domenica 30 dicembre 2018

Bolla's Top 5: Best of 2018

E benvenuti alla classifica di quelli che sono, per me, i migliori film del 2018, horror e non. Ho avuto qualche difficoltà anche in questo caso, non perché siano mancati film belli  o interessanti soprattutto, stranamente, durante il periodo degli Oscar: Tre manifesti a Ebbing, Missouri, The Breadwinner, Tonya , Un sogno chiamato Florida  e Il filo nascosto sono pellicole da vedere assolutamente e lo stesso vale per I segreti di Wind River, Sulla mia pelle, La ballata di Buster Scruggs e Morto Stalin se ne fa un altro ma ammetto che nessuna di loro mi ha colpita così tanto da meritare il posto in classifica. Magari sbaglio, ovviamente, ma ecco i dieci film non horror e horror che mi hanno conquistata quest'anno! ENJOY!

5. Ready Player One
La bomba nerd di Spielberg. Due ore di puro godimento citazionista e di tecnica registica sopraffina che ha migliorato un romanzo già di per sé gradevole. Alcune sequenze valgono da sole il prezzo del biglietto e si fanno perdonare alcune ingenuità a livello di sceneg… ma chissenefrega della sceneggiatura!!! Robottoni, mostri, Chucky, inseguimenti mozzafiato, macchine nerdissime, I want more!


4. The Killing of a Sacred Deer
Non me la sono sentita di inserirlo nell'horror perché ancora oggi devo capire cosa diamine ho visto (e perché volevo mettere altri film lì. Oh, il blog è mio e lo gestisco io!) ma so per certo che di questo film non dimenticherò nulla: la recitazione monocorde, le immagini crudeli, la malvagità del ragazzetto protagonista, la colonna sonora perturbante. Alla faccia del pugno nello stomaco.



3. Dogman
Primo dei due film in elenco che hanno per tema il cane (ah, a tal proposito consiglierei anche il recupero di Chien), l’inquietante e poetica rilettura Garroniana di un fatto di cronaca orribile, concentrata più sull’aspetto tristemente psicologico della vicenda e sull’umanità di un triste carnefice piuttosto che sugli elementi truci, colpisce lo spettatore nel profondo. E poi, Marcello Fonte continua giustamente a mietere consensi ovunque, come potevo non celebrarlo?  



La follia Andersoniana non poteva mancare in classifica, anche se io amo i gatti che qui ci fanno una magra figura. Tra giapponese, melodie bellissime e stop motion, il film di Wes Anderson è una gioia per gli occhi… e sì, anche per il cuore, ché qui ci si commuove.


Il film più bello dell’anno, senza se e senza ma, tanto che non l’ho nemmeno relegato in campo horror. Sì perché la fiaba acquatica di Del Toro è innanzitutto un enorme esempio di Cinema, capace di regalare bellezza ed emozioni che perdurano nel tempo, commovente sia a guardarlo che a ripensarci.


E ora passiamo all'horror. Menzione speciale la meritano film bellissimi e a tratti genuinamente spaventosi come TerrifiedRevengeVeronica Marrowbonerimasti fuori per un soffio ma inseriti in un'ideale top 10!
Esilarante e inaspettato, non è proprio horror ma sicuramente ci sono gli zombi e mi si è conficcato nel cuore come un’ascia per la natura dissacrante e perfetta del suo meccanismo circolare. E aggiungo solo: POM!!


Un horror che è l’equivalente di una corsa sulle montagne russe. Si arriva alla fine svuotati, in lacrime e desiderosi solo di ritornare alla propria vita normale. E pensare che le violenze più pesanti avvengono fuori campo…


Semplice e geniale, gioca sulla mancanza di suoni per terrorizzare lo spettatore, alla faccia di quegli horror dove lo jump scare viene accompagnato da una strombazzata sonora. Splendido, davvero.


2. Hereditary: le radici del male
Non è l’horror migliore dell’anno e nemmeno l’erede de L’esorcista. E’ però un’opera strana, perturbante, che colpisce di più nel suo aspetto di slice of life familiare con contaminazioni sovrannaturali piuttosto che nella sua parte horror, che sul finale diventa ridondante e quasi barocca. Perfetta Toni Collette, spaventosa più della bimba protagonista e del suo terrificante “clop!”


Lo so, non è un film. E’ una miniserie Netflix ma è anche il capolavoro dell’adorato Mike Flanagan, nonché un’opera capace di coinvolgere, terrorizzare e commuovere come solo La forma dell’acqua ha saputo fare in campo cinematografico. Adorabile, da vedere e rivedere.







venerdì 28 dicembre 2018

Bolla's Top 5: Worst of 2018


Siamo arrivati alla classifica dei peggiori film del 2018! Ammetto che quest’anno, come l’anno scorso, è stato abbastanza difficile stilarla visto che non mi sono capitati (fortunatamente) sott’occhio titoli particolarmente vomitevoli. Tante delusioni, questo sì. Parlo di Loro (più il primo che il secondo capitolo), Annientamento, La stanza delle meraviglie, Mary e il fiore della strega o Housewife, solo per citarne alcuni, film da cui mi aspettavo tantissimo e si sono rivelati invece delle robette da nulla. Oppure, le solite banalità dimenticabili, soprattutto in campo horror, come Slumber – Il demone del sonno, The Midnight Man, Obbligo o verità, il recente Slender Man. Anche la blasonata Netflix ha tirato fuori il suo bel campionario di schifezzuole, come The Open House, e ben due film di questa lista sono nel catalogo della piattaforma, quindi complimenti! Scherzi a parte, andiamo a vedere a chi è toccato il podio e… ENJOY!

5. Venom
Il meno peggiore del mucchio ma, guardando gli altri presenti in lista, non è una gran consolazione. Avrebbe dovuto essere un horror ma è diventato un buddy movie con l'alieno scemo e logorroico e l'ospite umano clueless. Vade retro!


4. Bright
Molto simile a Venom ma ancora più noioso, il primo, costosissimo fantasy urbano targato Netflix è la fiera della banalità, col solito Will Smith che interpreta il duro senza esserne capace e lo sfortunato Joel Edgerton nei panni dell'orco scemo, fortunatamente irriconoscibile sotto tonnellate di makeup. Purtroppo, per l'anno prossimo è previsto l'inizio delle riprese del sequel ma Max Landis ci ha visto lungo e ha portato via le scatole.


3. Gotti - Il primo padrino
Se in un film di mafia si "salva" solo John Travolta c'è davvero qualcosa che non va. Noioso, poco coinvolgente, popolato da attori imbarazzanti e pericolosamente apologetico, questo Gotti è davvero uno dei peggiori gangster movie mai girati.


2. The Last Sharknado: It's About Time!
La Delusione dell'anno. Lo so che con Sharknado si gioca facile ma questo era l'ultimo capitolo e mi sarei aspettata il trionfo del trash e della risata compulsiva, invece c'è stata solo una gran tristezza e una noia ingiustificabile. Fortunatamente è finita la saga!


1. Sabrina
Come ho scritto nel post, Chilling Adventures of Sabrina è splendido ma Sabrina, sempre su Netflix, è inguardabile. Merita il primo posto perché guardare un horror con bambole possedute e non provare nemmeno un istante di paura per me è quasi impossibile, ergo Sabrina è un fallimento sotto tutti gli aspetti possibili e immaginabili.


giovedì 27 dicembre 2018

(Gio)WE, Bolla! del 27/12/2018

Buon giovedì a tutti! Vi siete ripresi dalle abbuffate di Natale? Io non molto ma lo stesso eccomi a parlare delle ultime uscite savonesi dell'anno tra gioia e perplessità... ENJOY!

La befana vien di notte
Reazione a caldo: Oh!!
Bolla, rifletti!: Una favola a tema festivo con la regia di Michele Soavi e due attori come Paola Cortellesi e Stefano Fresi che mi tentava fin dalla locandina e poi mi ha definitivamente catturata col trailer. Credo proprio correrò a vederla!

Spider-Man: Un nuovo universo
Reazione a caldo: Mh.
Bolla, rifletti!: Sembra carino e sicuramente il trailer speciale è stata la cosa migliore di Venom ma lo stesso credo aspetterò un futuro recupero senza andare al cinema.

Moschettieri del Re
Reazione a caldo: Ho paura
Bolla, rifletti!: L'idea di un Pierfrancesco Favino moschettiere mi ispira tantissimo, lo ammetto, ma ho ancora in mente i moschettieri vecchi e bolsi de La maschera di ferro o quelli scanzonati della Disney e non so se sono pronta per una versione italiana dei romanzi dei Dumas.

Al cinema d'élite a quanto pare hanno vinto anche questa settimana!

Cold War
Reazione a caldo: Lo consigliano tutti!
Bolla, rifletti!: Una storia d'amore tra due persone, una storia d'amore verso la propria Patria, una storia di desiderio e incertezza che ha vinto una marea di premi. Come al solito, in periodo natalizio non mi vanno le cose troppo impegnate ma pare questo film sia splendido quindi chissà...

domenica 23 dicembre 2018

Await Further Instructions (2018)




Che Natale sarebbe senza almeno un horror a tema? Se lo è chiesto Lucia, che mi ha spinta a recuperare Await Further Instructions, diretto dal regista Johnny Kevorkian. Colgo l'occasione per farvi gli auguri di buon Natale perché il blog rimarrà in pausa fino a giovedì, per poi riprendere con le uscite delle feste, se ci saranno... e le classifiche di fine anno!


Trama: la vigilia di Natale, i membri di una famiglia inglese si riuniscono a casa del patriarca per festeggiare ma il giorno dopo si ritrovano tutti bloccati nell'edificio mentre la TV trasmette messaggi sempre più inquietanti...



Io ho la fortuna, da che sono nata, di passare le feste di Natale sempre con le stesse, amatissime persone. Come tutte le famiglie, non siamo perfetti, per carità: ci sono piccoli screzi, scazzi da tensione natalizia, discussioni che prendono piede quando meno ce lo si aspetta ma comunque a me (e credo anche a loro) fa piacere passare il Natale assieme, scofanandoci l'impossibile per poi concludere il tutto degnamente, giocando a carte e bestemmiando in amicizia. Ciò però non accade quasi mai negli horror a tema natalizio, soprattutto non succede nel terribile Await Further Instructions, dove l'inglesissima famiglia protagonista è già sfasciata in partenza e la situazione in cui i suoi membri si vengono a trovare si "limita" ad esacerbare ogni conflitto fino all'inverosimile. Nell'ordine, abbiamo Nick, giovane acculturato di belle speranze che ha deciso di troncare ogni contatto con la famiglia e di mettersi con la dottoressa indiana Annji, un'unione interraziale che ovviamente ha suscitato lo sdegno dei più (fa male vedere come il padre di lui si sforzi di non chiamarla mai Annji ma sempre Angie o Angela, come se il suo nome fosse un'offesa all'Inghilterra e al cattolicesimo); suo padre, Tony, granitico testa di cazzo con frustrazioni che risalgono all'infanzia e lo spingono a mostrarsi "uomo" sempre e comunque; sua madre, una poveraccia succube del marito che vorrebbe solo che tutti si amassero; il nonno, razzista, ignorante e generalmente cattivo con chiunque, soprattutto col suo stesso figlio; infine, la sorella Kate, il trionfo della becera ignoranza e della supponenza (non ai livelli di una mamma pancina ma sicuramente di quelle che commentano i post di Salveenee), accompagnata da un marito scemo come un tacco con più muscoli che cervello. Umiliati, insultati a più riprese e vessati fin dal primo minuto di presenza, Nick e Annji decidono, e date loro torto, che non passeranno il Natale con una manica di cretini simili e di involarsi alle prime luci dell'alba senonché, al momento di fuggire, si ritrovano ogni uscita sbarrata da un'impenetrabile cortina metallica. Come sovrappiù, cellulari ed internet non funzionano e lo schermo della TV comincia a mandare messaggi in testo verde su fondo nero, cose lapidarie ed inquietanti come "Attendete ulteriori istruzioni" oppure "Qualcuno di voi è contaminato, isolatelo", che non fanno che accrescere tensioni, diffidenze e paranoia, soprattutto nel momento in cui Tony decide di eleggersi capobranco e di "comportarsi nel modo migliore possibile durante il peggiore dei giorni", con ovvie, orrende conseguenze.


La testardaggine bovina con la quale buona parte della famiglia di Nick segue pedissequamente istruzioni assurde perché apparentemente emesse dal Governo (quello stesso Governo che Tony e suo padre criticano per l'apertura agli immigrati, rea di aver mandato a bagno l'intera Inghilterra, per la cronaca), al punto da nuocere persino ai membri di quella stessa famiglia, va dall'angosciante all'incredibile, nel senso che spesso non si crede a quanto i personaggi possano essere ciechi di fronte alla possibilità che la situazione non dipenda da qualcosa di "ufficiale" ma che sia solo un esperimento perverso. Accanto al folle Tony, che si aggrappa alla possibilità di essere finalmente il leader che avrebbe sempre voluto essere e di sfogare risentimenti verso figlio e genitore, i peggiori sono il nonno, pronto a disprezzare il prossimo anche nei momenti di disperazione assoluta, e soprattutto Kate, incapace a farsi valere se non per questioni futili e pronta, a sua volta, a sacrificare il bambino che porta in grembo in nome di un folle attaccamento al branco e dell'odio verso chi è riuscito a staccarsene, come il fratello. Spesso la suspension of disbelief va a farsi dei gran giri, soprattutto quando la minaccia che incombe sulla famiglia comincia a palesare la sua natura, ma il modo in cui Kevorkian e lo sceneggiatore Gavin Williams giocano sulle paure, sulla piccineria umana dei personaggi, sulla situazione di profondo disagio politico, economico e sociale che tocca non solo l'Inghilterra della Brexit ma anche il mondo intero, è il vero punto di forza del film, prima ancora del suo aspetto horror; soprattutto, i realizzatori giocano sul desiderio di avere qualcosa a cui aggrapparsi nei momenti di reale terrore, quando tutte le certezze vengono meno e la speranza che arrivi un deus ex machina a salvarci, per quanto irrazionale, ci fa tornare indietro di almeno duemila anni. Soprattutto a Natale, quando i miracoli possono accadere, anche davanti a qualcosa che ricorda parecchio la tecnologia da incubo del vecchio Cronenberg. A voi, cinici come me che vorrebbero vedere tutte le famiglie conciate, letteralmente, per le feste, non posso fare altro che consigliare la visione di Await Further Instruction, la dimostrazione di come ottimi horror arrivino quasi sempre dall'Inghilterra.


Di David Bradley, che interpreta il nonno, ho già parlato QUI.

Johnny Kevorkian è il regista della pellicola. Probabilmente inglese, ha diretto film come The Disappeared ed è anche sceneggiatore e produttore. Ha un film in uscita.




venerdì 21 dicembre 2018

Escape from Cannibal Farm (2017)

Leggendo le perle di Novembre di Lucia mi sono convinta a recuperare Escape from Cannibal Farm, diretto e sceneggiato dal regista Charlie Steeds.


Trama: i membri di una famiglia si recano nella campagna inglese per una vacanza ma lì vengono aggrediti da un branco di autoctoni cannibali.



Sono passati più di quarant’anni dall’uscita di Non aprite quella porta ma nonostante questo il film di Tobe Hooper continua a fare proseliti e generare figliastri persino fuori dagli USA, come questo Escape from Cannibal Farm, trucidissimo horror inglese del semi esordiente Charlie Steeds . Che il regista sia in attività da poco anche come sceneggiatore si vede innanzitutto dall’entusiasmo debordante con cui sottopone i protagonisti del suo film alle peggiori cose e poi per come scimmiotta i maestri cercando comunque di aggiungerci del suo, spesso sbagliando e raggiungendo risultati abbastanza esilaranti. Personalmente, a fronte dell’ennesimo emulo di Non aprite quella porta, l’unica cosa che non ho proprio apprezzato del film sono gli intermezzi “poetici” in cui il villain (un vecchiaccio scionco che s’è visto brutalizzare il figlio e suicidare di conseguenza la moglie) lamenta la sua esistenza ingrata con chiunque lo stia a sentire e l’incoerenza temporale dell’intera vicenda, all’interno della quale non solo i cannibali ma persino i loro vicini di casa, nei flashback, paiono aver vissuto verso la fine dell’800. Per il resto, mi è piaciuta molto l’idea di rendere protagonista del film una famiglia i cui membri si detestano l’un con l’altro nemmeno tanto cordialmente, ma proprio a livelli di “se ti giri ti accoltello, anzi, ti pugnalo anche se mi stai di fronte”, e il paio di twist che conducono la pellicola verso una direzione leggermente diversa rispetto ai lidi di Hooperiana memoria. Niente per cui urlare al miracolo, ma se non altro ci ha provato.


Purtroppo ci hanno provato anche gli attori e qui tocchiamo il vero tasto dolente della pellicola, una stilettata al cuore persino per me che adoro gli inglesi. Di tutti gli interpreti se ne salvano giusto tre, la madre (protagonista di un monologo cazzutissimo), la figlia e l’odiosissimo patrigno, quest’ultimo vero mattatore della prima parte del film grazie agli insulti e agli attestati di disistima che regala generosamente a figli e generi, gli altri potrebbero tranquillamente essere relegati al rango di comparse dello spettacolo di Natale dell’ultima parrocchia dello Yorkshire e nessuno ne sentirebbe la mancanza, soprattutto del terrificante “meat eater”. Davvero, in confronto alla pochezza degli attori salvo persino le esilaranti mani che esplodono e il montaggio fatto coi piedi, che regala quella bella sensazione di nausea tanto cara agli horror grezzi e amatoriali (spoiler: prendiamo la scena del forno. Ma quanto caspita ci mette il tizio a riprendersi e a palesarsi a chi si trova fuori? Come minimo avrebbe dovuto bruciare dopo un paio di minuti, non avere tutto il tempo di risvegliarsi e fare persino due parole con gli astanti); addirittura, salvo il makeup imbarazzante di quella sorta di Morlock che si nascondono nel sottosuolo della fattoria ma non gli attori. Loro no. Purtroppo, però, un film è fatto soprattutto di attori ed è per questo che non mi sento di consigliarvi il recupero di Escape from Cannibal Farm, non con tutti i film simili e migliori che ci sono in giro!

Charlie Steeds è il regista e sceneggiatore della pellicola. Inglese, ha diretto film come The House of Violent Desire. Anche produttore, ha tre film in uscita.


La maggior parte degli attori presenti nel film hanno partecipato ad altre pellicole di Charlie Steeds, come The House of Violent Desire e Deadman Apocalypse. Ovviamente, se Escape from Cannibal Farm vi fosse piaciuto recuperate la saga di Non aprite quella porta. ENJOY!


giovedì 20 dicembre 2018

(Gio)WE, Bolla! del 20/12/2018

Buon giovedì a tutti! Natale è alle porte e la programmazione si adegua anche se i film migliori usciranno dopo Capodanno e altri, come Capri - Revolution o Ben is Back, non sono proprio arrivati. A prescindere... ENJOY!

Il ritorno di Mary Poppins
Reazione a caldo: YeeeeeHHH!!!
Bolla, rifletti!: Non che Mary Poppins sia mai stato il mio film Disney preferito ma tant'è. E' da vedere anche solo per ritrovare Dick Van Dyke (nei panni stavolta di Mr. Dawes Jr.) e per apprezzare la sempreverde Angela Lansbury!

Bumblebee
Reazione a caldo: MEH.
Bolla, rifletti!: Il trailer in effetti non sembrava malissimo ma non avendo familiarità con la saga di Transformers non ho troppa voglia di guardarlo. Magari lo recupererò quando sarà disponibile su Netflix.

Amici come prima
Reazione a caldo: How About NO?
Bolla, rifletti!: Ripeto: How About NO?

Il film più bello se lo becca ovviamente il cinema d'élite!

Old Man and the Gun
Reazione a caldo: Wah!
Bolla, rifletti!: Storia vera di un rapinatore di banche gentiluomo nonché ultimo film con Robert Redford, si parla già di un'interpretazione da Oscar. Siccome dovrò recuperarlo per marzo, sarà meglio iniziare a portarsi avanti adesso!

mercoledì 19 dicembre 2018

The Clovehitch Killer (2018)

Nell'elenco dei 10 horror 2018 del sito Imdb spiccava The Clovehitch Killer, diretto dal regista Duncan Skiles quindi, per mera curiosità, ho deciso di vederlo.


Trama: sono passati dieci anni dagli omicidi del cosiddetto Clovehitch Killer ma la cittadina dove vive Tyler non ha mai dimenticato le vittime. Poco dopo una celebrazione commemorativa, Tyler scopre che suo padre potrebbe nascondere un segreto...



The Clovehitch Killer fa orrore per davvero. Non durante la parte thriller, per carità, anche se la tensione si taglia col coltello spesso e volentieri, bensì nei momenti in cui viene descritto il modo di vivere di Tyler e della sua famiglia, emblema di tutto ciò che detesto al mondo e non me ne vogliano i ferventi cristiani. Il film di Duncan Skiles porta sullo schermo una realtà fatta di un'ipocrisia talmente grande che verrebbe voglia di prendere a ceffoni forti tutti i protagonisti, dai positivi ai negativi; "soldati cristiani" divisi tra volontariato, scoutismo, preghiera e perbenismo assortito, Tyler, la sua famiglia e tutti quelli come loro sono i primi a puntare il dito e giudicare il prossimo senza ovviamente fare nulla per aiutarlo (quando non rientra nei loro canoni) oppure a girarsi dall'altra parte di fronte a dubbi e sospetti che potrebbero minare l'integrità della comunità. Quando la "puttansuora" di turno, in compagnia del povero Tyler, trova nel furgoncino del padre di lui una foto pornografica a tema bondage, è un attimo vedere il ragazzo letteralmente ghettizzato da tutti gli scoutini che gli danno botte di "pervertito" senza nemmeno offrirgli il beneficio del dubbio; lo stesso, non ci vuole nulla per condannare la giovane Kassi alla nomea di zoccola del paese, perché "tale madre tale figlia", in un coacervo di dicerie ed imprecisioni che diventa inevitabilmente terreno fertile per la follia di un killer. Il Clovehitch Killer del titolo ha regnato indisturbato per molto tempo in questo paese di ipocriti e poi, da dieci anni, senza un motivo apparente, si è fermato ma la sua eredità resta, nella diffidenza reciproca e nelle commemorazioni periodiche per vittime che ancora non hanno ottenuto giustizia, almeno finché Tyler e Kassi non decidono di indagare, spinti da un dubbio atroce. Il coinvolgimento dello spettatore nelle vicende investigative di Tyler e Kassi non risiede nel gusto di scoprire chi sia il killer perché noi capiamo fin dal ritrovamento della foto porno che è il padre di Tyler, l'integerrimo Sam, l'assassino; no, la forza di The Clovehitch Killer sta nel testimoniare la resistenza ai limiti del paradossale delle convinzioni umane, della sottile patina di perbenismo e belle parole capace comunque di nascondere anche il tanfo di qualcosa che puzza lontano un miglio, l'ipocrisia di chi predica bene e razzola male.


Tra un "bud", un "champ", una sorsata di bibita analcolica e una paternale, Dylan McDermott porta sullo schermo tutto l'orrore della banalità del male. Anzi, della TRISTEZZA del male. Un Ned Flanders le cui parole tradiscono una follia nemmeno troppo nascosta, un leader che conduce ad un mondo ideale la famiglia irretendola con un guazzabuglio di "rituali", regole, concessioni parternalistiche, false aperture e che, in sostanza, funge da capobranco in ogni aspetto della sua esistenza. Basterebbe da solo il dialogo basato sui "monkey thoughts" per far accapponare la pelle; vedere Sam che giustifica i pensieri "impuri" del figlio Tyler in quanto solo pensieri, accostando il desiderio di fare sesso al desiderio di prendere un martello e spaccare il cranio delle persone, per rendersi conto di quanta marcia falsità alberghi in Sam, quanti "problemi" (quegli stessi problemi che a un certo punto la moglie nomina, condannando lo spettatore a sospettare, con orrore, che la donna abbia fatto finta di non notare le stranezze del marito per quieto vivere) si contorcano come vermi in quel cervello che sembrerebbe pieno solo di canti religiosi, regole sensate e massime da dispensare a figlio e scout. E Dylan McDermott, in questo, è perfetto. Gradevole d'aspetto ma non bellissimo, dotato di occhiali e pancetta, interpreta un killer "ordinario", un medioman che uccide le sue vittime accusando mal di schiena e fa scorrere brividi nella spina dorsale ad ogni occhiata accondiscendente, ad ogni parola "saggia" che rivolge al povero, ingenuo figliolo, così vicino alle zanne del mostro da mettere ansia ad ogni sequenza che li vede presenti nello stesso ambiente. Avrete capito che The Clovehitch Killer è un (non) thriller che mi è piaciuto molto ma lo stesso vi avverto: il regista si prende il tempo di indugiare in riprese della cittadina, dei boschi, degli appartamenti, dei particolari ; la sceneggiatura quello di indulgere in lunghi momenti di silenzio e in altri di dialoghi altrettanto lunghi. Spettatori facili alla noia avvisati, mezzi salvati. Anche se vi perderete un gran bel film.


Di Dylan McDermott, che interpreta Sam, ho già parlato QUI mentre Samantha Mathis, che interpreta Cindy, la trovate QUA.

Duncan Skiles è il regista della pellicola. Americano, ha diretto un paio di lungometraggi, corti e serie TV a me sconosciuti ed è anche produttore, sceneggiatore e attore.


Charley Plummer, che interpreta Tyler, era John Paul Getty III in Tutti i soldi del mondo. Il film è ispirato alla storia vera del B.T.K. Killer, già portata sullo schermo con B.T.K. - Capitolo finale e The Hunt for the BTK Killer. Non li ho mai visti ma, se l'argomento vi intrigasse, potreste recuperarli! ENJOY!

martedì 18 dicembre 2018

Un piccolo favore (2018)

Convinta da un'amica, sabato pomeriggio sono andata al cinema a vedere Un piccolo favore (A Simple Favor), diretto dal regista Paul Feig e tratto dal romanzo omonimo di Darcey Bell.


 Trama: la vlogger Stephanie, madre single dalle mille risorse, fa amicizia con Emily, donna in carriera disnibita ed elegante. Un giorno, Emily chiede a Stephanie di andare a prendere il figlio a scuola e poi sparisce senza lasciare traccia...


Avevo liquidato Un piccolo favore come un thriller neppure troppo interessante, poi ho cominciato a leggerne molto bene e così, quando un'amica mi ha chiesto di accompagnarla a vederlo, ho accettato e la visione è stata abbastanza peculiare. Infatti, nonostante il regista Paul Feig, famoso per le commedie, non mi sarei aspettata un film in bilico tra ironica, grottesca commedia nera e thriller serio, all'interno del quale le peggiori cose vengono trattate con piglio divertito e gettate in pasto allo spettatore e ai protagonisti come se si trovassero in una puntata di Scherzi a parte. Né mi sarei aspettata il duello tra una sorta di Ned Flanders in gonnella, tutta rimedi casalinghi e sorrisi luminosi, e una femme fatale amante dei martini, con conseguente trasformazione della prima in una Nancy Drew dalle mille risorse. Ma del resto, "inaspettato" è la parola chiave di Un piccolo favore, film che mette alla prova anche il cinismo degli spettatori più smaliziati infilando un twist dietro l'altro e presentando personaggi stratificati come delle cipolle, tra scheletri nell'armadio che diventano più grossi e cattivi mano a mano che la storia prosegue e debolezze impensabili. Un piccolo favore potrebbe essere la versione cinematografica della proverbiale polvere da spazzare sotto i tappeti, un grumo di marciume all'interno di un sobborgo medio/piccoloborghese dove le cose più turpi succedono alla luce del sole e non aspettano la notte per incombere sui protagonisti; nel film, la tragedia e la morte si insinuano all’interno del colorato spazio web di una casalinga gioiosa ed ingenua, segreti inconfessabili agitano la mano passando sotto il naso dei cittadini e chi non si accorge di ciò che sta succedendo rischia o di passar per scemo oppure di venire attaccato da fantasmi in pieno giorno, mentre ogni certezza crolla e persino le pareti di casa sembrano diventare minacciose. Diamine, persino una vita apparentemente da sogno rischia di trasformarsi in un incubo ad occhi aperti.



Un piccolo favore si regge sulle sue contraddizioni e i suoi twist per quasi tutta la sua durata grazie a una coppia di attrici adorabili ed incredibilmente capaci. A Blake Lively, in effetti, “basta” essere splendida ed inarrivabile, fasciata in quegli abiti e quei tailleur che porterebbero alle lacrime chiunque abbia un minimo di buon gusto per la moda da tanto sono stilosi e splendidi (Ma cos’è quell’abitino anni ’50 col sottogonna in tulle? Ma cos’è quella finta camicia fatta di colletto e polsini? Ma cos’è, in generale, Blake Lively? Da dov’è uscita e perché non sono gnocca almeno un decimo di quanto lo è lei?), per incarnare una villainess perfetta ma anche la “bruttina” Anna Kendrick non è da meno. Trionfo di tic, risatine, imbarazzi e battutacce, la sua Stephanie è odiosa, non c’è altro modo di definirla, nonostante sia il personaggio positivo della situazione. Non è tutto oro (o perline, o pasta fimo) quello che luccica, infatti, e la signorina rischia di riservare più di una sorpresa, da perfetta acqua cheta o novella desperate housewife, e la cosa si rispecchia, sempre a proposito di abiti, nel mutare dell’abbigliamento che la caratterizza nel corso del film. Ma è meglio non aggiungere altro, anche se forse un avvertimento sarebbe opportuno farlo, senza incappare in spoiler. Tra una canzone francese anni ’60 e l’altra della strepitosa, inusuale colonna sonora, Un piccolo favore si affloscia subito dopo il twist più grande, spernacchiando sgonfio in un finale imbarazzante condito da una serie di battutacce da avanspettacolo. Diciamo che Feig non è John Waters e gli manca la sfacciata eleganza di chi a braccetto col trash ci ha camminato tutta la vita e aggiungiamo che 15 minuti di durata in meno avrebbero giovato così come il mantenimento del finale originale del romanzo… ma non stiamo a spaccare il capello, perché anche nelle sue imperfezioni Un piccolo favore è comunque un film molto divertente e ben realizzato, con due attrici in splendida forma, che merita di distinguersi dalla massa di thrillerini e commediole USA che invadono periodicamente le nostre sale.


Del regista Paul Feig ho già parlato QUI. Anna Kendrick (Stephanie Smothers), Blake Lively (Emily Nelson) e Linda Cardellini (Diana Hyland) le trovate invece ai rispettivi link.


Se Un piccolo favore vi fosse piaciuto recuperate L'amore bugiardo - Gone Girl e La ragazza del treno. ENJOY!




domenica 16 dicembre 2018

Fusi di testa (1992)

Siccome guardando Bohemian Rhapsody mi è tornato in mente Fusi di testa (Wayne's World) ho deciso di riguardare col Bolluomo questo film del 1992, diretto dalla regista Penelope Spheeris.


Trama: Wayne e Garth sono due scappati di casa che conducono un programma via cavo, Wayne's World. Un giorno un produttore televisivo decide sfruttare il programma per ottenere i soldi di uno sponsor e assieme alla notorietà arriveranno i guai per Wayne e Garth...



Siccome sono nata quando internet non esisteva ancora, in un paese dove ancora grazie se le antenne riuscivano a captare i programmi RAI e Mediaset, non ho avuto mai modo di conoscere il Saturday Night Live e gli sketch dei comici portati al successo da questa storica trasmissione. Per me Wayne Campbell e Garth Algara sono solo quelli che si vedono in Fusi di testa quindi non ho idea di quali fossero i punti di forza dei personaggi nello show, anche se forse per sopperire alla mancanza basterebbe sfruttare Youtube; da quello che ho capito leggendo qui e là, comunque, trattavasi di sketch nei quali Wayne e Garth parlavano di band metal e ragazze, spingevano eventuali ospiti dello show a dire volgarità assortite oppure immaginavano cose dando vita a scenette oniriche con varie guest star. Quindi, tutto ciò che caratterizzava i due personaggi è stato preso, riversato in un film e, per allungare il brodo, cucito attorno a uno scampolo di trama che, come spesso accade all'interno delle commedie USA, ruota attorno all'inaspettato successo dei due gonzi protagonisti con successiva fregatura di chi li ha apparentemente contattati perché entusiasta del loro programma girato nello scantinato di casa. Tra una battuta e l'altra, Fusi di testa segue le regole auree di questo tipo di film, che vedono i protagonisti passare dalle stelle alle stalle e poi di nuovo alle stelle, con l'amicizia fraterna nonché l'amore tra i personaggi che si spezzano per poi ricomporsi più saldi di prima... o forse no, visto che Fusi di testa ha ben TRE finali e fondamentalmente potete scegliere quello che vi piace di più (il primo, quello Apocalittico, by the way. Ma anche quello alla Scooby-Doo non è male).


Ovvio, un film simile deve piacere e l'umorismo di base è sempre quello USA legato a fisime, pubblicità, luoghi, personaggi che a un pubblico italiano rischiano di dire ben poco ed è questo il motivo per cui ho scelto, perlomeno, di riguardare Fusi di testa in italiano onde consentire al Bolluomo di non doversi sbattere anche cogliendo riferimenti che gli adattatori nostrani hanno pietosamente cambiato, lasciandomi talvolta spiazzata, talvolta perplessa, talvolta deliziata, a seconda dei momenti. Capita infatti di ridere moltissimo guardando Fusi di testa, soprattutto durante le gag più "fisiche" ed infantili, imperniate sulla fondamentale demenza di Wayne e socio, mentre i dialoghi lasciano spesso perplessi e causano giusto il sorriso; niente a che vedere, per intenderci, con Austin Powers, che per inciso mutua parecchi sketch da questo Fusi di testa e prevede comunque un personaggio sfigato dotato di parecchio mojo, tanto da riuscire a portarsi a letto Tia Carrere alla faccia del belloccio Rob Lowe. La cosa più carina di Fusi di testa è comunque sicuramente il continuo riferimento a gruppi più o meno metal, la venerazione dei due protagonisti per gli strumenti musicali e la partecipazione speciale di guest star come Alice Cooper, impegnato in un inaspettato ed esilarante monologo; non male anche la colonna sonora, dove Tia Carrere ci mette davvero la voce benché le sue performance siano interamente proposte in playback, e non male anche i riferimenti cinefili a Terminator 2, che si concretizzano sul prefinale in un momento davvero divertentissimo. Ma, non stiamo nemmeno a parlarne: Fusi di testa merita anche solo per l'omaggio gigantesco a Bohemian Rhapsody, talmente memorabile che è valso a Mike Myers la partecipazione all'omonimo film di Singer. Quindi guardatelo senza paura e immergetevi negli anni di gloria del Saturday Night Live e in quelli, meno gloriosi, dell'orrida moda anni '90 americana!


Di Mike Myers, sceneggiatore e interprete di Wayne Campbell, ho già parlato QUI. Dana Carvey (Garth Algar), Rob Lowe (Benjamin Oliver), Lara Flynn Boyle (Stacy), Kurt Fuller (Russell), Colleen Camp (Mrs. Vanderhoff) e Alice Cooper (se stesso) li trovate invece ai rispettivi link.

Penelope Spheeris è la regista del film. Americana, ha diretto film come Piccole canaglie. Anche produttrice, sceneggiatrice e attrice, ha 73 anni.


Tia Carrere interpreta Cassandra. Hawaiiana, ha partecipato a film come Harley Davidson e Marlboro Man, Fusi di testa 2 - Waynestock, True Lies e a serie quali A-Team, General Hospital, MacGyver, Relic Hunter, The O.C., Nip/Tuck e CSI: Miami; come doppiatrice, ha lavorato in Lilo & Stitch, Johnny Bravo, Uncle Grandpa e I Griffin. Anche produttrice, ha 51 anni.


Brian Doyle-Murray interpreta Noah Vanderhoff. Americano, fratello di Bill Murray, ha partecipato a film come Palle d'acciaio, S.O.S. Fantasmi, Ghostbusters II, JFK - Un caso ancora aperto, Ricomincio da capo, Mi sdoppio in quattro, Qualcosa è cambiato, Stuart Little - Un topolino in gamba e a serie quali Ellen; come doppiatore ha lavorato ne Il dottor Dolittle, Angry Beavers, I Griffin, American Dad! e SpongeBob Squarepants. Anche sceneggiatore e produttore, ha 73 anni.


Frederick Coffin interpreta l'agente Koharski. Americano, ha partecipato a film come Nel buio da soli, Identità e a serie quali Il tenente Kojak, Moonlighting, Ai confini della realtà, Dallas, Hunter, MacGyver, X-Files, Walker Texas Ranger e La signora in giallo. E' morto nel 2003 all'età di 60 anni.


Tra le guest star che sono riuscita a riconoscere ci sono Chris Farley (il logorroico membro della security) e Meat Loaf (Tiny), Robert Patrick (il poliziotto cattivo) mentre Donna Dixon, alias la "donna dei sogni di Garth", è la moglie di Dan Aykroyd. Un plauso va alla genialità degli adattatori italiani, che hanno tolto il riferimento alla pubblicità della Mostarda Grey Poupon (parodiata nel momento in cui Wayne e soci si fermano accanto alla Mercedes parcheggiata) inserendo quello, più comprensibile per il pubblico italiano, allo spot dei Ferrero Rocher . Detto questo, sappiate che esiste un sequel dal titolo Fusi di testa 2 - Waynestock; a me non era piaciuto quanto l'originale ma magari recuperatelo per completezza! ENJOY!


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