martedì 31 marzo 2015

Chi è senza colpa (2014)

Visto l'amore che nutrivo (e ancora nutro) per il meraviglioso e prematuramente scomparso James Gandolfini, era scontato che recuperassi la sua ultima pellicola, Chi è senza colpa (The Drop), diretto nel 2014 dal regista Michaël R. Roska.


Trama: Bob lavora come barista nel locale del cugino Marv, paravento per le attività illegali della mafia cecena. Un giorno il bar viene rapinato e il crimine scatena una serie di altri eventi strettamente legati a una tragedia avvenuta dieci anni prima...


Direi di cominciare a parlare di Chi è senza colpa partendo dall'incredibile gioco dei titoli a cui è andata incontro la pellicola. Il film è tratto dal racconto Animal Rescue di Dennis Lehane, il cui titolo fa riferimento ad un evento che, in apparenza, non avrebbe nulla a che vedere con il filo principale della trama: il protagonista, Bob, trova in un bidone della spazzatura un cucciolo di pitbull e, dopo l'iniziale titubanza, decide di tenerlo con sé e allevarlo. Questo "salvataggio" (Animal Rescue) gli consente di conoscere Nadia e di avere a che fare con il violento padrone del cucciolo, un criminale da quattro soldi che, anni prima, aveva ucciso un buon amico di Bob. Cosa c'entra tutto questo con il titolo originale del film, The Drop? Beh, c'entra nella misura in cui la storia parallela di questo sfortunato cagnolino che è stato lasciato "cadere" nel cestino si intreccia con i soldi sporchi che vengono "consegnati" (sempre to drop) di nascosto all'interno del bar un tempo di proprietà di cugino Marv, creando un tourbillon di situazioni che riveleranno il marcio nascosto nell'animo di tutti i coinvolti, anche quelli in apparenza più irreprensibili. Chi è senza colpa è, come al solito, un titolo italiano imbecille oltre ogni dire perché, al massimo, avrebbe potuto assecondare sia l'ambiguità della trama sia l'aria vagamente bigotta che si respira all'interno di alcune sequenze con un "Chi è senza peccato", richiamando alla mente dello spettatore la famosa citazione evangelica, invece così abbiamo l'ennesimo titolo loffio che poco invoglia ad andare in sala a guardare il film di Roskam. Ed è un peccato perché The Drop è un cupo dramma di stampo classico, popolato da personaggi incapaci di venire a patti con il loro passato, i loro fallimenti e i loro rimpianti, che brancolano goffamente nel tentativo di dare un senso alla propria vita e andare oltre la solitudine e le etichette che si sono affibbiati da soli.


La regia di Michaël R. Roskam, al suo primo film anglofono, non è particolarmente esaltante e rischia di appiattire un po' l'opera in generale ma The Drop è comunque meritevole di una visione sia per la trama interessante che per gli attori coinvolti, che donano spessore a personaggi già comunque ben caratterizzati. Ammetto che, guardando il film, mi è salito un magone gigantesco a vedere Gandolfini recitare con la consueta ed umile professionalità in un ruolo sicuramente non fondamentale per la sua carriera ma riuscendo comunque a dare vita ad un personaggio più complesso di quello che appare; il grande James era una garanzia e l'idea che non potrà più partecipare a nessun altro film è fonte di immensa tristezza. Molto ma molto bravo anche Tom Hardy, attore con cui solitamente non ho un gran feeling, impegnato in un'interpretazione misurata e calibrata al millimetro, alle prese con un protagonista che all'inizio non colpisce e fatica a conquistarsi la totale attenzione dello spettatore ma che, andando avanti, diventa sempre più convincente ed interessante. Stranamente, l'unica a non avermi convinta appieno è Noomi Rapace, non tanto per la sua performance quanto per la fondamentale irrazionalità della sua Nadia; ovviamente non posso fare spoiler ma diciamo che la sceneggiatura qui perde qualche colpo, presentandoci prima una ragazza giustamente insicura e diffidente, poi una pazza che addirittura chiede lavoro ad un tizio che conosce da due giorni, infine una sconvolta che accetta di sorvolare sull'evento più brutale a cui abbia mai testimoniato. Il tutto nel giro di un paio di mesi a giudicare da come cresce il cagnolino. Detto questo, The Drop è comunque un bel film che consiglio in particolare a chi ama un tipo di cinema "attoriale" e ha nostalgia dei bei tempi in cui De Niro regalava allo spettatore dei personaggi duri e pericolosi ma anche incredibilmente fragili. E, ovviamente, a tutti quelli che, come me, già sentono la mancanza di James Gandolfini.


Di Tom Hardy (Bob), Noomi Rapace (Nadia) e James Gandolfini (cugino Marv) ho già parlato ai rispettivi link.

Michaël R. Roskam è il regista della pellicola. Belga, è al suo secondo lungometraggio. Anche sceneggiatore e attore, ha 43 anni.


Se Chi è senza colpa vi fosse piaciuto recuperate il meraviglioso Mystic River, sempre sceneggiato da Dennis Lehane. ENJOY!

lunedì 30 marzo 2015

Black Power: Candyman - Terrore dietro lo specchio (1992)


Questo mese grazie alla mente eclettica di Alessandra di Director's Cult e agli sforzi congiunti del dinamico gruppo di Blogger più figo del web abbiamo organizzato (in occasione dell'anniversario della marcia di Selma) una celebrazione del Black Power, ovvero di registi, sceneggiatori e attori di colore più o meno conosciuti. Siccome avevo già recensito il bellissimo e sottovalutato La casa nera di Wes Craven, ambientato in un ghetto "nero", ho deciso di omaggiare il babau di colore per eccellenza e parlare di Candyman - Terrore dietro lo specchio (Candyman), diretto e co-sceneggiato nel 1992 dal regista Bernard Rose e tratto dal racconto The Forbidden di Clive Barker. ENJOY!


Trama: Helen sta scrivendo una tesi sulle leggende metropolitane e scopre che dietro quella concernente Candyman, un assassino armato di uncino, potrebbe nascondersi qualcosa di vero. La donna decide così di indagare nel ghetto dov'è nata la leggenda ma presto le persone attorno a lei cominciano a venire uccise in modo brutale...



Erano tanti anni che non riguardavo più Candyman e sono molto contenta di averlo recuperato per questa celebrazione del Black Power. Il motivo che mi ha spinta a scegliere questo piuttosto che altri horror come, che so, Blacula, risiede molto prosaicamente nel desiderio di ascoltare la sensualissima e profonda voce di Tony Todd, passato alla storia dell'horror per aver interpretato questo terribile e vendicativo assassino sovrannaturale, ma guardandolo mi sono resa conto di aver azzeccato in pieno il tema "Black Power". La leggenda di Candyman inizia infatti durante il periodo della schiavitù e affonda le radici in una classica storia d'amore "proibito" tra un artista di colore (probabilmente già malvisto dai bianchi per la sua condizione di nero privilegiato) e la bella figlia di un committente bianco che, scoperta la tresca, decide di porvi rimedio nel modo peggiore e condannare il pittore a subire inenarrabili torture prima di ucciderlo. Come spesso accade nelle società più povere ed arcaiche, la verità si tinge di fantasia e la storia di questo amante sfortunato si trasforma col tempo e il passaparola in una "favola della buonanotte" a tinte horror per tenere buoni i bambini mentre l'artista a cui è stata mozzata una mano diventa un mostro armato di uncino a cui bisogna tributare rispetto, doni, venerazione, tramandando la sua leggenda e rendendolo, di fatto, immortale. Potere nel sangue, potere nell'accettazione dell'irreale, potere nel rispetto delle tradizioni, potere nella PAURA che diventa naturale veicolo di immobilità sociale: ecco le forze che governano tacitamente il ghetto chiamato Cabrini Green dove, diciamocelo, Helen va a ficcare il naso portando con sé la sua supponenza di bianca colta, oltre che la sua errata convinzione di essere una donna forte, razionale ed indipendente. La laureanda, che non bada a niente e a nessuno pur di scrivere una tesi sensazionale, richiama così sulla piccola comunità di colore un'infinita serie di guai, scatenando l'ira di chi non accetta di essere razionalizzato e liquidato come semplice "fantasia".


Il bello di Candyman, ovviamente, è che questa è un'interpretazione, quella che ho sposato dopo essere stata ipnotizzata come Helen dalle parole e dalla voce suadente e terribile di Tony Todd. A differenza della maggior parte degli horror attuali, infatti, il film di Bernard Rose offre una miriade di chiavi interpretative e ben poche spiegazioni, tutto dipende dall'intenzione o meno dello spettatore di vedere la storia di Candyman come il parto irrazionale di una mente malata oppure una reale incursione del sovrannaturale nella quotidianità. Certo, la seconda opzione è molto più affascinante a mio avviso: immaginare la comunità di Cabrini Green "controllata" dall'occhio onnisciente di un'entità nascosta all'interno degli specchi, pronta a colpire al minimo segno di "sfiducia" nei suoi confronti, è una squisita tortura in grado di regalare notti insonni e di portare alla follia superstiziosa. D'altronde è impossibile restare ancorati alla realtà guardando Candyman perché la regia di Bernard Rose è talmente bella e curata (i primi piani della protagonista, la sequenza dell'autostrada all'inizio, il funerale alla fine sono di una finezza incredibile) che sembra davvero che gli incubi possano infrangere la barriera che li separa dalla nostra quotidianità: gli specchi, i buchi nei muri, la bocca gigantesca del murales di Candyman, il palazzo diroccato di Cabrini Green, che sembra quasi un alveare, gli occhi sconvolti di una bravissima Virginia Madsen sono tutte porte attraverso le quali Candyman può tranquillamente arrivare a noi per trascinarci nelle tenebre. Non lo farà in modo gentile, nonostante Tony Todd riesca a conferire al personaggio una sensualità perfetta per le tipiche atmosfere morbose dei racconti di Clive Barker, anzi. Ci metterà forza, impegno e sudore, la stessa impiegata dal convintissimo attore per sventrare le sue vittime nel modo più sanguinoso possibile, come Bernard Rose si pregia di mostrare in poche sequenze gore ad altissimo impatto, prima di cullarci nell'ingannevole e quasi poetico score composto da Philip Glass. E sarà un'esperienza indimenticabile, in grado di meravigliare ed entusiasmare anche chi, come me, non credeva più di potersi ancora emozionare per un horror.


Volete continuare a celebrare il Black Power coi miei Fratelli Blogger? Andate ai link che trovate sotto e buon divertimento!

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venerdì 27 marzo 2015

Happy Fuckin' Birthday, Mr. Quentin!

L'anno scorso avevo promesso che il giorno del compleanno di Quentin Tarantino avrei fatto un po' il punto della situazione sui suoi progetti presenti e futuri, oltre a fargli gli auguri. E quindi, cosa sta facendo oggi il mio aMMore festeggiato?


Beh, mi si dice che le riprese di The Hateful Eight, il suo ottavo film, stiano procedendo più o meno senza intoppi nel freddo inverno del Colorado, tra problemi meteorologici e defezioni, come quella del bel Viggo Mortensen che ha dovuto rinunciare a partecipare alla pellicola perché già impegnato in altri progetti. Il nuovo western di Quentin, che vede tra i protagonisti certi Samuel L. Jackson, Tim Roth, Kurt Russel, Michael Madsen, Jennifer Jason Leigh, Walton Goggins e (ossignoreno!!) Channing Tatum in un ruolo ancora top secret, dovrebbe uscire a novembre di quest'anno (noi, se andrà bene, lo vedremo a Natale o direttamente nel 2016).


Nessuna nuova invece sul terzo volume di Kill Bill, di cui si parlava con insistenza l'anno scorso e che si è invece perso nel limbo assieme a Killer Crow, che avrebbe dovuto essere una fantasia da seconda guerra mondiale al pari di Inglorious Basterd ma è stato soppiantato da The Eightful Eight.


Killer Crow e Kill Bill Volume 3 verranno mai recuperati? Chissà. Quentin ha dichiarato di volersi ritirare col decimo film e con The Eightful Eight ne mancherebbero solo due per arrivare al numero fatidico. Siccome si parla spesso anche di un remake di Faster Pussycat, Kill! Kill!, pellicola cult del mio 52enne aMMore, uno di questi film rischia di non vedere mai la luce. E questo pensiero non è mica un bel regalo di compleanno! Meglio mettere da parte le camurrìe e augurare a Quentin altri millemila di questi giorni e fargli un bel "in bocca al lupo" per The Eightful Eight, il film da non perdere per il 2015!!!

La morte dietro il cancello (1972)

Ispirata da quest'articolo di Lucia, dove si nominava il mai dimenticato saggio di Stephen King Danse Macabre, ho deciso di prendere l'elenco dei film che hanno ispirato il Re e cominciare a guardare, ovviamente con la mia solita lentezza, quelli che non avevo mai avuto modo di vedere. La prima pellicola è stata La morte dietro il cancello (Asylum), diretto nel 1972 dal regista Roy Ward Baker.


Trama: Un giovane psichiatra si reca in un manicomio e, per riuscire ad ottenere un lavoro, viene sfidato dal nuovo direttore ad interrogare i degenti e scoprire l'identità del dottor Starr, afflitto da doppia personalità e perciò rinchiuso assieme ad altri pazienti.


Nonostante mi ritenga una discreta appassionata di horror, spesso mi rendo conto che ci sono ancora parecchie cose che devo scoprire. Per esempio, non conoscevo l'esistenza della britannica casa di produzione Amicus, che tra gli anni '60 e i '70 ha prodotto una decina di cosiddetti portmanteau horror, ovvero dei film composti da vari episodi uniti da una trama "esterna", un po' come i Creepshow di cui ho già avuto modo di parlare. La morte dietro il cancello è un perfetto esempio della struttura di queste pellicole: il pretesto narrativo per raccontare quattro diverse storie è la sfida posta dal Dr. Rutherford al Dr. Martin, il quale deve farsi raccontare le storie di quattro diversi degenti del manicomio e scoprire chi di loro è il fantomatico Dr. Starr, ex direttore della casa di cura. Come spesso accade con queste antologie, la qualità dei diversi episodi cambia notevolmente e La morte dietro il cancello è particolarmente altalenante nel ritmo e poco omogenea nella distribuzione della suspance. Il film infatti comincia con il divertissment Frozen Fear, un "tipico" caso di omicidio coniugale ravvivato da alcuni dettagli weird come la presenza di arti insacchettati e di un braccialetto voodoo in grado di riportare sulla terra gli spiriti; l'episodio ha il sapore di un ironico amuse-bouche che stuzzica lo spettatore preparandolo per piatti più forti e vi assicuro che, nonostante la messa in scena ingenua, non manca di provocare qualche brivido. Purtroppo La morte dietro il cancello prosegue inaspettatamente con due episodi debolucci e, soprattutto per quel che riguarda Lucy Came to Stay, noiosetti e prevedibili, ravvivati giusto dalla presenza del sempre elegante Peter Cushing e dalla sensualissima Britt Ekland: in The Weird Tailor il tema è la magia (e a dire il vero un elemento inquietante c'è) mentre Lucy Came to Stay è un piccolo thriller psicologico che mette i brividi solo grazie alla risata finale di una giovane Charlotte Rampling.


Più nelle mie corde è invece il segmento Mannikins of Horror che, come avrete forse intuito, parla di burattini ed è l'unico che prosegue all'interno della storia di raccordo. L'episodio in questione è particolarmente pauroso non solo per l'argomento trattato ma soprattutto per il paio di imprevedibili twist che spiccano all'interno della pur breve sceneggiatura e poi è graziato, oltre che dalla valida interpretazione di Herbert Lom, da pochi effetti speciali sicuramente notevoli sia per l'epoca che per il budget con cui è stato realizzato La morte dietro il cancello, che si conclude col botto lasciando intuire le peggio cose allo spettatore (che poi è il modo di fare horror che preferisco, perché bastano il primo piano di un volto sofferente e un terribile rumore in sottofondo  per colpirmi più di quanto non facciano mille spiegoni!). Siccome Mannikins of Horror è strettamente legato alla storia principale si potrebbe dire che La morte dietro il cancello è composto da cinque episodi, soprattutto perché la cornice è molto ben curata per quanto riguarda la regia (interessanti le inquadrature delle stampe antiche all'inizio) ed è anche recitata da attori notevoli, tra i quali spicca quel Patrick Magee che da sempre il meglio di sé quando viene relegato su una sedia a rotelle. Non avendo mai visto gli altri portmanteau della Amicus non vi saprei dire se La morte dietro il cancello è il punto di partenza ideale per avventurarsi nell'impresa, sicuramente io ho molto apprezzato l'impianto vintage dell'intera operazione e il modo subdolo con cui Robert Bloch, autore della sceneggiatura, gioca con le aspettative e le paure del pubblico; come ho detto, le storie non sono tutte allo stesso livello ma hanno perlomeno il pregio di avventurarsi in sentieri horror per l'epoca poco battuti e per la maggior parte sono abbastanza fantasiose, quindi mi sento di promuovere in toto questo La morte dietro il cancello e di ringraziare Stephen King per avermelo fatto conoscere!


Di Peter Cushing (interpreta Smith nell'episodio The Weird Tailor), Britt Ekland (Lucy nell'episodio Lucy Came to Stay), Charlotte Rampling (Barbara nell'episodio Lucy Came to Stay) e Patrick Magee (Dr. Rutherford) ho già parlato ai rispettivi link.

Roy Ward Baker (vero nome Roy Horace Baker) è il regista della pellicola. Inglese, ha diretto altri film come Vampiri amanti, Il marchio di Dracula, Barbara il mostro di Londra, The Vault of Horror, La leggenda dei 7 vampiri d'oro, Il club dei mostri ed episodi di serie come Agente speciale e Simon Templar. Anche produttore, attore e sceneggiatore, è morto nel 2010, all'età di 93 anni.


Herbert Lom (vero nome Herbert Charles Angelo Kuchacevich ze Schluderpacheru) interpreta Byron. Nato a Praga, ha partecipato a film come La signora omicidi, Spartacus, Il fantasma dell'Opera, Il conte Dracula, La pantera rosa colpisce ancora, La pantera rosa sfida l'ispettore Clouseau, La vendetta della pantera rosa, Sulle orme della pantera rosa, Pantera rosa - Il mistero Clouseau, La zona morta e Il figlio della pantera rosa. E' morto nel 2012, all'età di 95 anni.


Il segmento The Weird Taylor è stato in seguito trasposto anche in un episodio di Thriller, serie antologica presentata nientemeno che da Boris Karloff; io non l'ho mai vista ma se La morte dietro il cancello vi fosse piaciuto potreste recuperarla assieme ad altri portmanteau della Amicus come Le cinque chiavi del terrore, La bambola di cera, Il giardino delle torture, La casa che grondava sangue, Racconti dalla tomba, The Vault of Horror, La bottega che vendeva la morte o Il club dei mostri. ENJOY!


giovedì 26 marzo 2015

(Gio)WE, Bolla! del 26/3/2015

Buon giovedì a tutti! Benvenuti all'ultima settimana di marzo, abbastanza deludente (come tutte le altre) dal punto di vista cinematografico. Basteranno un pucciosissimo cartone animato e il ritorno di Jean Jacques Annaud a risollevarla? ENJOY!

Insurgent
Reazione a caldo: Manco ho visto Divergent...
Bolla, rifletti!: ... quindi mi sembra insensato andarlo a vedere, considerato che questi fantasy young adult ormai mi hanno rotto le scatole e non ho neppure voglia di recuperare il primo capitolo della saga. Ma i fan saranno sicuramente contenti!!

Home - A casa
Reazione a caldo: Micio. Micio pucciosissimo!!!
Bolla, rifletti!: Sì, mi sono innamorata del ciccionissimo gatto che si vede nel trailer dell'ultimo film della Dreamworks. Di conseguenza, anche se non amo molto gli alieni e questo Home mi sembra parecchio infantile, credo mi catapulterò in sala a vederlo!!

L'ultimo lupo
Reazione a caldo: Annaud io ti odio
Bolla, rifletti!: L'Orso è stato uno dei traumi della mia infanzia, inquietante e triste come pochi altri film, comunque bellissimo. La storia del cucciolo salvato dalla scellerata decisione del governo di sterminare i lupi dalle regioni della Mongolia mi ha spillato calde lacrime già col trailer, dubito che affronterò la morte per pianto andando a vedere il film al cinema...

E siccome al cinema d'élite continuano a proiettare Una nuova amica, vi do appuntamento alla prossima settimana!

mercoledì 25 marzo 2015

Harold e Maude (1971)

E' arrivato finalmente il momento di parlare di uno dei miei film preferiti, scoperto tanti anni fa grazie alla cara Ilaria de Il profumo delle pagine stampate! Sto parlando del cult Harold e Maude (Harold and Maude), diretto nel 1971 dal regista Hal Ashby.


Trama: Harold è un ragazzo taciturno, che adora spaventare la madre inscenando falsi suicidi e andare ai funerali. Proprio durante una di queste funzioni il giovane incontra l'anziana Maude, che riuscirà a cambiargli la vita...



Se pensate che il mio adorato Wes Anderson sia innovativo e abbia una visione assai particolare delle relazioni umane e dell'individualità, vi consiglio fin da ora di recuperare Harold e Maude, così da scoprire una delle tante fonti d'ispirazione dell'eclettico regista che, come già Tarantino, non ha inventato nulla ma ha riaggiornato un genere, filtrandolo attraverso il suo gusto peculiare. Harold e Maude racconta infatti una strana (e probabilmente per l'epoca al limite dell'immoralità) storia d'amore tra una ragazzo e un'anziana che si sono letteralmente scambiati il modo tradizionale di concepire l'esistenza: laddove Harold guarda infatti alla morte con una curiosità e una fascinazione che hanno del morboso, Maude celebra la vita in ogni suo aspetto. Harold è l'antenato di tutti i personaggi Andersoniani, dotati di un'intelligenza fuori dal comune, delle doti artistiche che li rendono in grado di prendersi gioco di chi li circonda, di un fondamentale odio per l'umanità; pur essendo cresciuto in una famiglia molto benestante, l'assenza del padre e la convivenza con una madre che si accorge di lui solo quando il ragazzo mette in scena i suoi spettacolari suicidi lo ha trasformato in una persona taciturna ed infelice, incapace di ribellarsi all'autorità della famiglia, del governo (lo zio militare) e della società (lo psichiatra e il prete). In mezzo all'oscurità e all'uggia che lo circondano, Maude diventa praticamente un raggio di sole e una speranza per Harold, che giustamente comincia ad innamorarsi della vita e dell'anziana signora. Maude, a differenza di Harold, ha avuto una vita piena (sicuramente anche zeppa di difficoltà e dolore) e la sua celebrazione della libertà sta proprio nella capacità di accettare tutte le cose, quelle belle come quelle brutte, e di seguire i propri desideri senza lasciarsi condizionare da preconcetti, leggi o divieti, rimanendo splendida e giovane anche nella decadenza della vecchiaia.


Per lo spettatore dotato di un'intelligenza perlomeno media è impossibile provare disgusto davanti alle tenerezze di Harold e Maude, disgusto manifestato ed enfatizzato da un prete che definire leppegoso sarebbe davvero poco; il modo in cui i due personaggi si sostengono e si rendono felici a vicenda, regalandosi nuove esperienze e arrivando anche al punto di lasciarsi con serenità è praticamente l'emblema di come dovrebbe essere una storia d'amore, in grado di trascendere qualsiasi pregiudizio ed egoismo. Harold e Maude è diventato un classico immortale non solo grazie alla storia che racconta ma anche per come lo racconta. Ruth Gordon e Bud Cort sono bravissimi, molto teneri e toccanti; lei è un vulcano, riesce ad interpretare un personaggio borderline senza cadere nel ridicolo e ad infondere nell'anziana Maude una bellezza e un fascino che molte attrici giovani le invidierebbero mentre lui, nonostante sia costretto a mostrarsi goffo, rigido e freddo, non riesce a nascondere la profonda tristezza dell'animo di Harold, incapace di vivere e comportarsi da ragazzo e per questo condannato a soffrire di solitudine anche davanti alle sue coetanee (la scena iniziale è emblematica ed indimenticabile perché Harold non viene inquadrato in viso e il suo linguaggio corporeo non è quello di un ragazzo, bensì quello di un anziano gentiluomo giunto alla sua ultima ora: la sorpresa quando l'inquadratura lo mostra per la prima volta è tanta, credetemi!). Importantissima inoltre la gradevole colonna sonora composta da Cat Stevens, che nei testi rispecchia perfettamente il modo di essere dei due personaggi e il contrasto tra la piena consapevolezza di Maude e la convinzione di Harold di essere invisibile ed insignificante, mentre il leitmotiv If you want to sing out, sing out è un palese invito a vivere appieno la propria individualità: d'altronde, come dice Maude in una delle scene più belle del film, i problemi del mondo derivano dalle persone che sono come UNA margherita ma si lasciano trattare come se fossero parte di un campo. Voi non nascondetevi in un campo di margherite e cominciate a riflettere un po' su voi stessi e sul mondo, magari recuperando questo piccolo gioiellino!


Di Tom Skerritt, che interpreta il poliziotto in moto, ho già parlato QUI.

Hal Ashby è il regista della pellicola (e anche l'uomo con la barba che guarda passare i modellini dei treni). Americano, ha diretto pellicole come L'ultima corvé, Tornando a casa e Oltre il giardino. Anche attore e produttore, è morto nel 1988 all'età di 59 anni.


Ruth Gordon (vero nome Ruth Gordon Jones) interpreta Maude. Americana, ha partecipato a film come Rosemary's Baby (per il quale ha vinto giustamente l'Oscar come miglior attrice non protagonista grazie al ruolo di Minnie Castevet, ripreso anche nel film TV Cosa è successo a Rosemary's Baby), Io & Annie e a serie come Kojak, Love Boat e Colombo. Anche sceneggiatrice, è morta nel 1985, all'età di 88 anni.


Bud Cort (vero nome Walter Edward Cox) interpreta Harold. Americano, ha partecipato a film come M.A.S.H., Heat - La sfida, Dogma, The Million Dollar Hotel, Le avventure acquatiche di Steve Zissou, Number 23 e a serie come Ai confini della realtà, Batman e Criminal Minds. Anche regista, sceneggiatore e compositore, ha 67 anni e un film in uscita, Il piccolo principe, dove doppierà il personaggio del Re.


Cyril Cusack interpreta Glaucus. Nato in Sud Africa, ha partecipato a film come La spia che venne dal freddo, Fahrenheit 451, ... Più forte ragazzi!, Don Camillo, Orwell 1984, Il mio piede sinistro e Cuori ribelli. E' morto nel 1993, all'età di 82 anni.


Harold e Maude "vanta" ben due remake, un film TV francese del 1978 e un film TV Serbo-Croato del 2001; fossi in voi li eviterei ma magari se la pellicola vi fosse piaciuta recupererei Il laureato, Rushmore e I Tenenbaum! ENJOY!

martedì 24 marzo 2015

Crossposting: Cenerentola (2015)

Dopo aver parlato ieri del Classico originale Disney, il Crossposting con Prevalentemente Anime e Manga dedicato alla bella Cenerella continua con Cenerentola, diretto dal regista Kenneth Branagh.

QUI trovate il post di Acalia! ENJOY!



Trama: il padre della giovane Ella, un commerciante spesso in viaggio per lavoro, decide dopo la morte dell'amata moglie di risposarsi con un'arrampicatrice sociale che porta in dote due figlie sciocche e maleducate. Quando anche il padre muore, Ella viene ridotta a far da serva al trio di megere, che iniziano a chiamarla Cenerentola, finché un giorno la giovane non incontra il Principe...


Anastasia, Genovéffa, salutate la dignità di Branagh, laggiù...!
"Perché no?" Il senso dell'operazione che ha portato su grande schermo un live action sostanzialmente identico al classico Disney Cenerentola potrebbe interamente riassumersi in questa domanda retorica, la stessa che rivolge la protagonista al Principe Keith quando lui, giustamente, le chiede "Perché proprio delle scarpette di cristallo? (Che, povera minchietta, peseranno 27 kg l'una e saranno scomodissime?)". Ovvero, se cercavate nell'ultima opera Branaghiana un film che potesse  gettare una luce moderna o perlomeno razionale sulle dinamiche che governavano il cartone animato, poveri voi. Qualche cambiamento, per quanto minimo, effettivamente c'è, diamo a Cesare quel che è di Cesare: questa nuova Cenerentola aggiusta il tiro rendendo più plausibile sia il modo in cui viene indetto il famoso ballo conferendo un po' di spessore, indipendenza e spirito d'iniziativa ad un Principe che nel cartone originale era giusto un pezzo di carta da parati messo lì per caso, sia quello in cui detto Principe e Cenerentola si incontrano per la prima volta e si innamorano. La sceneggiatura introduce inoltre i sempre graditi intrighi di corte (ciao ciao, simpatico Granduca Monocolao, benvenuto perfido Stellan Skarsgard) e la storia di Cenerentola passa dal raccontare la giusta e legittima riappropriazione dello status sociale da parte di una fanciulla di sangue blu trasformata in servetta, al rappresentare la scalata verso il successo di una borghese sognatrice dall'animo gentile, così che tutte le bambine povere del mondo possano cantare "Ce la farò, io ce la farò" come la vecchia Raffa in TV sperando di riuscire anche loro a fare prima o poi capitolare un calciatore, un attore o un tarro di Geordie Shore. Ma queste, signori, sono quisquilie.

Ma che, davéééro??!!
Se fossi un regista dall'ego smisurato come Kenneth Branagh, non mi accontenterei di questi piccoli cambiamenti! Pretenderei invero una sceneggiatura scespiriana in grado di sviscerare i complessi sentimenti che sicuramente avranno fatto turbinare la testa di Ella non tanto davanti alla bellezza del Principe, quanto piuttosto davanti all'odio irrazionale di Matrigna e Sorellastre; se fossi stata Kenneth Branagh avrei chiesto a gran voce un confronto adulto e sul filo del rasoio tra Ella e la Matrigna, non l'ennesimo "Perché no?" rifilato alla protagonista disperata quando si decide finalmente a chiedere alla madre surrogata il motivo di tanto odio (va bene, il padre di Ella non ti amava quanto la sua defunta moglie ma tu te lo sei sposato per interesse, ti serviva una sguattera perché non potevi mantenere la servitù, la Convenzione di Ginevra nel regno non sanno nemmeno cosa sia, d'accordo, ma la cosa deve finire lì, non puoi infierire in questo modo contro sta poveraccia, a meno che non t'abbia ammazzato il gatto Lucifero!!); se fossi stata Kenneth Branagh avrei chiesto la testa dello sceneggiatore che mi avesse propinato l'ennesima apologia del coraggio e della gentilezza che spalancano le porte all'amore a prima vista, all'io ti amo "perché sì" e tutti allora decidono di cambiare le regole secolari del regno al grido di "perché no?"; se fossi stata Kenneth Branagh avrei concertato una fine spettacolare per matrigna e soprattutto sorellastre, che nella fiaba originale venivano accecate da una colomba per aver osato cercare di rientrare nelle grazie di Cenerentola durante il matrimonio col Principe. Purtroppo, non sono Kenneth Branagh e mi sono trovata così davanti una gradevole ma inutile e dimenticabile fiera del cosplay che, bene o male, ripropone piuttosto fedelmente la vecchia pellicola Disneyana.

We are men, we are men in tights!
L'ego gigantesco di Branagh si è dunque tradotto essenzialmente nella pacchianeria barocca di costumi e scenografie e nella strabordante e virilissima abbondanza di prominenti verghe maschili inguainate in attilate calzamaglie. Che, ti dirò, caro Kenneth, se anche non mi schiaffavi in faccia quegli imbarazzanti rigonfiamenti messi in ogni inquadratura andavo comunque a dormire serena, eh. La strafottente arroganza architettonica del Branagh già si poteva notare in Thor ma qui ha costretto il buon Dante Ferretti a ricostruire quadri rococò come L'altalena di Fragonard e a sfondare il set di lampadari giganteschi e stucchi come se piovessero, con l'aggiunta di orde di putti dorati vomitanti interi palazzi realizzati in CG. Io, da brava bambina, su questo aspetto ho preferito sorvolare perché speravo di rifarmi gli occhi con gli abiti. E invece, anche lì, kitsch a palate. Milena Canonero si è probabilmente data malata, Coleen Atwood si dev'essere ricordata di aver lasciato aperto il gas ed è rimasta "solo" Sandy Powell: il risultato, oltre alle tutine peniche, è stato quello di vedere le due Sorellastre ricoperte da una carta simile a quella dei cioccolatini, Cenerentola ornata di farfalle e strass manco fosse una scolaretta alla sua prima uscita in discoteca e una Fata Madrina spumosa come un Puff al formaggio e altrettanto stucchevole. Per quel che concerne il guardaroba, l'unica che si salva è l'elegantissima, meravigliosa Cate Blanchett ma anche la sua sguaiata matrigna con l'espressione alla "me cojoni" non regge il confronto con la perfida, aristocratica Lady Tremaine del cartone. In generale, c'è da dire che gli attori non sono male, anzi, sono tutti abbastanza in parte e il Principe non è neppure ottuso ed inespressivo come la maggior parte dei suoi colleghi (se ripenso al crétin di Maleficent mi sento male!) ed è un discreto figonzo ma sinceramente quello che a me ha fatto orrore più di tutto sono i cocchieri-Visitors, punta dell'iceberg di un bestiario di creature computerizzate in grado di privarmi di ogni residua poesia: l'oca antropomorfa e i ratti cavallini popoleranno i miei incubi per mesi, ve l'assicuro. Insomma, lì per lì sono uscita dal cinema divertita ma più ci penso più mi rendo conto che Cenerentola è una bella pacchianata. Non è da scomunicare come Maleficent o Biancaneve e il cacciatore, ci mancherebbe, però è fondamentalmente inutile nel suo essere una semplice riproposta "in carne e ossa" di un cartone animato degli anni '50; aggiornarlo un po' nei contenuti (non solo nella simpatica idea di creare un villaggio che è un meltin'pot di razze), magari aggiungendo qualche dettaglio che potesse non già cambiare la storia, ma perlomeno approfondire cose già risapute, non sarebbe stato male. Quel dommage!

Cenerentola sta per essere divorata.
P.S. Prima di Cenerentola c'è il corto animato Frozen Fever, una sorta di breve sequel di Frozen - Il regno di ghiaccio ambientato il giorno del compleanno di Anna. Non aggiunge nulla alla trama principale del film (per quello dovremo aspettare Frozen 2, che probabilmente uscirà a Natale nel 2017) ma è ben realizzato e da in pasto allo spettatore un branco di personaggini deliziosi, oltre a mostrare un'Elsa tenerissima, a proposito della quale avrei una domanda: ma come diavolo fa a creare dal nulla qualsiasi tipo di abito? E' la regina dei ghiacci o delle stoffe? Mah, mistero!


Del regista Kenneth Branagh ho già parlato QUI. Cate Blanchett (la matrigna), Helena Bonham Carter (la fata madrina), Stellan Skarsgård (il Granduca), Holliday Grainger (Anastasia), Derek Jacobi (il Re) e Hayley Atwell (la madre di Ella) li trovate invece ai rispettivi link.

Ben Chaplin (vero nome Benedict John Greenwood ) interpreta il padre di Ella. Inglese, ha partecipato a film come La sottile linea rossa, Lost Souls - La profezia, Birthday Girl e Dorian Gray. Ha 45 anni.


La Cenerentola Lily James fa parte del cast di Downton Abbey (come anche Sophie McShera, alias Genoveffa) e la ritroveremo sul grande schermo verso fine anno con il film tratto da Orgoglio, pregiudizio e zombie, dove interpreterà Elizabeth Bennet mentre il Principe Richard Madden è figlio del Trono di spade e aveva già partecipato al film I segreti della mente. Per la cronaca, il ruolo di Ella era stato offerto a Emma Watson, che lo ha rifiutato preferendo partecipare ad un altro film che sta già procurandomi notevoli incubi, ovvero la versione live action del mio adorato La bella e la bestia, che dovrebbe uscire nel 2017; altre candidate per la parte di Ella erano Imogen Poots, Bella Heathcote e Margot Robbie. Ci sono stati cambiamenti anche dietro la macchina da presa: la prima scelta della produzione era stato il regista di Non lasciarmi, Mark Romanek, che tuttavia ha abbandonato il progetto per "divergenze creative". Detto questo, se Cenerentola vi fosse piaciuto recuperate la Cenerentola di cui abbiamo parlato ieri, La leggenda di un amore - Cinderella, Come d'incanto e Biancaneve di Tarsem. ENJOY!

lunedì 23 marzo 2015

Crossposting: Cenerentola (1950)

Avevate nostalgia dei Crossposting? Non temete! Oggi e domani con Prevalentemente Anime e Manga ci occuperemo di un paio di pellicole dedicate alla Principessa Disney più sbadata di tutte, cominciando con Cenerentola (Cinderella), diretto nel 1950 dai registi Clyde Geronimi, Hamilton Luske e Wilfred Jackson.

QUI trovate il post di Acalia, su Prevalentemente Anime e Manga. ENJOY!


Trama: dopo la morte della madre e del padre, Cenerentola si ritrova a far da serva alla perfida matrigna e alle sciocche sorellastre. Un giorno, arriva la notizia che alla reggia ci sarà un ballo aperto a tutte le fanciulle in età da marito; matrigna e sorellastre cercano di ostacolare Cenerentola e di impedirle di andare in ogni modo ma le malvagie nulla possono contro la Fata Madrina e gli amici a quattro zampe della gentile servetta...


Cenerentola è stato il secondo film visto al cinema per me, l'anno dopo Biancaneve e i sette nani. Da quel giorno credo di averlo riguardato solo due volte, una qualche tempo fa, durante il suo primo passaggio televisivo sulla RAI e una in occasione della stesura del post che state leggendo. Alla mia veneranda età, mi aspettavo incredibili sommovimenti sopraccigliari durante la visione e invece guardare Cenerentola non mi ha annoiata per un solo istante, tanto che non mi sono neppure accorta del tempo trascorso davanti allo schermo. Razionalmente, mi rendo conto di dover ringraziare per questo la mia innata passione per Tom & Jerry e i cartoni della Warner perché Cenerentola avrebbe potuto serenamente intitolarsi GasGas & Giac vs Lucifero: la trama "principale" si consuma nell'arco di un giorno e prenderà si e no 20 minuti di pellicola, tutto il resto è un florilegio di fughe e rincorse tra gatto e topi, epiche battaglie tra canidi e felini, balletti e canzoncine di uccellini e ratèn, ancora oggi topiche (eh) ed indimenticabili, in grado di spingere a canticchiare le vecchie carampane nostalgiche come la sottoscritta. Ed effettivamente, diciamocelo, Cenerentola come personaggio fa poco. Non poco a livello "Aurora de La bella addormentata nel bosco", ché Cenerella un po' più spigliata e sveglia lo è (anche un po' più ironica, eh), ma quanto a sapersela cavare da sola, stendiamo un velo pietoso, senza i suoi amici animaletti e la Fata Smemorina la gentile signorina sarebbe ancora in soffitta a languire, mentre il Principe sarebbe diventato un tutt'uno con le colonne del Castello. Nel 1950 alla Casa del Topo non si parlava ancora di emancipazione femminile, ci mancherebbe, ma non si faceva cenno neppure a quella maschile; laddove infatti in La bella addormentata (uscito nove anni dopo) il Principe si impegnava e combatteva per la sua amata, in Cenerentola l'erede al trono si limita a sottostare ai voleri di un padre folle oltre ogni dire che, non potendone più di vederlo lì inespressivo a fissare il vuoto, decide di accasarlo, spingerlo ad innamorarsi e costringerlo a sfornargli dei vivaci pargoletti per rallegrargli la vecchiaia. Detto questo, sono più belle le storie di contorno e ben più simpatici e ben caratterizzati i comprimari, Matrigna e sorellastre incluse, rispetto ai due incolori protagonisti.


Il povero Principe, purtroppo per lui, non viene distinto neppure da un character design particolare, poveraccio, anzi per quel poco che appare è totalmente anonimo. Cenerentola invece è bellissima davvero, ha tutta l'eleganza di una diva anni '50 ed è vezzosa e gradevole sia vestita da servetta sia inguainata nell'iconico abito bianco/azzurro che le viene donato da una materna ed amorevole Fata Smemorina, personaggio che ho molto apprezzato per il tenero abbraccio con cui consola la protagonista disperata. Molto espressivi e particolari il rubizzo Re, il vessato Visconte Monocolao e le Sorellastre dai piedi giganteschi, mentre topolini, uccellini, cane e cavallo vantano lo stesso stile di disegno che le "ottantine" come me hanno imparato ad amare negli anni consumando le videocassette di Robin Hood e Gli Aristogatti; il personaggio più impressionante in assoluto, quello che rimane indelebile nella mente anche dopo una singola visione è però la "Signora Madre" Lady Tremaine, con quella inquietantissima faccia da nobildonna psicopatica alla Bette Davis e i penetranti e maligni occhi identici a quelli del gatto Lucifero. Le animazioni e i colori risultano ancora oggi molto belli e la trasformazione della carrozza a mio avviso continua a dare dei punti anche alla versione moderna mostrata da Branagh (di cui parleremo domani) mentre la visionarietà che costituirà la cifra stilistica di capolavori come Alice nel Paese delle Meraviglie (realizzato praticamente in contemporanea ma uscito l'anno dopo) si può ritrovare nell'ipnotica sequenza in cui la figura di Cenerentola viene moltiplicata all'interno di mille bolle dai colori acidi. Spezzo infine una lancia per quel doppiaggio e quegli adattamenti che all'epoca venivano giustamente considerati i migliori del mondo; la polifonia di Canta Usignol mette tuttora i brividi e quelle trillanti vocette di topini che cantano "Se sta solo un po' tranquilla c'è qualcuno che le strilla, Cenerella! Cenerella!" toccano vertici di pura genialità superata solo dalla favolosa, arcaica espressione utilizzata dal Visconte per giustificare l'improvvisa dipartita della protagonista durante la festa: "Sire, dileguòssi!". La lingua italiana si è impoverita? Ahimé, sì. Per fortuna possiamo riascoltare, oltre che rivedere, questi grandi e sempre apprezzati classici!


Dei registi Clyde Geronimi e Hamilton Luske ho già parlato ai rispettivi link.

Wilfred Jackson è uno dei tre registi della pellicola. Americano, ha diretto alcune sequenze di film come Biancaneve e i sette nani, Pinocchio, Fantasia (La notte sul Monte Calvo), Dumbo, Saludos Amigos, I racconti dello zio Tom e pellicole come Alice nel Paese delle Meraviglie, Le avventure di Peter Pan e Lilli e il vagabondo. Anche animatore e compositore, è morto nel 1988 all'età di 82 anni.


Eleanor Audley, la voce originale della matrigna Lady Tremaine, avrebbe poi incarnato un'altra storica villain Disney, la Malefica de La bella addormentata. Nonostante il film sia stato girato nel 1950, la Disney ha realizzato nel 2002 e nel 2007 (probabilmente in occasione dell'uscita dell'edizione speciale in due DVD) due seguiti usciti direttamente sul mercato dell'home video, Cenerentola II - Quando i sogni diventano realtà e Cenerentola - Il gioco del destino. Personalmente non li ho mai visti e dubito che lo farò ma se Cenerentola vi è piaciuto magari recuperateli e aggiungete, oltre al film di Kenneth Branagh di cui parleremo domani, Biancaneve e i sette nani, La bella addormentata nel bosco, La leggenda di un amore - Cinderella e Come d'incanto. ENJOY!

venerdì 20 marzo 2015

Mercy (2014)

In questi giorni ho scoperto dell'esistenza di Mercy, film diretto nel 2014 dal regista Peter Cornwell e tratto dal terrificante racconto La nonna, contenuto nella raccolta Scheletri di Stephen King. Potevo lasciarmelo sfuggire? Ahimé no...


Trama: Il piccolo George è assai legato alla nonna materna e quando l'anziana donna viene colpita da un ictus lui e la sua famiglia vanno ad abitare a casa della vegliarda. La nonnina, tuttavia, comincia a comportarsi in maniera inquietante...


Quando ero bambina mi era capitato di leggere un aneddoto realmente accaduto, riadattato su un giornale di Barbie (sì. Da bambina mi piaceva l'Algida Stronza, ok?). Per farla breve, un'attrice stava per andare ad un gran galà e un famoso stilista le aveva lasciato delle buste con dei consigli da seguire per essere la più elegante della festa ed ogni consiglio, con sommo stupore dell'attrice, le suggeriva di togliere un accessorio. Alla fine la signora si era presentata al party con un look minimal ma elegante, suscitando l'ammirazione di tutti. E' un esempio un po' tirato per i capelli ma lo stesso vale per i racconti horror: spesso non importano gli orpelli usati per abbellirli, quanto la capacità dello scrittore di cogliere il nocciolo della questione e ricamarci sopra quel tanto che basta da regalare al lettore notti insonni, lasciandolo a pensare a ciò che "non è stato detto" ma è stato solo suggerito. Il racconto La nonna è un favoloso esempio di quello che sto cercando di spiegare. Stephen King parte da una sensazione che probabilmente provano molti bimbi piccoli (la paura verso un familiare che magari si è visto poco e che ha un modo di fare particolarmente invadente e autoritario o una stazza impressionante) e da una situazione nella quale tutti ci siamo sicuramente trovati durante l'infanzia (essere costretti a passare un paio d'ore da soli, in un ambiente sicuro e conosciuto che comunque in assenza dei genitori diventa un luogo terribile, che nasconde insidie alimentate dalla nostra fantasia) e da lì, in poche pagine, da vita ad un orrore difficile da dimenticare e ad un'angoscia che ci serra lo stomaco riga dopo riga. La forza del racconto La nonna sta nel non detto, nelle suggestioni riassunte in una riga, nella sua terribile e spietata negatività, persino nei personaggi appena abbozzati. Come hanno potuto anche solo pensare che un film di un'ora e mezza avrebbe potuto evocare lo stesso terrore??


E infatti Mercy fa pena, pietà e compassione. Il nocciolo del racconto kinghiano viene liquidato in cinque minuti poco prima del finale, gli unici cinque minuti in grado di creare un po' di tensione, per il resto lo sceneggiatore Matt Greenberg (che già era riuscito a banalizzare altri due racconti del Re, Grano rosso sangue e 1408) ha dovuto lavorare sul poco materiale presente in La nonna e ricamarci sopra fino a farla diventare un'ammorbante storia di maledizioni, legami familiari, bambini prodigio, angeli custodi, DEMONI custodi e patti stretti per amore, aggiungendo una moraletta stinfia completamente (e giustamente) assente nell'opera originale oltre ad un branco di personaggi aggiunti solo per amor di spiegone. La nonna è stato così trasformato in un ordinario horror sulle possessioni demoniache, ulteriormente affossato da una messa in scena piatta e da attori che non avevano probabilmente nessuna idea del perché si trovassero sul set. Peter Cornwell aveva già dimostrato con Il messaggero la sua incapacità di gestire i tempi e il ritmo di una pellicola horror, infatti la prima parte di Mercy è una noia mortale in cui attori e sceneggiatore arrancano per cercare di portare lo spettatore ad interessarsi alla storia e ad inquietarsi (forse avrebbero potuto riuscirci giusto con un bambino di otto anni: chi ha letto La nonna sa già dove vuole andare a parare Mercy, lo spettatore che ha già visto più di due horror idem), mentre la mezz'ora che precede il deprimente finale è la saga del cliché, dove terribili effetti "speciali" (leggi: cagnolini in CG dagli occhi brillanti), spaventi telefonati e simbologie d'accatto dovrebbero farsi perdonare tutta la camurrìa precedente per mezzo di disegnetti macabri e svomitazzate gratuite. Sinceramente, dopo aver visto questa robetta ridicola mi verrebbe voglia di fare causa a King per il modo indegno con cui permette vengano trattati i suoi racconti ma diventerei ripetitiva (credo di aver concluso così un buon 70% di post dedicati agli adattamenti cinematografici Kinghiani) quindi mi limito solo ad urlare "Mercy!!!!" come ha fatto il buon Riff Raff mentre veniva frustato da Frank'n'Furter, ché forse il senso del titolo originale di 'sta schifezza è proprio chiedere pietà.


Del regista Peter Cornwell ho già parlato QUI. Mark Duplass (zio Lanning) lo trovate invece QUA.

Dylan McDermott (vero nome Mark Anthony McDermott) interpreta Jim Swann. Americano, lo ricordo per film come Twister, Fiori d'acciaio, Nel centro del mirino, Miracolo nella 34sima strada, Mister Destiny, The Messengers e per serie come Ally McBeal, Will & Grace e American Horror Story. Anche regista e sceneggiatore, ha 54 anni e due film in uscita.


Frances O'Connor interpreta Rebecca. Inglese, ha partecipato a film come A.I. Intelligenza artificiale, The Hunter e a serie come Once Upon A Time. Ha 47 anni e due film in uscita.


Shirley Knight interpreta Mercy. Americana, ha partecipato a film come Il colore della notte, Diabolique, Qualcosa è cambiato e a serie come La signora in giallo, NYPD, Ally McBeal, E.R. - Medici in prima linea, Cold Case, Dr. House e Desperate Housewives. Anche produttrice, ha 78 anni e due film in uscita.


Il giovane Chandler Riggs, che interpreta George e che nella vita reale è fidanzato con Hana Hayes (la ragazzina bionda che interpreta la "vicina di casa invisibile"), altri non è che il CaaaaVVVllll della serie The Walking Dead e tornerà presto sul grande schermo con un altro thriller horror dal "fantasioso" titolo Home Invasion mentre il fratello Buddy è interpretato da Joel Courtney, già protagonista di Super 8. Detto questo, se Mercy vi fosse piaciuto (ma perché?) vi consiglierei di prendere la raccolta Scheletri e leggere il racconto La nonna o di andare QUI e guardare l'episodio di Ai confini della realtà tratto dal racconto in questione. ENJOY!

giovedì 19 marzo 2015

(Gio)WE, Bolla! del 19/3/2015

Benvenuti alla settimana più stinfia e cinematograficamente diludente dell'anno. Il "meglio" dell'Italia invade le sale e dell'unico film che avrei avuto piacere di vedere, Chi è senza colpa (col compianto James Gandolfini), non c'è traccia. Quindi per stavolta eviterei il solito... ENJOY!

Latin Lover
Reazione a caldo: Cominciamo col meno peggio
Bolla, rifletti!: Per quanto non ami il genere, sicuramente il film della Comencini è quello che si distingue di più rispetto alla fuffa che abbonda questa settimana e non solo per la presenza di attori capaci come Virna Lisi, Neri Marcoré, Angela Finocchiaro ecc. ma anche per una trama che sembrerebbe interessante. Magari, a tempo perso, potrei anche dargli un'occhiata...

La prima volta (di mia figlia)
Reazione a caldo: Jesus...
Bolla, rifletti!: DIRETTO e interpretato da Riccardo Rossi. L'uomo della Ferrarelle. Già solo questo basterebbe per tenermi lontana a vita da questa commediola sulla perdita della verginità adolescenziale. Meglio recuperare Giù le mani da mia figlia se non l'avete mai visto.

La solita commedia - Inferno
Reazione a caldo: Vabbé. Devo anche parlarne?
Bolla, rifletti!: E mentre il Sommo Poeta si rivolta nella tomba io ho dovuto anche sopportare la folla di pecore che si accalcavano dallo stand di Jenus al Cartoomix per farsi fare gli autografi da 'sti due poveri pirla di Nongiovane e Biggio. Mi fermo qui o il Bollalmanacco oggi diventa una sentina di turpiloquio gratuito ma c'è da dire che almeno stavolta il titolo italiano non trae in inganno: sarà sicuramente un inferno guardare la solita, demenziale commedia italiota...

Niente di particolarmente interessante neanche al cinema d'élite questa settimana...

Una nuova amica
Reazione a caldo: Mh.
Bolla, rifletti!: Ozon non lo conosco come regista, quindi non posso pronunciarmi, ma la trama di questo film parrebbe sottilmente almodovariana e ambigua. Chi sarà questa "nuova amica"? Nell'attesa di scoprirlo, quasi quasi segno il titolo per un futuro recupero.

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