulla parete di uno scantinato, nell'attesa che qualcosa cambi...


Prima di cominciare il post, devo premettere che Head Like a Hole, come avete capito dal riassunto pubblicato ieri, non è stata la visione più memorabile del ToHorror 2025, ma era l'unico film che cadeva a fagiolo per la challenge, quindi ha vinto il desiderio di portarla a termine vittoriosa. Ciò detto, esiste un orrore cosmico più grande del lavoro? Lasciando da parte i lavori "artistici", o quelli cercati con ferma volontà, io mi riferisco a quelli che ci consentono di sopravvivere e, contemporaneamente, ci privano di un motivo per farlo, perché va bene mangiare e pagare le bollette, ma poi? Il grande spauracchio dei tempi moderni, come già aveva intuito Charlie Chaplin, è la monotonia "produttiva", che sia in una fabbrica, in un ufficio, in un supermercato, ripetendo gesti che, a lungo andare, si privano di significato... sempre che ne abbiano avuto uno in partenza. Diventare ingranaggi, appunto, solo per non morire fisicamente, ed ignorando che stiamo comunque morendo, nel profondo, spremuti da multinazionali che ci caricano di belle parole e tanta legna verde... discorso che si può tranquillamente estendere anche a Kombucha, altro incubo lavorativo visionato al ToHorror. Il film di Jake Myers, però, è una satira più centrata a livello lavorativo e umano, ripropone un po' il concetto degli ultracorpi, mentre Head Like a Hole indirizza l'ordalia del suo protagonista verso altri lidi, diluendo la critica sociale di partenza per rientrare nei territori dell'horror cosmico tout court. Ciò accade, purtroppo o per fortuna, negli ultimi dieci minuti di film. Per più di un'ora, invece, condividiamo il triste, ripetitivo destino di Asher, uomo ormai alla canna del gas, costretto a vivere in un'automobile senza più benzina, al quale un giorno viene offerto un lavoro (almeno all'inizio) troppo bello per essere vero. Asher, per otto ore al giorno, dovrà monitorare un'"anomalia", un buco all'interno di uno scantinato, e riportare ogni eventuale cambiamento al suo ammorbante capo, che gli sta col fiato sul collo. Giustamente, Asher ha qualche dubbio, derivante da tutta una serie di rigidissime regole e da un'assurda segretezza sullo scopo della sua osservazione, ma l'offerta di vitto e alloggio, assieme ai 40 dollari all'ora, cancella ben presto ogni remora, almeno finché le pretese del capo non diventano sempre più invasive e l'ambiente che lo circonda inquietante.


Il ritmo del film è scandito dallo scorrere dei giorni rappresentati come impietosi numeri in sovrimpressione, alternati a un paio di capitoli che legano il loro titolo ai pochi eventi che sconvolgono la routine di Asher, ed è un ritmo che, assieme all'utilizzo del bianco e nero, enfatizza le sensazioni del protagonista, trasmettendole allo spettatore. Asher è immerso in un mondo grigio, circondato da un ambiente sempre uguale, costretto a sprecare la sua vita fissando un buco senza un perché; è vero che lo stipendio gli permette di liberarsi dalla condizione di povertà iniziale, ma dal momento in cui accetta il lavoro quello stesso stipendio non gli serve a nulla, perché, di fatto, Asher non esce mai da una casa che gli fa anche da ufficio, e dove tenta, goffamente e inutilmente, di instaurare un paio di rapporti umani. E l'orrore cosmico? C'è, ovviamente, ma arriva quasi come un ripensamento, collegandosi a un agghiacciante inizio girato in stile found footage che contrasta col bianco e nero pulitissimo del resto del film (e che, ovviamente, si combina all'attesa che ne consegue, impedendo allo spettatore di rilassarsi). E' un peccato, perché quando il destino di Asher si compie, in seguito ai tanti indizi seminati per tutta la durata di Head Like Hole, l'opera si evolve da commedia nerissima a horror spietato e pessimista, una condanna per chi consegna la propria parte migliore a realtà senz'anima ed egoiste, accettando passivamente di essere l'elemento debole, quello da blandire con falsi complimenti e da minacciare facendo leva su tutta una serie di "bonus" sociali che, invece, dovrebbero essere un diritto. Come ho bofonchiato tra me e me alla fine di Head Like a Hole, ogni tanto vien da pensare che non sarebbe male se l'umanità si estinguesse, soprattutto se ciò significasse dare un bello schiaffo morale a chi predica bene ma razzola talmente male da non riuscire nemmeno a riconoscere ciò a cui ha consacrato la propria esistenza. Non sono sicura che Head Like a Hole avrà mai una distribuzione, è troppo indipendente e "festivaliero", ma se dovesse accadere un miracolo, il mio consiglio è di guardarlo!

Stefan MacDonald-Labelle è il regista e co-sceneggiatore della pellicola. Canadese, anche montatore e produttore, è al suo primo lungometraggio. 



martedì 28 ottobre 2025

Nuovi Incubi Horror Challenge Day 28: From Beyond (1986)

L'eroina della Nuovi Incubi Halloween Challenge oggi è Barbara Crampton, quindi ho scelto di guardare From Beyond, diretto e sceneggiato nel 1986 dal regista Stuart Gordon a partire dal racconto Dall'ignoto di H.P. Lovecraft.


Trama: il fisico Crawford Tillinghast finisce in manicomio quando l'esperimento del suo mentore, che cercava di potenziare la ghiandola pineale e trovare una connessione con altre dimensioni, si conclude con la morte dello scienziato. Una giovane psichiatra, assieme a un poliziotto, cerca di scagionarlo ripetendo l'esperimento, scatenando così un orrore incontrollabile...


From Beyond
è un altro di quegli horror famosissimi che non avevo mai avuto occasione di vedere, oltre ad essere il secondo tentativo di Stuart Gordon di adattare un racconto di H.P. Lovecraft, ovviamente a suo modo. Per "a suo modo", e questo in base ai pochi film del regista che ho visto, intendo accentuando tantissimo la componente body horror e sessuale dei racconti di partenza, che nel caso di Lovecraft erano sottese, molto ben nascoste. Gordon non si fa di questi problemi e, non proprio dalle prime sequenze ma quasi, sottolinea la natura sessuale molto marcata dell'esperimento condotto dal dottor Edward Pretorius, il quale ha messo a punto un macchinario in grado di sviluppare la ghiandola pineale degli esseri umani, fino a consentire loro di percepire una dimensione "altra". Il problema è che, nel momento in cui i soggetti scorgono l'altro mondo, diventa vero anche il contrario, e Pretorius perde letteralmente la testa, lasciando il suo assistente Thillinghast terrorizzato e sul ciglio della follia. E' qui che entra in scena la protagonista della challenge odierna, Barbara Crampton, nei panni di una psichiatra dai metodi discutibili, la quale intende sfruttare Thillinghast per ripetere l'esperimento, con la scusa di scagionarlo; assieme a lui e a un poliziotto torna sul luogo del delitto e il macchinario viene rimesso in funzione, con conseguenze importanti sulla ghiandola pineale dei tre e, cosa non meno importante, sulla loro libido. Se non avete mai visto From Beyond, come me, non sto ulteriormente a ricamare sulla trama. Stuart Gordon anticipa, cinematograficamente almeno, l'Hellraiser di Clive Barker, e mette in scena una scienza atta ad alimentare i più bassi istinti umani, perversioni che hanno radici in desideri repressi di sesso, sofferenza, sottomissione e annullamento dell'individualità. Il povero Tillinghast, fino alla fine, non è altro che una pedina governata da personalità più forti della sua, prima Pretorius poi Katherine, eppure il poveraccio ci prova a mettere in guardia gli altri per quanto riguarda l'orrore che li attende dall'altra parte, e cerca di combattere per mantenere la propria umanità, anche quando le macchinazioni altrui finiscono per renderlo un mostro. I due "dottori", dal canto loro, giustificano desideri profondamente egoistici usando come scusa il progresso, il "bene dell'umanità", eppure nessuno dei due è in grado di resistere alla sirena dell'altro mondo, nemmeno quando diventa chiaro come il "bene comune" sia in realtà un pericoloso concentrato di male cosmico.


In tutta questa ambiguità morale, Stuart Gordon ci sguazza. Parte da un racconto elegante, con tocchi fantascientifici, e spalanca un orrore fatto di mostri disgustosi, sessualmente rapaci, "fluidi" nel senso più ampio del termine, con questa ghiandola pineale che non avrebbe sfigurato all'interno del Rabid di Cronenberg. Nel corso di From Beyond, l'inquietudine dell'ignoto lascia presto spazio a uno schifo tangibile, con tanto di fluidi innominabili e sangue, per poi virare dritto nell'exploitation cannibale e nel sadomaso, consegnando Barbara Crampton ai posteri con un'interpretazione da infarto. La Crampton non aveva nemmeno trent'anni, era al suo secondo ruolo importante, eppure si mangia la scena con l'interpretazione di una dottoressa ambigua, affascinante sia quando indossa una maschera professionale, sia quando si mostra inguainata all'interno di un abitino fetish che lascia ben poco all'immaginazione, sia quando l'orrore è arrivata quasi a inghiottirle la mente, come dimostra la sequenza finale. Non è che gli altri attori non siano bravi. Jeffrey Combs è clueless quanto basta, Ken Foree offre momenti di necessario comic relief, una presa in giro dell'eroe tutto muscoli e integrità morale (probabilmente è stato anche lo sprone per il coming out di molti omosessuali, vista la lunga sequenza in cui combatte con addosso solo un paio di mutande), e Ted Sorel è repellente sotto ogni punto di vista, ma la Crampton è semplicemente indimenticabile. Così come sono indimenticabili gli effetti speciali e il trucco prostetico, curati da molti dei tecnici già responsabili di Re-Animator, che danno vita a creature terrificanti e scene talmente disgustose che a volte sono stata costretta a voltarmi dall'altra parte, soprattutto quando Tillinghast comincia a subire gli effetti di una ghiandola pineale troppo sviluppata. Ringrazio, inoltre, di non avere guardato Together dopo From Beyond, altrimenti la sequenza finale dell'"horror dell'anno" mi sarebbe sembrata ancora più posticcia e orribile di quanto già non fosse. Ribadisco, il cinema di genere dovrebbe ritornare agli effetti speciali artigianali, saremmo tutti più felici così. Nell'attesa vana che ciò accada, vi consiglio di recuperare o riguardare From Beyond, che film truci come questo fanno soltanto bene al cuore!


Del regista e sceneggiatore Stuart Gordon ho già parlato QUI. Jeffrey Combs (Crawford Tillinghast), Barbara Crampton (Dr. Katherine McMichaels), Ken Foree (Bubba Brownlee) e Carolyn Purdy-Gordon (Dr. Bloch) li trovate invece ai rispettivi link.


Se From Beyond vi fosse piaciuto recuperate Re-Animator, Brain Damage, Society - The horror e Il colore venuto dallo spazio. ENJOY!

lunedì 27 ottobre 2025

Nuovi Incubi Horror Challenge Day 27: V/H/S Halloween (2025)

Anche oggi ho mixato due challenge. Quella di Nuovi Incubi chiedeva l'episodio di una saga composta da tre o più film, quella di Letterboxd parlava di "analogic horror". Ne è uscito fuori il recentissimo V/H/S Halloween, diretto e sceneggiato dai registi Bryan M. Ferguson, Anna Zlokovic, Paco Plaza, Casper Kelly, Alex Ross Perry, Micheline Pitt e R.H. Norman.


Seguendo il tema comune della festa più amata dalla comunità horror, V/H/S Halloween scodella una serie di nefandezze da primato, tutte riprese con uno stile found footage e "riversate" su cassetta. Il primo episodio, Coochie Coochie Coo è diretto e sceneggiato da Anna Zlokovic, regista di Appendage, che io però non ho mai visto. E' un episodio che traccia la via di ciò che si troverà davanti lo spettatore in seguito, ovvero abbondanza di umorismo macabro, urla a non finire e schifo (anche umano) assortito. In questo caso, le due protagoniste rimangono bloccate all'interno di quella che credono una finta casa infestata, abitata in realtà dalla terribile "mamma", uno spirito rancoroso che mira a procurarsi quanti più bambini possibili. Coochie Coochie Coo mi ha ricordato un episodio in acido dei migliori Channel Zero, mette una paura terribile in virtù, innanzitutto, dell'aspetto sozzo e labirintico della casa, e poi per le grottesche deformità anatomiche che caratterizzano "mamma" e i suoi piccoli. La sua natura di found footage rende le cose ancora più confuse e il fatto che la vicenda sia ambientata di notte, in un luogo poco illuminato, è indice della bravura della Zlokovic, che comunque realizza delle sequenze chiare... pure troppo, ahimé. 


A rendere le cose più serie, rigorose ma non meno inquietanti, ci pensa Paco Plaza, sfruttando una stanza circolare all'interno di un palazzo e un telefono. Ut Supra Sic Infra, chiaro richiamo all'Inferno, comincia in medias res, con una serie di foto agghiaccianti che documentano una serata di Halloween finita malissimo. Gli inquirenti, ritrovatisi tra le mani un unico sopravvissuto e possibile sospetto, devono ricostruire quanto successo tornando sul luogo del delitto, e da lì ovviamente succederà il delirio. Ut Supra Sic Infra non è il lavoro migliore di Plaza, ma probabilmente è quello che spicca di più all'interno della raccolta, perché si distingue appunto per l'eleganza e la padronanza del mezzo, ché Plaza di found footage ne sa parecchio (e si cita con un simpatico costume da "bombero"). I brividi sono assicurati e credo che l'episodio sarebbe molto interessante come preludio a un lungometraggio.


Dopo tanta serietà arriva la minchiata, efferata da morire ma comunque talmente stupida da fare il giro. Non è una critica, anzi, in quel momento avevo bisogno di ridere e Fun Size, se avete un umorismo infantile come il mio e non vi disturbano dialoghi del livello "Oddio, ma quelle sono le sue palle!!!" potrebbe fare al caso vostro. Non vi spoilero nulla del contenuto del corto, anche perché l'effetto sorpresa è parte integrante della sua riuscita, ma trattasi di giusta vendetta ai danni di chi non rispetta l'ammonimento a prendere solo una caramella a testa. Cartoonesco, splatter e cattivo, Fun Size è una boccata di aria fresca prima che arrivi la vera botta emotiva di V/H/S Halloween.


Se, fino a questo momento, tutto sommato le vittime di ogni episodio se l'erano andata un po' a cercare, Kidprint sbatte in faccia allo spettatore la brutale verità: chiunque può morire, anche se non ha fatto niente per meritarselo. "Kidprint" era il nome di un programma americano atto ad aiutare i genitori nel caso i loro figli fossero scomparsi. Si andava in un negozio di audiovisivi e l'operatore metteva i bambini davanti alla telecamera, facendogli domande banali mentre li riprendeva; ai genitori il video serviva appunto per diffonderlo, al posto di una semplice foto magari sfocata, per consentire alla polizia e ad eventuali testimoni di riconoscere e ritrovare i figli rapiti. Già la cosa è di per sé inquietante, purtroppo Kidprint mostra cosa succederebbe se a realizzare questi video fosse un pazzo maniaco preda del folle desiderio di tornare bambino. L'episodio è sporco, malato, mostra e da ad intendere le peggiori cose, ha una spietatezza che ricorda un po' la New French Extremity e, francamente, dopo il suo pessimismo e le urla disperate di cui è infarcito (oltre alla natura giustamente rozza, amatoriale, di molte sequenze), ho sentito il bisogno di fare una pausa e andare a farmi un giro.


Home Haunt
è un po' più lieve, nel senso che non lesina mattanze e orrori anche disgustosi, ma nell'insieme ha quel tocco di umorismo macabro che riesce ad alleggerirlo. Cosa non scontata, mentre i protagonisti degli altri episodi erano appena abbozzati, Micheline Pitt e R.H. Norman mettono in scena un dramma famigliare tristemente verosimile. Home Haunt è, infatti, l'ultimo tentativo di un padre di ricreare la magia degli Halloween passati a costruire un tunnel dell'orrore casalingo assieme al figlio. Da bambino, ovviamente il pargolo era elettrizzato di avere un padre così folle e creativo; crescendo, è subentrata la vergogna, fomentata dalle prese in giro dei coetanei. L'orrore di Home Haunt deriva dall'amore che rende sconsiderati, dal desiderio di farsi vedere fighi davanti ai figli, e purtroppo ci rimetterà un'intera cittadina... di gente non troppo simpatica a dire il vero. Ottimi gli effetti speciali, le scenografie e il trucco delle creature, non a caso tra gli ospiti del tunnel degli orrori c'è Rick Baker, che sembra volere benedire (o maledire) il tutto. Di tutti gli episodi, credo questo sia quello che mi è piaciuto di più, assieme alla splatterosissima cornice, Diet Phantasma, un compendio di riprese aziendali segretissime, funzionari scazzati e spietatezze efferate ai danni di poveracci costretti a testimoniare lo "spooktacular taste" di una bibita al cui confronto lo Stuff è una prelibatezza. Anche in questo caso, gli effetti speciali sono rozzi ed esagerati, una vera ghiottoneria. 


Come ho detto a Lucia nel mezzo della visione, mi sa che sono troppo vecchia per queste stronzate. Il continuo cambio di stili, le riprese tremolanti tipiche del found footage, le secchiate di sangue e altri fluidi innominabili e le urla continue, strazianti, delle vittime, dopo un'ora mi hanno portata alla saturazione. Questo era il mio primo V/H/S e fatico a vedermi recuperare gli episodi precedenti, in quanto mi si dice siano più o meno simili. D'altronde, avevo faticato, dieci anni fa, anche a vedere gli ABCs of Death, anche se V/H/S mi sembra un'operazione un po' meno amatoriale rispetto ad alcuni terribili corti visti nell'altra saga, e i segmenti sono più lunghi. Di sicuro, se avete il gusto dello splatter esagerato, qui c'è parecchia roba che fa per voi. Io ho un po' bisogno di sciacquarmi il cervello, ma nel complesso sono contenta di aver recuperato V/H/S Halloween, anche solo per un paio di idee interessanti. Mi raccomando, affrontatelo con la dovuta cautela!


Del regista Paco Plaza, che ha diretto e co-sceneggiato l'episodio Ut Supra Sic Infra, ho già parlato QUI.

Bryan M. Ferguson è il regista e sceneggiatore della cornice, Diet Phantasma. Scozzese, ha realizzato finora solo corti e video musicali. Anche produttore, scenografo e attore, ha 38 anni.


Anna Zlokovic
è la regista e sceneggiatrice dell'episodio Coochie Coochie Coo. Anche produttrice e attrice, ha diretto il film Appendage


Casper Kelly
(vero nome Kris Kelly) è il regista e sceneggiatore dell'episodio Fun Size. Americano, anche produttore, attore e animatore, è famoso per avere creato la serie Your Pretty Face Is Going to Hell


Alex Ross Perry
 è il regista e sceneggiatore dell'episodio Kidprint. Americano, ha diretto film come Listen Up Philip e Her Smell. Anche attore e produttore, ha 41 anni.


Micheline Pitt
e R.H. Norman sono i registi e sceneggiatori dell'episodio Home Haunt. Marito e moglie, finora hanno realizzato solo corti, tra cui Grummy, con Violet McGraw.



venerdì 24 ottobre 2025

Nuovi Incubi Halloween Challenge Day 24: Sotto shock (1989)

Oggi, per la Nuovi Incubi Halloween Challenge, tocca a un film a cui servirebbe un remake. Ho quindi scelto Sotto shock (Shocker), diretto e sceneggiato nel 1989 dal regista Wes Craven.


Trama: Jonathan, promettente stella del football, ha un incubo in cui un pazzo uccide la madre adottiva e i suoi fratelli. L'incubo si rivela reale, e consente alla polizia di catturare Horace Pinker e mandarlo alla sedia elettrica. Purtroppo per Jonathan, il killer trova un modo per vendicarsi anche dall'aldilà...


Sotto shock
era un altro di quei film che passavano quasi ogni anno a Notte Horror. Mi sembrava di ricordarlo abbastanza bene, anche se non lo riguardavo da tantissimo, ma probabilmente la mia testa aveva fatto un mix di Sotto Shock e La casa 7, quindi qualche sera fa mi sono ritrovata davanti un film non dico nuovo, ma comunque zeppo di elementi dimenticati. Non so neppure, in tutta sincerità, se è giusto inserirlo nel novero dei film ai quali servirebbe un remake, perché Sotto Shock, con tutte le sue imperfezioni, va benissimo così com'è, al limite gli effetti speciali sono un po' datati, così come lo scontro finale tra Jonathan e Pinker. Servirebbe anche una ripulita alla sceneggiatura, perché con tutto l'enorme rispetto per Wes Craven, Sotto Shock sembra un patchwork di 4/5 idee diverse, messe insieme giusto per il gusto di non far mancare nulla, e a tratti rasenta l'anarchia pura. Anzi, sembra quasi la "vendetta" di un autore al quale era stata tolta dalle mani la creatura più famosa, sviluppata da altri in modi che Craven disprezzava, all'interno di una saga all'epoca arrivata già al quinto capitolo. Sotto Shock, infatti, è zeppo di punti in comune con Nightmare - Dal profondo della notte: ci sono sogni che diventano reali, genitori poliziotti che non credono ai loro figli e li ostacolano in ogni modo, c'è un killer che torna dall'aldilà per vendicarsi di chi lo ha ucciso, c'è persino una scena introduttiva, sui titoli di testa, in cui Pinker traffica coi suoi televisori come faceva Freddy col suo iconico guanto. Se però Freddy rimaneva confinato all'interno dei sogni, l'elemento anarchico di Pinker è che costui fa un po' quel che vuole. Unito con un non meglio specificato rito voodoo all'elettricità e all'energia intesa come generica forza vitale, Pinker inizia come essere umano (e non viene spiegato perché Jonathan lo sogni, più che altro non si capisce come faccia il ragazzo a sognare "a comando"), continua come emulo de L'alieno di Jack Sholder/Il tocco del male e infine diventa un demone televisivo, limitato da un paio di regole che cambiano in corso d'opera e sono talmente cervellotiche che il finale va accettato facendo spallucce, con un bel "perché sì". A differenza di Nightmare - Dal profondo della notte, dove il fulcro della questione era l'isolamento di Nancy e dei suoi amici, perseguitati dal frutto concreto degli atti sconsiderati di genitori assenti, qui la star è il mostro, e Jonathan, assieme alla fidanzata fantasma e agli amici, sono soltanto eroi sui generis dotati della personalità di un cartonato, sebbene gli adulti continuino ugualmente a farci una ben magra figura.


Pinker, come le incarnazioni recenti di Freddy, è un bastardo ciarliero con un enorme appetito verso il sangue. E' brutto da dire, ma è una gioia vedere Mitch Pileggi che gigioneggia e dissacra qualsiasi cosa, prestandosi a un personaggio sempre a un passo dal diventare cartoonesco e riuscendo a mantenerlo comunque terrificante e pericoloso. Probabilmente il film passava in TV abbastanza tagliato, perché non ricordavo gli ettolitri di sangue che accompagnano gli omicidi di Pinker, da quel punto di vista poco meno scioccanti della famigerata sequenza del letto che inghiotte e sputa Johnny Depp; anzi, proprio perché gli omicidi sono centellinati e intervallati da momenti divertenti o ridicoli, la loro forza risalta ancora di più. Detti momenti ridicoli sono affidati innanzitutto alla camminata di Pinker, perfetta su di lui ma ben poco verosimile su altri, soprattutto sulle bambine bionde che di spalle vengono interpretate da nani, e toccano l'apice quando il serial killer diventa quasi onnipotente; è da quel punto in poi che tecnici degli effetti speciali e scenografi danno letteralmente il bianco, dimenticando ogni vergogna quando si tratta di realizzare la versione horror di una poltrona vibrante. Ciò che non è ridicolo, in quel frangente, è la regia di Wes Craven, che si scatena a sua volta annullando ogni barriera tra realtà, sogno e dimensione televisiva, gettando personaggi e spettatori all'interno di un loop allucinante. Non meno allucinanti e d'atmosfera sono le sequenze soffuse, ammantate di luce azzurrina, in cui l'amore di Jonathan per Alison si scontra col sacro terrore della morte, ed è un peccato che i due attori siano mediamente cani (lei, se non altro, è bellissima, lui sembra un pezzo di torrone piantato lì), perché non nego di avere provato un brivido di inquietudine ogni volta che il regista decideva di far comparire la bionda insanguinata. Sotto shock, infine, vanta un'ottima colonna sonora, con canzoni dei Megadeth, di Alice Cooper (il cui chitarrista compare nei panni dell'operaio posseduto da Pinker) e di un gruppo messo su per la bisogna, The Dudes of Wrath, formato da pezzi grossi tra i quali Paul Stanley dei Kiss, Vivian Campbell, Rudy Sarzo e Tommy Lee. Riflettendoci, non è che a Sotto Shock non servirebbe un remake, perché un po' di cosine invecchiate male ci sono. Il problema è che, nelle mani sbagliate, diventerebbe un prodottino senz'anima e patinato, mentre sono proprio i suoi difetti e la locura che lo caratterizza a renderlo divertentissimo!


Del regista e sceneggiatore Wes Craven, che interpreta anche uno dei vicini di Jonathan, ho già parlato QUI. Michael Murphy (Tenente Don Parker), Mitch Pileggi (Horace Pinker), Ted Raimi (Pac Man) e Heather Langenkamp (una delle prime vittime di Pinker) li trovate invece ai rispettivi link.

Peter Berg interpreta Jonathan Parker. Americano, ha partecipato a film come Girl 6, Cop Land, Cose molto cattive, Collateral e a serie quali 21 Jump Street e Alias. Come regista, ha diretto film come Cose molto cattive. Anche sceneggiatore e produttore, ha 61 anni. 


I due figli di Wes Craven, Jessica e Jonathan, interpretano rispettivamente la barista al chiosco nelle prime scene e il tizio che fa jogging nel parco e viene ucciso da Pinker nei panni del poliziotto. Se il film vi fosse piaciuto recuperate Nightmare - Dal profondo della notte e La casa 7. ENJOY!

giovedì 23 ottobre 2025

Nuovi Incubi Halloween Challenge Day 23: Death to Metal (2018)

Mi ero effettivamente chiesta come mai, in ormai dieci mesi di challenge, peraltro rinforzata nel corso di ottobre, non avessi mai beccato una sòla. Ebbene, il momento è arrivato quando ho unito il "metallari" della Nuovi Incubi Halloween Challenge al "New Slasher Era" della settimanale horror di Letterboxd ed è uscito Death to Metal, diretto e co-sceneggiato nel 2018 dal regista Tim Connery


Trama: dopo un incidente, un prete già non proprio sano di mente si trasforma in un mostro con un solo obiettivo, eliminare i metallari senza Dio...


La cosa che mi dispiace di più dell'essere incappata in Death to Metal è che Lucia, una delle fondatrici di Nuovi Incubi, ha giurato che non avrebbe mai più parlato di film brutti sul suo blog e nel podcast, perché ogni opera, anche la più inguardabile, ha dietro comunque il lavoro di persone che ci hanno messo dentro cuore e anima. La co-fondatrice del podcast, Marika, si è invece ritrovata spesso a fare da avvocato del diavolo a film distrutti da pubblico e critica, e anche se Death to Metal sarebbe un osso duro persino per lei, mi pare comunque di tradirla a parlarne male. Quindi, per venire incontro a loro e alla mia pignoleria, la quale esige che io non salti un giorno né una settimana di challenge, qualora sia riuscita a guardare il film richiesto, sarò molto breve e partirò da un punto fondamentale. SICURAMENTE non faccio parte del pubblico a cui Death to Metal è rivolto. Del metal non me ne frega una mazzafionda, non conosco la scena indipendente delle zone in cui il film è stato girato (probabilmente Death to Metal è zeppo di riferimenti, inside joke e guest star che avranno mandato in sollucchero i fan di Bifolcolandia, Iowa, ma con me mancavano proprio il bersaglio) e sono troppo anziana per apprezzare la roba low budget e recitata coi piedi. Non è vero, sto mentendo, non la apprezzavo nemmeno a 20 anni, tant'è che ho ancora gli incubi al ricordo di avere guardato Bone Sickness ma, se non altro, quel film era l'apoteosi del morboso, del malato, del disgustorama, l'espressione dello stile unico del regista, e quasi quasi posso arrivare a capirlo. Death to Metal invece è innocuo, la versione metallozza del Toxic Avenger della Troma, solo con un prete stronzo al posto del povero Melvin. Quest'ultimo era un buono, i rifiuti tossici gli davano la forza di contrastare i soprusi di gente orribile, mentre padre Milton è una merda, un prete dalle idee talmente estremiste e zeppe d'odio verso il diverso da mettere paura ai suoi parrocchiani e spingere i suoi superiori ai ripari. Ecco, una delle cose che ho apprezzato di Death to Metal è il modo equilibrato in cui sottolinea pregi e difetti di entrambe le "fazioni", nonostante la simpatia di Connery vada ovviamente ai metallari. Certo, padre Milton è deprecabile (anche a causa di un trauma infantile davanti al quale, mi spiace, ma ho riso parecchio), però il suo diretto superiore riconosce il valore indispensabile della tolleranza e della comunicazione; allo stesso modo, i metallari non sono tutti simpatici e "cool", anzi, alcuni sono rappresentati come la squallida feccia della società, e diciamo che di fronte a un paio di mattanze del Prete Tossico, un bel "good riddance" ci sta tutto. Un' altra cosa geniale è che il film sia ambientato sotto Pasqua, una festività che, solitamente, non viene molto sfruttata negli horror, nonostante tutto il suo potenziale.


Oltre a questo, c'è da dire che Death to Metal è più una horror comedy che uno slasher, quindi ammetto che qualche risata me la sono fatta (però se a fronte di una durata di un'ora e poco più uno comincia ad annoiarsi ugualmente, bisognerebbe farsi delle domande...) e ho apprezzato un paio di effettacci splatter e una cattiveria che, con un budget più alto, forse avrebbero potuto anche farmi rivoltare lo stomaco, perché di potenziale per un'opera in stile Troma oppure Peter Jackson degli esordi ce ne sarebbe stato. Purtroppo, a Tim Connery manca la visione d'insieme, la capacità di andare oltre un "vorrei ma non posso", cercando qualche soluzione originale e d'impatto, quindi nel complesso Death to Metal risulta piatto e amatoriale anche quando si spinge a mescolare non solo i generi, ma anche le tecniche (per esempio, all'interno del film c'è una sequenza animata. Di sicuro è stata realizzata per aggirare dei limiti economici, ma avrebbe comunque potuto funzionare benissimo, non fosse che è abbastanza banale. Personalmente, avrei puntato a realizzare un flashback più "estremo", sfruttando le mille possibilità del mezzo animato). Infine, c'è la nota dolente degli attori. Anche in questo caso, mi dispiace sparare sulla croce rossa, quindi cercherò di trovare almeno un pregio, che potrebbe essere la scelta di due protagonisti di bellezza "media", coi quali chiunque potrebbe identificarsi, ed una final girl che mi ha ricordato moltissimo, per indole e prontezza di risposte sagaci, la Willow di Buffy the Vampire Slayer. Il resto del cast fa abbastanza pena, quanto potrei farlo io se mai decidessi di partecipare a un film diretto da qualche amico, e si salvano giusto l'attore che interpreta il prete (ma solo perché gli è richiesto un discreto overacting) e il tenerissimo pargolotto metallozzo dotato del padre migliore del mondo. Per il resto, non consiglierei Death to Metal nemmeno al mio peggior nemico e, contrariamente a quanto premesso, ne ho parlato anche troppo. Se siete interessati, lo trovate su Tubi, ma la vita è troppo breve per dedicarsi a film mediocri. Ci penso io per voi!

Tim Connery è il regista e co-sceneggiatore della pellicola, al suo secondo lungometraggio. Americano, è anche produttore.  


Se vi piace il genere "commedia horror con musicisti", molto meglio Deathgasm, Studio 666 e Destroy All Neighbors. ENJOY!

mercoledì 22 ottobre 2025

Nuovi Incubi Halloween Challenge Day 22: Spider Baby (1967)

La Nuovi Incubi Halloween Challenge chiedeva oggi la visione di un film in bianco e nero. Ne ho approfittato per riguardare, dopo decenni, il film Spider Baby (Spider Baby or The Maddest Story Ever Told), diretto e sceneggiato nel 1967 dal regista Jack Hill.


Trama: Virginia, Elizabeth e Ralph, affetti da una rara sindrome ereditaria che riduce progressivamente le loro facoltà intellettive, rendendoli simili a bambini guidati da oscuri istinti, vivono isolati dal mondo nella casa di famiglia, assieme al servo Bruno. La situazione si complica quando dei lontani parenti arrivano in visita, per reclamare la loro parte di eredità...


Avevo visto Spider Baby tantissimi anni fa, grazie al solito Enrico Ghezzi e al suo Fuori orario, e ne ero rimasta entusiasta. La recente visione ha confermato la bontà dell'opera, almeno per quanto mi riguarda, e soprattutto la sua natura di film stranissimo, difficile da inserire in una categoria ben precisa. Spider Baby, ovviamente, è un horror, ma fin dall'inizio è connotato con toni grotteschi e assai vicini a quelli di una commedia nera (l'introduzione è affidata a un narratore con tanto di libro tra le mani, i titoli di testa sono cartooneschi e la canzone intonata da Lon Chaney Jr., sempre nei titoli di testa, è perfetta per un imbonitore da circo), e lo stesso vale per i rapporti che si vengono a creare tra le persone che, dopo anni, vanno a visitare la magione dei Merrye per grette questioni ereditarie. Questi aspetti stridono tantissimo con la terribile condizione degli abitanti della casa, degni eredi dei Freaks di Tod Browning. I giovani Virginia, Elizabeth e Ralph sono, infatti, giovani vittime di una maledizione genetica che li condanna a perdere, crescendo, le facoltà intellettive, e a diventare dei bambini governati dall'istinto e proni a commettere le peggiori atrocità. Nella fattispecie, Elizabeth è morbosamente affascinata dal male, Virginia è talmente attratta dai ragni da comportarsi come tale, uccidendo coi coltelli chiunque finisca nelle maglie della sua "ragnatela", e Ralph è un ragazzone ritardato ma dagli appetiti sessuali molto attivi. La sceneggiatura di Jack Hill, ovviamente, non è raffinata come quella del film di Tod Browning. La componente "exploitation" è quella preponderante, con derive tendenti al morbosetto e al lascivo, e ciò che si nasconde nei sotterranei della magione dei Merrye li distanzia parecchio dalla comunità chiusa e pericolosa ma fondamentalmente "corretta" del circo dove vivevano Hans e i suoi deformi compagni. I Merrye non fanno distinzioni tra buoni o cattivi, e la loro follia omicida li categorizza inevitabilmente come mostri; eppure, la presenza del servo e chaffeur Bruno, caratterizzato da pazienza e dolcezza inusuali, nonché realmente affezionato ai tre ragazzi, ci ricorda che i suoi protetti sono vittime di qualcosa che non controllano, e li umanizza quanto basta sia per rendere la visione di Spider Baby qualcosa di più di un filmetto horror di serie B, che per incrementare l'aspetto disturbante dell'opera.


Il fascino di Spider Baby deriva, inoltre, dal suo essere anacronistico. Jack Hill aveva girato il film in bianco e nero nel 1964, ma a causa della bancarotta dei produttori non era riuscito a farlo uscire se non tre anni dopo, quando ormai il colore, soprattutto per i film di largo consumo da proporre agli spettatori all'interno di scioccanti double feature, era d'obbligo. Ciò ha rischiato di far scomparire Spider Baby dalla circolazione, condannandolo all'oblio, ma per fortuna, col tempo, il film ha ottenuto lo status di pellicola cult, e forse anche per questo il parallelo col Freaks di Browning mi si è sedimentato nella testa fin dalla prima visione. La regia di Hill, comunque, è molto distante dallo stile espressionista di Browning. Spider Baby è molto pulito, ben illuminato, classico nei tagli e nelle inquadrature. La "regolarità" della messa in scena contribuisce a creare lo stesso contrasto presente nella sceneggiatura, quella commistione di commedia nera e horror becero che è l'aspetto vincente di Spider Baby. Sotto l'occhio rilassato della telecamera si consumano pasti quantomeno discutibili, violenze sessuali che spingono alla follia, omicidi efferati e tanto altro ancora, messi in scena come ci si trovasse davanti a una sit-com. La maggior parte degli attori, in effetti, soprattutto Quinn K. Redeker, recitano coi toni svagati di una commedia e sono ben lontani dalle esagerazioni tipiche degli horror. Fanno eccezione l'affascinante, caricatissima Virginia di Jill Banner, che sembra davvero una vedova nera, anche nel suo fare lezioso ed infantile, l'inquietante Sid Haig (il quale, alla sua prima apparizione all'interno del film, sembra davvero uscito dal set di Freak), e un Lon Chaney Jr. dolcissimo, pronto a rendere memorabile il suo personaggio con misurate (e, ahilui, inutili) lezioni di etica rivolte ai suoi protetti, e monologhi disperati sul finale. Insomma, Spider Baby ha rischiato di scomparire prima nei meandri della distribuzione, poi per via di copie sempre più rovinate, finché il negativo originale non è stato ritrovato e restaurato, così che il film potesse arrivare fino a noi. Se non lo avete mai visto, un simile sforzo andrebbe premiato, non solo perché Spider Baby è un film originale e bellissimo, precursore dei temi di moltissimi horror moderni, ma anche perché ormai è un'opera di pubblico dominio e potete trovarla ovunque, molto facilmente. 


Di Lon Chaney Jr. (Bruno) e Sid Haig (Ralph) ho già parlato ai rispettivi link.

Jack Hill è il regista e sceneggiatore della pellicola. Americano, ha diretto film come La vergine di cera, Sesso in gabbia, Coffy e Foxy Brown. Anche montatore, attore, direttore della fotografia, ha 92 anni.


Quinn K. Redeker
, che interpreta Peter, era uno degli sceneggiatori de Il cacciatore, nonché uno dei membri ricorrenti del cast della soap opera Febbre d'amore; sia Mary Mitchell (Ann) che Karl Schanzer (Schloker), hanno invece partecipato a Terrore alla 13a ora. Beverly Washburn, che interpreta Elizabeth, è l'unica a comparire anche nel remake omonimo del 2024, diretto e sceneggiato dal regista Dustin Ferguson, di cui vi invito a scoprire la filmografia QUI. Amo la serie Z, lo sapete, ma stavolta passo. Piuttosto, preferirei recuperare Spider Baby the Musical, che all'inizio del nuovo millennio ha girato parecchi teatri negli Stati Uniti. ENJOY!

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