domenica 31 maggio 2015

Chronicle (2012)

Ormai dovreste aver capito che il vero bradipo della blogosfera (e non me ne voglia il Bradipo cinefilo con le sue maratone) sono io. Oggi infatti, per la serie "vai con calma e stai sereno", parlerò di un film ormai discusso da chiunque già nel lontano 2012, quel Chronicle diretto e co-sceneggiato dal regista Josh Trank.


Trama: tre ragazzi ottengono per caso il potere della telecinesi. Quella che all'inizio viene vissuta come un'esperienza meravigliosa e divertente si trasforma a poco a poco in tragedia...



Era ormai da qualche tempo che non affrontavo più un mockumentary o un found footage, modo di raccontare una storia per immagini tanto odiato da gente che, come me, ne ha ormai le palle piene e tanto amato invece dai cineasti che ne apprezzano le infinite possibilità a fronte di costi bassissimi. Per fortuna Chronicle non è un insieme di immagini sfocate e raffazzonate, assemblate alla bell'e meglio senza nessuna idea di base, come troppo spesso succede in questi casi, bensì è un doloroso racconto di formazione e disagio dove i superpoteri (come già accadeva nei comics degli X-Men) diventano un mezzo per indagare più in profondità il significato di "diverso" ed emarginato. La telecamera che, instancabile, segue le vicende dei tre protagonisti è utilizzata come un prolungamento della personalità del disadattato Andrew che, all'inizio del film, decide di "riprendere tutto quello che succede durante il giorno", mettendo volutamente un filtro tra sé stesso e la dolorosa realtà che gli sta davanti: la madre è affetta da un tumore incurabile che richiede cure molto costose, il padre è un ubriacone violento e senza lavoro, i compagni di liceo lo considerano uno sfigato e l'unico che cerca in qualche modo di inserirlo nella vita reale è il cugino Matt, con il quale condivide un rapporto di amore/odio. Mano a mano che il film prosegue la telecamera acquista però ulteriori valenze, a seconda degli eventi che vengono narrati, diventando prima un mezzo per testimoniare gli incredibili poteri dei tre protagonisti e poi una sorta di video-diario di un Andrew sempre più incontrollabile e alla deriva, consapevole di quanto il suo nuovo dono lo renda diverso e superiore rispetto alle persone che lo circondano ma altrettanto dolorosamente conscio di come la sua natura sia sempre quella di un adolescente disagiato e mentalmente fragile. I poteri diventano così metafora di un'adolescenza difficile, dove le emozioni e la rabbia sono sempre pronte ad esplodere con violenza e dove basta fraintendere una parola o un gesto per distruggere non solo la stima di sé stessi, ma anche la più solida delle amicizie.


In quanto esponente della generazione social, Andrew non è il solo a sfruttare la tecnologia per esprimere ciò che si nasconde nel suo animo ed è su questo punto che fa leva il regista per rendere più credibile il proliferare di telecamere presenti in Chronicle. Un altro punto di vista infatti, oltre a quello delle telecamere di sicurezza sparse per tutta la città, è quello della videoblogger Casey e per tutto il film i personaggi si mostrano impegnati a chattare, inviare sms, scrivere mail e quant'altro; questo, oltre a consentire al regista di sfruttare al meglio la tecnica del found footage/mockumentary, offre loro la possibilità di fare una riflessione sull'alienazione derivante dall'uso smodato della tecnologia, che ci rende sì più visibili agli altri ma ci rende anche quasi impossibile avere delle interazioni "umane": non a caso, Andrew, Matt e Steve formano un legame solo quando Andrew decide di utilizzare la telecamera come mezzo di studio, quando la scoperta dei poteri li costringe a fidarsi l'uno dell'altro e a condividere in toto la loro esperienza. Chronicle però non è solo interessante, ben scritto e molto intelligente ma anche ben realizzato. Le riprese in soggettiva durante le sequenze del volo sono mozzafiato e mi hanno costretta a distogliere lo sguardo dallo schermo più di una volta ma in generale la resa dei poteri del trio è perfetta in ogni scena, dalle più "tranquille" (bellissima quella dello spettacolo di Andrew) a quelle più movimentate; al limite, solo sul finale ho patito un po' l'eccesso di effetti speciali e quella serie di sequenze distruttive talmente esagerate da risultare finte, per quanto comunque spettacolari. I tre attori principali, poi, sono assolutamente adatti ai rispettivi ruoli: il futuro Harry Osborn Dane DeHaan poteva essere lo stereotipo del fighetto, invece si è annullato completamente in un personaggio ambivalente, in grado di suscitare contemporaneamente nello spettatore odio e pietà, mentre Alex Russell e Michael B. Jordan sono due spalle perfette, dotati entrambi di una personalità ben definita e non troppo banale. Se vi capitasse, quindi, date un'occhiata a questo Chronicle anche se siete stufi di found footage, potreste rimanere piacevolmente sorpresi!


Di Dane DeHaan, che interpreta Andrew, ho già parlato QUI mentre Michael Kelly, che interpreta suo padre Richard, lo trovate QUA.

Josh Trank (vero nome Joshua Benjamin Trank) è il regista e co-sceneggiatore della pellicola, al suo primo film. Americano, anche attore e produttore, ha 31 anni e un film in uscita, Fantastic 4 - I fantastici 4.


Alex Russell interpreta Matt. Australiano, ha partecipato a film come Lo sguardo di Satana - Carrie. Anche produttore e regista, ha 28 anni e un film in uscita.


Michael B. Jordan, che interpreta Steve, sarà uno strano Johnny Storm di colore sia nell'imminente Fantastic 4 - I fantastici 4, sia nell'annunciato sequel Fantastic Four 2, che dovrebbe uscire nel 2017. Invece l'attrice Anna Wood, ovvero la ragazza che Andrew riesce finalmente a rimorchiare alla festa, all'epoca era davvero fidanzata con Dane DeHaan e i due si sono sposati proprio nel 2012. Da anni si vocifera di un possibile seguito di Chronicles che, peraltro, dovrebbe chiarire la natura dell'oggetto trovato dai ragazzi nel buco, ma non se ne hanno più avuto notizie; nell'attesa, se Chronicle vi fosse piaciuto recuperate Super 8, Cloverfield, Carrie - Lo sguardo di Satana e Unbreakable. ENJOY!



venerdì 29 maggio 2015

Youth - La giovinezza (2015)

E fu così che, nonostante il timore reverenziale di non capire nulla o sviluppare un'avanzata forma di orchite, martedì sono andata anch'io a vedere Youth - La giovinezza, diretto e sceneggiato dal regista Paolo Sorrentino.


Trama: ad un ex direttore d'orchestra ormai in pensione viene chiesto di tornare in servizio per la festa di compleanno del re Filippo di Edimburgo, consorte di her majesty Elisabetta. L'uomo, in vacanza in Svizzera con la figlia e l'amico regista, non vuole però riprendere l'attività che lo ha consacrato ad imperitura fama...


Non so se faccio bene a pubblicare un post sull'ultimo film di Sorrentino. Il mio problema è che, davanti al cinema "d'autore", comincio sempre la visione con l'atavico terrore di non capire nulla di quello che sto vedendo e di uscire dal cinema con un senso di delusione mentre tutti gli altri attorno a me piangono, deliziati dalla visione appena conclusa. Insomma, mi sento come Rat-Man quando fa le sue incredibile ed ignoranti figure barbine. Nello sforzo di capire quello che sto vedendo, di cogliere il significato di immagini che andrebbero semplicemente vissute e non ridotte a termini semplici che anche il mio cervelletto potrebbe comprendere, mi rendo conto di perdere molto del film e purtroppo questo è successo con Youth - La giovinezza, che ho guardato avvinta da una soverchiante sensazione di ansia. Colpa de La grande bellezza, certo, perché la visione di This Must Be the Place invece non era stata così travagliata, anzi, me lo ero goduto con una buona dose di allegria. Quindi, sarebbe il caso di scrivere un post dopo un'eventuale seconda visione di Youth, così da riuscire a offrirvi qualcosa di intelligente, ironico, emozionante e colto come l'ultimo film di Sorrentino. Però.. per una volta perché non provare a rendervi partecipi solo di un paio di pensieri semplici, come quelli che ci siamo scambiati con l'amico Toto fuori dal cinema? D'altronde, il Bollalmanacco era nato come una serie di SMS, quindi...


Innanzitutto, Youth - La giovinezza ha una colonna sonora bellissima. E' questo che mi ha colpito più di tutto il resto. Ho cominciato dondolando la testa e canticchiando tra me le note di You've Got the Love, ho continuato trattenendomi dal ballare come un'idiota al ritmo di She Wolf (Fallin to Pieces, non quella di Shakira) e ho finito piangendo commossa davanti alla voce meravigliosa della cantante Sumi Jo, accompagnata dalla splendida, evocativa colonna sonora di David Lang. La musica è indispensabile per vivere e "sentire" Youth e ogni singolo brano si adatta alla perfezione alle immagini di Sorrentino.


A differenza di quello che era successo con La grande bellezza ho provato subito empatia verso il protagonista. Non lo so se è perché la mia ipocondria congenita mi sta già facendo sentire più vecchia di quello che sono ma in molte parole sue o dell'amico Mick mi sono riconosciuta. E ho paura del momento in cui non riuscirò più a ricordare i gesti e le voci dei miei genitori, di non riuscire più a dare valore a dei piccoli gesti gentili perduti nel tempo, magari cancellati da preoccupazioni, rancori e dolore. Non penso che Frank sia un uomo cattivo, semplicemente è un uomo che ha sbagliato molto e che non ha dato il giusto valore alle cose quando ne ha avuta l'occasione. Per la durata del film però gli ho voluto bene e ne ho voluto anche di più a Mick, così sereno e disponibile con gli altri e così fragile, alla stupenda Lena (Rachel Weisz e la sua dolorosa invettiva mi hanno ipnotizzata) che cerca di ricostruirsi una vita, al caustico Jimmy, alla bella ed intelligente Miss Universo (campionessa mondiale di STACCE™) e persino alla "divina" Brenda Morel. A proposito, chissà se è giusto costruire un'amicizia fatta solo di cose belle, come dice Mick, o se è meglio una brutale, assoluta sincerità? Anche se a questa importante domanda non è possibile dare risposta è stato bello riflettere assieme a Sorrentino, Caine e soci su questa e altre cose fondamentali come il desiderio, la vecchiaia, la giovinezza (ma che cos'è poi 'sta giovinezza? Uno può essere giovane tutta la vita!!), la libertà e i mille, personalissimi modi di intendere e dimostrare amore.


E comunque, tornando al discorso dell'inizio, non è vero che sono stata tesa tutto il tempo. Davanti a certe immagini e a certe sequenze il cervello si libera automaticamente dall'ansia, non vuole più capire ma solo meravigliarsi, sorridere o commuoversi. Come quando la cinepresa di Sorrentino decide di tenerci in sospeso e giocare con noi: il monaco sta levitando oppure no? Ecco, la sequenza del monaco è una delle più belle che abbia visto in vita mia. E da persona semplice quale sono, ho amato il fatto che ad ogni immagine di "vecchiaia" se ne accostasse una di giovinezza, il modo in cui la regolarità della vita nell'albergo venisse riproposta in sequenze quasi ripetitive, dal ritmo altrettanto lento e regolare, ho adorato i giochi di sguardi che valgono più di mille parole, quel trashissimo video da incubo che arriva a spezzare la tranquillità del sonno di Lena, l'idea che la natura possa essere "guidata" dalla mano ancora capace di un direttore d'orchestra e con tutto questo ho apprezzato altre mille, emblematiche immagini che vi lascerei il gusto di scoprire. Più di tutto, però, ho amato lo sguardo di quell'elegante e meraviglioso signore che risponde al nome di Michael Caine: l'ho amato nella durezza con cui decide di confrontarsi con un passato doloroso (se fossi stata Sumi Jo forse sarei morta sotto uno sguardo così diffidente ed inquisitorio...), nelle lacrime che lo portano infine alla consapevolezza di sé, l'ho amato persino nella sua tanto conclamata apatia. Uno sguardo che, facendosi di ghiaccio, prova a rifiutare il mondo e ad impedire che le braci di una vita ancora desiderosa di esprimersi tornino a bruciare a tempo di musica. Una musica splendida che vorrei sentire ancora, e ancora, e ancora. Anche se forse non sarò mai in grado di apprezzarla e capirla come dovrei.


Del regista e sceneggiatore Paolo Sorrentino ho già parlato QUI. Di Michael Caine (Fred Ballinger), Harvey Keitel (Mick Boyle), Rachel Weisz (Lena Ballinger), Paul Dano (Jimmy Tree) e Jane Fonda (Brenda Morel) ho parlato invece ai rispettivi link.

Chloe Pirrie, che interpreta l'unica donna nel gruppo degli sceneggiatori, aveva partecipato alla serie Black Mirror, più precisamente all'episodio cult The Waldo Moment mentre Madalina Diana Ghenea, che interpreta Miss Universo, aveva già partecipato a Dom Hemingway e (poverina!) I soliti idioti; sono "vere" invece le cantanti Paloma Faith e Sumi Jo quindi se volete potete andare sul Tubo ad ascoltare alcuni loro brani. Detto questo, se Youth - La giovinezza vi fosse piaciuto recuperate La grande bellezza, This Must Be the Place e magari anche Quartet. ENJOY!




giovedì 28 maggio 2015

(Gio) WE, Bolla! del 28/05/2015

Buon giovedì a tutti! Mi sembrava troppo bello che il multisala Savonese continuasse con una programmazione illuminata. Dopo aver tolto The Lazarus Effect (peraltro senza avvertire, vabbé...) in favore del concerto/documentario su De André (nonostante avessero snobbato quello su Miyazaki. Per dire. Con tutto il rispetto. Ma maledetta mentalità ligure!) questa settimana rimane al palo Il libro della vita, splendido cartone animato prodotto da Del Toro. FanguLLo e... ENJOY!

San Andreas
Reazione a caldo: Bah.
Bolla, rifletti!: La fine del mondo in versione The Rock. La faglia di San Andreas si aprirà per inghiottire finalmente questo genere di film tutto effetti speciali che francamente aborro? Speremmu.

Lo straordinario viaggio di T.S. Spivet
Reazione a caldo: Hmm...
Bolla, rifletti!: A Jean Pierre Jeunet io voglio bene e devo dire che, di solito, quando un film aspetta due anni per venire distribuito in Italia è perché è un gioiellino. Però non so, la storia del viaggio solitario di un bambino che cerca di arrivare allo Smithsonian Institute per ritirare un premio mi intimorisce. Attenderò pareri di blogger più illuminati.

Pitch Perfect 2
Reazione a caldo: BahX2
Bolla, rifletti!: Un altro genere di film che detesto è quello incentrato su un gruppo di ballerini/cantanti in lotta per il successo. Non ho visto il primo capitolo della saga, figuriamoci questo.

Al cinema d'élite un film italiano dal titolo orrendo...

Pitza e datteri
Reazione a caldo: Mah...
Bolla, rifletti!: Indubbiamente d'attualità la storia di una moschea che viene trasformata in salone di bellezza! Un film italiano, ambientato a Venezia, scritto e diretto dal regista iraniano di origine curda Fariborz Kamkari, riuscirà ad appianare quelle divergenze culturali tanto care ad alcuni politici nostrani? Chissà!

mercoledì 27 maggio 2015

Spring (2014)

Con un po' di ritardo sono riuscita anch'io a recuperare Spring, diretto nel 2014 dai registi Justin Benson (anche sceneggiatore) e Aaron Moorhead.


Trama: durante una vacanza in Italia, il giovane americano Evan si innamora della bella Louise, una ragazza che nasconde un terribile segreto...



Sarà che sto invecchiando ma ultimamente preferisco più gli horror "tranquilli", capaci di farmi riflettere, piuttosto che quelli dove vengono mostrate le peggio macellate. Soprattutto, preferisco i film che sfruttano l'horror per parlare di qualcos'altro. Di quel grande mistero che è l'amore, per esempio. Poeti, cantanti, registi, scrittori, tutti a spendere parole ed immagini sull'amore, quella forza in grado di farci superare ogni limite, di ridurci a ebeti ghignanti, di farci toccare il cielo con un dito per un giorno e precipitarci negli abissi della disperazione quello dopo. Tutti a scomodare Dei, farfalle nello stomaco, cupidi, filtri d'amore, ecc... ma se fosse semplicemente una questione di chimica? E se invece la magia e il mistero esistessero davvero? Insomma, cosa ci spinge ad innamorarci, per dire, dell'ultimo sfigato sulla terra quando di regola dovremmo essere attratti solo da dei fighi spaventosi? Spring non offre una risposta chiara a questa domanda e non è nemmeno così superficiale nello sviscerarla ma, semplicemente, ci dice che certe cose "succedono". Punto e basta. Sta a noi, poi, scegliere se assecondare questa casualità insita nella natura umana oppure se opporci con tutte le nostre forze, accampando scuse, trincerandoci dietro un comprensibile egoismo o semplicemente rinunciare per paura. E l'orrore, direte voi? L'orrore dove si colloca? L'orrore sta nella vita, che spesso riesce a distruggere l'amore cancellandolo dalla faccia della terra senza nessun preavviso. Che è poi quello che è successo ad Evan, orfano di un padre e una madre che si amavano tantissimo e sono morti a distanza di poco tempo l'uno dall'altra, lasciandolo solo, disperato e privo di sogni. Oppure al vecchio Angelo, vedovo da anni ma impossibilitato ad abbandonare il ricordo della moglie adorata. La paura di vedere la morte vincere sull'amore, di soffrire un dolore atroce, causa la ferrea volontà di rinunciare a vivere, di privarsi di tutte le possibilità di essere nuovamente felici. Ed è questo il vero orrore. Evan invece sceglie di buttarsi e di vivere una primavera che non è solo la breve durata di una stagione, bensì un tentativo di rinascere e ricominciare a vivere e a sperare, di portare il disgelo in cuore sepolto sotto il ghiaccio e le ceneri vulcaniche da tempo ormai immemorabile.


Teatro di questa vicenda di Amore e Morte è proprio la nostra Penisola o, meglio, parte di essa. Lo splendido mare della Puglia, le stradine e le campagne di Polignano a Mare e Conversano diventano un luogo di rinascita e scoperta e, stranamente, vengono "affrontati" con piglio assai poco americano. Evan non è il classico turista "medio" o, peggio ancora, ignorante (sebbene venga affiancato per un po' da un paio di scozzesi che ne sono l'esempio perfetto) ma decide di viaggiare per cambiare aria e cercare di ridare un senso alla propria vita: nella terra, nel mare e nel sole di Puglia, mai così belle e misteriose, Evan mette in gioco sé stesso e si perde, cambiando completamente vita e rispettando così il vero spirito del viaggio, a differenza di molti suoi connazionali. Le riprese di Benson e Moorhead ci regalano scorci da cartolina pieni di sentimento, guizzanti di una vita nascosta ma non per questo meno importante, dove la natura, spesso impietosa e poco piacevole alla vista, continua il suo ciclo incurante delle stagioni e delle pene terrene di noi sciocchi esseri umani. La cura con cui è stato realizzato Spring fa perdonare alcune ingenuità che fanno capolino qui e là nella trama e anche alcune becere e fuorvianti concessioni all'horror tout court, che pure beneficiano di ottimi effetti speciali e di un buon make-up, e la pellicola riesce comunque a penetrare nel cuore dello spettatore e a farlo appassionare sia alle vicende di Evan e Louise, sia a questa romantica idea di "viaggio" come seconda possibilità di riparare ai propri errori. Lungi da me dire che Spring sarà il film che vi cambierà la vita o che vi entusiasmerà se siete dei ferventi appassionati di un certo tipo di horror (sento già qualcuno sbuffare per la noia visto che il ritmo della pellicola è molto lento, inutile nasconderlo) ma per chi come me preferisce le pellicole d'atmosfera è una visione stra-consigliata. Intanto io prenoto la prossima vacanza in Puglia!

Justin Benson è il co-regista e sceneggiatore della pellicola. Americano, ha diretto film come V/H/S: Viral. Anche produttore e attore, ha 32 anni e due film in uscita.
Aaron Moorhead è il co-regista della pellicola. Americano, ha diretto film come V/H/S: Viral. Anche tecnico degli effetti speciali, produttore, attore e sceneggiatore, ha due film in uscita.


Lou Taylor Pucci interpreta Evan. Americano, ha partecipato a film come Carriers e La casa. Anche produttore, ha 30 anni e due film in uscita.


Se Spring vi fosse piaciuto recuperate anche Il bacio della pantera e Un lupo mannaro americano a Londra. ENJOY!

martedì 26 maggio 2015

Bollalmanacco On Demand: La Venere d'Ille (1981)

On Demand particolare, quello di oggi. Qualche tempo fa, infatti, Galerius mi aveva chiesto di guardare La Venere d'Ille, ultimo film di Mario Bava, co-diretto col figlio Lamberto che della pellicola è anche co-sceneggiatore. Quello che non avevo capito, però, è che La Venere d'Ille fosse un episodio della serie TV I giochi del Diavolo! Per la cronaca, il prossimo film On Demand sarà... Oggesù... Paganini. ENJOY!


Trama: nei terreni di un nobile spagnolo viene ritrovata la statua di una Venere. Il nobiluomo, orgoglioso del ritrovamento, espone la preziosa opera in giardino ed invita Mathieu, giovane artista e studioso parigino, ad ammirarla, proprio pochi giorni prima del matrimonio tra il figlio e la bella ereditiera Clara...



Per chi, come me, è abituato ad associare il nome Bava al giallo o all'horror gotico la visione de La Venere d'Ille è un'esperienza spiazzante. La definizione di horror gotico, in effetti, gli calzerebbe anche a pennello, non solo per l'ambientazione ma anche per la presenza di un protagonista sensibile e tormentato e per i misteri che circondano l'antica statua della Venere.. se non fosse che, per almeno quaranta minuti, questi elementi vengono messi in secondo piano da quella che, in definitiva, è una storia d'amore platonico nata tra un giovanotto e una donna in procinto di sposarsi. La Venere del titolo sembra quasi fare da cornice all'approfondimento psicologico di personaggi che sarebbero ben delineati anche senza la presenza di questo elemento "perturbante". La famiglia del proprietario terriero, un arricchito con pose da uomo di cultura anche troppo viscerale per nascondere le sue origini, comprende una moglie e un figlio che non fanno alcuno sforzo per dissimulare la loro natura di burini e, ovviamente, nemmeno alcun tentativo di nascondere lo scopo puramente economico del matrimonio tra Clara ed Alfonso; a rompere questo "equilibrio" ci pensa il timido, colto e raffinato Mathieu, che subito si invaghisce (probabilmente ricambiato) di Clara ma è così signore da sfogare il proprio tormento dedicandosi a ritrarre la fantomatica Venere, le cui sembianze sono anche troppo simili a quelle della promessa sposa. Insomma, La Venere d'Ille sarebbe in poche parole il racconto di un ideale triangolo amoroso, di passioni trattenute, di amori calpestati dalla lussuria e dal bieco interesse, con l'aggiunta di un'oscura statua che le superstizioni popolari vorrebbero maledetta e che arriverà a poco a poco a minacciare la vita e le certezze dei protagonisti. Negli ultimi cinque minuti di pellicola, ça va sans dire.


E il tocco del Maestro?, direte voi? Eh, il tocco di Bava padre si vede giusto sul finale e nelle riprese notturne di corridoi e stanze, durante le quali si respira un'atmosfera assai inquietante, alimentata da rumore di passi, riprese di scale e porte chiuse, ombre nascoste da sottili baldacchini e un singolo, minaccioso spruzzo di sangue. Il resto (purtroppo e non me ne voglia Galerius che mi pare assai affezionato all'ultima opera di Mario Bava)  è anche troppo simile a una puntata de Il segreto per essere anche solo lontanamente apprezzabile; considerata la natura di produzione televisiva di La Venere d'Ille, sono stranamente belli i costumi e suggestive le scenografie ma registicamente parlando è la sagra del piattume. Gli attori invece li ho trovati tutti perfettamente calzanti, soprattutto il sanguigno Mario Maranzana nei panni del Signore De Peyrehorade, suo "figlio" Fausto Di Bella ("raffinatissimo" manzone che forse qualcuno ricorderà come fidanzato di Marisol in Un sacco bello, ma nella sua filmografia spuntano anche Quel gran pezzo dell'Ubalda tutta nuda tutta calda, Emmanuelle Nera: Orient Reportage e Novelle licenziose di vergini vogliose, quindi potete immaginare il genere di attore, perfetto per interpretare un giovane e arrapato porco fedifrago!) e una Daria Nicolodi talmente magra, giovane e graziosa da essere quasi irriconoscibile. Come avrete capito, La Venere d'Ille non mi ha appassionata granché quindi non vi consiglierei di diventare matti per recuperarlo ma se siete dei fan scatenati di Bava, vi piacciono questo genere di miniserie un po' vintage o siete semplicemente curiosi... perché no?


Del co-regista Mario Bava ho già parlato qui, mentre qualche notizia sul co-regista e co-sceneggiatore Lamberto Bava la trovate qua. A queste coordinate, invece, trovate Daria Nicolodi, che interpreta Clara.

Marc Porel (vero nome Marc Landry) interpreta Mathieu. Svizzero, ha partecipato a film come Non si sevizia un paperino, Sette note in nero e Il marchese del Grillo. Anche sceneggiatore, è morto nel 1983, all'età di 34 anni.


La serie I giochi del Diavolo è stata trasmessa su Rai 2 nel maggio del 1981 e constava di sei episodi da un'ora; il tema comune era la letteratura fantastica del diciannovesimo secolo e le opere da cui trarre ispirazione erano state selezionate nientemeno che da Italo Calvino! Gli altri episodi della serie sono L'uomo della sabbia (diretto da Giulio Questi e tratto dall'omonimo racconto di E.T.A. Hoffmann), La presenza perfetta (diretto da Piero Nelli e tratto dal racconto Il fantasma di Edmund Orme di Henry James), La mano indemoniata (diretto da Marcello Aliprandi e tratto dal racconto La mano incantata di Gerard de Nerval), Il diavolo nella bottiglia (diretto da Tomaso Sherman e tratto dall'omonimo racconto di Robert L. Stevenson)e Il sogno dell'altro (diretto da Giovanna Gagliardo e tratto dal racconto Il fu signor Elvesham di H.G.Wells), tutti disponibili sul Tubo nel caso foste curiosi di dargli un'occhiata. ENJOY!

lunedì 25 maggio 2015

Cannes 2015

Ieri si è concluso il Festival di Cannes e sono stati assegnati gli ambiti premi. Come tutti gli anni, da brava cinefila e blogger NON ho assolutamente seguito la kermesse (d'altronde, ai Coen e Del Toro voglio bene ma non stiamo mica parlando di Quentin) anche se un po' speravo che Garrone e Sorrentino (anche Moretti, dai) portassero a casa qualcosa. E invece ciccia, come vedrete in questo piccolo ed ignorante riassunto dei premi più importanti.


La Palma d'Oro va a Dheepan del regista Jacques Audiard, già autore dell'apprezzato (non da me che, manco a dirlo, non l'ho proprio visto) Un sapore di ruggine e ossa. Il film, che dovrebbe uscire ad agosto in Francia, racconta di un ex soldato che, per sfuggire alla guerra civile in Sri Lanka, fugge a Parigi con una donna e una bambina, cercando di farle passare come la sua famiglia. Non è il genere di film che m'ispira ma potrei cambiare idea, chissà!

Chapeau
Miglior regista è risultato essere il cinese Hou Hsiao-Hsien di cui, come al solito, non avevo mai nemmeno sentito parlare fino ad oggi. Il suo nuovo film, The Assassin, che uscirà in Francia l'anno prossimo, mi ricorda tantissimo i wuxia che avevano conosciuto un momento di gloria internazionale all'inizio del nuovo millennio e racconta di un'assassina presa tra i doveri e l'amore. Non vedo l'ora che arrivi anche da noi visto che adoro il genere!


Altro emerito sconosciuto, almeno per me (si vede che non bazzico il cinema francese, eh?) è Vincent Lindon per il film La loi du marché, che parla di un operaio alla ricerca di un nuovo lavoro, se non ho capito male. Nuovo Due giorni, tre notti in arrivo? Chissà!


Le migliori attrici quest'anno sono due. Una la conosco, è l'adorata e adorabile Rooney Mara, che a quanto pare ha eclissato Cate Blanchett nel nuovo film di Todd Haynes, Carol, mentre la seconda, Emmanuelle Bercot, mi è assolutamente sconosciuta. Il fatto però che il film che l'ha portata alla vittoria, Mon roi, sia diretto da Maiwenn e co-interpretato da Vincent Cassel mi predispone già molto ma molto bene!

Todd Haynes (a destra) ritira il premio per Rooney Mara
Per concludere questa sconclusionata rassegna Cannesiana, mi preme dire che l'unico film potenzialmente davvero interessante tra i vincitori è The Lobster, che si è beccato il gran premio della giuria: un sci-fi che condanna i single a diventare animali se non riescono a trovare l'anima gemella in 45 giorni, con un cast a dir poco ghiottissimo. Fino a Ottobre non c'è speranza di vederlo al cinema, soprattutto non in Italia, ma mai dire mai. E con questo vi saluto e vi rimando ad altri Blog "meglio" nonché all'anno prossimo... ENJOY!

Con le facce tese tutti incazzati neri e con le pive nel sacco noi... shalalaaaa!



domenica 24 maggio 2015

Tomorrowland - Il mondo di domani (2015)

Comincia la settimana "mettiamo le tende al cinema e via" e il primo film aggiudicato è stato Tomorrowland - Il mondo di domani (Tomorrowland), diretto e co-sceneggiato dal regista Brad Bird e ispirato dall'omonima attrazione presente nei parchi Disney.


Trama: l'intelligentissima e curiosa Casey entra per caso in possesso di una spilletta che, tenuta in mano, le mostra un mondo fantastico ed estremamente futuristico. Decisa a scoprire l'origine dell'oggetto, la ragazza si imbatte in Frank, il disilluso esule del mondo chiamato Tomorrowland...


Era da parecchio che non mi capitava di vedere un film d'avventura "puro" e divertente come Tomorrowland, una pellicola che sembra quasi stata pensata e scritta negli anni '80 per il modo in cui mescola messaggi positivi, personaggi in gamba, azione "fisica" ma anche "di cervello". L'illusione svanisce solamente davanti a una lunghezza forse un po' eccessiva (trent'anni fa riuscivamo a condensare un po' spiegoni e spettacolarità, senza inficiare il risultato finale) e davanti a una spensieratezza solo apparente, smussata da una critica neppure tanto velata all'indolenza e la rassegnazione tipiche della nostra epoca, dove ci viene "servita l'apocalisse e noi ce ne abbuffiamo" senza fare nulla per evitarla. Il messaggio buonista tipico della Disney non è così campato in aria questa volta ed è molto intelligente il modo in cui Lindelof, Bird e soci riescono a mostrarci l'inevitabile, sconcertante isolamento di chi non accetta che le cose gli vengano dette come se fossero eterne ed immutabili, bensì cerca di capire, si pone delle domande e si chiede cosa possa essere fatto per cambiare determinate situazioni negative. E' inoltre interessante vedere come questa contrapposizione tra un passato più ingenuo e un presente cupo e cinico venga mostrata non solo attraverso il confronto tra i due protagonisti, la giovane Casey e il vecchio Frank, ma anche dai due diversi modi con i quali entrambi si arrivano ad approcciarsi al futuro promesso da Tomorrowland: entrambi sognatori, l'altruista e modesta Casey è stata sempre incoraggiata dal padre a guardare "oltre" in un mondo che ha smesso di alimentare i sogni e vede in Tomorrowland una speranza per tutti, mentre Frank si è buttato a capofitto nelle sue invenzioni proprio perché il genitore, da bravo contadino degli anni '60, desiderava che tenesse i piedi per terra e in Tomorrowland credeva di aver trovato una via di fuga sia dalla mediocrità sia da un mondo ancora troppo arretrato per capirlo davvero. Tomorrowland, tra una divagazione e l'altra, cerca di tenersi in equilibrio su questo percorso di confronto e redenzione e arriva in fondo alla corsa senza troppe ammaccature, mantendosi godibile per tutta la sua durata.


Buona parte del merito va all'efficace accoppiata George Clooney/Britt Robertson, due attori che evidentemente sono riusciti a fare scattare una buona alchimia nonostante il rischio di incappare nel fastidioso cliché mentore/tutorato (anzi, la ragazzina spesso è molto più matura del brontolone e borioso Clooney) e a risultare credibili e simpatici. Lo stesso vale per il "terzo incomodo" Raffey Cassidy, che sembra la cuginetta moderna di Super Vicky ma, nonostante la saccenza del personaggio, non riesce assolutamente a farsi odiare e si impegna inoltre in un paio di sequenze "picchiaduro" che potrebbero anche valerle lo scettro di prossima Hit Girl nel caso la Moretz decidesse di dare forfait. Non amando troppo i film fracassoni che non abbiano un Mad, un Max e un Fury Road nel titolo, devo dire anzi di avere preferito questa simpatica sinergia di attori alle pur magnifiche sequenze zeppe di effetti speciali che, in teoria, avrebbero dovuto essere la spina dorsale di Tomorrowland. Per carità, Brad Bird non ci fa mancare nulla e dirige con grazia, tuttavia il film manca un po' di personalità in quel senso e le scene migliori, di fatto, sono quelle che si potevano vedere nel trailer e quelle che noi savonesi (assieme a qualche altra dozzina di città in tutta Italia se non ho capito male) avevamo già visto prima di Avengers: Age of Ultron, con l'aggiunta di un sempre piacevole tuffo nel passato fatto di abiti e pettinature vintage e aggeggi "futuristici" che per noi sono ormai quasi obsoleti. Poi, sicuramente gli esperti di scienziati, storia, fantascienza e persino Dottor House (assieme ai detrattori di quella Disney che, esagerando più che in altri film, in ogni scena è riuscita ad inserire almeno ventisette marchette diverse) avranno mille motivi di boicottare la pellicola e storcere il naso a causa di aberranti incongruenze che io non sono riuscita a cogliere, però come "blockbuster" ed intrattenimento del sabato sera Tomorrowland vale tranquillamente la spesa.


 Di George Clooney (Frank Walker), Hugh Laurie (Nix) e Judy Greer (la mamma) ho già parlato ai rispettivi link.

Brad Bird (vero nome Phillip Bradley Bird) è il regista e co-sceneggiatore della pellicola. Americano, ha diretto film come Il gigante di ferro, Gli incredibili, Ratatouille, Mission: Impossible - Protocollo fantasma ed episodi della serie I Simpson. Anche produttore, doppiatore e animatore, ha 57 anni e un film in uscita.  


Britt Robertson (vero nome Brittany Leanna Robertson) interpreta Casey Newton. Americana, la ricordo per film come From Within e Scream 4, inoltre ha partecipato a serie come CSI - Scena del crimine e Under the Dome. Ha 25 anni e un film in uscita.


Rafey Cassidy, che interpreta Athena, era già stata una giovane Angelica in Dark Shadows e una giovane Biancaneve in Biancaneve e il cacciatore. Detto questo, se Tomorrowland vi fosse piaciuto recuperate anche Navigator e Ritorno al futuro. ENJOY!



venerdì 22 maggio 2015

Il racconto dei racconti (2015)

Approfittando dell'insperata fortuna di trovarmi davanti una settimana ricca per quel che riguarda la programmazione cinematografica savonese, martedì sono andata a vedere Il racconto dei racconti, diretto e co-sceneggiato dal regista Matteo Garrone partendo da tre novelle contenute nell'opera omonima di Giambattista Basile.


Trama: in tre diversi regni vicini, una regina desidera ardentemente rimanere incinta, una principessa viene data in sposa ad un orco e un re si innamora perdutamente di una vecchia, ingannato dalla sua splendida voce..


In questi giorni il Cinema mi sta davvero regalando delle gioie. Prima c'è stato il trionfo di Mad Max: Fury Road, ora lo splendore visivo di questo Il racconto dei racconti, un film talmente bello da non sembrare nemmeno italiano. E invece, per fortuna, a parte gli attori principali (e la splendida fotografia di Peter Suschitzky) con l'ultima pellicola di Garrone si gioca interamente in casa e finalmente possiamo vantarci di quella Bella Italia che dovrebbe essere il nostro fiore all'occhiello nonché il nostro schiaffo morale agli occhi del mondo intero: i personaggi da fiaba de Il racconto dei racconti vivono, soffrono e soprattutto sbagliano nelle magnifiche stanze del Castello di Sammezzano, nel verde del bosco monumentale di Sasseto, tra le mura del Castello di Donnafugata, sulle rocce mozzafiato dove s'arrocca il Castello di Roccascalegna, nelle acque misteriose delle Gole dell'Alcantara, tra le strettissime pareti di roccia di Sovana e Sorano, solo per citare i luoghi che mi sono rimasti più impressi. I re e le principesse che rivivono sul grande schermo indossano abiti sfarzosi, talmente ricchi da lasciare senza parole, e interagiscono con creature fuori dall'immaginazione, le più belle che abbia mai visto in un film italiano: il mostro che sul finale attacca gli albini Eliah e Jonas è un incubo degno di Guillermo Del Toro e il drago che si vede all'inizio è molto, molto più realistico e delicato di quanto potrà mai essere lo Smaug della WETA, per non parlare della raccapricciante pulce formato famiglia del Re di Altomonte, talmente ben fatta da indurre a temere che possa uscire dallo schermo da un momento all'altro. Tutto questo orgoglioso sfoggio di artigianalità italiana viene amalgamato dalla sapiente regia di Garrone, che smussa alcuni difetti e lungaggini insite nella trama regalandoci immagini da imprimere nella mente per non scordarle mai più, in un continuo alternarsi di poesia e trivio, di allegra luce e triste oscurità, di commozione e risate, mentre l'evocativa colonna sonora di Alexandre Desplat culla l'orecchio dello spettatore trasportandolo inconsapevole all'interno di questo mondo che affonda le radici in un passato mai esistito e allo stesso tempo terribilmente familiare.


Avrete notato che, a differenza degli altri post, ho cominciato a parlare de Il racconto dei racconti partendo dalla tecnica mirabolante con cui è stato confezionato. Questo perché, onestamente, mi hanno catturata più le immagini del contenuto ma anche i tre racconti scelti non mi hanno lasciata indifferente, anzi. Finalmente, qualcuno ha avuto le palle di voltare le spalle alla "lezione Disney" e di proporre al pubblico delle fiabe senza snaturarle, lasciando intatta la loro ingenuità e soprattutto la loro terrificante crudeltà. Genitori alla lettura, non azzardatevi a portare i bambini a vedere Il racconto dei racconti: al di là di alcune immagini che ho trovato paurose persino io e di qualche nudo frontal-posteriore (sia benedetto Vincent Cassel e la sua chiappa d'oro) le tre storie selezionate dal cosiddetto "Pentamerone" sono angoscianti perché gettano in faccia allo spettatore tutta la pochezza della razza umana senza alcuna morale di fondo, lasciando i personaggi a subire un triste o mortale destino a causa dell'egoismo e dell'avidità di chi dovrebbe proteggerli e amarli. La regina che non può avere figli e la vecchia Dora sarebbero dei personaggi verso i quali provare pietà ma i loro desideri sono talmente violenti (come giustamente dice l'evocativo Necromante di Franco Pistoni) e loro talmente prive di scrupoli nel tentare di realizzarli che automaticamente la pietà si trasforma in repulsione, soprattutto quando la loro arroganza arriva a danneggiare i più deboli. La regina di Salma Hayek e la vecchia Dora sono due protagoniste complesse e sono in grado di suscitare sentimenti ambivalenti ma la storia che più mi ha toccata nel profondo, facendomi uscire dal cinema con un magone devastante, è quella che racconta di come il Re di Altomonte abbia dato in sposa la figlia Viola ad un orco, un racconto in cui la stupida freddezza di un solo uomo (che preferisce dare attenzioni ad una pulce piuttosto che alla figlia) causa l'infelicità e la morte anche di chi, pur essendo normalmente additato come "malvagio", non avrebbe sicuramente meritato una simile sorte. E qui mi fermo, altrimenti rischio di incappare nei tanto odiati spoiler. Voi invece non lasciatevi scoraggiare da eventuali recensioni tiepide e andate a vedere questo trionfo di fantasia e fiaba tutto italiano: vi assicuro che nessun blockbuster fantasy d'oltreoceano vi lascerà in bocca lo stesso gusto dolceamaro e nostalgico de Il racconto dei racconti!


Di Salma Hayek (Regina di Selvascura), Vincent Cassel (Re di Roccaforte), Toby Jones (Re di Altomonte) e John C. Reilly (Re di Selvascura) ho già parlato ai rispettivi link.

Matteo Garrone è il regista e co-sceneggiatore della pellicola. Originario di Roma, ha diretto film come L'imbalsamatore, Gomorra e Reality. Anche produttore e attore, ha 47 anni.


Shirley Henderson interpreta Imma. Scozzese, ha partecipato a film come Rob Roy, Trainspotting, Il diario di Bridget Jones, Harry Potter e la camera dei segreti, Che pasticcio Bridget Jones!, Harry Potter e il calice di fuoco, Marie Antoinette, Lo schiaccianoci 3D, Anna Karenina e a serie come Doctor Who. Ha 50 anni e un film in uscita.


Alba Rohrwacher interpreta la padrona del circo. Originaria di Firenze, ha partecipato a film come Melissa P., Mio fratello è figlio unico, Caos calmo, La solitudine dei numeri primi, Bella addormentata e Hungry Hearts. Ha 36 anni e tre film in uscita.


Massimo Ceccherini interpreta il padrone del circo. Originario di Firenze, lo ricordo per film come S.P.Q.R. 2000 e 1/2 anni fa, Cari fottutissimi amici, I laureati, Il ciclone, Fuochi d'artificio, Viola bacia tutti, Lucignolo e Faccia di Picasso. Anche regista e sceneggiatore, ha 50 anni.


Stacy Martin, che interpreta la giovane Dora, era la giovane Joe in Nymphomaniac mentre il Necromante altri non è che il meraviglioso Iettatore di Avanti un altro, alias Franco Pistoni. ENJOY!

Qui trovate la recensione di Lucia e quella de I 400 calci, con le quali mi trovo assolutamente d'accordo!

giovedì 21 maggio 2015

(Gio)WE, Bolla! del 21/05/2015

Buon giovedì a tutti! Dopo il piatto ricco della settimana scorsa, anche per i prossimi sette giorni si prevede una bella indigestione di cinema. Questi nuovi film saranno all'altezza dei precedenti? Ne dubito ma speriamo! ENJOY!

Tomorrowland
Reazione a caldo: Olé!
Bolla, rifletti!: Prima di Avengers - Age of Ultron c'è stata una preview di qualche minuto dell'ultimo film prodotto dalla Disney ed ispirato ad una delle attrazioni di Disneyland e, che dire, sono stata presa in pieno come una boccalona. Azione, avventura, ritmo, George Clooney e Dr. House. What else...?

Youth - La giovinezza
Reazione a caldo: Olé! (2)
Bolla, rifletti!: Dopo i bellissimi This Must Be the Place e La grande bellezza aspetto Sorrentino al varco. Aspetto anche le badilate sui marroni e l'occhio a mezz'asta se è per questo. Speriamo bene...

Survivor 
Reazione a caldo: Bah
Bolla, rifletti!: Nonostante il cast stellare questo film mi ispira poco o nulla: terrorismo e giochi di spie sono diventati un po' inflazionati, per quanto attuali.

The Lazarus Effect
Reazione a caldo: Beh
Bolla, rifletti!: Sarà sicuramente una belinata epica, infarcita di cliché, ma sono mesi che non danno un horror al cinema quindi probabilmente mi fionderò a vederlo. Anche perché nel cast ci sono Evan Peters e Ray Wise, mica pizza e fichi!

E al cinema d'élite restano indietro? No, credo di no...

The Fighters
Reazione a caldo: Hmm...
Bolla, rifletti!: "Un film sentimentale girato come un film d'avventura, in cui i paesaggi sono importanti quanto i personaggi." Qualcuno lo ha definito un Moonrise Kingdom con protagonisti adulti, già solo per questo mi verrebbe voglia di vederlo, in più pare che l'anno scorso a Cannes abbia fatto man bassa di premi. Devo proprio recuperarlo!

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