Buon giovedì a tutti! Avrete notato che l'appuntamento con le uscite USA salta da un paio di settimane e purtroppo anche nei cinema italiani la distribuzione ha morso un po' il freno. Con poche uscite, molte delle quali poco interessanti, forse è meglio buttarsi sui recuperi... ENJOY!
Educazione siberiana
Reazione a caldo: me curiosa…
Bolla, rifletti!: in questi ultimi tempi il cinema italiano mi ha piacevolmente stupita, soprattutto dopo gli exploit di La migliore offerta e Romanzo Criminale. Salvatores mi è sempre piaciuto molto e l’idea che abbia girato un film con John Malkovich e Peter Stormare mi intriga non poco, così come l’idea stessa di girare questa pellicola un po’ borderline ai tempi della guerra fredda. Se trovo qualcuno desideroso di immolarsi con me potrei anche andarlo a vedere.
Tutti contro tutti
Reazione a caldo: nel dubbio, io mi schiero contro questo film...
Bolla, rifletti!: ecco, un’occasione al cinema italiano la do ma non a questo film che sembrerebbe buono giusto per una prima serata di fiction su Rai Uno. Non sto nemmeno a dire, inoltre, quanto mi dia fastidio il tema trattato, ovvero quello degli immondi esseri che si installano nelle case altrui in assenza del padrone, un fenomeno tutto italiano che devo ancora metabolizzare e capire. Bocciato!
Anna Karenina
Reazione a caldo: miseria, era anche l’ora!!
Bolla, rifletti!: sicuramente il film che andrò a vedere questa settimana, visto che avevo ormai perso ogni speranza. Ammetto l’ignoranza, non ho mai letto lo storico romanzo da cui il film è tratto, ma conosco vagamente la storia e ho trovato il trailer letteralmente mozzafiato. Unico neo: non sopporto la Knightley, ma per una volta farò buon viso a cattivo gioco.
Il cinema d’élite invece celebra degnamente la pellicola che ha vinto l’Oscar come miglior film, ovvero Argo. Già visto e recensito però, quindi vi do appuntamento alla settimana prossima!
giovedì 28 febbraio 2013
mercoledì 27 febbraio 2013
Frankenweenie (2012)
Approfittando della bufera di neve che mi ha impedito di uscire sabato scorso, ho recuperato finalmente Frankenweenie, diretto nel 2012 dal buon Tim Burton e basato sul suo omonimo corto del 1984.
Trama: Victor è un geniale ma solitario bimbo con un solo, grande amico, il suo cagnolino Sparky. Quando quest'ultimo muore a causa di un incidente il ragazzino riesce a riportarlo in vita come un novello Frankenstein, ma presto la voce si sparge e per Victor cominciano i guai...
Correva l'anno 1984 e un Tim Burton allora ventiseienne decideva di girare il corto in bianco e nero Frankenweenie, beccandosi gli strali della Disney prima e il licenziamento poi, perché i boss credevano che un'opera simile, da dover proiettare prima della riedizione di Pinocchio, avrebbe traumatizzato i poveri pargoli innocenti. Sono passati gli anni, Burton è diventato giustamente famoso, i tempi sono cambiati e nel 2012 è stata proprio la Disney a produrre il lungometraggio a cartoni animati basato su questo vecchio corto. Dove prima c'erano Shelley Duvall e altri attori in carne ed ossa adesso ci sono dei pupazzini dalle fattezze inquietanti e portati in vita grazie alla stop-motion, tecnica tanto amata dal regista, ma ciò che sta alla base di entrambe le opere è sempre quella poetica del Diverso di cui Burton è supremo cantore: l'impossibilità di uniformarsi alla piatta vita di provincia, l'ottusità delle persone ignoranti, la fondamentale innocenza e bontà dell'outsider, considerato "mostro" e conseguentemente pericoloso in quanto lontano dai canoni universali che decretano la bellezza e la normalità, sono temi che possiamo trovare nei film del regista fin dai tempi di Edward Mani di Forbice e che si riaffermano prepotentemente anche in questo Frankenweenie.
Mantenendo coerentemente i punti chiave della trama e i valori di fondo del corto dell'84, Tim Burton reinventa Frankenweenie a beneficio delle nuove generazioni e si diverte come un matto, creando un bellissimo lungometraggio che mescola divertimento, suspance e momenti di commozione, nel quale il regista si sbizzarrisce riversando tutto l'amore per i vecchi horror, per i personaggi che hanno segnato la sua infanzia e anche un po' per sé stesso, diciamolo. Ed è così che, al di là dell'ovvio omaggio a Frankenstein che sta alla base della sceneggiatura, il logo Disney si trasforma in un meraviglioso castello degno del Conte Dracula, il piccolo ed inquietante Edgar "E" Gore diventa la versione bambina dei mostruosi e servili gobbi tipici del cinema di genere, i compagni di scuola di Victor ricordano la Lydia di Beetlejuice, la Staring Girl della raccolta La morte malinconica del bambino ostrica ed altri racconti e lo stesso Boris Karloff, il professor Rzykruski ha lo stesso sembiante del compianto (e amatissimo dal regista) Vincent Price e sul finale viene tirato fuori un bestiario di mostri ragguardevole, dal cagnolino/mummia alla tartaruga/Gamera, dal gatto/Dracula alle scimmiette/Gremlins, per finire con un inquietantissimo ratto mannaro. La tecnica della stop-motion è ormai diventata un’arte in grado di mostrare allo spettatore movimenti fluidi e scene dinamiche, il bianco e nero con cui è girata la pellicola è nitido e molto evocativo e anche la colonna sonora di Danny Elfman sembra essere tornata ai fasti delle prime, storiche collaborazioni con Tim Burton.
Ovviamente, anche il character design dei pupazzini e la realizzazione degli ambienti sono molto curati e assai distintivi e non c’è nessun personaggio o dettaglio che non richiami almeno uno dei lavori precedenti del regista (c’è anche un omaggio a Christopher Lee che, pur non essendo annoverato tra i doppiatori, viene mostrato nei panni di Dracula mentre i genitori di Victor guardano il suo film alla tv). Qualcuno potrebbe dire “e che palle! Burton alla fine rigira sempre la stessa frittata!”, io invece mi sono vissuta questo tratto caratteristico di Frankenweenie come un modo per omaggiare i fan del regista, che ne hanno dovuto sopportare il declino artistico a partire dall’immondo Planet of the Apes (con qualche guizzo di ripresa di tanto in tanto, per esempio Sweeney Todd) e, sinceramente, spero che la pellicola diventi una sorta di punto di passaggio che possa consentire a Burton di lasciarsi finalmente alle spalle il passato e cominciare a rinnovarsi senza snaturarsi. Nell’attesa, Frankenweenie è comunque un film godibilissimo sia per gli estimatori del regista sia per quelli che magari non lo conoscono ancora, la storia in sé è entusiasmante, dolce e divertente, i personaggi principali sono tratteggiati con una sensibilità incredibile (verrebbe voglia di avere un cucciolo meraviglioso come Sparky, che si presta persino a far da attore per film girati in casa!!) e quelli di contorno rubano spesso la scena ai protagonisti. Da gattara, per esempio, mi sono totalmente innamorata del Signor Baffino e del suo inquietante modo di predire il futuro attraverso gli escrementi, e il destino del povero micio è l’unica cosa che rimprovero a Burton: sono rimasta a guardare fino alla fine i titoli di coda sperando in qualche risvolto particolare e invece nulla, cattivo Tim!! E bentornato, finalmente.
Del regista e cosceneggiatore Tim Burton ho già parlato qui. Catherine O'Hara (la doppiatrice originale di Mrs. Frankenstein, Weird Girl e della professoressa di ginnastica) e Winona Rider (Elsa Van Helsing) le trovate invece ai rispettivi link.
Martin Short (vero nome Martin Hayter Short) è il doppiatore originale di Mr. Frankenstein, Mr. Burgemeister e Nassor. Canadese, lo ricordo per film come Salto nel buio, In fuga per tre, Il padre della sposa, Finché dura siamo a galla, Il padre della sposa 2, Mars Attacks!, Da giungla a giungla, Alice nel Paese delle meraviglie (il film TV) e Mumford. Come doppiatore ha lavorato nei film Il principe d'Egitto, Il pianeta del tesoro e Madagascar 3 - Ricercati in Europa, inoltre ha partecipato a serie come Love Boat, Weeds e How I Met Your Mother. Anche sceneggiatore, produttore e regista, ha 62 anni e un film in uscita, Dorothy of Oz.
Martin Landau è il doppiatore originale di Mr. Rzykruski. Americano, lo ricordo per film come Intrigo internazionale, Cleopatra, Sliver, Ed Wood (che gli è valso l'Oscar come miglior attore non protagonista), X- Files - Il film e Il mistero di Sleepy Hollow, inoltre ha partecipato a serie come Ai confini della realtà, Missione impossibile, Colombo, La signora in giallo, Alfred Hitchcock presenta e ha doppiato un episodio de I Simpson. Anche produttore, ha 84 anni e quattro film in uscita.
Edward “E” Gore viene doppiato, in originale, dal piccolo Atticus Shaffer, ovvero l’orrido moccioso faccia di ratto che possiamo vedere nell’altrettanto orrido Il mai nato mentre Conchata Ferrel, doppiatrice della grassa madre di Bob, era già apparsa in Edward mani di forbice. Al momento Burton parrebbe “disoccupato”, ma se Frankenweenie vi è piaciuto consiglio la visione di ParaNorman, Coraline e la porta magica (omaggiato con la comparsa di un gatto assai simile a quello presente nel cartone animato di Henry Selick), La sposa cadavere e ovviamente The Nightmare Before Christmas. ENJOY!!
Trama: Victor è un geniale ma solitario bimbo con un solo, grande amico, il suo cagnolino Sparky. Quando quest'ultimo muore a causa di un incidente il ragazzino riesce a riportarlo in vita come un novello Frankenstein, ma presto la voce si sparge e per Victor cominciano i guai...
Correva l'anno 1984 e un Tim Burton allora ventiseienne decideva di girare il corto in bianco e nero Frankenweenie, beccandosi gli strali della Disney prima e il licenziamento poi, perché i boss credevano che un'opera simile, da dover proiettare prima della riedizione di Pinocchio, avrebbe traumatizzato i poveri pargoli innocenti. Sono passati gli anni, Burton è diventato giustamente famoso, i tempi sono cambiati e nel 2012 è stata proprio la Disney a produrre il lungometraggio a cartoni animati basato su questo vecchio corto. Dove prima c'erano Shelley Duvall e altri attori in carne ed ossa adesso ci sono dei pupazzini dalle fattezze inquietanti e portati in vita grazie alla stop-motion, tecnica tanto amata dal regista, ma ciò che sta alla base di entrambe le opere è sempre quella poetica del Diverso di cui Burton è supremo cantore: l'impossibilità di uniformarsi alla piatta vita di provincia, l'ottusità delle persone ignoranti, la fondamentale innocenza e bontà dell'outsider, considerato "mostro" e conseguentemente pericoloso in quanto lontano dai canoni universali che decretano la bellezza e la normalità, sono temi che possiamo trovare nei film del regista fin dai tempi di Edward Mani di Forbice e che si riaffermano prepotentemente anche in questo Frankenweenie.
Mantenendo coerentemente i punti chiave della trama e i valori di fondo del corto dell'84, Tim Burton reinventa Frankenweenie a beneficio delle nuove generazioni e si diverte come un matto, creando un bellissimo lungometraggio che mescola divertimento, suspance e momenti di commozione, nel quale il regista si sbizzarrisce riversando tutto l'amore per i vecchi horror, per i personaggi che hanno segnato la sua infanzia e anche un po' per sé stesso, diciamolo. Ed è così che, al di là dell'ovvio omaggio a Frankenstein che sta alla base della sceneggiatura, il logo Disney si trasforma in un meraviglioso castello degno del Conte Dracula, il piccolo ed inquietante Edgar "E" Gore diventa la versione bambina dei mostruosi e servili gobbi tipici del cinema di genere, i compagni di scuola di Victor ricordano la Lydia di Beetlejuice, la Staring Girl della raccolta La morte malinconica del bambino ostrica ed altri racconti e lo stesso Boris Karloff, il professor Rzykruski ha lo stesso sembiante del compianto (e amatissimo dal regista) Vincent Price e sul finale viene tirato fuori un bestiario di mostri ragguardevole, dal cagnolino/mummia alla tartaruga/Gamera, dal gatto/Dracula alle scimmiette/Gremlins, per finire con un inquietantissimo ratto mannaro. La tecnica della stop-motion è ormai diventata un’arte in grado di mostrare allo spettatore movimenti fluidi e scene dinamiche, il bianco e nero con cui è girata la pellicola è nitido e molto evocativo e anche la colonna sonora di Danny Elfman sembra essere tornata ai fasti delle prime, storiche collaborazioni con Tim Burton.
Ovviamente, anche il character design dei pupazzini e la realizzazione degli ambienti sono molto curati e assai distintivi e non c’è nessun personaggio o dettaglio che non richiami almeno uno dei lavori precedenti del regista (c’è anche un omaggio a Christopher Lee che, pur non essendo annoverato tra i doppiatori, viene mostrato nei panni di Dracula mentre i genitori di Victor guardano il suo film alla tv). Qualcuno potrebbe dire “e che palle! Burton alla fine rigira sempre la stessa frittata!”, io invece mi sono vissuta questo tratto caratteristico di Frankenweenie come un modo per omaggiare i fan del regista, che ne hanno dovuto sopportare il declino artistico a partire dall’immondo Planet of the Apes (con qualche guizzo di ripresa di tanto in tanto, per esempio Sweeney Todd) e, sinceramente, spero che la pellicola diventi una sorta di punto di passaggio che possa consentire a Burton di lasciarsi finalmente alle spalle il passato e cominciare a rinnovarsi senza snaturarsi. Nell’attesa, Frankenweenie è comunque un film godibilissimo sia per gli estimatori del regista sia per quelli che magari non lo conoscono ancora, la storia in sé è entusiasmante, dolce e divertente, i personaggi principali sono tratteggiati con una sensibilità incredibile (verrebbe voglia di avere un cucciolo meraviglioso come Sparky, che si presta persino a far da attore per film girati in casa!!) e quelli di contorno rubano spesso la scena ai protagonisti. Da gattara, per esempio, mi sono totalmente innamorata del Signor Baffino e del suo inquietante modo di predire il futuro attraverso gli escrementi, e il destino del povero micio è l’unica cosa che rimprovero a Burton: sono rimasta a guardare fino alla fine i titoli di coda sperando in qualche risvolto particolare e invece nulla, cattivo Tim!! E bentornato, finalmente.
Del regista e cosceneggiatore Tim Burton ho già parlato qui. Catherine O'Hara (la doppiatrice originale di Mrs. Frankenstein, Weird Girl e della professoressa di ginnastica) e Winona Rider (Elsa Van Helsing) le trovate invece ai rispettivi link.
Martin Short (vero nome Martin Hayter Short) è il doppiatore originale di Mr. Frankenstein, Mr. Burgemeister e Nassor. Canadese, lo ricordo per film come Salto nel buio, In fuga per tre, Il padre della sposa, Finché dura siamo a galla, Il padre della sposa 2, Mars Attacks!, Da giungla a giungla, Alice nel Paese delle meraviglie (il film TV) e Mumford. Come doppiatore ha lavorato nei film Il principe d'Egitto, Il pianeta del tesoro e Madagascar 3 - Ricercati in Europa, inoltre ha partecipato a serie come Love Boat, Weeds e How I Met Your Mother. Anche sceneggiatore, produttore e regista, ha 62 anni e un film in uscita, Dorothy of Oz.
Martin Landau è il doppiatore originale di Mr. Rzykruski. Americano, lo ricordo per film come Intrigo internazionale, Cleopatra, Sliver, Ed Wood (che gli è valso l'Oscar come miglior attore non protagonista), X- Files - Il film e Il mistero di Sleepy Hollow, inoltre ha partecipato a serie come Ai confini della realtà, Missione impossibile, Colombo, La signora in giallo, Alfred Hitchcock presenta e ha doppiato un episodio de I Simpson. Anche produttore, ha 84 anni e quattro film in uscita.
Edward “E” Gore viene doppiato, in originale, dal piccolo Atticus Shaffer, ovvero l’orrido moccioso faccia di ratto che possiamo vedere nell’altrettanto orrido Il mai nato mentre Conchata Ferrel, doppiatrice della grassa madre di Bob, era già apparsa in Edward mani di forbice. Al momento Burton parrebbe “disoccupato”, ma se Frankenweenie vi è piaciuto consiglio la visione di ParaNorman, Coraline e la porta magica (omaggiato con la comparsa di un gatto assai simile a quello presente nel cartone animato di Henry Selick), La sposa cadavere e ovviamente The Nightmare Before Christmas. ENJOY!!
martedì 26 febbraio 2013
Gangster Squad (2013)
Passata la frenesia da Notte degli Oscar è giunto il momento di guardare qualche film recente magari meno memorabile ed impegnato ma comunque gradevole, come questo Gangster Squad, diretto da Ruben Fleischer.
Trama: nel 1949 Los Angeles è completamente in mano al boss Mickey Cohen. Il capo della polizia, stranamente uno dei pochi immuni dalla corruzione, chiede così all'integerrimo Sergente O'Mara di reclutare una squadra di agenti per favorire la caduta del criminale...
Gangster Squad è il cuginetto truzzo de Gli intoccabili e di L.A. Confidential, e non lo dico con disprezzo. A una cura incredibile per i costumi, le scenografie, la colonna sonora e i dettagli si uniscono infatti un gradevolissimo gusto per l'eccesso sanguinolento (d'altronde il regista è lo stesso di Benvenuti a Zombieland) e una sceneggiatura tesissima ma alleggerita da esilaranti momenti supercazzola e da dialoghi a tratti così assurdamente "duri" da risultare inverosimili. Il risultato sono quasi due ore di puro divertimento nel quale si mescolano sapientemente momenti di riflessione, incentrati per lo più sulla difficoltà di adattamento che sperimentano i soldati appena tornati dal fronte, momenti drammatici, momenti romantici, momenti di azione tout court e momenti di umorismo slapstick, dove i personaggi principali sembrano punzecchiarsi l'un con l'altro per mostrare chi è più fico. Certo, Gangster Squad a tratti è leggermente prevedibile e segue lo schema tipico del genere (nascita della squadra - successi che portano a sottovalutare il pericolo - nemico che approfitta della leggerezza dei "buoni" per fargliela duramente pagare - risoluzione finale/vendetta dei protagonisti) ma c'è almeno una sequenza in grado di sorprendere anche lo spettatore più scafato.
Ciò che attira di più l'attenzione in questo Gangster Squad è comunque il cast all-star. Tra tutti, Sean Penn (che esordisce citando il Dracula di Browning!) è sicuramente il migliore, perfettamente sprofondato nei panni del bastardo, ignorante, cafonissimo e crudele boss Mickey Cohen, con quella faccia da pugile suonato ottenuta grazie ad un make-up che lo rende a dir poco orrendo. Tra i buoni, spiccano invece i personaggi per così dire "secondari". Per carità, il granitico Brolin è un mito, Ryan Gosling per una volta mi risulta pure sexy, con quel suo modo di fare da sbruffone scazzatello, Giovanni Ribisi porta a casa una parte dignitosissima, ma il mio cuore è andato dritto nelle mani di un irriconoscibile ed invecchiatissimo Robert Patrick nei panni di un anziano pistolero e soprattutto in quelle dell'esilarante ed iconico sbirro messicano Navidad Ramirez, interpretato da Michael Peña, che porta sulle spalle tutto il carico comico del film ma anche una delle scene più cazzute e toccanti. Menzione d'onore la merita anche un imbolsito Nick Nolte, mentre sinceramente non riesco a capire come un uomo possa trovare sexy Emma Stone, che indossa gli stupendi abiti da sera della rossa Grace Faraday con la grazia di un camallo. In conclusione, Gangster Squad non è sicuramente un film tra i più memorabili, ma è onesto, ben confezionato e divertente. Promosso a pieni voti!
Del regista Ruben Fleischer ho già parlato qui. Sean Penn (Mickey Cohen), Josh Brolin (Sergente John O’Mara), Ryan Gosling (Sergente Jerry Wooters), Emma Stone (Grace Faraday), Anthony Mackie (Coleman Harris), Robert Patrick (Max Kennard), Giovanni Ribisi (Conway Keeler) li trovate invece ai rispettivi link.
John Aylward interpreta il giudice Carter. Americano, lo ricordo per il ruolo di Dr. Anspaugh nella serie E.R. – Medici in prima linea. Ha partecipato a film come Tartarughe Ninja III, Armageddon – Giudizio finale, Instinct – Istinto primordiale, North Country, La città verrà distrutta all’alba e a serie come The Others, Una famiglia del terzo tipo, Ally McBeal, Dharma & Greg, X-Files, Nip/Tuck, Alias, Cold Case, Senza traccia, CSI e American Horror Story. Anche regista, sceneggiatore, produttore, scenografo e persino compositore, ha 66 anni.
Nick Nolte (vero nome Nicholas King Nolte) interpreta il Capo Parker. Americano, lo ricordo per film come 48 ore, In fuga per tre, Ancora 48 ore, Cape Fear – Il promontorio della paura, Il principe delle maree, L’olio di Lorenzo, Jefferson in Paris, Scomodi omicidi, Night Watch – Il guardiano di notte, U Turn – Inversione di marcia, La sottile linea rossa, Hulk e Tropic Thunder. Anche produttore, ha 71 anni e sei film in uscita.
Michael Peña interpreta Navidad Ramirez. Americano, ha partecipato a film come Fuori in 60 secondi, Million Dollar Baby, World Trade Center e a serie come Sentinel, Roswell, E.R. - Medici in prima linea, NYPD, CSI e My Name is Earl. Ha 36 anni e cinque film in uscita.
Nei credits spunta anche Derek Mears nei panni di uno degli scagnozzi di Cohen. Jamie Foxx era stato considerato per il ruolo di Coleman Harris, mentre Bryan Cranston ha dovuto rinunciare a quello di Max Kennard perché già impegnato con le riprese di Argo. Lily Collins, Emmy Rossum e Amanda Seyfried hanno invece tentato di accaparrarsi il ruolo di Grace Faraday (tutte troppo poco adatte al ruolo di femme fatale, ma non che la Stone sia meglio...) mentre tra i nomi in lizza per quello di Jerry c'era anche quello di Joseph Gordon - Levitt, che avrei visto decisamente in parte. Al di là di questo "totoruoli", comunque, se Gangster Squad vi fosse piaciuto consiglio la visione di L.A. Confidential, Scomodi omicidi, Dick Tracy, Gli intoccabili e Chinatown. ENJOY!!
Trama: nel 1949 Los Angeles è completamente in mano al boss Mickey Cohen. Il capo della polizia, stranamente uno dei pochi immuni dalla corruzione, chiede così all'integerrimo Sergente O'Mara di reclutare una squadra di agenti per favorire la caduta del criminale...
Gangster Squad è il cuginetto truzzo de Gli intoccabili e di L.A. Confidential, e non lo dico con disprezzo. A una cura incredibile per i costumi, le scenografie, la colonna sonora e i dettagli si uniscono infatti un gradevolissimo gusto per l'eccesso sanguinolento (d'altronde il regista è lo stesso di Benvenuti a Zombieland) e una sceneggiatura tesissima ma alleggerita da esilaranti momenti supercazzola e da dialoghi a tratti così assurdamente "duri" da risultare inverosimili. Il risultato sono quasi due ore di puro divertimento nel quale si mescolano sapientemente momenti di riflessione, incentrati per lo più sulla difficoltà di adattamento che sperimentano i soldati appena tornati dal fronte, momenti drammatici, momenti romantici, momenti di azione tout court e momenti di umorismo slapstick, dove i personaggi principali sembrano punzecchiarsi l'un con l'altro per mostrare chi è più fico. Certo, Gangster Squad a tratti è leggermente prevedibile e segue lo schema tipico del genere (nascita della squadra - successi che portano a sottovalutare il pericolo - nemico che approfitta della leggerezza dei "buoni" per fargliela duramente pagare - risoluzione finale/vendetta dei protagonisti) ma c'è almeno una sequenza in grado di sorprendere anche lo spettatore più scafato.
Ciò che attira di più l'attenzione in questo Gangster Squad è comunque il cast all-star. Tra tutti, Sean Penn (che esordisce citando il Dracula di Browning!) è sicuramente il migliore, perfettamente sprofondato nei panni del bastardo, ignorante, cafonissimo e crudele boss Mickey Cohen, con quella faccia da pugile suonato ottenuta grazie ad un make-up che lo rende a dir poco orrendo. Tra i buoni, spiccano invece i personaggi per così dire "secondari". Per carità, il granitico Brolin è un mito, Ryan Gosling per una volta mi risulta pure sexy, con quel suo modo di fare da sbruffone scazzatello, Giovanni Ribisi porta a casa una parte dignitosissima, ma il mio cuore è andato dritto nelle mani di un irriconoscibile ed invecchiatissimo Robert Patrick nei panni di un anziano pistolero e soprattutto in quelle dell'esilarante ed iconico sbirro messicano Navidad Ramirez, interpretato da Michael Peña, che porta sulle spalle tutto il carico comico del film ma anche una delle scene più cazzute e toccanti. Menzione d'onore la merita anche un imbolsito Nick Nolte, mentre sinceramente non riesco a capire come un uomo possa trovare sexy Emma Stone, che indossa gli stupendi abiti da sera della rossa Grace Faraday con la grazia di un camallo. In conclusione, Gangster Squad non è sicuramente un film tra i più memorabili, ma è onesto, ben confezionato e divertente. Promosso a pieni voti!
Del regista Ruben Fleischer ho già parlato qui. Sean Penn (Mickey Cohen), Josh Brolin (Sergente John O’Mara), Ryan Gosling (Sergente Jerry Wooters), Emma Stone (Grace Faraday), Anthony Mackie (Coleman Harris), Robert Patrick (Max Kennard), Giovanni Ribisi (Conway Keeler) li trovate invece ai rispettivi link.
John Aylward interpreta il giudice Carter. Americano, lo ricordo per il ruolo di Dr. Anspaugh nella serie E.R. – Medici in prima linea. Ha partecipato a film come Tartarughe Ninja III, Armageddon – Giudizio finale, Instinct – Istinto primordiale, North Country, La città verrà distrutta all’alba e a serie come The Others, Una famiglia del terzo tipo, Ally McBeal, Dharma & Greg, X-Files, Nip/Tuck, Alias, Cold Case, Senza traccia, CSI e American Horror Story. Anche regista, sceneggiatore, produttore, scenografo e persino compositore, ha 66 anni.
Nick Nolte (vero nome Nicholas King Nolte) interpreta il Capo Parker. Americano, lo ricordo per film come 48 ore, In fuga per tre, Ancora 48 ore, Cape Fear – Il promontorio della paura, Il principe delle maree, L’olio di Lorenzo, Jefferson in Paris, Scomodi omicidi, Night Watch – Il guardiano di notte, U Turn – Inversione di marcia, La sottile linea rossa, Hulk e Tropic Thunder. Anche produttore, ha 71 anni e sei film in uscita.
Michael Peña interpreta Navidad Ramirez. Americano, ha partecipato a film come Fuori in 60 secondi, Million Dollar Baby, World Trade Center e a serie come Sentinel, Roswell, E.R. - Medici in prima linea, NYPD, CSI e My Name is Earl. Ha 36 anni e cinque film in uscita.
Nei credits spunta anche Derek Mears nei panni di uno degli scagnozzi di Cohen. Jamie Foxx era stato considerato per il ruolo di Coleman Harris, mentre Bryan Cranston ha dovuto rinunciare a quello di Max Kennard perché già impegnato con le riprese di Argo. Lily Collins, Emmy Rossum e Amanda Seyfried hanno invece tentato di accaparrarsi il ruolo di Grace Faraday (tutte troppo poco adatte al ruolo di femme fatale, ma non che la Stone sia meglio...) mentre tra i nomi in lizza per quello di Jerry c'era anche quello di Joseph Gordon - Levitt, che avrei visto decisamente in parte. Al di là di questo "totoruoli", comunque, se Gangster Squad vi fosse piaciuto consiglio la visione di L.A. Confidential, Scomodi omicidi, Dick Tracy, Gli intoccabili e Chinatown. ENJOY!!
lunedì 25 febbraio 2013
Oscar 2013
Argo Vaffanculo!! Parte spontanea la celebrazione per la vittoria di Argo, la sorpresa che ha sbaragliato il favoritissimo Lincoln all’Oscar di quest’anno. Sono molto contenta sia stato scelto come miglior film nonostante tifassi (ovviamente e spudoratamente) per Django Unchained e avessi l’ovvia consapevolezza che il bellissimo Re della terra selvaggia non avrebbe mai potuto ambire a tanto. L’ultimo lavoro di Ben Affleck mescola sapientemente metacinema, quelle patriottiche storie che piacciono tanto agli aMMericani e una non disprezzabile dose di umorismo (non a caso porta a casa anche la statuetta per la miglior sceneggiatura non originale oltre a quella per il montaggio) e a quanto pare ciò è bastato per conquistare i cuori di spettatori ed Academy. Bravo Ben! E bravo anche Ang Lee, che invece ha conquistato l’Oscar per la miglior regia con il suo stupendo Vita di Pi. Una gioia per gli occhi prima ancora che per la mente, sicuramente un validissimo esempio di come il Cinema sia nato per essere una porta sui Sogni e sulla Meraviglia. Passiamo ora agli altri ambitissimi premi…
Scontata la vittoria di Daniel Day-Lewis come miglior attore protagonista. La sua interpretazione di Lincoln è a dir poco perfetta, come sempre l’attore riesce ad annullarsi nel personaggio come nessun altro. Siccome ho guardato il film in lingua italiana, urge adesso un recupero in originale per poter apprezzare ancor di più il lavoro del buon Daniel che, tra l’altro, ha salvato Lincoln dall’ignominia e dal rischio di portarsi a casa solo l’Oscar tecnico per la miglior scenografia.
Jennifer Lawrence vince invece come miglior attrice protagonista per Il lato positivo e anche per miglior premiata spalmata sul palco (altro che Ragazza di Fuoco!). Forse questo era l’unico premio davanti al quale non avevo le idee precise, visto che non ho ancora guardato né il film che vede la Lawrence protagonista, né Zero Dark Thirty, né Amour, né The Impossible. In compenso mi sono innamorata della piccola Quvenzhané Wallis, che era candidata per Re della terra selvaggia, e non nascondo che avrei sperato in una sua vittoria. Il lato positivo dovrebbe uscire la settimana prossima in Italia, quindi per adesso sospendo il giudizio, nel frattempo sappiate che la Lawrence tornerà presto a duettare con Bradley Cooper nell’imminente Serena e che la rivedremo interpretare due dei personaggi che l’hanno consacrata, ovvero Mystica e Katniss, nei film X-Men – Giorni di un futuro passato e Hunger Games – La ragazza di fuoco.
Da brava tarantiniana, gli unici premi che mi hanno resa felice e gli unici che, a dirla tutta, mi interessano davvero sono quelli andati a Christoph Waltz come miglior attore non protagonista e a Quentin per la miglior sceneggiatura originale. Django Unchained meritava molto di più, ovviamente, ma già solo il fatto che la mano santa di Tarantino, l’incommensurabile bravura attoriale di Christoph e l’incredibile bellezza di un personaggio come il Dottor Schultz siano state riconosciute basta a rendermi felice! Al prossimo film mio cicciosissimo aMMoro!!
Al pari di quello vinto da Waltz, l'Oscar per la miglior attrice protagonista poteva andare solo ad una persona. La Fantine di Anne Hathaway compare in Les Misérables per pochi minuti scarsi ma vedere l'attrice cantare sulle note di I've Dreamed a Dream è un'esperienza mistica, da standing ovation. Lodi alla brava Anne, dunque, mentre il film di Tom Hooper mette in saccoccia solo un paio di Oscar tecnici, miglior Make-Up e miglior Missaggio Sonoro.
Passiamo adesso ai premi "minori" che minori non sono. Scontata la vittoria di Amour come miglior film straniero e scandalosa quella di Ribelle - The Brave per il miglior lungometraggio animato; non sono riuscita a vedere Ralph Spaccatutto, ma Frankenweenie era sicuramente una spanna sopra rispetto alla pur bella storia della rossa e coraggiosa eroina. Presto lo onorerò degnamente con una recensione. Il superfavorito Zero Dark Thirty porta invece a casa un miserrimo premio per il miglior montaggio audio e gli tocca pure dividerlo con Skyfall, premiato anche grazie alla bellissima e omonima canzone di Adele. Se Anna Karenina si è beccato poi l'Oscar per i migliori costumi (e non fatico a capire il perché, visto il magnifico trailer), Vita di Pi fa man bassa di tutti i rimanenti Oscar, ovvero miglior Fotografia, Colonna Sonora ed Effetti Speciali, consacrandosi così come film più premiato di questa notte degli Oscar e facendo storcere il naso a quelli che mal hanno sopportato la storia di Piscine Molitor Patel e della tigre Richard Parker. Io mi dichiaro invece soddisfatta per un buon 80% e, chinandomi nuovamente a baciare i piedi a Quentin e Christoph, vi auguro un buon proseguimento d'anno cinematografico! ENJOY!
Scontata la vittoria di Daniel Day-Lewis come miglior attore protagonista. La sua interpretazione di Lincoln è a dir poco perfetta, come sempre l’attore riesce ad annullarsi nel personaggio come nessun altro. Siccome ho guardato il film in lingua italiana, urge adesso un recupero in originale per poter apprezzare ancor di più il lavoro del buon Daniel che, tra l’altro, ha salvato Lincoln dall’ignominia e dal rischio di portarsi a casa solo l’Oscar tecnico per la miglior scenografia.
Jennifer Lawrence vince invece come miglior attrice protagonista per Il lato positivo e anche per miglior premiata spalmata sul palco (altro che Ragazza di Fuoco!). Forse questo era l’unico premio davanti al quale non avevo le idee precise, visto che non ho ancora guardato né il film che vede la Lawrence protagonista, né Zero Dark Thirty, né Amour, né The Impossible. In compenso mi sono innamorata della piccola Quvenzhané Wallis, che era candidata per Re della terra selvaggia, e non nascondo che avrei sperato in una sua vittoria. Il lato positivo dovrebbe uscire la settimana prossima in Italia, quindi per adesso sospendo il giudizio, nel frattempo sappiate che la Lawrence tornerà presto a duettare con Bradley Cooper nell’imminente Serena e che la rivedremo interpretare due dei personaggi che l’hanno consacrata, ovvero Mystica e Katniss, nei film X-Men – Giorni di un futuro passato e Hunger Games – La ragazza di fuoco.
Da brava tarantiniana, gli unici premi che mi hanno resa felice e gli unici che, a dirla tutta, mi interessano davvero sono quelli andati a Christoph Waltz come miglior attore non protagonista e a Quentin per la miglior sceneggiatura originale. Django Unchained meritava molto di più, ovviamente, ma già solo il fatto che la mano santa di Tarantino, l’incommensurabile bravura attoriale di Christoph e l’incredibile bellezza di un personaggio come il Dottor Schultz siano state riconosciute basta a rendermi felice! Al prossimo film mio cicciosissimo aMMoro!!
No amore mio, l'inchino va a te! |
Passiamo adesso ai premi "minori" che minori non sono. Scontata la vittoria di Amour come miglior film straniero e scandalosa quella di Ribelle - The Brave per il miglior lungometraggio animato; non sono riuscita a vedere Ralph Spaccatutto, ma Frankenweenie era sicuramente una spanna sopra rispetto alla pur bella storia della rossa e coraggiosa eroina. Presto lo onorerò degnamente con una recensione. Il superfavorito Zero Dark Thirty porta invece a casa un miserrimo premio per il miglior montaggio audio e gli tocca pure dividerlo con Skyfall, premiato anche grazie alla bellissima e omonima canzone di Adele. Se Anna Karenina si è beccato poi l'Oscar per i migliori costumi (e non fatico a capire il perché, visto il magnifico trailer), Vita di Pi fa man bassa di tutti i rimanenti Oscar, ovvero miglior Fotografia, Colonna Sonora ed Effetti Speciali, consacrandosi così come film più premiato di questa notte degli Oscar e facendo storcere il naso a quelli che mal hanno sopportato la storia di Piscine Molitor Patel e della tigre Richard Parker. Io mi dichiaro invece soddisfatta per un buon 80% e, chinandomi nuovamente a baciare i piedi a Quentin e Christoph, vi auguro un buon proseguimento d'anno cinematografico! ENJOY!
Yeah, Quentin, YEAAAAHH!!!! *____* |
domenica 24 febbraio 2013
Al calare delle tenebre (2003)
Lo so che stasera è la Notte degli Oscar, ma non sono riuscita a far coincidere l'importante data con una pellicola degna di celebrarla, quindi vi beccate la recensione del mediocre Al calare delle tenebre (Darkness Falls), diretto nel 2003 dal regista Jonathan Liebesman. Occhio agli SPOILER.
Trama: impiccata per una sciocchezza nell'800, la vecchia ed eccentrica Matilda Dixon lancia una maledizione sulla cittadina di Darkness Falls e diventa la temutissima Fata Dentina, un mostro che uccide ogni bambino tanto sventurato da alzare gli occhi su di lei dopo la perdita dell'ultimo dentino...
Il problema fondamentale di Al calare delle tenebre che, visto oggettivamente, non è nemmeno un horror così brutto nonostante sia recitato da attori per lo più inespressivi e mosci, è il suo carattere di "indistribuibilità", soprattutto nel nostro Paese. Innanzitutto la traduzione di Tooth Fairy in Fata Dentina non aiuta a prendere troppo sul serio questa povera strega svolazzante, poi durante la visione mi è spesso venuto in mente quanto sarebbe stato ben più divertente e trash per un italiano vedere una sorta di ratto muschiato formato famiglia, tipo Splinter ma cattivo, attaccare i bambini tanto sprovveduti da svegliarsi nella notte per vedere il Topolino dei Dentini. Altro svantaggio deriva dalla possibilità che lo spettatore nostrano si sia letto Il Buio (Dylan Dog numero 34) e quindi, come me, si renda conto che tra la Fata Dentina e Mana Cerace non ci sia confronto: chiudetemi in una stanza completamente buia e mi ritroverete urlante dopo 30 secondi con in testa un solo pensiero fisso "Se nel buio tutto tace sentirai Mana Cerace arrivar senza rumore con il passo del terrore!", il mostrillo di Al calar delle tenebre e la sua fotosensibilità non mi passerebbero nemmeno per l'anticamera del cervello!
Premesso questo, alla fine Al calar delle tenebre è un horror simpatico e le apparizioni della Fata Dentina qualche salto lo fanno fare (tranne nella sequenza in cui si cala dall'alto mentre i protagonisti saltano da una zona di luce ad un'altra, perché sembra di guardare il gioco "acchiappa il codino" ma al contrario...), però soprattutto nella parte centrale il film risulta lento e parecchio noioso. I protagonisti, inoltre, sono molto più stupidi rispetto alla media e la stessa sceneggiatura manca un po' di logica. Innanzitutto, per salvare il pargoletto perseguitato dalla Fata Dentina sarebbe bastato prenderlo e portarlo fuori da Darkness Falls di giorno; in fondo Matilda Dixon ha maledetto la città quindi non ha assolutamente senso che Kyle abbia vissuto altrove per anni senza dormire e con un'infinita scorta di torce elettriche. Altro aspetto che mi perplime è come nessuno in città sia consapevole dell'esistenza di questo mostro. Non stiamo parlando mica di Freddy Krueger che si vendica di pochi sfigati, ma di un fantasma che si accanisce su tutti i bambini che perdono l'ultimo dente. Risulta quindi quanto meno assurdo che i poliziotti si rendano conto solo dopo l'imbeccata del protagonista di quanti delitti irrisolti e sparizioni misteriose ci siano negli archivi di Darkness Falls. A questa mancanza di logica si aggiunge, come ho già accennato, il fatto che gli attori non siano tra i più carismatici ed abili in circolazione, inoltre anche la regia è abbastanza piatta e soporifera, assolutamente conforme a quella di un horror medio(cre). In definitiva, Al calar delle tenebre è un film che consiglio solo a quelle persone smaniose di vedere un horror ma che non ne hanno mai avuto il coraggio perché terrorizzate dall'eventuale presenza di sangue o scene forti. Non vi preoccupate, questa pellicola è una delle più innocue in assoluto.
Jonathan Liebesman è il regista della pellicola. Sudafricano, ha diretto film come Non aprite quella porta – L’inizio, World Invasion e La furia dei titani. Anche sceneggiatore, produttore e addetto al montaggio, ha 36 anni e un film in uscita, Ninja Turtles.
Chaney Kley interpreta Kyle. Americano, ha partecipato a film come La rivincita delle bionde e alle serie Buffy the Vampire Slayer, Cold Case, CSI e The Shield. E’ morto nel 2007 per apnea notturna, all’età di 34 anni.
Emma Caulfield (vero nome Emma Chukker) interpreta Caitlin. Attrice americana che ricordo innanzitutto per il fondamentale ruolo di Anya nella serie Buffy the Vampire Slayer, ha partecipato anche ad episodi di Bayside School – la nuova classe, Beverly Hills 90210, Nash Bridges, Monk, Robot Chicken e C’era una volta. Anche produttrice e sceneggiatrice, ha 39 anni e due film in uscita.
All’inizio del film spunta anche una giovanissima e quasi irriconoscibile Emily Browning nei panni di Caitlin da ragazzina. E’ interessante vedere come il design finale della Fata Dentina sia molto diverso da quello progettato all’inizio: nelle intenzioni originali del regista, infatti, il mostro avrebbe dovuto vedersi solo alla fine e assomigliare ad un zannuto angelo della morte, ma ovviamente i produttori ci hanno poi messo becco e hanno fatto ricreare da capo la Fatina per farla comparire di più. Personalmente, trovo molto più bello questo design rispetto a quello finale, ma de gustibus. Inoltre, pare che Al Calare delle tenebre sia stato ispirato da questo corto horror del 2001, intitolato Tooth Fairy e scritto e diretto nientemeno che da quel Joe Harris autore di parecchie storie degli X-Men. Se poi volete continuare su questo genere di film vi consiglio di guardare Boogeyman, Jeepers Creeper e i film delle saghe Nightmare e Venerdì 13. ENJOY!!
Trama: impiccata per una sciocchezza nell'800, la vecchia ed eccentrica Matilda Dixon lancia una maledizione sulla cittadina di Darkness Falls e diventa la temutissima Fata Dentina, un mostro che uccide ogni bambino tanto sventurato da alzare gli occhi su di lei dopo la perdita dell'ultimo dentino...
Il problema fondamentale di Al calare delle tenebre che, visto oggettivamente, non è nemmeno un horror così brutto nonostante sia recitato da attori per lo più inespressivi e mosci, è il suo carattere di "indistribuibilità", soprattutto nel nostro Paese. Innanzitutto la traduzione di Tooth Fairy in Fata Dentina non aiuta a prendere troppo sul serio questa povera strega svolazzante, poi durante la visione mi è spesso venuto in mente quanto sarebbe stato ben più divertente e trash per un italiano vedere una sorta di ratto muschiato formato famiglia, tipo Splinter ma cattivo, attaccare i bambini tanto sprovveduti da svegliarsi nella notte per vedere il Topolino dei Dentini. Altro svantaggio deriva dalla possibilità che lo spettatore nostrano si sia letto Il Buio (Dylan Dog numero 34) e quindi, come me, si renda conto che tra la Fata Dentina e Mana Cerace non ci sia confronto: chiudetemi in una stanza completamente buia e mi ritroverete urlante dopo 30 secondi con in testa un solo pensiero fisso "Se nel buio tutto tace sentirai Mana Cerace arrivar senza rumore con il passo del terrore!", il mostrillo di Al calar delle tenebre e la sua fotosensibilità non mi passerebbero nemmeno per l'anticamera del cervello!
Premesso questo, alla fine Al calar delle tenebre è un horror simpatico e le apparizioni della Fata Dentina qualche salto lo fanno fare (tranne nella sequenza in cui si cala dall'alto mentre i protagonisti saltano da una zona di luce ad un'altra, perché sembra di guardare il gioco "acchiappa il codino" ma al contrario...), però soprattutto nella parte centrale il film risulta lento e parecchio noioso. I protagonisti, inoltre, sono molto più stupidi rispetto alla media e la stessa sceneggiatura manca un po' di logica. Innanzitutto, per salvare il pargoletto perseguitato dalla Fata Dentina sarebbe bastato prenderlo e portarlo fuori da Darkness Falls di giorno; in fondo Matilda Dixon ha maledetto la città quindi non ha assolutamente senso che Kyle abbia vissuto altrove per anni senza dormire e con un'infinita scorta di torce elettriche. Altro aspetto che mi perplime è come nessuno in città sia consapevole dell'esistenza di questo mostro. Non stiamo parlando mica di Freddy Krueger che si vendica di pochi sfigati, ma di un fantasma che si accanisce su tutti i bambini che perdono l'ultimo dente. Risulta quindi quanto meno assurdo che i poliziotti si rendano conto solo dopo l'imbeccata del protagonista di quanti delitti irrisolti e sparizioni misteriose ci siano negli archivi di Darkness Falls. A questa mancanza di logica si aggiunge, come ho già accennato, il fatto che gli attori non siano tra i più carismatici ed abili in circolazione, inoltre anche la regia è abbastanza piatta e soporifera, assolutamente conforme a quella di un horror medio(cre). In definitiva, Al calar delle tenebre è un film che consiglio solo a quelle persone smaniose di vedere un horror ma che non ne hanno mai avuto il coraggio perché terrorizzate dall'eventuale presenza di sangue o scene forti. Non vi preoccupate, questa pellicola è una delle più innocue in assoluto.
Jonathan Liebesman è il regista della pellicola. Sudafricano, ha diretto film come Non aprite quella porta – L’inizio, World Invasion e La furia dei titani. Anche sceneggiatore, produttore e addetto al montaggio, ha 36 anni e un film in uscita, Ninja Turtles.
Chaney Kley interpreta Kyle. Americano, ha partecipato a film come La rivincita delle bionde e alle serie Buffy the Vampire Slayer, Cold Case, CSI e The Shield. E’ morto nel 2007 per apnea notturna, all’età di 34 anni.
Emma Caulfield (vero nome Emma Chukker) interpreta Caitlin. Attrice americana che ricordo innanzitutto per il fondamentale ruolo di Anya nella serie Buffy the Vampire Slayer, ha partecipato anche ad episodi di Bayside School – la nuova classe, Beverly Hills 90210, Nash Bridges, Monk, Robot Chicken e C’era una volta. Anche produttrice e sceneggiatrice, ha 39 anni e due film in uscita.
All’inizio del film spunta anche una giovanissima e quasi irriconoscibile Emily Browning nei panni di Caitlin da ragazzina. E’ interessante vedere come il design finale della Fata Dentina sia molto diverso da quello progettato all’inizio: nelle intenzioni originali del regista, infatti, il mostro avrebbe dovuto vedersi solo alla fine e assomigliare ad un zannuto angelo della morte, ma ovviamente i produttori ci hanno poi messo becco e hanno fatto ricreare da capo la Fatina per farla comparire di più. Personalmente, trovo molto più bello questo design rispetto a quello finale, ma de gustibus. Inoltre, pare che Al Calare delle tenebre sia stato ispirato da questo corto horror del 2001, intitolato Tooth Fairy e scritto e diretto nientemeno che da quel Joe Harris autore di parecchie storie degli X-Men. Se poi volete continuare su questo genere di film vi consiglio di guardare Boogeyman, Jeepers Creeper e i film delle saghe Nightmare e Venerdì 13. ENJOY!!
venerdì 22 febbraio 2013
Re della terra selvaggia (2012)
Mancano più pochissimi giorni alla Notte degli Oscar e per fortuna sono riuscita a recuperare in tempo questo Re della terra selvaggia (Beasts of the Southern Wild), diretto nel 2012 dal regista Benh Zeitlin e candidato a quattro premi: miglior regia, miglior film, migliore attrice protagonista e miglior sceneggiatura non originale, in quanto tratta dall'opera teatrale Juicy and Delicious di Lucy Alibar.
Trama: in un'immaginaria isola a sud della Louisiana, la cosiddetta Bathtub, vivono la piccola Hushpuppy e suo padre. La loro particolare esistenza e quella dei pochi abitanti dell'isola viene messa in pericolo da una tempesta, dalla malattia e da alcune creature preistoriche liberate dallo scioglimento dei ghiacci...
Non c'è nulla di più delizioso e commovente di una favola ben raccontata. Re della terra selvaggia ha tutte le caratteristiche di un'antica storia nata nel misterioso ed arcaico ambiente delle bayou, dove uno sparuto principio di progresso fatica a mescolarsi alla tradizione, alla natura e alla magia. Fin dalle prime immagini sono stata conquistata dalla dolcezza e dalla caparbietà della piccola protagonista, la "cazzutissima" boss lady Hushpuppy, dalla sua incredibile filosofia di vita e dalla sua tenera ma decisa voce narrante, la stessa di chi guarda il mondo con innocente consapevolezza: a differenza di tante giovani eroine la protagonista di Re della terra selvaggia emoziona per come accetta le sue responsabilità di piccolo ingranaggio all'interno di un Universo infinito ma composto di tanti pezzetti che devono necessariamente funzionare in armonia, per il suo desiderio di mettere a posto ciò che è rotto nei limiti delle sue possibilità di bambina, per il modo in cui, da selvaggia bestiolina, mostra i dentini urlando contro le avversità ed affrontandole con coraggio. E' bellissimo vedere come si snoda quotidianamente la sua stranissima vita ed assistere al percorso di formazione che la porterà a fronteggiare la sfida più grande attraverso tante piccole ma importantissime prove, così come è bellissimo assistere al particolare rapporto di amore ed odio che lega Hushpuppy e il padre Wink, forse il personaggio più complesso dell'intera pellicola, un uomo rude e ubriacone che attraverso i suoi modi rozzi cerca in realtà di preparare la figlia affinché possa sopravvivere al dolore ed accettare la morte.
L'aspetto particolare di Re della terra selvaggia è però il modo in cui all'interno di una storia realistica vengono inseriti aspetti e particolari fantastici o comunque assai peculiari, come gli enormi cinghiali preistorici Aurochs che a poco a poco si avvicinano alla Bathtub o come la descrizione della madre di Hushpuppy, che nella mente della bambina diventa una specie di eroina da film di serie Z, in grado di uccidere un alligatore a seno nudo e con il semplice ausilio di un coltello. Questa realtà favolistica e filtrata dall'immaginazione della protagonista viene resa magnificamente da una regia in grado di regalare immagini emblematiche (una su tutte quella che è diventata poi la locandina del film, con Hushpuppy che corre con in mano delle fontanelle luminose), di mostrare la magia anche dove vige lo squallore, di esaltare la fame e la sete di vita di queste persone che vivono in un paese dove si fa festa più volte l'anno, dove si ride davanti alla morte, dove vigono un paio di regole semplici ma validissime: davanti alla tragedia non ci si può sedere a far nulla come "a bunch of pussies" e bisogna imparare "how to take care of people smaller and sweeter than you are". Noterete che non mi sono nemmeno sforzata di tradurre le parole e le frasi che ho sentito nel film e non è per presunzione o per superbia cinefila. Il fatto è che il cuore di Re della terra selvaggia risiede innanzitutto nel pesante accento dei protagonisti e nella particolare parlata di Hushpuppy, nel suo modo cadenzato di raccontare la vicenda, e ritengo che guardare il film in lingua originale sia l'unico modo per capire come mai la piccola Quvenzhané Wallis si sia portata a casa la meritatissima nomination all'Oscar come miglior attrice protagonista. Insomma, Re delle terra selvaggia è un piccolo gioiello che vi consiglio di recuperare se ancora non l'avete fatto!
Benh Zeitlin è il regista e sceneggiatore della pellicola. Prima di Re della terra selvaggia ha diretto solo tre corti e al momento non ha in progetto altri film per ora. Americano, ha 31 anni.
Quanto ai due protagonisti della pellicola, la piccola Quvenzhané Wallis (Hushpuppy) e Dwight Henry (Wink) sono entrambi al loro primo film ma stanno per tornare tutti e due in Twelve Years a Slave, film di Steve McQueen che vede tra i coinvolti anche Brad Pitt, Michael Fassbender, Paul Giamatti e che dovrebbe uscire a fine anno. Nell’attesa, se Re della terra selvaggia vi fosse piaciuto consiglio la visione dei bellissimi Vita di Pi e La baia di Eva. ENJOY!
Trama: in un'immaginaria isola a sud della Louisiana, la cosiddetta Bathtub, vivono la piccola Hushpuppy e suo padre. La loro particolare esistenza e quella dei pochi abitanti dell'isola viene messa in pericolo da una tempesta, dalla malattia e da alcune creature preistoriche liberate dallo scioglimento dei ghiacci...
Non c'è nulla di più delizioso e commovente di una favola ben raccontata. Re della terra selvaggia ha tutte le caratteristiche di un'antica storia nata nel misterioso ed arcaico ambiente delle bayou, dove uno sparuto principio di progresso fatica a mescolarsi alla tradizione, alla natura e alla magia. Fin dalle prime immagini sono stata conquistata dalla dolcezza e dalla caparbietà della piccola protagonista, la "cazzutissima" boss lady Hushpuppy, dalla sua incredibile filosofia di vita e dalla sua tenera ma decisa voce narrante, la stessa di chi guarda il mondo con innocente consapevolezza: a differenza di tante giovani eroine la protagonista di Re della terra selvaggia emoziona per come accetta le sue responsabilità di piccolo ingranaggio all'interno di un Universo infinito ma composto di tanti pezzetti che devono necessariamente funzionare in armonia, per il suo desiderio di mettere a posto ciò che è rotto nei limiti delle sue possibilità di bambina, per il modo in cui, da selvaggia bestiolina, mostra i dentini urlando contro le avversità ed affrontandole con coraggio. E' bellissimo vedere come si snoda quotidianamente la sua stranissima vita ed assistere al percorso di formazione che la porterà a fronteggiare la sfida più grande attraverso tante piccole ma importantissime prove, così come è bellissimo assistere al particolare rapporto di amore ed odio che lega Hushpuppy e il padre Wink, forse il personaggio più complesso dell'intera pellicola, un uomo rude e ubriacone che attraverso i suoi modi rozzi cerca in realtà di preparare la figlia affinché possa sopravvivere al dolore ed accettare la morte.
L'aspetto particolare di Re della terra selvaggia è però il modo in cui all'interno di una storia realistica vengono inseriti aspetti e particolari fantastici o comunque assai peculiari, come gli enormi cinghiali preistorici Aurochs che a poco a poco si avvicinano alla Bathtub o come la descrizione della madre di Hushpuppy, che nella mente della bambina diventa una specie di eroina da film di serie Z, in grado di uccidere un alligatore a seno nudo e con il semplice ausilio di un coltello. Questa realtà favolistica e filtrata dall'immaginazione della protagonista viene resa magnificamente da una regia in grado di regalare immagini emblematiche (una su tutte quella che è diventata poi la locandina del film, con Hushpuppy che corre con in mano delle fontanelle luminose), di mostrare la magia anche dove vige lo squallore, di esaltare la fame e la sete di vita di queste persone che vivono in un paese dove si fa festa più volte l'anno, dove si ride davanti alla morte, dove vigono un paio di regole semplici ma validissime: davanti alla tragedia non ci si può sedere a far nulla come "a bunch of pussies" e bisogna imparare "how to take care of people smaller and sweeter than you are". Noterete che non mi sono nemmeno sforzata di tradurre le parole e le frasi che ho sentito nel film e non è per presunzione o per superbia cinefila. Il fatto è che il cuore di Re della terra selvaggia risiede innanzitutto nel pesante accento dei protagonisti e nella particolare parlata di Hushpuppy, nel suo modo cadenzato di raccontare la vicenda, e ritengo che guardare il film in lingua originale sia l'unico modo per capire come mai la piccola Quvenzhané Wallis si sia portata a casa la meritatissima nomination all'Oscar come miglior attrice protagonista. Insomma, Re delle terra selvaggia è un piccolo gioiello che vi consiglio di recuperare se ancora non l'avete fatto!
Benh Zeitlin è il regista e sceneggiatore della pellicola. Prima di Re della terra selvaggia ha diretto solo tre corti e al momento non ha in progetto altri film per ora. Americano, ha 31 anni.
Quanto ai due protagonisti della pellicola, la piccola Quvenzhané Wallis (Hushpuppy) e Dwight Henry (Wink) sono entrambi al loro primo film ma stanno per tornare tutti e due in Twelve Years a Slave, film di Steve McQueen che vede tra i coinvolti anche Brad Pitt, Michael Fassbender, Paul Giamatti e che dovrebbe uscire a fine anno. Nell’attesa, se Re della terra selvaggia vi fosse piaciuto consiglio la visione dei bellissimi Vita di Pi e La baia di Eva. ENJOY!
giovedì 21 febbraio 2013
WE, Bolla! del 21/02/2013
E' la settimana che precede la fatidica Notte degli Oscar! Siete pronti a recuperare il recuperabile e arrivare preparati all'appuntamento? Io no, come ogni anno, ma chissà che per una volta il multisala non mi venga incontro con le uscite odierne... ENJOY!!
Gangster Squad
Reazione a caldo: evvai, questo vado a vederlo di sicuro!
Bolla, rifletti!: questo film lo aspetto da quando avevo visto il primo trailer. Il mio pensiero in merito lo trovate riassunto qui, spero davvero che Gangster Squad non deluda le aspettative!
Zambezia
Reazione a caldo: decisamente poco interessata
Bolla, rifletti!: Zambezia, se non ho capito male, è il primo lungometraggio animato prodotto in Sudafrica. Chapeau, perché l’animazione sembra molto bella, anche se il character design sembra tanto vicino a quello di Rio o Madagascar. Dalle mie parti lo passano solo al pomeriggio, quindi non potrei darci un’occhiata nemmeno se lo volessi, ma non mi entusiasma molto a prescindere.
Gambit – Una truffa a regola d’arte
Reazione a caldo: la biografia di uno degli X-Men?
Bolla, rifletti!: ah no, trattasi del remake dell’omonimo film anni ’60, che vedeva protagonisti Michael Caine e Shirley MacLane!! Sono un’imbecille, e vabbé. Mah, normalmente un film scritto dai Coen e che vede come protagonisti Colin Firth, Cameron Diaz, Alan Rickman e Stanley Tucci sarebbe la mia prima scelta per la settimana, ma con roba come Gangster Squad e Zero Dark Thirty in programmazione purtroppo sono costretta a lasciarlo da parte. Peccato, perché le trame “truffaldine” non mi dispiacciono. Magari lo recupero prossimamente.
Zero Dark Thirty
Reazione a caldo: ah, che dilemma!
Bolla, rifletti!: premesso che andrò a vedere sicuramente Gangster Squad, questo Zero Dark Thirty mi turba. Adoro Jessica Chastain e il trailer del film mi intriga tantissimo, senza contare che domenica ci sono gli Oscar e Zero Dark Thirty è tra i nominati in diverse categorie, quindi per desiderio di conoscenza cinefila dovrei fiondarmi in sala. Però è l’argomento trattato che non mi ispira molto, un film interamente incentrato sulla caccia a Bin Laden non rientra troppo nelle mie corde, soprattutto in questo periodo. Devo pensarci su…
Beautiful Creatures – La sedicesima luna
Reazione a caldo: *sonora pernacchia*
Bolla, rifletti!: di questa pellicola ho già parlato qui e figuriamoci se non la facevano uscire subitissimo anche in Italia. Basta già Twilight, non serve che le sale siano invase anche dai surrogati. Lascio la visione di ‘sta robetta agli appassionati del genere fantasy-mollo e mi dedico ad altro.
E stavolta ho battuto sul tempo il cinema d’élite, che propone un film da me già visto, per fortuna!!
Re della terra selvaggia
Reazione a caldo: delizioso!!
Bolla, rifletti!: stavolta non vale perché ho già visto il film. Tra domani e dopo dovrei pubblicare la recensione, nel frattempo dico solo che Re della terra selvaggia è una fiaba avvincente e a suo modo tenera e commovente, con una bravissima piccola protagonista. Da non perdere!!
Gangster Squad
Reazione a caldo: evvai, questo vado a vederlo di sicuro!
Bolla, rifletti!: questo film lo aspetto da quando avevo visto il primo trailer. Il mio pensiero in merito lo trovate riassunto qui, spero davvero che Gangster Squad non deluda le aspettative!
Zambezia
Reazione a caldo: decisamente poco interessata
Bolla, rifletti!: Zambezia, se non ho capito male, è il primo lungometraggio animato prodotto in Sudafrica. Chapeau, perché l’animazione sembra molto bella, anche se il character design sembra tanto vicino a quello di Rio o Madagascar. Dalle mie parti lo passano solo al pomeriggio, quindi non potrei darci un’occhiata nemmeno se lo volessi, ma non mi entusiasma molto a prescindere.
Gambit – Una truffa a regola d’arte
Reazione a caldo: la biografia di uno degli X-Men?
Bolla, rifletti!: ah no, trattasi del remake dell’omonimo film anni ’60, che vedeva protagonisti Michael Caine e Shirley MacLane!! Sono un’imbecille, e vabbé. Mah, normalmente un film scritto dai Coen e che vede come protagonisti Colin Firth, Cameron Diaz, Alan Rickman e Stanley Tucci sarebbe la mia prima scelta per la settimana, ma con roba come Gangster Squad e Zero Dark Thirty in programmazione purtroppo sono costretta a lasciarlo da parte. Peccato, perché le trame “truffaldine” non mi dispiacciono. Magari lo recupero prossimamente.
Zero Dark Thirty
Reazione a caldo: ah, che dilemma!
Bolla, rifletti!: premesso che andrò a vedere sicuramente Gangster Squad, questo Zero Dark Thirty mi turba. Adoro Jessica Chastain e il trailer del film mi intriga tantissimo, senza contare che domenica ci sono gli Oscar e Zero Dark Thirty è tra i nominati in diverse categorie, quindi per desiderio di conoscenza cinefila dovrei fiondarmi in sala. Però è l’argomento trattato che non mi ispira molto, un film interamente incentrato sulla caccia a Bin Laden non rientra troppo nelle mie corde, soprattutto in questo periodo. Devo pensarci su…
Beautiful Creatures – La sedicesima luna
Reazione a caldo: *sonora pernacchia*
Bolla, rifletti!: di questa pellicola ho già parlato qui e figuriamoci se non la facevano uscire subitissimo anche in Italia. Basta già Twilight, non serve che le sale siano invase anche dai surrogati. Lascio la visione di ‘sta robetta agli appassionati del genere fantasy-mollo e mi dedico ad altro.
E stavolta ho battuto sul tempo il cinema d’élite, che propone un film da me già visto, per fortuna!!
Re della terra selvaggia
Reazione a caldo: delizioso!!
Bolla, rifletti!: stavolta non vale perché ho già visto il film. Tra domani e dopo dovrei pubblicare la recensione, nel frattempo dico solo che Re della terra selvaggia è una fiaba avvincente e a suo modo tenera e commovente, con una bravissima piccola protagonista. Da non perdere!!
mercoledì 20 febbraio 2013
Bollalmanacco On Demand: Romanzo criminale (2005)
Dopo millemila mesi ecco tornare la rubrica dove chiunque può farmi vedere quello che gli pare, ovvero il Bollalmanacco On Demand. Oggi tocca alla blogger Tiziana beccarsi la recensione del film richiesto, quel Romanzo Criminale diretto nel 2005 da Michele Placido e tratto dall'omonimo romanzo di Giancarlo De Cataldo. La prossima pellicola On Demand sarà invece Il giorno della bestia di Áxel de la Iglesia, chiesto dall’horroromane Matteo.
Trama: nella Roma degli anni’70 un gruppo di delinquenti riesce a farsi strada nel mondo della mala e a diventare la banda criminale più potente e pericolosa della Capitale…
Ovviamente, stavolta partivo prevenuta. Mi è bastato leggere nei credits i nomi, a me abbastanza invisi, di Claudio Santamaria, Michele Placido, Stefano Accorsi e Riccardo Scamarcio per cominciare a sudare freddo e a maledire il giorno in cui ho tirato fuori 'sta malsana idea delle recensioni a richiesta. Alla vista della durata della pellicola (quasi tre ore!!) ho rischiato invece l'embolia. Per fortuna questa volta mi tocca ammettere l'errore e cospargere il capo di cenere: Romanzo Criminale ha tutte le carte in regola per rappresentare degnamente il buon cinema italiano e per una volta non sembra di guardare un prodotto televisivo anche se, lo ammetto, ho sentito spesso il riverbero inquietante e nostalgico de La piovra, tanto che mi sarei aspettata di veder spuntare in qualsiasi momento Tano Cariddi e il Commissario Cattani (che effettivamente ciccia fuori, ma in un altro ruolo). La fotografia in particolare è molto bella e la pellicola è curatissima sia per quanto riguarda la colonna sonora che per i costumi e le scenografie, ricche di quei piccoli dettagli in grado sia di collocare la vicenda in una determinata epoca sia di approfondire maggiormente la psicologia e il carattere dei personaggi (emblematica la rappresentazione delle abitazioni dei tre "capi" della banda, semplice e spartana quella del Freddo, tamarra e piena di oggetti kitsch e costosissimi quella del Dandi ed enorme ma impersonale quella di Libano). Molto interessante ed utile, inoltre, la scelta di mescolare al girato anche degli spezzoni di veri telegiornali, che innanzitutto contestualizzano "il romanzo" e poi contribuiscono a rendere ancor più verosimile la storia di questo gruppo di criminali, ispirata a quella della banda della Magliana.
Come dice il titolo, per quanto la trama della pellicola sia legata alla realtà ci troviamo comunque davanti ad un romanzo, appunto. Libano, il Dandi e il Freddo sono tre criminali troppo belli per essere veri (come dice peraltro una delle due protagoniste femminili all'altra), troppo carismatici e ripuliti nonostante il pesante accento romanazzo con cui si esprimono. E' per questo che, nel corso di Romanzo Criminale, ci troviamo spesso a parteggiare per loro e ad assecondare quasi l'idea romantica che spinge Libano e gli altri a dar vita alla banda, un'idea di libertà, di indipendenza, di conquista, il desiderio di elevarsi da un destino che relegherebbe questi giovani ad essere dei semplici impiegati, dei delinquentelli di strada, dei servitori. E' interessante vedere come spesso e volentieri questa "filosofia" di vita riesca quasi a cammuffare l'effettiva bassezza delle azioni compiute dalla banda e come purtroppo essa si ritrovi a cozzare con una realtà fatta di mafiosi, politici corrotti e oscuri burattinai dei servizi segreti, che alla fin fine offrono a Libano e soci solo l'illusione di essere liberi e potenti e sono sempre pronti a farli tornare brutalmente con i piedi per terra. Questo intersecarsi di registri diversi appassiona ed intriga, soprattutto perché i tre protagonisti principali sono delineati con una precisione e una delicatezza che raramente si trova nel cinema italiano moderno. Personalmente, ho molto apprezzato l'introduzione che ci mostra il primo, tragico crimine commesso dal trio di malviventi da ragazzini, perché racchiude già in sé quello che sarà il loro destino da adulti: Libano rimarrà per sempre lo scapestrato di buon cuore che rinuncerebbe a tutto per salvare i compagni, Freddo sarà sempre quello più distaccato e taciturno, il Dandi quello codardo, infantile e paraculo. Il fatto che i tre non cambino nel corso della pellicola fa capire quanto la loro ricerca della grandezza e della libertà sia viziata da ignoranza, preconcetti e da un distorto codice d'onore, un trittico letale che non riuscirà a far fronte allo sterminato nugolo di parassiti, nemici e profittatori che gravita loro attorno.
Appurata quindi la bontà della trama e del film in sé, passo a spendere due parole sull'aspetto che mi inquietava di più a inizio visione, ovvero gli attori. Di Pierfrancesco Favino non posso che dire bene e non solo perché è un figo pazzesco in grado di ottenebrare il mio giudizio ad ogni comparsa, ma anche per il modo in cui riesce ad interpretare un personaggio sfaccettato e complesso come il Libano senza renderlo odioso. Bravissimi anche Kim Rossi Stuart e Claudio Santamaria, ognuno a modo loro, e molto validi anche i personaggi di contorno, a partire dalla femme fatale Cinzia, interpretati da caratteristi che riescono a non trasformare dei criminali borgatari, ignoranti e burini in macchiette kitsch di cui ridere a crepapelle. Ovviamente, in mezzo a tanta dignitosa professionalità (non necessariamente bravura) spunta anche una mosca bianca; nella fattispecie il solito, mollo, inguardabile Stefano Accorsi che con la sua floscia e inespressiva interpretazione di un personaggio importante come il commissario Scialoja rischia più volte di far sprofondare il livello di Romanzo Criminale dal bello all'insopportabile. Pericolosamente sotto il livello di guardia anche la zuccherosissima e tediosa Roberta di Jasmine Trinca, l'unica cretinetti che per quasi tutto il film si beve le bugie del Freddo senza sospettare minimamente la reale natura della sua attività, fissandolo con quell'atteggiamento da Madonnina infilzata che farebbe perder la pazienza a un santo. Mi si dice comunque che gli attori ingaggiati per la serie tratta da Romanzo Criminale siano due spanne sopra, quindi a questi punti mi dichiaro MOLTO incuriosita. Nel frattempo, ringrazio Tiziana per avermi "costretta" a ricordare che il cinema italiano può offrire ancora dei prodotti validi e vi invito a guardare, se non lo avete ancora fatto, questo pregevole Romanzo Criminale.
Di Pierfrancesco Favino (Libano), Claudio Santamaria (il Dandi), Gianmarco Tognazzi (Carenza) ed Elio Germano (il Sorcio) ho già parlato ai rispettivi link.
Michele Placido è il regista della pellicola, inoltre interpreta il padre del Freddo. Forse più famoso come attore che come regista, in quest’ultima veste ha firmato film come Le amiche del cuore, Del perduto amore, Un viaggio chiamato amore, Ovunque sei e Vallanzasca – Gli angeli del male. Originario della Puglia, anche sceneggiatore e produttore, ha 66 anni.
Kim Rossi Stuart interpreta il Freddo. Romano, idolo della mia infanzia scellerata per il ruolo del bel Romualdo nella serie Fantaghirò, lo ricordo anche per film come Il nome della rosa, Il ragazzo dal kimono d’oro, Il ragazzo dal kimono d’oro 2, Il rosso e il nero, Pinocchio e Vallanzasca – Gli angeli del male. Anche sceneggiatore e regista, ha 43 anni.
Stefano Accorsi interpreta il commissario Scialoja. Non faccio mistero di quanto non sopporti quest’attore, tra i più sopravvalutati in assoluto, mi limito a segnalare la sua partecipazione a film come Jack Frusciante è uscito dal gruppo, Vesna va veloce, Radiofreccia, L’ultimo bacio, Le fate ignoranti, La stanza del figlio, Santa Maradona, Un viaggio chiamato amore, Baciami ancora e la recentissima serie tv Il clan dei camorristi. Bolognese, ha 41 anni e un film in uscita.
Riccardo Scamarcio interpreta il Nero. Altro attore il cui successo è per me assolutamente incomprensibile, ha partecipato a film come La meglio gioventù, Tre metri sopra il cielo, Manuale d’amore 2, Mio fratello è figlio unico e Manuale d’am3re. Pugliese, anche produttore, ha 33 anni e quattro film in uscita.
Antonello Fassari interpreta Ciro Buffoni. Romano, è tornato alla ribalta in questi ultimi anni per il suo ruolo nella serie I Cesaroni e ha partecipato a film come Montecarlo gran casinò, Il conte Max, Selvaggi e ad altre serie come I ragazzi della 3 C, Anni ’50 e Don Matteo. Anche sceneggiatore e regista, ha 60 anni.
Tra gli altri interpreti segnalo anche la presenza di Roberto Brunetti, alias Er Patata, nei panni di Aldo Buffoni. Del film esistono un paio di versioni: in quella tagliata sono stati omessi i riferimenti al ritrovamento di Aldo Moro e un discorso di Berlusconi, che peraltro pare sia stato censurato anche durante il passaggio di Romanzo Criminale sulle reti Mediaset. Rimanendo in ambito televisivo, la pellicola ha dato origine, nel 2008, a Romanzo Criminale – La serie, durata per due stagioni e interpretata, come già detto nel post, da attori completamente diversi. Pare sia molto meglio del film, quindi urge pronto recupero!! ENJOY!
Trama: nella Roma degli anni’70 un gruppo di delinquenti riesce a farsi strada nel mondo della mala e a diventare la banda criminale più potente e pericolosa della Capitale…
Ovviamente, stavolta partivo prevenuta. Mi è bastato leggere nei credits i nomi, a me abbastanza invisi, di Claudio Santamaria, Michele Placido, Stefano Accorsi e Riccardo Scamarcio per cominciare a sudare freddo e a maledire il giorno in cui ho tirato fuori 'sta malsana idea delle recensioni a richiesta. Alla vista della durata della pellicola (quasi tre ore!!) ho rischiato invece l'embolia. Per fortuna questa volta mi tocca ammettere l'errore e cospargere il capo di cenere: Romanzo Criminale ha tutte le carte in regola per rappresentare degnamente il buon cinema italiano e per una volta non sembra di guardare un prodotto televisivo anche se, lo ammetto, ho sentito spesso il riverbero inquietante e nostalgico de La piovra, tanto che mi sarei aspettata di veder spuntare in qualsiasi momento Tano Cariddi e il Commissario Cattani (che effettivamente ciccia fuori, ma in un altro ruolo). La fotografia in particolare è molto bella e la pellicola è curatissima sia per quanto riguarda la colonna sonora che per i costumi e le scenografie, ricche di quei piccoli dettagli in grado sia di collocare la vicenda in una determinata epoca sia di approfondire maggiormente la psicologia e il carattere dei personaggi (emblematica la rappresentazione delle abitazioni dei tre "capi" della banda, semplice e spartana quella del Freddo, tamarra e piena di oggetti kitsch e costosissimi quella del Dandi ed enorme ma impersonale quella di Libano). Molto interessante ed utile, inoltre, la scelta di mescolare al girato anche degli spezzoni di veri telegiornali, che innanzitutto contestualizzano "il romanzo" e poi contribuiscono a rendere ancor più verosimile la storia di questo gruppo di criminali, ispirata a quella della banda della Magliana.
Come dice il titolo, per quanto la trama della pellicola sia legata alla realtà ci troviamo comunque davanti ad un romanzo, appunto. Libano, il Dandi e il Freddo sono tre criminali troppo belli per essere veri (come dice peraltro una delle due protagoniste femminili all'altra), troppo carismatici e ripuliti nonostante il pesante accento romanazzo con cui si esprimono. E' per questo che, nel corso di Romanzo Criminale, ci troviamo spesso a parteggiare per loro e ad assecondare quasi l'idea romantica che spinge Libano e gli altri a dar vita alla banda, un'idea di libertà, di indipendenza, di conquista, il desiderio di elevarsi da un destino che relegherebbe questi giovani ad essere dei semplici impiegati, dei delinquentelli di strada, dei servitori. E' interessante vedere come spesso e volentieri questa "filosofia" di vita riesca quasi a cammuffare l'effettiva bassezza delle azioni compiute dalla banda e come purtroppo essa si ritrovi a cozzare con una realtà fatta di mafiosi, politici corrotti e oscuri burattinai dei servizi segreti, che alla fin fine offrono a Libano e soci solo l'illusione di essere liberi e potenti e sono sempre pronti a farli tornare brutalmente con i piedi per terra. Questo intersecarsi di registri diversi appassiona ed intriga, soprattutto perché i tre protagonisti principali sono delineati con una precisione e una delicatezza che raramente si trova nel cinema italiano moderno. Personalmente, ho molto apprezzato l'introduzione che ci mostra il primo, tragico crimine commesso dal trio di malviventi da ragazzini, perché racchiude già in sé quello che sarà il loro destino da adulti: Libano rimarrà per sempre lo scapestrato di buon cuore che rinuncerebbe a tutto per salvare i compagni, Freddo sarà sempre quello più distaccato e taciturno, il Dandi quello codardo, infantile e paraculo. Il fatto che i tre non cambino nel corso della pellicola fa capire quanto la loro ricerca della grandezza e della libertà sia viziata da ignoranza, preconcetti e da un distorto codice d'onore, un trittico letale che non riuscirà a far fronte allo sterminato nugolo di parassiti, nemici e profittatori che gravita loro attorno.
Appurata quindi la bontà della trama e del film in sé, passo a spendere due parole sull'aspetto che mi inquietava di più a inizio visione, ovvero gli attori. Di Pierfrancesco Favino non posso che dire bene e non solo perché è un figo pazzesco in grado di ottenebrare il mio giudizio ad ogni comparsa, ma anche per il modo in cui riesce ad interpretare un personaggio sfaccettato e complesso come il Libano senza renderlo odioso. Bravissimi anche Kim Rossi Stuart e Claudio Santamaria, ognuno a modo loro, e molto validi anche i personaggi di contorno, a partire dalla femme fatale Cinzia, interpretati da caratteristi che riescono a non trasformare dei criminali borgatari, ignoranti e burini in macchiette kitsch di cui ridere a crepapelle. Ovviamente, in mezzo a tanta dignitosa professionalità (non necessariamente bravura) spunta anche una mosca bianca; nella fattispecie il solito, mollo, inguardabile Stefano Accorsi che con la sua floscia e inespressiva interpretazione di un personaggio importante come il commissario Scialoja rischia più volte di far sprofondare il livello di Romanzo Criminale dal bello all'insopportabile. Pericolosamente sotto il livello di guardia anche la zuccherosissima e tediosa Roberta di Jasmine Trinca, l'unica cretinetti che per quasi tutto il film si beve le bugie del Freddo senza sospettare minimamente la reale natura della sua attività, fissandolo con quell'atteggiamento da Madonnina infilzata che farebbe perder la pazienza a un santo. Mi si dice comunque che gli attori ingaggiati per la serie tratta da Romanzo Criminale siano due spanne sopra, quindi a questi punti mi dichiaro MOLTO incuriosita. Nel frattempo, ringrazio Tiziana per avermi "costretta" a ricordare che il cinema italiano può offrire ancora dei prodotti validi e vi invito a guardare, se non lo avete ancora fatto, questo pregevole Romanzo Criminale.
Di Pierfrancesco Favino (Libano), Claudio Santamaria (il Dandi), Gianmarco Tognazzi (Carenza) ed Elio Germano (il Sorcio) ho già parlato ai rispettivi link.
Michele Placido è il regista della pellicola, inoltre interpreta il padre del Freddo. Forse più famoso come attore che come regista, in quest’ultima veste ha firmato film come Le amiche del cuore, Del perduto amore, Un viaggio chiamato amore, Ovunque sei e Vallanzasca – Gli angeli del male. Originario della Puglia, anche sceneggiatore e produttore, ha 66 anni.
Kim Rossi Stuart interpreta il Freddo. Romano, idolo della mia infanzia scellerata per il ruolo del bel Romualdo nella serie Fantaghirò, lo ricordo anche per film come Il nome della rosa, Il ragazzo dal kimono d’oro, Il ragazzo dal kimono d’oro 2, Il rosso e il nero, Pinocchio e Vallanzasca – Gli angeli del male. Anche sceneggiatore e regista, ha 43 anni.
Stefano Accorsi interpreta il commissario Scialoja. Non faccio mistero di quanto non sopporti quest’attore, tra i più sopravvalutati in assoluto, mi limito a segnalare la sua partecipazione a film come Jack Frusciante è uscito dal gruppo, Vesna va veloce, Radiofreccia, L’ultimo bacio, Le fate ignoranti, La stanza del figlio, Santa Maradona, Un viaggio chiamato amore, Baciami ancora e la recentissima serie tv Il clan dei camorristi. Bolognese, ha 41 anni e un film in uscita.
Riccardo Scamarcio interpreta il Nero. Altro attore il cui successo è per me assolutamente incomprensibile, ha partecipato a film come La meglio gioventù, Tre metri sopra il cielo, Manuale d’amore 2, Mio fratello è figlio unico e Manuale d’am3re. Pugliese, anche produttore, ha 33 anni e quattro film in uscita.
Antonello Fassari interpreta Ciro Buffoni. Romano, è tornato alla ribalta in questi ultimi anni per il suo ruolo nella serie I Cesaroni e ha partecipato a film come Montecarlo gran casinò, Il conte Max, Selvaggi e ad altre serie come I ragazzi della 3 C, Anni ’50 e Don Matteo. Anche sceneggiatore e regista, ha 60 anni.
Tra gli altri interpreti segnalo anche la presenza di Roberto Brunetti, alias Er Patata, nei panni di Aldo Buffoni. Del film esistono un paio di versioni: in quella tagliata sono stati omessi i riferimenti al ritrovamento di Aldo Moro e un discorso di Berlusconi, che peraltro pare sia stato censurato anche durante il passaggio di Romanzo Criminale sulle reti Mediaset. Rimanendo in ambito televisivo, la pellicola ha dato origine, nel 2008, a Romanzo Criminale – La serie, durata per due stagioni e interpretata, come già detto nel post, da attori completamente diversi. Pare sia molto meglio del film, quindi urge pronto recupero!! ENJOY!
martedì 19 febbraio 2013
Al di là della vita (1999)
Parlare dei miei autori preferiti è contemporaneamente un piacere ed una sfida. Oggi tocca al divino Martin Scorsese, che nel 1999 dirigeva questo particolarissimo Al di là della vita (Bringing Out the Dead), tratto dall'omonimo romanzo di Joe Connelly.
Trama: Frank è un paramedico perseguitato dai fantasmi delle persone che non è riuscito a salvare. Privato del sonno e carico di alcool ed altre sostanze, non sarà facile per il povero Frank superare i turni di notte sull'ambulanza e mantenere il contatto con la realtà...
Scorsese nella sua veneranda e venerabile carriera ne ha girati di film strani... ma Al di là della vita è forse uno dei più particolari. A suo modo grottesco e allucinante come potevano essere Fuori Orario e Taxi Driver, ma allo stesso tempo più maturo e "pulito", già sulla strada che avrebbe portato ad altri lavori forse meno personali come quelli più recenti, Al di là della vita si mantiene in equilibrio tra queste due fasi della carriera di Marty e si conferma, almeno dal mio punto di vista, una sorta di mosca bianca da riguardare ed apprezzare a poco a poco. Per quanto riguarda la regia, la fotografia e il montaggio, posso tranquillamente parlare di capolavoro: l'odissea di Frank è un delirio di immagini rallentate, accellerate all'improvviso, scandite da musica "nera", con prospettive ribaltate, scene oniriche e contorni sgranati che conferiscono alla pellicola un'aria a tratti allucinata e a tratti quasi religiosa, soprattutto nei momenti in cui le immacolate divise degli infermieri si animano di una bianca luce soffusa.
La stessa vicenda di Frank assomiglia, mi si perdoni il paragone, a quella di un Cristo moderno. Il protagonista di Al di là della vita percorre una sorta di via crucis nelle strade di una caotica e pericolosa Manhattan, dividendo il suo cammino verso la salvezza in tre "tappe" che corrispondono a tre giorni e tre colleghi diversi: il primo giorno con il pragmatico Larry, dei tre il più cinico e coi piedi ben piantati in terra, il secondo giorno con il religioso e filosofico Marcus e il terzo con il folle Tom, bramoso di sangue e violenza. Perseguitato dai fantasmi e dal senso di impotenza, consapevole di non avere la facoltà di salvare tutte le vittime della strada e per questo schiacciato dalla responsabilità, il povero Frank si ritrova come sballottato, inerme e confuso davanti a questi modi così diversi di affrontare la vita e la morte, allo stesso tempo comprensibili ed alieni. Unica ancora di salvezza dal caos che alberga nella vita e nella città del paramedico è Mary, che il protagonista idealizzerà fin dall'inizio del film. Più Maddalena che Maria, la ragazza, con tutti i suoi difetti, diventerà emblema di purezza e pace per Frank, che per tutto il film cercherà di starle accanto e confortarla dopo i frequenti malori del padre, anche a costo di far soffrire quest'ultimo e tenerlo in vita contro la sua volontà. Soltanto nel finale il protagonista imparerà che la salvezza e la pace risiedono anche nella morte e che un medico non potrà mai essere Dio: pensarlo, vivere come una colpa ogni vita persa e ogni intervento andato male porta soltanto alla follia e all'impossibilità di avere un'esistenza serena.
Probabilmente ho sproloquiato, ma per parlare della poetica di Scorsese servirebbe un esperto di cinema, cosa che io non sono. Passiamo dunque, molto più prosaicamente, agli attori. E partiamo dal protagonista, uno stupendo Nicolas Cage. Con quella faccia perennemente strafatta, moscia, inespressiva, è assolutamente perfetto per il ruolo dell'allucinato Frank, preda delle visioni, della stanchezza e dell'alcool. Davanti al folle Nicolas tutti gli altri attori, persino John Goodman, scompaiono. E i duetti con Patricia Arquette sono contemporaneamente dolcissimi e grotteschi, con lui che cerca palesemente di conquistarla (a modo suo, ovviamente) e lei che giustamente è preoccupata solo per suo padre. La brava Patricia, col la sua voce particolare e quell'aspetto innocente che nasconde un passato poco pulito è l'interprete ideale per un personaggio ambiguo come quello di Mary e la fanciulla si riconferma una delle mie attrici preferite. Lascio a voi il piacere (o la pazienza, se avete voglia di leggere ancora un po') di scoprire gli altri ottimi attori che arricchiscono questo splendido film. Una pellicola non per tutti i gusti, sicuramente, ma che non dispiacerà ai fan di Scorsese e a quanti vogliano godersi un'interessante opera d'autore.
Del regista Martin Scorsese (che si nasconde anche dietro una delle voci che comunicano via radio con i paramedici) ho parlato qui. Nicolas Cage (Frank Pierce), John Goodman (Larry), Ving Rhames (Marcus) e Queen Latifah (la voce di Love) li trovate invece ai rispettivi link.
Patricia Arquette interpreta Mary Burke. Sicuramente una delle mie attrici preferite, la ricordo per film come Nightmare 3: I guerrieri del sogno, il meraviglioso Una vita al massimo, Ed Wood, L’agente segreto, Strade perdute, Nightwatch – Il guardiano di notte, Stigmate e per la serie Medium. Americana, anche regista, ha 44 anni e quattro film in uscita.
Tom Sizemore (vero nome Thomas Edward Sizemore Jr.) interpreta Tom Wolls. Americano, lo ricordo per film come Nato il quattro luglio, Una vita al massimo, Assassini nati, Heat – la sfida, Relic – l’evoluzione del terrore, Salvate il soldato Ryan, Nemico pubblico, Pearl Harbor e L’acchiappasogni, inoltre ha anche partecipato alla serie CSI: Miami. Anche produttore, sceneggiatore e regista, ha 51 anni e ben diciassette film in uscita.
Segnalo anche la presenza nel cast del cantante Marc Anthony (il tossico Noel), ex marito di Jennifer Lopez, e di Aida Turturro, che amo ricordare come odiosa sorella del boss Tony Soprano, nei panni dell’infermiera Crupp. Per concludere, se Al di là della vita vi è piaciuto consiglio la visione di Taxi Driver, sempre di Scorsese. ENJOY!
Trama: Frank è un paramedico perseguitato dai fantasmi delle persone che non è riuscito a salvare. Privato del sonno e carico di alcool ed altre sostanze, non sarà facile per il povero Frank superare i turni di notte sull'ambulanza e mantenere il contatto con la realtà...
Scorsese nella sua veneranda e venerabile carriera ne ha girati di film strani... ma Al di là della vita è forse uno dei più particolari. A suo modo grottesco e allucinante come potevano essere Fuori Orario e Taxi Driver, ma allo stesso tempo più maturo e "pulito", già sulla strada che avrebbe portato ad altri lavori forse meno personali come quelli più recenti, Al di là della vita si mantiene in equilibrio tra queste due fasi della carriera di Marty e si conferma, almeno dal mio punto di vista, una sorta di mosca bianca da riguardare ed apprezzare a poco a poco. Per quanto riguarda la regia, la fotografia e il montaggio, posso tranquillamente parlare di capolavoro: l'odissea di Frank è un delirio di immagini rallentate, accellerate all'improvviso, scandite da musica "nera", con prospettive ribaltate, scene oniriche e contorni sgranati che conferiscono alla pellicola un'aria a tratti allucinata e a tratti quasi religiosa, soprattutto nei momenti in cui le immacolate divise degli infermieri si animano di una bianca luce soffusa.
La stessa vicenda di Frank assomiglia, mi si perdoni il paragone, a quella di un Cristo moderno. Il protagonista di Al di là della vita percorre una sorta di via crucis nelle strade di una caotica e pericolosa Manhattan, dividendo il suo cammino verso la salvezza in tre "tappe" che corrispondono a tre giorni e tre colleghi diversi: il primo giorno con il pragmatico Larry, dei tre il più cinico e coi piedi ben piantati in terra, il secondo giorno con il religioso e filosofico Marcus e il terzo con il folle Tom, bramoso di sangue e violenza. Perseguitato dai fantasmi e dal senso di impotenza, consapevole di non avere la facoltà di salvare tutte le vittime della strada e per questo schiacciato dalla responsabilità, il povero Frank si ritrova come sballottato, inerme e confuso davanti a questi modi così diversi di affrontare la vita e la morte, allo stesso tempo comprensibili ed alieni. Unica ancora di salvezza dal caos che alberga nella vita e nella città del paramedico è Mary, che il protagonista idealizzerà fin dall'inizio del film. Più Maddalena che Maria, la ragazza, con tutti i suoi difetti, diventerà emblema di purezza e pace per Frank, che per tutto il film cercherà di starle accanto e confortarla dopo i frequenti malori del padre, anche a costo di far soffrire quest'ultimo e tenerlo in vita contro la sua volontà. Soltanto nel finale il protagonista imparerà che la salvezza e la pace risiedono anche nella morte e che un medico non potrà mai essere Dio: pensarlo, vivere come una colpa ogni vita persa e ogni intervento andato male porta soltanto alla follia e all'impossibilità di avere un'esistenza serena.
Probabilmente ho sproloquiato, ma per parlare della poetica di Scorsese servirebbe un esperto di cinema, cosa che io non sono. Passiamo dunque, molto più prosaicamente, agli attori. E partiamo dal protagonista, uno stupendo Nicolas Cage. Con quella faccia perennemente strafatta, moscia, inespressiva, è assolutamente perfetto per il ruolo dell'allucinato Frank, preda delle visioni, della stanchezza e dell'alcool. Davanti al folle Nicolas tutti gli altri attori, persino John Goodman, scompaiono. E i duetti con Patricia Arquette sono contemporaneamente dolcissimi e grotteschi, con lui che cerca palesemente di conquistarla (a modo suo, ovviamente) e lei che giustamente è preoccupata solo per suo padre. La brava Patricia, col la sua voce particolare e quell'aspetto innocente che nasconde un passato poco pulito è l'interprete ideale per un personaggio ambiguo come quello di Mary e la fanciulla si riconferma una delle mie attrici preferite. Lascio a voi il piacere (o la pazienza, se avete voglia di leggere ancora un po') di scoprire gli altri ottimi attori che arricchiscono questo splendido film. Una pellicola non per tutti i gusti, sicuramente, ma che non dispiacerà ai fan di Scorsese e a quanti vogliano godersi un'interessante opera d'autore.
Del regista Martin Scorsese (che si nasconde anche dietro una delle voci che comunicano via radio con i paramedici) ho parlato qui. Nicolas Cage (Frank Pierce), John Goodman (Larry), Ving Rhames (Marcus) e Queen Latifah (la voce di Love) li trovate invece ai rispettivi link.
Patricia Arquette interpreta Mary Burke. Sicuramente una delle mie attrici preferite, la ricordo per film come Nightmare 3: I guerrieri del sogno, il meraviglioso Una vita al massimo, Ed Wood, L’agente segreto, Strade perdute, Nightwatch – Il guardiano di notte, Stigmate e per la serie Medium. Americana, anche regista, ha 44 anni e quattro film in uscita.
Tom Sizemore (vero nome Thomas Edward Sizemore Jr.) interpreta Tom Wolls. Americano, lo ricordo per film come Nato il quattro luglio, Una vita al massimo, Assassini nati, Heat – la sfida, Relic – l’evoluzione del terrore, Salvate il soldato Ryan, Nemico pubblico, Pearl Harbor e L’acchiappasogni, inoltre ha anche partecipato alla serie CSI: Miami. Anche produttore, sceneggiatore e regista, ha 51 anni e ben diciassette film in uscita.
Segnalo anche la presenza nel cast del cantante Marc Anthony (il tossico Noel), ex marito di Jennifer Lopez, e di Aida Turturro, che amo ricordare come odiosa sorella del boss Tony Soprano, nei panni dell’infermiera Crupp. Per concludere, se Al di là della vita vi è piaciuto consiglio la visione di Taxi Driver, sempre di Scorsese. ENJOY!
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