venerdì 29 dicembre 2023

Bolla's Top 5 - Best of 2023

Benvenuti all'ultimo post dell'anno, quello in cui parliamo di quanto di buono ci ha lasciato il 2023. Non chiedetemi perché, ma ho trovato molte difficoltà a redigere questa classifica in quanto, a differenza dell'anno scorso, non ho trovato un film che mi abbia fatto esplodere il cuore. Questo non perché siano uscite opere mediocri, affatto, anzi, la lista di opere splendide era bella lunga, ma probabilmente il 2023 è stato per me un anno di "stanca" anche a livello cinematografico e non sono riuscita a farmi coinvolgere al 100% da nulla di ciò che ho visto. Speriamo che il 2024 vada meglio, in tutti i sensi, nel frattempo ecco la mia piccola, opinabilissima Top 5 di film non horror! Augurissimi!!!

5. The Quiet Girl

Non ve lo aspettavate, eh? Nemmeno io, sono sincera, ma mi sono ritrovata a consigliare spesso, nel corso dell'anno, questo piccolo dramma irlandese e a ricordare le lacrime spese davanti al visetto delizioso della protagonista, quindi il quinto posto è suo di diritto!


4. Nimona

Non conoscevo l'opera da cui è tratto, ma il cartone mi ha conquistata per il design, la vivacità della protagonista, l'animazione eccelsa e la trama non scontata. Val la pena avere Netflix solo per gustarselo in loop!


3. Killers of the Flower Moon

Solo terzo in classifica ma Martin sempre ben saldo al primo posto nel mio cuore. Solo lui può unire commovente epica e grottesco cinismo, scavando con la lucidità di un ventenne nell'animo nero dell'America, senza mai dimenticarsi di fare grandissimo Cinema.


2. Barbie

Eh sì, l'Algida Stronza(tm) ha superato Scorsese. Più dell'Algida, comunque, mi ha conquistata Ken, la sua triste battaglia contro l'anonimato, la sua goffa rivalsa, le sue esilaranti canzoni.. e poi, tutto quel rosa e quel Ken Sugar Daddy, insomma. It's Kenough per avere il secondo posto.


1. Babylon

Scommetto che non vi aspettavate nemmeno questo. E invece. Babylon è l'unico film di quest'anno che non riesco a levarmi dalla testa, che vorrei rivedere, di cui ricordo ancora melodie e sequenze, che mi ha divertita e commossa in egual misura. Mi ha riconciliata con Chazelle quando l'ha fatto odiare a mezzo mondo, il che è allucinante visto quanto poco mi aveva detto La La Land!


E ora veniamo all'horror! Anche in questo caso, nessun colpo di fulmine ma tante belle cose che meritano almeno una visione e che riguarderò sicuramente nei prossimi anni, magari per godermele di più. Una menzione speciale la meritano, come sempre, i film visti nei festival e non ancora distribuiti, che vi consiglio di tenere d'occhio e cercare, come Cobweb, Eight Eyes, La mesita del comedor, Birth/Rebirth, Hell House LLC - The Carmichael Manor e La Hermita, tutti fuori classifica per il rotto della cuffia, mentre un altro film merita le mie scuse ed è La maledizione della Queen Mary, che alla seconda visione ho apprezzato molto per l'originalità. Ci si risente l'anno prossimo... ENJOY!

5. La casa - Il risveglio del male

Cominciamo con un po' di sangue "commerciale", una visione divertentissima ed esagerata che mi ha garbato moltissimo vedere in sala! Pur con tutti i suoi difetti, questo nuovo Evil Dead è stato uno spettacolo!


4. Les chambres rouges

Non proprio horror, ma terrificante per ciò che implica, questo elegante, sordido esempio di thriller psicologico vi condurrà in un viaggio da cui uscirete con la voglia di farvi una bella doccia.


3. Huesera

Altro film zeppo di potenziali trigger, soprattutto per le donne in età fertile, e un ottimo esempio di come l'horror intelligente possa toccare argomenti scomodi senza perdere in inquietudine ed originalità.


2. Talk to Me

L'horror dell'anno? No, ma quasi. Di sicuro è quello che mi ha fatta più tremare a livello di dolore fisico avvertito attraverso lo schermo, e un'opera prima di rara potenza.


1. When Evil Lurks

QUESTO è l'horror dell'anno. Cattivissimo e spaventoso, senza via d'uscita, rozzo e brutale. Caro il mio Rugna, ce ne fossero di registi come te!!




mercoledì 27 dicembre 2023

Bolla's Top 5 - Worst of 2023

Il 2023 sta per finire e, come da tradizione, vi infliggerò un paio di brevi classifiche sul (mio) meglio e peggio dell'anno, cominciando, ovviamente, dalle brutture che, a onor del vero, non sono state così tante e così orrende come temevo (per inciso, avrebbe vinto Skinamarink, uscito quest'anno in streaming, ma l'ho visto al ToHorror nel 2022 quindi non vale!). Purtroppo sono reduce da una brutta influenza che mi ha tenuta lontano dal PC e mi sono ritrovata a dover redigere il post di oggi e il prossimo in mezza giornata, a ridosso di Natale e Santo Stefano, quindi perdonatemi se sarò (ancora) più raffazzonata e meno esaustiva del solito, ma mi dispiaceva saltare questa ricorrenza! Se vi fa piacere, andremo più nello specifico nei commenti, ci risentiamo il 29 per il Best of! ENJOY!


5. Napoleon

Ebbene sì, non potevo non mettercelo. In quinta posizione, perché comunque parliamo di Ridley Scott e di un film splendido a livello di fotografia e regia, però non ho mai provato tanto tedio ed imbarazzo quest'anno, nemmeno con Diabolik - Chi sei?, fuori classifica per un pelo. Oddio, imbarazzo sì, ma tedio no, lo giuro sulla corona dell'Imperatore!


4. Ant-Man and the Wasp: Quantumania

E parlando di imbarazzo, come non citare il film che ha ridefinito il concetto di brutto per l'ormai bollitissimo MCU? Il M.O.D.O.K. di Corey Stoll è probabilmente il peggior esempio di effetto speciale del 2023, soprattutto considerato il budget di cui dispone la Disney, ma anche se non ci fosse stato, il film sarebbe migliorato ben poco.


3. Sanctuary

Sicuramente è colpa mia che non ho capito questo film ma, salvo per la bella regia e la brava interprete (sprecata in una storiella risibile e fintamente pruriginosa), non ho trovato nulla di salvabile. Un "vorrei ma non posso", realizzato da un autore che, palesemente, si crede intelligentissimo, ma che ho trovato molto superficiale, oltre che antipaticissimo.


2. Cimitero vivente: le origini

Vi stavate preoccupando per la mancanza di horror, vero? Tranquilli. La seconda posizione della classifica è tutta per questo tristissimo prequel che non solo tradisce lo spirito del romanzo da cui è tratto, ma annoia a livelli inverosimili.


1. Winnie the Pooh: Blood and Honey 

In pole position c'è invece questa roba qua, fatta di maschere di gomma comprate un tanto al chilo e rattusi in pettorina che si fingono animaletti del Bosco dei 100 acri (lo so, ci piace vincere facile, ponciponcipopopo). Un piglio più trash e meno serio avrebbe reso giustizia all'intera operazione, ma il registro serioso l'ha definitivamente affossata.







venerdì 22 dicembre 2023

Dark Harvest (2023)

L'avevo perso sotto Halloween ma, siccome è disponibile su Prime Video, ho recuperato Dark Harvest, diretto dal regista David Slade e tratto dal romanzo omonimo di Norman Partridge.


Trama: in un piccolo paesino rurale americano degli anni '60, ogni notte di Halloween, gli adolescenti maschi del luogo sono costretti a cacciare ed uccidere una creatura chiamata Sawtooth Jack, pena l'abbattersi di pesanti calamità sulla cittadina...


Era qualche anno che non mi capitava di vedere un horror a tema Halloween e Dark Harvest avrebbe tutte le potenzialità per diventare un classico del genere, ma anche un po' di difetti che hanno reso faticosa la visione, almeno per quanto mi riguarda. L'idea di fondo è molto interessante. Ambientato in una cittadina dell'America rurale (di quelle incredibilmente plausibili per fungere da ricettacolo di qualche strano culto), Dark Harvest ha come fulcro la maledizione che la colpisce tutti gli anni ad Halloween, quando lo spettrale Sawtooth Jack esce dai campi e cerca di raggiungere la chiesa del paese; gli adolescenti del luogo, dopo tre giorni di privazioni, si riversano nelle strade per cacciarlo e ucciderlo, rischiando peraltro di fare la stessa fine, e il premio per il vincitore sono soldi, una casa nella zona ricca della città in cui far vivere la famiglia e, soprattutto, un'automobile di lusso con cui andarsene a cercare fortuna nel mondo. Il bello del film è che non offre troppe spiegazioni e inizia in medias res, con giusto qualche reminiscenza del fallimento di una caccia in tempi precedenti, seguita da terribili ma non specificate conseguenze per l'intera cittadina, quindi si ha l'illusione di un luogo surreale e sospeso nel tempo, dove viene accettato come normale un evento sovrannaturale che si ripropone annualmente. Ci si chiede come possano le persone condurre una vita normale nell'attesa della fatidica notte, e in effetti la trama si concentra sui dubbi esistenziali di Richie, il cui fratello ha vinto la "gara" dell'anno precedente ed è quindi riuscito ad uscire da una cittadina che, altrimenti, costringe gli abitanti a rimanere segregati all'interno dei confini. Le azioni e, soprattutto, le domande di Richie diventano il sassolino in grado di inceppare il "perfetto" meccanismo della caccia a Sawtooth Jack, dopodiché dipende dalla scafatezza dello spettatore riuscire a sgamare il plot twist prima della sua rivelazione, oppure farsi viaggi mentali shyamalani come la sottoscritta, che nell'attesa ho viaggiato così tanto con la mente da farmi un pisolo prima del più bello.


Infatti, non so neppure dirvi il perché, ho trovato buona parte di Dark Harvest lento e pesantino. Sawtooth Jack è bellissimo, un incubo uscito da una fiaba crudele, e la parte della caccia è scritta e diretta in modo assai coinvolgente, zeppa di momenti gore e sequenze che esplicitano la disperazione di ragazzi terrorizzati e fomentati attraverso improvvisi scoppi di folle violenza o spaventose morti solitarie, ma arrivare a questa parte del film richiede molta pazienza. Bisogna infatti perdersi in un "campo di granturco" fatto di adolescenti scoglionati e musoni, picchi di razzismo fastidiosi, adulti talmente antipatici che verrebbe voglia di prenderli a schiaffi, prima che arrivi Sawtooth Jack a dare una scrollata a tutti, e sul finale qualcosa manca, come se ci fosse materiale per almeno altri dieci film ma lasciato lì a stagnare. Peccato, perché l'atmosfera da incubo, con l'arancione e il nero a farla da padrone nella fotografia, e l'angst lasciato libero di scorrere a fiumi come se Dark Harvest fosse la versione adolescenziale e fiabesca de La notte del giudizio non sono affatto male; magari sarebbe servito anche un cast più centrato, ché la maggior parte degli attori mi ha lasciata tra il freddo e il perplesso, soprattutto per quanto riguarda lo sceriffo di Luke Kirby, al cui confronto Nicolas Cage è un modello di interpretazioni trattenute e misurate. Ciò nonostante, non mi sento di sconsigliare Dark Harvest, perché è comunque dotato di un fascino tutto particolare che potrebbe riscaldarvi durante la spooky season del prossimo anno, quindi cercate di non dimenticarvelo!


Del regista David Slade ho già parlato QUIEzra Buzzington (il contadino), Jeremy Davies (Dan Shepard), Elizabeth Reaser (Donna Shepard) e Mark Boone Junior (Ralph Jarrett) li trovate invece ai rispettivi link.

mercoledì 20 dicembre 2023

It Lives Inside (2023)

Grazie all'imbeccata di Silvia  ho guardato It Lives Inside, horror diretto e co-sceneggiato dal regista Bishal Dutta.


Trama: Samidha è una ragazza di origini indiane che vuole a tutti i costi diventare una "normale" ragazza americana. Le difficoltà aumentano quando un mostro del folklore indiano comincia a perseguitarla...


It Lives Inside
è un piccolo horror che, come molti suoi "colleghi" negli ultimi anni, consente allo spettatore occidentale di dare uno sguardo a culture lontane e ai miti che le caratterizzano. In particolare, It Lives Inside sfrutta l'horror per raccontare il desiderio di integrazione di Samidha, una ragazza figlia di immigrati indiani che, per questo, fatica a trovare il suo posto all'interno della società. Data la giovane età, Samidha non riesce a trovare un compromesso tra la necessità di essere uguale ai ragazzi "americani" e non dimenticare le proprie origini e tradizioni, queste ultime vissute come l'imposizione di una madre debole che rifiuta di cogliere le mille opportunità offerte dalla nuova patria; Samidha cerca di ignorare tutto ciò che la renderebbe diversa agli occhi dei suoi coetanei e, così facendo, crea una fortezza di solitudine e diffidenza che non solo tiene distante chi le vuole bene fin da bambina, ma le impedisce anche di farsi dei nuovi amici (gli studenti "gentili" la trattano comunque come un animaletto esotico e grazioso e persino il potenziale love interest si comporta in maniera innaturale con lei). La condizione di Samidha è terreno fertile per un mostro del folklore indiano che si nutre di emozioni negative quali rabbia e solitudine e, anzi, le accentua per nutrirsene e prosperare, una creatura che "vive dentro" di noi e aspetta solo qualcuno che la faccia uscire, permettendogli di propagarsi come una maledizione. Qui, per quanto mi riguarda, risiede l'aspetto interessante del film, che unisce i topoi del coming of age e degli horror a tema "creature dell'oscurità" per offrire uno spaccato della vita delle famiglie dei migranti, delle difficoltà incontrate non solo dai figli, carichi di odio verso genitori considerati retrogradi e incapaci di adattarsi alla nuova vita, ma anche dagli adulti partiti col dolore nel cuore e una flebile speranza, costretti a combattere ogni giorno con la paura, la diffidenza altrui e il senso di colpa di avere abbandonato patria e famiglia.


Per quanto riguarda la realizzazione, ho apprezzato come l'esordiente Bishal Dutta abbia scelto di non girare la sagra del jump scare e, anzi, abbia centellinato le apparizioni del mostro creando innanzitutto un clima di paranoia e diffidenza che potrebbe anche essere frutto di semplice ansia e paura, per poi fare sul serio nell'ultimo atto, dove la creatura viene mostrata in tutto il suo splendore. Per fortuna i realizzatori hanno dimostrato intelligenza anche in questo caso, perché un sapiente uso di luci virate in rosso ed ombre impediscono alla CGI di risultare posticcia ed invasiva come spesso accade in questo genere di produzioni, mentre in generale It Lives Inside ha uno stile molto pulito ed elegante. Il punto di forza del film è comunque l'interpretazione della protagonista, Megan Suri. Tolto che, se fossi bella come lei, la mia ultima preoccupazione sarebbe chiedermi come mi vedono gli altri, ma l'attrice funziona proprio grazie alla sua bellezza mai sfacciata, veicolo di un carattere forte e testardo che mostra inattese crepe di fragilità ed insicurezza, e si amalgama alla perfezione con Neeru Bajwa, la cui interpretazione passa dal cliché della tipica donna indiana dalla mentalità chiusa a una madre che farebbe di tutto per aiutare la figlia, persino aprire la mente a racconti surreali. Pur non essendo dunque un film originalissimo o indimenticabile, It Lives Inside è pieno di elementi positivi che lo rendono un horror gradevolissimo, sicuramente meritevole di una visione.


Di Betty Gabriel, che interpreta Joyce, ho già parlato QUI.

Bishal Dutta è il regista e co-sceneggiatore della pellicola, al suo primo lungometraggio. Indiano, è anche produttore.



martedì 19 dicembre 2023

Belle (2021)

Volevo già vederlo alla sua uscita cinematografica, ma sapete che a Savona non arriva praticamente nulla, quindi è solo grazie a Netflix che sono riuscita a recuperare Belle (竜とそばかすの姫 - Ryu to Sobakasu no Hime - Il drago e la principessa lentigginosa), diretto e sceneggiato nel 2021 dal regista Mamoru Hosoda.


Trama: Suzu è una ragazza schiva, che vive sola col padre in un paesino di montagna. Quando una compagna di classe la incoraggia ad iscriversi a "U", mondo virtuale dalla tecnologia futuristica, Suzu riscopre la gioia del canto nei panni di Belle, arrivando ad ottenere un successo mondiale. Tutto cambia, però, dopo l'incontro con un violento drago...


Nonostante avessi adorato le precedenti opere di Hosoda, Wolf Children in primis, ho fatto un po' fatica ad entrare nel mood di Belle e ad apprezzarlo nella sua totalità. Premesso che qualunque opera "minore" di Hosoda rientra tranquillamente nella definizione di capolavoro, rapportata a buona parte dell'animazione che arriva sui nostri schermi, quello che mi è risultato un po' fastidioso è che, almeno fino a metà film, Belle sembra non portare da nessuna parte e complica inutilmente una storia semplice e delicata, infarcendola di tecnicismi nerd che rallentano tantissimo il ritmo dell'opera. La direzione che intraprende il film, infatti, è simile a quella di un anime majokko, con la protagonista malinconica e segnata da un passato tragico, incapace di allacciare rapporti di amicizia o di comunicare col padre, che all'interno di un mondo virtuale diventa la splendida Belle, misteriosa principessa dotata di una voce celestiale. Il giorno di un concerto planetario, lo spettacolo viene rovinato dall'arrivo di un drago, considerato dagli utenti del programma come un elemento dannoso e per questo ricercato dalla sicurezza di "U", eppure Belle sembra prendere a cuore il mostro ricoperto di lividi e, come nella migliore tradizione de La bella e la bestia, cerca di avvicinarsi a lui e di comprenderlo, sia nel mondo virtuale che in quello reale. Se Belle fosse stato "solo" questo, ammetto che il mio giudizio sull'opera sarebbe stato ben diverso. Invece, la risoluzione del mistero del drago si allontana dalla banalità di un cliché sentimentale e offre all'autore l'occasione di parlare di un aspetto particolarmente orribile della società, e del coraggio necessario per prendere la vita tra le mani ed affrontare tutto il male e la tristezza, cercando di aprire il proprio cuore agli altri anche quando sembra avere smesso di battere (o, peggio, quando pensiamo che non meriti di battere, che la nostra sola esistenza sia una vergogna o un disturbo per coloro a cui vogliamo bene). Hosoda ci dice che, tante volte, siamo noi a precluderci la felicità, qualunque essa sia, perché non siamo capaci a fidarci né degli altri né di noi stessi; Suzu riesce a cantare solo quando è Belle, protetta dall'anonimato di un avatar, ma da sempre le canzoni sono un veicolo per esprimere pensieri e sentimenti nascosti, da qui l'importanza fondamentale della musica nel film, potente e malinconica come solo la melodia nata da un animo incredibilmente sensibile può essere.


Ciò detto, le due anime del film non mi sono sembrate particolarmente amalgamate. Il segreto del drago occupa il terzo atto di Belle ma risulta quasi difficile empatizzare per questa figura approfondita giusto nel giro di un paio di minuti, e il finale lascia sospesa una situazione impossibile da risolvere solo con un singolo atto di coraggio e un abbraccio. Anche il mondo di "U", a mio avviso, è poco approfondito. Al di là dei tecnicismi di cui parlavo su, molto poco viene spiegato su ciò che è realmente questo mondo virtuale: l'AI crea un personaggio in base a ciò che nascondono realmente i cuori degli utenti, ma com'è possibile, quindi, che non esista un corpo di polizia ufficiale (ci sono solo degli avatar che decidono di elevarsi a tutori della legge) quando tanti rischierebbero di nascondere un animo da depravati, criminali o psicopatici? Forse il programma li scarta automaticamente senza farli nemmeno entrare? Chissà. A parte tutto (e a parte la presenza del buon Toto, che, durante la visione, si è impegnato a rovinare ogni minima oncia di sentimentalismo impedendomi persino di piangere le mie usuali lacrime di commozione) Belle è visivamente un'opera stupenda, che unisce lo stile classico del character design di Hosoda a un mondo virtuale dove, neanche a dirlo, oltre a un delirio di creature kawaii, un omaggio ambulante al genere tokusatsu e a squarci di architettura reale, impera lo stile del rinascimento Disney, tanto che moltissime sequenze sono omaggi fotogramma per fotogramma al mio lungometraggio animato preferito, La bella e la bestia: gli occhioni di Belle sono i medesimi della sua omonima disneyana, il balcone dove si incontrano i due personaggi, la scena del ballo, persino il modo in cui il drago si accascia, disperato, prima che la protagonista fugga spaventata da lui, mettono i brividi per il modo in cui riprendono e riaggiornano il film di Gary Trousdale e Kirk Wise. Anche le canzoni, che sono la spina dorsale del film, sono notevoli, per quanto forse un po' "pesantine" a livello emotivo, e soprattutto il pezzo finale, A Million Miles Away, fa venire il magone sia per l'intensità della situazione in cui viene cantato che per la bellezza della voce di Kaho Nakamura. In definitiva, Belle è un altro splendido tassello della filmografia di un autore mai banale, un film che merita una seconda visione "col senno di poi", probabilmente anche per apprezzare alcuni dettagli che rischiano di fuggire la prima volta.


Del regista e sceneggiatore Mamoru Hosoda ho già parlato QUI.


Se Belle vi fosse piaciuto recuperate La bella e la bestia, Paprika e Summer Wars. ENJOY!

venerdì 15 dicembre 2023

It's a Wonderful Knife (2023)

Natale si avvicina, e cosa c'è di meglio di un simpatico horror a tema come It's a Wonderful Knife, diretto dal regista Tyler MacIntyre e distribuito da Shudder?


Trama: un anno dopo avere eliminato un pericoloso killer la vigilia di Natale, la vita di Winnie è un incubo ad occhi aperti. Ma un desiderio espresso incautamente la renderà ancora peggiore, non solo per lei...


Dopo la rivisitazione in chiave horror di un classico Disney come Tutto accadde un venerdì, lo sceneggiatore Michael Kennedy ci riprova con qualcosa di ancor più conosciuto e amato, ovvero La vita è meravigliosa di Frank Capra (citato apertamente anche nei dialoghi). La protagonista è un'altra frizzante biondina adolescente, Winnie, che la vigilia di Natale si ritrova a dover combattere contro un inquietante killer mascherato di bianco e, inaspettatamente, ad ucciderlo. Un anno dopo, Winnie è diventata una ragazza cupa e traumatizzata, circondata da persone che fanno a gara per evitare anche solo di accennare alla tragedia del Natale precedente, e vede la sua vita andare a rotoli in ogni campo, da quello scolastico a quello sentimentale; presa dallo sconforto, Winnie esprime il desiderio di non essere mai nata ma, quando il desiderio si avvera, scopre che la sua non-esistenza ha condannato la cittadina di Angel Falls a diventare la riserva di caccia del serial killer e ha distrutto la sua famiglia. Come vedete, il canovaccio de La vita è meravigliosa è rispettato in toto, e l'aspetto "comedy" di It's a Wonderful Knife è identico a quello di mille film/telefilm/racconti natalizi in cui il protagonista viene costretto a rivedere la sua posizione negativa nei confronti del Natale, ritrovandosi sul finale garrulo e zeppo di buoni sentimenti, mentre la contaminazione parte dall'horror anni '90 alla Scream, con un killer "vero" , tangibile e anche un po' sfigato, e tocca elementi di distopia allucinante, sfidando a tratti la suspension of disbelief dello spettatore. A tal proposito, bisogna dire che, a livello di crescita del personaggio, Freaky era più centrato, e i personaggi secondari molto meno caricaturali. Online la gente si è lamentata dell'eccessiva queerness del film (io sono eterosessuale e, oltre a non esserne disturbata, mi è parso che una certa "evoluzione" sia stata gestita con dolcezza e coerenza), a me invece ha lasciato perplessa la botta di gioia finale, perché, di base, l'atteggiamento lassista e "flandersiano" dei genitori di Winnie continua a rimanere decisamente sproporzionato davanti ai traumi subiti dalla figlia e alla perdita di persone che erano amici di famiglia, a prescindere dalla realtà alternativa sventata dalla ragazza. Mi rendo conto che fare le pulci a un film simile è da cretini, però mi dispiace vedere gettare nel cesso delle caratterizzazioni che basterebbe rendere sensate con un minimo lavoro di cesello.


A parte questo, It's a Wonderful Knife diverte per il modo in cui il suo animo natalizio si fonde con l'horror anche a livello di stile, con un "angelo bianco" pronto a tingere la neve immacolata di abbondanti schizzi di sangue, armato di oggetti impropri a tema, come i sempre graditi candy cane appuntiti ed infilati in vari orifizi. A livello di ritmo, il film intrattiene per tutta la sua durata e, nonostante l'identità del killer venga rivelata dopo pochi minuti, c'è anche il tempo di un piccolo colpo di scena, purtroppo seguito da un finale, a mio avviso, facilone e sbrigativo. Per quanto riguarda gli attori, la protagonista Jane Widdop è una final girl carismatica e cazzuta, degnamente compensata dalla natura "weirdo" ma dolcissima della sua spalla Jess McLeod, con la quale duetta alla perfezione regalando allo spettatore le riflessioni più commoventi e meno scontate del film, a dimostrazione di quanto sceneggiatura e regia avrebbero potuto raggiungere livelli altissimi di coinvolgimento emotivo, senza peccare in superficialità. Meno ficcante il cast di supporto, o meglio, ci sono attori validissimi che purtroppo vengono sprecati: Justin Long nei panni del viscido Henry Waters è il solito mattatore ma si vede troppo poco (lo stesso vale per la divertentissima zia di Katharine Isabelle), quanto a Joel McHale, a tratti, sembra non sapere come fare muovere il suo personaggio, soprattutto nei momenti comici, troppo sopra le righe per i miei gusti, ma per fortuna la situazione cambia quando il tono delle scene si fa più drammatico. Nonostante qualche inevitabile difetto, comunque, It's a Wonderful Knife è una simpatica aggiunta agli horror di Natale e potrebbe regalarvi qualche momento di assoluto relax in un periodo che rischia di rivelarsi più stressante del resto dell'anno. Guardatelo e fatemi sapere!


Del regista Tyler MacIntyre ho già parlato QUI. Joel McHale (David Carruthers), Justin Long (Henry Waters) e Katharine Isabelle (Gale Prescott) li trovate invece ai rispettivi link.


Cassandra Naud, che interpreta Karen Simmons, aveva già partecipato a Influencer. Se It's a Wonderful Knife vi fosse piaciuto, recuperate Freaky, Auguri per la tua morte, Ancora auguri per la tua morte e Totally Killer. ENJOY!

mercoledì 13 dicembre 2023

Diabolik - Chi sei? (2023)

Vuoi per dovere di completezza, vuoi per voglia di ridere, domenica sono andata a vedere Diabolik - Chi sei?, ispirato all'albo omonimo di Diabolik e diretto e co-sceneggiato dai Manetti Bros.


Trama: Diabolik e l'ispettore Ginko si ritrovano prigionieri di una banda di sanguinosi ladri quando entrambi, ognuno per i propri motivi, decidono di fare irruzione nel loro covo...


Credevo non potesse esserci nulla di peggio di Diabolik - Ginko all'attacco e, probabilmente, lo hanno capito anche i Manetti Bros. visto che Diabolik - Chi sei? è una spanna sopra il suo predecessore. Il che non vuol dire che il terzo ed ultimo capitolo della saga sia un capolavoro, ci mancherebbe, ma almeno non è la sagra del trash ed è dotato di una trama (per quanto semplice) sufficientemente interessante per coinvolgere lo spettatore e portarlo a sorvolare sui molti difetti dell'opera. In Diabolik - Chi sei? le scaramucce amorose tra il personaggio titolare ed Eva Kant vengono ridotte in favore di una minaccia pressante, ovvero una banda di rapinatori che sono riusciti a portarsi via una collezione di monete bramata da Diabolik; da una parte, quindi, abbiamo un protagonista impegnato a recuperare il maltolto, dall'altra c'è invece un Ginko determinato a sgominare la banda, rea di violenti e sanguinosi omicidi annessi ai furti. La presenza di un cast più nutrito serve ai Manetti per omaggiare i poliziotteschi con sequenze violente di sparatorie e inseguimenti d'auto, ma non solo, perché l'unico momento genuinamente emozionante della trilogia si verifica proprio grazie allo snodo narrativo incarnato dalla banda, e offre il fianco ad una seconda, gradevolissima svolta che parla ai cuori teneri degli spettatori come me, che in fondo in fondo a Ginko vogliono bene. Apprezzabile anche, dopo una terrificante sequenza iniziale a base di dialoghi da casalinghe disperate, la scelta di affidare un ruolo forte (ma già accadeva nel primo film) a Eva Kant ed Altea, distanti dall'essere due semplici love interest monodimensionali e pronte ad agire per il bene di due uomini che, in misura diversa, credono di essere il centro dell'universo, totalmente compresi nel loro ruolo di buono e cattivo. A tal proposito, di tutto il legnosissimo confronto tra Diabolik e Ginko (che, di regola, avrebbe dovuto essere il fulcro del film ma è emozionante quanto un documentario sul tufo, e lo stesso vale per la risposta al "chi sei?" del titolo, apprezzabile per altri motivi, non certo per le origini da Gary Stu criminale di Diabolik) è interessante giusto il momento in cui il protagonista sottolinea la loro natura ininfluente in termini di scontro tra bene e male, consapevole che la morte di uno dei due non sposterebbe di un millimetro l'ago della bilancia, né porrebbe fine a una lotta eterna.


A livello di regia, scenografie e costumi, chiamatemi scema ma per me è stato uno spettacolo. Mi è sembrato che i Manetti tornassero ad osare un po' di più, o ad omaggiare meglio se volete, e tra splatter pecoreccio, split screen arroganti, inquadrature strappate come pagine di un fumetto, sceneggiati Rai anni '50 che sfumano in sequenze alla Sin City con tanto di sangue color rubino, ed echi dell'Argento prima maniera mi sono divertita come una bambina. Ciliegina sulla torta è stata la "solita" colonna sonora tra il camp e il genuino fomento, col pezzo (cantato da Alan Sorrenti) Ti chiami Diabolik, messo a mo' di sigla di telefilm/cartone animato, in cima alla lista delle cose più belle viste/sentite al cinema quest'anno. Purtroppo, la vera, terribile nota dolente del film e, per estensione, dell'intera saga, è la recitazione del cast. Da due anni Mirco invocava un crossover con Boris e stavolta i Manetti lo hanno esaudito, in primis omaggiando le due cagne maledette Miriam Leone e Monica Bellucci con la partecipazione di Carolina Crescentini, la Corinna Negri originale (la quale, a scanso di equivoci, se la cava bene nonostante sia penalizzata da un personaggio orribile), e poi offrendo a Paolo Calabresi il ruolo di cattivo bondiano, con risultati egregi. Qui finiscono i pregi e cominciano gli abissi di depravazione, che sono riusciti a trascinare sul fondo persino Mastandrea, la cui mancanza di voglia è talmente palese che avrebbero potuto mettere un cartonato al suo posto. Io lo capisco, povero cristiano. La Bellucci è imbarazzante, piallata da luci che la rendono ancora meno espressiva del solito, forzata in quell'accento orrendo che tocca l'apice in un monologo televisivo di raro disagio (la contessa Wiendelmar però mi ha stesa, giuro. Capovaro!!), e ogni volta che apre bocca provoca mal di pancia, quindi la svogliatezza di Mastandrea, pur ricompensato da piogge di limoni, è comprensibile. Non meno imbarazzanti sono i duetti tra la Leone e orsotto Gianniotti, che sembrano sempre fare a gara a chi ha la voce più da centralinista dell'144, a prescindere che debbano o meno copulare, ma probabilmente l'oscar dello scult lo darei a Massimiliano Rossi, il quale di tanto in tanto viene posseduto dallo spirito della bonanima di Guido Nicheli e decide di mettere in bocca al suo personaggio un improbabile accento meneghino. Sul giovane Diabolik non mi sento di dire nulla, mi trattengo per pietà e perché il suo interprete può e deve migliorare, via, e punto in più per quella carampana piaciona della Bouchet. Se mi costringete, però, a tirare le somme della trilogia, dico con tristezza che il fiasco è stato pressoché totale, tante buone idee e stile naufragate in un delirio di scelte sbagliate, casting pessimi e poracciate della peggior specie. E pensare che a me piacerebbe tanto vedere un Alan Ford su grande schermo, ma stando così le cose incrocio le dita perché non succeda mai!


Dei registi e co-sceneggiatori Antonio e Marco Manetti ho già parlato QUIMiriam Leone (Eva Kant), Valerio Mastandrea (Ginko), Monica Bellucci (Altea di Vallemberg), Paolo Calabresi (King), Barbara Bouchet (Contessa Wiendemar) e Hal Yamanouchi (Cen-Fu) li trovate invece ai rispettivi link.

Giacomo Gianniotti interpreta Diabolik. Nato a Roma, ha partecipato a film come Diabolik - Ginko all'attacco! e a serie quali Grey's Anatomy. Come doppiatore, ha lavorato per il film Luca. Anche produttore e regista, ha 34 anni.


Pier Giorgio Bellocchio
interpreta il sergente Palmer. Nato a Roma, ha partecipato a film come 6 giorni sulla terra, Il traditore, Diabolik, Diabolik - Ginko all'attacco! e a serie quali Camera Café e Il commissario Rex. Anche produttore e regista, ha 49 anni e un film in uscita. 


Carolina Crescentini
interpreta Gabriella Bauer. Nata a Roma, indimenticabile Corinna Negri della serie Boris e di Boris - Il film, ha partecipato a pellicole come Notte prima degli esami - Oggi e altre serie quali Provaci ancora prof!. Ha 43 anni. 


Segnalo il cameo di Max Gazzé nei panni di Giulio Mondan. Ciò detto, se Diabolik - Chi sei? vi fosse piaciuto, recuperate Diabolik e Diabolik - Ginko all'attacco! e... auguri!

martedì 12 dicembre 2023

There's Something Wrong with the Children (2023)

Dopo Sick, lo streaming USA ha tirato fuori un altro horrorino niente male, ovvero There's Something Wrong with the Children, diretto dalla regista Roxanne Benjamin.



Trama: due coppie, di cui una con figli, vanno a fare un weekend in mezzo ai boschi. Dopo una gita in un forte abbandonato, i bambini tornano cambiati e l'unico ad accorgersene è Ben...


Seduta in poltrona a guardare Sick There's Something Wrong with the Children mi sono chiesta perché mai i Welcome to the Blumhouse distribuiti su Amazon Prime Video non sono neppure lontanamente divertenti e interessanti come questi due film. Eppure, entrambi sono stati prodotti dalla Blumhouse e distribuiti su servizi streaming a pagamento, quindi non capisco perché noi in Italia ci becchiamo i fondi di magazzino mentre l'America si gode questi horror frizzantini. Ma lasciamo perdere i miei dubbi esistenziali, parliamo un po' di There's Something Wrong with the Children. Come nel caso di Sick, abbiamo un canovaccio horror utilizzato molto spesso, con risultati altalenanti, ovvero quello dei bambini malvagi, che per quanto mi riguarda è sempre un ottimo escamotage narrativo; questo genere di film cerca di rispondere all'annosa domanda "Ma come si può uccidere un bambino?" e sfrutta la dicotomia già realmente presente tra l'innocenza dei bimbi e quella punta di cattiveria/sadismo che va di pari passo con essa, tanto che in uno dei dialoghi il "senzafigli" Ben domanda all'amico papà: "Ma non ti fanno mai paura?" e papino nicchia finché non viene interrotto. Quindi sì, i bambini saranno anche tenerini e quello che volete ma fanno anche paura, rappresentano l'ignoto che molte coppie hanno il terrore di affrontare per mille motivi, sconvolgono l'esistenza, ci preoccupano perché sono fragili fisicamente e mentalmente, sono spesso incomprensibili e fanno talvolta cose terribili senza nemmeno rendersene conto. In questo caso specifico, c'è DAVVERO qualcosa di sbagliato nei bambini e l'unico ad accorgersene è Ben che, purtroppo, ha un paio di trascurabili difetti che rischiano di renderlo un narratore inattendibile, ovvero 1) è senza figli e 2) ha un passato di problemi mentali. Questo, ovviamente, rende There's Something Wrong with the Children uno di quei thriller horror in cui il male prospera perché nessuno crede all'unico fesso che ha capito la verità, con tutto quello che ne consegue in termini di ansia e nervoso.


A rendere più gradevole e interessante la pellicola ci pensa una costruzione non banale dei personaggi, con alcuni "ruoli" che vengono sovvertiti da un certo punto in poi e la rappresentazione di un paio di conflitti interni alla coppia per una volta realistici e non legati a una rappresentazione femminile stereotipata (leggi: Margot non è una psicopatica umorale e la decisione di non avere figli è condivisa e razionale); tutto ciò predispone al meglio lo spettatore affinché sorvoli sui soliti dettagli un po' inverosimili e si goda la simpatica mattanza messa in scena da Roxanne Benjamin. La regista ha gusto per il sangue ma questa volta, forse perché i protagonisti sono bambini ed eventuali sequenze troppo splatter avrebbero messo a dura prova la suspension of disbelief, rimane più vicina ai territori di Siren che di Don't Fall, preferendo atmosfere inquietanti e maggiormente debitrici di una fantascienza contaminata con l'horror, e giustamente si affida all'espressività di due piccoli protagonisti che riescono a non andare in overacting quando si tratta di "fare sul serio" e risultano così genuinamente creepy ma anche plausibili. Da non sottovalutare anche la presenza di Zach Gilford, piezz'e core da quando è entrato nella Flanagan Family. Insomma, There's Something Wrong with the Children non è di sicuro il film più interessante o bello del 2023, ma è una visione divertente e inquietante, che vi farà passare la voglia di avere figli... o, se li avete, vi spingerà a regalarli al primo che passa!


Della regista Roxanne Benjamin ho già parlato QUI mentre Zach Gilford, che interpreta Ben, lo trovate QUA.


Se There's Something Wrong with the Children vi fosse piaciuto recuperate The Children, Cooties, The Boy, Il villaggio dei dannati, Orphan, Orphan: First Kill, Il giglio nero, The Innocents e Come si può uccidere un bambino?. ENJOY!

venerdì 8 dicembre 2023

Home Education - Le regole del male (2023)

Dopo mesi di trailer martellanti, mercoledì sono andata a vedere Home Education - Le regole del male, diretto e sceneggiato dal regista Andrea Niada


Trama: la giovane Rachel vive in una casa isolata con i genitori e la madre le fa da insegnante, ma tutto cambia quando una tragedia scuote la loro esistenza...


Il multisala di Savona è quel luogo "meraviglioso" dove non escono hit con nomi di richiamo come Dream Scenario, Silent Night Godzilla Minus One (solo per citare titoli recentissimi) ma spunta a sorpresa, seppur per pochissimi giorni, una produzione horror italiana come Home Education. La cosa sarebbe interessante, se non mi facesse incazzare a morte, ma è giusto scindere il disgusto per queste scelte discutibili dal giudizio verso l'opera fortunata che, in questo caso, è uno slow burn a tratti affascinante, non fosse per qualche difetto su cui tornerò più avanti. Con Home Education, il regista espande il concetto del suo corto omonimo (che non ho visto) e mette in scena la quotidianità di una famiglia atipica, quella di Rachel, ragazzina che vive assieme ai genitori in una casetta isolata in mezzo al bosco. Nonostante il padre lavori come macellaio in paese, l'isolamento di Rachel è duplice: intanto, la sua famiglia è l'unica anglofona all'interno di un paesino italiano, e come ulteriore carico a coppe Rachel non va a scuola, ma viene istruita dalla madre attraverso un mix di insegnamenti oggettivi e molte nozioni filtrate da giudizi soggettivi che sconfinano nella sociopatia. Rachel è diventata, di conseguenza, una ragazza pavida, succube della madre, ingenua ed ignorante riguardo a moltissime cose per la sua età, una situazione che viene ad aggravarsi quando il padre muore all'improvviso e la madre impone a Rachel la convinzione di poterlo far tornare in vita grazie alla loro forza di volontà combinata. Il piccolo spoiler sulla trama (mi sono permessa, siccome è intuibile già dal trailer) finisce qui e altro non aggiungo, se non che il punto di forza di Home Education è quello di sfruttare l'isolamento dei personaggi per rendere plausibile, ma non meno angosciante, una quotidianità fatta di riti ancestrali, superstizioni ed attese, con personaggi che vivono in una dimensione di realtà permeata da un mondo altro, oscuro, dall'esistenza incerta eppure terribilmente presente. 


Conseguenza diretta di ciò, è un'inevitabile lentezza che appesantisce il film per buona parte del suo breve minutaggio, con sequenze (per quanto evocative ed interessanti non solo a livello di regia, ma anche di sonoro) ripetute fino allo sfinimento che indeboliscono il potenziale sviluppo dei personaggi. E' vero che, piano piano, vengono introdotti elementi di "disturbo" che minano le convinzioni delle due protagoniste e ne mettono in crisi il rapporto ma c'è una ciclicità che viene spezzata giusto poco prima del finale, che contrasta con l'atmosfera quasi onirica del resto del film mettendo in scena una violenza talmente subitanea e stridente da strappare un sorriso stupefatto più che sconvolgere. E' una piccola cosa che, per quanto mi riguarda, non ha inficiato il giudizio generalmente positivo su Home Education, di cui ho apprezzato anche le attrici protagoniste. Lydia Page ha quegli occhioni e quel sembiante da bimba dimessa che è perfetto per il ruolo di Rachel e Julia Ormond invecchiata ed imbruttita può entrare tranquillamente nel novero delle madri horror più inquietanti della storia del cinema (basta solo mettere a tacere quel terrificante fastidio provato nel vedere il labiale muoversi parecchio fuori sincrono rispetto al ridoppiaggio, peraltro quando le protagoniste dovrebbero parlare italiano in paese, cosa che ovviamente non accade. La cosa peggiore, però, è che anche il "vaffanculo" urlato da Rachel come incantesimo anti-uomo perde di potenza), mentre quel povero figliolo di Rocco Fasano, col capello lungo, non è solo poco carismatico ma pure inguardabile. Meglio rimanere nei boschi a fischiare nelle ossa e cercare spiriti che avere trashissimi sogni puberali su costui. Aggiungo, infine, che "le regole del male" sono quelle che seguono i titolisti da decenni, perché non ci azzeccano nulla con la trama di un film inaspettatamente gradevole.

Andrea Niada è il regista e sceneggiatore del film, al suo primo lungometraggio. Anche montatore e produttore, è nato a Milano e ha 32 anni.




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