La scorsa settimana sono riuscita ad andare a Torino un paio di giorni per godermi, dopo due anni di stop da Covid, l'adorato ToHorror Fantastic Film Fest. L'edizione è stata molto ricca sia di film che di eventi, soprattutto a tema fumettistico, con un paio di anteprime niente male tra cui Terrifier 2, che merita un post a parte, e parecchi film in concorso che, in tutta onestà, non mi hanno entusiasmata quanto avrei voluto, salvo un paio. Colgo l'occasione per segnalarvi altre due pellicole meritevoli viste al Festival, che non rientreranno in questo riassuntone perché verranno di sicuro distribuite su ampia scala, quindi ne parlerò a tempo debito: Mandrake, che arriverà il 10 novembre su Shudder, e A Wounded Fawn, che uscirà sulla stessa piattaforma credo verso fine anno. Ma bando alle ciance e cominciamo il riassuntone... ENJOY!
Directamente para video (Emilio Silva Torres, 2021)
Il primo film visto durante la rassegna è stato un documentario che mi ha attirata per la sua natura di "docufiction". Partendo dalla ricerca reale di informazioni su un oscuro film uruguayano straight-to-video, Acto de violencia en una joven periodista, il regista imbastisce una trama che, a un certo punto, sfocia nell'inquietante sospetto di una maledizione legata al film e, soprattutto, al suo enigmatico ed irrintracciabile regista, Manuel Lamas. Ora, è vero che io non amo particolarmente i documentari, ma Directamente para video risulta molto interessante nella parte in cui effettivamente compie ricerche sul "The Room uruguayano dei thriller" e ne alimenta lo status di cult, tanto che mi verrebbe voglia di cercarlo e guardarlo, ma l'ho trovato assai floscio per quanto riguarda la parte fiction, che dovrebbe inquietare lo spettatore ma ha alimentato solo la mia voglia di fare la nanna.
Skinamarink (Kyle Edward Ball, 2022) - Vincitore del premio ufficiale come miglior lungometraggio
L'anno scorso avevo odiato il vincitore Midnight in a Perfect World e mi duole riconfermare, anche per questa edizione, la perplessità di fronte all'amore della giuria ufficiale per i film ambientati in luoghi bui, con sequenze che si ripetono all'infinito e una trama che si trascina, trasformando una pellicola da un'ora e mezza in un mattone di tre ore. Il regista, tramite un videomessaggio proiettato prima del film, ci ha ASSICURATO che non avremo dormito la notte, io tornata in hotel ho fatto una tirata unica neanche avessi preso della melatonina, ma Skinamarink l'ho guardato bene, senza addormentarmi: suggestivo, con un'ottima intuizione iniziale, inquietantissimo a livello di soggetto e con qualche jump scare ben piazzato, ma perdonami ciccio se al ventesimo spezzone di cartone animato ripetuto in loop, alla quarantesima ripresa dei Lego dei pargoli protagonisti, alla millesima inquadratura dell'angolo a destra in alto della sala da pranzo, mi sono spaccata i marroni. Ottima cosa il cinema sperimentale, ma pensate anche un po' agli ignoranti!
Syk Pike (Kristoffer Borgli, 2022) - Vincitore del premio del pubblico al miglior lungometraggio
Per l'appunto, il pubblico ignorante, me in primis, è stato conquistato da questa commedia nera norvegese, che probabilmente farebbe la gioia di tutti quelli che hanno odiato la protagonista de La persona peggiore del mondo. Il film verte sul desiderio perverso della giovane Signe, fidanzata di un artista narcisista, di essere sempre e comunque al centro dell'attenzione, cosa che la porta a fingere malattie sempre più estreme e, infine, ad assumere una droga russa dagli effetti devastanti per il suo fisico. Coloratissimo, scorretto, tristemente attuale e spietato, Syk Pike scava nella nostra società dove è importante solo fare parlare di sé, avere successo a tutti i costi (anche facendo schifo) e comunicare con gli sconosciuti, più che con gli amici e la famiglia (trattati comunque alla stregua di un pubblico), perché la nostra vita abbia finalmente un senso. Lo fa grazie all'ausilio di una protagonista bravissima, adorabilmente odiosa, e a parecchie scene surreali e girate benissimo. Pregate perché questo gioiellino venga distribuito da qualche parte! (Midnight Factory? Sto parlando con te!)
Megalomaniac (Karim Ouelhaj, 2022)
Il ritorno sporco e cattivo della new extremity d'oltralpe in un film belga che, partendo dalla storia vera del Macellaio di Mons, serial killer mai catturato, segue le vicende dei figli fittizi e imbastisce una trama fatta di squallore, sopraffazione, malattia mentale e predestinazione. Attraverso una fotografia e una regia elegantissime, Megalomaniac ci immerge nello schifo quotidiano vissuto da personaggi vinti, inquietando lo spettatore non tanto attraverso le abbondanti splatterate compiute da un killer che parrebbe un mix tra Klaus Kinski e Brad Dourif, comunque notevoli, quanto piuttosto attraverso gli occhi spiritati ed onnipresenti del terrificante Macellaio, che parrebbe vedere ciò che i personaggi sono troppo ciechi per scorgere e, a mo' di burattinaio demoniaco, li porta ad affrontare un destino spaventoso. Anche Megalomaniac merita una visione e una distribuzione, anche se rispetto a Syk Pike potrebbe essere un prodotto destinato più agli amanti dell'horror tout court. Anche lì, speriamo che la Midnight mi legga!
Landlocked (Paul Owens, 2022)
Altro esempio di docufiction, che questa volta parte da film casalinghi appartenuti al padre del regista e si sviluppa nella ricerca del passato del protagonista, affamato di ricordi da immortalare su una cinepresa "particolare" prima che la sua casa d'infanzia venga distrutta. Lodevole l'idea e l'intento, fiacchissima la realizzazione, che rallenta a livelli estenuanti il ritmo del film e, spesso, rende alcune sequenze incomprensibili. Ottimo come rimedio per l'insonnia, comunque.
Devil's Residents (Katsumi Sasaki, 2022)
Mai sfidare un'appassionata di lingue, potrebbe aprire un ginepraio. Ero curiosa di capire quale fosse il titolo originale di questo horroretto giapponese che, fin dall'inizio, mi ha dato l'idea di un prodotto derivativo, nella misura in cui mi parevano mancare dei pezzi. E' così, in effetti. "Proprietà invendibili: Residenti terrificanti" è il secondo capitolo di una saga iniziata nel 2020 per mano nientemeno che di Hideo Nakata e tratta da un romanzo di non-fiction il cui titolo originale suona più o meno come "Proprietà invendibili: Planimetrie spaventose", che ovviamente raccoglie storie vere di persone che hanno vissuto in luoghi infestati. Non ho guardato il primo film e non so se Devil's Residents sia collegato in qualche modo alla pellicola di Nakata, ma di sicuro so che il brusco finale è facilmente spiegato dall'imminente uscita di "Proprietà invendibili: Annientamento", il capitolo successivo della saga, sempre diretto da Katsumi Sasaki. A prescindere da questo sproloquio, adesso ho capito perché Devil's Residents, pur simpatico e con un paio di scene splatter gradevolissime, mi è sembrato un prodottino dimenticabile e neppure tanto ben realizzato, quasi uno straight to video.
All Jacked Up and Full of Worms (Alex Phillips, 2022)
Tu vuo' fa' John Waters prima maniera e Jim Muro ma sei nato nel 2022, ovvero l'anno sbagliato per girare una trashata a base di gente scema che fa cose schifose (come per esempio farsi di vermi o farsi le pippe davanti a una bambola gonfiabile a forma di neonato) senza un motivo plausibile. Il disagio esistenziale, se di questo si vuol parlare, o il film "punk", se questo voleva essere, non si esprimono con la fotografia pulitina e gli attori impostati, montando ad arte un finto senso di disgusto in un'epoca in cui si è già visto di tutto, suvvia. Complimenti però per avere realizzato quello che per me è stato il film più brutto del festival (Ah, scopro ora che la tizia che orgasma sfruttando le tecniche più assurde di meditazione prima e i vermi poi, era la stessa che in quell'orrore di The Scary of Sixty-First si infilava nella patata le foto di Andrea di York. Ora tutto ha più senso).
Polaris (Kirsten Carthew, 2022)
Polaris è un film delizioso, che se non fosse per le scene gore sarebbe perfetto per un pubblico di giovanissimi, visto che è la versione post-apocalittica di Chobin, con una ragazzina cresciuta da un orso al posto dell'alieno salterino. Il setting canadese, gelido ed innevato, è perfetto e suggestivo, la giovane protagonista ha talmente tanta cazzimma che al confronto persino Amber Midthunder è molla come la panissa, ed è interessante l'idea di scrivere i dialoghi in un mix di linguaggio inventato e suoni primordiali come ringhi ed urla. Ho solo una domanda: ma la Power Ranger di colore chiusa nella capsula chi diamine è e perché è così importante per la protagonista?
Il cameraman e l'assassino (Rémy Belvaux, André Bonzel e Benoît Poelvoorde, 1992)
Chiude questo lunghissimo post riepilogativo un film che ha fatto scuola e storia e che io, da brava bestia, non conoscevo. QUESTO è un mockumentary fatto bene, caustico e cattivo, che parla del progressivo distacco morale di una troupe dalle azioni aberranti del soggetto delle loro riprese, il ciarliero serial killer Ben. Emblema del significato letterale di "fascino del male", l'incredibile Ben di Benoît Poelvoorde spadroneggia dall'inizio alla fine di un film che è satira sociale, triste specchio del potere dei media, dramma, horror e commedia tutto in uno. Se non lo avete mai guardato fatelo, merita davvero: non mi sembrava il caso di scrivere un post intero perché ero stanchissima durante la visione e non l'ho guardato con l'attenzione che meritava, ma la voglia di rivederlo e parlarne seriamente e bene c'è. Intanto, datemi retta e recuperatelo!