Martedì ho onorato la riapertura del multisala savonese andando a vedere l'horror Liberaci dal male (Deliver Us From Evil), diretto e co-sceneggiato dal regista Scott Derrickson e tratto dal libro Beware the Night di Ralph Sarchie e Lisa Collier Cool.
Trama: Nel Bronx si scatena un'inspiegabile epidemia di omicidi, suicidi, violenze e fenomeni paranormali. Il Detective Sarchie si ritrova in mezzo a questa serie di eventi e, per venirne a capo, è costretto a collaborare con il peculiare Padre Mendoza...
Liberaci dal male comincia benissimo e, per un attimo, mi aveva quasi convinto. Lontano dall'essere uno dei soliti horror di ultima generazione a base di case infestate, nonostante si accenni ad esse in più di un'occasione, il film di Scott Derrickson si presenta infatti come un interessante e peculiare mix di horror paranormale e thriller poliziesco dove gli sbirri sono duri e puri, amanti della giustizia inculcata a cazzotti o peggio. All'interno di una realtà normale, per quanto violenta, questi sbirri abituati a trovarsi davanti un male "razionale" (anche nella follia) da sconfiggere a colpi di manette e pugni vengono costretti a fronteggiare IL Male, quello con la M maiuscola e con poteri in grado di possedere le persone e portarle a compiere gesti inenarrabili; chiunque può essere il bersaglio e il veicolo di questo Male che viene da lontano e le indagini per risalire alla sua fonte, comprenderne l'origine e punire i colpevoli sono ovviamente complicate dall'imprevedibilità di quest'apparente epidemia di pazzia e dall'impossibilità di arrestare o uccidere un'entità priva di un suo corpo fisico, tanto che i protagonisti si ritrovano ad essere sempre più impotenti e paranoici, come già accadeva al povero Denzel Washington ne Il tocco del male. Purtroppo, questi intriganti elementi della trama servono a reggere giusto la prima parte del film perché poi Liberaci dal male prende la solita deriva "esorcistica" con un'aggravante che riesce a renderlo particolarmente fastidioso: il didascalismo. Ad un certo punto i tormenti interiori del detective Sarchie e di Padre Mendoza vengono sviscerati con dovizia di parole, ragionamenti ed elucubrazioni (e questo posso anche accettarlo sebbene l'apologia del perdono che la Chiesa ha offerto al prete drogato e libertino mi abbia ricordato anche troppo il frequente insabbiamento di peccati quali la pedofilia, che è tutto meno che apprezzabile) ma l'apice dell'assurdità viene toccato dall'esorcismo finale spiegato passo per passo neanche ci trovassimo di fronte ad un bignami del perfetto purificatore di Demoni. Mezz'ora di "io ti esorcizzo", un po' in italiano e un po' in spagnolo, alternata a sparate come "Questa è la fase uno: la lotta. Questa è la fase due: la stasi. Ecc..". Insopportabile, interminabile e noiosissima nonostante il gran dispendio di ottimi effetti speciali.
Effettivamente, non si può dire che Liberaci dal male non sia girato bene, per carità. La "punta di diamante", se così si può dire, della pellicola sono le inquietantissime sequenze ambientate nella camera della figlia di Sarchie, con quel dannato gufo occhiuto che in un istante mi ha fatto passare ogni amore per queste povere bestiole, la visita dei due poliziotti nella casa infestata e, come ho detto, se non fosse mortalmente noiosa anche la lunghissima scena dell'esorcismo sarebbe stata molto bella da vedere, soprattutto grazie all'intensa interpretazione dell'inglese Sean Harris. Questo attore, vuoi anche per il make up particolarmente convincente, è a dir poco magnetico e riesce a trasformare uno sguardo apparentemente inespressivo nella rappresentazione stessa dell'abisso del Maligno, roba che a trovarsi davanti uno così per strada ci sarebbe da stramazzare di paura senza che lui compia nemmeno un gesto. Il resto del cast è abbastanza anonimo e nella norma, con attori che starebbero meglio in un action/poliziesco piuttosto che in un horror, mentre il prete di Édgar Ramírez, col suo look da fighetto, a lungo andare più che suscitare interesse fa un po' ridere, quasi quanto le mise indossate dalla moglie di Sarchie per andare in chiesa o il fatto che il suo collega vada in giro armato solo di coltelli senza portare con sé nemmeno una pistola (pattugli il Bronx solo con due coltellini? Davvero??? Contento te...). In definitiva, Liberaci dal male è una di quelle pellicole che portano a dire "carino, ma si poteva fare molto di più"; purtroppo il film non riesce a staccarsi dalle storie demoniache che quest'anno hanno invaso i grandi schermi e, incapace di mantenere a lungo la sua peculiare natura ibrida, si adagia a poco a poco su sentieri già battuti e assai poco entusiasmanti. Un vero peccato, soprattutto perché di Scott Derrickson avevo sentito parlare un gran bene ai tempi di quel Sinister che devo ancora vedere e che, spero, riuscirà ad inquietarmi ed entusiasmarmi ben più di quanto abbia fatto Liberaci dal male.
Scott Derrickson è il regista e co-sceneggiatore della pellicola. Americano, ha diretto film come Hellraiser 5: Inferno sulla terra, The Exorcism Emily Rose, Ultimatum alla Terra e Sinister. Anche produttore, ha 37 anni e due film in uscita, tra i quali dovrebbe esserci anche il Marvelliano Dottor Strange, previsto per il 2016.
Eric Bana (vero nome Eric Banadinovich) interpreta il detective Sarchie. Australiano, ha partecipato a film come Hulk, Troy, Munich e Star Trek, inoltre ha lavorato come doppiatore in Alla ricerca di Nemo. Anche sceneggiatore, produttore e regista, ha 46 anni e un film in uscita.
Édgar Ramírez, che interpreta Padre Mendoza, aveva già indossato l'abito talare in The Counselor - Il procuratore. Sempre a proposito di attori, il ruolo di Sarchie era stato offerto a Mark Wahlberg, che però ha rifiutato. Detto questo, se Liberaci dal male vi fosse piaciuto recuperate anche Il rito o Il tocco del male. ENJOY!
domenica 31 agosto 2014
sabato 30 agosto 2014
Fabbrica dei Sogni Day
In verità il DAY era giovedì ma avevo già un paio di post in programma e non sono riuscita degnamente ad onorare i 6 anni del blog di Arwen, La fabbrica dei sogni.
Purtroppo di recensire un film in così breve tempo non se ne parla e la classifica personale dei migliori film usciti tra il 2008 (anno di nascita del blog) e il 2013 era già stata pubblicata parzialmente QUI... quindi ho deciso di fare gli auguri a La fabbrica dei sogni sfruttando un'altra delle passioni di Arwen e tirando fuori dal cappello una canzone che all'età di 8 anni mi aveva fatta letteralmente impazzire (mentre il meraviglioso film da cui è tratta, ovvero il primo Batman di Tim Burton, l'avrei conosciuto ovviamente qualche anno dopo, al momento del passaggio televisivo).
Auguroni dunque ad Arwen e alla Fabbrica dei sogni! Auguri e... get the funk up!!!
Purtroppo di recensire un film in così breve tempo non se ne parla e la classifica personale dei migliori film usciti tra il 2008 (anno di nascita del blog) e il 2013 era già stata pubblicata parzialmente QUI... quindi ho deciso di fare gli auguri a La fabbrica dei sogni sfruttando un'altra delle passioni di Arwen e tirando fuori dal cappello una canzone che all'età di 8 anni mi aveva fatta letteralmente impazzire (mentre il meraviglioso film da cui è tratta, ovvero il primo Batman di Tim Burton, l'avrei conosciuto ovviamente qualche anno dopo, al momento del passaggio televisivo).
Auguroni dunque ad Arwen e alla Fabbrica dei sogni! Auguri e... get the funk up!!!
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venerdì 29 agosto 2014
Transformers 4 e la sua estinzione... forse!
Dando un’occhiata ai programmi stasera in tv, la mia attenzione è caduta sull’inutile “Hong Kong - Colpo su colpo”, film d’azione del 1998 con Jean-Claude Van Damme. E a proposito di “inutile”, mi è così venuto in mente che di recente nelle sale è uscito il 4° capitolo della saga Transformers dal titolo temerario Transformers 4 – L’era dell’estinzione. Ma estinzione di cosa esattamente? Della saga o di che altro?
La mia è ovviamente una provocazione, una domanda che vuole giocare sul fatto che in molti lo ritengono ormai un film privo di ogni significato realizzato solo per accontentare i fanatici degli effetti speciali e delle tuonanti esplosioni che rimbombano per tutto il film. Su una durata della pellicola di 164 minuti (esatto, ben 164 minuti!), credo che almeno 100 siano contornati da incessanti “boom” ed esplosioni di ogni genere.
A tal proposito mi viene in mente proprio una delle scene finali dove per circa 10/15 minuti si assiste alla distruzione di un’intera città dovuto ad un grosso magnete attaccato ad una navicella spaziale enorme in mano al nemico che sovrasta la città. Certo, devo dire che proprio quel magnete genera un suono davvero particolare che grazie al sofisticato impianto sonoro di un cinema ha il suo perché ed anche un certo fascino. Ma sentire questo rumore insieme a quello dei mille vetri che vanno in frantumi o a quello di accartocciamento delle macchine che si ritrovano sospese in aria a causa della potente forza magnetica, alla lunga stanca. E quei 15 minuti diventano così nauseabondi.
Per tutto questo e soprattutto per il fatto che il cast umano del film è totalmente cambiato segnandone così quasi un reboot e facendo sparire del tutto Shia LaBeouf senza alcuna spiegazione logica da dare al pubblico, Transformers 4 risulta senza dubbio uno di quei film privo di significato se non semplicemente quello di intrattenere il pubblico. Certamente questo non sarà uno scopo nobile tipico dei più bei film d’autore che tentano in qualche modo di lasciare un messaggio di vita a chi lo guarda, ma non lo fa neanche rientrare tra i peggiori film della storia dell’umanità.
Di fatto Transformers 4 vuole solo essere una macchina d’intrattenimento ed in questo Michael Bay, regista del film, ci riesce molto bene. Con oltre 2 ore di sceneggiatura su cui ricamare macchine che sfrecciano tra campi di grano ed autostrade, razzi che vengono schivati da enormi giganti di metallo, robot che si prendono a calci e pugni, navicelle spaziali con interni simili a quelli di Alien, allo spettatore viene impressa la giusta energia e il giusto input per non annoiarsi e proseguire il film fino alla fine.
Il regista eccede probabilmente in scene di combattimento proponendone fin troppe, ma si sa bene che Bay ama questo tipo di cose e non a caso è proprio lui lo stesso regista che si è occupato di alcuni titoli come Bad Boys, Armageddon, Pearl Harbor, Pain & Gain e The Island. Film utili solo per passare qualche ora in totale spensieratezza. Nulla di più.
Ma oltre ad essere una macchina d’intrattenimento vuole anche (e soprattutto) essere una macchina per fare soldi. Il film ha infatti incassato talmente tanto nel mondo da farlo rientrare nella classifica dei film con il maggiore incasso nella storia del cinema posizionandosi al momento al 12° posto. Ed è proprio questo che dimostra che Transformers non è una saga giunta al termine ma che anzi è un prodotto molto amato dalla maggior parte delle persone tanto da spenderci qualche soldo per andarlo a vedere al cinema.
La mia è ovviamente una provocazione, una domanda che vuole giocare sul fatto che in molti lo ritengono ormai un film privo di ogni significato realizzato solo per accontentare i fanatici degli effetti speciali e delle tuonanti esplosioni che rimbombano per tutto il film. Su una durata della pellicola di 164 minuti (esatto, ben 164 minuti!), credo che almeno 100 siano contornati da incessanti “boom” ed esplosioni di ogni genere.
A tal proposito mi viene in mente proprio una delle scene finali dove per circa 10/15 minuti si assiste alla distruzione di un’intera città dovuto ad un grosso magnete attaccato ad una navicella spaziale enorme in mano al nemico che sovrasta la città. Certo, devo dire che proprio quel magnete genera un suono davvero particolare che grazie al sofisticato impianto sonoro di un cinema ha il suo perché ed anche un certo fascino. Ma sentire questo rumore insieme a quello dei mille vetri che vanno in frantumi o a quello di accartocciamento delle macchine che si ritrovano sospese in aria a causa della potente forza magnetica, alla lunga stanca. E quei 15 minuti diventano così nauseabondi.
Per tutto questo e soprattutto per il fatto che il cast umano del film è totalmente cambiato segnandone così quasi un reboot e facendo sparire del tutto Shia LaBeouf senza alcuna spiegazione logica da dare al pubblico, Transformers 4 risulta senza dubbio uno di quei film privo di significato se non semplicemente quello di intrattenere il pubblico. Certamente questo non sarà uno scopo nobile tipico dei più bei film d’autore che tentano in qualche modo di lasciare un messaggio di vita a chi lo guarda, ma non lo fa neanche rientrare tra i peggiori film della storia dell’umanità.
Di fatto Transformers 4 vuole solo essere una macchina d’intrattenimento ed in questo Michael Bay, regista del film, ci riesce molto bene. Con oltre 2 ore di sceneggiatura su cui ricamare macchine che sfrecciano tra campi di grano ed autostrade, razzi che vengono schivati da enormi giganti di metallo, robot che si prendono a calci e pugni, navicelle spaziali con interni simili a quelli di Alien, allo spettatore viene impressa la giusta energia e il giusto input per non annoiarsi e proseguire il film fino alla fine.
Il regista eccede probabilmente in scene di combattimento proponendone fin troppe, ma si sa bene che Bay ama questo tipo di cose e non a caso è proprio lui lo stesso regista che si è occupato di alcuni titoli come Bad Boys, Armageddon, Pearl Harbor, Pain & Gain e The Island. Film utili solo per passare qualche ora in totale spensieratezza. Nulla di più.
Ma oltre ad essere una macchina d’intrattenimento vuole anche (e soprattutto) essere una macchina per fare soldi. Il film ha infatti incassato talmente tanto nel mondo da farlo rientrare nella classifica dei film con il maggiore incasso nella storia del cinema posizionandosi al momento al 12° posto. Ed è proprio questo che dimostra che Transformers non è una saga giunta al termine ma che anzi è un prodotto molto amato dalla maggior parte delle persone tanto da spenderci qualche soldo per andarlo a vedere al cinema.
giovedì 28 agosto 2014
(Gio)WE, Bolla! del 28/8/2014
Buon giovedì a tutti! Mentre in tutta Italia escono pellicole come Mud, Under the Skin e Il fuoco della vendetta, a Savona dobbiamo come al solito accontentarci degli scarti. Pronti per un diludendo quasi peggiore di quello delle scorse settimane? ENJOY!
Into the Storm
Reazione a caldo: Mah!
Bolla, rifletti!: Al di là dei terremoti, se c'è una cosa che mi ha SEMPRE terrorizzata fin da piccina è l'idea del tornado. Per fortuna, se c'è una cosa che non mi è mai piaciuta sono i film "catastrofici" come questo che, oltre agli effetti speciali e quel gran figone di Richard Armitage, di solito offrono proprio poco. Quindi salterò tranquillamente, preservando la mia fragile psiche.
Quel momento imbarazzante
Reazione a caldo: Sarebbe sicuramente quello in cui qualcuno mi proponesse questo film...
Bolla, rifletti!: La commedia romantica che vuole sovvertire le regole della commedia romantica e che quindi, paradossalmente, finirà per essere sicuramente la più romantica delle commedie romantiche. Basta, ho già il diabete, lo eviterò come la peste!
Planes 2 - Missione antincendio
Reazione a caldo: Bleah!
Bolla, rifletti!: So di essere una brutta persona perché a me Cars non è piaciuto. Planes era, a detta di chi l'ha visto (e non stento a crederlo) il cugino maffo di Cars ma con gli aeroplanini al posto delle macchine. Di un sequel credo davvero non se ne sentisse il bisogno.
Into the Storm
Reazione a caldo: Mah!
Bolla, rifletti!: Al di là dei terremoti, se c'è una cosa che mi ha SEMPRE terrorizzata fin da piccina è l'idea del tornado. Per fortuna, se c'è una cosa che non mi è mai piaciuta sono i film "catastrofici" come questo che, oltre agli effetti speciali e quel gran figone di Richard Armitage, di solito offrono proprio poco. Quindi salterò tranquillamente, preservando la mia fragile psiche.
Quel momento imbarazzante
Reazione a caldo: Sarebbe sicuramente quello in cui qualcuno mi proponesse questo film...
Bolla, rifletti!: La commedia romantica che vuole sovvertire le regole della commedia romantica e che quindi, paradossalmente, finirà per essere sicuramente la più romantica delle commedie romantiche. Basta, ho già il diabete, lo eviterò come la peste!
Planes 2 - Missione antincendio
Reazione a caldo: Bleah!
Bolla, rifletti!: So di essere una brutta persona perché a me Cars non è piaciuto. Planes era, a detta di chi l'ha visto (e non stento a crederlo) il cugino maffo di Cars ma con gli aeroplanini al posto delle macchine. Di un sequel credo davvero non se ne sentisse il bisogno.
mercoledì 27 agosto 2014
Il Bollospite: La notte del demonio (1957)
Tornano le recensioni in tandem con Arwen de La fabbrica dei sogni! Stavolta è toccato a me scegliere e, complice la visione di Drag Me to Hell e un paio di scambi di messaggi con il buon Roberto E. D'Onofrio, ho deciso di parlare di La notte del demonio (Night of the Demon), diretto nel 1957 dal regista Jacques Tourneur e tratto dal racconto L'incantesimo delle rune di M.R. James. Ovviamente, la recensione potete leggerla anche QUI.
Trama: Lo scettico Dr. Holden si ritrova invischiato nelle indagini riguardanti un culto satanico capeggiato dall'ambiguo Dr. Karswell e viene colpito da una terribile maledizione che rischia di lasciargli solo tre giorni di vita...
Ragazzi che film!!! Innanzitutto ringrazio la mitica Bolla per avermelo fatto conoscere, il film l'ho visto ieri e sono rimasta molto colpita dalla capacità di Jaques Tourneur, di creare tensione e inquietudine ad ogni inquadratura.
E' difficile fare un buon film horror, ma dobbiamo tenere in considerazione che il film è degli anni 50, e seppur girato con i mezzi a disposizione di allora - non c'era ovviamente la tecnologia di oggi, che in parte ha snaturato di molto il genere - c'è molta capacità di creare la giusta tensione in un horror che si rispetti.
Il film viaggia a metà strada su scienza e magia, e presenta due personaggi all'opposto che si scontrano su degli avvenimenti che non possono essere presi con razionalità.
Il personaggio del mago ovvero Karswell è quello che mi ha colpito maggiormente, incarna la figura della persona pericolosa che si scontra con lo scettico scienziato, Dr Holden che lo crede un ciarlatano.
Sarà un gioco da caccia al gatto con il topo, mentre il mago riesce con astuzia a mettere in luce le sue facoltà e a prendere per il naso Holden, quest'ultimo deve far luce sugli strani avvenimenti che hanno causato la morte dello zio di una giovane, che anche lei vuole vederci chiaro.
Sin dall'inizio il regista ci mostra che i fatti messi in luce hanno qualcosa di sovrannaturale, è lo scienziato che non crede in esso, e nel suo scetticismo, non si accorge che è già dentro un gioco più grande di lui.
Gli avvenimenti inspiegabili narrati nel film svolgono un azione sorprendente e repentina, Karswell, è imprevedibile, non è possibile giocare d'astuzia con lui, Holden si renderà conto che non basta la razionalità per far luce sul mistero della morte del collega, nonchè zio di una giovane ragazza che gli ha chiesto esplicitamente di cercare di scoprire cosa è accaduto.
Nel film c'è un lavoro di regia magistrale e attento, Jaques Tourneur lo conoscevo perchè anni fa vidi un altro bellissimo film, Il Bacio della pantera, che spero di recensire presto.
Tourneur è molto bravo a sottolineare questo mix tra razionalità e irrazionalità, tra ciò che si può spiegare, e ciò che non si può spiegare, e si cela in eventi incomprensibili che hanno qualcosa di occulto.
Nel finale però, si capisce un altra cosa, ben più incredibile perchè non se lo aspetta nessuno, perchè Holden smette di essere razionale, e comincia a vedere le cose in un altro modo, e qui il destino gioca a suo favore, ma non vi dico altro per non rovinarvi la sorpresa, dico soltanto che questo è un grandissimo film, che ahimè non sapevo nemmeno della sua esistenza.
Un capolavoro punto.
Ringrazio ancora l'amica Bolla sia per avermi proposto di recensire insieme questo film, sia per avermelo fatto conoscere, perchè ho di fatto aggiunto un altro cult alla lista dei miei film horror preferiti, e il che non è poco.
In conclusione, il film è tutto giocato sull'intelligenza e l'imprevedibilità, in maniera ambigua in cui lo spettatore cerca in un modo o nell'altro di indovinare cosa succede dopo, rendendolo partecipe al film, e questo signori miei succede raramente, molto raramente.
Girato negli anni '50, La notte del demonio è un perfetto esempio di come non siano il sangue o gli effetti speciali a fare un buon horror, ma l'atmosfera e il sapiente uso di una regia in grado di giocare con i dettagli, le luci e le ombre in modo da coinvolgere e confondere lo spettatore. La notte del demonio non offre infatti facili risposte ed è volutamente ambiguo sia per quel che riguarda la sua realizzazione sia per la storia raccontata, un thriller sovrannaturale dove la magia e la demonologia si mescolano alla scienza e alla psicologia, mettendo in scena uno scontro vecchio di decenni. La sequenza iniziale non lascerebbe spazio a dubbi riguardo alla natura "magica" degli eventi che accadono nel corso del film, tuttavia lo spettatore può tranquillamente scegliere se schierarsi dalla parte del Dr. Holden e ritenere il tutto frutto di una suggestione in grado di evocare orribili visioni oppure dalla parte del Dr. Karswell, dal sembiante pacioso e demoniaco al tempo stesso, abile stregone o forse ancor più abile ciarlatano: d'altronde, com'è noto e come viene ripetuto più volte nel corso della pellicola, la magia (e questo vale anche per quella cinematografica) funziona solo se la gente crede in essa e tutto, in La notte del demonio, congiura per cancellare ogni parvenza di scetticismo e per lasciare quindi i protagonisti alla mercé di un'incomprensibile (ir)realtà. Mentre le "coincidenze" mortali si affastellano l'una sull'altra il Dr. Holden viene schiacciato da una cappa di progressiva diffidenza che gli impedisce di discernere gli alleati dai nemici e che lo costringe ad allargare i suoi limitati (per quanto vasti) orizzonti cognitivi onde lasciare uno spiraglio da cui possano entrare anche quei concetti che superano la scienza, tuttavia la particolarità di La notte del demonio è che, fino all'ultimo, il protagonista non dichiarerà di credere perché, tante volte, "è meglio non sapere", come viene ribadito in uno dei finali più moderni e mozzafiato della storia del Cinema.
Dopo quasi 60 anni La notte del demonio riesce a mettere ansia anche grazie alle immagini, ovviamente. Non tanto per quelle che mostrano l'inquietante Bestia che perseguita le vittime della maledizione (immagini volute dal produttore Hal E. Chester, non da Tourneur, e aggiunte pare all'insaputa del regista), quanto per le riprese di dettagli apparentemente insignificanti, per l'oscurità che sembra sempre sostare a pochi centimetri dagli attori, pronta a ghermirli (come la mano di Karswell che, in una sequenza particolarmente riuscita, insegue Holden senza che lui se ne accorga), per la roboante musica carica di tensione che si alterna ad un fischiettio quasi innocente, per quelle spaventevoli nuvole che sembrano squarciare il cielo e anche la pellicola, lo schermo, come se il Demonio stesse venendo a prendere proprio noi. Sfortunatamente, non ho potuto guardare La notte del Demonio in lingua originale ma ho apprezzato ovviamente la prova di tutti gli attori coinvolti. Dana Andrews non si scompone mai e ha sempre quei capelli perfettamente pettinati di chi si mantiene granitico anche davanti al terrore dell'inspiegabile e Peggy Cummins non è la solita damsel in distress ma si propone come un valido modello di donna forte, sicura e in grado di mettere una pezza laddove la sicumera dell'uomo (per di più "scienziato") farebbe solo casini ma il migliore di tutti è senza dubbio Niall McGinnis, che interpreta il Dr. Karswell. Il caratterista irlandese riesce a dar vita ad un personaggio complesso e pieno di sfumature, terrificante in una scena e apparentemente innocuo in quella dopo, talmente imprevedibile che spesso mi sono ritrovata a temere per la vita della vecchia madre impicciona, un elemento bizzarro in grado di stemperare con un pizzico d'ironia una vicenda altrimenti fosca e assai paurosa. Detto questo, cospargo il capo di cenere per aver aspettato così tanti anni a guardare un capolavoro come La notte del demonio e lo consiglio spassionatamente a tutti gli amanti dell'horror e del buon cinema!
Jacques Tourneur è il regista della pellicola. Francese, ha diretto film come Il bacio della pantera, Ho camminato con uno zombi, Il clan del terrore ed episodi delle serie Bonanza e Ai confini della realtà. Anche attore, è morto nel 1977 all'età di 73 anni.
La notte del demonio (che negli USA è conosciuto come Curse of the Demon e non Night of the Demon) è talmente seminale da essere stato citato anche in Science Fiction/Double Feature, canzone di apertura del Rocky Horror Picture Show, dove viene detto che "Dana Andrews said prunes gave him the runes, but passing them used lots of skills". Sempre a proposito di Dana Andrews, l'attore sarebbe poi tornato a collaborare con Tourneur ne La piovra nera. Se La notte del demonio vi fosse piaciuto, guardatevi il già citato omaggio di Sam Raimi, Drag me to Hell, e ovviamente capisaldi come Rosemary's Baby, The Wicker Man e Il bacio della pantera. ENJOY!
Trama: Lo scettico Dr. Holden si ritrova invischiato nelle indagini riguardanti un culto satanico capeggiato dall'ambiguo Dr. Karswell e viene colpito da una terribile maledizione che rischia di lasciargli solo tre giorni di vita...
Il punto di vista di Arwen...
Ragazzi che film!!! Innanzitutto ringrazio la mitica Bolla per avermelo fatto conoscere, il film l'ho visto ieri e sono rimasta molto colpita dalla capacità di Jaques Tourneur, di creare tensione e inquietudine ad ogni inquadratura.
E' difficile fare un buon film horror, ma dobbiamo tenere in considerazione che il film è degli anni 50, e seppur girato con i mezzi a disposizione di allora - non c'era ovviamente la tecnologia di oggi, che in parte ha snaturato di molto il genere - c'è molta capacità di creare la giusta tensione in un horror che si rispetti.
Il film viaggia a metà strada su scienza e magia, e presenta due personaggi all'opposto che si scontrano su degli avvenimenti che non possono essere presi con razionalità.
Il personaggio del mago ovvero Karswell è quello che mi ha colpito maggiormente, incarna la figura della persona pericolosa che si scontra con lo scettico scienziato, Dr Holden che lo crede un ciarlatano.
Sarà un gioco da caccia al gatto con il topo, mentre il mago riesce con astuzia a mettere in luce le sue facoltà e a prendere per il naso Holden, quest'ultimo deve far luce sugli strani avvenimenti che hanno causato la morte dello zio di una giovane, che anche lei vuole vederci chiaro.
Sin dall'inizio il regista ci mostra che i fatti messi in luce hanno qualcosa di sovrannaturale, è lo scienziato che non crede in esso, e nel suo scetticismo, non si accorge che è già dentro un gioco più grande di lui.
Gli avvenimenti inspiegabili narrati nel film svolgono un azione sorprendente e repentina, Karswell, è imprevedibile, non è possibile giocare d'astuzia con lui, Holden si renderà conto che non basta la razionalità per far luce sul mistero della morte del collega, nonchè zio di una giovane ragazza che gli ha chiesto esplicitamente di cercare di scoprire cosa è accaduto.
Nel film c'è un lavoro di regia magistrale e attento, Jaques Tourneur lo conoscevo perchè anni fa vidi un altro bellissimo film, Il Bacio della pantera, che spero di recensire presto.
Tourneur è molto bravo a sottolineare questo mix tra razionalità e irrazionalità, tra ciò che si può spiegare, e ciò che non si può spiegare, e si cela in eventi incomprensibili che hanno qualcosa di occulto.
Nel finale però, si capisce un altra cosa, ben più incredibile perchè non se lo aspetta nessuno, perchè Holden smette di essere razionale, e comincia a vedere le cose in un altro modo, e qui il destino gioca a suo favore, ma non vi dico altro per non rovinarvi la sorpresa, dico soltanto che questo è un grandissimo film, che ahimè non sapevo nemmeno della sua esistenza.
Un capolavoro punto.
Ringrazio ancora l'amica Bolla sia per avermi proposto di recensire insieme questo film, sia per avermelo fatto conoscere, perchè ho di fatto aggiunto un altro cult alla lista dei miei film horror preferiti, e il che non è poco.
In conclusione, il film è tutto giocato sull'intelligenza e l'imprevedibilità, in maniera ambigua in cui lo spettatore cerca in un modo o nell'altro di indovinare cosa succede dopo, rendendolo partecipe al film, e questo signori miei succede raramente, molto raramente.
... E quello della Bolla!
Girato negli anni '50, La notte del demonio è un perfetto esempio di come non siano il sangue o gli effetti speciali a fare un buon horror, ma l'atmosfera e il sapiente uso di una regia in grado di giocare con i dettagli, le luci e le ombre in modo da coinvolgere e confondere lo spettatore. La notte del demonio non offre infatti facili risposte ed è volutamente ambiguo sia per quel che riguarda la sua realizzazione sia per la storia raccontata, un thriller sovrannaturale dove la magia e la demonologia si mescolano alla scienza e alla psicologia, mettendo in scena uno scontro vecchio di decenni. La sequenza iniziale non lascerebbe spazio a dubbi riguardo alla natura "magica" degli eventi che accadono nel corso del film, tuttavia lo spettatore può tranquillamente scegliere se schierarsi dalla parte del Dr. Holden e ritenere il tutto frutto di una suggestione in grado di evocare orribili visioni oppure dalla parte del Dr. Karswell, dal sembiante pacioso e demoniaco al tempo stesso, abile stregone o forse ancor più abile ciarlatano: d'altronde, com'è noto e come viene ripetuto più volte nel corso della pellicola, la magia (e questo vale anche per quella cinematografica) funziona solo se la gente crede in essa e tutto, in La notte del demonio, congiura per cancellare ogni parvenza di scetticismo e per lasciare quindi i protagonisti alla mercé di un'incomprensibile (ir)realtà. Mentre le "coincidenze" mortali si affastellano l'una sull'altra il Dr. Holden viene schiacciato da una cappa di progressiva diffidenza che gli impedisce di discernere gli alleati dai nemici e che lo costringe ad allargare i suoi limitati (per quanto vasti) orizzonti cognitivi onde lasciare uno spiraglio da cui possano entrare anche quei concetti che superano la scienza, tuttavia la particolarità di La notte del demonio è che, fino all'ultimo, il protagonista non dichiarerà di credere perché, tante volte, "è meglio non sapere", come viene ribadito in uno dei finali più moderni e mozzafiato della storia del Cinema.
Dopo quasi 60 anni La notte del demonio riesce a mettere ansia anche grazie alle immagini, ovviamente. Non tanto per quelle che mostrano l'inquietante Bestia che perseguita le vittime della maledizione (immagini volute dal produttore Hal E. Chester, non da Tourneur, e aggiunte pare all'insaputa del regista), quanto per le riprese di dettagli apparentemente insignificanti, per l'oscurità che sembra sempre sostare a pochi centimetri dagli attori, pronta a ghermirli (come la mano di Karswell che, in una sequenza particolarmente riuscita, insegue Holden senza che lui se ne accorga), per la roboante musica carica di tensione che si alterna ad un fischiettio quasi innocente, per quelle spaventevoli nuvole che sembrano squarciare il cielo e anche la pellicola, lo schermo, come se il Demonio stesse venendo a prendere proprio noi. Sfortunatamente, non ho potuto guardare La notte del Demonio in lingua originale ma ho apprezzato ovviamente la prova di tutti gli attori coinvolti. Dana Andrews non si scompone mai e ha sempre quei capelli perfettamente pettinati di chi si mantiene granitico anche davanti al terrore dell'inspiegabile e Peggy Cummins non è la solita damsel in distress ma si propone come un valido modello di donna forte, sicura e in grado di mettere una pezza laddove la sicumera dell'uomo (per di più "scienziato") farebbe solo casini ma il migliore di tutti è senza dubbio Niall McGinnis, che interpreta il Dr. Karswell. Il caratterista irlandese riesce a dar vita ad un personaggio complesso e pieno di sfumature, terrificante in una scena e apparentemente innocuo in quella dopo, talmente imprevedibile che spesso mi sono ritrovata a temere per la vita della vecchia madre impicciona, un elemento bizzarro in grado di stemperare con un pizzico d'ironia una vicenda altrimenti fosca e assai paurosa. Detto questo, cospargo il capo di cenere per aver aspettato così tanti anni a guardare un capolavoro come La notte del demonio e lo consiglio spassionatamente a tutti gli amanti dell'horror e del buon cinema!
Jacques Tourneur è il regista della pellicola. Francese, ha diretto film come Il bacio della pantera, Ho camminato con uno zombi, Il clan del terrore ed episodi delle serie Bonanza e Ai confini della realtà. Anche attore, è morto nel 1977 all'età di 73 anni.
La notte del demonio (che negli USA è conosciuto come Curse of the Demon e non Night of the Demon) è talmente seminale da essere stato citato anche in Science Fiction/Double Feature, canzone di apertura del Rocky Horror Picture Show, dove viene detto che "Dana Andrews said prunes gave him the runes, but passing them used lots of skills". Sempre a proposito di Dana Andrews, l'attore sarebbe poi tornato a collaborare con Tourneur ne La piovra nera. Se La notte del demonio vi fosse piaciuto, guardatevi il già citato omaggio di Sam Raimi, Drag me to Hell, e ovviamente capisaldi come Rosemary's Baby, The Wicker Man e Il bacio della pantera. ENJOY!
martedì 26 agosto 2014
The Uninvited (2009)
Qualche sera fa sono riuscita a guardare The Uninvited, diretto nel 2009 dai registi Charles e Thomas Guard e remake del coreano Two Sisters.
Trama: Anna torna a casa dopo un periodo passato in una clinica psichiatrica per lo shock causato dalla morte della madre. La ragazza, preda di orribili visioni, crede che "qualcosa" stia cercando di mettere in guardia lei e la sorella Alex dalla futura matrigna...
Quando si decide di girare il remake di una pellicola orientale ad uso e consumo del popolo bue occidentale si rischia di appiattire a dismisura l'opera originale e i concetti che la animavano. Certo, chi ha avuto occasione di vedere solo remake molto probabilmente è una persona a cui del cinema orientale, che sia o meno horror (sebbene "horror" sia un concetto improprio e troppo limitato), non frega una benemerita e, altrettanto probabilmente, apprezzerà incondizionatamente il rifacimento senza preoccuparsi di recuperare l'originale da cui è stato tratto; chi invece, come la sottoscritta, preferisce recuperare prima "le fonti", solitamente si ritrova a bestemmiare davanti ad un film che la gran parte del pubblico non giudicherebbe nemmeno troppo malamente. Nel caso di The Uninvited, poveraccio lui e tutti quelli che hanno lavorato al film, si parla di un horror neppure troppo deprecabile, anzi. Gli attori sono validi, soprattutto il terzetto di donne protagoniste, le ambientazioni sono ancor più belle e suggestive, con quelle splendide villette sulla riva del lago che farebbero venire voglia a chiunque di andarci ad abitare, la trama è intrigante e offrirebbe un twist per nulla banale, roba da far rimanere a bocca aperta più di uno spettatore, le apparizioni sovrannaturali mettono addosso qualche brivido e conferiscono pepe alla "solita" vicenda che prevede una matrigna cattiva e due figliole che cercano inutilmente di mettere in guardia il papà. Se dovessi quindi parlare di The Uninvited da un punto di vista "vergine" ne consiglierei il recupero, soprattutto se cercate un horror d'atmosfera, non sanguinario e con una protagonista (la magnetica e bellissima Emily Browning) di un certo livello, non come tante altre scream queen senza arte né parte. Per fortuna o purtroppo però, nonostante sia passato parecchio tempo, ricordo ancora molto bene Two Sisters.
Se avete avuto modo di guardare la pellicola di Ji Woon-Kim non pensate di dare una chance a The Uninvited, nemmeno per un secondo. Il film dei fratelli Guard, infatti, saccheggia senza vergogna le sequenze più "paurose" di Two Sisters e la sua trama generale, trasformando le prime in delle baracconate prive del pathos e della poesia dell'originale coreano (banalissimo esempio, la ragazza che spunta sotto il mobile in cucina) e la seconda nella solita accozzaglia di cliché thriller-horror tipici del cinema USA. Fate pure ciao ciao a quel senso di disagio ed incertezza che serra lo stomaco per tutta la visione di Two Sisters, zeppo di scene apparentemente deliranti e senza senso che, magicamente, trovano una loro dimensione sul finale, dite addio alla profonda riflessione sul senso di colpa e sulla banalità della piccineria dell'animo umano; The Uninvited prende tutto questo, lo getta nel cestino e lo trasforma nella versione seria e con fantasmi de La famiglia Addams 2, con le due sorelle che tentano di smascherare la bionda fatalona che vorrebbe portar loro via il padre e la felicità. Per quel che riguarda il twist (a proposito del quale siete autorizzati ad uccidere chiunque ve lo rivelerà anzitempo), se avete già visto Two Sisters perderà tutto il suo valore perché saprete già dove andrà a parare la pellicola: potreste giusto complimentarvi con i registi e gli attori per il modo sottile con cui cercheranno di ingannarvi nonostante per tutto il film la verità vi venga palesata proprio sotto il naso, ma nulla più, senza contare che la chiosa finale ambientata in manicomio è l'ennesima, fastidiosa dimostrazione di come all'americano medio (e, per estenzione, allo spettatore medio) serva che venga spiegato ogni minimo dettaglio della trama, ogni motivazione dei protagonisti, ogni più piccolo aspetto della natura soprannaturale degli eventi narrati. Poi ci meravigliamo del perché le nostre facoltà intellettive si vadano lentamente spegnendo... e vivete nell'incertezza, fantasticate, immaginate ogni tanto, no? Cominciate recuperando Two Sisters invece che The Uninvited, male non vi farà!
Di Emily Browning (Anna), David Strathairn (Steven) ed Elizabeth Banks (Rachel) ho già parlato ai rispettivi link.
Charles e Thomas Guard sono i due registi della pellicola, finora al loro primo e unico film. Inglesi, hanno lavorato anche come produttori e sceneggiatori.
Arielle Kebbel interpreta Alex. Americana, ha partecipato a film come Be Cool, Aquamarine, The Grudge 2, Mordimi e a serie come CSI - Scena del crimine, Una mamma per amica e CSI: Miami. Ha 29 anni e un film in uscita.
Nonostante sia perfetta per il ruolo di Anna, Emily Browning aveva partecipato all'audizione per quello di Alex. The Uninvited, come già ho avuto modo di dire, è il remake di Two Sisters, che vi consiglio assolutamente di recuperare, magari assieme a The Hole, Le verità nascoste e Chi è l'altro?. ENJOY!
Trama: Anna torna a casa dopo un periodo passato in una clinica psichiatrica per lo shock causato dalla morte della madre. La ragazza, preda di orribili visioni, crede che "qualcosa" stia cercando di mettere in guardia lei e la sorella Alex dalla futura matrigna...
Quando si decide di girare il remake di una pellicola orientale ad uso e consumo del popolo bue occidentale si rischia di appiattire a dismisura l'opera originale e i concetti che la animavano. Certo, chi ha avuto occasione di vedere solo remake molto probabilmente è una persona a cui del cinema orientale, che sia o meno horror (sebbene "horror" sia un concetto improprio e troppo limitato), non frega una benemerita e, altrettanto probabilmente, apprezzerà incondizionatamente il rifacimento senza preoccuparsi di recuperare l'originale da cui è stato tratto; chi invece, come la sottoscritta, preferisce recuperare prima "le fonti", solitamente si ritrova a bestemmiare davanti ad un film che la gran parte del pubblico non giudicherebbe nemmeno troppo malamente. Nel caso di The Uninvited, poveraccio lui e tutti quelli che hanno lavorato al film, si parla di un horror neppure troppo deprecabile, anzi. Gli attori sono validi, soprattutto il terzetto di donne protagoniste, le ambientazioni sono ancor più belle e suggestive, con quelle splendide villette sulla riva del lago che farebbero venire voglia a chiunque di andarci ad abitare, la trama è intrigante e offrirebbe un twist per nulla banale, roba da far rimanere a bocca aperta più di uno spettatore, le apparizioni sovrannaturali mettono addosso qualche brivido e conferiscono pepe alla "solita" vicenda che prevede una matrigna cattiva e due figliole che cercano inutilmente di mettere in guardia il papà. Se dovessi quindi parlare di The Uninvited da un punto di vista "vergine" ne consiglierei il recupero, soprattutto se cercate un horror d'atmosfera, non sanguinario e con una protagonista (la magnetica e bellissima Emily Browning) di un certo livello, non come tante altre scream queen senza arte né parte. Per fortuna o purtroppo però, nonostante sia passato parecchio tempo, ricordo ancora molto bene Two Sisters.
Se avete avuto modo di guardare la pellicola di Ji Woon-Kim non pensate di dare una chance a The Uninvited, nemmeno per un secondo. Il film dei fratelli Guard, infatti, saccheggia senza vergogna le sequenze più "paurose" di Two Sisters e la sua trama generale, trasformando le prime in delle baracconate prive del pathos e della poesia dell'originale coreano (banalissimo esempio, la ragazza che spunta sotto il mobile in cucina) e la seconda nella solita accozzaglia di cliché thriller-horror tipici del cinema USA. Fate pure ciao ciao a quel senso di disagio ed incertezza che serra lo stomaco per tutta la visione di Two Sisters, zeppo di scene apparentemente deliranti e senza senso che, magicamente, trovano una loro dimensione sul finale, dite addio alla profonda riflessione sul senso di colpa e sulla banalità della piccineria dell'animo umano; The Uninvited prende tutto questo, lo getta nel cestino e lo trasforma nella versione seria e con fantasmi de La famiglia Addams 2, con le due sorelle che tentano di smascherare la bionda fatalona che vorrebbe portar loro via il padre e la felicità. Per quel che riguarda il twist (a proposito del quale siete autorizzati ad uccidere chiunque ve lo rivelerà anzitempo), se avete già visto Two Sisters perderà tutto il suo valore perché saprete già dove andrà a parare la pellicola: potreste giusto complimentarvi con i registi e gli attori per il modo sottile con cui cercheranno di ingannarvi nonostante per tutto il film la verità vi venga palesata proprio sotto il naso, ma nulla più, senza contare che la chiosa finale ambientata in manicomio è l'ennesima, fastidiosa dimostrazione di come all'americano medio (e, per estenzione, allo spettatore medio) serva che venga spiegato ogni minimo dettaglio della trama, ogni motivazione dei protagonisti, ogni più piccolo aspetto della natura soprannaturale degli eventi narrati. Poi ci meravigliamo del perché le nostre facoltà intellettive si vadano lentamente spegnendo... e vivete nell'incertezza, fantasticate, immaginate ogni tanto, no? Cominciate recuperando Two Sisters invece che The Uninvited, male non vi farà!
Di Emily Browning (Anna), David Strathairn (Steven) ed Elizabeth Banks (Rachel) ho già parlato ai rispettivi link.
Charles e Thomas Guard sono i due registi della pellicola, finora al loro primo e unico film. Inglesi, hanno lavorato anche come produttori e sceneggiatori.
Arielle Kebbel interpreta Alex. Americana, ha partecipato a film come Be Cool, Aquamarine, The Grudge 2, Mordimi e a serie come CSI - Scena del crimine, Una mamma per amica e CSI: Miami. Ha 29 anni e un film in uscita.
Nonostante sia perfetta per il ruolo di Anna, Emily Browning aveva partecipato all'audizione per quello di Alex. The Uninvited, come già ho avuto modo di dire, è il remake di Two Sisters, che vi consiglio assolutamente di recuperare, magari assieme a The Hole, Le verità nascoste e Chi è l'altro?. ENJOY!
lunedì 25 agosto 2014
Robin Williams Celebration Day: Al di là dei sogni (1998)
La notte del 12 agosto 2014 si è spezzato il cuore non solo dei cinefili ma anche di chi, semplicemente, aveva guardato almeno una volta nella vita un film con Robin Williams. I miei genitori, amici che hanno altri interessi e vanno al cinema giusto una/due volte all'anno, la vicina di casa, tutti in qualche modo sono stati toccati dalla perdita di questo attore assai versatile, purtroppo defilatosi dalle scene negli ultimi anni, e lo ricordano con piacere per tutta una serie di film che oggi noi Blogger andremo ad omaggiare. Nonostante la tristezza per la perdita di un grande, ho voluto farmi ancora più male riguardando Al di là dei sogni (What Dreams May Come), diretto nel 1998 dal regista Vincent Ward e tratto dal romanzo omonimo di Richard Matheson.
Trama: Il pediatra Chris muore in seguito ad un incidente d'auto e finisce in paradiso. La moglie Annie, già provata dal senso di colpa per la morte dei due figli, si suicida e finisce all'inferno, dove Chris si recherà per cercare di salvarla...
Al di là dei sogni, vituperato da quasi tutti i cinefili esistenti al mondo, è il "tipico" film anni '90 di Robin Williams, del periodo in cui l'attore era abbonato a ruoli strappalacrime e storie in grado di spezzare il cuore a una roccia. Non lo dico con disprezzo, ovviamente, anche se non nascondo che pellicole come Patch Adams mi siano sempre risultate un po' indigeste, tuttavia credo fermamente che simili personaggi abbiano contribuito a relegare il povero Williams all'interno di una tipologia che nel 2000 era già passata di moda e che lo ha portato, progressivamente, a cercare di reinventarsi prima e a sparire dalle scene (salvo comparsate ed omaggi) poi. E adesso chiudo la parentesi "acredine" perché, a conti fatti, Al di là dei sogni è un film che mi piace molto, non posso negarlo. Soffermandomi sull'interpretazione di Robin Williams posso dire che è la summa di tutto quello che lo ha portato ad essere amato dalla gente "semplice": il suo viso, aperto e sincero, è quello di una persona normale che cela dentro di sé quei poteri che tutti siamo in grado di tirare fuori nei momenti di crisi, la sua naturale "follia" viene a malapena sedata da un'interpretazione misurata, sofferta ma non patetica, le innumerevoli "voci" lasciano spazio a quella del cuore, a gesti e sguardi che valgono più di mille parole e raccontano la tristezza di un uomo innamorato ed imperfetto a cui vengono sottratti gli affetti più cari anche in un luogo che dovrebbe essere di assoluta e perfetta felicità. E' impossibile non farsi coinvolgere dalla vicenda di Chris (nonostante tutte le sue sfortune e le sue gioie siano così estreme, in un senso e nell'altro, da superare spesso ogni concetto di verosimiglianza) e non sperare che tutto si risolva per il meglio perché quest'uomo, nonostante i difetti, è il padre che tutti avremmo voluto avere, l'anima gemella in grado di accompagnarci nella morte e anche oltre, l'uomo che decide di diventare come Orfeo e guardare indietro, non per curiosità ma per il rifiuto di abbandonare la donna amata. Un eroe nel vero senso della parola, un "giusto" in cui tutti possiamo riconoscerci perché dotato di quel viso da eterno bambino, di quella naturale e dimessa umiltà, di quegli occhi vivaci e brillanti che hanno vegliato sulle nostre serate in famiglia, davanti alla TV, fin da quando eravamo piccini. E adesso smetto di parlare di Robin Williams o scoppio a piangere.
Parliamo un po' di Al di là dei sogni in generale. La pellicola ha vinto all'epoca l'Oscar per i migliori effetti speciali e non è difficile capire il perché. Se devo essere sincera il tempo è stato un po' impietoso con la parte ambientata all'Inferno, che sembra un brutto action affossato dalla CG, ma le sequenze ambientate in Paradiso sono tuttora delle incredibili visioni: Robin Williams che si inzacchera di tempera mentre il coloratissimo paesaggio si squaglia attorno a lui, l'onirica visione a tinte dorate dove persone di tutte le epoche volano all'interno di un quadro o la nascita e la morte dell'albero violetto sono immagini che si scolpiscono a fuoco nella mente dello spettatore e non lo lasciano più, tanto è grande la meraviglia che sono in grado di suscitare. I colori e le luci sono importantissimi in Al di là dei sogni, non solo nelle sequenze ambientate nell'aldilà, basti pensare ai confronti tra Chris e Annie dove predominano il rosso dell'Amore, il verde della speranza e della solitudine, il nero del lutto e il seppia dell'oblio, come se l'intera pellicola fosse in realtà un quadro dipinto da un artista interessato più a veicolare le emozioni e coinvolgere lo spettatore tramite le immagini piuttosto che le parole. Allo stesso modo, come viene detto nel film, i personaggi cambiano aspetto nell'aldilà per non rimanere legati a preconcetti univoci e ciò ha dato origine alla strana ed eterogenea accozzaglia di attori che formano il cast, tutti eccellenti a partire da Cuba Gooding Jr. e Max Von Sydow, quest'ultimo impegnato in un ruolo particolarissimo che parrebbe un incrocio tra il vecchio Clint Eastwood e il Virgilio di dantesca memoria. L'unica parte di Al di là dei sogni che mi ha fatto storcere il naso, a dirla tutta, è il finale, su cui non voglio fare spoiler, che è molto diverso da quello del romanzo e che implica una SCELTA (peraltro, mi si passi il termine, stronza ed egoista) dei personaggi principali; pare ne esista uno alternativo presente sul DVD del film e mi piacerebbe vederlo ma resta il fatto che, per quanto odiato dalla maggior parte della critica, Al di là dei sogni è comunque un film che mi è piaciuto parecchio e sono contenta di averlo rivisto per ricordare al meglio il grandissimo Robin! Nel frattempo, se aveste voglia di approfondire la vostra conoscenza in merito, Robin Williams è stato già protagonista del Bollalmanacco a queste coordinate:
L'attimo fuggente (1989)
Hook - Capitan Uncino (1991)
Aladdin (1992)
Jumanji (1995)
The Butler - Un maggiordomo alla casa bianca (2013)
Ed ecco gli omaggi degli altri stimatissimi Blogger!
Montecristo - Il mondo secondo Garp
Whiterussian vs Pensieri Cannibali - Hook
Scrivenny - La leggenda del re pescatore
Non c'è paragone - Good Morning Vietnam
Combinazione casuale - Jumanji
Director's Cult - Toys
Pietro - Flubber
Recensioni Ribelli - L'attimo fuggente
Solaris - L'uomo bicentenario
La fabbrica dei sogni - One Hour Photo
Viaggiando (Meno) - The Angriest Man in Brooklin
In Central Perk - Will Hunting - Genio ribelle
domenica 24 agosto 2014
Resa dei conti per Lupin (1990)
Nonostante le ferie estive la rassegna su Lupin III (per quanto lenta!) non si ferma e oggi parlerò dello Special TV Resa dei conti per Lupin (ルパン三世 ヘミングウェイ・ペーパーの謎 - Rupan Sansei - Hemingwei pēpā no nazo), diretto nel 1990 dal regista Osamu Dezaki.
Trama: l'obiettivo di Lupin questa volta è un leggendario tesoro che sarebbe stato descritto da Hemingway in alcune carte andate apparentemente perdute. Trovarle non sarà facile anche perché Jigen e Goemon sono impegnati sull'isola di Kolkaka, ingaggiati come uomini "di punta" di due schieramenti militari opposti...
Resa dei conti per Lupin è un'altra classica e frizzante avventura del ladro gentiluomo, che riesce in qualche modo a dare spazio a tutti i protagonisti della serie nonostante metta anche troppa carne al fuoco e introduca il solito paio di personaggi inutili e quasi dannosi, giusto per aggiungere un tocco di romanticismo all'intera vicenda. Fortunatamente, questo special riesce anche a smussare i soliti difetti puntando in maniera più decisa sulla figura di Jigen, dipinto come un killer "d'onore" dal passato sfaccettato e zeppo di commilitoni e perfidi nemici; questa volta il meraviglioso pistolero viene anche graziato da un paio di belle sequenze d'azione che lo vedono impegnato a mostrare la sua abilità col revolver e, da fan accanita quale sono, basterebbe solo questo per convincermi a guardare Resa dei conti per Lupin all'infinito. In realtà, lo special risulta assai gradevole anche per il modo in cui viene messa in risalto l'amicizia tra Lupin, Jigen e Goemon a dispetto dei diversi caratteri e nonostante la vicenda li preveda separati, almeno all'inizio, ognuno deciso a perseguire i propri scopi ma, nonostante ciò, subito pronti ad aiutarsi a vicenda quando il pericolo si fa davvero pressante. Questo aspetto della trama assicura allo spettatore appassionato un paio di simpatici confronti tra il serio e il faceto, conditi da reciproche prese in giro e momenti di sincera preoccupazione, mentre questa volta Zenigata e Fujiko vengono lasciati in ombra (nonostante il geniale trucco della sottoveste in grado di catturare le impronte digitali!) oppure utilizzati come ridicolo riempitivo comico, come nel caso del sempre più vessato e folle Ispettore.
Per quel che riguarda la realizzazione tecnica, Resa dei conti per Lupin è un prodotto che rientra nella media. Il character design è un po' più "raffinato" ma è molto simile a quello utilizzato nello special televisivo precedente, Lupin e il mago dei computer, e lo stesso vale per le animazioni, caratterizzate da un alternarsi di sequenze in movimento e fermo immagine dalle linee cinetiche assai marcate, messi a sottolineare i momenti salienti della storia. L'anime è inoltre particolarmente violento nelle sue scene di battaglia, che vedono contrapposti due schieramenti militari ben distinti tra loro anche nello stile, con l'esercito del presidente Carlos tirato a lucido e quello di Consano assai simile ad un gruppo di guerriglieri ribelli. Ultima caratteristica che distingue Resa dei conti per Lupin da altri special è la presenza di un brano portante particolarmente gradevole (per quanto melenso), che viene fatto ascoltare spesso grazie alla presenza di un juke box, ovvero He's Gone della cantante Michiko Kihara. Per concludere, Resa dei conti per Lupin è un film che può risultare piacevole sia per i fan che per lo spettatore occasionale ma se siete appassionati di Hemingway vi avverto: non lasciatevi ingannare dalla presenza dello scrittore americano nel titolo originale perché la storia narrata non fa riferimento a nessun reale mistero pertinente la sua vita o la sua morte, è tutta farina del sacco di questi pazzi, pazzi giapponesi!
Del regista Osamu Dezaki ho già parlato qui.
Resa dei conti per Lupin è conosciuto anche col titolo Lupin III - Il mistero di Hemingway e Lupin III - Il mistero delle carte di Hemingway. Se lo Special TV vi fosse piaciuto recuperate tutti i film di cui ho parlato QUI e.. ENJOY!
Trama: l'obiettivo di Lupin questa volta è un leggendario tesoro che sarebbe stato descritto da Hemingway in alcune carte andate apparentemente perdute. Trovarle non sarà facile anche perché Jigen e Goemon sono impegnati sull'isola di Kolkaka, ingaggiati come uomini "di punta" di due schieramenti militari opposti...
Resa dei conti per Lupin è un'altra classica e frizzante avventura del ladro gentiluomo, che riesce in qualche modo a dare spazio a tutti i protagonisti della serie nonostante metta anche troppa carne al fuoco e introduca il solito paio di personaggi inutili e quasi dannosi, giusto per aggiungere un tocco di romanticismo all'intera vicenda. Fortunatamente, questo special riesce anche a smussare i soliti difetti puntando in maniera più decisa sulla figura di Jigen, dipinto come un killer "d'onore" dal passato sfaccettato e zeppo di commilitoni e perfidi nemici; questa volta il meraviglioso pistolero viene anche graziato da un paio di belle sequenze d'azione che lo vedono impegnato a mostrare la sua abilità col revolver e, da fan accanita quale sono, basterebbe solo questo per convincermi a guardare Resa dei conti per Lupin all'infinito. In realtà, lo special risulta assai gradevole anche per il modo in cui viene messa in risalto l'amicizia tra Lupin, Jigen e Goemon a dispetto dei diversi caratteri e nonostante la vicenda li preveda separati, almeno all'inizio, ognuno deciso a perseguire i propri scopi ma, nonostante ciò, subito pronti ad aiutarsi a vicenda quando il pericolo si fa davvero pressante. Questo aspetto della trama assicura allo spettatore appassionato un paio di simpatici confronti tra il serio e il faceto, conditi da reciproche prese in giro e momenti di sincera preoccupazione, mentre questa volta Zenigata e Fujiko vengono lasciati in ombra (nonostante il geniale trucco della sottoveste in grado di catturare le impronte digitali!) oppure utilizzati come ridicolo riempitivo comico, come nel caso del sempre più vessato e folle Ispettore.
Per quel che riguarda la realizzazione tecnica, Resa dei conti per Lupin è un prodotto che rientra nella media. Il character design è un po' più "raffinato" ma è molto simile a quello utilizzato nello special televisivo precedente, Lupin e il mago dei computer, e lo stesso vale per le animazioni, caratterizzate da un alternarsi di sequenze in movimento e fermo immagine dalle linee cinetiche assai marcate, messi a sottolineare i momenti salienti della storia. L'anime è inoltre particolarmente violento nelle sue scene di battaglia, che vedono contrapposti due schieramenti militari ben distinti tra loro anche nello stile, con l'esercito del presidente Carlos tirato a lucido e quello di Consano assai simile ad un gruppo di guerriglieri ribelli. Ultima caratteristica che distingue Resa dei conti per Lupin da altri special è la presenza di un brano portante particolarmente gradevole (per quanto melenso), che viene fatto ascoltare spesso grazie alla presenza di un juke box, ovvero He's Gone della cantante Michiko Kihara. Per concludere, Resa dei conti per Lupin è un film che può risultare piacevole sia per i fan che per lo spettatore occasionale ma se siete appassionati di Hemingway vi avverto: non lasciatevi ingannare dalla presenza dello scrittore americano nel titolo originale perché la storia narrata non fa riferimento a nessun reale mistero pertinente la sua vita o la sua morte, è tutta farina del sacco di questi pazzi, pazzi giapponesi!
Del regista Osamu Dezaki ho già parlato qui.
Resa dei conti per Lupin è conosciuto anche col titolo Lupin III - Il mistero di Hemingway e Lupin III - Il mistero delle carte di Hemingway. Se lo Special TV vi fosse piaciuto recuperate tutti i film di cui ho parlato QUI e.. ENJOY!
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venerdì 22 agosto 2014
La maschera di cera (2005)
Continuiamo con l'ininterrotta serie di supercazzole horror che riempiono l'estate e parliamo di La maschera di cera (House of Wax), diretto nel 2005 dal regista Jaume Collet-Serra.
Trama: un gruppo di ragazzi rimane bloccato in una cittadina sperduta. Lì scopriranno il terribile mistero che si cela dietro il museo delle cere locale...
La maschera di cera è il tipico slasher che vede cozzare un gruppo di fighetti diversamente adolescenti e un manipolo di zotici campagnoli con umanoide deforme annesso e che sta praticamente alla base dell'horror americano fin dai tempi di Non aprite quella porta. Le variazioni sul tema sono tante quante le stelle nel cielo e in questo caso particolare l'ispirazione è da ricercarsi nientemeno che in precedenti illustri come La maschera di cera del 1933 e La maschera di cera di Andre De Toth con Vincent Price (non a caso uno dei personaggi si chiama Vincent ma le similitudini finiscono lì); all'atavico orrore per il suonatore di banjo che ti accoltella nello sperduto paesino dell'America rurale si aggiunge dunque l'innata paura verso oggetti inanimati, simil-manichini ed esseri umani di cera che, se non sbaglio, prende il nome di "automatonofobia" e che mi coglie ogni volta che mi si parano davanti quei maledetti mimi dipinti d'argento che si muovono appena sentono tintinnare gli spiccioli dello sprovveduto turista. Ma sto divagando. Volevo parlare del perché La maschera di cera, nonostante la sua banalità di fondo, si guarda più volentieri rispetto ad altri film simili e il motivo è molto semplice: è un po' più sadico e crudele del normale e, ovviamente, un po' più trash (indovinate come mai. Se non ci riuscite passate al paragrafo successivo). Jaume Collet - Serra, prima di regalarci un focoso finale dove tutto si squaglia come nei migliori incubi della povera Madame Tussaut, non si fa mancare inquadrature di falangi inaspettatamente mozzate, labbra incollate, torture da salone di bellezza, aghi che si infilano in luoghi inopportuni e, soprattutto, l'efficacissima sequenza in cui si scopre la reale natura delle "bellissime" statue di cera che popolano il museo del titolo originale. La maschera di cera gode inoltre di un ritmo sostenuto che consente allo spettatore di sorvolare sul fatto che i protagonisti sono fondamentalmente un branco di minchiette senza cervello né personalità e che le motivazioni dei villain sono a dir poco risibili e a malapena giustificate da un tristissimo flashback iniziale.
Arriviamo quindi dritti all'elemento trash a cui accennavo sopra, ovvero all'augusta partecipazione di Paris Hilton! Per il "bene" di La maschera di cera la bionda ereditiera ha vinto nientemeno che il Razzie Award come peggior attrice non protagonista, sbaragliando avversarie temibili come il gatto di marmo Katie Holmes in Batman Begins o Jessica Simpson in Hazzard e come dar torto alla giuria? Paris d'altronde non recita ed è per questo che non è neppure lontanamente irritante come ci si potrebbe aspettare: è semplicemente sé stessa, ovvero una zoccolotta dallo sguardo vacuo che corre seminuda e urlante finché il destino non la centra in pieno sottoforma di palo appuntito, scatenando così la standing ovation degli spettatori (l'applauso c'era stato al cinema, lo ricordo benissimo!). Il resto del cast non è purtroppo altrettanto pittoresco, si mantiene nella media di questo genere di produzioni e offre al pubblico un paio di belle facce che sarebbero diventate conosciute grazie alla TV, come quelle di Elisha Cuthbert e Jared Padalecki, per il resto non c'è nulla di particolare da segnalare, tranne forse la location affascinante e un simpatico omaggio a un film troppo spesso dimenticato come Che fine ha fatto Baby Jane?, a proposito della follia che serpeggia nelle famiglie di "artisti" e del giochino tra fratello buono e fratello malvagio. Altro non ho da aggiungere, tranne che La maschera di cera è un horror perfetto per una serata disimpegnata ma con un tasso di gore medio-alto. Sicuramente, sarebbe meglio che gli spettatori più impressionabili stessero alla larga!
Del regista Jaume Collet-Serra ho già parlato qui mentre Paris Hilton, che interpreta Paige, la trovate qua.
Elisha Cuthbert interpreta Carly Jones. Canadese, ha partecipato a film come Captivity, a serie come 24 e ha doppiato un episodio de I Griffin. Anche regista e produttrice, ha 32 anni e un film in uscita.
Jared Padalecki interpreta Wade. Americano, ha partecipato a film come Nickname: Enigmista, Venerdì 13 e a serie come E.R. Medici in prima linea, Una mamma per amica e Supernaturals. Anche stuntman, ha 32 anni.
E' imbarazzante che l'intero cast e l'intera promozione del film siano stati "costruiti" attorno alla partecipazione di Paris Hilton (in lingua originale tutti i personaggi esclamano almeno una volta That's Hot, che è la catchphrase tipica dell'ereditiera) se si pensa che per il ruolo erano state considerate Kate Winslet e Jennifer Connelly; effettivamente, le due attrici sarebbero state sprecate ma a tutto c'è un limite. Detto questo, se La maschera di cera vi fosse piaciuto recuperate anche Vacancy, i remake di Le colline hanno gli occhi e di Non aprite quella porta, Cabin Fever, Jeepers Creeper e Jeepers Creeper 2. ENJOY!
Trama: un gruppo di ragazzi rimane bloccato in una cittadina sperduta. Lì scopriranno il terribile mistero che si cela dietro il museo delle cere locale...
La maschera di cera è il tipico slasher che vede cozzare un gruppo di fighetti diversamente adolescenti e un manipolo di zotici campagnoli con umanoide deforme annesso e che sta praticamente alla base dell'horror americano fin dai tempi di Non aprite quella porta. Le variazioni sul tema sono tante quante le stelle nel cielo e in questo caso particolare l'ispirazione è da ricercarsi nientemeno che in precedenti illustri come La maschera di cera del 1933 e La maschera di cera di Andre De Toth con Vincent Price (non a caso uno dei personaggi si chiama Vincent ma le similitudini finiscono lì); all'atavico orrore per il suonatore di banjo che ti accoltella nello sperduto paesino dell'America rurale si aggiunge dunque l'innata paura verso oggetti inanimati, simil-manichini ed esseri umani di cera che, se non sbaglio, prende il nome di "automatonofobia" e che mi coglie ogni volta che mi si parano davanti quei maledetti mimi dipinti d'argento che si muovono appena sentono tintinnare gli spiccioli dello sprovveduto turista. Ma sto divagando. Volevo parlare del perché La maschera di cera, nonostante la sua banalità di fondo, si guarda più volentieri rispetto ad altri film simili e il motivo è molto semplice: è un po' più sadico e crudele del normale e, ovviamente, un po' più trash (indovinate come mai. Se non ci riuscite passate al paragrafo successivo). Jaume Collet - Serra, prima di regalarci un focoso finale dove tutto si squaglia come nei migliori incubi della povera Madame Tussaut, non si fa mancare inquadrature di falangi inaspettatamente mozzate, labbra incollate, torture da salone di bellezza, aghi che si infilano in luoghi inopportuni e, soprattutto, l'efficacissima sequenza in cui si scopre la reale natura delle "bellissime" statue di cera che popolano il museo del titolo originale. La maschera di cera gode inoltre di un ritmo sostenuto che consente allo spettatore di sorvolare sul fatto che i protagonisti sono fondamentalmente un branco di minchiette senza cervello né personalità e che le motivazioni dei villain sono a dir poco risibili e a malapena giustificate da un tristissimo flashback iniziale.
Arriviamo quindi dritti all'elemento trash a cui accennavo sopra, ovvero all'augusta partecipazione di Paris Hilton! Per il "bene" di La maschera di cera la bionda ereditiera ha vinto nientemeno che il Razzie Award come peggior attrice non protagonista, sbaragliando avversarie temibili come il gatto di marmo Katie Holmes in Batman Begins o Jessica Simpson in Hazzard e come dar torto alla giuria? Paris d'altronde non recita ed è per questo che non è neppure lontanamente irritante come ci si potrebbe aspettare: è semplicemente sé stessa, ovvero una zoccolotta dallo sguardo vacuo che corre seminuda e urlante finché il destino non la centra in pieno sottoforma di palo appuntito, scatenando così la standing ovation degli spettatori (l'applauso c'era stato al cinema, lo ricordo benissimo!). Il resto del cast non è purtroppo altrettanto pittoresco, si mantiene nella media di questo genere di produzioni e offre al pubblico un paio di belle facce che sarebbero diventate conosciute grazie alla TV, come quelle di Elisha Cuthbert e Jared Padalecki, per il resto non c'è nulla di particolare da segnalare, tranne forse la location affascinante e un simpatico omaggio a un film troppo spesso dimenticato come Che fine ha fatto Baby Jane?, a proposito della follia che serpeggia nelle famiglie di "artisti" e del giochino tra fratello buono e fratello malvagio. Altro non ho da aggiungere, tranne che La maschera di cera è un horror perfetto per una serata disimpegnata ma con un tasso di gore medio-alto. Sicuramente, sarebbe meglio che gli spettatori più impressionabili stessero alla larga!
Del regista Jaume Collet-Serra ho già parlato qui mentre Paris Hilton, che interpreta Paige, la trovate qua.
Elisha Cuthbert interpreta Carly Jones. Canadese, ha partecipato a film come Captivity, a serie come 24 e ha doppiato un episodio de I Griffin. Anche regista e produttrice, ha 32 anni e un film in uscita.
Jared Padalecki interpreta Wade. Americano, ha partecipato a film come Nickname: Enigmista, Venerdì 13 e a serie come E.R. Medici in prima linea, Una mamma per amica e Supernaturals. Anche stuntman, ha 32 anni.
E' imbarazzante che l'intero cast e l'intera promozione del film siano stati "costruiti" attorno alla partecipazione di Paris Hilton (in lingua originale tutti i personaggi esclamano almeno una volta That's Hot, che è la catchphrase tipica dell'ereditiera) se si pensa che per il ruolo erano state considerate Kate Winslet e Jennifer Connelly; effettivamente, le due attrici sarebbero state sprecate ma a tutto c'è un limite. Detto questo, se La maschera di cera vi fosse piaciuto recuperate anche Vacancy, i remake di Le colline hanno gli occhi e di Non aprite quella porta, Cabin Fever, Jeepers Creeper e Jeepers Creeper 2. ENJOY!
giovedì 21 agosto 2014
(Gio)WE, Bolla! del 21/8/2014
Buon giovedì a tutti! Il multisala savonese ha riaperto, proponendo un bel recupero come Il pianeta delle scimmie: Revolution, che spero di guardare prestissimo, e un po' di nuove uscite... scopriamo quali! ENJOY!
Dragon Trainer 2
Reazione a caldo: Uffi!
Bolla, rifletti!: E per "Uffi!" intendo "mannaggia a me che non ho mai guardato il primo nonostante tutti me ne dicessero meraviglie". Appena mi rimetterò in pari credo proprio che mi fionderò al cinema a vederlo perché il draghetto sdentato mi fa una tenerezza infinita!
Hercules: Il guerriero
Reazione a caldo: My (Semi)God.
Bolla, rifletti!: Se e quando vorrò vedere una tamarreide coi fiocchi mi sparerò The Expendables 3 senza neppure passare dal via. Questi capelloni muscolosi pucciati a forza in un'antichità di CG ormai sono demodé.
Cattivi vicini
Reazione a caldo: Seth!
Bolla, rifletti!: La mia passione per Seth Rogen mi imporrebbe la visione di questo film, tuttavia mi inibiscono sia il terrore che la pellicola possa essere una belinata dallo sfondo buonista sia la presenza di Zac Efron, per non parlare del doppiaggio italiano che nasconde l'adorabile vocetta di Sethuzzo. Aspetto che altre cavie si immolino per me!
Step Up All In
Reazione a caldo: Ma anche no.
Bolla, rifletti!: Dopo i documentari, c'è solo UN genere di film che aborro mortalmente. Quello dove un branco di sgallettati ballano e soffrono facendolo, vittime di una competizione che non pensavano possibile. Ma per favore! (Ah, vorrei sottolineare il fatto di aver deliberatamente ignorato la presenza di un certo Gue Pequeno sulla locandina italiana. Non voglio nemmeno sapere perché sia coinvolto nella cosa)
Liberaci dal male
Reazione a caldo: Alè!
Bolla, rifletti!: L'horror, d'estate, ci vuole. E quest'anno il Male la fa da padrone. Speriamo non sia la solita castroneria "tratta da una storia vera" ma purtroppo ci credo poco. Vedremo, sicuramente non lo lascerò a marcire in sala!
Dragon Trainer 2
Reazione a caldo: Uffi!
Bolla, rifletti!: E per "Uffi!" intendo "mannaggia a me che non ho mai guardato il primo nonostante tutti me ne dicessero meraviglie". Appena mi rimetterò in pari credo proprio che mi fionderò al cinema a vederlo perché il draghetto sdentato mi fa una tenerezza infinita!
Hercules: Il guerriero
Reazione a caldo: My (Semi)God.
Bolla, rifletti!: Se e quando vorrò vedere una tamarreide coi fiocchi mi sparerò The Expendables 3 senza neppure passare dal via. Questi capelloni muscolosi pucciati a forza in un'antichità di CG ormai sono demodé.
Cattivi vicini
Reazione a caldo: Seth!
Bolla, rifletti!: La mia passione per Seth Rogen mi imporrebbe la visione di questo film, tuttavia mi inibiscono sia il terrore che la pellicola possa essere una belinata dallo sfondo buonista sia la presenza di Zac Efron, per non parlare del doppiaggio italiano che nasconde l'adorabile vocetta di Sethuzzo. Aspetto che altre cavie si immolino per me!
Step Up All In
Reazione a caldo: Ma anche no.
Bolla, rifletti!: Dopo i documentari, c'è solo UN genere di film che aborro mortalmente. Quello dove un branco di sgallettati ballano e soffrono facendolo, vittime di una competizione che non pensavano possibile. Ma per favore! (Ah, vorrei sottolineare il fatto di aver deliberatamente ignorato la presenza di un certo Gue Pequeno sulla locandina italiana. Non voglio nemmeno sapere perché sia coinvolto nella cosa)
Liberaci dal male
Reazione a caldo: Alè!
Bolla, rifletti!: L'horror, d'estate, ci vuole. E quest'anno il Male la fa da padrone. Speriamo non sia la solita castroneria "tratta da una storia vera" ma purtroppo ci credo poco. Vedremo, sicuramente non lo lascerò a marcire in sala!
mercoledì 20 agosto 2014
Bolle di ignoranza: Cleaner (2007)
Quest'estate le Bolle di Ignoranza sono particolarmente numerose, forse perché il periodo è propizio alla visione di film con un occhio aperto e la testa da un'altra parte. In questo stato parecchio disattento ho avuto modo di guardare Cleaner, diretto nel 2007 dal regista Renny Harlin.
Trama: Samuel L. Jackson fa un lavoro davvero del menga. Ripulisce scene dei crimini. Il casino succede quando viene ingannato e spedito a pulire un salotto ancora sconosciuto agli inquirenti...
Per quel che sono riuscita a vedere, Cleaner è il tipico thriller a sfondo poliziesco perfetto per una calda serata estiva. Non richiede grandissimo sforzo mentale perché la soluzione all'enigma viene scodellata senza troppe sorprese al momento opportuno e nasconde una motivazione talmente sciocca che non vale neppure la pena ragionarci su per approfondire la questione. La pellicola si compone di momenti stranamente goliardici (tanto che all'inizio credevo fosse una commedia), minacciosi confronti tra sbirri, accuse di corruzione più o meno velate, improbabili femme fatale dall'animo materno e litigi tra padri problematici e figlie rompiscatole, tutti distribuiti equamente nel corso dell'ora e mezza scarsa di durata e amalgamati da una regia senza infamia né lode. Non molto diversa è l'interpretazione di due mostri sacri come Samuel L. Jackson e Ed Harris, che portano a casa la pagnotta lavorando il minimo sindacale e risparmiando le energie per pellicole a loro più congeniali, mentre nel resto del cast si riconoscono Eva Mendes nel solito ruolo sciapo che più le si confà e Luiz Guzmán e la sua faccia perfetta per incarnare sbirri corrotti o mafiosi sudamericani. I Tarantiniani all'ultimo stadio come me apprezzeranno senz'altro l'incontro fra l'ex Ordell Robbie e l'ex Max Cherrie di Jackie Brown ma, per il resto, Cleaner è un filmetto che passa e va, non certo una pellicola indispensabile né per i fan di Samuel L. Jackson né per gli amanti del thriller.
Trama: Samuel L. Jackson fa un lavoro davvero del menga. Ripulisce scene dei crimini. Il casino succede quando viene ingannato e spedito a pulire un salotto ancora sconosciuto agli inquirenti...
Per quel che sono riuscita a vedere, Cleaner è il tipico thriller a sfondo poliziesco perfetto per una calda serata estiva. Non richiede grandissimo sforzo mentale perché la soluzione all'enigma viene scodellata senza troppe sorprese al momento opportuno e nasconde una motivazione talmente sciocca che non vale neppure la pena ragionarci su per approfondire la questione. La pellicola si compone di momenti stranamente goliardici (tanto che all'inizio credevo fosse una commedia), minacciosi confronti tra sbirri, accuse di corruzione più o meno velate, improbabili femme fatale dall'animo materno e litigi tra padri problematici e figlie rompiscatole, tutti distribuiti equamente nel corso dell'ora e mezza scarsa di durata e amalgamati da una regia senza infamia né lode. Non molto diversa è l'interpretazione di due mostri sacri come Samuel L. Jackson e Ed Harris, che portano a casa la pagnotta lavorando il minimo sindacale e risparmiando le energie per pellicole a loro più congeniali, mentre nel resto del cast si riconoscono Eva Mendes nel solito ruolo sciapo che più le si confà e Luiz Guzmán e la sua faccia perfetta per incarnare sbirri corrotti o mafiosi sudamericani. I Tarantiniani all'ultimo stadio come me apprezzeranno senz'altro l'incontro fra l'ex Ordell Robbie e l'ex Max Cherrie di Jackie Brown ma, per il resto, Cleaner è un filmetto che passa e va, non certo una pellicola indispensabile né per i fan di Samuel L. Jackson né per gli amanti del thriller.
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martedì 19 agosto 2014
Il messaggero (2009)
Come volevasi dimostrare, la Notte Horror di Italia 1 è foriera di diludendo ed è molto meglio quella organizzata da noi Blogger. Esempio lampante è stato il terzo film in programmazione quest'anno, Il messaggero (The Haunting in Connecticut), diretto nel 2009 dal regista Peter Cornwell.
Trama: per consentire al figlio malato di cancro di essere più vicino all'ospedale che lo ha in cura, la famiglia Campbell si trasferisce in una nuova casa in Connecicut. Presto il ragazzo comincia ad essere preda di orribili visioni legate al sinistro passato della casa, un tempo usata come agenzia di pompe funebri...
Ciò che mi ha salvata dall'oblio durante la visione de Il messaggero (ennesimo esempio di titolo italiano al limite dell'idiozia, messaggero de che, di una sfiga cosmica??) è stato il tempestivo ritorno dei genitori unito alla loro difficoltà nell'aprire la porta di casa o anche questa volta, come già successo con My Soul to Take, mi sarei addormentata senza possibilità di risveglio, neanche mi avesse uccisa Freddy Krueger. Il messaggero è infatti la quintessenza della noia fatta a horror, il classico film dove "non succede niente" ma in senso negativo: non è che Il messaggero giochi sulle atmosfere, sull'inquietudine, sul "non visto che fa ancora più paura", non succede proprio una benemerita mazza e quel poco che succede fa venire il latte alle ginocchia per quanto è banale e raffazzonato. Abbiamo la solita famiglia di poveri cialtroni che, ovviamente, si va a trasferire nella solita casa a due piani con inquietante cantina e soffitta annesse dove, neanche a dirlo, cominciano a manifestarsi i soliti spiriti maligni che un po' spostano piatti, un po' ti compaiono alle spalle per il solo gusto di farlo e per guardarti con scazzo, un po' possiedono il membro più debole della famiglia per fargli fare cose innominabili (nella fattispecie: urlare, giusto un po' di sclero, niente di trascendentale) e un po' tentano di farti capire che diamine è successo nella casa perché, giustamente, di star lì dentro ne hanno voglia ancor meno della famiglia perseguitata e vorrebbero uscire per tornare o in paradiso o all'inferno. Il giochino degli spiriti, in un'ora e mezza di pellicola, durerà sì e no un quarto d'ora scarso, il resto de Il messaggero verte sui tentativi di far magonare lo spettatore attraverso il dramma del povero figlio maggiore affetto da cancro che, come se non avesse già abbastanza problemi, deve anche sopportare il fatto di essere l'unico a riuscire a "vedere la gente morta" in quanto dotato di un piede nella fossa e un altro sulla saponetta.
A peggiorare questo quadro già non troppo edificante, ne Il messaggero non si vede la mano del regista, non ci sono delle ambientazioni gradevoli, non viene giocata la carta vintage perché gli anni '80 nel film somigliano terribilmente ai giorni nostri e anche il twist finale, se di twist si può parlare, non ha proprio molto senso e mostra tutti i limiti di una storia già lacunosa di per sé (si vedano le note finali) sulla quale Hollywood ha dovuto necessariamente ricamare per giustificare la realizzazione di un film, infarcendola così di cliché che potessero "farla filare" per un'ora e mezza. Il messaggero è purtroppo anche uno spreco di un paio di attori validi come Elias Koteas e Virginia Madsen: il primo, che in italiano viene ovviamente doppiato come De Niro per confondere lo spettatore meno scafato, ormai è abbonato ai ruoli da vecchio nonostante abbia appena una cinquantina d'anni ed interpreta un prete talmente pesante che verrebbe voglia di vederlo preso a calci nelle terga dalle entità infestanti mentre la seconda, poveraccia, è l'unica a metterci anima e bravura nell'interpretare la madre distrutta dal dolore e ormai privata della fede, ma immersa in cotanta pochezza è come se gettasse perle ai porci. Obiettivamente, c'è poco altro da aggiungere su Il messaggero, giusto un paio di ulteriori considerazioni su come i realizzatori non sapessero probabilmente che pesci pigliare. Per ingannare/invogliare lo spettatore medio, ovviamente, la pellicola è stata presentata come "tratta da una storia vera" e l'inizio, con la telecamera a mano fissa sulla protagonista intervistata, da l'idea errata di avere davanti l'ennesimo mockumentary ma quello che perplime davvero è il fatto che Virginia Madsen si lamenti della sfortuna che è capitata alla sua famiglia quando poi la storia finisce a tarallucci e vino! E volendo potrei anche citare la presenza di stormi d'uccelli neri che, com'esuli pensieri, migrano sì nel vespero ma in definitiva non c'entrano nulla con gli eventi scatenanti l'infestazione del titolo originale quindi o gli sceneggiatori si sono fumati un pezzo di script oppure non sapevano cosa metterci per aggiungere un po' di colore a questa sciapa storia di fantasmi, medium, preti e strani becchini che adorano seviziare i cadaveri senza un motivo apparente. In poche parole, evitatelo come la peste!
Di Virginia Madsen (Sara Campbell), Kyle Gallner (Matt Campbell), Elias Koteas (Reverendo Popescu) e Martin Donovan (Peter Campbell) ho già parlato ai rispettivi link.
Peter Cornwell è il regista della pellicola. Australiano, ha diretto anche due episodi della serie Hemlock Grove. Anche produttore e animatore, ha due film in uscita.
La storia vera alla base de Il messaggero coinvolge, neanche a dirlo, i protagonisti di L'evocazione, Lorraine ed Ed Warren, chiamati dalla famiglia Snedeker per capire cosa stesse accadendo nella loro nuova casa, un tempo usata (come nel film) come agenzia di pompe funebri. Pare che il figlio maggiore, affetto dal linfoma di Hodkin, una volta trasferitosi avesse cominciato a soffrire di sdoppiamento di personalità e avesse persino tentato di stuprare la cugina prima di venire messo in manicomio per più di un mese. Nel frattempo, le demoniache presenze che si pensava infestassero la casa passavano le notti a violentare le donne e sodomizzare il marito (!!); i coniugi Warren hanno effettivamente ammesso che durante la loro permanenza in casa Snedeker "qualcosa" di paranormale è successo, tuttavia lo scrittore Ray Garton, autore di In a Dark Place:The Story of a True Haunting, libro che racconta tutta la storia, avrebbe dichiarato che nessuna delle testimonianze dei membri della famiglia Snedeker coincideva con quella degli altri e che persino Ed Warren aveva ammesso davanti a lui che quella gente era semplicemente pazza, pertanto gli aveva consigliato di aggiungere dettagli di fantasia per rendere la storia più terrificante. Quindi, se si considera che la casa in questione è stata abitata prima e dopo da altre famiglie che non hanno riportato alcun problema, true story my ass, come al solito. Tuttavia, se siete curiosi di vedere la vera casa dove si sono svolti questi eventi potete digitare 208 Meriden Avenue, Southington, Connecticut su Google Maps: dovrebbe essere la villetta a due piani col tetto verde e l'ingresso seminascosto da un alberello. De Il messaggero esiste un seguito che tuttavia racconta un'altra storia, The Haunting in Connecticut 2: Ghosts of Georgia (inedito in Italia direi) e da qualche anno si vocifera l'uscita di un terzo capitolo della saga, The Haunting in New York; nell'attesa, se la pellicola vi fosse piaciuta, potete recuperare i film della serie Poltergeist o Amityville. ENJOY!
Trama: per consentire al figlio malato di cancro di essere più vicino all'ospedale che lo ha in cura, la famiglia Campbell si trasferisce in una nuova casa in Connecicut. Presto il ragazzo comincia ad essere preda di orribili visioni legate al sinistro passato della casa, un tempo usata come agenzia di pompe funebri...
Ciò che mi ha salvata dall'oblio durante la visione de Il messaggero (ennesimo esempio di titolo italiano al limite dell'idiozia, messaggero de che, di una sfiga cosmica??) è stato il tempestivo ritorno dei genitori unito alla loro difficoltà nell'aprire la porta di casa o anche questa volta, come già successo con My Soul to Take, mi sarei addormentata senza possibilità di risveglio, neanche mi avesse uccisa Freddy Krueger. Il messaggero è infatti la quintessenza della noia fatta a horror, il classico film dove "non succede niente" ma in senso negativo: non è che Il messaggero giochi sulle atmosfere, sull'inquietudine, sul "non visto che fa ancora più paura", non succede proprio una benemerita mazza e quel poco che succede fa venire il latte alle ginocchia per quanto è banale e raffazzonato. Abbiamo la solita famiglia di poveri cialtroni che, ovviamente, si va a trasferire nella solita casa a due piani con inquietante cantina e soffitta annesse dove, neanche a dirlo, cominciano a manifestarsi i soliti spiriti maligni che un po' spostano piatti, un po' ti compaiono alle spalle per il solo gusto di farlo e per guardarti con scazzo, un po' possiedono il membro più debole della famiglia per fargli fare cose innominabili (nella fattispecie: urlare, giusto un po' di sclero, niente di trascendentale) e un po' tentano di farti capire che diamine è successo nella casa perché, giustamente, di star lì dentro ne hanno voglia ancor meno della famiglia perseguitata e vorrebbero uscire per tornare o in paradiso o all'inferno. Il giochino degli spiriti, in un'ora e mezza di pellicola, durerà sì e no un quarto d'ora scarso, il resto de Il messaggero verte sui tentativi di far magonare lo spettatore attraverso il dramma del povero figlio maggiore affetto da cancro che, come se non avesse già abbastanza problemi, deve anche sopportare il fatto di essere l'unico a riuscire a "vedere la gente morta" in quanto dotato di un piede nella fossa e un altro sulla saponetta.
A peggiorare questo quadro già non troppo edificante, ne Il messaggero non si vede la mano del regista, non ci sono delle ambientazioni gradevoli, non viene giocata la carta vintage perché gli anni '80 nel film somigliano terribilmente ai giorni nostri e anche il twist finale, se di twist si può parlare, non ha proprio molto senso e mostra tutti i limiti di una storia già lacunosa di per sé (si vedano le note finali) sulla quale Hollywood ha dovuto necessariamente ricamare per giustificare la realizzazione di un film, infarcendola così di cliché che potessero "farla filare" per un'ora e mezza. Il messaggero è purtroppo anche uno spreco di un paio di attori validi come Elias Koteas e Virginia Madsen: il primo, che in italiano viene ovviamente doppiato come De Niro per confondere lo spettatore meno scafato, ormai è abbonato ai ruoli da vecchio nonostante abbia appena una cinquantina d'anni ed interpreta un prete talmente pesante che verrebbe voglia di vederlo preso a calci nelle terga dalle entità infestanti mentre la seconda, poveraccia, è l'unica a metterci anima e bravura nell'interpretare la madre distrutta dal dolore e ormai privata della fede, ma immersa in cotanta pochezza è come se gettasse perle ai porci. Obiettivamente, c'è poco altro da aggiungere su Il messaggero, giusto un paio di ulteriori considerazioni su come i realizzatori non sapessero probabilmente che pesci pigliare. Per ingannare/invogliare lo spettatore medio, ovviamente, la pellicola è stata presentata come "tratta da una storia vera" e l'inizio, con la telecamera a mano fissa sulla protagonista intervistata, da l'idea errata di avere davanti l'ennesimo mockumentary ma quello che perplime davvero è il fatto che Virginia Madsen si lamenti della sfortuna che è capitata alla sua famiglia quando poi la storia finisce a tarallucci e vino! E volendo potrei anche citare la presenza di stormi d'uccelli neri che, com'esuli pensieri, migrano sì nel vespero ma in definitiva non c'entrano nulla con gli eventi scatenanti l'infestazione del titolo originale quindi o gli sceneggiatori si sono fumati un pezzo di script oppure non sapevano cosa metterci per aggiungere un po' di colore a questa sciapa storia di fantasmi, medium, preti e strani becchini che adorano seviziare i cadaveri senza un motivo apparente. In poche parole, evitatelo come la peste!
Di Virginia Madsen (Sara Campbell), Kyle Gallner (Matt Campbell), Elias Koteas (Reverendo Popescu) e Martin Donovan (Peter Campbell) ho già parlato ai rispettivi link.
Peter Cornwell è il regista della pellicola. Australiano, ha diretto anche due episodi della serie Hemlock Grove. Anche produttore e animatore, ha due film in uscita.
La storia vera alla base de Il messaggero coinvolge, neanche a dirlo, i protagonisti di L'evocazione, Lorraine ed Ed Warren, chiamati dalla famiglia Snedeker per capire cosa stesse accadendo nella loro nuova casa, un tempo usata (come nel film) come agenzia di pompe funebri. Pare che il figlio maggiore, affetto dal linfoma di Hodkin, una volta trasferitosi avesse cominciato a soffrire di sdoppiamento di personalità e avesse persino tentato di stuprare la cugina prima di venire messo in manicomio per più di un mese. Nel frattempo, le demoniache presenze che si pensava infestassero la casa passavano le notti a violentare le donne e sodomizzare il marito (!!); i coniugi Warren hanno effettivamente ammesso che durante la loro permanenza in casa Snedeker "qualcosa" di paranormale è successo, tuttavia lo scrittore Ray Garton, autore di In a Dark Place:The Story of a True Haunting, libro che racconta tutta la storia, avrebbe dichiarato che nessuna delle testimonianze dei membri della famiglia Snedeker coincideva con quella degli altri e che persino Ed Warren aveva ammesso davanti a lui che quella gente era semplicemente pazza, pertanto gli aveva consigliato di aggiungere dettagli di fantasia per rendere la storia più terrificante. Quindi, se si considera che la casa in questione è stata abitata prima e dopo da altre famiglie che non hanno riportato alcun problema, true story my ass, come al solito. Tuttavia, se siete curiosi di vedere la vera casa dove si sono svolti questi eventi potete digitare 208 Meriden Avenue, Southington, Connecticut su Google Maps: dovrebbe essere la villetta a due piani col tetto verde e l'ingresso seminascosto da un alberello. De Il messaggero esiste un seguito che tuttavia racconta un'altra storia, The Haunting in Connecticut 2: Ghosts of Georgia (inedito in Italia direi) e da qualche anno si vocifera l'uscita di un terzo capitolo della saga, The Haunting in New York; nell'attesa, se la pellicola vi fosse piaciuta, potete recuperare i film della serie Poltergeist o Amityville. ENJOY!
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