Tripletta, questa settimana. Aspettando It - Capitolo 2 i cinema si riempiono di opere horror e stavolta è toccato a Il signor Diavolo, diretto e co-sceneggiato dal regista Pupi Avati.
Trama: negli anni '50, un funzionario del Ministero di Grazia e Giustizia viene incaricato di indagare su un caso di omicidio in un paesino del Veneto, dove un ragazzino ne ha ucciso un altro convinto di avere a che fare col demonio...
Il signor Diavolo di Pupi Avati è una lettura che mi ha tenuto compagnia per un paio di giorni estivi, un romanzo breve che cattura il lettore dalla prima all'ultima pagina e lascia di stucco con un finale angosciantissimo (non che ciò che viene prima non lo sia, beninteso). Avevo quindi molte aspettative per il film diretto e co-sceneggiato dallo stesso Avati ma anche parecchi timori, in quanto le critiche verso Il signor Diavolo non erano per nulla positive: si parlava di un horror già vecchio, sciatto, un passo indietro rispetto a ciò che dovrebbe essere la rinascita del genere italiano, ecc. ecc.. A seguito della visione, posso dire di ritrovarmi esattamente nel mezzo tra chi saltella di gioia e chi soffre per il disgusto, perché l'ultimo film di Avati ha sia pregi che, purtroppo, difetti e tutto sta nel mettersi nell'ottica giusta. Il primo pregio, di sicuro, è il modo in cui Il signor Diavolo è radicato nella storia italiana e in una mentalità superstiziosa che in molte zone non si è ancora persa. Il giovane funzionario Furio Momenté viene mandato dal Ministero di Grazia e Giustizia, nel primo dopoguerra italiano governato con pugno di ferro dalla Democrazia Cristiana, a risolvere una questione potenzialmente assai incresciosa per un partito che proprio sulla mentalità bigotta e superstiziosa si appoggia e che non è pronto a subire l'altro lato della medaglia dell'ignoranza facilmente malleabile, soprattutto quando il Diavolo (o meglio, il signor Diavolo) pare metterci lo zampone. In uno sperduto paesino del Veneto, un ragazzino ne ha ucciso un altro sobillato da una suora e da un sagrestano, convinti che il giovane Emilio, nato deforme, altri non sia che un'incarnazione del demonio nonché fonte di tutte le disgrazie che stanno colpendo molti degli abitanti del paese. La madre di Emilio, donna potentissima e un tempo fervente sostenitrice della Democrazia Cristiana, ha deciso di far di tutto, comprensibilmente, perché le magagne della Chiesa vengano alla luce e il compito di Momenté è far sì che né la suora né il sagrestano né nessun altro esponente del clero compaia in un'aula di tribunale. All'interno degli atti secretati del Ministero, che mettono su carta gli interrogatori del piccolo assassino, si snoda quindi la vicenda condensata nella prima parte del film, quella più affascinante, che spazia tra spaccati di vita contadina immersi in uno squallore innaturale, orribili visioni e riti in bilico tra magia nera, religione e superstizione, come se la realtà tangibile e quella nascosta ai nostri occhi andassero costantemente a braccetto, inscindibili l'una dall'altra.
Avati si conferma dunque fine indagatore degli orrori della provincia "ignorante" e antica, oltre che talent scout di volti che restano impressi quasi più delle vicende narrate. Con tutto il rispetto per i poveri attori coinvolti, in quanto io per prima bella non sono, Il signor Diavolo presenta infatti un campionario di gente orrenda da primato, a partire dal convincentissimo protagonista, sfigatello e sudaticcio, passando per il piccolo Carlo, brutto come il peccato, per non parlare poi del cantante Cesare Cremonini, sepolto sotto un make-up che lo rende irriconoscibile e tanto più inquietante per me, ché il padre di Carlo è identico al mio boss, porca miseria. A proposito di make-up, gli effetti speciali di Stivaletti sono pochi ma buoni, degni complementi di immagini scioccanti che riversano incubi ancestrali all'interno delle misere esistenze degli abitanti di Liù Piccolo, e francamente questo ritorno all'horror italiano più "casereccio", fatto di singoli momenti scioccanti incorniciati in una vicenda lenta ed inquietante, persino confusa a tratti, a me non è dispiaciuto. Certo, proprio questa lentezza e confusione, soprattutto nella seconda parte, contribuiscono a rendere Il signor Diavolo un film non proprio riuscitissimo e sì, "vecchio", al quale The Nest (giusto per fare un confronto con un horror italiano recente) riesce a fare le scarpe senza problemi, a livello di regia e fotografia in primis. Forse per conquistare maggiormente la platea cinematografica, che ovviamente ha esigenze diverse da un lettore, Avati e soci hanno puntato molto su un singolo, terrificante evento accorso nel passato del deforme Emilio, infilando storie di fantasmi e presenze anche dove non ce n'era bisogno, e il pre-finale, col protagonista che vaga da un posto all'altro interrogando persone senza cavare un ragno dal buco, è inutilmente dilatato e rende ben poco sullo schermo, soprattutto perde di quella caratteristica allucinata che lo rende così avvincente ed inquietante nel libro. Altra enorme pecca, almeno per me, il finale, che priva di qualsiasi ambiguità quello del romanzo, scodellando un cattivo ad hoc. Insomma, il ritorno all'horror di Pupi Avati poteva essere sicuramente meglio ma poteva anche essere molto peggio. Come ho scritto, io mi pongo nel mezzo ma sono comunque contenta che qualche "vecchio" ancora approdi nelle sale cinematografiche con opere come questa.
Del regista e co-sceneggiatore Pupi Avati ho già parlato QUI mentre Alessandro Haber, che interpreta Padre Amedeo, lo trovate QUA.
Gianni Cavina interpreta il sagrestano. Nato a Bologna, ha partecipato a film come La casa dalle finestre che ridono, Cornetti alla crema, Regalo di Natale, La rivincita di Natale e Benvenuto presidente!. Anche sceneggiatore, ha 78 anni.
Lino Capolicchio interpreta Don Zanini. Nato a Merano, ha partecipato a film come Il giardino dei Finzi Contini, La casa dalle finestre che ridono e a serie come La piovra 3. Anche regista e sceneggiatore, ha 75 anni.
Lorenzo Salvatori, che interpreta Emilio, ha 29 anni ed è affetto dalla sindrome di Noonan. Tra le varie guest star che compaiono nel film segnalo un irriconoscibile Andrea Roncato nei panni dell'anziano dottor Rubei e il già citato cantante Cesare Cremonini in quelli del padre di Carlo. Detto questo, vi consiglio la lettura de Il signor Diavolo, ovviamente. ENJOY!
venerdì 30 agosto 2019
giovedì 29 agosto 2019
(Gio)WE, Bolla! del 29/8/2019
Buon giovedì a tutti! Ultimi scampoli d'estate prima dei grandi eventi cinematografici, nel mentre che pochi fortunati sorseggiano spritz al Lido di Venezia... a parte The Handmaiden che qui non arriverà mai, cosa offre ai cinefili sfigati il multisala di Savona? ENJOY!
5 è il numero perfetto
Genitori quasi perfetti
5 è il numero perfetto
Reazione a caldo: Hmm!!
Bolla, rifletti!: Chissà perché ho una voglia matta di vedere questa storia di gangster napoletani. Forse perché il trailer è trashissimo? Forse perché è tratto da una graphic novel famosissima che io non ho mai letto? Boh. Sta di fatto che domenica correrò a vederlo!Genitori quasi perfetti
Reazione a caldo: Argh.
Bolla, rifletti!: C'è quel "perfetti" che richiama un altro famosissimo titolo italiano degli ultimi anni che io non ho sopportato, già mi par cosa disonesta. A parte tutto, film a base di riunioni, insicurezze e segretucci, buono giusto per la TV in virtù di un paio di attori simpatici.mercoledì 28 agosto 2019
Bolle di Ignoranza: AfterDeath (2015)
Da tre anni non tornavano le recensioni ignoranti, ovvero post su film visti a metà, abbandonati, sacrificati al potere di Morfeo o talmente brutti da non meritare nemmeno mezza riga in più. Ho rispolverato la rubrica con lo scopo di mettervi in guardia, nel caso lo trovaste nell'elenco di qualche servizio di video on line, piattaforma a pagamento, pay TV o quel che volete, dall'orrore che è AfterDeath, diretto nel 2015 dai registi Gez Medinger e Robin Schmidt.
Trama: accendo la TV e mi trovo davanti un tizio incapace a recitare che cerca di circuire due strapponette vestite a festa e ubriache. Subentra una terza tizia che cazzia il bel tomo nel momento esatto in cui un bozzolo di fumo nero-bluastro comincia a sbattere contro le pareti della casa nemmeno fosse una pallina da ping pong.
Dovete sapere che in Inghilterra hanno un canale chiamato Horror Channel e che nel corso della settimana passata nel Lake District mi è talvolta capitato di usufruirne, imbattendomi in titoli dignitosissimi come La casa e La casa nera. Purtroppo, nell'unica sera in cui eravamo troppo distrutti per esplorare pub a Manchester, Horror Channel ha "sfoderato" una rumenta come AfterDeath, che non è la fragassata anni '80 dai molteplici titoli, bensì uno schifo tutto britannico a base di gente morta e catapultata in un limbo di tristezza, non solo per loro ma anche e soprattutto per lo spettatore. In assenza di sottotitoli e con attori inglesi assimilabili a cani maledetti della peggior specie ho capito quel che ho capito, lo ammetto, ma aver fatto ricorso a Wikipedia non ha migliorato la situazione: in pratica quattro, cinque strepponi (quattro donne e un uomo di rara simpatia, il quale cerca di scoparsi tutte e quattro le donne in un tripudio di frenesia alcoolica per poi finire accoltellato dalle stesse) si ritrovano chiusi all'interno di un rifugetto in riva al mare dal quale non possono uscire. Ogni tanto la luce di un faro frigge loro il cervello evocando ricordi orribili, talvolta una di loro scompare per poi riapparire, spesso ciccia fuori lo stesso fumo di Lost ma virato in un inquietante blu puffo che, a un certo punto (non sto scherzando), arriva a sodomizzare l'unico uomo presente per punirlo di aver violentato donne in vita. Alla stupidità congenita della trama, che a un certo punto scodella un piano di rara imbecillità per liberare le anime dei defunti dall'inferno perché tutti peccano e nessuno va in paradiso (sì, SPOILER, il gruppetto di idioti è bloccato all'inferno o, meglio, all'interno di una PROVA per capire se possono andare all'inferno o in paradiso ma fondamentalmente trattasi di concorso a premi truccato, non vince mai nessuno, peggio di quei baracchini al luna park dove ti sventolano davanti al naso l'ipad), si aggiungono effetti speciali d'accatto, la noia mortale di avere un cast terribile chiuso fra quattro mura di raro squallore e tempi morti come se non ci fosse un domani. Ridatemi Paganini Horror, vi prego!!
Trama: accendo la TV e mi trovo davanti un tizio incapace a recitare che cerca di circuire due strapponette vestite a festa e ubriache. Subentra una terza tizia che cazzia il bel tomo nel momento esatto in cui un bozzolo di fumo nero-bluastro comincia a sbattere contro le pareti della casa nemmeno fosse una pallina da ping pong.
Dovete sapere che in Inghilterra hanno un canale chiamato Horror Channel e che nel corso della settimana passata nel Lake District mi è talvolta capitato di usufruirne, imbattendomi in titoli dignitosissimi come La casa e La casa nera. Purtroppo, nell'unica sera in cui eravamo troppo distrutti per esplorare pub a Manchester, Horror Channel ha "sfoderato" una rumenta come AfterDeath, che non è la fragassata anni '80 dai molteplici titoli, bensì uno schifo tutto britannico a base di gente morta e catapultata in un limbo di tristezza, non solo per loro ma anche e soprattutto per lo spettatore. In assenza di sottotitoli e con attori inglesi assimilabili a cani maledetti della peggior specie ho capito quel che ho capito, lo ammetto, ma aver fatto ricorso a Wikipedia non ha migliorato la situazione: in pratica quattro, cinque strepponi (quattro donne e un uomo di rara simpatia, il quale cerca di scoparsi tutte e quattro le donne in un tripudio di frenesia alcoolica per poi finire accoltellato dalle stesse) si ritrovano chiusi all'interno di un rifugetto in riva al mare dal quale non possono uscire. Ogni tanto la luce di un faro frigge loro il cervello evocando ricordi orribili, talvolta una di loro scompare per poi riapparire, spesso ciccia fuori lo stesso fumo di Lost ma virato in un inquietante blu puffo che, a un certo punto (non sto scherzando), arriva a sodomizzare l'unico uomo presente per punirlo di aver violentato donne in vita. Alla stupidità congenita della trama, che a un certo punto scodella un piano di rara imbecillità per liberare le anime dei defunti dall'inferno perché tutti peccano e nessuno va in paradiso (sì, SPOILER, il gruppetto di idioti è bloccato all'inferno o, meglio, all'interno di una PROVA per capire se possono andare all'inferno o in paradiso ma fondamentalmente trattasi di concorso a premi truccato, non vince mai nessuno, peggio di quei baracchini al luna park dove ti sventolano davanti al naso l'ipad), si aggiungono effetti speciali d'accatto, la noia mortale di avere un cast terribile chiuso fra quattro mura di raro squallore e tempi morti come se non ci fosse un domani. Ridatemi Paganini Horror, vi prego!!
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martedì 27 agosto 2019
Crawl - Intrappolati (2019)
La dea dei recuperi stavolta mi ha baciata in fronte, ché nonostante sia rimasta in terre straniere per ben una settimana, al ritorno sono riuscita a trovare in programmazione anche Crawl - Intrappolati (Crawl), diretto dal regista Alexandre Aja.
Trama: nel bel mezzo di un tifone, Haley va nella vecchia casa d'infanzia per cercare il padre che non risponde al cellulare. Lì troverà una cantina completamente allagata ed infestata da alligatori.
Oh, credevo non lo avrei mai più potuto dire ma stavolta, davvero, "dove c'è Aja c'è gioia". Non può non esserci, in effetti, con un film zeppo di mostroni striscianti e assassini come questo, privato della stupidità congenita e alla American Pie di Piranha 3D (che, per inciso, mi aveva già divertita molto) o della sciatteria di uno Sharknado, ridotto all'osso con due personaggi cazzutissimi benché paradossali che devono fare solo una cosa: sopravvivere. Sopravvivere all'interno di una cantina o anfratto sotto le fondamenta (cosa c'è di bello nelle case americane è che sono fatte di cartamusica e hanno sti pertugi sotterranei dove può celarsi la qualsiasi) di una casa, all'interno della quale a un certo punto cominciano a riversarsi alligatori come se non bastasse lo schifo atavico di un luogo dal soffitto bassissimo, zeppo di escrementi e schifo assortito. Ecco, la cosa veramente più agghiacciante di Crawl è che all'ansia da soffocamento causata dalla presenza di ambienti ristretti e via via sempre più zeppi d'acqua, si aggiunge il disgusto di non sapere cosa toccheranno le mani e i piedi nudi dei protagonisti, costretti a dimenarsi all'interno di anfratti leppeghi, probabilmente maleodoranti, pieni di Dio solo sa cosa, tanto che talvolta gli alligatori mi sono sembrati davvero il male minore. Ma gli alligatori ci sono, mannaggia a loro, e sono infingardi come pochi, tanto da non dare scampo in qualsiasi ambiente li si metta, che sia una cantina soffocante, una strada trasformata nel giro di pochissimo in una palude o una casa utilizzata come quelle meravigliose cabine in cui i maghi a poco a poco vengono ricoperti d'acqua e col cavolo che riescono ad uscire. Il tutto, ovviamente, mentre i due protagonisti si fanno sempre più stanchi e sciancati (anche incauti, santo cielo. Accetto tutto ma che Haley si guardi le spalle ogni due secondi mentre il povero babbo a un bel momento pensi di essere al parco acquatico Le Caravelle e dimentichi che sott'acqua ci sono gli alligatori anche no, dai) ma mai domi, questo nemmeno per un secondo, ché forse nemmeno Rambo era così combattivo e desideroso di sopravvivere quanto lo sono la Scodelario e Pepper, entrambi straconvinti dei loro ruoli e impegnati in prove fisiche d'alta scuola, quelle belle performance alla Tremors dove non importa quanto siano assurdi i dialoghi che gli si mette in bocca, alla fine si arriva ad amare i due protagonisti.
In tutto questo, come ho detto, Aja e l'intero reparto tecnico chiamato a realizzare il film danno gioia. Il regista gioca alla perfezione con gli ambienti a sua disposizione, riversandoci addosso terrori claustrofobici ed agorafobici senza annoiare nemmeno per un secondo e mozzando il respiro dello spettatore sia quando lo spazio è limitato, come in cantina o in casa, sia quando c'è anche troppo spazio e Dio solo sa da dove arriverà la minaccia; le dinamiche da horror in cui l'alligatore si acquatta nell'oscurità, pronto ad uccidere lo spettatore con uno jump scare perfido e spesso inaspettato, si alternano così ad ampie panoramiche in cui le bestiacce si vedono benissimo e si può solo pregare per chi ha talmente tanta sfiga da ritrovarsi alla mercé delle loro fauci, con tutta la profusione di gore del caso, per fortuna. Voto dieci, inoltre, agli effetti speciali. Non mi intendo di alligatori, per carità, tuttavia quelli di Crawl sono molto realistici e soprattutto sono inseriti alla perfezione all'interno delle scene, offrendo un'interazione assolutamente veritiera con gli attori. Unico appunto che mi sento di muovere: ma gli alligatorini, perché non usarli? Già me li immaginavo come tanti piccoli critter ancora più malvagi, attaccarsi ai piedi della Scodelario e romperle le scatole a mo' di zanzare moleste, altroché. Ma pazienza, Crawl è divertentissimo e ansiogeno anche senza alligatori baby, una corsa sulle montagne russe con una frenata talmente brusca e una presa in giro sui titoli di coda così grande da meritare l'applauso. Ah, il buon cinema ignorante di una volta, realizzato con passione. L'ideale per le caldissime serate estive, altro che evitare le sale!
Del regista Alexandre Aja ho già parlato QUI. Kaya Scodelario (Haley) e Barry Pepper (Dave) li trovate invece ai rispettivi link.
Se il film vi fosse piaciuto recuperate The Shallows, Piranha 3D e Blu profondo. ENJOY!
Trama: nel bel mezzo di un tifone, Haley va nella vecchia casa d'infanzia per cercare il padre che non risponde al cellulare. Lì troverà una cantina completamente allagata ed infestata da alligatori.
Oh, credevo non lo avrei mai più potuto dire ma stavolta, davvero, "dove c'è Aja c'è gioia". Non può non esserci, in effetti, con un film zeppo di mostroni striscianti e assassini come questo, privato della stupidità congenita e alla American Pie di Piranha 3D (che, per inciso, mi aveva già divertita molto) o della sciatteria di uno Sharknado, ridotto all'osso con due personaggi cazzutissimi benché paradossali che devono fare solo una cosa: sopravvivere. Sopravvivere all'interno di una cantina o anfratto sotto le fondamenta (cosa c'è di bello nelle case americane è che sono fatte di cartamusica e hanno sti pertugi sotterranei dove può celarsi la qualsiasi) di una casa, all'interno della quale a un certo punto cominciano a riversarsi alligatori come se non bastasse lo schifo atavico di un luogo dal soffitto bassissimo, zeppo di escrementi e schifo assortito. Ecco, la cosa veramente più agghiacciante di Crawl è che all'ansia da soffocamento causata dalla presenza di ambienti ristretti e via via sempre più zeppi d'acqua, si aggiunge il disgusto di non sapere cosa toccheranno le mani e i piedi nudi dei protagonisti, costretti a dimenarsi all'interno di anfratti leppeghi, probabilmente maleodoranti, pieni di Dio solo sa cosa, tanto che talvolta gli alligatori mi sono sembrati davvero il male minore. Ma gli alligatori ci sono, mannaggia a loro, e sono infingardi come pochi, tanto da non dare scampo in qualsiasi ambiente li si metta, che sia una cantina soffocante, una strada trasformata nel giro di pochissimo in una palude o una casa utilizzata come quelle meravigliose cabine in cui i maghi a poco a poco vengono ricoperti d'acqua e col cavolo che riescono ad uscire. Il tutto, ovviamente, mentre i due protagonisti si fanno sempre più stanchi e sciancati (anche incauti, santo cielo. Accetto tutto ma che Haley si guardi le spalle ogni due secondi mentre il povero babbo a un bel momento pensi di essere al parco acquatico Le Caravelle e dimentichi che sott'acqua ci sono gli alligatori anche no, dai) ma mai domi, questo nemmeno per un secondo, ché forse nemmeno Rambo era così combattivo e desideroso di sopravvivere quanto lo sono la Scodelario e Pepper, entrambi straconvinti dei loro ruoli e impegnati in prove fisiche d'alta scuola, quelle belle performance alla Tremors dove non importa quanto siano assurdi i dialoghi che gli si mette in bocca, alla fine si arriva ad amare i due protagonisti.
In tutto questo, come ho detto, Aja e l'intero reparto tecnico chiamato a realizzare il film danno gioia. Il regista gioca alla perfezione con gli ambienti a sua disposizione, riversandoci addosso terrori claustrofobici ed agorafobici senza annoiare nemmeno per un secondo e mozzando il respiro dello spettatore sia quando lo spazio è limitato, come in cantina o in casa, sia quando c'è anche troppo spazio e Dio solo sa da dove arriverà la minaccia; le dinamiche da horror in cui l'alligatore si acquatta nell'oscurità, pronto ad uccidere lo spettatore con uno jump scare perfido e spesso inaspettato, si alternano così ad ampie panoramiche in cui le bestiacce si vedono benissimo e si può solo pregare per chi ha talmente tanta sfiga da ritrovarsi alla mercé delle loro fauci, con tutta la profusione di gore del caso, per fortuna. Voto dieci, inoltre, agli effetti speciali. Non mi intendo di alligatori, per carità, tuttavia quelli di Crawl sono molto realistici e soprattutto sono inseriti alla perfezione all'interno delle scene, offrendo un'interazione assolutamente veritiera con gli attori. Unico appunto che mi sento di muovere: ma gli alligatorini, perché non usarli? Già me li immaginavo come tanti piccoli critter ancora più malvagi, attaccarsi ai piedi della Scodelario e romperle le scatole a mo' di zanzare moleste, altroché. Ma pazienza, Crawl è divertentissimo e ansiogeno anche senza alligatori baby, una corsa sulle montagne russe con una frenata talmente brusca e una presa in giro sui titoli di coda così grande da meritare l'applauso. Ah, il buon cinema ignorante di una volta, realizzato con passione. L'ideale per le caldissime serate estive, altro che evitare le sale!
Del regista Alexandre Aja ho già parlato QUI. Kaya Scodelario (Haley) e Barry Pepper (Dave) li trovate invece ai rispettivi link.
Se il film vi fosse piaciuto recuperate The Shallows, Piranha 3D e Blu profondo. ENJOY!
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domenica 25 agosto 2019
The Nest (Il nido) (2019)
Inaspettatamente, tornata dalle ferie mi aspettava una bellissima sorpresa: al multisala era ancora in programmazione, dopo più di una settimana, The Nest (Il nido), diretto e co-sceneggiato dal regista Roberto De Feo. NO SPOILER, tranquilli.
Trama: il piccolo Samuel, paraplegico, vive all'interno di una lussuosa villa accanto al lago assieme a sua madre e a uno stuolo di servitori e medici. All'interno della casa vigono regole severissime che impongono agli abitanti, tra le altre cose, di non uscire all'esterno, ma tutte queste regole vengono sovvertite con l'arrivo inaspettato di Denise, coetanea di Samuel...
Non è facile parlare di The Nest senza fare spoiler e soprattutto dopo due settimane di astinenza da scrittura, cosa che mi ha resa più arrugginita di quanto già non fossi, ma ci proverò. The Nest è una sorta di thriller dalle sfumature horror che a tratti pare più un racconto gotico d'altri tempi, un'opera difficile da incasellare in un unico genere, come spesso succede a quelle più riuscite. Ambientato in una villa apparentemente fuori dal tempo, piena di oggetti palesemente anacronistici (Villa dei Laghi, nel comune di Druento, in Piemonte), il film si concentra sulla figura desolata e desolante di Samuel, ragazzino leopardiano e paraplegico, costretto dalla madre Elena ad una vita ben triste, fatta di giochi solitari, studio e ambigui personaggi a popolare la magione. Tutto ciò che gravita attorno a Samuel e alla villa in cui vive è inquietante e "sbagliato", la pazzia serpeggia tra corridoi oscuri che a tratti ricordano quelli dell'Overlook Hotel di Shining, i dialoghi contengono piccolissimi ma fondamentali indizi capaci di far suonare campanelli di allarme assortiti nel cervello dello spettatore più smaliziato e, ovviamente, non tutto è quello che sembra. In soccorso del pubblico confuso arriva la delicatissima figura di Denise, ragazzina "hippy" attraverso la quale riusciamo a penetrare qualcuno dei segreti che circondano la villa e Samuel, anche se lì per lì vorremmo non averlo mai fatto; Denise si ritrova infatti a dover subire le regole impositive della casa, a veder scomparirne piano piano gli abitanti, a lottare contro lo sguardo sempre più torvo di Elena, gelosa e spaventata all'idea che la ragazzina possa a poco a poco conquistare l'affetto del figlio vanificando tutti gli sforzi per proteggerlo dal mondo esterno. I segreti di The Nest si svelano pian piano proprio grazie alla presenza di Denise e all'influenza che la fanciulla esercita su Samuel, consentendo allo spettatore di scoprire nuovi punti di vista capaci di mettere alcuni personaggi sotto una luce diversa rispetto ai gusci monodimensionali nei quali erano rinchiusi all'inizio. Questo vale innanzitutto per Elena, dipinta inizialmente come la folle erede della signorina Rottenmeier e poi sempre più complessa nella sua pazzia, risultato di un amore tanto distorto quanto profondo e di un altrettanto profondo terrore.
Continuare a ricamare sulla trama di The Nest sarebbe un delitto, quindi, già che ho nominato Elena, comincerei a spendere due parole sulla realizzazione del film, partendo proprio dagli attori. Sapete bene quanto mi faccia male il 90% di cani maledetti che popolano le opere nostrane e non posso dire che abbia capito per intero i dialoghi di The Nest, questo no, ché talvolta la dizione degli attori andava allegramente per i fatti suoi; tuttavia, non c'è un solo personaggio all'interno del film che non sia stato interpretato alla perfezione, a partire dal piccolo, cupissimo e triste Samuel, passando per la deliziosa Denise (la quale tanto mi ha ricordato la bellissima Deborah che affascinava il giovane Noodles in C'era una volta in America, con la sua danza innocente e sensuale sulle note di una melodia bellissima e struggente, leitmotiv dell'intero film, l'interpretazione a pianoforte di questa canzone) per arrivare ad Elena, appunto, incarnata da un'attrice di singolare bellezza dotata di due enormi occhi di un colore incredibile, pescata direttamente all'interno delle millemila fiction che infestano la TV italiana. Impossibile, poi, dimenticarsi di Maurizio Lombardi e del suo mad doctor, ma in generale tutto il film è pieno di facce interessanti, un po' alla "american gothic", che colpiscono lo spettatore per la loro mera presenza scenica, al di là della recitazione in sé. Altra cosa che non può non colpire l'occhio di chi è stato tanto fortunato da dar fiducia a The Nest è la cura messa da Roberto de Feo nella costruzione delle singole sequenze e delle immagini, all'interno delle quali vi è una simmetria (soprattutto in quelle realizzate nelle stanze della villa, dotate di un'evocativa carta da parati) splendida, specchio delle regole rigide della casa e della loro illusoria armonia; le inquadrature sono ricercate, l'illuminazione e la fotografia non sono da meno (forse è una ilusion en mi pensamiento ma Samuel è sempre un po' in ombra e "grigio" rispetto agli altri personaggi) eppure guardando The Nest non traspare la volontà di realizzare un film "fighetto" giusto per mero sfoggio di bravura tecnica o per desiderio di scimmiottare dei grandi registi. All'interno di The Nest ci sono cuore e sentimenti, c'è il desiderio di raccontare una storia e indagare nell'animo dei personaggi, di un ragazzino al quale è stata negata l'infanzia (che paradossalmente viene costretto ad assumersi tutte le responsabilità di un adulto senza aver la possibilità di diventarlo davvero), di una donna che ha perso tutto e si appiglia all'ultima speranza di essere felice, di una ragazzina precipitata in un incubo più grande di lei. The Nest non è un film perfetto ma è comunque molto molto bello e soprattutto è un film tutto italiano da vedere e consigliare, così da rendere possibile che ne escano altri così.
Roberto de Feo è il regista e co-sceneggiatore della pellicola. Nato a Bari, anche produttore, è al suo primo lungometraggio e ha 38 anni.
Francesca Cavallin interpreta Elena. Nata a Bassano del Grappa, ha partecipato a serie quali Vivere, Don Matteo, Un medico in famiglia e Rocco Schiavone. Ha 43 anni.
Maurizio Lombardi interpreta Christian. Nato a Firenze, ha partecipato a serie quali Don Matteo, Romanzo Criminale - La serie, The Young Pope e Il nome della rosa. Ha 45 anni e un film in uscita.
Trama: il piccolo Samuel, paraplegico, vive all'interno di una lussuosa villa accanto al lago assieme a sua madre e a uno stuolo di servitori e medici. All'interno della casa vigono regole severissime che impongono agli abitanti, tra le altre cose, di non uscire all'esterno, ma tutte queste regole vengono sovvertite con l'arrivo inaspettato di Denise, coetanea di Samuel...
Non è facile parlare di The Nest senza fare spoiler e soprattutto dopo due settimane di astinenza da scrittura, cosa che mi ha resa più arrugginita di quanto già non fossi, ma ci proverò. The Nest è una sorta di thriller dalle sfumature horror che a tratti pare più un racconto gotico d'altri tempi, un'opera difficile da incasellare in un unico genere, come spesso succede a quelle più riuscite. Ambientato in una villa apparentemente fuori dal tempo, piena di oggetti palesemente anacronistici (Villa dei Laghi, nel comune di Druento, in Piemonte), il film si concentra sulla figura desolata e desolante di Samuel, ragazzino leopardiano e paraplegico, costretto dalla madre Elena ad una vita ben triste, fatta di giochi solitari, studio e ambigui personaggi a popolare la magione. Tutto ciò che gravita attorno a Samuel e alla villa in cui vive è inquietante e "sbagliato", la pazzia serpeggia tra corridoi oscuri che a tratti ricordano quelli dell'Overlook Hotel di Shining, i dialoghi contengono piccolissimi ma fondamentali indizi capaci di far suonare campanelli di allarme assortiti nel cervello dello spettatore più smaliziato e, ovviamente, non tutto è quello che sembra. In soccorso del pubblico confuso arriva la delicatissima figura di Denise, ragazzina "hippy" attraverso la quale riusciamo a penetrare qualcuno dei segreti che circondano la villa e Samuel, anche se lì per lì vorremmo non averlo mai fatto; Denise si ritrova infatti a dover subire le regole impositive della casa, a veder scomparirne piano piano gli abitanti, a lottare contro lo sguardo sempre più torvo di Elena, gelosa e spaventata all'idea che la ragazzina possa a poco a poco conquistare l'affetto del figlio vanificando tutti gli sforzi per proteggerlo dal mondo esterno. I segreti di The Nest si svelano pian piano proprio grazie alla presenza di Denise e all'influenza che la fanciulla esercita su Samuel, consentendo allo spettatore di scoprire nuovi punti di vista capaci di mettere alcuni personaggi sotto una luce diversa rispetto ai gusci monodimensionali nei quali erano rinchiusi all'inizio. Questo vale innanzitutto per Elena, dipinta inizialmente come la folle erede della signorina Rottenmeier e poi sempre più complessa nella sua pazzia, risultato di un amore tanto distorto quanto profondo e di un altrettanto profondo terrore.
Continuare a ricamare sulla trama di The Nest sarebbe un delitto, quindi, già che ho nominato Elena, comincerei a spendere due parole sulla realizzazione del film, partendo proprio dagli attori. Sapete bene quanto mi faccia male il 90% di cani maledetti che popolano le opere nostrane e non posso dire che abbia capito per intero i dialoghi di The Nest, questo no, ché talvolta la dizione degli attori andava allegramente per i fatti suoi; tuttavia, non c'è un solo personaggio all'interno del film che non sia stato interpretato alla perfezione, a partire dal piccolo, cupissimo e triste Samuel, passando per la deliziosa Denise (la quale tanto mi ha ricordato la bellissima Deborah che affascinava il giovane Noodles in C'era una volta in America, con la sua danza innocente e sensuale sulle note di una melodia bellissima e struggente, leitmotiv dell'intero film, l'interpretazione a pianoforte di questa canzone) per arrivare ad Elena, appunto, incarnata da un'attrice di singolare bellezza dotata di due enormi occhi di un colore incredibile, pescata direttamente all'interno delle millemila fiction che infestano la TV italiana. Impossibile, poi, dimenticarsi di Maurizio Lombardi e del suo mad doctor, ma in generale tutto il film è pieno di facce interessanti, un po' alla "american gothic", che colpiscono lo spettatore per la loro mera presenza scenica, al di là della recitazione in sé. Altra cosa che non può non colpire l'occhio di chi è stato tanto fortunato da dar fiducia a The Nest è la cura messa da Roberto de Feo nella costruzione delle singole sequenze e delle immagini, all'interno delle quali vi è una simmetria (soprattutto in quelle realizzate nelle stanze della villa, dotate di un'evocativa carta da parati) splendida, specchio delle regole rigide della casa e della loro illusoria armonia; le inquadrature sono ricercate, l'illuminazione e la fotografia non sono da meno (forse è una ilusion en mi pensamiento ma Samuel è sempre un po' in ombra e "grigio" rispetto agli altri personaggi) eppure guardando The Nest non traspare la volontà di realizzare un film "fighetto" giusto per mero sfoggio di bravura tecnica o per desiderio di scimmiottare dei grandi registi. All'interno di The Nest ci sono cuore e sentimenti, c'è il desiderio di raccontare una storia e indagare nell'animo dei personaggi, di un ragazzino al quale è stata negata l'infanzia (che paradossalmente viene costretto ad assumersi tutte le responsabilità di un adulto senza aver la possibilità di diventarlo davvero), di una donna che ha perso tutto e si appiglia all'ultima speranza di essere felice, di una ragazzina precipitata in un incubo più grande di lei. The Nest non è un film perfetto ma è comunque molto molto bello e soprattutto è un film tutto italiano da vedere e consigliare, così da rendere possibile che ne escano altri così.
Roberto de Feo è il regista e co-sceneggiatore della pellicola. Nato a Bari, anche produttore, è al suo primo lungometraggio e ha 38 anni.
Francesca Cavallin interpreta Elena. Nata a Bassano del Grappa, ha partecipato a serie quali Vivere, Don Matteo, Un medico in famiglia e Rocco Schiavone. Ha 43 anni.
Maurizio Lombardi interpreta Christian. Nato a Firenze, ha partecipato a serie quali Don Matteo, Romanzo Criminale - La serie, The Young Pope e Il nome della rosa. Ha 45 anni e un film in uscita.
domenica 18 agosto 2019
Fast & Furious - Hobbs & Shaw (2019)
Spinta da un trailer tamarro e dalla presenza di attori molto graditi, prima di partire per le ferie sono corsa a vedere Fast & Furious - Hobbs & Shaw (Fast & Furious Presents: Hobbs & Shaw), diretto dal regista David Leitch.
Trama: la presenza di un virus mortale, voluto a tutti i costi da un'organizzazione in grado di creare superuomini, costringe l'enorme Hobbs e l'elegante Shaw a una difficile collaborazione.
Disclaimer: non ho mai sopportato Fast & Furious, così, a pelle, quindi non ho mai visto un singolo episodio della saga. Ciò mi ha portato a spoilerare spiacevolmente UN aspetto del film su Facebook, cosa che cercherò di non ripetere qui (quindi saltate l'elenco degli interpreti, grazie) benché, di fatto, non abbia idea di cosa sia presente sia in Fast & Furious che in Hobbs & Shaw, spin-off della saga. Generalmente parlando, posso dire che Hobbs & Shaw è una simpaticissima tamarrata tirata anche troppo per le lunghe, il cui pregio principale è la contrapposizione tra i due personaggi, il gigantesco, palestrato (ma con un cervello che è un brillante!) Hobbs e il ladro ex spia ex killer ex tutto Shaw, contrapposizione sottolineata da un odio atavico capace di generare le migliori battute e spiritosissimi botta e risposta oltre che di far procedere la trama su più livelli, almeno un paio paralleli; entrambi i protagonisti hanno problemi di famiglia, entrambi hanno un passato di cui vergognarsi, entrambi sono ai limiti della legalità, quindi diciamo che hanno più cose in comune di quanto non vogliano ammettere, il che li rende una squadra perfetta. Per le mani, neanche a dirlo, la più classica delle minacce globali, un virus capace di annientare l'umanità in una settimana, creato in laboratorio da un'organizzazione talmente segreta che al confronto la MAD del Boss Artiglio era una baracconata. L'organizzazione in questione, molto darwinianamente, punta a eliminare i deboli con qualunque mezzo, consentendo ai forti di prosperare e dando loro anche una discreta mano in termini di impianti cibernetici. Ecco dunque, come dal trailer, la pericolosa presenza di un Idris Elba in versione "Superman nero", pronto a spaccare culi, muri, macchine, porte, maniglie, cani, mondi senza apparentemente subire i colpi proibiti di Hobbs & Shaw, i quali potrebbero tranquillamente sputare in un occhio a John Wick e all'Atomica Bionda, due nomi fatti non a caso visto che David Leitch è il regista di entrambi i film e si vede. Le scene action sono delle sboronate mai viste, sia per quanto riguarda il corpo a corpo che per quanto riguarda, neanche a dirlo, gli inseguimenti in macchina, le esplosioni, i disastri aerei e qualunque altra cosa tamarrissima possa venirvi in mente, e ovviamente è tutto girato, montato e fotografato alla perfezione, così che lo spettatore non possa perdersi nemmeno una scintilla o una goccia di sangue (poco, a onor del vero).
Il GROSSO problema di Hobbs & Shaw, invero più grande della stazza di The Rock, è che è tutto talmente telefonato da far pietà (e fin qui, non mi aspettavo nulla di più da un film del genere, lo ammetto) e dotato di una morale così dolciotta da far sputare sì i denti ma non per i pugni, bensì per la carie mista a diabete. L'elogio finale della Famiglia a braccetto con " le macchine sono belle ma gli esseri umani sono meglio, gli amici sono meglio, la famiglia è meglio, quindi vinceremo sempre noi, to', sucamillo!", preceduto dagli sproloqui monotoni e ripetitivi di un Idris Elba che riusciva ad essere più profondo come Heimdall e persino come Roland Deschain (oddio...!) e che a tratti risulta più petulante del Dr. Male è qualcosa di talmente fuori contesto da far cadere i marroni. Privare della grinta due potenziali antieroi e trasformarli in due orsottoni del cuore che sull'isola di Tulla scoprono di volersi proprio tanto tanto bene è probabilmente il più grande autogol del film e priva di pathos zamarro una delle sequenze potenzialmente più sborone del film, alla quale sono arrivatà, ahimé, con gli occhi semichiusi dopo un primo tempo esaltante. Operazione non completamente riuscita quindi, peccato, anche se Dwayne Johnson è sempre una gioia per gli occhi, la bionda Vanessa Kirby è tosta quanto basta e ci sono un paio di guest star che da sole valgono il prezzo del biglietto. Unico appunto, Jason Statham. Sempre a suo agio in questi ruoli di duro che non deve chiedere mai, eh, peccato che sia nato col sembiante di Bruce Willis già vecchio e che manchi completamente del fascino giovanile del buon Bruno. Ah, ci fosse stato Bruccino a limonarsi il pucchiaccone ispano-russo e a fracassare bottiglie di champagne in testa ai cattivi, il mio cuore sarebbe rimasto sul pavimento della sala. Oh, e non alzatevi prima della fine dei titoli di coda, a meno che non abbiate ancora finito di vedere l'ultima serie de Il trono di spade; in tal caso, fuggite perché uno dei personaggi vi spoilererà pesantemente l'episodio finale.
Di David Leitch, che interpreta anche uno dei piloti della ETEON, ho già parlato QUI. Dwayne Johnson (Hobbs), Jason Statham (Shaw), Idris Elba (Brixton), Helen Mirren (Queenie), Eddie Marsan (Professor Andreiko), Cliff Curtis (Jonas), Ryan Reynolds (Locke) e Kevin Hart (Air Marshall Dinkley) li trovate invece ai rispettivi link.
Vanessa Kirby interpreta Hattie. Inglese, ha partecipato a film come Questione di tempo e a serie quali Grandi speranze e The Crown. Anche produttrice, ha 31 anni e un film in uscita.
Eiza Gonzales interpreta Madame M. Messicana, ha partecipato a film come Jem e le Holograms, Baby Driver - Il genio della fuga, Alita - Angelo della battaglia e a serie quali Dal tramonto all'alba - La serie. Ha 29 anni e tre film in uscita.
Pare che Dwayne Johnson abbia provato ad avere Jason Momoa nel ruolo di uno dei fratelli di Hobbs ma l'attore era troppo impegnato per partecipare; in compenso, nella famiglia di Hobbs spunta il wrestler Joe "Roman Reigns" Anoa'i, nella realtà cugino di Dwayne Johnson. Nulla di fatto anche per Keanu Reeves, che ha rinunciato a dare la voce al boss senza volto della ETEON, doppiato in originale da Ryan Reynolds sotto pseudonimo. Detto questo, se Hobbs & Shaw vi fosse piaciuto recuperate per intero la saga di Fast & Furious e aggiungete quella di John Wick, Atomica Bionda e anche i due Deadpool. ENJOY!
Trama: la presenza di un virus mortale, voluto a tutti i costi da un'organizzazione in grado di creare superuomini, costringe l'enorme Hobbs e l'elegante Shaw a una difficile collaborazione.
Disclaimer: non ho mai sopportato Fast & Furious, così, a pelle, quindi non ho mai visto un singolo episodio della saga. Ciò mi ha portato a spoilerare spiacevolmente UN aspetto del film su Facebook, cosa che cercherò di non ripetere qui (quindi saltate l'elenco degli interpreti, grazie) benché, di fatto, non abbia idea di cosa sia presente sia in Fast & Furious che in Hobbs & Shaw, spin-off della saga. Generalmente parlando, posso dire che Hobbs & Shaw è una simpaticissima tamarrata tirata anche troppo per le lunghe, il cui pregio principale è la contrapposizione tra i due personaggi, il gigantesco, palestrato (ma con un cervello che è un brillante!) Hobbs e il ladro ex spia ex killer ex tutto Shaw, contrapposizione sottolineata da un odio atavico capace di generare le migliori battute e spiritosissimi botta e risposta oltre che di far procedere la trama su più livelli, almeno un paio paralleli; entrambi i protagonisti hanno problemi di famiglia, entrambi hanno un passato di cui vergognarsi, entrambi sono ai limiti della legalità, quindi diciamo che hanno più cose in comune di quanto non vogliano ammettere, il che li rende una squadra perfetta. Per le mani, neanche a dirlo, la più classica delle minacce globali, un virus capace di annientare l'umanità in una settimana, creato in laboratorio da un'organizzazione talmente segreta che al confronto la MAD del Boss Artiglio era una baracconata. L'organizzazione in questione, molto darwinianamente, punta a eliminare i deboli con qualunque mezzo, consentendo ai forti di prosperare e dando loro anche una discreta mano in termini di impianti cibernetici. Ecco dunque, come dal trailer, la pericolosa presenza di un Idris Elba in versione "Superman nero", pronto a spaccare culi, muri, macchine, porte, maniglie, cani, mondi senza apparentemente subire i colpi proibiti di Hobbs & Shaw, i quali potrebbero tranquillamente sputare in un occhio a John Wick e all'Atomica Bionda, due nomi fatti non a caso visto che David Leitch è il regista di entrambi i film e si vede. Le scene action sono delle sboronate mai viste, sia per quanto riguarda il corpo a corpo che per quanto riguarda, neanche a dirlo, gli inseguimenti in macchina, le esplosioni, i disastri aerei e qualunque altra cosa tamarrissima possa venirvi in mente, e ovviamente è tutto girato, montato e fotografato alla perfezione, così che lo spettatore non possa perdersi nemmeno una scintilla o una goccia di sangue (poco, a onor del vero).
Il GROSSO problema di Hobbs & Shaw, invero più grande della stazza di The Rock, è che è tutto talmente telefonato da far pietà (e fin qui, non mi aspettavo nulla di più da un film del genere, lo ammetto) e dotato di una morale così dolciotta da far sputare sì i denti ma non per i pugni, bensì per la carie mista a diabete. L'elogio finale della Famiglia a braccetto con " le macchine sono belle ma gli esseri umani sono meglio, gli amici sono meglio, la famiglia è meglio, quindi vinceremo sempre noi, to', sucamillo!", preceduto dagli sproloqui monotoni e ripetitivi di un Idris Elba che riusciva ad essere più profondo come Heimdall e persino come Roland Deschain (oddio...!) e che a tratti risulta più petulante del Dr. Male è qualcosa di talmente fuori contesto da far cadere i marroni. Privare della grinta due potenziali antieroi e trasformarli in due orsottoni del cuore che sull'isola di Tulla scoprono di volersi proprio tanto tanto bene è probabilmente il più grande autogol del film e priva di pathos zamarro una delle sequenze potenzialmente più sborone del film, alla quale sono arrivatà, ahimé, con gli occhi semichiusi dopo un primo tempo esaltante. Operazione non completamente riuscita quindi, peccato, anche se Dwayne Johnson è sempre una gioia per gli occhi, la bionda Vanessa Kirby è tosta quanto basta e ci sono un paio di guest star che da sole valgono il prezzo del biglietto. Unico appunto, Jason Statham. Sempre a suo agio in questi ruoli di duro che non deve chiedere mai, eh, peccato che sia nato col sembiante di Bruce Willis già vecchio e che manchi completamente del fascino giovanile del buon Bruno. Ah, ci fosse stato Bruccino a limonarsi il pucchiaccone ispano-russo e a fracassare bottiglie di champagne in testa ai cattivi, il mio cuore sarebbe rimasto sul pavimento della sala. Oh, e non alzatevi prima della fine dei titoli di coda, a meno che non abbiate ancora finito di vedere l'ultima serie de Il trono di spade; in tal caso, fuggite perché uno dei personaggi vi spoilererà pesantemente l'episodio finale.
Di David Leitch, che interpreta anche uno dei piloti della ETEON, ho già parlato QUI. Dwayne Johnson (Hobbs), Jason Statham (Shaw), Idris Elba (Brixton), Helen Mirren (Queenie), Eddie Marsan (Professor Andreiko), Cliff Curtis (Jonas), Ryan Reynolds (Locke) e Kevin Hart (Air Marshall Dinkley) li trovate invece ai rispettivi link.
Vanessa Kirby interpreta Hattie. Inglese, ha partecipato a film come Questione di tempo e a serie quali Grandi speranze e The Crown. Anche produttrice, ha 31 anni e un film in uscita.
Eiza Gonzales interpreta Madame M. Messicana, ha partecipato a film come Jem e le Holograms, Baby Driver - Il genio della fuga, Alita - Angelo della battaglia e a serie quali Dal tramonto all'alba - La serie. Ha 29 anni e tre film in uscita.
Pare che Dwayne Johnson abbia provato ad avere Jason Momoa nel ruolo di uno dei fratelli di Hobbs ma l'attore era troppo impegnato per partecipare; in compenso, nella famiglia di Hobbs spunta il wrestler Joe "Roman Reigns" Anoa'i, nella realtà cugino di Dwayne Johnson. Nulla di fatto anche per Keanu Reeves, che ha rinunciato a dare la voce al boss senza volto della ETEON, doppiato in originale da Ryan Reynolds sotto pseudonimo. Detto questo, se Hobbs & Shaw vi fosse piaciuto recuperate per intero la saga di Fast & Furious e aggiungete quella di John Wick, Atomica Bionda e anche i due Deadpool. ENJOY!
venerdì 16 agosto 2019
Il (Gio)WE, Bolla! che vorrei (16/8/2019)
Se tutto va bene, ché quest'anno la sfiga ci ha visto benissimo, oggi dovrei essere in viaggio per il Lake District ma in Italia qualcosa di bello da vedere dovrebbe esserci e quindi... cosa vorrei guardare se fossi a casa? ENJOY!
The Nest - Il nido
Film horror italiano, diretto da tal Roberto de Feo, dal trailer accattivante da morire. A Savona non penso uscirà ma non si sa mai.
Crawl - Intrappolati
Il ritorno alla regia di Aja, che una volta dove c'era lui c'era gioja poi s'è perso. Qui ci sono coccodrilli e catastrofi, una combo perfetta onde rinfrescarsi nelle ancor calde serate estive!
The Nest - Il nido
Film horror italiano, diretto da tal Roberto de Feo, dal trailer accattivante da morire. A Savona non penso uscirà ma non si sa mai.
Crawl - Intrappolati
Il ritorno alla regia di Aja, che una volta dove c'era lui c'era gioja poi s'è perso. Qui ci sono coccodrilli e catastrofi, una combo perfetta onde rinfrescarsi nelle ancor calde serate estive!
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martedì 13 agosto 2019
Bollalmanacco On the Road: Liverpool, Manchester e il Lake District
Se tutto va bene tra poche ore dovrei partire per un giro estivo dell'Inghilterra, facendo tappa a Liverpool, Manchester e infine il Lake District. Anche questi luoghi sono stati toccati dalla magia del cinema ma ammetto che stavolta sono particolarmente ignorante in materia... ENJOY!
Sequestro pericoloso
Liverpool è teatro di film che non conosco minimamente, ben tre sono quelli più citati dai vari siti che ho consultato. Debutto del regista Stephen Frears, Sequestro pericoloso racconta la storia di un comico con velleità di detective e mostra luoghi di Liverpool che ormai sono andati perduti da tempo.
Voci lontane... sempre presenti
Film che sarebbe interessante recuperare, racconta la vita di una famiglia proletaria di Liverpool tra gli anni '40 e i '50, con un'attenzione particolare alla musica popolare, Beatles compresi. Diviso in due parti, la seconda è stata girata, con lo stesso cast, a due anni di distanza dalla prima.
Nowhere Boy
Potevo non citare i Beatles almeno una volta? Giammai! Ecco un film sull'adolescenza di John Lennon, interpretato da Aaron Taylor-Johnson e diretto dalla futura moglie Sam Taylor-Wood (conosciuta proprio sul set).
Shakespeare a colazione
Passiamo al Lake District, che ha offerto i suoi meravigliosi paesaggi per luoghi fantastici ed evocativi quali quelli mostrati in Star Wars - Il risveglio della forza, Biancaneve e il cacciatore e Crimson Peak. In Shakespeare a colazione, terribilmente ironico e amarissimo, da vedere almeno una volta nella vita, il protagonista Withnail cerca di procurarsi del pesce con un fucile e la scena si svolge proprio in Cumbria.
28 giorni dopo
Sempre nella Regione dei Laghi, i protagonisti del film di Danny Boyle si rifugiano per fuggire dall'apocalisse zombie.
Non si deve profanare il sonno dei morti
Torniamo a parlare di zombie spostandoci a Manchester. Non c'è verso, infatti, per il protagonista di questo assurdo, divertentissimo film, di raggiungere la Cumbria, bloccato da zombie famelici risvegliati dal veleno nel terreno.
Peterloo
Poteva mancare Ken Loach col suo ultimo film? Peterloo racconta la triste storia del massacro omonimo, quando nel 1819, a St. Peter's Field, la cavalleria ha disperso i rappresentanti di una manifestazione pacifica uccidendone moltissimi. St. Peter's Field ora è diventata St. Peter's Square e all'interno ci si può trovare anche la statua di Emmeline Pankhurst oltre a una croce che commemora il massacro.
Sequestro pericoloso
Liverpool è teatro di film che non conosco minimamente, ben tre sono quelli più citati dai vari siti che ho consultato. Debutto del regista Stephen Frears, Sequestro pericoloso racconta la storia di un comico con velleità di detective e mostra luoghi di Liverpool che ormai sono andati perduti da tempo.
Voci lontane... sempre presenti
Film che sarebbe interessante recuperare, racconta la vita di una famiglia proletaria di Liverpool tra gli anni '40 e i '50, con un'attenzione particolare alla musica popolare, Beatles compresi. Diviso in due parti, la seconda è stata girata, con lo stesso cast, a due anni di distanza dalla prima.
Nowhere Boy
Potevo non citare i Beatles almeno una volta? Giammai! Ecco un film sull'adolescenza di John Lennon, interpretato da Aaron Taylor-Johnson e diretto dalla futura moglie Sam Taylor-Wood (conosciuta proprio sul set).
Shakespeare a colazione
Passiamo al Lake District, che ha offerto i suoi meravigliosi paesaggi per luoghi fantastici ed evocativi quali quelli mostrati in Star Wars - Il risveglio della forza, Biancaneve e il cacciatore e Crimson Peak. In Shakespeare a colazione, terribilmente ironico e amarissimo, da vedere almeno una volta nella vita, il protagonista Withnail cerca di procurarsi del pesce con un fucile e la scena si svolge proprio in Cumbria.
28 giorni dopo
Sempre nella Regione dei Laghi, i protagonisti del film di Danny Boyle si rifugiano per fuggire dall'apocalisse zombie.
Non si deve profanare il sonno dei morti
Torniamo a parlare di zombie spostandoci a Manchester. Non c'è verso, infatti, per il protagonista di questo assurdo, divertentissimo film, di raggiungere la Cumbria, bloccato da zombie famelici risvegliati dal veleno nel terreno.
Peterloo
Poteva mancare Ken Loach col suo ultimo film? Peterloo racconta la triste storia del massacro omonimo, quando nel 1819, a St. Peter's Field, la cavalleria ha disperso i rappresentanti di una manifestazione pacifica uccidendone moltissimi. St. Peter's Field ora è diventata St. Peter's Square e all'interno ci si può trovare anche la statua di Emmeline Pankhurst oltre a una croce che commemora il massacro.
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domenica 11 agosto 2019
Il Bollodromo #69: The Boys - Prima serie (2019)
Prima della partenza, è giusto che parli della serie The Boys, tratta dalla serie omonima di Garth Ennis e Darick Robertson (purtroppo ci sono anche e soprattutto gli orripilanti disegni di altri disegnatori, ahimé, uno peggio dell'altro), disponibile su Prime Video e creata da Eric Kripke, Evan Goldberg e Seth Rogen.
Di cosa parla?
The Boys descrive un mondo in cui i "super" sono dei divi idolatrati dalla gente, protetti dalla potentissima multinazionale Vought che, di fatto, insabbia l'unica cosa davvero importante che bisognerebbe sapere dei cosiddetti supereroi: i super sono umorali, corrotti, maiali, assassini, psicopatici e pericolosi e pensano solo a fare soldi sfruttando il loro nome e il loro marchio, non certo a salvare la gente. Hughie assiste un giorno all'omicidio della fidanzata Robin, falciata da supereroe disattento e rifiuta i soldi che la Vought gli offre per comprare il suo silenzio. Questo attira l'attenzione di Billy Butcher, ex agente che verso i super cova un odio bruciante, il quale decide di prenderlo sotto la sua ala protettiva e scagliarlo contro la Vought.
Cose che mi sono piaciute
Di solito detesto quando cambiano molti degli aspetti delle opere d'origine ma in questo caso, giocando di lima e sottrazione, The Boys ci ha guadagnato. Il fumetto di Ennis infatti prende tutti gli aspetti grotteschi ed esagerati di Preacher, all'interno del quale sesso, sangue e perversione trovavano un miracoloso equilibrio, e li porta al parossismo, risultando fastidioso dopo i primi sfavillanti due o tre volumi. Nella serie televisiva, per fortuna, non è così. Certo, vengono mantenuti alcuni elementi chiave, come la "perdita dell'innocenza" di Starlight (aggiornata al #MeToo, con un discorso sul palco da applausi) e alcune perversioni dei super, ma la trama è più coesa, non ruota attorno alle scopate tra protagonisti o alla ricerca del disgusto fine a se stesso. Ho molto apprezzato anche i piccoli cambiamenti riservati ai protagonisti. Hughie non è così clueless come nel fumetto e l'interpretazione di Jack Quaid (oltre al cameo di Simon Pegg, fonte d'ispirazione dello Hughie cartaceo) è azzeccata così come quella di Karl Urban nei panni di Billy Butcher, anche se spesso il suo accento inglese mi faceva partire l'ormone impedendomi di capire alcunché. Che figo, santo dio. Ehm. Meravigliosi comunque tutti gli altri attori coinvolti, capaci di creare figure a tutto tondo perfettamente affini alle loro controparti cartacee: il Francese, la Femmina, il Patriota, A-Train e il ridicolo Abisso (oddio, il delfino ed Everybody Hurts!), per come sono stati caratterizzati, donano gioie sia agli amanti del fumetto sia a chi di The Boys non ha mai nemmeno sentito parlare.. e occhio alle guest star. Ce ne sono un paio da commuoversi. Furbissimo inoltre l'utilizzo della colonna sonora, uno degli aspetti della serie che più ho apprezzato.
Cose che non mi sono piaciute
Quel finale lì priva un certo personaggio di tutto ciò che, alla fine, è la raison d'etre del fumetto stesso. E quindi come cavolo la porteranno avanti la seconda stagione? Spero non si arrampichino sugli specchi come con Preacher (peggiorato di stagione in stagione e visto che i realizzatori sono gli stessi...), sarebbe davvero un peccato. Ah, e poi sì, manca Terrore. Quello un po' mi è dispiaciuto.
E quindi?
E quindi se vi piacciono le storie di supereroi ma quelli Marvel ormai vi hanno stufato, perché volete qualcosa di più "realistico", dissacrante, crudo e verosimile, specchio della triste realtà in cui viviamo, The Boys è la serie che fa per voi. Preparatevi a grasse risate e ancor più grossi shock, perché non guarderete più Capitan America con gli stessi occhi!
Di cosa parla?
The Boys descrive un mondo in cui i "super" sono dei divi idolatrati dalla gente, protetti dalla potentissima multinazionale Vought che, di fatto, insabbia l'unica cosa davvero importante che bisognerebbe sapere dei cosiddetti supereroi: i super sono umorali, corrotti, maiali, assassini, psicopatici e pericolosi e pensano solo a fare soldi sfruttando il loro nome e il loro marchio, non certo a salvare la gente. Hughie assiste un giorno all'omicidio della fidanzata Robin, falciata da supereroe disattento e rifiuta i soldi che la Vought gli offre per comprare il suo silenzio. Questo attira l'attenzione di Billy Butcher, ex agente che verso i super cova un odio bruciante, il quale decide di prenderlo sotto la sua ala protettiva e scagliarlo contro la Vought.
Cose che mi sono piaciute
Di solito detesto quando cambiano molti degli aspetti delle opere d'origine ma in questo caso, giocando di lima e sottrazione, The Boys ci ha guadagnato. Il fumetto di Ennis infatti prende tutti gli aspetti grotteschi ed esagerati di Preacher, all'interno del quale sesso, sangue e perversione trovavano un miracoloso equilibrio, e li porta al parossismo, risultando fastidioso dopo i primi sfavillanti due o tre volumi. Nella serie televisiva, per fortuna, non è così. Certo, vengono mantenuti alcuni elementi chiave, come la "perdita dell'innocenza" di Starlight (aggiornata al #MeToo, con un discorso sul palco da applausi) e alcune perversioni dei super, ma la trama è più coesa, non ruota attorno alle scopate tra protagonisti o alla ricerca del disgusto fine a se stesso. Ho molto apprezzato anche i piccoli cambiamenti riservati ai protagonisti. Hughie non è così clueless come nel fumetto e l'interpretazione di Jack Quaid (oltre al cameo di Simon Pegg, fonte d'ispirazione dello Hughie cartaceo) è azzeccata così come quella di Karl Urban nei panni di Billy Butcher, anche se spesso il suo accento inglese mi faceva partire l'ormone impedendomi di capire alcunché. Che figo, santo dio. Ehm. Meravigliosi comunque tutti gli altri attori coinvolti, capaci di creare figure a tutto tondo perfettamente affini alle loro controparti cartacee: il Francese, la Femmina, il Patriota, A-Train e il ridicolo Abisso (oddio, il delfino ed Everybody Hurts!), per come sono stati caratterizzati, donano gioie sia agli amanti del fumetto sia a chi di The Boys non ha mai nemmeno sentito parlare.. e occhio alle guest star. Ce ne sono un paio da commuoversi. Furbissimo inoltre l'utilizzo della colonna sonora, uno degli aspetti della serie che più ho apprezzato.
Cose che non mi sono piaciute
Quel finale lì priva un certo personaggio di tutto ciò che, alla fine, è la raison d'etre del fumetto stesso. E quindi come cavolo la porteranno avanti la seconda stagione? Spero non si arrampichino sugli specchi come con Preacher (peggiorato di stagione in stagione e visto che i realizzatori sono gli stessi...), sarebbe davvero un peccato. Ah, e poi sì, manca Terrore. Quello un po' mi è dispiaciuto.
E quindi?
E quindi se vi piacciono le storie di supereroi ma quelli Marvel ormai vi hanno stufato, perché volete qualcosa di più "realistico", dissacrante, crudo e verosimile, specchio della triste realtà in cui viviamo, The Boys è la serie che fa per voi. Preparatevi a grasse risate e ancor più grossi shock, perché non guarderete più Capitan America con gli stessi occhi!
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venerdì 9 agosto 2019
Hotel Artemis (2018)
Come ho scritto su Facebook, poiché debbo vergognarmi di non aver apprezzato in toto Midsommar ho deciso di tornare su film più terra terra e comprensibili anche dagli ignoranti come me. Ergo, domenica sono corsa al cinema per vedere Hotel Artemis, scritto e diretto nel 2018 dal regista Drew Pearce.
Trama: in una Los Angeles del futuro piagata da violentissime insurrezioni, un'infermiera gestisce l'Hotel Artemis, luogo dove i peggiori criminali vengono curati con metodi all'avanguardia.
Tanto è stato il trauma post-Midsommar, che persino questo Hotel Artemis mi è sembrato meno ignorante di quanto avrei preventivato e adesso mi sento in difetto a scriverne. Scherzi a parte, mi aspettavo una brutta copia di John Wick e dell'Hotel Continental dove i criminali vanno a far la bella vita o si rifugiano approfittando delle regole ferree della struttura (la prima, su tutte, è che non ci si può uccidere a vicenda all'interno dell'hotel), in realtà sia le regole dell'Artemis che le insurrezioni popolari all'interno di una Los Angeles in piena crisi idrica fungono da contorno per raccontare la storia dell'infermiera Thomas, donna piagata dalla vita e da un passato doloroso, chiusa all'interno di un hotel dotato di un regolamento rigidissimo poiché impossibilitata ad affrontare un esterno sregolato e pericoloso. All'interno dell'Artemis si intrecciano storie di varia umanità più o meno interessante e più o meno legata ai cliché del genere: se la bella e micidiale Nice, il vanaglorioso Acapulco e il pericolosissimo Re Lupo sono personaggi abbastanza monodimensionali utilizzati come meri strumenti per far proseguire la trama in una determinata direzione, altri come Waikiki e l'infermiere Everest (oltre alla stessa Thomas) offrono quel minimo di "approfondimento psicologico" che porta gli spettatori a considerarli più di carne da macello e a dispiacersi/interessarsi per il loro destino. In effetti, Hotel Artemis non è solo la sagra delle botte, anzi, di queste non se ne vedono nemmeno tantissime, almeno fino alla fine del primo tempo, mentre invece l'atmosfera è spesso malinconica e drammatica, forse grazie alla presenza di una Jodie Foster che ha palesemente preso a cuore il suo personaggio dandogli quella dignità che altre avrebbero trasformato in ridicolo involontario.
Drew Pearce, al suo semi-esordio dietro la macchina da presa dopo parecchie prove come sceneggiatore, sceglie di non sbragare come farebbero i novellini entusiasti ma si mantiene comunque nel decoro di una sceneggiatura "tranquilla" e piacevole, a modo suo, e di una regia che valorizza al meglio gli ambienti decadenti e anche un po' kitsh dell'Hotel Artemis; al montaggio, per fortuna, le poche botte non vengono sacrificate né rese confuse e in generale si ha l'impressione che l'intero reparto visivo di Hotel Artemis sia stato curato da gente che sa fare il suo mestiere. Cosa che, per inciso, vale anche per gli altri attori che affiancano Jodie Foster, salvo un paio di eccezioni nelle quali rientra, porca misera, un Zachary Quinto che tra il figlio scemo del boss e il vecchio pederasta di N0S4A2 pare non azzeccare più un ruolo. Meravigliosi, invece, Dave Bautista e Sofia Boutella. Il primo si riconferma uno dei pochi manzi capaci di rendere riconoscibili i suoi personaggi tutti muscoli dotandoli di un cuore e un'anima sempre diversi, la seconda è semplicemente una macchina da guerra sexy da morire e meriterebbe di comparire in ogni film che preveda anche un singolo pugno (o calcio) dato da una bella fanciulla a rozzi e sacrificabili henchmen. Si può dire dunque che Hotel Artemis meriterebbe la visione anche solo per vederli all'opera ma alla fine è l'intero film a confermarsi godibile e meno stupido di quanto sembrasse dal trailer. Dategli una chance, se vi va.
Di Jodie Foster (Infermiera Thomas), Sofia Boutella (Nice), Jeff Goldblum (Niagara), Brian Tyree Henry (Honolulu), Zachary Quinto (Crosby Franklin), Charlie Day (Acapulco), Dave Bautista (Everest) e Kenneth Choi (Buke) ho parlato ai rispettivi link.
Drew Pearce è il regista e sceneggiatore della pellicola, alla sua prima prova con un lungometraggio. Anche produttore e attore, ha 44 anni.
Sterling K. Brown interpreta Waikiki. Americano, ha partecipato a film come Black Panther, The Predator e a serie quali E.R. Medici in prima linea, Alias, Supernatural, Medium, American Crime Story; come doppiatore ha lavorato in Robot Chicken. Anche produttore, ha 43 anni e tre film in uscita tra i quali Frozen II - Il segreto di Arendelle.
Jenny Slate interpreta Morgan. Americana, ha partecipato a film come Venom; come doppiatrice ha lavorato in Zootropolis, Pets - Vita da animali, LEGO Batman - Il film, Cattivissimo me 3, Pets 2: Vita da animali e serie come Adventure Times, Muppet Babies e I Simpson. Anche sceneggiatrice e produttrice, ha 37 anni e due film in uscita.
Se il film vi fosse piaciuto recuperate la trilogia di John Wick, Atomica bionda e Polar. ENJOY!
Trama: in una Los Angeles del futuro piagata da violentissime insurrezioni, un'infermiera gestisce l'Hotel Artemis, luogo dove i peggiori criminali vengono curati con metodi all'avanguardia.
Tanto è stato il trauma post-Midsommar, che persino questo Hotel Artemis mi è sembrato meno ignorante di quanto avrei preventivato e adesso mi sento in difetto a scriverne. Scherzi a parte, mi aspettavo una brutta copia di John Wick e dell'Hotel Continental dove i criminali vanno a far la bella vita o si rifugiano approfittando delle regole ferree della struttura (la prima, su tutte, è che non ci si può uccidere a vicenda all'interno dell'hotel), in realtà sia le regole dell'Artemis che le insurrezioni popolari all'interno di una Los Angeles in piena crisi idrica fungono da contorno per raccontare la storia dell'infermiera Thomas, donna piagata dalla vita e da un passato doloroso, chiusa all'interno di un hotel dotato di un regolamento rigidissimo poiché impossibilitata ad affrontare un esterno sregolato e pericoloso. All'interno dell'Artemis si intrecciano storie di varia umanità più o meno interessante e più o meno legata ai cliché del genere: se la bella e micidiale Nice, il vanaglorioso Acapulco e il pericolosissimo Re Lupo sono personaggi abbastanza monodimensionali utilizzati come meri strumenti per far proseguire la trama in una determinata direzione, altri come Waikiki e l'infermiere Everest (oltre alla stessa Thomas) offrono quel minimo di "approfondimento psicologico" che porta gli spettatori a considerarli più di carne da macello e a dispiacersi/interessarsi per il loro destino. In effetti, Hotel Artemis non è solo la sagra delle botte, anzi, di queste non se ne vedono nemmeno tantissime, almeno fino alla fine del primo tempo, mentre invece l'atmosfera è spesso malinconica e drammatica, forse grazie alla presenza di una Jodie Foster che ha palesemente preso a cuore il suo personaggio dandogli quella dignità che altre avrebbero trasformato in ridicolo involontario.
Drew Pearce, al suo semi-esordio dietro la macchina da presa dopo parecchie prove come sceneggiatore, sceglie di non sbragare come farebbero i novellini entusiasti ma si mantiene comunque nel decoro di una sceneggiatura "tranquilla" e piacevole, a modo suo, e di una regia che valorizza al meglio gli ambienti decadenti e anche un po' kitsh dell'Hotel Artemis; al montaggio, per fortuna, le poche botte non vengono sacrificate né rese confuse e in generale si ha l'impressione che l'intero reparto visivo di Hotel Artemis sia stato curato da gente che sa fare il suo mestiere. Cosa che, per inciso, vale anche per gli altri attori che affiancano Jodie Foster, salvo un paio di eccezioni nelle quali rientra, porca misera, un Zachary Quinto che tra il figlio scemo del boss e il vecchio pederasta di N0S4A2 pare non azzeccare più un ruolo. Meravigliosi, invece, Dave Bautista e Sofia Boutella. Il primo si riconferma uno dei pochi manzi capaci di rendere riconoscibili i suoi personaggi tutti muscoli dotandoli di un cuore e un'anima sempre diversi, la seconda è semplicemente una macchina da guerra sexy da morire e meriterebbe di comparire in ogni film che preveda anche un singolo pugno (o calcio) dato da una bella fanciulla a rozzi e sacrificabili henchmen. Si può dire dunque che Hotel Artemis meriterebbe la visione anche solo per vederli all'opera ma alla fine è l'intero film a confermarsi godibile e meno stupido di quanto sembrasse dal trailer. Dategli una chance, se vi va.
Di Jodie Foster (Infermiera Thomas), Sofia Boutella (Nice), Jeff Goldblum (Niagara), Brian Tyree Henry (Honolulu), Zachary Quinto (Crosby Franklin), Charlie Day (Acapulco), Dave Bautista (Everest) e Kenneth Choi (Buke) ho parlato ai rispettivi link.
Drew Pearce è il regista e sceneggiatore della pellicola, alla sua prima prova con un lungometraggio. Anche produttore e attore, ha 44 anni.
Sterling K. Brown interpreta Waikiki. Americano, ha partecipato a film come Black Panther, The Predator e a serie quali E.R. Medici in prima linea, Alias, Supernatural, Medium, American Crime Story; come doppiatore ha lavorato in Robot Chicken. Anche produttore, ha 43 anni e tre film in uscita tra i quali Frozen II - Il segreto di Arendelle.
Jenny Slate interpreta Morgan. Americana, ha partecipato a film come Venom; come doppiatrice ha lavorato in Zootropolis, Pets - Vita da animali, LEGO Batman - Il film, Cattivissimo me 3, Pets 2: Vita da animali e serie come Adventure Times, Muppet Babies e I Simpson. Anche sceneggiatrice e produttrice, ha 37 anni e due film in uscita.
Se il film vi fosse piaciuto recuperate la trilogia di John Wick, Atomica bionda e Polar. ENJOY!
giovedì 8 agosto 2019
(Gio)WE, Bolla! del 8/8/2019
Buon giovedì a tutti! La settimana prima di ferragosto prevede l'uscita di UN solo film a Savona... e che film!! ENJOY!
Fast and Furious - Hobbs & Shaw
Fast and Furious - Hobbs & Shaw
Reazione a caldo: YEEH!!
Bolla, rifletti!: Mi vanto di non aver MAI e dico MAI, neverever, guardato un film della saga Fast & Furious. Vin Diesel mi sta sulle balle, le macchine mi annoiano, c'è tamarreide e tamarreide. Appunto per questo non vedo l'ora di gustarmi questo spin-off: The Rock, Jason Statham e soprattuttamente quel grandissimo figo di Idris Elba in versione cattivissimo uomo indistruttibile. aDDoro.
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martedì 6 agosto 2019
La casa 5 (1990)
La Notte Horror di oggi si è aperta due ore fa con So cos'hai fatto, di cui ha parlato Cannibal Kid, e prosegue con una doverosa trashata, o meglio, una "fragassata", il che è anche peggio: beware La casa 5, diretto e co-sceneggiato nel 1990 dal regista Clyde Anderson, al secolo Claudio Fragasso!
Trama: un prete e la sua famiglia vengono invitati a dimorare in una casa che nasconde un bell'ingresso per l'inferno, con tutto ciò che ne consegue...
Ma cosa diavolo mi è venuto in mente? Come ho potuto andare "a naso" e richiedere La casa 5 ai miei compagni horroromani pensando fosse Witchcraft (David Hassellhoff, Linda Blair, halloo-ooo?) quando invece trattasi di fragassata delle peggiori? Vabbé, ormai è andata e la combo trashcultoboozyhorror ce la teniamo per la Notte Horror del 2020, nel frattempo parliamo un po' de La casa 5. Che è brutto, di quella bruttezza lassista e noiosa che obiettivamente non fa nemmeno sbellicare dalle risate grazie ai dialoghi (anche se "Ti ho stirato la Bibbia" è abbastanza pregevole come cretinata) e si limita ad essere un collage venuto male di film ben più blasonati e famosi. Abbiamo dunque una casa à la Amityville Horror, dove il massimo della paura, almeno finché non subentrano citazioni da L'aldilà fulciano, è avere radio che si accendono e ci saltano addosso in cucina o la versione nera del sadopapero di Kinski in Fruits of Passion (e nessuno meglio di me può capire quanto è terrificante l'idea che il fantasma di Kinski possa comparire in camera a far le peggio cose su un papero/cigno di legno...) nella stanza dei bambini. Poi, a un certo punto, gli sceneggiatori si sono accorti di avere per le mani una bambina praticamente identica a Heather O'Rourke e decidono di proseguire anche un po' con Poltergeist, il tutto prima che Fulci, nel frattempo stracitato a man bassa assieme alla sequenza in cui Freddy Krueger si porta via gli studenti sul bus, si unisca a Friedkin e generi l'esorcismo più raffazzonato del pianeta Terra, a base di "nel nome di Cristo io ti esorcizzo" ripetuto almeno una ventina di volte da due preti che, vabbé. E' proprio la base ad essere sbagliata. Come diamine fa un prete posseduto ad esorcizzare qualcuno? Non dovresti chiamare l'arcivescovo di Constantinopoli a disarcivescovizzesorcizzarti a sua volta? Invece no perché ne La casa 5 tutto nasce dall'incoolada di un altro prete, il quale prende il povero Padre Peter, ammogliato e con prole, e gli dice "bella zio, guarda, ti regalo una CASA!" senza dirgli che la suddetta è infestata perché "un prete deve trovare la forza nella famiglia per sconfiggere il male". Sì ma dimmelo, maledetto pedoprete, che evito di portare moglie e figli in una casa zeppa di streghe e adoratrici del demonio morte male!
Che poi, queste streghe o quel che sono, sataniste o non so che, sono le uniche cose belle del film, hanno un make up simpatico, soprattutto quella povera crista che funge da boss, già bruttarella struccata. A onore del vero ci mette dell'impegno anche David Brandon, alias Padre George, prete sudatusso ed ubriacone che non riesce a liberarsi dallo sguardo biasimevole di orridi ed inespressivi bambini-fantasma; purtroppo per lui prendere sul serio un sacerdote posseduto con riserva, che sul finale diventa anche un po' Mitch Pileggi in Sotto Shock, è praticamente impossibile, soprattutto se il ruolo di "eroe" (o di cogl*one, per citare Lino Banfi) se lo ritaglia il vecchio pretacchione nominato poco sopra, a cui basta dire due cretinate a distanza di sicurezza (più o meno 100 km) per esorcizzare l'esorcizzabile senza un perché. Ma non potevi farlo prima, scusa, invece di mettere in pericolo gente innocente? Mah. E "mah" anche a tutto il resto, a partire dal bambino roscio già sfruttato in Trolls 2 passando per la biondina inespressiva già cicciata fuori in uno dei millemila Venerdì 13, punte di diamante di un cast svogliato e mal doppiato (tra l'altro sentire parlare il prete con la voce di Fox Mulder fa male, male, male da morire), costretto per buona parte del film a fissare un buco nel muro da cui escono luce e vapore, tanto da venire denominato, a un certo punto, PHON. Giuro. "Devo farmi asciugare i capelli quindi vado dal buco". E i genitori, il fratello maggiore, tutti i preti del circondario MUTI. Mi ammutolirò anche io, augurandovi non solo la buonanotte ma anche la fortuna di non incappare mai, nemmeno per sbaglio, in La casa 5.
Del regista e co-sceneggiatore Claudio Fragasso (come Clyde Anderson), ho già parlato QUI.
David Brandon interpreta Padre George. Irlandese, ha partecipato a film come Caligola: la storia mai raccontata, Deliria, Diaz - Don't Clean up This Blood e a serie come I Medici e Il nome della rosa. Anche sceneggiatore, ha 68 anni.
Pare che Linda Blair, già coinvolta in La casa 4, fosse stata interpellata per partecipare al film ma immagino abbia fatto una bella leva ai coinvolti. Ovviamente, La casa 5 non è uno dei seguiti ufficiali dei film di Raimi ma una delle "case" apocrife italiane, alle quali si sono aggiunte quelle create ad hoc dai titolisti italiani e se volete fare un excursus del fenomeno, magari bestemmiando perché manca la 6 (ah, l'ingenuità dei bambini dell'epoca!!), "occupata" indebitamente da La casa di Helen, recuperate La casa, La casa 2, La casa 3, La casa 4 e La casa 7, poi fatemi sapere, tolti i primi due, quale vi ha fatto più schifo! ENJOY!
Le altre puntate della Notte Horror Blog Edition le trovate qui:
Trama: un prete e la sua famiglia vengono invitati a dimorare in una casa che nasconde un bell'ingresso per l'inferno, con tutto ciò che ne consegue...
Ma cosa diavolo mi è venuto in mente? Come ho potuto andare "a naso" e richiedere La casa 5 ai miei compagni horroromani pensando fosse Witchcraft (David Hassellhoff, Linda Blair, halloo-ooo?) quando invece trattasi di fragassata delle peggiori? Vabbé, ormai è andata e la combo trashcultoboozyhorror ce la teniamo per la Notte Horror del 2020, nel frattempo parliamo un po' de La casa 5. Che è brutto, di quella bruttezza lassista e noiosa che obiettivamente non fa nemmeno sbellicare dalle risate grazie ai dialoghi (anche se "Ti ho stirato la Bibbia" è abbastanza pregevole come cretinata) e si limita ad essere un collage venuto male di film ben più blasonati e famosi. Abbiamo dunque una casa à la Amityville Horror, dove il massimo della paura, almeno finché non subentrano citazioni da L'aldilà fulciano, è avere radio che si accendono e ci saltano addosso in cucina o la versione nera del sadopapero di Kinski in Fruits of Passion (e nessuno meglio di me può capire quanto è terrificante l'idea che il fantasma di Kinski possa comparire in camera a far le peggio cose su un papero/cigno di legno...) nella stanza dei bambini. Poi, a un certo punto, gli sceneggiatori si sono accorti di avere per le mani una bambina praticamente identica a Heather O'Rourke e decidono di proseguire anche un po' con Poltergeist, il tutto prima che Fulci, nel frattempo stracitato a man bassa assieme alla sequenza in cui Freddy Krueger si porta via gli studenti sul bus, si unisca a Friedkin e generi l'esorcismo più raffazzonato del pianeta Terra, a base di "nel nome di Cristo io ti esorcizzo" ripetuto almeno una ventina di volte da due preti che, vabbé. E' proprio la base ad essere sbagliata. Come diamine fa un prete posseduto ad esorcizzare qualcuno? Non dovresti chiamare l'arcivescovo di Constantinopoli a disarcivescovizzesorcizzarti a sua volta? Invece no perché ne La casa 5 tutto nasce dall'incoolada di un altro prete, il quale prende il povero Padre Peter, ammogliato e con prole, e gli dice "bella zio, guarda, ti regalo una CASA!" senza dirgli che la suddetta è infestata perché "un prete deve trovare la forza nella famiglia per sconfiggere il male". Sì ma dimmelo, maledetto pedoprete, che evito di portare moglie e figli in una casa zeppa di streghe e adoratrici del demonio morte male!
Che poi, queste streghe o quel che sono, sataniste o non so che, sono le uniche cose belle del film, hanno un make up simpatico, soprattutto quella povera crista che funge da boss, già bruttarella struccata. A onore del vero ci mette dell'impegno anche David Brandon, alias Padre George, prete sudatusso ed ubriacone che non riesce a liberarsi dallo sguardo biasimevole di orridi ed inespressivi bambini-fantasma; purtroppo per lui prendere sul serio un sacerdote posseduto con riserva, che sul finale diventa anche un po' Mitch Pileggi in Sotto Shock, è praticamente impossibile, soprattutto se il ruolo di "eroe" (o di cogl*one, per citare Lino Banfi) se lo ritaglia il vecchio pretacchione nominato poco sopra, a cui basta dire due cretinate a distanza di sicurezza (più o meno 100 km) per esorcizzare l'esorcizzabile senza un perché. Ma non potevi farlo prima, scusa, invece di mettere in pericolo gente innocente? Mah. E "mah" anche a tutto il resto, a partire dal bambino roscio già sfruttato in Trolls 2 passando per la biondina inespressiva già cicciata fuori in uno dei millemila Venerdì 13, punte di diamante di un cast svogliato e mal doppiato (tra l'altro sentire parlare il prete con la voce di Fox Mulder fa male, male, male da morire), costretto per buona parte del film a fissare un buco nel muro da cui escono luce e vapore, tanto da venire denominato, a un certo punto, PHON. Giuro. "Devo farmi asciugare i capelli quindi vado dal buco". E i genitori, il fratello maggiore, tutti i preti del circondario MUTI. Mi ammutolirò anche io, augurandovi non solo la buonanotte ma anche la fortuna di non incappare mai, nemmeno per sbaglio, in La casa 5.
Del regista e co-sceneggiatore Claudio Fragasso (come Clyde Anderson), ho già parlato QUI.
David Brandon interpreta Padre George. Irlandese, ha partecipato a film come Caligola: la storia mai raccontata, Deliria, Diaz - Don't Clean up This Blood e a serie come I Medici e Il nome della rosa. Anche sceneggiatore, ha 68 anni.
Pare che Linda Blair, già coinvolta in La casa 4, fosse stata interpellata per partecipare al film ma immagino abbia fatto una bella leva ai coinvolti. Ovviamente, La casa 5 non è uno dei seguiti ufficiali dei film di Raimi ma una delle "case" apocrife italiane, alle quali si sono aggiunte quelle create ad hoc dai titolisti italiani e se volete fare un excursus del fenomeno, magari bestemmiando perché manca la 6 (ah, l'ingenuità dei bambini dell'epoca!!), "occupata" indebitamente da La casa di Helen, recuperate La casa, La casa 2, La casa 3, La casa 4 e La casa 7, poi fatemi sapere, tolti i primi due, quale vi ha fatto più schifo! ENJOY!
Le altre puntate della Notte Horror Blog Edition le trovate qui:
La bara volante (Stuff, il gelato che uccide)
Malastrana VHS (Vivere nel terrore)
Il Zinefilo (L'albero del male)
Non c'è paragone (The Omen)
Stories (Scream)
Solaris (Il villaggio dei dannati)
La stanza di Gordie (American Gothic)
Malastrana VHS (Trucks)
E qui c'è il programma completo:
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