Trama: Ivan, figlio di un oligarca russo, si invaghisce di Ani, ballerina ed escort in un locale di spogliarelliste. Dopo settimane di sesso e divertimenti, i due si sposano, ma la famiglia di Ivan si mette in mezzo...
Quella di Anora è la storia più vecchia del mondo. Lui, ricchissimo, incontra lei, poverissima, e scatta l'amore, ovviamente contrastato. Ma se Anora fosse davvero tutto qui, non sarebbe un film di Sean Baker, attento indagatore del mondo dei sex worker e, soprattutto, delizioso cantore di storie umane fatte di personaggi imperfetti, squallidi e "brutti". Di ragazze che, come già la Halley di Un sogno chiamato Florida, sono state costrette a crescere fisicamente pur rimanendo immature, facendo della loro disnibita bellezza un mezzo per poter portare a casa quanti più soldi possibili e fare un po' di bella vita, dimenticando la loro condizione di squallore almeno per qualche istante. Di Ani sappiamo poco o nulla, solo che ha origini russe e che rifiuta di usare il suo vero nome, Anora. Si è costruita una nuova identità, rifiutando il passato e smettendo di guardare al futuro, vivendo un eterno presente fatto di ricchi ubriaconi che la palpeggiano. Finché, un giorno, arriva Ivan. Giovane, bello (?), scemo e, soprattutto, sfondato di soldi. Dopo un paio di incontri, Ivan propone ad Ani di diventare la sua Pretty Woman, la sua ragazza per due settimane, un'ultima botta di vita americana, prima di tornare in Russia a lavorare per papà. Segue un periodo frenetico di feste, lussi ed eccessi, di sesso da ragazzini e giornate spensierate, finché non scatta la proposta di matrimonio, offerta ed accettata per motivi diametralmente opposti. Forse Ani comincia a pensare al futuro, a quanto sarebbe bello vivere per sempre un'esistenza libera da pensieri con un babbeo sostanzialmente innocuo, da prendere per mano e formare, anche nel sesso. Forse Ani comincia a pensare di amarlo, lei che l'amore non lo conosce affatto. Non lo sapremo mai, perché, alla notizia del matrimonio, la madre di Ivan sbrocca e manda un improbabile trio di galoppini a far rinsavire il figlio. Il film si trasforma: da commedia romantica fatta ad uso e consumo della Gen Z senza valori diventa un grottesco, esilarante emulo dei migliori film dei Coen. Se prima, infatti, Ivan scopava come un coniglio, di fronte alle minacce di mammà pensa bene di scappare come una lepre, costringendo Ani a far comunella con tre detestabili sconosciuti per ritrovare il fuggiasco e salvarsi matrimonio e futuro.
Se Anora fosse solo questo, però, per quanto divertente, sarebbe davvero poca cosa. E' l'ultimo atto del film che regala la chiave di lettura dell'intera opera, che apre gli occhi alla protagonista, le mostra quella "luce" nascosta all'interno del significato del nome da lei rifiutato. E' qualcosa che si fa strada a poco a poco e che rischia di perdersi, nella frenesia di abiti, gioielli, clienti, sesso, canzoni di volgarità inaudita, perché è piccolo e non eclatante, silenzioso e defilato. In maniera graduale, Anora si rivela un coming of age coi fiocchi, la storia di una ragazza che impara, se non cosa sia l'amore, almeno a percepire la mancanza di "qualcosa", che è andato perduto nella convinzione di essere solo un bellissimo pezzo di carne e di poter fare strada proprio grazie a questa fortuna. E, come ogni rivelazione importante, la consapevolezza è dolorosa. Il finale silenzioso di Anora arriva come la fine di una guerra, quando il giovane soldato entusiasta sopravvive a mille battaglie e mille trionfi, per ritrovarsi stremato, spogliato dell'innocenza, a contare i morti e pensare che, forse, ciò per cui aveva combattuto fino a quel momento non contava nulla; il soldato guarda il mondo con occhi nuovi, arriva a capire ciò che aveva sempre ignorato e, conseguentemente, disprezzato, sentendosi mortificato da quanto ci sia voluto per afferrare cose all'apparenza semplici. E' un finale che arriva con la stessa potenza di quello di Un sogno chiamato Florida, a strizzare il cuore di uno spettatore che si è innamorato di Ani per la sua caparbietà, la sua natura triviale e volgare, persino per la sua stupidità, e vorrebbe abbracciarla come chi è stato a lungo ad osservarla in silenzio, vedendo oltre le apparenze, sopportando insulti ed illazioni. In questo, Igor somiglia moltissimo al Bobby di Un sogno chiamato Florida. I suoi occhi (occhi da "stupratore", come gli rinfaccia rabbiosa Ani, lei che non riesce a staccarsi dall'idea che il sesso sia l'unico modo che hanno gli uomini di rapportarsi a lei) scorgono spiriti affini, non li giudicano, li sostengono per come possono con piccoli gesti di immensa dolcezza e umanità. Magari non risolveranno tutti i problemi, ché anche Igor, come Bobby, non è un supereroe, ma almeno restituiscono la dignità a chi ha dimenticato persino di averla.
La regia di Sean Baker muta seguendo le varie anime del film. Ai grandangoli, i momenti videoclippari e il montaggio frenetico del primo atto, zeppo di sequenze che faranno piangere di gioia gli orfani del Badabing! de I Soprano, seguono immagini concitate degne di un action "da camera", quando Igor, Taros e Garnik scoprono a loro spese cosa significhi avere un uragano di nome Ani intrappolato in un ambiente chiuso. Fa capolino anche lo stile guerrilla, durante la ricerca di Ivan, la cui foto viene mostrata ad ignari clienti di vari ristoranti e locali, ripresi di nascosto, ma tutto si attenua (martellante colonna sonora compresa) sul finale, dove il freddo di una neve "russa" avvolge le luci e i suoni di una New York grigia, invernale. A differenza degli altri film di Baker, la palette di colori è molto più ridotta, proprio per rispettare la stagione in cui è ambientato Anora, ma tutto viene vivacizzato sia dai fili brillanti che decorano i bellissimi capelli di Mikey Madison, sia da pennellate di rosso (la sciarpa della protagonista, fondamentale protagonista di momenti topici) e blu, due colori che si alternano negli abiti e negli oggetti associati ad Ani e Ivan. Ai due protagonisti mi collegherei per parlare degli attori, ma non saprei cosa dire, salvo che ogni membro del nutrito cast è perfetto, indispensabile alla riuscita del film, soprattutto perché a quasi tutti gli interpreti principali è chiesto di fare evolvere i loro personaggi sfidando cliché e prime impressioni. L'esempio più clamoroso di quanto affermo è Yura Borisov, figura di sfondo, semplice gregario che diventa, a poco a poco, la chiave di volta di Anora, facendosi strada nel cuore del pubblico (a parte che io mi sarei portata a casa tutti e tre i "marmittoni", in primis l'esilarante Toros). Quanto a Mikey Madison, già bucava lo schermo in Scream, ma qui regge sulle spalle tutta la pellicola, calamitando lo sguardo dello spettatore non solo per la sua innegabile, sensualissima bellezza (maledetta!), ma anche per la sensibilità nell'interpretare un personaggio molto più sfaccettato di quello che appare all'inizio. Lo avevate detto tutti che Anora era un trionfo, ma dopo le mezze delusioni di Emilia Pérez e, ancora prima, di Povere creature!, ci sono andata molto coi piedi di piombo, e mi sono dovuta ricredere! Agli Oscar tiferò, sempre ed inutilmente, The Substance, ma se, per miracolo, Anora facesse incetta di premi importanti, saltellerò di felicità!
Yura Borisov interpreta Igor. Russo, ha partecipato a film come Kapitan Volkonogov bezhal, AK-47 - Kalashnikov e Scompartimento n.6. Ha 33 anni e due film in uscita.