domenica 31 luglio 2016

Ghostbusters (2016)

E così ieri sera sono andata a vedere il Ghostbusters diretto e co-sceneggiato da Paul Feig, in una sala gremita di bambini urlanti, cosa che forse ha inficiato il mio giudizio ma forse anche no. Segue recensione SENZA SPOILER.


Trama: quando in vari luoghi newyorkesi cominciano a fare la loro comparsa pericolosi fantasmi, le scienziate Erin, Abby e Jillian si uniscono all'ex guardia metropolitana Patty per fare fronte al problema...


Come già ho fatto per Poltergeist, proviamo a dividere il post in due parti, una nella quale NON terrò conto dell'esistenza del Ghostbusters del 1984 e un'altra in cui affronterò l'impietoso confronto. Preso come film a se stante, come blockbuster estivo e come intrattenimento da sabato sera Ghostbusters funziona, più o meno a livello di 6/7 nella solita scala da 1 a 10. Posso dirlo con certezza visto che il mio fidanzato è cresciuto nel mito dei cartoni animati ma non in quello del film di Reitman (ci vuole pazienza, lo so) e ha trovato il remake/reboot simpatico e piacevole, non qualcosa da ricordare in saecula saeculorum ma sufficiente per farsi due risate disimpegnate sorvolando sugli inevitabili difetti. Posso però dire anche con certezza che il target di Ghostbusters è quello dei bambini/adolescenti, perché le grassissime risate che hanno funestato buona parte della visione, impedendomi di capire almeno il 30% dei dialoghi, venivano dal pargolame forestiero (ma portarli a spiaggia 'sti minchia di bambini no???) che affollava la sala sabato sera. Il nuovo Ghostbusters infatti è, senza troppi giri di parole, un film per famiglie dalla trama semplice, con un villain poco carismatico, effetti speciali da videogioco solo vagamente spaventevoli e un quartetto di protagoniste che sembrano più interessate a palleggiarsi battute da avanspettacolo piuttosto che a dare realmente la caccia ai fantasmi; in nessun momento si avvertono tensione per il destino delle acchiappafantasmi o incertezza rispetto alla risoluzione della trama e se non fosse per la cazzutissima Holtzmann di Kate McKinnon la maggior parte dei confronti con i fantasmi perderebbe anche quel minimo di epicità che la folle e bionda scienziata riesce ad imporre con la sua sola presenza. La McCarthy e la Wiig interpretano i personaggi a loro più consoni, quelli delle dolci e simpatiche pasticcione, magari un po' grezze e maniacalmente (oltre che in modo poco plausibile) devote alla scienza, la Jones è uno stereotipo vivente ma diverte e chi ne esce peggio è il povero Chris Hemsworth al quale è toccato il ruolo di "bimbo" nell'accezione inglese del termine, ovvero quella dell'oca maschio decerebrata: ora, capisco l'ironia dell'inversione dei ruoli ma davvero c'era bisogno, per sottolineare il contrasto donna intelligente/uomo idiota, di creare un personaggio talmente scemo da fregarsi gli occhi quando sente male alle orecchie? Mah. Di tutto il cucuzzaro, probabilmente ciò che ricorderò in futuro sarà la bella sequenza in cui gli enormi palloncini posseduti sfilano per le strade di New York e la citazione nei titoli di coda di una delle più famose scene di The Mask, il resto probabilmente sparirà nel giro di un paio di giorni in un tripudio di mancanza di infamia o lodi. Tanto casino di haters, rivendicazioni femministe, Ghostbros inferociti e quant'altro per cosa? Ma fatemi il piacere, suvvia. Ribadisco, 6/7 su una scala da 1 a 10. E sono magnanima perché temo di essermi fatta influenzare dalle urla infantili.


D'altra parte, è anche vero che Paul Feig se l'è cercata, eh. Hai voglia a dire "no, facciamo finta che Ghostbusters non sia mai esistito" quando regista e sceneggiatori lo "omaggiano" (plagiano? Strizzano l'occhio come fa J.J.Abrams nelle parodie di Ortolani?) ogni cinque minuti, allontanandosi per cercare uno spunto originale (che poi, originale virgola...) giusto per qualche secondo prima di tornare al calduccio della pellicola originale. La panoramica iniziale, lo "scherzone" ai danni di Erin, i primi due incontri con i fantasmi, il rapporto conflittuale con il sindaco, l'apocalisse finale e persino il primo intervento pubblico con tanto di padrone del locale preoccupato sono presi di peso dal primo, storico Ghostbusters e sepolti all'interno di un'ininterrotta sequela di battutine infantili, utili solo a far rimpiangere la caustica ironia degli anni '80 e l'inevitabile superiorità dei vecchi adattamenti italiani rispetto a quelli attuali. E' inutile, gente: Aykroyd, Ramis, Murray ed Ernie Hudson funzionavano, nel loro quartetto c'erano alchimia e carisma, probabilmente aiutava molto il fatto che la sceneggiatura fosse farina del sacco di due degli stessi attori (per la cronaca, Aykroyd e Ramis), oppure erano altri tempi, vai a sapere, sta di fatto che, a distanza di neppure 24 ore, non ricordo una battuta che sia una e, ribadisco, guardando il nuovo Ghostbusters mi sono sentita fiera solo di fronte a Kate McKinnon, che avrebbe meritato un posto accanto ai "vecchi" acchiappafantasmi, magari come la sorellina cazzuta di Egon. A tal proposito, le guest appearance dei vecchi attori sono un po' tanto sprecate, eh. Dan Aykroyd passa alla cassa in quanto produttore e se ne batte la ciolla, Murray si vede abbattere tra capo e collo una sorta di contrappasso ma viene sfruttato malissimo ahimé, Annie Potts, Sigourney Weaver ed Ernie Husdson sono assai simpatici ma finisce lì e in tutto questo il vincitore morale rimane sempre e comunque l'amatissimo Rick Moranis, che ci ha visto lungo e li ha giustamente mandati tutti a stendere. D'altronde, quando infili persino Ozzy Osbourne in un film vuol dire che se non sei alla frutta stai comunque già cominciando a sentire odore di macedonia. Pollice verso anche per la battaglia finale, ennesima occasione per inanellare una serie infinita di citazioni gratuite che mi hanno causato conati di vomito ininterrotti per varie ragioni (Slimer, mio Dio. Slimer.), per mostrare un uso decisamente improprio del flusso degli zaini protonici e, ancor peggio, per aprire la via al melenso, imbarazzante finale. Se ci sarà un sequel, spero davvero che cominci come Ghostbusters 2, ovvero con le acchiappafantasmi costrette a pagare i danni, altro che We <3 U: mi dite da quando il PG-13 ricostruisce persino i palazzi? Bah. Purtroppo per Feig il 1984 non è stato ancora cancellato dalla faccia della terra quindi Ghostbusters, in una scala che va da Vigo il Crudele a Vigo il Sacrilego, si colloca a livello Vigo la Sporcacciona.


Di Kristen Wiig (Erin Gilbert), Charles Dance (Harold Filmore), Melissa McCarthy (Abby Yates), Chris Hemsworth (Kevin), Bill Murray (Martin Heiss), Michael Kenneth Williams (Agente Hawkins), Andy Garcia (Sindaco Bradley), Annie Potts (Receptionist), Dan Aykroyd (Tassista), Ernie Hudson (Zio Bill), Sigourney Weaver (Rebecca Goring) e Joel Murray (Guardia) ho già parlato ai rispettivi link.

Paul Feig è il regista e co-sceneggiatore della pellicola. Americano, ha diretto film come Le amiche della sposa, Corpi da reato, Spy ed episodi di serie quali 30 Rock, Weeds e Nurse Jackie. Anche attore e produttore, ha 54 anni e due film in uscita.


Kate McKinnon interpreta Jillian Holtzmann. Americana, famosa per le sue partecipazioni al Saturday Night Live, ha recitato in pellicole come Ted 2 e lavorato come doppiatrice nel film Alla ricerca di Dory e nelle serie I Simpson e I Griffin. Ha 32 anni e tre film in uscita.


Leslie Jones interpreta Patty Tolan. Americana, famosa per le sue partecipazioni al Saturday Night Live, ha recitato in pellicole come Il fuggitivo della missione impossibile e Un disastro di ragazza. Anche sceneggiatrice, ha 49 anni e tre film in uscita.


Tra gli altri attori compaiono il già citato Ozzy Osbourne, gli sceneggiatori del Saturday Night Live Steve Higgins e Neil Casey, rispettivamente nei panni del rettore e di Rowan North, e Daniel Ramis, figlio del compianto Harold, nei panni di un metallaro. Consigliandovi di rimanere al cinema FINO ALLA FINE dei titoli di coda, se Ghostbusters vi fosse piaciuto recuperate ovviamente Ghostbusters - Acchiappafantasmi e Ghostbusters 2, nell'attesa del probabile sequel. ENJOY!

venerdì 29 luglio 2016

Roba da matti (1990)

Estate, si sa, è quel periodo dell'anno in cui bisogna staccare il cervello e magari scavare in qualche recondito meandro del passato. Quale momento migliore per tirare fuori dal cilindro Roba da matti (Madhouse), diretto e sceneggiato nel 1990 dal regista Tom Ropelewski?


Trama: Mark e Jessie Bannister si sono sposati da poco e hanno appena comprato una villa. Il loro idillio viene tuttavia interrotto dal cugino di Mark e dall'odiosa (e incinta) moglie Berenice, i quali si installano nell'abitazione, rivelandosi ospiti assai molesti. E sono solo la punta dell'iceberg...



Correvano gli anni '90 e sicuramente la prima volta che ho visto Roba da matti, ridendo fino a stare male, è stato quando facevo le scuole medie. Poi, nonostante avessi la videocassetta registrata e avessi riguardato questo film almeno tre/quattro volte ancora, Roba da matti è sparito dalla circolazione, probabilmente cancellato dal nastro per fare posto a qualche pellicola più interessante, e non ne ho più sentito parlare finché, qualche giorno fa, mi è capitato di vederne la locandina su un sito. Il recupero, non ve lo sto neanche a dire, è scattato in automatico: DOVEVO rivedere quello che per un anno o due è stato un delirantissimo cult per la piccola Bolla. Dopo la visione, vi dirò che Roba da matti, per quanto di una demenza rara, infarcito di umorismo crasso e personaggi fastidiosi coinvolti in una trama di incredibile assurdità, ha ancora il suo perché e spesso funziona, risultando più piacevole di molti suoi parenti blasonati ed invecchiati malissimo. Il gusto di Roba da matti è quello della sit-com (non a caso Kirstie Alley e John Larroquette venivano proprio dall'universo televisivo) portata all'eccesso, una sorta di "zio" di quel capolavoro di americana demenza e scorrettezza che era E vissero infelici per sempre, con la differenza che i protagonisti della pellicola si amerebbero davvero se non fosse per gli inopportuni ospiti che vanno ad insidiare la loro felicità coniugale. In questo senso, il film mantiene la propria freschezza in quanto privo di una critica sociale feroce o di qualsivoglia satira legata al tempo in cui è stato girato, preferendo prendere di mira determinati "tipi" di americano medio, tutti assolutamente riconoscibili e detestabili: ci sono lo yuppie e la giornalista in carriera (con i quali, essendo i protagonisti, ci ritroviamo comunque ad empatizzare, poveracci), l'ex figo della scuola che è diventato il re degli sfigati dopo aver contratto matrimonio con una provincialotta chiacchierona ed invadente, la cercatrice d'oro con figlio sui generis, infine il vicino di casa all-american, single e munito di due marmocchi (rispettivamente un'adolescente perennemente al telefono e un bambino serial killer in erba). La trama è interamente basata sull’invasione di casa Bannister da parte di questi ospiti indesiderati i quali, a scaglioni, arriveranno ad insidiare la coppia di neo-sposini trasformandoli da professionisti in carriera a schiavi quando va bene e zingari sfollati quando la situazione comincerà a farsi insostenibile, arrivando ovviamente a compromettere anche la loro reputazione lavorativa, in un crescendo di gag sempre più surreali (tra le quali c’è quella ricorrente, nonché la migliore, del gatto Scruffy, sul quale non vi anticipo nulla).


Roba da matti non è ovviamente da guardare né per la regia, né per ricercare una comicità particolarmente raffinata e, come succede con questo genere di film, per apprezzarlo è necessario stare al gioco dello sceneggiatore/regista e accettare l’inaccettabile, a cominciare dai titoli di testa animati, di una bruttezza più unica che rara (vi dico solo che il personaggio principale del cartone animato è… un gabinetto. E va bene tutto ma il cesso semovente con tanto di braccine anche no, dai). Fortunatamente, gli attori coinvolti sono l’ideale per reggere interamente la discesa nella follia dipinta in Roba da matti senza temere brutte figure. Kirstie Alley l’ho sempre adorata in quanto attrice dotata di uno splendido viso e priva della paura di “rovinarsi” o impelagarsi in ruoli stupidi, un po’ come accadeva alla primissima Cameron Diaz; il crollo nervoso di Jessie e la conseguente trasformazione in Terminatrix tocca ancora oggi punti di ilarità assoluta e in generale la Alley è l’attrice più carismatica del mucchio. A farle da degna spalla c’è la faccetta rassicurante, per dirla alla Elio, di un John Larroquette in formissima e molto divertente, oltre a tutta una serie di caratteristi con il phisique du rol necessario ad interpretare gli stereotipi presenti nel film, una su tutte la terribile Berenice interpretata da Jessica Lundy, perfetto esempio di moglie ignorante, provinciale e scassapalle. In conclusione, se vi piace questo genere di film e gli anni ’90 (con tutti i pro e i contro!) vi attirano come una calamita potreste aver trovato pane per i vostri denti e sicuramente per una calda sera d’estate, magari con un gelato in mano, dovreste anche riuscire a divertirvi, gli altri si astengano!


Di John Larroquette, che interpreta Mark Bannister, ho già parlato QUI.

Tom Ropelewski è il regista e sceneggiatore della pellicola. Americano, ha diretto film come Senti chi parla adesso! ed è anche produttore.


Kirstie Alley interpreta Jessie Bannister. Americana, la ricordo per film come Senti chi parla, Senti chi parla 2, Senti chi parla adesso!, Villaggio dei dannati e Harry a pezzi, inoltre ha partecipato a serie come Love Boat, Nord e sud e Dharma e Greg. Anche produttrice e sceneggiatrice, ha 65 anni.


Bradley Gregg interpreta Jonathan. Americano, ha partecipato a film come Explorers, Stand by me - Ricordo di un'estate, Nightmare 3 - I guerrieri del sogno, Indiana Jones e l'ultima crociata, Classe 1999, La leggenda del re pescatore, Nightwatch - Il guardiano di notte e a serie come Genitori in blue jeans, Ai confini della realtà, Il mio amico Ricky, Jarod il camaleonte e ER Medici in prima linea. Anche produttore, regista, sceneggiatore e stuntman, ha 50 anni e un film in uscita.


Se Roba da matti vi fosse piaciuto recuperate She Devil - Lei, il diavolo, Senti chi parla e magari anche il nostrano Nero bifamiliare. ENJOY!



giovedì 28 luglio 2016

Il (Gio) WE, Bolla! del Diludendo (28/7/2016)

Buon giovedì a tutti, o meglio, a tutti quelli che hanno la fortuna di avere un cinema aperto vicino a casa! La distribuzione italiana sgancia infatti oggi due bombe mica da ridere ma, ovviamente, il Multisala Savonese è CHIUSO. Ecco il perché del diludendo nel titolo. But fear not, perché questi due film arriveranno sul Bollalmanacco... oh, se arriveranno!

Ghostbusters
Ero partita col solito "Eh no, che palle, un ALTRO remake di un film che non ne aveva bisogno" ma dopo l'esplosione di stupidità su internet, coronata negli epiteti sessisti e razzisti che hanno sommerso la pellicola prima ancora che uscisse, unita alla palese cattiveria tirata fuori da buona parte dei cosiddetti Ghostbros, Ghostbusters è diventato il film da vedere assolutamente. Possibilmente, per amarlo e consacrarlo a blockbuster dell'anno. Sicuramente la sua uscita merita la trasferta genovese.

La notte del giudizio - Election Year
I primi due film della franchise mi erano piaciuti, il primo più del secondo. Ad un passo dall'epoca di Trump forse la svolta politica dello "sfogo" non è più così campata in aria, quindi vorrei a maggior ragione vedere anche il terzo capitolo. Stay tuned, il post potrebbe comunque arrivare prima di quanto pensiate!

Oggi esce anche Skiptrace - Missione Hong Kong ma, con tutto il rispetto, chi se ne frega di un film come Jackie Chan e Johnny Knoxville. Ci sentiamo la prossima settimana per un altro diludendo... ENJOY!

martedì 26 luglio 2016

Notte Horror 2016: Waxwork - Benvenuti al museo delle cere (1988)

Anche quest'anno è arrivata, come il Natale! Sto parlando della Notte Horror Blogger Edition, giunta ormai alla terza edizione! Oggi condivido la serata con l'amica Beatrix di Cinquecento Film Insieme (la quale parlerà del romeriano La terra dei morti viventi, visto all'epoca dell'uscita cinematografica e molto soddisfacente) e col regista e sceneggiatore Anthony Hickox, che nel 1988 girava Waxwork - Benvenuti al museo delle cere (Waxwork). Siete pronti per questo agghiaggiande viaggio nel terrore? E allora... ENJOY!


Trama: sei ragazzi vengono invitati dal padrone di un bizzarro museo delle cere appena aperto in città. Le installazioni del museo nascondono però un terribile segreto che potrebbe rivelarsi fatale per i sei malcapitati...



A differenza degli anni scorsi, durante i quali avevo scelto film che ben ricordavo dalle Notti Horror di Italia 1, stavolta ho voluto buttarmi su qualcosa di inedito, tanto per cambiare un po'. Ricordavo che Lucia aveva parlato con affetto di Waxwork - Benvenuti al museo delle cere e anche di Dolls ma siccome guardare un film interamente dedicato ad un branco di bambole assassine avrebbe potuto causarmi seri danni cardiaci ho scelto di dirigere la mia attenzione verso le più "tranquille" statue di cera. Per fortuna (o purtroppo, dipende dai punti di vista) ho scelto bene, ché Waxwork non fa affatto paura. Girato con un piglio molto ironico, il film di Anthony Hickox è una sorta di parodia di moltissimi generi horror, un collage di ministorie racchiuse all'interno di un'installazione da museo, collegate tra loro da una trama assolutamente pretestuosa a base di sacrifici umani, patti con un demonio che, poverino, non viene neppure mai mostrato, ed improbabili protettori dell'umanità. Ho parlato di parodia ma ciò non è propriamente esatto. Waxwork è divertente e non si prende sul serio, eppure ogni microstoria raccontata è girata tenendo a mente determinati canoni del genere che vuole rappresentare, e forma di fatto un piccolo universo a sé: con tutti i loro difetti, il racconto del licantropo, quello del vampiro, quello della mummia, quello del Marchese de Sade (sempre che sia lui, visto che parrebbe piuttosto un antenato di Jack Sparrow) e quello degli zombie starebbero tranquillamente in piedi da soli, in quanto agili bignami di storie universali, e nel loro piccolo riescono a creare tutta la tensione che manca alla cornice "esterna" del film, più baracconesca. Tenendo a mente questo, alla fine del film rimane il rimpianto di non avere potuto affondare i denti in moltissime delle altre installazioni mostrate all'interno del museo, alcune delle quali popolate da creature che avrebbero potuto fare la gioia del buon Lovecraft, ma ci si può godere comunque una sana dose di gore e parecchie scene disgustosette.


Quello che non manca in Waxwork è infatti l'abbondanza di liquido rosso. In questo senso, l'episodio passato agli annali della storia dell'horror è quello dedicato a Dracula, che comincia con un banchetto a base di "steak tartare" (sì, credici) innaffiata da una sospettosa salsa color cremisi e si conclude, furbamente, all'interno di una stanza bianca letteralmente sporcata da secchiate di sangue; ammetto, da grezza patentata quale sono, che fino a quel momento avevo dismesso Waxwork come un filmettino da pochi soldi, poi ho cominciato a guardarlo con molta più attenzione. E' stato lì che ho cominciato ad apprezzare le scelte registiche di Hickox, l'utilizzo dei diversi tipi di fotografia e l'accurata scelta dei costumi, elementi che saltano all'occhio ogni volta che i personaggi si ritrovano coinvolti nella terribile realtà rappresentata dalle varie statue di cera. Lo stesso make-up e gli effetti speciali sono decisamente superiori rispetto ad una qualsiasi, bassa produzione anni '80; come ho detto sopra, il bestiario delle installazioni non utilizzate è per la maggior parte vario e bello da vedere, due esempi eclatanti sono il bambino mostro oppure la creatura prigioniera all'interno di una gabbia, talmente terrificanti che se Hickox avesse deciso di utilizzarli seriamente nel film probabilmente ci saremmo trovati davanti ad un capolavoro dell'horror. Sicuramente, avrei preferito uno spin-off dedicato ad uno di questi due mostri piuttosto che l'imbarazzante episodio dedicato al Marchese de Sade, probabilmente il momento più WTF dell'intera pellicola nonché la quasi sicura fonte d'ispirazione dell'aberrante film di Tobe Hooper, che ne ha riproposto pedissequamente ogni aspetto negativo, a partire dalla stupidità della damsel in distress (una cagnissima Deborah Foreman) per arrivare al laidume del Marchese interpretato da J.Kenneth Campbell. Restando in tema attori, è sempre bello invece vedere il Billy dei Gremlins (moccioso altolocato riempito di latte da una madre iperprotettiva) e soprattutto l'ironico David Warner nei panni del proprietario del museo, mentre Dana Ashbrook sarebbe da prendere a ceffoni ma, capiamolo, era ancora un régazzino! Che ore sono? Uh, è quasi l'ora de La terra dei morti viventi, quindi la finisco qui e vi do appuntamento su Cinquecento film insieme, sperando di avervi invogliati a recuperare Waxwork!


Di seguito, ecco i link ai film già comparsi nella rassegna e il bannerone con i prossimi appuntamenti da non perdere!

Funny Games
Milo
Scream
The Whisperer in Darkness
Frailty - Nessuno è al sicuro
Nightmare - Dal profondo della notte



domenica 24 luglio 2016

The Legend of Tarzan (2016)

Avrete notato che i film nuovi da recensire languono, ma d'estate è normale. Oggi tuttavia riesco a parlare di The Legend of Tarzan, diretto dal regista David Yates e ovviamente tratto dai romanzi di Edgar Rice Burroughs.


Trama: dopo molti anni passati in Inghilterra assieme a Jane, John Clayton alias Tarzan ritorna nella sua terra natìa su invito del Re del Belgio, impegnato in una violenta espansione coloniale in Congo. L'invito nasconde però una minaccia dal passato, che John Clayton sarà costretto ad affrontare...


Ciò che vale per i dinosauri, vale anche per Tarzan: la creatura di Burroughs non mi ha mai affascinata e in 35 anni non mi è ancora capitato di leggere un romanzo dedicato al "Signore delle Scimmie" (né credo capiterà, per inciso). Ammetto di avere guardato The Legend of Tarzan giusto per il bel trailer, l'addominale devastante di Alexander Skarsgård e la presenza di Christoph Waltz ed effettivamente almeno per quel che riguarda gli ultimi due punti sono stata parecchio soddisfatta. Riguardo alla bellezza e al coinvolgimento emotivo promessi dal trailer, diciamo invece che se ne può discutere. Di The Legend of Tarzan ho molto apprezzato giusto un paio di cose. In primis il personaggio di Jane, indipendente, colta e consapevole della sua bellezza al punto che la sua natura di damsel in distress mi è parsa quasi forzata, sfruttata giusto per spingere il protagonista ad intervenire nel momento clou. Come seconda cosa, ho trovato molto intelligente l'idea di mostrare un John Clayton ormai perfettamente integrato all'interno della società aristocratica inglese, oppresso dalla "leggenda" di Tarzan al punto da essere ormai materiale adatto per le fiabe da raccontare ai bambini; il suo ritorno nella giungla rappresenta un ritorno alle radici, eppure si vede lontano un miglio che ormai John non è più il Signore delle Scimmie (anzi, nella pellicola di Yates non lo è mai stato, almeno così mi è parso di capire) bensì un uomo civilizzato dotato di abilità fisiche che lo rendono superiore ai suoi simili e di conoscenze "etologiche" che gli consentono di non venire sventrato dagli animali africani. Il contorno avventuroso l'ho trovato sinceramente poco entusiasmante, popolato da personaggi poco caratterizzati o mal sfruttati (un esempio è il Capo Mbonga, messo a mo' di inutile boss finale) e concretizzato in una trama concentrata sulla condanna dello schiavismo e dei cattivoni belgi, prevedibile dall'inizio alla fine.


Tecnicamente, la bellezza di The Legend of Tarzan risiede nel fatto che, nell'anno domini 2016, chi è abile con la computer graphic può creare davvero qualunque cosa. Per esempio, si possono fondere le splendide immagini dei paesaggi del Gabon a delle riprese quasi interamente realizzate in studio, in Inghilterra, per poi aggiungere degli animali talmente reali da sembrare veri; la tenera interazione tra Tarzan e i leoni o la terrificante lotta tra lui e il capo dei Mangani, razza di grandi scimmie creata da Burroughs, sono effettivamente mozzafiato e lo stesso vale per l'incontro con gli elefanti, l'unico momento del film in cui mi sono commossa e ho sentito il cuore fremere dal desiderio di incontrare delle creature così straordinarie, oltre che dall'invidia per le capacità di Tarzan. Ciò che mi ha lasciata perplessa, per non dire delusa, è il già citato showdown finale con il Capo Mbonga, realizzato con tutti i tempi cinematografici sbagliati, al punto da non lasciare allo spettatore un minimo di partecipazione o suspance (la presenza di Samuel L. Jackson poi è particolarmente inopportuna...) e l'altra cosa che, dall'alto della mia ignoranza, ho percepito come quantomeno fatta tirar via, è il montaggio. Probabilmente, per ottenere il PG-13 dalla commissione americana si è dovuti ricorrere al taglio di sangue, violenze, colpi troppo ben dati, momenti intimi tra Jane e Tarzan, gorilloni che squartano persone e mi va benissimo così, per carità, ma un minimo di fluidità tra una scena e l'altra ci vorrebbe, ché a un certo punto mi è sembrato di vedere il filmino delle vacanze in Congo visto il netto (e a tratti incomprensibile) distacco tra le sequenze. Quindi, riassumendo, probabilmente The Legend of Tarzan potrebbe essere un film divertente per chi è appassionato del genere ma temo che buona parte degli spettatori, tra i quali rientro anche io, dopo un paio di giorni dimenticherà tutto tranne gli addominali di Skarcoso e aspetterà fremente l'arrivo della Robbie nell'imminente Suicide Squad.


Del regista David Yates ho già parlato QUIAlexander Skarsgård (John Clayton/Tarzan), Christoph Waltz (Leon Rom), Samuel L. Jackson (George Washington Williams), Margot Robbie (Jane Clayton), Djimon Hounsou (Capo Mbonga), Jim Broadbent (Primo ministro) e Ben Chaplin (Capitano Moulle) li trovate invece ai rispettivi link.


Per il solito angolo della curiosità, pare che Emma Stone abbia rifiutato il ruolo di Jane e che Jessica Chastain vi abbia rinunciato a causa dei ritardi nelle riprese, mentre Alexander Skarsgård ha strappato quello di Tarzan ad attori come Henry Cavill (impegnato nelle riprese di Batman vs Superman), Tom Hardy e Charlie Hunnam. All'interno del cast era presente anche John Hurt ma alla fine le sue scene sono state tagliate e di lui è rimasta solo la voce narrante all'interno di alcuni trailer. Detto questo, se The Legend of Tarzan vi fosse piaciuto, avete solo l'imbarazzo della scelta nel recupero di film a tema, tra i quali posso segnalarvi giusto quelli che ho visto io ovvero Greystoke - La leggenda di Tarzan, il signore delle scimmie e Tarzan della Disney. ENJOY!

venerdì 22 luglio 2016

Bud Spencer Day: Non c'è due senza quattro (1984)


Il 27 giugno è venuto a mancare lo zione buono di tutti noi bimbi cresciuti negli anni '80, l'immenso Carlo Pedersoli alias Bud Spencer. Per ricordarlo, noi blogger uniti abbiamo deciso di scrollarci di dosso l'apatia estiva e salutare con un doveroso sorriso l'attore che ci ha regalato tanto divertimento. Per contribuire all'omaggio ho scelto Non c'è due senza quattro, diretto dal regista E.B. Clucher nel 1984. ENJOY!


Trama: Eliot Vance e Greg Wonder sono due scapestrati che, un giorno, vengono ingaggiati per sostituirsi a due ricconi brasiliani dei quali sono le copie sputate, onde evitare che questi ultimi vengano fatti fuori da un misterioso individuo...



Come ho detto su e come, giustamente, ha fatto anche il Dottor Manhattan in questo bellissimo post, voglio ricordare Bud Spencer col sorriso e con profonda gratitudine, magari giusto una punta di nostalgia. Quest'ultima sensazione si concretizza soprattutto nell'immagine di me bambina seduta sulle ginocchia di mio padre, che allora puzzava di fumo da far cadere (poi ha smesso quando ho compiuto 8 anni, per fortuna!), pronto ad insegnarmi a giocare a scala 40 oppure a ridere come un pazzo davanti all'ennesimo sganassone ben dato dal possente Bud al malcapitato di turno. E io, ovviamente, a ridere con lui ad ogni "SCIAFF!!" emesso da quelle manone che impattavano sulla nuca o la faccia di quei buffi scagnozzi da operetta mentre il lato più femminile della sottoscritta ammiccava con un "ah però!" davanti all'agilità di Terence Hill e i suoi occhioni blu non ancora Don Babbeizzati. Ma con tutti i film della "strana coppia" che ho visto in braccio a mio padre, perché ho scelto proprio Non c'è due senza quattro per ricordare Bud? Beh, forse perché è proprio in questo film che andrebbe ricercata l'origine della mia insana passione per i cosiddetti what if?, gli universi alternativi in cui non solo gli eventi prendono una piega diversa rispetto alla realtà conosciuta ma, soprattutto, in cui i personaggi cambiano indole e comportamento (la mia saga Marvel preferita è, ancora oggi, L'era di Apocalisse, non sto neanche a dirvi quanto abbia amato la Willow vampira malvagia di Buffy The Vampire Slayer e qui chiudo la parentesi nerd). Immaginatevi la meraviglia di una bimba: DUE Bud Spencer, DUE Terence Hill, tutti nella stessa scena e, per di più, una delle due coppie che agisce in modo diametralmente opposto rispetto al dinamico duo tutto sganassoni e allegria. Praticamente, Natale in anticipo! Antonio e Bastiano, questi i nomi dei doppioni aristocratici, sono infatti due meravigliosi "bulicci" (Antonio più di Bastiano, che perlomeno ha una relazione platonica con una fanciulla), pavidi e codardi come pochi, terrorizzati persino dalla loro ombra e assolutamente disgustati dai "soliti" personaggi di Bud Spencer e Terence Hill i quali, per contro, sono dei grezzoni dal linguaggio a dir poco colorito che fortunatamente riusciranno non solo a salvare capra e cavoli, guadagnando un cospicuo gruzzolone da scoppiarsi in fagioli e riso, ma anche a portare una ventata di allegria tra la servitù dei due nobiluomini.


Tra una scazzottata e un'esibizione di estrema figaggine, il clou di Non c'è due senza quattro (o, perlomeno, la scena che aspettavo fin da bambina) è lo showdown finale con i mercenari dagli altisonanti nomi di Cobra, Apocalisse, Pitone e quant'altro, all'interno del quale le due coppie si scambiano con risultati esilaranti quali le corsette "pazze" di Bastiano e Antonio, gli inaspettati colpi incassati da Spencer e Hill nei panni dei due gentiluomini e, ovviamente, il riscatto di Eliot e Greg a son di schiaffoni, con tanto di favolosa invettiva del cattivo di turno rivolta ad uno scoglionatissimo Bud, capace di sciorinare le espressioni annoiate migliori di sempre (a tal proposito, indimenticabile anche il "E a te che te ne frega?" rivolto da Bud Spencer allo psichiatra, ma lì è da ringraziare lo storico doppiatore Glauco Onorato, al quale devo altrettanto rispetto e massima stima). Riguardandolo con occhio adulto, Non c'è due senza quattro risulta più "audace" rispetto ad altri film della coppia per la quantità di parolacce utilizzate, per le vaghe caratterizzazioni omosessuali di un paio di personaggi e per la quantità di carne al vento presente (d'altronde, siamo in Brasile e pare che lì persino i chiuli parlino), apprezzata in particolar modo proprio dal festeggiato di oggi. Alle musiche mancano gli Oliver Onions, ahimé, tuttavia l'atmosfera brazileira è resa benissimo da brani a tema quali Samba é alegria e dalla Mississippi Blues suonata da Bud Spencer che, a quanto pare, nonostante nel film si esibisca in una performance quantomeno "finta", il sassofono lo sapeva suonare davvero e anche il pianoforte: indubbiamente, a vederlo ballare a ritmo di musica guidando uno stuolo di camerieri indiavolati, assieme alla risata è arrivata l'inevitabile lacrima e anche il pensiero di come il buon Carlo Pedersoli avesse non due, neppure quattro, ma ben mille facce tutte da scoprire. Alcune di esse potete scorgerle nei post dei colleghi blogger, per le altre lascio a voi l'onore, d'altronde si sa che Chi trova un Bud Spencer trova un tesoro!


Bud Spencer è già comparso sul Bollalmanacco nei panni di Diomede, detto Dio, in Quattro mosche di velluto grigio!


Ecco la rassegna completa per il Bud Spencer Day:

WhiteRussian - Bomber
Combinazione Casuale - Lo chiamavano Buldozer
Non c'è paragone - Pari e dispari + Altrimenti ci arrabbiamo
Cuore di celluloide - Lo chiamavano Trinità 
Director's Cult - Io sto con gli ippopotami
GiocoMagazzino - Il soldato di ventura
In Central Perk - Cantando dietro i paraventi
Solaris - I due superpiedi quasi piatti

Aggiungo anche ai link quelli da leggere assolutamente di:

Aislinn
I 400 calci



giovedì 21 luglio 2016

(Gio)WE, Bolla! del 21/7/2016

Buon giovedì a tutti! Questa è l'ultima settimana in cui potrò ragguagliarvi sulle uscite savonesi, visto che il Multisala sarà in ferie da lunedì fino al 10 agosto. Subentrerà quindi il (Gio)WE, Bolla! del Diludendo, in cui mi lamenterò dei film che vorrei guardare e che sarò costretta a perdere... ENJOY!


Star Trek Beyond
Reazione a caldo: For Fans Only
Bolla, rifletti!: Lascio ovviamente la visione del film prodotto da J.J. Abrams a chi di Star Trek ha fatto una ragione di vita e anche ai fan del povero Anton Yelchin, strappato al cinema troppo presto. Le critiche d'oltreoceano parlano di un gran bel film quindi godetevelo (prima che lo tolgano, almeno a Savona!)!

mercoledì 20 luglio 2016

Harry Brown (2009)

Seguendo la Gilgunmania che mi ha colta in questo periodo, ho deciso di guardare Harry Brown, diretto nel 2009 dal regista Daniel Barber.


Trama: l'ex Royal Marine Harry Brown, da poco vedovo, decide di vendicare l'amico ucciso da un gruppo di giovani delinquenti che terrorizzano gli abitanti di un quartiere popolare.


Giovinastri!! Ve lo buco 'sto sacchetto di droga!! Un film come Harry Brown potrebbe venire riassunto in queste sdegnate esclamazioni se non fosse che, come accade per il 90% delle pellicole a tema "vendetta", la questione viene presa molto più sul serio di così e se continuassi ad usare questo tono rischierei di vedermi arrivare a casa Michael Caine armato di tutto punto e deciso a farmi fuori. Approfondendo maggiormente il concetto, Harry Brown è un angosciante film di denuncia sul degrado della periferia inglese, al confronto della quale il mitico Bronx pare essere un parco giochi e Scampia la versione napoletana di Gardaland; già ne avevo avuto sentore guardando Attack the Block e anche stavolta la sceneggiatura di Gary Young dipinge un luogo dove non esiste legge, all'interno del quale dei ragazzi quasi non ancora maggiorenni fanno il bello e il cattivo tempo passando le giornate tra scippi, spaccio, violenze sessuali e disgustosi riti d'iniziazione all'interno di bande che, neanche a dirlo, sono una costola deviata di quelle formate da genitori/zii/parenti malavitosi. Insomma, in questi sobborghi la vita di giovani mammine e vecchi in pensione è praticamente un inferno in quanto i giovinastri sembrano amare prendere di mira proprio loro, forse spinti dagli sguardi carichi d'indignazione tributati al loro indirizzo, ed è quindi normale che ad un certo punto qualcuno sbrocchi e cerchi di farsi giustizia da sé. In particolare, il povero Harry Brown raccoglie tutte le frustrazioni derivanti dalla recente vedovanza e dalla morte dell'amico per mano di suddetti giovinastri e le focalizza giustamente sul branco di mocciosi delinquenti che terrorizza il quartiere, in virtù del suo passato di Royal Marine: se la polizia, come da copione, ha l'utilità di un porchettaro davanti alla moschea, ci pensa il vecchio Harry Brown ad educare la teppa a son di rivoltellate nelle gengive e commoventi gesti di altruismo. Che poi i ragazzini dovranno aspettare di reincarnarsi per cominciare a mostrare un po' di giudizio e mettere in pratica gli insegnamenti di Harry Brown è un altro paio di maniche ma tanto, se una causa è persa in partenza c'è poco da fare.


In tutto questo, nonostante il tono ironico usato finora, posso dire onestamente che Harry Brown è un film gradevole, ben diretto, cupo e violento quanto basta per tenere desta l'attenzione dello spettatore e interessante per quel che riguarda la scelta delle location, sebbene il messaggio veicolato dalla pellicola sia di un fascismo quasi imbarazzante (ma non mi pare il caso di addentrarmi in discorsi relativi a realtà sociali che non conosco quindi piantiamola qui). Passando ad argomenti più terra terra quindi più gestibili dalla sottoscritta, direi che Michael Caine è abbastanza credibile nei panni del giustiziere dell'ospizio: fortunatamente, la sceneggiatura non esagera (non troppo almeno) nel rendere protagonista il personaggio di atti di supereroismo ultraviolento e il bravissimo attore cerca anche di scavare nella psiche di Harry Brown, mostrandocelo vulnerabile, abbattuto, persino commovente a tratti. Anche il resto del cast non è male. La palma d'oro spetta agli angoscianti ragazzini dall'accento semi-incomprensibile (tra i quali c'è tale Ben Drew, ovvero il rapper Plan B, che canta anche un brano nei titoli di coda. Io non lo conoscevo ma magari chi legge...) che bulleggiano per tutto il film sputando letteralmente in faccia agli sfigatissimi poliziotti mentre il siparietto allucinante tirato su dalla strana coppia Sean Harris/Joseph Gilgun è la giusta concessione weird ad una pellicola anche troppo seria ed ancorata alla realtà. A tal proposito, visto che ho guardato Harry Brown giusto per Gilgun e sarebbe quindi assurdo liquidare la cosa con una breve citazione, mi tocca affermare con tristezza che 'sto bel ragazzo questa volta è stato conciato come un Nongiovane drogato, conseguentemente non si può guardare e almeno per quel che lo riguarda la visione di Harry Brown è stata un diludendo; sempre meglio di un Sean Harris che sembra il cugino tossico di Voldemort ma tanto poco danno, il minutaggio di presenza è davvero scarso purtroppo. Sarà per il prossimo film. Vi capitasse di incappare in Harry Brown dategli comunque un'occhiata, potrebbe piacervi.

Perché?? T___T
Di Michael Caine (Harry Brown), Emily Mortimer (D.I. Alice Frampton), Sean Harris (Stretch) e Joseph Gilgun (Kenny) ho già parlato ai rispettivi link.

Daniel Barber è il regista della pellicola. Inglese, ha diretto anche un altro lungometraggio, The Keeping Room.


David Bradley interpreta Leonard Attwell. Famoso per avere interpretato il custode Gazza nei film dedicati a Harry Potter, lo ricordo per altre pellicole come L'esorcista - La genesi, Hot Fuzz, Captain America - Il primo vendicatore e La fine del mondo, inoltre ha partecipato a serie quali Doctor Who, The Strain e Il trono di spade. Ha 74 anni e un film in uscita.


Charlie Creed-Miles, che interpreta lo sbirro Hicock, ai tempi de Il quinto elemento era David, giovanissimo assistente di Padre Vito Cornelius mentre Jack O'Connell, che interpreta Marky, era già stato un ragazzino problematico nel terrificante Eden Lake. Se Harry Brown vi fosse piaciuto recuperate i vari "Giustizieri della notte", Viaggio in paradiso e Carter. ENJOY!


martedì 19 luglio 2016

Il treno (1989)

Il mio amico Ale me ne parla fin dalla notte dei tempi, quindi ho colto l'occasione di una calda serata estiva per guardare Il treno (Beyond the Door III), diretto nel 1989 dal regista Jeff Kwitny.


Trama: un gruppo di ricercatori americani arriva in Jugoslavia per studiare i riti del luogo. Loro malgrado, vengono coinvolti in una sorta di rituale satanico e per fuggire al loro destino salgono su un treno, finendo di fatto dalla padella alla brace...


Siccome non sono riuscita a capacitarmi di avere guardato una roba così brutta, nonostante Ale mi avesse messa in guardia decenni fa, ho passato il tempo necessario a riavviare il cervello cercando le scarsissime notizie reperibili in rete su Il treno e facendo così la conoscenza di tal Ovidio G. Assonitis. Costui è stato produttore di una caterva e mezza di film passati spesso in TV, quali Piranha Paura (opera prima di un certo James Cameron, avete presente?), Tentacoli e un paio di sequel di American Ninja, nonché il regista di Chi sei?, una sorta di nostrano emulo de l'Esorcista, quindi non proprio l'ultimo dei belinoni. Un giorno del 1989 mi immagino quest'uomo svegliarsi e decidere di riunire mestieranti italiani, jugoslavi e americani per giocare un'incredibile supercazzola agli spettatori e deliziarli con l'ennesimo sequel di una trilogia inesistente, mescolando suggestioni da horror a base di riti demoniaci per i primi cinque minuti per poi attaccare un infinito pippone incentrato su un treno inarrestabile. L'amok train. Il treno che non lo fermi manco con le cannonate, capace di superare indenne barricate di camion, foreste, fiumi, tentativi di sabotaggi interni e financo i barbatrucchi della famosa intelligence jugoslava solo per far sì che il Diavolo possa farsi la sua copulata in pace. Ma vi rendete conto di cosa diamine ho visto? Un film talmente di serie Z che non ci sono neppure i soliti dialoghi trash a risollevare il tutto, dove l'unico momento davvero WTF (non che il resto della pellicola ne sia privo, eh) arriva soltanto poco prima del finale, incarnato in un favoloso santo protettore delle vergini destinate al Maligno, "costretto" a deflorarle onde spernacchiare Satana, e dove i personaggi sono talmente scoglionati all'idea di vivere una simile, sconclusionata vicenda, che alla fine uno si suicida senza un perché, ridendo come un povero demente. Avessero seguito tutti il suo esempio mi sarei risparmiata una bella camurrìa.


La cosa divertente de Il treno non è tanto guardare il film in sé, quanto leggere le recensioni on line, soprattutto quelle d'oltreoceano. A quanto pare, col tempo Il treno è diventato un piccolo cult, apprezzato (giuro) per la fotografia (e questo dimostra quanto me ne capisca di cinema visto che a me è sembrato di guardare un filmino amatoriale ma considerate anche che la qualità della mia versione era quella di Youtube) e per il gusto del gore. Personalmente, ho trovato pregevole giusto una sequenza particolarmente allucinata in cui viene mostrata quella che penso fosse la versione satanica della madre della protagonista, un tripudio di blasfemia che avrebbe potuto far invidia a La tana del serpente bianco di Ken Russell, per il resto non posso negare che, interminabili scene di treni in corsa a parte, qualche scenetta splatter ci sia: gente tagliata in due, teste che esplodono, altre che si disfano in un trionfo di vermi, persone che vengono decapitate nei luoghi più improbabili ed altre amenità potrebbero fare felici i cultori dell'effetto speciale artigianale ma non necessariamente d'accatto. Stenderei invece un velo pietosissimo sugli attori. Bo Svenson è sufficientemente laido e i caratteristi ingaggiati per il ruolo dei popolani satanisti hanno il loro perché, soprattutto la vecchia strega che si diverte a ravanare nella patata delle povere ragazze per testimoniare la loro purezza (vecchia che mi ha ricordato un sacco i deadites de La casa), ma i fanciulli in pericolo sono uno più svogliato e cane dell'altro, a partire dall'insipida e scazzata protagonista: menzione particolare all'attore che, vedendo morire amici bruciati e fidanzate liquefatte, non cambia espressione manco a morire, come se si fosse trovato davanti un tubetto di dentifricio spremuto male, al limite. Altro plauso va ai realizzatori della versione internazionale che si trova facilmente su Youtube: l'idea di non sottotitolare i dialoghi in jugoslavo, componenti un buon 40% della pellicola, è stata sicuramente vincente, bravi! Ma tanto chissene, gente: avrete mica intenzione di seguire il mio esempio e salire su Il treno? Brrrrividi!

Jeff Kwitny è il regista della pellicola. Americano, ha diretto altri film come Lightning in a Bottle e Iced e ha anche lavorato come sceneggiatore.


Bo Svenson interpreta il Professor Andromolek. Svedese, ha partecipato a film come Quel maledetto treno blindato, Kill Bill - Volume 2, Bastardi senza gloria e a serie come Flipper, Missione impossibile, Magnum P.I. e La signora in giallo. Anche produttore, regista e sceneggiatore, ha 75 anni e cinque film in uscita.


Il titolo originale del film, Beyond the Door III, è stato utilizzato per sfruttare il successo dei film Chi sei? e Shock, rititolati all'estero, rispettivamente, Beyond the Door e Beyond the Door II nonostante non c'entrassero nulla l'uno con l'altro; se Il treno vi incuriosisse (non credo potrebbe mai piacere ad anima viva un simile film) provate a recuperarli! ENJOY!

domenica 17 luglio 2016

Keyhole (2011)

Non chiedetemi perché ma qualche giorno fa ho scelto consapevolmente di guardare Keyhole, diretto e co-sceneggiato nel 2011 dal regista Guy Maddin. Seguirà post brevissimo e totalmente clueless.


Trama: un gruppo di malviventi braccati dalla polizia si asserraglia con un ostaggio all'interno di una casa. Il loro capo, Ulysses, arriva all'improvviso con una ragazza semi-annegata, deciso a cercare la propria moglie che dovrebbe trovarsi al piano superiore di quella stessa casa.



A detta di Guy Maddin, Keyhole è un film che andrebbe visto tre volte prima di trovare un senso e capirlo. Già da questa dichiarazione del regista avrete intuito che Keyhole è uno di quei film bellissimi ed incredibilmente artistici, d'"avanguardia", capaci di prostrare a terra lo spettatore medio quale io sono e farlo sentire inadeguato e mancante nei confronti della settima arte tutta. Capire non solo la trama di questa pellicola ma anche e soprattutto la frammentazione di tempo e luogo che la caratterizza richiederebbe infatti un'attenzione certosina, la volontà di esaminare ogni fermo immagine e il tempo di riguardarla da capo per ben più delle tre volte consigliate, tutti elementi di cui io, fatalmente, manco. Quindi, cosa mi è rimasto di Keyhole? Boh, andiamo a sentimento. Ciò che ho percepito io è l'essenza di un incubo surreale fatto di sensi di colpa ed occasioni perdute, con un novello Ulisse (appunto) che cerca di tornare a casa pur avendo quasi dimenticato i volti dei figli e della moglie, troppo impegnato con la sua vita criminale. I personaggi che vengono mostrati sono probabilmente i fantasmi di persone morte da tempo, alcuni più consapevoli di altri della propria condizione, tanto da fare distinzione tra loro e gli spettri che infesterebbero la casa; tra questi ultimi ci sono sicuramente Calypso, che invece di essere una bella ninfa è un vecchio orripilante tenuto in catene nonché padre di Hyacint, la moglie che Ulysses cerca invano e che è tenuta prigioniera proprio dal laido genitore (o forse no), e la ragazza cieca che Ulysses porta a casa, quasi sicuramente morta annegata dopo un dissidio col figlio. Questi vivi che vivi non sono e i morti che non si rendono conto di esserlo vagano per tutto il film come anime in pena, disperatamente bisognosi di qualcosa che neppure loro sanno cosa sia oppure condannati a ripercorrere gli errori commessi in vita, generando nello spettatore un senso di frustrazione che non può essere attribuibile solo alla natura ermetica della pellicola. La casa in cui si muovono, colma di elementi dissonanti (non vi dico ad un certo punto cosa compare nelle pareti...) e frutto di una scenografia fatta principalmente di ambienti claustrofobici, è praticamente un tunnel degli orrori privo di un inizio o di una fine, dotata di una struttura in perenne mutamento e persino di un sotterraneo che somiglia tanto all'Inferno. La linearità della trama viene stravolta di continuo da flashback, visioni, dejà vu e allucinazioni mentre il punto di vista della narrazione si alterna tra quello di Ulysses, quello di Calypso (che all'inizio credevo fossero la stessa persona) e persino quello del figlio di Ulysses, tutti stratagemmi atti a creare un caleidoscopio di eventi difficili da ricostruire, immersi in una splendida fotografia in bianco e nero che conferisce al film un sapore quasi espressionista. E qui direi che sarebbe il caso di fermarmi, rischierei di scrivere delle stupidaggini. Se ve la sentite di raccogliere la sfida e accingervi alla triplice visione di Keyhole fatemi sapere com'è andata, altrimenti tentate l'esperienza di guardarlo almeno una volta, potreste anche rimanerne estasiati, chissà!


Jason Patric (Ulysses), Isabella Rossellini (Hyacint) e Udo Kier (Dr. Lemke) li trovate ai rispettivi link.

Guy Maddin è il regista e co-sceneggiatore della pellicola. Canadese, ha diretto film come Dracula: Pages from a Virgin's Diary e La canzone più triste del mondo. Anche attore, produttore e compositore, ha 60 anni.


Se il film vi fosse piaciuto... mah, recuperate le altre opere di Guy Maddin, credo che uno stile così particolare sia solo suo! ENJOY!

venerdì 15 luglio 2016

Lockout (2012)

E fu così che un giorno mi ritrovai a vedere Lockout, tamarrata galattica diretta nel 2012 dai registi James Mather e Stephen St. Leger, prodotta  e co-sceneggiata dal buon Luc Besson. Il perché lo trovate nel post.


Trama: incastrato per aver rubato una valigetta contenente segreti di stato, Snow viene condannato a trent'anni da scontare in sospensione criogenica all'interno di un carcere di massima sicurezza nello spazio. Quando all'interno del carcere scoppia una rivolta e la vita della figlia del presidente viene messa in pericolo, Snow viene "graziato" e costretto ad improvvisarsi eroe per salvarla...


La fangirlitudine
Quando mi fisso su qualcosa è la fine, purtroppo. Dopo la prima puntata di Preacher il mio cuoricino di fangirl ha scoperto l'inglesotto Joseph Gilgun e da allora è stato aMMore a prima vista, con conseguente desiderio di recuperare il recuperabile su questo particolare figuro (non ho detto figo, eh. Figuro.). Il recupero, ahimé, verte soprattutto sulla serie TV Misfits e sul mix di film e miniserie targato This is England, cosa che richiederà un po' di tempo, ma Gilgun ha avuto modo di partecipare anche ad un paio di film tra cui questo e un altro paio di pellicole che dovrei guardare prossimamente. Stavolta diciamo che è andata bene ma non benissimo: effettivamente il buon Joseph qui ha un ruolo abbastanza consistente, per quanto limitato al minacciare la povera Maggie Grace e concupirla uccidendo gente a destra e manca, per giunta il make up col quale l'hanno imbruttito è particolarmente fantasioso, ma Lockout in sé non è proprio uno di quei film da vedere a tutti i costi (tra l'altro ritrovarsi a parteggiare per uno psicopatico non ha giovato al mettere in prospettiva l'intera vicenda, insomma). Trattasi in soldoni di un action "alla Bruce Willis" con Guy Pearce al posto dell'adorato pelatone, nel quale lo stereotipato personaggio duro e chiacchierone è costretto a scontrarsi contro non meno di un centinaio di bruti violenti, con l'aggiunta di quel tocco spaziale-zamarro che fa molto Luc Besson. Come dite? Tutto ciò vi ricorda qualcosa, diciamo un 1997: fuga da New York? Beh, a Carpenter sì, tant'è che ha fatto causa per plagio a Besson e soci e ha pure vinto. Ma fingiamo di non aver scritto l'ultima riga e continuiamo. A far da corollario ci sono degli alti papaveri che vanno dall'ironico/compiacente all'ironico/stronzo mentre l'eroina di turno è una figlia di papà stranamente non viziata ma anche troppo idealista, che nel corso del film rischierà di venire violentata o uccisa più di una volta, cosa che la porterà inevitabilmente a riconsiderare i suoi alti ideali e a vivere come una fanciulla normale (leggi: che l'eroe possa portarsi a letto) mentre i cattivissimi carcerati sono tutti delle brutte facce intercambiabili, eclissati dall'indubbio carisma del folle personaggio di Gilgun.


Rispetto ad altri film simili, Lockout è giusto un pelo più fantascientifico e violento, piuttosto specifico per quel che riguarda alcune operazioni mediche che potrebbero spingere i più sensibili a voltarsi un attimo dall'altra parte (io ve lo dico, c'entrano occhi ed aghi. Lettori avvisati...) e, neanche a dirlo, da facepalm per quanto concerne l'incredibile fortuna dell'eroe e dell'eroina e l'ancor più incredibile noncuranza per il resto del cast: ingegneri vengono falciati senza pietà, cittadini vengono crivellati di colpi a causa del grilletto facile della polizia e, soprattutto, detenuti vengono usati come cavie da laboratorio causando giusto un'alzata di sopracciglio a Pearce e un brividino di dispiacere alla Grace. Passando alla realizzazione, direi che George Lucas (seguendo le orme di Carpenter) avrebbe potuto tranquillamente citare per plagio i registi e gli sceneggiatori di Lockout visto il finale praticamente identico a quello del primo Guerre stellari, un bailamme di navicelle spaziali, droni e bombe che vanno ad aggiungersi al florilegio di esplosioni di cui è costellato il film, dall'inizio alla fine. Se poi vi chiederete, mentre scorrono i titoli di coda, il significato della valigetta alla quale tutti sembrano così interessati e che costituisce il fulcro iniziale della trama, sappiate che probabilmente Besson e soci sarebbero costretti a dare dei soldi anche a Tarantino oltre che a Lucas, visto che tutti la guardano contenti come Jules in Pulp Fiction ma nessuno ha la bontà di spiegare allo spettatore il motivo di tutto 'sto casino. Beh, io invece ve l'ho spiegato perché ho scelto di guardare Lockout e vi direi che se non siete stati colti dalla mia stessa Gilgunmania potete anche bypassare e cercare qualche film più impegnativo e meno supercazzola.


Di Guy Pearce (Snow) e Peter Stormare (Scott Langral) ho già parlato ai rispettivi link.

James Mather è il co-regista e co-sceneggiatore della pellicola, per ora al suo primo e unico lungometraggio. Irlandese, lavora principalmente come direttore della fotografia, per esempio in film come Frank.
Stephen St. Leger è il co-regista e co-sceneggiatore della pellicola, per ora al suo primo e unico lungometraggio. Irlandese, lavora principalmente come assistente alla regia, per esempio in serie come Vikings.


Maggie Grace interpreta Emilie Warnock. Americana, la ricordo per film come The Fog - Nebbia assassina, The Experiment, Breaking Dawn - Parte I e II, inoltre ha partecipato a serie come CSI - Miami, Cold Case e Lost. Anche produttrice, ha 33 anni e quattro film in uscita.


Vincent Regan interpreta Alex. Inglese, ha partecipato a film come Giovanna D'Arco, 300, Ghost Rider - Spirito di vendetta e Biancaneve e il cacciatore. Ha 51 anni e quattro film in uscita.


Joseph Gilgun interpreta Hydell. Inglese, meraviglioso Cassidy della serie Preacher (della quale parlerò appena finita la prima stagione), ha partecipato a film come This Is England, Harry Brown, Pride, The Last Witch Hunter - L'ultimo cacciatore di streghe e ad altre serie come This is England '86, This is England '88, Misfits e This is England '90. Ha 32 anni e due film in uscita.


Se vi state chiedendo dove l'avete già visto sappiate che Lennie James, che interpreta Harry Shaw, è l'ammorbante Morgan della serie The Walking Dead. Detto questo, se Lockout vi fosse piaciuto recuperate 1997: Fuga da New York e Fuga da Los Angeles. ENJOY!

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