martedì 31 gennaio 2023

Lupin III VS Cat's Eye (2023)

 Venerdì è uscito su Amazon Prime Video il film Lupin III VS Cat's Eye (ルパン三世VSキャッツ・アイ), diretto dai registi Hiroyuki Seshita, Kôbun Shizuno e Keisuke Ide. Potevo forse lasciarmelo scappare?


Trama: quando un'organizzazione neo nazista prende di mira le opere del pittore Michael Heinz, gli obiettivi di Lupin III e della banda Occhi di Gatto li portano a uno scontro frontale...


Lupin III VS Cat's Eye
è un'opera creata appositamente per il mercato dello streaming, nata per festeggiare sia i 50 anni "televisivi" della creatura di Monkey Punch che i 40 anni delle gattine create da Tsukasa Hojo. Che io sappia (ma potrei sbagliarmi, in quanto sono più vecchia delle Cat's Eye e ormai la mia memoria fa cilecca) i due gruppi di personaggi non si erano mai incontrati, almeno nei media animati, però l'idea non è poi così peregrina, visto che si tratta, in entrambi i casi, di ladri. Certo, le Cat's Eye hanno sempre un obiettivo ben preciso, ovvero rubano solo le opere del pittore Michael Heinz, il papà delle tre belle fanciulle, mentre Lupin e soci non fanno favoritismi e rubano qualunque cosa capiti loro a tiro ma, poiché pare che questo Heinz fosse un pittore piuttosto famoso, nonché prolifico, era destino che, prima o poi, i cammini delle due bande si sarebbero incrociati. Ebbene, questo incontro è avvenuto negli anni '80, epoca in cui è ambientato Lupin III VS Cat's Eye e, senza addentrarmi troppo nello spoiler per chi non avesse ancora guardato il film, l'oggetto del contendere è un trittico di Heinz che nasconde più di un segreto e che per questo viene bramato anche da un'organizzazione neo nazista i cui trascorsi sono legati non solo al pittore, ma anche al passato di Lupin III. A livello di trama, la sceneggiatura del semi-esordiente Shuji Kuzuhara riesce in qualche modo ad unire i due universi narrativi senza troppe sbavature e senza snaturare le personalità dei singoli personaggi, creando un'avventura dinamica e divertente, dalle caratteristiche comuni a entrambe le serie, e utilizzando come trait d'union non già Sheila/Hitomi, come si evincerebbe dalla locandina, quanto piuttosto Tati/Ai. Quest'ultima viene letteralmente messa al posto delle mille ragazzine (Clarice, Letizia, Ami, ecc.) diventate co-protagoniste di alcune delle opere più conosciute legate al franchise di Lupin III e, come accade ogni volta, serve a smussare un po' la natura criminale di Lupin fornendogli un'obiettivo più "nobile", più da "Superhero"; non è uno spoiler né una sorpresa, infatti, scrivere che il "VS" del titolo originale diventerà un "feat." nel giro di mezz'ora di film, di conseguenza non servirebbe nemmeno parlare di occasione sprecata anche se, diciamolo pure senza troppi peli sulla lingua, trattasi proprio di questo.


Lasciando perdere il fatto che Lupin III VS Cat's Eye si concentra più sui personaggi di Hojo che su quelli di Monkey Punch, con conseguente riduzione del tempo di presenza di questi ultimi (Jigen, Goemon e Fujiko compariranno in totale mezz'oretta scarsa), ciò che da fan mi ha urtata a dismisura è vedermi agitare davanti agli occhi la promessa di una versione più hard boiled di Lupin e soci, come dimostra il tesissimo confronto finale col villain di turno, e scoprirla ridotta a un "non lo famo ma lo dimo" rappresentato dalla comparsa di Jigen e Goemon completamente coperti di sangue dopo una battaglia mai mostrata (!!!). Qui lo dico e qui lo nego, Lupin III VS Cat's Eye a livello di gente ferita male è quasi al pari di un'opera di Koike, e tutta questa potenzialità sprecata solo per ridurre Lupin a un rottame, quasi a mo' di punizione per essere "cattivo" mentre le Cat's Eye sono buone, mi ha messo addosso un dispiacere impossibile da sedare solo con la consapevolezza che, finalmente, Zenigata ha il ruolo di intraprendente e capace ispettore che gli spetterebbe da tempo (mentre Matthew/Toshio ci fa la figura del minchione. Ma nei miei ricordi non era tanto diverso...). A tal proposito, mi avrebbe fatto inoltre piacere che le caratteristiche ed abilità delle singole sorelle Kitsugi andassero ad amalgamarsi/cozzare con quelle dei membri della banda di Lupin, mentre invece l'interazione tra i due gruppi, al di fuori di Lupin e Ai, è praticamente nulla e se non è uno spreco questo non so davvero cosa sia! Un'altra cosa che personalmente non ho apprezzato, ma lì trattasi di gusti e quindi passabili di venire contestati con facilità, è il character design. Riconosco che sia mille volte meglio un design comune a tutti i personaggi piuttosto che quell'orribile accozzaglia di stili che mi sono subita guardando i crossover con Detective Conan, però mi fa impressione vedere Lupin e soci con quei nasi a patata e quei busti e braccia tagliati con l'accetta; tanto quanto, Goemon mi diventa ancora più belloccio, non fosse per quei pettorali alla Toriyama, ma Lupin è davvero improponibile e Fujiko, per quanto bella bella in modo assurdo, non sembra nemmeno lei. Quanto a Jigen, l'unica cosa che ho apprezzato di questa rigida e sciapa versione senza personalità del mio amato pistolero, è l'elegante gilet. Altro punto dolente, almeno per me, le animazioni, ma anche qui vale il gusto personale, visto che non amo la freddezza derivante dalla combinazione di animazioni computerizzate e disegni tradizionali, in quanto mi comunicano lo stesso senso di rigidità del character design di cui sopra. Insomma, immaginavo che Lupin III VS Cat's Eye non avrebbe incontrato i miei gusti a livello "visivo", ma non che sarei rimasta con l'amaro in bocca pensando a tutte le cose potenzialmente belle che vengono solo accennate e poi lasciate cadere a livello di trama, quindi per quanto mi riguarda il giudizio è una bocciatura con tristezza annessa e la speranza che, in futuro, possano riproporre un crossover come questo con tutti gli aggiustamenti del caso. I want to believe!

Hiroyuki Seshita è il co-regista della pellicola. Giapponese, ha diretto film come Blame! e Godzilla - Il pianeta dei mostri. Anche produttore, ha 56 anni.


Kôbun Shizuno
è il co-regista della pellicola. Giapponese, ha diretto film come Ken il guerriero - La leggenda del vero salvatore, Ken il guerriero - La leggenda di Toki, Detective Conan: L'undicesimo attaccante, Godzilla - Il pianeta dei mostri e serie quali Elfen Lied. Anche animatore, ha 50 anni. 


Keisuke Ide
è il co-regista della pellicola. Giapponese, anche animatore, ha diretto episodi della serie Levius



venerdì 27 gennaio 2023

Bolla Loves Bruno: Hudson Hawk - Il mago del furto (1991)

Pensavate che avrei rinunciato al progetto Bolla Loves Bruno? Tranquilli, mi ero solo bloccata per la difficoltà di reperire questo Hudson Hawk - Il mago del furto (Hudson Hawk), diretto nel 1991 dal regista Michael Lehmann e co-sceneggiato nientemeno che da Bruce Willis.


Trama: dopo anni passati in carcere, il ladro Hudson Hawk esce di prigione solo per venire costretto, da un complotto che coinvolge mafia, CIA e una coppia di squinternati ricconi inglesi, a ricorrere nuovamente alle sue "arti"...


Hudson Hawk
era uno di quei film che passavano spessissimo in TV quando ero ragazzina ma devo averlo visto solo una volta, e persino di sfuggita, perché ricordavo ben poco della trama e delle sequenze. La cosa è davvero strana, così come è strano che Hudson Hawk, dopo una sola visione, non sia diventato uno dei miei film preferiti di bambina, vista la sua natura cartoonesca e folle, che rende difficile incasellarlo in un genere e, tra le altre cose, fa capire perché la maggior parte delle persone lo odi. Hudson Hawk, innanzitutto, nasce da un'idea raccontata nello stesso film (quella del vento proveniente dal lago Michigan, chiamato  "The Hawk", che è diventato Hudson Hawk quando il co-sceneggiatore Robert Kraft si è ritrovato proprio sulle rive del fiume newyorkese a combattere contro sferzanti folate) e sviluppata da Kraft e Bruce Willis quando quest'ultimo non era ancora famoso, dapprima in forma di canzone e poi, una volta ottenuti fama e denaro, trasposta in sceneggiatura con l'ausilio di Steven E. de Souza (lo sceneggiatore di Trappola di cristallo) e Daniel Waters (quello di Schegge di follia); non è difficile immaginare come la "mitologia" del ladro Hudson Hawk e del suo compare Tommy fosse esile come un giunco, e la bellezza di quattro menti a ricamarci sopra aggiunta alla tendenza di Willis ad improvvisare sul set e aggiungere di continuo idee e proposte in fieri ha, probabilmente, contribuito alla sua natura schizofrenica. Quello che doveva essere un omaggio ai ladri "classici" del cinema e alle screwball comedies si è ritrovato sicuramente privo della classe dei primi e della "follia centrata" delle seconde, arrivando ad assomigliare più a una parodia di Mel Brooks o di David Zucker, dove un ladro assurdamente figo e piacione (nonché infallibile) è costretto ad affrontare situazioni surreali e nemici talmente sopra le righe che Richard E. Grant, appunto impegnato nei panni di uno di loro, probabilmente sputerebbe in faccia a chiunque ammetta di essersi goduto il film. Brutte persone tra le quali rientro anche io, e mi spiace per l'amato Richard, di cui pur capisco i sentimenti visto che il ruolo di Darwin sembra scritto apposta per Nicolas Cage.


Infatti, con tutti i difetti che ha e che non stenterei a riconoscere davanti a chiunque me li sottolineasse, Hudson Hawk è un film per me divertentissimo, dal ritmo serrato, retto quasi interamente da una coppia di attori che se l'è goduta un mondo e da comprimari tanto assurdi quanto esilaranti, che hanno messo da parte qualunque genere di vergogna e si sono prestati alle esigenze di copione più stupide. Hudson Hawk è la versione live-action di un cartone animato della Warner, all'interno del quale i protagonisti giocano consapevolmente con la follia che lo permea, arrivando a un passo dallo strizzare l'occhio al pubblico, e prendere sul serio quello che passa sullo schermo (nonostante la serietà con cui, per dire, Willis e la MacDowell portano avanti la storia d'amore tra i loro personaggi, spesso degna dei classici più blasonati, nonostante la sua improbabilità) senza avere almeno un po' d'indulgenza verso l'intera operazione sarebbe sciocco e scorretto da parte dello spettatore. Anche perché c'è da dire che un paio di finezze presenti nel film scaldano il cuore. A parte il budget spropositato che si evince dagli splendidi set internazionali e dalla presenza di Dante Spinotti alla fotografia, per un'appassionata di ladri come la sottoscritta è semplicemente divino vedere Willis e Aiello (entrambi strepitosi nei loro ruoli) compiere furti trasformandoli in musicarelli vintage, ennesima dimostrazione di quanto Bruce Willis sia sempre stato qualcosa in più di un buzzurro consacrato all'action; vi sfido, inoltre, a guardare il film senza arrivare alla fine con almeno un paio di catchphrase e battute che ricorderete da qui all'eternità, e a non apprezzare la vena sadica che condanna buona parte dei partecipanti a morire male tra le risate a profusione di killer, sopravvissuti e, ovviamente, pubblico. Per quanto mi riguarda, lo guarderei già domani e sicuramente lo inserirò di diritto nel novero dei cult riscoperti troppo tardi... can you fuckin' believe it?!


Del regista Michael Lehmann ho già parlato QUI. Bruce Willis (Hudson Hawk e anche co-sceneggiatore), Danny Aiello (Tommy Five-Tone), Andie MacDowell (Anna Baragli), James Coburn (George Kaplan), Richard E. Grant (Darwin Mayflower), Sandra Bernhard (Minerva Mayflower), Andrew Bryniarski (Butterfinger), Enrico Lo Verso (Apprendista) e Leonardo Cimino (Cardinale) li trovate invece ai rispettivi link. 

David Caruso interpreta Kit Kat. Americano, lo ricordo per film come Ufficiale e gentiluomo, Rambo, I gemelli, Lo sbirro il boss e la bionda, Il bacio della morte, Session 9 e serie quali CHIPS, CSI - Scena del crimine, CSI - Miami e CSI: NY. Anche produttore, ha 67 anni e film in uscita. 


Ad interpretare Cesar Mario c'è Frank Stallone, fratello del ben più famoso SylvesterIsabella Rossellini era stata scelta per il ruolo di Anna Baragli ma, a causa di ritardi nella produzione e impegni pregressi, ha dovuto rinunciare e lo stesso vale per Audrey Hepburn, per la quale era stato scritto appositamente il ruolo di Minerva, prima che i negoziati con l'attrice fallissero miseramente. Il povero Richard E. Grant, invece, ha perso la possibilità di essere lo Sceriffo di Nottingham in Robin Hood - Principe dei ladri a causa dei reshoot richiesti dalla caotica produzione di Hudson Hawk, riguardo alla quale, per saperne di più, bisognerebbe leggere la biografia dell'attore, With Nails: the film diaries of Richard E Grant, cosa che non mi dispiacerebbe a prescindere. Hudson Hawk non ha generato sequel a parte un videogioco e, se vi fosse piaciuto il film, consiglio il recupero di The Spirit e Il quinto elemento. ENJOY!

 


mercoledì 25 gennaio 2023

Babylon (2022)

Invogliata da un trailer favoloso, domenica sono corsa al cinema a vedere Babylon, diretto e sceneggiato nel 2022 dal regista Damien Chazelle. Con oggi comincia ufficialmente la Road to the Oscar, visto che Babylon è candidato a tre statuette (Miglior Scenografia, Colonna Sonora e Costumi).


Trama: nella Hollywood di fine anni '20, grandi star e semplici mestieranti devono fare i conti con una nuova era inaugurata dall'avvento del sonoro...


Dopo l'esordio strepitoso con Whiplash avevo un po' litigato con Chazelle. Il suo La La Land, osannato da chiunque, mi aveva lasciata abbastanza tiepida nonostante l'indubbia bellezza formale, mentre di First Man non ricordo nemmeno un fotogramma. Ciò nonostante, il trailer di Babylon, dal montaggio forsennato e accompagnato da una splendida colonna sonora, mi ha attirata fin dalla prima volta che l'ho visto e lo stesso vale per il cast all star che si è piano piano svelato agli occhi dei futuri spettatori. A dimostrazione di quante speranze riponessi in Babylon, non mi sono fatta sviare né dalle stroncature praticamente unanimi di critica e pubblico, né dalla durata elefantiaca della pellicola e, a posteriori, devo dire che sono strafelice di essermelo goduto al cinema (l'unica pecca, come sempre, doppiaggio e adattamento, ma che cosa ci posso fare se a Savona è già un lusso che i film escano?) perché Babylon è diventata la mia prima folgorazione per questo 2023. Ovviamente, capisco perché possa non piacere, e per questo chiedo scusa ai miei due compagni di visione, che verranno testé tirati in ballo: nonostante entrambi abbiano dichiarato di essersi divertiti e abbiano apprezzato molti aspetti del film, il Bolluomo lo ha definito una pellicola "riservata" agli addetti ai lavori, a gente che ama il cinema e ne conosce un po' la storia, la nostra compare invece non ha saputo bene come prenderlo, in quanto troppo strano e sbilanciato nei toni della commedia o della tragedia. In effetti, Babylon è un film sul cinema, scritto e diretto da un autore che il cinema lo ama e lo vive, e tratta un periodo storico ben preciso con riferimenti a fatti ben noti e persone realmente esistite. Le vicende narrate nascono non solo dall'avvento del sonoro, che aveva fatto piazza pulita di molte star del cinema muto (inadeguate per via di una voce inadatta, in totale contrasto con l'aspetto fisico, come nel caso di John Gilbert, che ha ispirato il personaggio di Jack Conrad), ma anche dal ben più "castrante" avvento del Codice Hayes, un compendio di regole severissime atte non solo a regolare regie e sceneggiature (soprattutto per quanto riguardava sesso e violenza ma si andavano a toccare anche mille questioni morali e di "decoro", così che nulla potesse anche solo indurre in tentazione lo spettatore), ma anche la vita degli attori fuori dal set dopo anni di eccessi che il folgorante inizio di Babylon, uno schizofrenico mix di piani sequenza e raccordi di montaggio ad hoc, sbatte in faccia allo spettatore tenendo perfettamente fede al titolo. Hollywood come una Babilonia delirante fatta di orge e morti accidentali, sacrificati all'altare dello spettacolo o del piacere, completamente priva dell'aura di magia che ogni film acquista agli occhi dello spettatore facendolo sognare eppure, lo stesso, affascinante, glamour e desiderabile, come se ogni cosa orribile o scatologica facesse comunque parte dello spettacolo e, dunque, non potesse fare troppo male perché "finta". 


Passando alla critica mossa dalla mia compare, Babylon è certamente un film strano ed atipico ma, a mio avviso, rispecchia in pieno la mancanza di regole dell'epoca del muto nel momento in cui i toni della commedia grottesca la fanno da padrone, perché nella prima parte i protagonisti sono o troppo innocenti o troppo addentro agli ingranaggi del sistema per poter anche solo pensare di offrire il fianco alla disperazione (sempre presente nelle vite dei quattro personaggi principali, basti pensare alla madre di Nelly, alla famiglia perduta di Manny, al razzismo subito da Sidney, ai mille vizi e follie di Jack); con l'arrivo dei grandi cambiamenti nell'industria cinematografica muta anche il tono del film, che diventa sempre più malinconico e tragico, più lento, se vogliamo, perché "il tempo passa quando ci si diverte", ma quando cominciano i problemi inizia a pesare come piombo. La struttura di Babylon, in questo, somiglia molto a quella di capolavori Scorsesiani come Quei bravi ragazzi, Casinò o The Wolf of Wall Street, dove lo spettatore subisce il "fascino dello schifo" e viene talmente distratto dall'abbondanza di dettagli da arrivare a parteggiare persino per personaggi deprecabili e autodistruttivi come Jack o Nelly, la cui vita fatta di eccessi corre, inesorabilmente, incontro al destino di chi non è in grado di gestirsi e, soprattutto nel caso di Nelly, rovina l'esistenza di chiunque abbia la (s)fortuna di incontrarli. Anche in questo caso, giusto per continuare il parallelo con Scorsese, ci sono personaggi con un piede appena fuori dall'illusoria bellezza di Hollywood che fungono da occhio esterno pur non essendo totalmente estranei all'influsso della "Babilonia" e anche il loro destino (abbandonare il carro dei vincitori con la dignità ancora intatta o venire buttati giù a calci perché ancora non sono riusciti a capire le regole del gioco) dipende dal grado di coinvolgimento o di distacco coi quali si rapportano alla sirena del successo; in particolare, l'occhio dello spettatore viene rappresentato da quello di Manny che, in un cerchio (im)perfetto, parte come sognatore appassionato di film, si spoglia di ogni illusione nel momento in cui diventa parte integrante del business, e torna a sognare dopo anni di rifiuto quando si rende conto che, nonostante tutte le delusioni e le esperienze negative, il Cinema è una magia che si rinnova in eterno. 


In tal senso, l'unica critica vera che posso muovere a Chazelle è, forse, l'eccessiva indulgenza nei confronti dell'industria cinematografica. Nonostante venga spesso sottolineato l'orrore nascosto dietro la patina luccicante, il regista e sceneggiatore si mostra anche troppo innamorato dei suoi personaggi e li ammanta di un'aura malinconica e poetica, rendendoli rappresentanti di "bei tempi che non torneranno più" quando, razionalmente, sia Nelly che Jack hanno ben pochi aspetti positivi, salvo l'essere delle vivaci schegge impazzite che vanno contro ogni convenzione. Eppure, magia del cinema o di attori talmente in parte da essere perfetti (sì, Brad Pitt sembra quasi il doppelganger di Di Caprio in C'era una volta... Hollywood ma è comunque intensissimo, la Robbie, con quel vestitino rosso che può portare solo lei, è una dea scesa in terra a prescindere da quanto sia sfatta, il semi-esordiente Diego Calva si porta a casa un primo piano finale da applausi e un'interpretazione degna di un veterano, Jovan Adepo fa una tenerezza infinita e persino Flea è bello, ma mai quanto un P.J. Byrne che vorrei al lavoro ad urlare e bestemmiare ogni volta che qualcuno scazza), quando il film si è avviato verso la sua china tragica e triste non ho potuto fare altro che emozionarmi e piangere, passando attraverso quell'unico momento di ansia e disgusto vero che mi ha fatto pensare a un Chazelle come possibile regista horror e mi ha scosso i nervi più di quanto credessi possibile, alla faccia della bellezza barocca e della grandeur di tutto il resto di Babylon. Il film, per inciso, conferma la bravura di Chazelle come regista, sempre più a suo agio dietro la macchina da presa, con riprese ed inquadrature che annullano ogni confine tra finzione e realtà e si fanno metacinema di alto livello, fonte di interesse per gli spettatori curiosi, affiancate ad altre quasi oniriche, Felliniane, per non parlare di quel finale che sembra quasi un testamento, più che un atto d'amore. E siccome le citazioni e i rimandi non bastano mai, Chazelle omaggia se stesso con la colonna sonora jazzissima del fido Justin Hurwitz, che in qualche modo rievoca quella di La La Land soprattutto nel pezzo strappacuore intitolato Manny and Nellie's Theme (ripresa di Call Me Manny), riproposto più volte a mo' di leitmotiv, il mio preferito assieme a quella splendida Voodoo Mama che si sente già nei trailer. Mi rendo conto di avere scritto un post lungo, raffazzonato e pesante come un macigno, quindi mi taccio e vi dico l'unica cosa importante, ovvero "correte a vedere Babylon", ovviamente al cinema, perché val la pena di passare tre ore (che sembrano una) in quel magico luogo che, da sempre, veicola mille emozioni!


Del regista e sceneggiatore Damien Chazelle ho già parlato QUI. Margot Robbie (Nelly La Roy), Flea (Bob Levine), Brad Pitt (Jack Conrad), Olivia Wilde (Ina Conrad), Joe Dallesandro (Charlie/Fotografo), Lukas Haas (George Munn), Patrik Fugit (Agente Elwood), Eric Roberts (Robert Roy), P.J. Byrne (Max), Max Minghella (Irving Thalberg), Samara Weaving (Costance Moore), Katherine Waterston (Estelle), Ethan Suplee (Wilson), Tobey Maguire (James McKay) e Spike Jonze (Otto) li trovate invece ai rispettivi link.

Jovan Adepo interpreta Sidney Palmer. Inglese, ha partecipato a film come Barriere, Madre!, Overlord e a serie quali L'ombra dello scorpione. Ha 35 anni e un film in uscita. 


Jean Smart, che interpreta Elinor St. John, era la Melanie della serie Legion mentre del carismatico Diego Calva, che interpreta Manny ed è stato persino nominato al Globe, non ho mai visto nulla. Tra gli altri attori più o meno conosciuti segnalo Kaia Gerber (già nel cast di American Horror Story/Stories, qui interpreta un'attricetta), Li Jun Li (la Rose della serie L'esorcista, qui nei panni di Lady Fay Zhu) e Olivia Hamilton (interpreta Ruth Adler e, oltre ad essere la moglie di Chazelle, ha partecipato a La La Land e First Man). Emma Stone era stata scelta per il ruolo principale quando il film doveva essere una sorta di biografia della diva del muto Clara Bow ma ha dovuto rinunciare a causa dei ritardi della produzione e, quando è stata ingaggiata Margot Robbie, il suo personaggio si è distaccato maggiormente dalla fonte di ispirazione iniziale. Se Babylon vi fosse piaciuto recuperate C'era una volta a... Hollywood, La La Land, Viale del tramonto e Cantando sotto la pioggia. ENJOY!


martedì 24 gennaio 2023

The Pale Blue Eye - I delitti di West Point (2022)

Dopo Antlers, ero molto curiosa di vedere l'ultimo film diretto e sceneggiato da Scott Cooper a partire dal romanzo omonimo di Louis Bayard, The Pale Blue Eye - I delitti di West Point (The Pale Blue Eye), disponibile su Netflix da qualche giorno.


Trama: un investigatore viene ingaggiato per scoprire il colpevole di un efferato delitto commesso all'interno di un'accademia militare. Ad aiutarlo nell'ardua impresa ci penserà un giovane Edgar Allan Poe...



The Pale Blue Eye rientra senza troppi problemi in quel genere di film "solidi", dalla regia classica e sicura, la cui efficacia posa più sulle spalle degli interpreti che della trama e che, probabilmente, in futuro ricorderò per la bellezza delle ambientazioni, perfette per la stagione invernale in quanto fatte di foreste innevate, paesaggi brulli e cimiteri imbiancati. Sinceramente, mi aspettavo qualcosa di più horror, invece dopo l'ottimo e inquietante Antlers il regista Scott Cooper è tornato a tirare il freno e ha scelto di raccontare una detective story dai dettagli macabri e dai vaghi risvolti sovrannaturali, dove i defunti (e la paura della morte) giocano un ruolo fondamentale nel destino dei vivi, facendo sentire la loro influenza anche dall'aldilà. Non a caso, accanto a un anziano (??? Belin ma Christian Bale ha solo 48 anni, nel film ne parlano come se fosse decrepito!!) e ormai disilluso detective spunta, nel ruolo di assistente d'eccezione, un Edgar Allan Poe ancora solo cadetto dell'accademia militare, a mo' di nume tutelare di una trama che mescola generi assai cari allo scrittore di Boston. Tutto nasce da un apparente suicidio che, senza fare troppi spoiler, si rivelerà essere un omicidio con caratteristiche ascrivibili a qualche rituale satanico, e che minaccia di essere solo il primo commesso all'interno di un'accademia militare; l'austera atmosfera dell'istituzione, mantenuta da colonnelli e superiori, fa ovviamente a pugni con la personalità dimessa e "scapestrata" del detective Landor, il quale nel giovane Poe, altrettanto fuori posto, troverà uno spirito affine e un alleato. La trama è dunque un dipanarsi delle investigazioni dei due, che tuttavia si distaccano da quelle dei gialli tornati di moda negli ultimi tempi, perché l'attenzione dello spettatore viene sviata spesso dalle vicende personali dei protagonisti e da altri misteri apparentemente slegati dall'indagine. Inoltre, Landor è dotato di una personalità schiva e cupa e lo spettatore viene tenuto ben distante dalle sue elucubrazioni private, quindi tocca a un'inedito e ciarliero Poe fare la parte dell'entusiasta investigatore che offre dovizia di spiegazioni, mantenendo desta l'attenzione nemmeno si avesse a che fare con un giovane Sherlock Holmes.


Proprio per questo motivo succede una cosa inusuale, ovvero che a Christian Bale venga rubata spesso e volentieri la scena dall'ex Dudley Dursley Harry Melling. Quest'ultimo, con i suoi occhioni giganteschi (ma non sono i pale blue eye del titolo) e l'aspetto dinoccolato e stralunato, interpreta un ottimo Edgar Allan Poe, passando dalla superficiale eccentricità dell'inizio a qualcosa di ben più profondo e sfaccettato, quindi è naturale che spicchi. Bale è, come al solito, molto bravo, purtroppo è il suo personaggio ad essere un po' banale, passatemi il termine, in quanto trattasi dell'ennesimo detective ubriacone dal passato tragico e dalla mente brillante di cui cinema e letteratura sono pieni. Anzi, ad essere onesti tutto l'impianto di The Pale Blue Eye potrebbe rientrare sotto la definizione di "banale" (e gli aspetti esoterici della faccenda sembrano quasi inseriti a forza), non fosse per un piccolo particolare che riesce a cambiare completamente le carte in tavola e a lasciare molto soddisfatti. E poi, come ho scritto sopra, il film gode non solo di un ottimo cast di caratteristi di lusso, ma anche e soprattutto di una regia molto bella, che presta moltissima attenzione agli ambienti, sia interni che esterni. La natura selvaggia che circonda ed isola i protagonisti, con tutte le conseguenze del caso, e gli interni bui, illuminati soltanto da candele e zeppi di ombre inquietanti che sembrano sempre incombere sugli astanti, sono elementi importantissimi del racconto e, in qualche modo, ne accentuano l'atmosfera luttuosa e plumbea. Insomma, The Pale Blue Eye è uno di quei film dal sapore un po' antico, non solo perché è in costume, ma proprio per la deliberata scelta di puntare più sulla raffinatezza della ricostruzione e dell'immagine e sulle atmosfere più che sull'effettiva azione; alcuni potranno non sopportare la natura slow burn dell'opera, a me invece non è affatto dispiaciuta. 


Del regista e co-sceneggiatore Scott Cooper ho già parlato QUI. Christian Bale (Augustus Landor), Harry Melling (Cadetto Edgar Allan Poe), Simon McBurney (Capitano Hitchcock), Timothy Spall (Sovrintedente Thayer), Toby Jones (Dr. Daniel Marquis), Charlotte Gainsbourg (Patsy), Lucy Boynton (Lea Marquis) e Robert Duvall (Jean Pepe) li trovate invece ai rispettivi link.

Gillian Anderson interpreta Mrs. Julia Marquis. Indimenticabile Agente Scully della serie X-Files, la ricordo anche per film come X-Files - Il film, Scherzi del cuore, X-Files - Voglio crederci e altre serie quali Hannibal, American Gods e The Crown; come doppiatrice, ha lavorato in I Simpson, Robot Chicken, Principessa Mononoke e La collina dei papaveri. Americana, anche produttrice, regista, sceneggiatrice e compositrice, ha 55 anni e un film in uscita. 


Se The Pale Blue Eye vi fosse piaciuto recuperate Il nome della rosa, Il mistero di Sleepy Hollow e From Hell - La vera storia di Jack lo squartatore. ENJOY!

venerdì 20 gennaio 2023

Piggy (2022)

Un altro film che ha fatto furore ai festival e si è guadagnato un posto d'onore all'interno della mia watchlist su Letterboxd è Piggy (Cerdita), diretto e sceneggiato dalla regista Carlota Pereda.


Trama: Sara è una ragazza sovrappeso che viene presa in giro ed isolata dalle sue coetanee. Quando, un giorno, diventa la testimone di un orribile delitto, la sua vita prende una svolta imprevista...


Piggy è un film angosciante. Io non sono mai stata obesa e, per fortuna, non ho mai sperimentato sulla mia pelle il livello di bullismo mostrato all'interno del film di Carlota Pereda, ma ho avuto la mia bella dose di prese in giro alle elementari e alle medie, e la mia bella dose di umiliazioni alle superiori e all'università. Purtroppo, capita quando porti gli occhiali, l'apparecchio, hai le proporzioni di un cubo di Rubik e sei circondata o da splendide dee (le quali, per fortuna, erano di buon cuore o comunque intelligenti, a differenza delle "amiche" di Sara, ma accanto a loro la mia bruttezza saltava all'occhio lo stesso) o da imbecilli senza speranza, e se dovessi dire che, all'età di 41 anni, mi sono lasciata alle spalle tutte le insicurezze legate a questi "simpatici" periodi della mia vita... beh, basta solo dire che le situazioni mondane (cene, pranzi, conferenze, ecc.) in cui sono costretta ad interagire con persone che non conosco mi annientano. Questo è uno dei mille motivi per cui vedere Piggy mi ha lasciato addosso una tristezza infinita. I livelli di angoscia della protagonista non li ho mai sperimentati, ma l'odio che la poveretta prova nei confronti delle sue aguzzine, dell'ex amichetta delle elementari e persino della sua famiglia, i cui membri sono rei di non darle una mano e lasciarla sempre lì, grassa e colpevole di esserlo, è qualcosa che mi è entrato dentro al punto che, ovviamente, mi sono lasciata catturare dalla trappola psicologica di Carlota Pereda, e ho cominciato a sperare che Piggy diventasse un Carrie, solo molto più violento, viscerale e sanguinoso. In realtà, senza nulla togliere al capolavoro di De Palma e King, Piggy è molto più complesso di così, nonché più subdolo. Con tutto il bene che arriviamo a volere a Sara, ci aspettiamo che la ragazza diventi, finalmente, il mostro che tutti credono sia, affogando nel sangue i suoi aguzzini, e in questo modo abbracciamo il punto di vista di questi ultimi, a ben pensarci. La regista fa di tutto per spingerci a sperare verso questa risoluzione, ma ogni volta cambia un po' le carte in tavola, sfruttando i cliché del genere per spingere la vicenda in una direzione diametralmente opposta e aumentare ulteriormente il tormento della protagonista, le cui emozioni grezze ed alimentate dalla paura si tingono delle mille sfumature del grigio (o del rosso), senza mai essere univoche e nette.


Altro non aggiungo per non togliere il gusto della visione, ma vorrei parlare un po' della messa in scena di Piggy. Girato in un claustrofobico "formato accademico" che rende ancora più piccolo il mondo di Sara, già costretta dalla famiglia a passare buona parte della giornata all'interno della macelleria di famiglia, ubicata in un paesino rurale di pochissime anime, Piggy è anche un horror che sfrutta la luce diurna come mezzo per aumentare il disagio della protagonista e degli spettatori; in un'estate bruciata dal sole, una cosa normale come rinfrescarsi in piscina diventa per Sara un incubo che rende il suo corpo ancora più esposto e visibile, ferito dagli sguardi e dai raggi solari, costretto all'interno di un bikini impietoso. Persino il colore rosa, solitamente associato alla grazia femminile e probabilmente apprezzato dalla protagonista che ne fa largo uso, trasforma la povera Sara in un vero maialino e la fa sembrare sempre nuda, altra cosa che gioca subdolamente con la mente dello spettatore: io per prima, a un certo punto, ho pensato "figlia mia ma perché non cambi colore o stile?" per poi mordermi le mani dalla vergogna, dispiaciuta al solo pensiero di costringere una persona a vestirsi in un modo che non le piace solo per "mitigare" il giudizio altrui. Anche perché, parliamoci chiaro, Laura Galán se ne frega del suo aspetto fisico e vive con giusto orgoglio il suo momento di gloria, basta guardare il contrasto tra lo sguardo umile e dimesso della sua intensa Sara e le foto che la ritraggono raggiante e bella sulle varie passerelle dei mille festival che hanno presentato Piggy; Laura Galán ha tutta la sicurezza di sé derivante dall'essersi accettata, cosa che probabilmente le ha consentito di girare delle scene quasi "pornografiche" senza preoccuparsi del fatto che milioni di persone avrebbero visto il suo corpo bullizzato sul grande schermo, un pensiero che, per quanto mi riguarda, mi bloccherebbe in casa. Ben vengano dunque persone come lei, che possano fungere da modello per chi soffre a causa del proprio aspetto distante dai canoni di bellezza, e ben vengano film come Piggy, che scatenano nello spettatore riflessioni non banali, costringendolo anche a mettersi in discussione. 

Carlota Pereda è la regista e sceneggiatrice della pellicola. Spagnola, ha diretto The Devil's Tail ed episodi de Il segreto. E' anche produttrice.


Piggy è tratto dal corto omonimo, sempre diretto da Carlota Pereda. Si trova facilmente su Youtube e vi consiglio di guardare prima quello, poi di recuperare il lungometraggio. ENJOY!

mercoledì 18 gennaio 2023

Il Bollodromo #96: Lupin Zero (2022)

Poiché uno dei punti d'onore del mio Blog è quello di avere un Progetto Lupin III che, non si sa come, sono più o meno riuscita a tenere aggiornato salvo per le prime quattro serie (chissà, magari quando sarò in pensione...), mi sembra giusto scrivere due righe anche su Lupin Zero, serie animata uscita direttamente su internet nel dicembre del 2022 a cui, onestamente, non avrei dato un euro. Questo è uno dei motivi per cui non mi sono impegnata a fare l'ormai tradizionale recensione episodio per episodio, ed è un peccato, perché Lupin Zero è davvero uno spin-off carinissimo! Al momento la serie non è stata ancora adattata per il mercato italiano ma Anime Factory ha annunciato che la farà uscire anche da noi in futuro, quindi aguzzate occhi e e orecchie e, nel frattempo, leggete i miei affettuosi pensieri in merito. ENJOY!

AGGIORNAMENTO AL 18/01/2023: mi è appena arrivato un comunicato di Anime Factory dove si dice che da oggi, 18/01/2023, tutti gli episodi sono disponibili in lingua originale sottotitolata, in attesa della versione doppiata che arriverà a pochi mesi di distanza. È possibile guardare tutti i 6 episodi della miniserie di LUPIN ZERO su Amazon Prime Video, tramite il seguente link: https://bit.ly/LupinZero_PrimeVideo


Di cosa parla?

Lupin Zero è una sorta di prequel della serie principale e vede Lupin e Jigen in un'inedita ambientazione scolastica che serve giusto da sfondo e per contestualizzare più o meno gli anni in cui accadono le vicende narrate (gli anni '60, direi). Fulcro delle sei puntate sono i tentativi del giovane Lupin, non ancora divenuto "terzo", di trovare un cammino alternativo rispetto a quello che vorrebbero per lui il nonno, Lupin I, e il padre, Lupin II, oltre alla nascita e il consolidarsi del rapporto di amicizia tra il ragazzo e Jigen. 


Cose che mi sono piaciute

Come ho scritto all'inizio, temevo che Lupin Zero fosse una cretinata della peggior specie, invece è riuscita ad infondere al franchise un po' della freschezza che era andata perdendosi nella sesta serie, quella sì molto deludente. Vedere Lupin e Jigen alle medie è stato uno shock da cui mi sono ripresa abbastanza facilmente, considerato che le avventure che li vedono protagonisti sono incentrate essenzialmente su furti e bravate commessi da due ragazzini scapestrati, il che rende la serie molto divertente e ne vivacizza parecchio il ritmo; in sei puntate, inoltre, i realizzatori sono riusciti anche ad imbastire un'interessante trama orizzontale, legata a un paio di episodi del manga originale, e creare l'inizio di una mitologia del "terzo", un Lupin indipendente dai suoi predecessori (ma più simile al "secondo" di quanto si possa pensare). Da amante di Jigen ho trovato ovviamente molto interessante l'idea di un lupo solitario cresciuto da un padre mercenario, sballottato in giro per il mondo e costretto a crescere molto più in fretta rispetto ai suoi coetanei, che in Lupin riesce a trovare non solo un alleato ma anche una scintilla della fanciullezza perduta e uno sprone a lottare per ottenere quello che gli fa battere il cuore, a prescindere dalla sua natura (la quinta puntata mi ha commossa e mi ha messo i brividi, sono sincera). Le animazioni sono nella norma per il genere di produzione, senza infamia e senza lode, viceversa la sigla iniziale e finale sono una spettacolare botta vintaggia, soprattutto per noi italiani che non le conoscevamo, per così dire: la prima è una versione riarrangiata della storica Afro "Lupin '68", tema portante della prima serie che avrete sentito mille volte, la seconda è un po' meno conosciuta e trattasi di Rupan Sansei shudaika II, quella in cui Fujiko corre su una moto al tramonto per intenderci, una roba meravigliosa che grida "anni '60" in ogni nota. 


Cose che non mi sono piaciute

Non c'è nulla che mi abbia fatto storcere particolarmente il naso, salvo forse che avrei voluto qualche puntata in più. Dopo i 26 inutili episodi della sesta serie, averne una dozzina di Lupin Zero non mi avrebbe fatto schifo per niente. Al limite, cambiando argomento, avrei delle perplessità sulla scelta di lasciare a Jigen e Lupin, più o meno, le stesse identiche personalità delle serie ufficiali, senza grandi differenze che potessero lasciare spazio a degli sviluppi; inoltre, non ho idea di quanti anni dovrebbe avere Jigen qui (Lupin dovrebbe essere tredicenne e Jigen ripetente, forse, quindi un sedici/diciassette anni, considerato che il canon lo vorrebbe più vecchio rispetto al protagonista?), ma vederlo fumare come una ciminiera mi ha perplessa.


E quindi?

E quindi spero, per il pubblico italiano, che Lupin Zero approdi presto da noi, possibilmente senza troppe censure (sperate che rimanga fuori da Mediaset o probabilmente Lupin I lo vedrete in scena giusto per 5 minuti, tra donne nude, violenza e "sospetti" di bisessualità, mentre la puntata del condotto zeppo di whisky rischia di trasformarsi in un episodio sul the alla pesca) perché è un'opera piccolina ma deliziosa che merita di essere guardata e che potrebbe regalare delle gioie ai fan!



martedì 17 gennaio 2023

M3gan (2022)

Nonostante il boicottaggio del Multisala di Savona (questo parrebbe l'anno degli horror e loro ovviamente hanno deciso di non programmarne nemmeno uno) e l'allucinante situazione delle autostrade liguri, mercoledì sono riuscita ad andare a Genova a vedere M3gan, diretto nel 2022 dal regista Gerard Johnstone.


Trama: dopo la morte dei genitori, la piccola Cady viene affidata alla zia, una geniale programmatrice impiegata in una multinazionale che produce giocattoli d'avanguardia. Per aiutare sia la sua carriera traballante che la nipote, la donna progetta e costruisce M3gan, la perfetta compagna di giochi, che col tempo diventa anche troppo indipendente...


Dopo Violent Night (per la cronaca, visto anche questo a Genova, se qualcuno vicino al Multisala di Savona passasse di qui, ecco, riflettete un po' su quanti spettatori perdete. La sala, per entrambi gli spettacoli, era zeppa. E non ditemi che due settimane di film su Whitney Houston, con tutto il rispetto, vi hanno fruttato più incasso perché non ci crederò mai) ecco un altro thriller/horror divertentissimo visto al cinema, una di quelle opere senza troppe pretese che, affrontate con lo spirito adatto, ti riconciliano col mondo. Siccome in questo periodo ho molto bisogno di leggerezza, M3gan è stato il film giusto al momento giusto: trama semplice e senza troppi fronzoli, qualche momento WTF che non sta mai male (se dosato con parsimonia, come in questo caso), un personaggio malvagio ma divertente dalla fortissima presenza scenica, omaggi come se piovessero a tantissimi film di genere. Sbirciando qualche recensione qui e là c'è chi ha giustamente nominato Robocop, Terminator e La bambola assassina come principali fonti non solo d'ispirazione, ma anche di dichiarati omaggi per quanto riguarda intere sequenze, io ci ho visto anche molto Orphan (per l'eleganza che caratterizza Megan e il legame pericoloso che si viene a creare con Cady. E, a proposito, non mi sono dimenticata di Orphan: First Kill. Arriva, arriva) e anche parecchio Dovevi essere morta, col robot B.B. che a un certo punto smatta e diventa anche troppo protettivo nei confronti del suo padrone, per non parlare di quelle manine strangolanti sul finale. Ma, a parte questo elenco di omaggi che rischia di diventare infinito, ho apprezzato M3gan innanzitutto per il suo essere lineare dall'inizio alla fine. Nessun delirio cervellotico, solo un piccolo, improbabile nucleo familiare messo in pericolo da una minaccia chiara e palese e, al limite, qualche piccolo spunto di riflessione accompagnato da un'esilarante critica al consumismo sfrenato e al marketing che non guarda in faccia a nessuno (il picco di genialità del film è il cattivissimo finto spot in cui muore il cane a una bambina e, per consolarla, le viene regalata la versione orribile di un Furby, che "non la abbandonerà mai né le spezzerà il cuore" o qualcosa di simile. Orrore, altro che M3gan!), oltre a sottolineare il pericolo di vedere figli e nipoti sempre più alienati e distaccati dalla realtà, cresciuti da una tecnologia utile solo se la si utilizza con senno e umanità, senza che i pargoli vengano lasciati incustoditi per ore.


E questa Megan, direte voi? Beh, Megan è una villain capace di ritagliarsi un posticino nel cuore degli spettatori e non potete immaginare quanto, quanto mi piacerebbe vederla duettare con Chucky. Non so se è merito del doppiaggio italiano, ma la voce di Megan è quella tipica di una mocciosa peppia, di quelle che hanno sempre la risposta a tutto e ti guardano tenendoti "in gran dispitto", quindi gli sguardi di puro odio che le rifila zia Gemma a un certo punto sono davvero da primato e assai comprensibili. A parte questo dettaglio che probabilmente ha colpito solo me, è proprio il design di Megan ad essere azzeccato, un giusto mix di adorabile frivolezza modaiola e di orripilante freddezza che solo un robot potrebbe avere... per non parlare poi di quelle SIMPATICISSIME mossette a scatti che riescono a farmi tremare le gambe anche davanti a un film dichiaratamente PG-13 come questo, ché sempre di bambole assassine stiamo parlando, quindi anche un po' smettetela di farmi paura, checcaz. A proposito di assassinii, per quanto mi riguarda l'unico, vero (e anche un po' imperdonabile, diciamolo) difetto di M3gan è che non mostra una cippa a livello di omicidi e sangue, con buona parte delle efferatezze suggerite invece che mostrate, cosa che concorre a rendere il tutto molto meno inquietante ed efficace. Gusti personali, ovvio, ma mentirei se dicessi che non mi sfrigolano già un po' le manine all'idea di poterle mettere, un giorno, su un unrated cut di cui lo sceneggiatore (probabilmente per pompare ancora di più il film) sta già parlando in varie interviste. Sicuramente mi interesserebbe più quella che un sequel, ma intanto mi accontento dell'ennesimo parto dell'instancabile mente di James Wan, che vi consiglio per una divertente serata senza troppe pretese. 
 

Del regista Gerard Johnstone ho già parlato QUI mentre Allison Williams, che interpreta Gemma, la trovate QUA

Violet McGraw interpreta Cady. Americana, ha partecipato a film come Ready Player One, Doctor Sleep, Black Widow e a serie quali Hill House. Ha 12 anni. 


Se M3gan vi fosse piaciuto recuperate La bambola assassina (originale e remake), Orphan, Orphan: First Kill, Dovevi essere morta e Dead Silence. ENJOY!


venerdì 13 gennaio 2023

Glass Onion - Knives Out (2022)

Visto quanto mi era piaciuto Cena con delitto - Knives Out, sono saltata sulla sedia all'idea del seguito, Glass Onion - Knives Out (Glass Onion), film diretto e sceneggiato nel 2022 dal regista Rian Johnson e disponibile su Netflix.


Trama: Un multimilionario convoca i suoi amici più stretti su un'isola deserta di sua proprietà, per un weekend "con delitto". Quando però fa la sua comparsa il detective Benoit Blanc, il delitto si compie sul serio...


Aspettavo con gioia il ritorno di Daniel Craig e del suo Benoit Blanc, detective sui generis dall'accento improbabile, ma di Glass Onion avevo letto le peggio cose, quindi ero pronta a rimanere delusa. Per fortuna, col Bolluomo ci siamo fatti un paio d'ore di sane risate, riuscendo anche a mettere in pausa la visione nel momento clou per cenare e riprendere ancora più fomentati di prima, quindi per quanto mi riguarda Glass Onion è un film perfettamente riuscito. Certo, la differenza con Cena con delitto è lampante, ché nel film del 2019 c'era una critica sociale molto più marcata, forse anche perché Johnson era reduce dallo stress di Star Wars ed era probabilmente (e giustamente) incattivito, mentre Glass Onion presenta personaggi ancora più assurdi del suo predecessore e, per quanto alcuni "tipi sociali" siano ben riconoscibili, le loro caratteristiche sono talmente esagerate da rendere il sequel di Knives Out ancora più parodico e legato ai modelli storici che lo hanno ispirato. Dunque, si potrebbe benissimo dire che Glass Onion è forse più superficiale, ma siccome da questo genere di prodotti non cerco alcun genere di riflessione seria, per quanto mi riguarda va benissimo così: fin dall'inizio il film intriga ed intrattiene, presenta le potenziali vittime/assassini sfruttando un paio di sequenze esilaranti e dei rompicapi da far invidia a Hellraiser, e qui e là getta i semi del vero whodunnit?, che comincia a svilupparsi seriamente nel momento in cui tutte le pedine, Benoit Blanc compreso, mettono piede sulla favolosa isola privata del geniale imprenditore Miles Bron (un misto di Zuckerberg, Begos, Musk e tutti i magnati antisociali che popolano questa terra). Ovviamente, ognuno degli stretti amici di Miles avrebbe un motivo perfetto per ucciderlo e il padrone di casa, con sommo scorno del detective Blanc, decide di "stuzzicarli" proponendo un weekend con delitto, ma questa è solo la superficie di una trama stratificata come la cipolla del titolo, che nasconde più di quanto salta all'occhio nella prima mezz'ora di film. Altro non aggiungo, ovviamente, per non rovinare la sorpresa a quel paio di persone che devono ancora vedere Glass Onion.


A livello di realizzazione, ciò che mi ha molto entusiasmata è lo sforzo incredibile degli scenografi. Se in Knives Out la scenografia era fondamentale per arrivare alla risoluzione del delitto, in Glass Onion essa rappresenta lo sfarzo vuoto e la volontà di impressionare e distogliere l'attenzione, privilegiando contorti argomenti arzigogolati ma privi di contenuto a una diretta semplicità che sbatte in faccia la verità senza troppi fronzoli (attenzione, però: nella citazione più bella del film si sottolinea che "bisogna stare attenti a non confondere il parlare senza pensare col dire la verità"); per questo, l'isola di Miles Bron è un trionfo di assurde architetture, zeppo di oggetti d'arte di ogni genere, tecnologie d'avanguardia, sfacciata opulenza e luci al neon, e lo stesso vale per l'ingegnoso rompicapo inviato a mo' di invito, che nasconde molto più di un biglietto, come diverrà chiaro verso la fine del film. Per quanto riguarda gli attori, ognuno di loro è ugualmente detestabile e, ovviamente, adorabile proprio per questo motivo. A parte un paio di guest star che non vi spoilero (una mi ha spezzato il cuore, l'altra mi ha slogato la mascella, ma d'altronde non mi aspettavo che Blanc fosse convenzionale!) e a parte la raffinatezza di un Daniel Craig che si riconferma mattatore assoluto, sono rimasta nuovamente colpita dalla versatilità dell'affascinante Janelle Monáe, che non sfigura davanti a un divertitissimo Edward Norton e all'esilarante prezzemolino Dave Bautista, ma il mio personaggio preferito è senza dubbio quello interpretato da Jackie Hoffman, che ha conquistato il mio cuore pur col suo brevissimo minutaggio. Dopo le mattonate di Kenneth Branagh e del suo insopportabile Poirot, quello di Knives Out si riconferma dunque, almeno per me, il franchise "giallo" che preferisco e non vedo l'ora che Johnson realizzi un terzo capitolo, soprattutto ora che un crossover con i Muppets si è rivelato un rumor privo di fondamento!


Del regista e sceneggiatore Rian Johnson ho già parlato QUI. Daniel Craig (Benoit Blanc), Edward Norton (Miles Bron), Janelle Monáe (Andi Brand), Kathryn Hahn (Claire Debella), Leslie Odom Jr. (Lionel Toussaint), Kate Hudson (Birdie Jay), Dave Bautista (Duke Cody), Ethan Hawke (Uomo efficiente), Hugh Grant (Phillip) e Joseph Gordon-Levitt (doppia l'orologio quando suona) li trovate invece ai rispettivi link.

Jessica Henwick interpreta Peg. Inglese, ha partecipato a film come Star Wars - Il risveglio della Forza, Underwater e a serie quali Il trono di spade, Luke Cage, Iron Fist e The Defenders. Anche sceneggiatrice, regista e produttrice, ha 31 anni e un film in uscita.


Il film si ispira molto a Un rebus per l'assassino, sceneggiato dallo stesso Stephen Sondheim che compare, nei panni di se stesso (altri VIP che compaiono nel film, tra i quali una che non spoilero, sono la tennista Serena Williams e l'attrice Natasha Lyonne), durante la multichat iniziale con Benoit. Non l'ho mai visto ma potreste recuperarlo, assieme a Cena con delitto - Knives Out, se vi fosse piaciuto Glass Onion. ENJOY!

mercoledì 11 gennaio 2023

Golden Globes 2023

L'aspettavamo, magari non la volevamo, ma la stagione dei premi cinematografici "glamour" è arrivata e i Golden Globes, come ogni anno, aprono la strada alle nomination per gli Academy Awards, che verranno annunciate il 24 gennaio. Siccome in questo periodo faccio fatica a dormire, non mi sono minimamente impegnata a svegliarmi alle 2 per seguire la cerimonia, quindi non chiedetemi gossip o altro, mi limiterò a fare un paio di commenti gioiosissimi e almeno uno perplesso, in base al poco che sono riuscita a vedere finora. ENJOY!


Miglior film drammatico

The Fabelmans  (USA, 2022)

L'omaggio di Spielberg al cinema e la rievocazione dei suoi anni giovanili, trasformati in un delicato racconto di formazione, hanno incantato pubblico e critica, e non posso che esserne felice, nonostante abbia sofferto per non essermi sentita maggiormente coinvolta durante la visione. Non ho ancora visto Tár ma, con tutto il rispetto, non c'era storia con gli altri candidati!


Miglior film - Musical o commedia
Gli Spiriti dell'Isola
(The Banshees of Inisherin  - Irlanda, UK, USA, 2021)

Torna Martin McDonagh, si riunisce a Colin Farrell e Brendan Gleeson, e non ce n'è più per nessuno. I più fortunati lo hanno visto a Venezia, i plebei (come me) dovranno aspettare il 2 febbraio ma gli astuti, giustamente, consigliano di guardarlo solo ed esclusivamente in lingua originale, quindi mi aspetterà una doppia visione, anche perché si parla già di uno dei film più belli dell'anno. Perdonatemi, però, se mi si spezza il cuore per la sconfitta di Everything Everywhere All at Once, che spero possa trionfare agli Oscar.

Miglior attore protagonista in un film drammatico
Austin Butler in Elvis

Arrivo un po' impreparata, mi spiego. Ho apprezzato moltissimo la performance dell'attore nel film di Luhrmann, ma mi sono persa tutte le altre, quindi non saprei dire se il premio, per quanto mi riguarda, è azzeccato oppure no. Diciamo che sono contenta per l'attore ma nutro tantissime speranze per Brendan Fraser e molta curiosità per Hugh Jackman e Bill Nighy. Per il momento, lascio che Butler si goda il suo Globe e attendo!


Miglior attrice protagonista in un film drammatico
Cate Blanchett in Tár

La biografia della compositrice e direttrice d'orchestra  Lydia Tár è stata uno dei film più apprezzati a Venezia e mi aspettavo che la Blanchett avrebbe portato a casa più di un premio. In Italia vedremo il film il 9 febbraio, quindi in tempo per la probabile candidatura all'Oscar, di conseguenza aspetterò pazientemente ma senza troppa convinzione, vista la dabbenaggine del multisala, che arrivi anche dalle mie parti. Aspetterò con maggiore trepidazione Empire of Light (in uscita il 23 febbraio), che ha visto la candidatura della sempre adorabile Olivia Colman, mentre posso già dire che, al momento, il premio lo avrei dato a Michelle Williams, che mi ha catturata completamente con la sua interpretazione di Mitzi Fabelman. 

Miglior attore protagonista in un film musicale o commedia
Colin Farrell in Gli spiriti dell'isola

Altro motivo, se ce ne fosse bisogno, per recuperare Gli spiriti dell'isola, che parte grandissimo favorito agli Oscar, pare. A me sarebbe piaciuto molto anche un premio per Ralph Fiennes o Adam Driver, grandissimi mattatori (e, in particolare il secondo, salvatore di una pellicola a mio parere mal riuscita), e aspetto con curiosità la performance di Diego Calva in Babylon

Miglior attrice protagonista in un film musicale o commedia
Michelle Yeoh in Everything Everywhere All at Once

Non avete idea della gioia immensa. Anzi, la gioia è stata superata grazie al premio andato anche al suo compagno di scena ma trovo questo Globe uno dei più meritati, perché la Yeoh nel film dei Daniels è meravigliosa. Non me ne vogliano le altre candidate, alle quali voglio molto bene, a chi più a chi meno. 


Miglior attore non protagonista
Ke Huy Quan in Everything Everywhere All at Once

Questa, questa è la mia gioia più grande. Vedere il piccolo Ke Huy Quan cresciuto, dopo essere stato lontano dalle scene per anni, e tornare sul grande schermo con un ruolo meraviglioso, perfetto per il suo volto gentile. A ripensare alla sua interpretazione nei film dei Daniels mi si stringe il cuore, spero davvero che possa accaparrarsi anche un bell'Oscar, se lo meriterebbe. Anche qui, non me ne vogliano gli altri candidati, sono sicura che le vostre interpretazioni sono memorabili, ma al cuor non si comanda.


Miglior attrice non protagonista
Angela Bassett in Black Panther: Wakanda Forever

Oh, cielo. Wakanda Forever è l'unico film Marvel che non ho visto al cinema e di cui ho scelto di aspettare l'uscita su Disney + per sopraggiunta rottura di palle, quindi non posso dare un giudizio sull'interpretazione della Bassett. Certo, non pretendevo che la divina Jamie Lee Curtis vincesse il Globe, anche se lo avrei tanto voluto, e non ho idea di come si siano "comportate" la Mulligan e la Condon, ma Dolly De Leon in Triangle of Sadness è notevole, quindi mi permetto di dubitare di questo premio. Ma ne riparleremo, sono molto curiosa a 'sto punto! 

Miglior regista
Steven Spielberg per The Fabelmans

Ogni premio dato a Spielberg è sempre fonte di gioia per me, ci mancherebbe, e The Fabelmans, a livello di regia e di coinvolgimento emotivo del regista, è sicuramente un'opera validissima. Dal mio umilissssimo punto di vista, i Daniels avrebbero meritato un riconoscimento altrettanto grande e, insomma, James Cameron si è fatto un culo come una scimmia col suo Avatar. Quindi boh, mi sento un po' come se il premio per Spielberg fosse un contentino "alla carriera" e mi spiace che altri ci abbiano rimesso per questo. 


Miglior sceneggiatura
Martin McDonagh per Gli spiriti dell'isola

E nulla, Gli spiriti dell'isola è veramente THE Film to Watch ma, d'altronde, quando sceneggia McDonagh ci sono pochi *azzi. E ci dispiace per gli altri, lo sapete, soprattutto quando si chiamano Daniels, ma purtroppo non posso fare un confronto, ancora.

Miglior canzone originale
Naatu Naatu di M.M. Keeravani, Kaala Bhairava e Rahul Sipligunj, per il film RRR

Non sono ancora riuscita a vedere RRR, data la durata proibitiva, ma non credo mi fionderò a recuperarlo tanto presto solo per ascoltare una canzone. Delle altre, conosco solo Ciao Papa da Pinocchio, molto carina ma non particolarmente memorabile. 

Miglior colonna sonora originale
Babylon di Justin Hurwitz

Beh, se un film di Chazelle non avesse avuto una colonna sonora più che valida mi sarei in effetti perplessa. Ciò detto, di musica non me ne intendo, non ho ancora visto il film, non ho granché memoria di quelle di Pinocchio e The Fabelmans, salvo per una sensazione di gradevolezza, quindi me ne sto.

Miglior cartone animato
Pinocchio
(Guillermo del Toro's Pinocchio - Francia, Messico, USA 2022)

Ci voleva del Toro per impedire che il premio andasse alla Pixar, evviva! Non fraintendetemi, Red mi è piaciuto molto, ma Pinocchio è uno dei film più belli usciti lo scorso anno. Gli altri mi incuriosiscono molto, a parte Il gatto con gli stivali, e spero di recuperarli prima o poi: Marcel the Shell dovrebbe uscire il 9 febbraio, Inu-ō è uscito a Venezia ma non ci sono ancora notizie su una sua distribuzione più vasta, almeno in Italia. 


Miglior film straniero
Argentina, 1985 (Argentina, 2022)

Come al solito, i film stranieri mi colgono impreparata. Onestamente, non so se avrò mai tempo e voglia di recuperare il vincitore, più di due ore imperniate sul processo che ha portato all'affermazione della democrazia in Argentina, ma è disponibile su Prime Video, quindi chissà. Dall'alto della mia Crassa, pigra ignoranza, gli unici che mi interessano sono RRR e La donna del mistero, gli altri due candidati li lascio ai cinefili. 

E come sempre, mi colgono impreparata anche le serie TV! Tra le nominate ho visto solo Pam & Tommy e Mercoledì e sto recuperando solo in questi giorni Dahmer, che ha visto la vittoria di Evan Peters nei panni dell'inquietantissimo protagonista. Consapevole che non avrò mai tempo di recuperare nessuno dei vincitori "seriali", vi do dunque appuntamento al consueto riassuntone degli Oscar, il 13 marzo! ENJOY!

Se vuoi condividere l'articolo

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...