Si sta aprendo l’ennesima settimana dolorosa per quanto riguarda le uscite cinematografiche. Aspettando il periodo pasquale (Biancaneve uscirà la settimana prossima, se non erro), mi dedicherò alle gioie dell’home video. Voi, fatevi due conti in tasca e decidete! ENJOY!
La furia dei titani – 3D
Reazione a caldo: non me la posso sentire…
Bolla, rifletti!: Ma perché dovrei assistere allo scempio della mitologia greca in chiave tabbozzammereGana? Per pietà! E qualcuno salvi Liam Neeson, Bill Nighy e soprattutto Ralph Fiennes, checcavolostaifacendoooo??? Ade/Voldemort non si può vedere, ti prego ripigliati!! Ossignur... e come se non bastasse, quest'oRore esce in contemporanea con gli USA e pure in 3D. A morte.
Romanzo di una strage
Reazione a caldo: è l’unico film che mi ispira…
Bolla, rifletti!: prima di The Raven hanno passato il trailer ed effettivamente, grazie anche all’ormai onnipresente Pierfrancesco Favino, devo dire che mi ha fatto venire voglia di andarlo a vedere. In fondo parliamo di un pezzo di storia italiana, per quanto tragica, e poi, insomma, La meglio gioventù l’avevo visto a pezzi e non mi sembrava brutto, per dire. Ma tutto questo si scontra con la mia fondamentale diffidenza verso il cinema italiano moderno, quindi aspetterò qualche recensione positiva per poi recuperarlo… anche perché sarà difficile che riesca a trovare qualche volenteroso compagno di sala.
Marigold Hotel
Reazione a caldo: L’incognita della settimana!
Bolla, rifletti!: questo film, a occhio, mi sapeva di graziosa opera indipendente. E’ zeppo di attori che adoro, come Bill Nighy, Maggie Smith, Judi Dench… poi però ho letto il nome del regista. Cristo, è lo stesso di Shakespeare in Love. Sale la diffidenza. Guardando il trailer e scorrendo un po’ la trama, alla mi sono fatta l’idea di un film carino, sicuramente ben recitato, ma in qualche modo banalotto e prevedibile. Anche qui, vale il ragionamento fatto per Romanzo di una strage: lascio che si sacrifichi qualche altro blogger e, al limite, lo recupero!
Buona giornata
Reazione a caldo: Sì sì, buona giornata una cippa!!
Bolla, rifletti!: Il cinepanettone a PASQUA?? Insomma, il cineuovo o la cinecolomba? A prescindere, sarà sicuramente un uovo di m***a con dentro una sorpresa pezzentissima che nemmeno il cinese più truffaldino avrebbe il coraggio di costruire. Non ci credete? Basta guardare il trailer e ascoltare le due tremende e “raffinatissime” battute pronunciate da De Sica. Bocciato su tutta la linea.
Al cinema d’élite invece continua la programmazione di Cosa piove dal cielo?, che dopo le recensioni di Mr. Ford e del Cannibale è diventato IL film da recuperare. Magari proprio questa settimana, vah!
venerdì 30 marzo 2012
giovedì 29 marzo 2012
The Raven (2012)
Come preannunciato, ieri sera ho trovato un’anima pia che mi ha accompagnata a vedere The Raven, l’ultimo lavoro del regista James McTeigue.
Trama: lo scrittore e poeta Edgar Allan Poe viene coinvolto in una macabra indagine quando un pazzo comincia ad uccidere prendendo spunto dai suoi racconti più famosi…
A fronte della penosa scena che ho visto ieri al cinema, mi sento in dovere di iniziare la recensione con un’avvertenza: The Raven, per quanto “edulcorato”, è pur sempre un thriller gotico basato sui racconti di Edgar Allan Poe. Inutile che lo andiate a vedere per poi uscire disgustati alla vista di una donna sepolta viva dentro una bara, come hanno fatto alcuni spettatori poche file davanti alla mia. Almeno, spero fosse quello il motivo, perché uscire a metà proiezione davanti ad un film simile significa essere l’imperatore dei critici cinematografici stronzi, uno snob di proporzioni epiche. The Raven, infatti, per quanto sicuramente sia un film medio (non mediocre, proprio medio), non arriva all’essere inguardabile. E’ una pellicola veramente senza infamia né lode, incapace di toccare vette di eccellenza o raggiungere abissi di disgusto, un thriller diretto, scritto e interpretato senza guizzi o pecche. Un film medio, appunto.
Davanti a un film medio, quindi, come si fa a scrivere una recensione? Eh beh, posso dire che sicuramente come thriller sta in piedi, nel senso che intrattenimento ne offre, come anche qualche scena gore (quella del pendolo in primis) e qualche raro momento di suspance. Lo studioso o l’appassionato delle opere di Poe storcerà sicuramente il naso visto che la trama si basa sulle sue opere più famose, conosciute anche da chi non conosce a fondo lo scrittore americano, ma almeno non si strapperà i capelli alla vista di un poeta investigatore o supereroe, magari virato in chiave Holmesiana: l’ottimo John Cusack offre un’interpretazione quasi sofferta, misurata, dipingendo il ritratto di un uomo debole, incapace di superare il momento di impasse creativa o rinunciare all’alcool, eppure ancora orgoglioso e testardamente legato alla sua natura di poeta e artista. Tra l’altro, fisicamente la somiglianza con Poe è ineccepibile, in alcune inquadrature sembra di vederlo redivivo, si può quindi dire che in tal senso The Raven sia riuscito. I problemi, però, sorgono sul fronte della regia.
Ora, io non sono un’appassionata di V per vendetta. Ho visto il film, mi era piaciuto, non l’ho sicuramente annoverato nei miei cult. Però da McTeigue mi aspettavo sicuramente di più, come qualche inquadratura ardita, qualche movimento di macchina particolare, qualche scelta di montaggio che donasse un po’ di brio a una piatta serie di sequenze… e invece, ciccia. Solo il solito, maledettissimo proiettile in slow motion che ad un certo punto fa fuori un corvo, nel bel mezzo di una scena in cui un effetto simile era davvero inutile. E un finale girato nello stesso modo, con una pallottola diretta all’assassino che fracassa, idealmente, lo schermo cinematografico, dando il via ai titoli di coda più brutti che abbia mai visto ultimamente, una sorta di cupo caleidoscopio digitale che non c’entra assolutamente nulla col resto del film. No, davvero, più ci penso più mi rendo conto che quei titoli di coda mi hanno messo addosso un nervoso inenarrabile. Forse perché cercavo qualcosa a cui attaccarmi per allontanare The Raven, nel bene o nel male, dalla mediocrità. E invece, mediamente, vi dico che, se proprio non avete nulla di meglio da fare, potete guardarlo. Altrimenti, anche no. Cioè, non vi cambierà la vita, né in un modo, né nell’altro. E forse non vi farà nemmeno venire voglia di leggere i racconti di Poe, il che però è un peccato.
Di John Cusack (Edgar Allan Poe), Brendan Gleeson (il capitano Hamilton) e Kevin McNally (Maddux), ho già parlato nei rispettivi link.
James McTeigue è il regista della pellicola. Australiano, ha diretto V per Vendetta, dopo aver lavorato come assistente alla regia in trilogie come quella di Matrix. Ha 45 anni e un film in uscita.
Luke Evans interpreta il detective Fields. Inglese, ha partecipato a film recentissimi come Scontro tra titani, Robin Hood, I tre moschettieri e Immortals. Ha 33 anni e cinque film in uscita, tra cui Lo Hobbit – Un viaggio inaspettato e il suo seguito, The Hobbit: There and Back Again.
Inizialmente, si era pensato a Ewan McGregor o Joaquin Phoenix per il ruolo di Poe e a Jeremy Renner per quello dell’ispettore Fields, ma per impegni pregressi tutti questi attori hanno dovuto rinunciare. Il ruolo di Emily (qui interpretata dalla bionda Alice Eve) era stato invece offerto a Noomi Rapace. Sinceramente, non so cosa consigliare dopo aver visto The Raven, ma forse un bel recupero del ciclo che Roger Corman ha dedicato alle opere di Edgar Allan Poe ci sta tutto! ENJOY!
Trama: lo scrittore e poeta Edgar Allan Poe viene coinvolto in una macabra indagine quando un pazzo comincia ad uccidere prendendo spunto dai suoi racconti più famosi…
A fronte della penosa scena che ho visto ieri al cinema, mi sento in dovere di iniziare la recensione con un’avvertenza: The Raven, per quanto “edulcorato”, è pur sempre un thriller gotico basato sui racconti di Edgar Allan Poe. Inutile che lo andiate a vedere per poi uscire disgustati alla vista di una donna sepolta viva dentro una bara, come hanno fatto alcuni spettatori poche file davanti alla mia. Almeno, spero fosse quello il motivo, perché uscire a metà proiezione davanti ad un film simile significa essere l’imperatore dei critici cinematografici stronzi, uno snob di proporzioni epiche. The Raven, infatti, per quanto sicuramente sia un film medio (non mediocre, proprio medio), non arriva all’essere inguardabile. E’ una pellicola veramente senza infamia né lode, incapace di toccare vette di eccellenza o raggiungere abissi di disgusto, un thriller diretto, scritto e interpretato senza guizzi o pecche. Un film medio, appunto.
Davanti a un film medio, quindi, come si fa a scrivere una recensione? Eh beh, posso dire che sicuramente come thriller sta in piedi, nel senso che intrattenimento ne offre, come anche qualche scena gore (quella del pendolo in primis) e qualche raro momento di suspance. Lo studioso o l’appassionato delle opere di Poe storcerà sicuramente il naso visto che la trama si basa sulle sue opere più famose, conosciute anche da chi non conosce a fondo lo scrittore americano, ma almeno non si strapperà i capelli alla vista di un poeta investigatore o supereroe, magari virato in chiave Holmesiana: l’ottimo John Cusack offre un’interpretazione quasi sofferta, misurata, dipingendo il ritratto di un uomo debole, incapace di superare il momento di impasse creativa o rinunciare all’alcool, eppure ancora orgoglioso e testardamente legato alla sua natura di poeta e artista. Tra l’altro, fisicamente la somiglianza con Poe è ineccepibile, in alcune inquadrature sembra di vederlo redivivo, si può quindi dire che in tal senso The Raven sia riuscito. I problemi, però, sorgono sul fronte della regia.
Ora, io non sono un’appassionata di V per vendetta. Ho visto il film, mi era piaciuto, non l’ho sicuramente annoverato nei miei cult. Però da McTeigue mi aspettavo sicuramente di più, come qualche inquadratura ardita, qualche movimento di macchina particolare, qualche scelta di montaggio che donasse un po’ di brio a una piatta serie di sequenze… e invece, ciccia. Solo il solito, maledettissimo proiettile in slow motion che ad un certo punto fa fuori un corvo, nel bel mezzo di una scena in cui un effetto simile era davvero inutile. E un finale girato nello stesso modo, con una pallottola diretta all’assassino che fracassa, idealmente, lo schermo cinematografico, dando il via ai titoli di coda più brutti che abbia mai visto ultimamente, una sorta di cupo caleidoscopio digitale che non c’entra assolutamente nulla col resto del film. No, davvero, più ci penso più mi rendo conto che quei titoli di coda mi hanno messo addosso un nervoso inenarrabile. Forse perché cercavo qualcosa a cui attaccarmi per allontanare The Raven, nel bene o nel male, dalla mediocrità. E invece, mediamente, vi dico che, se proprio non avete nulla di meglio da fare, potete guardarlo. Altrimenti, anche no. Cioè, non vi cambierà la vita, né in un modo, né nell’altro. E forse non vi farà nemmeno venire voglia di leggere i racconti di Poe, il che però è un peccato.
Di John Cusack (Edgar Allan Poe), Brendan Gleeson (il capitano Hamilton) e Kevin McNally (Maddux), ho già parlato nei rispettivi link.
James McTeigue è il regista della pellicola. Australiano, ha diretto V per Vendetta, dopo aver lavorato come assistente alla regia in trilogie come quella di Matrix. Ha 45 anni e un film in uscita.
Luke Evans interpreta il detective Fields. Inglese, ha partecipato a film recentissimi come Scontro tra titani, Robin Hood, I tre moschettieri e Immortals. Ha 33 anni e cinque film in uscita, tra cui Lo Hobbit – Un viaggio inaspettato e il suo seguito, The Hobbit: There and Back Again.
Inizialmente, si era pensato a Ewan McGregor o Joaquin Phoenix per il ruolo di Poe e a Jeremy Renner per quello dell’ispettore Fields, ma per impegni pregressi tutti questi attori hanno dovuto rinunciare. Il ruolo di Emily (qui interpretata dalla bionda Alice Eve) era stato invece offerto a Noomi Rapace. Sinceramente, non so cosa consigliare dopo aver visto The Raven, ma forse un bel recupero del ciclo che Roger Corman ha dedicato alle opere di Edgar Allan Poe ci sta tutto! ENJOY!
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martedì 27 marzo 2012
It (1990)
Se è vero che Stephen King è il mio scrittore preferito, allora il romanzo che più amo tra quelli da lui scritti è IT, del 1984. Ma prima che ne scoprissi la versione cartacea ero già stata ampiamente terrorizzata da quella televisiva, diretta nel 1990 da Tommy Lee Wallace.
Trama: nel 1958 la cittadina di Derry viene funestata da una serie di brutali infanticidi e un gruppo di sette bambini scopre che l’assassino è un mostro dalle sembianze di clown. In qualche modo, riescono a sconfiggerlo e giurano di riunirsi se mai dovesse tornare. Trent’anni dopo, giunge purtroppo per loro il momento di mantenere la promessa…
La recensione deve cominciare con una dovuta premessa. Pretendere di paragonare questo film per la tv di quasi quattro ore al romanzo da cui è tratto sarebbe come fare un confronto tra Lady Oscar e una bella ragazza che ne fa il cosplay: può sicuramente imitarla per molti aspetti, ma non sarà mai la stessa cosa. L’It scritto da Stephen King è, prima ancora che una meravigliosa storia horror, uno splendido romanzo di formazione e un’opera certosina che racconta la nascita e la morte di una città le cui radici affondano così tanto nel Male da essere arrivata ad integrarlo nel suo tessuto e prosperare solo grazie alla sua presenza. Lo scrittore del Maine, qui più che nel resto delle sue opere, tratteggia dei personaggi talmente vivi ed indimenticabili che, arrivati all’ultima pagina, rimpiangiamo amaramente che non ci siano altri quindici tomi per continuare a seguire la loro vita, i loro pensieri, i loro sogni… e soprattutto le loro paure. Questo, ovviamente, nel film non succede, ma dire che ci troviamo davanti ad una brutta pellicola sarebbe essere ingiusti ed impietosi. Chiudiamo quindi gli occhi, facciamo finta che il libro non sia mai esistito e cerchiamo di valutare il film tv per i suoi (molti) pregi e anche per qualche (ovvio) difetto.
Innanzitutto, lodi lodi lodi (Michele Guardì, ESCA dal mio corpo, grazie!) agli sceneggiatori. Costretti, com’è ovvio, a condensare la mattonella di mille e fischia pagine che è il romanzo originale, hanno scelto innanzitutto di omettere le parti legate alla “mitologia” kinghiana de La Torre Nera, troppo complessa per un pubblico di non fan, assieme a tutte quelle scene stupende da leggere ma oggettivamente improponibili in un film per la tv. Non sto parlando delle sequenze più splatter o di quella, tanto controversa, in cui i giovanissimi protagonisti trovano il modo di rimanere “uniti” nelle gallerie, ma di rumenta trash come la statua semovente di Paul Bunyan o il lebbroso che chiede il servizietto ad Eddie, etc. etc. Nello Shining di Mick Garris si vedevano le siepi muoversi, se qui avessi visto la statua in plastica cercare di uccidere Richie con un’accetta probabilmente non sarei qui a parlare di IT, quindi ben vengano certi tagli. In compenso, vengono mantenute le scene maggiormente d’impatto, come la famigerata sequenza del sangue nel lavandino, il terribile omicidio di Georgie, l’epica battaglia a sassate contro la banda di Bowers e il dolcissimo episodio dell’haiku, solo per fare qualche esempio. Il film riesce comunque a rendere l’idea del profondissimo rapporto che lega i protagonisti, di un’estate allo stesso tempo favolosa e terrificante, della tristezza di un tempo che passa per non tornare più, cancellando persino i ricordi, di una città corrotta dal male. E rende, terribile, l’immagine del mostro più potente mai creato da King, quel Bob Gray alias Pennywise il clown ballerino che tanto ha funestato gli incubi di tutti noi.
Il film stesso, infatti, non esisterebbe se non ci fosse stato qualcuno in grado di interpretare degnamente questo maledettissimo clown. E chi meglio di Tim Curry, il Dio dei transvestites della galassia, l’unico uomo in grado di scomparire sotto il trucco del Diavolo in persona, avrebbe potuto raccogliere questo scomodo scettro? La sua interpretazione è sicuramente ciò che ha elevato il film dalla mediocrità e lo ha fissato nell’immaginario di generazioni di terrorizzati fan, facendo rimpiangere amaramente il finale, dove il clown scompare e It mostra il suo vero (deludente, lo so) volto. Ma dei difetti parleremo dopo, concentriamoci un attimo sugli interpreti. Come gli sceneggiatori, anche il casting ha fatto un lavoro egregio, scegliendo dei bambini che innanzitutto sapessero recitare (e che sarebbero diventati delle star, uno su tutti Seth Green, qui nei panni di Richie) e degli adulti che non facessero rimpiangere le loro giovani controparti, sebbene sia sempre un po’ duro dare un volto “reale” a dei personaggi che si sono amati senza conoscerne il viso. Purtroppo i realizzatori hanno scelto di concentrarsi essenzialmente sui protagonisti, con il risultato che il vecchio Henry Bowers è bolso e moscio da morire, il “povero” marito di Beverly, Tom, viene ridotto all’infima comparsata di un uomo che non ha nemmeno la metà del carisma necessario per interpretarlo e persino Olivia Hussey, nei panni di Audra, non spicca per bravura. Il che ci porta, inesorabilmente, ai difetti.
It patisce infatti della divisione televisiva in due parti. La prima, nella quale i protagonisti da adulti ricevono la chiamata di Mike e rivivono il loro passato prima di riunirsi a Derry, è praticamente perfetta ed accumula ininterrottamente tensione fino alla scioccante scena finale. La seconda parte è invece più “fiacca”, a tratti ripetitiva (si perde nelle costanti discussioni relative allo scendere o meno nelle fogne per sconfiggere definitivamente It) e si sgonfia nella rivelazione finale della natura del mostro, un maffissimo ragno uscito dritto dritto da un film anni ’50, che toglie pathos persino alla scena più triste dell’intera storia, quella che nel libro mi magona per ore, quando non mi porta direttamente a piangere come una fontana. Gli sceneggiatori hanno inoltre deciso di optare per un happy ending definitivo che, se da un lato apprezzo (almeno per quanto riguarda la storia di Ben e Beverly, perché alla fine sono una tenerona), dall’altro snatura purtroppo il senso reale del libro, che si conclude in maniera dolceamara, quasi malinconica, affermando il definitivo scioglimento della banda dei “perdenti”. Insomma, a riguardarlo oggi ci si rende conto che l’IT televisivo racconta, molto banalmente, una storia di mostri e, comprensibilmente, concede molto poco ad un’eventuale riflessione sul senso reale di quel che viene in essa mostrato. Poteva andare molto peggio, comunque, e se non avete mai visto questo piccolo gioiellino televisivo, graziato anche da una splendida ed evocativa colonna sonora, vi consiglio di recuperarlo immantinente. Magari prima che ci facciano un più dettagliato ma sicuramente più brutto remake senza Tim Curry. Eresia.
Di Tim Curry, che interpreta Pennywise, ho già parlato qui, Richard Masur, che interpreta Stan da adulto, lo trovate qua, il compianto John Ritter, qui nei panni di Ben da adulto, è già stato nominato in questi post e anche Olivia Hussey (Audra) ha avuto modo di comparire qui.
Tommy Lee Wallace è il regista della pellicola. Americano, ha diretto film come Halloween III: Il signore della notte, Ammazzavampiri 2 ed episodi di serie tv come Ai confini della realtà, Baywatch e Flipper. Anche sceneggiatore, attore e produttore, ha 62 anni.
Annette O’ Toole (vero nome Annette Toole) interpreta Beverly da adulta. Americana, la ricordo per film come Il bacio della pantera, 48 ore e Superman III, inoltre ha partecipato alle serie Alfred Hitchcock presenta, Oltre i limiti, Nash Bridges e Smallville. Anche produttrice e sceneggiatrice, ha 59 anni.
Jonathan Brandis interpreta il giovane Bill. Americano, lo ricordo soprattutto per avere interpretato Bastian ne La storia infinita II, inoltre ha partecipato a film come Attrazione fatale e Il patrigno II, doppiato film come Oliver & Company e serie come Aladdin; inoltre, ha partecipato ad episodi di Troppo forte, La signora in giallo e Flash. Anche regista, produttore e sceneggiatore, si è impiccato nel 2003, all’età di 27 anni.
Seth Green (vero nome Seth Benjamin Gesshel – Green) interpreta il giovane Richie. Se mi puntassero la pistola alla tempia e mi dicessero, umanamente, chi è il mio attore preferito in tutto il mondo non avrei dubbi: lui. E dico umanamente, perché questo “scimmiottino verde” (come lo chiamano confidenzialmente i miei amici e parenti!) è davvero l’amico nerd che tutti vorrebbero avere. L’aMMore per quest’uomo è nato mentre guardavo Buffy the Vampire Slayer, precisamente la seconda serie, ed è continuato grazie a perle come Scott, il figlio del Dr. Male nei tre film di Austin Powers, il doppiaggio originale di Chris ne I Griffin e la geniale serie Robot Chicken, ma se volete vederlo in azione in qualche altro film segnalo Hotel New Hampshire, Radio Days, Ho sposato un’aliena, Buffy - l’ammazza vampiri, Rollerblades – Sulle ali del vento, A Gillian, per il suo compleanno, Giovani pazzi e svitati, Nemico pubblico, il geniale Giovani diavoli, I perfetti innamorati, Rat Race, Compagnie pericolose, The Italian Job e Scooby Doo 2: mostri scatenati, solo per citare quelli che ho visto. Inoltre, ha partecipato alle serie Beverly Hills 90210, X – Files, Innamorati pazzi, Angel, That’s 70s Show, Will & Grace, Grey’s Anatomy, My Name is Earl, Heroes e doppiato alcuni episodi di American Dad!. Anche sceneggiatore, produttore e regista, ha 37 anni e tre film in uscita.
Emily Perkins interpreta la giovane Beverly. Canadese, la ricordo per film come Licantropia Evolution – Ritorno al presente, Insomnia, Ginger Snaps: Unleashed, Licantropia e Juno, inoltre ha partecipato alle serie X- Files e Supernaturals. Ha 34 anni.
Dennis Christopher, che interpreta Eddie Kaspbrak da adulto, sarà tra gli attori che parteciperanno all’imminente nuovo film dello zio Quentin, Django Unchained, mentre Richard Thomas, che invece interpreta Bill da adulto, è tornato a frequentare il “kingverso” durante una puntata della serie Incubi e deliri. Inoltre, una delle mocciose che prende in giro Beverly a inizio film è Laura Harris, che poi avrebbe partecipato al meraviglioso Severance – Tagli al personale, mentre il preside con cui si scontra Richie nella scena della mensa (l’attore William B. Davis) sarebbe diventato il bastardissimo Uomo che fuma della serie X – Files. Se vi fosse piaciuto It, non sto nemmeno a dirlo, recuperate altre miniserie tratte dalle opere di Stephen King, per esempio I Langolieri, che se non erro era abbastanza interessante, oppure gli inquietanti Tommyknockers. ENJOY!
Trama: nel 1958 la cittadina di Derry viene funestata da una serie di brutali infanticidi e un gruppo di sette bambini scopre che l’assassino è un mostro dalle sembianze di clown. In qualche modo, riescono a sconfiggerlo e giurano di riunirsi se mai dovesse tornare. Trent’anni dopo, giunge purtroppo per loro il momento di mantenere la promessa…
La recensione deve cominciare con una dovuta premessa. Pretendere di paragonare questo film per la tv di quasi quattro ore al romanzo da cui è tratto sarebbe come fare un confronto tra Lady Oscar e una bella ragazza che ne fa il cosplay: può sicuramente imitarla per molti aspetti, ma non sarà mai la stessa cosa. L’It scritto da Stephen King è, prima ancora che una meravigliosa storia horror, uno splendido romanzo di formazione e un’opera certosina che racconta la nascita e la morte di una città le cui radici affondano così tanto nel Male da essere arrivata ad integrarlo nel suo tessuto e prosperare solo grazie alla sua presenza. Lo scrittore del Maine, qui più che nel resto delle sue opere, tratteggia dei personaggi talmente vivi ed indimenticabili che, arrivati all’ultima pagina, rimpiangiamo amaramente che non ci siano altri quindici tomi per continuare a seguire la loro vita, i loro pensieri, i loro sogni… e soprattutto le loro paure. Questo, ovviamente, nel film non succede, ma dire che ci troviamo davanti ad una brutta pellicola sarebbe essere ingiusti ed impietosi. Chiudiamo quindi gli occhi, facciamo finta che il libro non sia mai esistito e cerchiamo di valutare il film tv per i suoi (molti) pregi e anche per qualche (ovvio) difetto.
Innanzitutto, lodi lodi lodi (Michele Guardì, ESCA dal mio corpo, grazie!) agli sceneggiatori. Costretti, com’è ovvio, a condensare la mattonella di mille e fischia pagine che è il romanzo originale, hanno scelto innanzitutto di omettere le parti legate alla “mitologia” kinghiana de La Torre Nera, troppo complessa per un pubblico di non fan, assieme a tutte quelle scene stupende da leggere ma oggettivamente improponibili in un film per la tv. Non sto parlando delle sequenze più splatter o di quella, tanto controversa, in cui i giovanissimi protagonisti trovano il modo di rimanere “uniti” nelle gallerie, ma di rumenta trash come la statua semovente di Paul Bunyan o il lebbroso che chiede il servizietto ad Eddie, etc. etc. Nello Shining di Mick Garris si vedevano le siepi muoversi, se qui avessi visto la statua in plastica cercare di uccidere Richie con un’accetta probabilmente non sarei qui a parlare di IT, quindi ben vengano certi tagli. In compenso, vengono mantenute le scene maggiormente d’impatto, come la famigerata sequenza del sangue nel lavandino, il terribile omicidio di Georgie, l’epica battaglia a sassate contro la banda di Bowers e il dolcissimo episodio dell’haiku, solo per fare qualche esempio. Il film riesce comunque a rendere l’idea del profondissimo rapporto che lega i protagonisti, di un’estate allo stesso tempo favolosa e terrificante, della tristezza di un tempo che passa per non tornare più, cancellando persino i ricordi, di una città corrotta dal male. E rende, terribile, l’immagine del mostro più potente mai creato da King, quel Bob Gray alias Pennywise il clown ballerino che tanto ha funestato gli incubi di tutti noi.
Il film stesso, infatti, non esisterebbe se non ci fosse stato qualcuno in grado di interpretare degnamente questo maledettissimo clown. E chi meglio di Tim Curry, il Dio dei transvestites della galassia, l’unico uomo in grado di scomparire sotto il trucco del Diavolo in persona, avrebbe potuto raccogliere questo scomodo scettro? La sua interpretazione è sicuramente ciò che ha elevato il film dalla mediocrità e lo ha fissato nell’immaginario di generazioni di terrorizzati fan, facendo rimpiangere amaramente il finale, dove il clown scompare e It mostra il suo vero (deludente, lo so) volto. Ma dei difetti parleremo dopo, concentriamoci un attimo sugli interpreti. Come gli sceneggiatori, anche il casting ha fatto un lavoro egregio, scegliendo dei bambini che innanzitutto sapessero recitare (e che sarebbero diventati delle star, uno su tutti Seth Green, qui nei panni di Richie) e degli adulti che non facessero rimpiangere le loro giovani controparti, sebbene sia sempre un po’ duro dare un volto “reale” a dei personaggi che si sono amati senza conoscerne il viso. Purtroppo i realizzatori hanno scelto di concentrarsi essenzialmente sui protagonisti, con il risultato che il vecchio Henry Bowers è bolso e moscio da morire, il “povero” marito di Beverly, Tom, viene ridotto all’infima comparsata di un uomo che non ha nemmeno la metà del carisma necessario per interpretarlo e persino Olivia Hussey, nei panni di Audra, non spicca per bravura. Il che ci porta, inesorabilmente, ai difetti.
It patisce infatti della divisione televisiva in due parti. La prima, nella quale i protagonisti da adulti ricevono la chiamata di Mike e rivivono il loro passato prima di riunirsi a Derry, è praticamente perfetta ed accumula ininterrottamente tensione fino alla scioccante scena finale. La seconda parte è invece più “fiacca”, a tratti ripetitiva (si perde nelle costanti discussioni relative allo scendere o meno nelle fogne per sconfiggere definitivamente It) e si sgonfia nella rivelazione finale della natura del mostro, un maffissimo ragno uscito dritto dritto da un film anni ’50, che toglie pathos persino alla scena più triste dell’intera storia, quella che nel libro mi magona per ore, quando non mi porta direttamente a piangere come una fontana. Gli sceneggiatori hanno inoltre deciso di optare per un happy ending definitivo che, se da un lato apprezzo (almeno per quanto riguarda la storia di Ben e Beverly, perché alla fine sono una tenerona), dall’altro snatura purtroppo il senso reale del libro, che si conclude in maniera dolceamara, quasi malinconica, affermando il definitivo scioglimento della banda dei “perdenti”. Insomma, a riguardarlo oggi ci si rende conto che l’IT televisivo racconta, molto banalmente, una storia di mostri e, comprensibilmente, concede molto poco ad un’eventuale riflessione sul senso reale di quel che viene in essa mostrato. Poteva andare molto peggio, comunque, e se non avete mai visto questo piccolo gioiellino televisivo, graziato anche da una splendida ed evocativa colonna sonora, vi consiglio di recuperarlo immantinente. Magari prima che ci facciano un più dettagliato ma sicuramente più brutto remake senza Tim Curry. Eresia.
Di Tim Curry, che interpreta Pennywise, ho già parlato qui, Richard Masur, che interpreta Stan da adulto, lo trovate qua, il compianto John Ritter, qui nei panni di Ben da adulto, è già stato nominato in questi post e anche Olivia Hussey (Audra) ha avuto modo di comparire qui.
Tommy Lee Wallace è il regista della pellicola. Americano, ha diretto film come Halloween III: Il signore della notte, Ammazzavampiri 2 ed episodi di serie tv come Ai confini della realtà, Baywatch e Flipper. Anche sceneggiatore, attore e produttore, ha 62 anni.
Annette O’ Toole (vero nome Annette Toole) interpreta Beverly da adulta. Americana, la ricordo per film come Il bacio della pantera, 48 ore e Superman III, inoltre ha partecipato alle serie Alfred Hitchcock presenta, Oltre i limiti, Nash Bridges e Smallville. Anche produttrice e sceneggiatrice, ha 59 anni.
Jonathan Brandis interpreta il giovane Bill. Americano, lo ricordo soprattutto per avere interpretato Bastian ne La storia infinita II, inoltre ha partecipato a film come Attrazione fatale e Il patrigno II, doppiato film come Oliver & Company e serie come Aladdin; inoltre, ha partecipato ad episodi di Troppo forte, La signora in giallo e Flash. Anche regista, produttore e sceneggiatore, si è impiccato nel 2003, all’età di 27 anni.
Seth Green (vero nome Seth Benjamin Gesshel – Green) interpreta il giovane Richie. Se mi puntassero la pistola alla tempia e mi dicessero, umanamente, chi è il mio attore preferito in tutto il mondo non avrei dubbi: lui. E dico umanamente, perché questo “scimmiottino verde” (come lo chiamano confidenzialmente i miei amici e parenti!) è davvero l’amico nerd che tutti vorrebbero avere. L’aMMore per quest’uomo è nato mentre guardavo Buffy the Vampire Slayer, precisamente la seconda serie, ed è continuato grazie a perle come Scott, il figlio del Dr. Male nei tre film di Austin Powers, il doppiaggio originale di Chris ne I Griffin e la geniale serie Robot Chicken, ma se volete vederlo in azione in qualche altro film segnalo Hotel New Hampshire, Radio Days, Ho sposato un’aliena, Buffy - l’ammazza vampiri, Rollerblades – Sulle ali del vento, A Gillian, per il suo compleanno, Giovani pazzi e svitati, Nemico pubblico, il geniale Giovani diavoli, I perfetti innamorati, Rat Race, Compagnie pericolose, The Italian Job e Scooby Doo 2: mostri scatenati, solo per citare quelli che ho visto. Inoltre, ha partecipato alle serie Beverly Hills 90210, X – Files, Innamorati pazzi, Angel, That’s 70s Show, Will & Grace, Grey’s Anatomy, My Name is Earl, Heroes e doppiato alcuni episodi di American Dad!. Anche sceneggiatore, produttore e regista, ha 37 anni e tre film in uscita.
Emily Perkins interpreta la giovane Beverly. Canadese, la ricordo per film come Licantropia Evolution – Ritorno al presente, Insomnia, Ginger Snaps: Unleashed, Licantropia e Juno, inoltre ha partecipato alle serie X- Files e Supernaturals. Ha 34 anni.
Dennis Christopher, che interpreta Eddie Kaspbrak da adulto, sarà tra gli attori che parteciperanno all’imminente nuovo film dello zio Quentin, Django Unchained, mentre Richard Thomas, che invece interpreta Bill da adulto, è tornato a frequentare il “kingverso” durante una puntata della serie Incubi e deliri. Inoltre, una delle mocciose che prende in giro Beverly a inizio film è Laura Harris, che poi avrebbe partecipato al meraviglioso Severance – Tagli al personale, mentre il preside con cui si scontra Richie nella scena della mensa (l’attore William B. Davis) sarebbe diventato il bastardissimo Uomo che fuma della serie X – Files. Se vi fosse piaciuto It, non sto nemmeno a dirlo, recuperate altre miniserie tratte dalle opere di Stephen King, per esempio I Langolieri, che se non erro era abbastanza interessante, oppure gli inquietanti Tommyknockers. ENJOY!
lunedì 26 marzo 2012
Long Time Dead (2002)
Quando ancora nei cinema usciva, di tanto in tanto, qualche horror degno, ero andata a vedere Long Time Dead, diretto nel 2002 dal regista Marcus Adams. All'epoca me l'ero fatta sotto per la paura, in questi giorni ho deciso di riguardarlo in DVD per vedere se l'effetto persiste...
Trama: durante un rave, un gruppetto di studenti decide di provare l'esperienza elettrizzante di evocare uno spirito con una tavoletta ouija. Purtroppo per loro l'esperimento va male e, da quel momento in poi, vengono perseguitati e uccisi uno per uno da un'entità malvagia chiamata Djinn, in grado di possedere i corpi degli esseri umani.
Fine anni '90, inizio del nuovo millennio: erano i tempi del Djinn, spirito maligno che uccideva gli sfigati che lo avevano evocato in diversi film assolutamente non legati tra loro. Uno era Wishmaster, prodotto americano diretto da Robert Kurtzman, l'altro era questo Long Time Dead, pellicola inglese sicuramente meno conosciuta ma non per questo brutta, anzi. Il tempo ha un po' diluito il senso di terrore che mi aveva attanagliata al cinema, e paragonato a Wishmaster il film inglese manca sicuramente di ironia ed inventiva, ma come slasher soprannaturale non è male ed il finale è ancora oggi bello "peso". Innanzitutto, Long Time Dead ha dalla sua l'utilizzo di attori britannici, dalle facce infinitamente meno idiote e dall'accento molto meno irritante di quelli che potrebbero avere i loro corrispettivi americani, inoltre riesce a mantenere alta la suspance per tutta la durata, lasciando a intendere che l'assassino è sicuramente uno dei ragazzi che hanno evocato il Djinn ma senza lasciare che lo spettatore, nemmeno il più scafato, ne intuisca la reale identità fino alla fine. Un altro pregio di Long Time Dead, infine, è quello di giocare sull'attesa più che sull'effettaccio splatter gratuito. Non è però, per intenderci, un film alla Paranormal Activity, dove non succede nulla finché non si sente un enorme colpo che ci fa saltare sulla poltrona: i movimenti di macchina, così come la fotografia cupa e gli sguardi da bestia braccata dei protagonisti ci immergono in un'atmosfera di pericolo costante ed ineluttabile, un senso di ansia che non passa nemmeno quando i vari personaggi sono in luoghi sicuri o affollati.
Ovviamente non è tutto oro quello che luccica, ci mancherebbe. Long Time Dead alla fine è un compendio di cliché e stupidità assortite mutuate da altri horror. Sinceramente, non ho mai capito perché queste tavole oiuja funzionino sempre, a prescindere che si sia dotati di qualche tipo di potere o semplici strepponcelli drogati (addirittura qui non si sbattono nemmeno a comprare la tavoletta: la costruiscono con dei pezzi di carta, un tavolo di vetro e un bicchiere, ma funziona lo stesso), né perché nel gruppo ci sia sempre la tizia che in casa ha una biblioteca sull'occulto talmente vasta da fare vergognare il signor Giles di Buffy The Vampire Slayer, con tomi rigorosamente affidabili, antichi e correlati di illustrazioni e/o foto delle vittime delle maledizioni (foto in un antico libro di illustrazioni, as if...). Tuttavia, questi cliché e banalità, ai quali aggiungo il video che rivelerebbe l'assassino, l'agguato nei bagni della scuola, il passato oscuro di uno dei protagonisti, il vecchio minaccioso che potrebbe essere l'assassino, etc., vengono "reimpastati" in modo abbastanza piacevole e il film che ne esce fuori è sicuramente meritevole di almeno una visione, anche da parte di chi nell'horror ci naviga.
Di Lukas Haas, che interpreta Webster, ho già parlato qui.
Marcus Adams è il regista e sceneggiatore della pellicola. Inglese, ha 46 anni e ha diretto altri tre film. Perdonate la mancanza di foto, ma non se ne trovano!
Alec Newman (vero nome Mark Newman) interpreta Liam. Scozzese, ha partecipato a film come A Lonely Place to Die e serie come Angel e Tru Calling. Anche sceneggiatore, ha 38 anni.
Marsha Thomason interpreta Lucy. Inglese, ha partecipato a film come La casa dei fantasmi e a serie come Lost. Ha 36 anni.
Se il film vi fosse piaciuto, consiglierei la visione di un altro simpatico horror del periodo, Jeepers Creeper, oppure un bel Final Destination! ENJOY!
Trama: durante un rave, un gruppetto di studenti decide di provare l'esperienza elettrizzante di evocare uno spirito con una tavoletta ouija. Purtroppo per loro l'esperimento va male e, da quel momento in poi, vengono perseguitati e uccisi uno per uno da un'entità malvagia chiamata Djinn, in grado di possedere i corpi degli esseri umani.
Fine anni '90, inizio del nuovo millennio: erano i tempi del Djinn, spirito maligno che uccideva gli sfigati che lo avevano evocato in diversi film assolutamente non legati tra loro. Uno era Wishmaster, prodotto americano diretto da Robert Kurtzman, l'altro era questo Long Time Dead, pellicola inglese sicuramente meno conosciuta ma non per questo brutta, anzi. Il tempo ha un po' diluito il senso di terrore che mi aveva attanagliata al cinema, e paragonato a Wishmaster il film inglese manca sicuramente di ironia ed inventiva, ma come slasher soprannaturale non è male ed il finale è ancora oggi bello "peso". Innanzitutto, Long Time Dead ha dalla sua l'utilizzo di attori britannici, dalle facce infinitamente meno idiote e dall'accento molto meno irritante di quelli che potrebbero avere i loro corrispettivi americani, inoltre riesce a mantenere alta la suspance per tutta la durata, lasciando a intendere che l'assassino è sicuramente uno dei ragazzi che hanno evocato il Djinn ma senza lasciare che lo spettatore, nemmeno il più scafato, ne intuisca la reale identità fino alla fine. Un altro pregio di Long Time Dead, infine, è quello di giocare sull'attesa più che sull'effettaccio splatter gratuito. Non è però, per intenderci, un film alla Paranormal Activity, dove non succede nulla finché non si sente un enorme colpo che ci fa saltare sulla poltrona: i movimenti di macchina, così come la fotografia cupa e gli sguardi da bestia braccata dei protagonisti ci immergono in un'atmosfera di pericolo costante ed ineluttabile, un senso di ansia che non passa nemmeno quando i vari personaggi sono in luoghi sicuri o affollati.
Ovviamente non è tutto oro quello che luccica, ci mancherebbe. Long Time Dead alla fine è un compendio di cliché e stupidità assortite mutuate da altri horror. Sinceramente, non ho mai capito perché queste tavole oiuja funzionino sempre, a prescindere che si sia dotati di qualche tipo di potere o semplici strepponcelli drogati (addirittura qui non si sbattono nemmeno a comprare la tavoletta: la costruiscono con dei pezzi di carta, un tavolo di vetro e un bicchiere, ma funziona lo stesso), né perché nel gruppo ci sia sempre la tizia che in casa ha una biblioteca sull'occulto talmente vasta da fare vergognare il signor Giles di Buffy The Vampire Slayer, con tomi rigorosamente affidabili, antichi e correlati di illustrazioni e/o foto delle vittime delle maledizioni (foto in un antico libro di illustrazioni, as if...). Tuttavia, questi cliché e banalità, ai quali aggiungo il video che rivelerebbe l'assassino, l'agguato nei bagni della scuola, il passato oscuro di uno dei protagonisti, il vecchio minaccioso che potrebbe essere l'assassino, etc., vengono "reimpastati" in modo abbastanza piacevole e il film che ne esce fuori è sicuramente meritevole di almeno una visione, anche da parte di chi nell'horror ci naviga.
Di Lukas Haas, che interpreta Webster, ho già parlato qui.
Marcus Adams è il regista e sceneggiatore della pellicola. Inglese, ha 46 anni e ha diretto altri tre film. Perdonate la mancanza di foto, ma non se ne trovano!
Alec Newman (vero nome Mark Newman) interpreta Liam. Scozzese, ha partecipato a film come A Lonely Place to Die e serie come Angel e Tru Calling. Anche sceneggiatore, ha 38 anni.
Marsha Thomason interpreta Lucy. Inglese, ha partecipato a film come La casa dei fantasmi e a serie come Lost. Ha 36 anni.
Se il film vi fosse piaciuto, consiglierei la visione di un altro simpatico horror del periodo, Jeepers Creeper, oppure un bel Final Destination! ENJOY!
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sabato 24 marzo 2012
Apollo 18 (2011)
E come direbbe un’insegnante che conosco: “basta DI mockumentary!”. Giuro che questo Apollo 18, diretto nel 2011 dal regista Gonzalo López – Gallego è l’ultimo che guarderò per un bel po’ di tempo. Non che non mi sia piaciuto, eh.
Trama: nel 1973 tre astronauti vengono mandati sulla luna per conto della Difesa USA. Quello che troveranno lassù non sarà molto ospitale…
Dopo le videocassette trovate nei boschi, dopo i documenti rinvenuti a Central Park, dopo i filmati scovati nei sotterranei di ospedali abbandonati, condomini spagnoli, cantine, scatoloni della nonna, orifizi anali ecc. non poteva mancare il mockumentary che “svela quello che la NASA ci ha tenuto nascosto per anni”! Ovvero, che le missioni dell’Apollo non si sarebbero fermate al 17, ma sarebbero arrivate fino al 18 con esiti tragici che le autorità USA non avrebbero voluto divulgare. Ma grazie ad internet e al sito lunartruth.org (falso come i soldi del Monopoli, ovviamente) ecco arrivarci la documentazione di quello che sarebbe realmente accaduto sul satellite nel lontano 1973, ovvero un The Blair Witch Project incontra Alien e X-Files. Stufi infatti di vedere famiglie terrorizzate dai fantasmi sulla Terra, i realizzatori di Apollo 18 hanno deciso di mostrarci astronauti terrorizzati nello spazio, dove, come tutti ben sanno, “nessuno può sentirti urlare”. Il risultato, nonostante le premesse, non è malaccio.
Apollo 18 infatti non mi è dispiaciuto, nonostante abbia letto solo critiche negative. Sarà che io sono una di quelle che patisce un po’ il film ambientato nello spazio, che mi da sempre un senso di claustrofobia, quella paura costante di non riuscire a trovare scampo da nessuna parte, perché se uno zombie ti insegue tu puoi correre quanto vuoi e dove vuoi, ma sulla luna hai questo piccolissimo svantaggio della pressione esterna che ti schiaccia o dell’ossigeno che manca. E Apollo 18 gioca, ovviamente, molto su questo e aumenta la claustrofobia evitando di usare astronavi grandi come quella di Alien e infilando i due sparuti protagonisti in un modulo delle dimensioni di un bagno, facendoli uscire di tanto in tanto sul brullo, deserto, triste, scuro suolo lunare con la Terra che si vede da lontano come un costante dito medio rivolto verso di loro. E il mostro, direte voi? Il mostro c’è ma si vede persino meno della strega di Blair. Complici anche attrezzature anni ’70, interferenze varie, sequenze in bianco e nero, punti di vista ribaltati e quant’altro, è difficile ad un certo punto capire di cosa diavolo abbiano paura i due astronauti. Certo, quando lo si capisce fa un po’ schifo (e anche pietà, nel senso che è poca roba davvero…) ma purtroppo la natura del mostrillo è debitrice di altre 300 pellicole simili e gli effetti della sua vicinanza, almeno per quanto riguarda il makeup dei protagonisti, ricordano parecchio quelli di REC.
Quindi, in sostanza, Apollo 18 non mi è dispiaciuto, e proprio per quello che gli viene criticato: perché mostra poco e crea tensione dilatando i tempi di attesa in maniera infinita. Mi piace anche l’idea che il viaggio nello spazio venga reso come un sogno che, a poco a poco, diventa un incubo da cui è impossibile uscire, con i collegamenti via radio che passano dall’amichevole e divertito al freddo e burocratico in tempo zero, mentre il film scivola verso un finale che più pessimista non si può. L’unico scoglio da superare per apprezzare Apollo 18 è l’inizio, che effettivamente è troppo lento e confuso. Dopodiché, bisogna solo abituare gli occhi e avere pazienza, perché anche gli attori sono abbastanza bravi rispetto alla media. A onor del vero, consiglierei però Apollo 18 solo a chi non ha ancora visto troppi mockumentary, perché gli altri rischierebbero di infilare me in una capsula e spararmi sulla Luna.
Gonzalo López – Gallego è il regista della pellicola. Spagnolo, ha già diretto una mezza dozzina di film che, purtroppo, non conosco. Anche sceneggiatore e addetto al montaggio, ha 38 anni.
Warren Christie (vero nome Hans Warren Christie) interpreta il capitano Anderson. Irlandese, ha partecipato a serie come Supernatural e Ghost Whisperer. Ha 36 anni e un film in uscita.
Ryan Robbins (vero nome Ryan John Currier) interpreta il colonnello Grey. Canadese, ha partecipato a film come Catwoman e Aliens vs Predator 2, oltre a serie come Millenium, Oltre i limiti, Taken, Smallville, Kingdom Hospital, Supernatural. Anche produttore e stuntman, ha cinque film in uscita.
Lloyd Owen interpreta il comandante Walker. Inglese, ha interpretato il padre di Indiana Jones in tutte le serie e gli speciali televisivi dedicati a Le avventure del giovane Indiana Jones. Ha 45 anni e un film in uscita.
Trama: nel 1973 tre astronauti vengono mandati sulla luna per conto della Difesa USA. Quello che troveranno lassù non sarà molto ospitale…
Dopo le videocassette trovate nei boschi, dopo i documenti rinvenuti a Central Park, dopo i filmati scovati nei sotterranei di ospedali abbandonati, condomini spagnoli, cantine, scatoloni della nonna, orifizi anali ecc. non poteva mancare il mockumentary che “svela quello che la NASA ci ha tenuto nascosto per anni”! Ovvero, che le missioni dell’Apollo non si sarebbero fermate al 17, ma sarebbero arrivate fino al 18 con esiti tragici che le autorità USA non avrebbero voluto divulgare. Ma grazie ad internet e al sito lunartruth.org (falso come i soldi del Monopoli, ovviamente) ecco arrivarci la documentazione di quello che sarebbe realmente accaduto sul satellite nel lontano 1973, ovvero un The Blair Witch Project incontra Alien e X-Files. Stufi infatti di vedere famiglie terrorizzate dai fantasmi sulla Terra, i realizzatori di Apollo 18 hanno deciso di mostrarci astronauti terrorizzati nello spazio, dove, come tutti ben sanno, “nessuno può sentirti urlare”. Il risultato, nonostante le premesse, non è malaccio.
Apollo 18 infatti non mi è dispiaciuto, nonostante abbia letto solo critiche negative. Sarà che io sono una di quelle che patisce un po’ il film ambientato nello spazio, che mi da sempre un senso di claustrofobia, quella paura costante di non riuscire a trovare scampo da nessuna parte, perché se uno zombie ti insegue tu puoi correre quanto vuoi e dove vuoi, ma sulla luna hai questo piccolissimo svantaggio della pressione esterna che ti schiaccia o dell’ossigeno che manca. E Apollo 18 gioca, ovviamente, molto su questo e aumenta la claustrofobia evitando di usare astronavi grandi come quella di Alien e infilando i due sparuti protagonisti in un modulo delle dimensioni di un bagno, facendoli uscire di tanto in tanto sul brullo, deserto, triste, scuro suolo lunare con la Terra che si vede da lontano come un costante dito medio rivolto verso di loro. E il mostro, direte voi? Il mostro c’è ma si vede persino meno della strega di Blair. Complici anche attrezzature anni ’70, interferenze varie, sequenze in bianco e nero, punti di vista ribaltati e quant’altro, è difficile ad un certo punto capire di cosa diavolo abbiano paura i due astronauti. Certo, quando lo si capisce fa un po’ schifo (e anche pietà, nel senso che è poca roba davvero…) ma purtroppo la natura del mostrillo è debitrice di altre 300 pellicole simili e gli effetti della sua vicinanza, almeno per quanto riguarda il makeup dei protagonisti, ricordano parecchio quelli di REC.
Quindi, in sostanza, Apollo 18 non mi è dispiaciuto, e proprio per quello che gli viene criticato: perché mostra poco e crea tensione dilatando i tempi di attesa in maniera infinita. Mi piace anche l’idea che il viaggio nello spazio venga reso come un sogno che, a poco a poco, diventa un incubo da cui è impossibile uscire, con i collegamenti via radio che passano dall’amichevole e divertito al freddo e burocratico in tempo zero, mentre il film scivola verso un finale che più pessimista non si può. L’unico scoglio da superare per apprezzare Apollo 18 è l’inizio, che effettivamente è troppo lento e confuso. Dopodiché, bisogna solo abituare gli occhi e avere pazienza, perché anche gli attori sono abbastanza bravi rispetto alla media. A onor del vero, consiglierei però Apollo 18 solo a chi non ha ancora visto troppi mockumentary, perché gli altri rischierebbero di infilare me in una capsula e spararmi sulla Luna.
Gonzalo López – Gallego è il regista della pellicola. Spagnolo, ha già diretto una mezza dozzina di film che, purtroppo, non conosco. Anche sceneggiatore e addetto al montaggio, ha 38 anni.
Warren Christie (vero nome Hans Warren Christie) interpreta il capitano Anderson. Irlandese, ha partecipato a serie come Supernatural e Ghost Whisperer. Ha 36 anni e un film in uscita.
Ryan Robbins (vero nome Ryan John Currier) interpreta il colonnello Grey. Canadese, ha partecipato a film come Catwoman e Aliens vs Predator 2, oltre a serie come Millenium, Oltre i limiti, Taken, Smallville, Kingdom Hospital, Supernatural. Anche produttore e stuntman, ha cinque film in uscita.
Lloyd Owen interpreta il comandante Walker. Inglese, ha interpretato il padre di Indiana Jones in tutte le serie e gli speciali televisivi dedicati a Le avventure del giovane Indiana Jones. Ha 45 anni e un film in uscita.
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venerdì 23 marzo 2012
WE, Bolla! del 23/03/2012
Siamo arrivati ad un altro weekend, zeppo di uscite cinematografiche tra l’altro. Se saranno valide è ancora tutto da vedere ma, influenza che gira permettendo, almeno un film conto di guardarlo. ENJOY!
E’ nata una star?
Reazione a caldo: Mah, non saprei. Per me, è NO.
Bolla, rifletti!: Adoro la Littizzetto come comica, starei ad ascoltarla per ore, come attrice mi ha sempre convinta un po’ meno. Rocco Papaleo invece mi sta sullo stomaco, sia come attore che come cabarettista. Sul figlio di Castellitto, non mi pronuncio perché non lo conosco, ma se ci aggiungete la trama non proprio esaltante dei genitori che scoprono la carriera di pornoattore del figlio e il fatto che sia tratta da un romanzo di Nick Hornby (con il quale ho un rapporto di amore/odio) capirete che un film simile non andrei a vederlo nemmeno sotto tortura.
Ghost Rider: spirito di vendetta - 3D
Reazione a caldo: Spero che Ghost Rider prenda Nicolas Cage per il parrucchino e se lo trascini negli inferi…
Bolla, rifletti!: Belin, pure in 3D. Non bastava il megaciofecone che mi avevano trascinata a vedere tempo addietro, bisognava girarne un altro di film su Ghost Rider, aggiungendo tridimensionalità alla faccia monoespressiva di Nicola Gabbia. Bocciatissimo su tutti i fronti.
The Raven
Reazione a caldo: lo so che farà schifo, però…. *sospiro*
Bolla, rifletti!: Siamo sempre lì. A caval donato non si guarda in bocca. Ci sono talmente pochi horror o presunti tali in circolazione dalle mie parti che ogni volta che ne danno uno sbavo come un tossico davanti a della coca tagliata malissimo. Se ci aggiungete che, ad interpretare lo strano Edgar Allan Poe versione Sherlock Holmes c’è un attore che adoro, ovvero John Cusack, fate presto a capire quale film andrò a vedere questa settimana. Per poi pentirmene clamorosamente, lo so. D’altronde le stroncature sono sempre le recensioni più divertenti da scrivere, quindi potete dire che sono consapevolmente masochista.
Take Me Home Tonight
Reazione a caldo: … questo sconosciuto
Bolla, rifletti!: Ecco, questa è la sorpresa della settimana, che non sapevo nemmeno uscisse. Tra l’altro, non capisco molto bene cosa sia questo film, ma a occhio e croce dovrebbe essere la solita commedia demenzial – romantica americana con un tocco di nostalgia “eighties” che va tanto per la maggiore in questo periodo. Lo eviterò senza problemi, anche se Topher Grace ed Anna Faris mi stanno parecchio simpatici. Se qualche blogger illuminato che ha voglia di immolarsi e guardarlo lo consiglierà, magari lo recupererò più avanti.
Finita la partentesi “commerciale” diamo ora un’occhiata alla proposta del cinema d’élite, che questa settimana punta su una pellicola che ha vinto parecchi premi, sia al Festival di Roma che in Spagna.
Cosa piove dal cielo?
Reazione a caldo: sembra molto carino!
Bolla, rifletti!: In questo periodo stanno uscendo diversi film che esplorano l’amicizia o comunque il rapporto tra persone di natura diversa, si veda per esempio Quasi amici. Quella di Cosa piove dal cielo? è la storia di un uomo indurito dalla guerra ma comunque curioso e interessato alle vicende bizzarre del mondo, che un giorno si ritrova parte integrante di una di queste storie, quando davanti al suo negozio scende dal taxi un ragazzo cinese che, ovviamente, non parla una parola di spagnolo. Dal trailer sembrerebbe un film ottimista, divertente e non banale, una bella riflessione sul significato della solidarietà e dell’apertura verso “l’altro”. Potrei recuperarlo in dvd, quando uscirà.
E’ nata una star?
Reazione a caldo: Mah, non saprei. Per me, è NO.
Bolla, rifletti!: Adoro la Littizzetto come comica, starei ad ascoltarla per ore, come attrice mi ha sempre convinta un po’ meno. Rocco Papaleo invece mi sta sullo stomaco, sia come attore che come cabarettista. Sul figlio di Castellitto, non mi pronuncio perché non lo conosco, ma se ci aggiungete la trama non proprio esaltante dei genitori che scoprono la carriera di pornoattore del figlio e il fatto che sia tratta da un romanzo di Nick Hornby (con il quale ho un rapporto di amore/odio) capirete che un film simile non andrei a vederlo nemmeno sotto tortura.
Ghost Rider: spirito di vendetta - 3D
Reazione a caldo: Spero che Ghost Rider prenda Nicolas Cage per il parrucchino e se lo trascini negli inferi…
Bolla, rifletti!: Belin, pure in 3D. Non bastava il megaciofecone che mi avevano trascinata a vedere tempo addietro, bisognava girarne un altro di film su Ghost Rider, aggiungendo tridimensionalità alla faccia monoespressiva di Nicola Gabbia. Bocciatissimo su tutti i fronti.
The Raven
Reazione a caldo: lo so che farà schifo, però…. *sospiro*
Bolla, rifletti!: Siamo sempre lì. A caval donato non si guarda in bocca. Ci sono talmente pochi horror o presunti tali in circolazione dalle mie parti che ogni volta che ne danno uno sbavo come un tossico davanti a della coca tagliata malissimo. Se ci aggiungete che, ad interpretare lo strano Edgar Allan Poe versione Sherlock Holmes c’è un attore che adoro, ovvero John Cusack, fate presto a capire quale film andrò a vedere questa settimana. Per poi pentirmene clamorosamente, lo so. D’altronde le stroncature sono sempre le recensioni più divertenti da scrivere, quindi potete dire che sono consapevolmente masochista.
Take Me Home Tonight
Reazione a caldo: … questo sconosciuto
Bolla, rifletti!: Ecco, questa è la sorpresa della settimana, che non sapevo nemmeno uscisse. Tra l’altro, non capisco molto bene cosa sia questo film, ma a occhio e croce dovrebbe essere la solita commedia demenzial – romantica americana con un tocco di nostalgia “eighties” che va tanto per la maggiore in questo periodo. Lo eviterò senza problemi, anche se Topher Grace ed Anna Faris mi stanno parecchio simpatici. Se qualche blogger illuminato che ha voglia di immolarsi e guardarlo lo consiglierà, magari lo recupererò più avanti.
Finita la partentesi “commerciale” diamo ora un’occhiata alla proposta del cinema d’élite, che questa settimana punta su una pellicola che ha vinto parecchi premi, sia al Festival di Roma che in Spagna.
Cosa piove dal cielo?
Reazione a caldo: sembra molto carino!
Bolla, rifletti!: In questo periodo stanno uscendo diversi film che esplorano l’amicizia o comunque il rapporto tra persone di natura diversa, si veda per esempio Quasi amici. Quella di Cosa piove dal cielo? è la storia di un uomo indurito dalla guerra ma comunque curioso e interessato alle vicende bizzarre del mondo, che un giorno si ritrova parte integrante di una di queste storie, quando davanti al suo negozio scende dal taxi un ragazzo cinese che, ovviamente, non parla una parola di spagnolo. Dal trailer sembrerebbe un film ottimista, divertente e non banale, una bella riflessione sul significato della solidarietà e dell’apertura verso “l’altro”. Potrei recuperarlo in dvd, quando uscirà.
mercoledì 21 marzo 2012
Il Bollalmanacco in trailer #7
Dopo ben due mesi di assenza mi decido a far tornare questa rubrica, rimasta al palo per assenza di trailer durante le mie ultime visioni cinematografiche. Prima dell'orrendo L'altra faccia del diavolo, però, ne sono passati almeno tre, quindi vado diligentemente a parlarne. ENJOY!
#1. Project X
Ne avevo già parlato qui, ieri sera ho visto il trailer su schermo gigante. Siccome hanno fatto mockumentary praticamente su tutto, mancava quello dedicato ai "party movies", ovvero quei film basati essenzialmente su feste adolescenziali che sfuggono di mano, con tutto quello che ne consegue. Qui ci sono incendi, la solita macchina che "se ci faccio un graffio sopra papà m'ammazza!" e che immancabilmente finirà distrutta a fine film, i soliti mostruosi adolescenti che devono perdere la verginità con strafighe incredibili che normalmente non saprebbero nemmeno della loro esistenza e qualsiasi altro luogo comune vi venga in mente. Il trailer italiano, come sovrappiù, è infarcito di "testimonianze" di spettatori che lo hanno definito uno dei più bei film di genere mai girati. Spettatori profumatamente pagati per mentire spudoratamente, spero. A voi il giudizio, il trailer lo trovate qui.
#2. The Dictator
Con Sacha Baron Coen ho un rapporto ambivalente. Non mi dispiace quando recita in film scritti e diretti da altri, in piccole parti come, per esempio, Sweeney Todd o Hugo Cabret. Ma i suoi personaggi non li sopporto, fin dai tempi di Ali G. Eppure, tutti loro hanno avuto un film dedicato, e non fa eccezione questa sua ultima creatura, The Dictator, una specie di incrocio tra Gheddafi, Saddam Hussein e Bin Laden (entrambi morti, oh toh). Riprendendo lo schema di Borat, dove lo straniero se ne va in America mettendo la nazione alla berlina e introducendo le peculiari usanze del suo paese d'origine, nel trailer vediamo il generale Aladeen portarsi a letto Megan Fox, sparare a dei corridori, andare in giro con due megastar come Ben Kingsley e John C. Reilly, creare scandalo persino ad Obama. Sinceramente, non credo andrò a vederlo, ma voi guardatevi pure il trailer (anche perché la musica di Panjabi MC spacca).
#3. American Pie - Ancora insieme
Alzi la mano chi, nel'ormai lontano 1999, non si era ucciso dalle risate guardando American Pie. Non mi vergogno di dire che io l'ho visto, più volte, mi ero divertita parecchio e ancora oggi lo riguardo volentieri. Rivedere i nomi di Finch, Stiffler, Jim, Oz, Michelle, etc su grande schermo mi ha creato grande commozione, lo ammetto. Ma non andrò a vedere questo ultimo capitolo della saga, che mostra Michelle e Jim sposati con prole, lei ancora ninfomane e lui ancora goffo e armato di "mano amica". Vedere per credere (Jim comunque ha sempre la faccia da eterno sfigato, incredibile)!
#1. Project X
Ne avevo già parlato qui, ieri sera ho visto il trailer su schermo gigante. Siccome hanno fatto mockumentary praticamente su tutto, mancava quello dedicato ai "party movies", ovvero quei film basati essenzialmente su feste adolescenziali che sfuggono di mano, con tutto quello che ne consegue. Qui ci sono incendi, la solita macchina che "se ci faccio un graffio sopra papà m'ammazza!" e che immancabilmente finirà distrutta a fine film, i soliti mostruosi adolescenti che devono perdere la verginità con strafighe incredibili che normalmente non saprebbero nemmeno della loro esistenza e qualsiasi altro luogo comune vi venga in mente. Il trailer italiano, come sovrappiù, è infarcito di "testimonianze" di spettatori che lo hanno definito uno dei più bei film di genere mai girati. Spettatori profumatamente pagati per mentire spudoratamente, spero. A voi il giudizio, il trailer lo trovate qui.
#2. The Dictator
Con Sacha Baron Coen ho un rapporto ambivalente. Non mi dispiace quando recita in film scritti e diretti da altri, in piccole parti come, per esempio, Sweeney Todd o Hugo Cabret. Ma i suoi personaggi non li sopporto, fin dai tempi di Ali G. Eppure, tutti loro hanno avuto un film dedicato, e non fa eccezione questa sua ultima creatura, The Dictator, una specie di incrocio tra Gheddafi, Saddam Hussein e Bin Laden (entrambi morti, oh toh). Riprendendo lo schema di Borat, dove lo straniero se ne va in America mettendo la nazione alla berlina e introducendo le peculiari usanze del suo paese d'origine, nel trailer vediamo il generale Aladeen portarsi a letto Megan Fox, sparare a dei corridori, andare in giro con due megastar come Ben Kingsley e John C. Reilly, creare scandalo persino ad Obama. Sinceramente, non credo andrò a vederlo, ma voi guardatevi pure il trailer (anche perché la musica di Panjabi MC spacca).
#3. American Pie - Ancora insieme
Alzi la mano chi, nel'ormai lontano 1999, non si era ucciso dalle risate guardando American Pie. Non mi vergogno di dire che io l'ho visto, più volte, mi ero divertita parecchio e ancora oggi lo riguardo volentieri. Rivedere i nomi di Finch, Stiffler, Jim, Oz, Michelle, etc su grande schermo mi ha creato grande commozione, lo ammetto. Ma non andrò a vedere questo ultimo capitolo della saga, che mostra Michelle e Jim sposati con prole, lei ancora ninfomane e lui ancora goffo e armato di "mano amica". Vedere per credere (Jim comunque ha sempre la faccia da eterno sfigato, incredibile)!
martedì 20 marzo 2012
L'altra faccia del diavolo (2012)
L’avevo detto che ieri sera sarei andata a vedere L’altra faccia del diavolo (The Devil Inside), mockumentary satanico del regista William Brent Bell. L’avevo detto, e perché nessuno mi ha fermata???
Trama: nel 1989, in America, Maria Rossi uccide tre persone e chiama la polizia. Viene arrestata e trasferita all’Ospedale Centrino di Roma. Vent’anni dopo, la figlia decide di provare a sé stessa e al mondo intero che la madre non era semplicemente pazza, bensì indemoniata, e tenta un esorcismo non autorizzato assieme a due preti e l’amico cameramen, con ovvie conseguenze…
L’altra faccia del diavolo è sicuramente quella da pirla, di chi buggera sprovveduti spettatori spillando soldi. Una faccia dimmerda, per dirla tutta. Come avrete capito, questo film è una boiata incredibile, girato veramente col chiulo, involontariamente esilarante a tratti e con un finale che meriterebbe il posto d’onore negli annali della minchiata. Avrei dovuto capirlo fin dai trailer che lo precedevano (Project X, The Dictator, American Reunion, tutti film demenziali aMMeregani, cosa c’entrano con un horror??) che mi sarei trovata davanti un film comico, però alla fine gli esorcismi sono fatti bene, specialmente il primo che è abbastanza impressionante e realistico, e l’attrice che interpreta Maria Rossi è bravina. Però le cose positive qui finiscono, e fortuna che il film dura “solo” un’ora e venti, sennò sai quanto altro schifo toccava buttar giù.
La cosa che, a dire il vero, mi ha dato fastidio fin dall’inizio è il senso costante di nausea che mi ha bloccato lo stomaco dopo soli dieci minuti. Adesso, capisco che L’altra faccia del diavolo è un mockumentary, ma non puoi permetterti di non inserire neppure un’inquadratura stabile! La figlia di Maria Rossi avrà anche scelto un cretino come collaboratore, ma mi pare che la sua intenzione fosse quella di girare un documentario; come cavolo fai a venderlo se il 90% delle immagini sembrano girate da un povero bambino spastico con una forma avanzata di Parkinson??? Insostenibile, già solo per questo non avrebbero dovuto nemmeno distribuire questa porcata. La seconda cosa che rende L’altra faccia del diavolo incredibilmente atroce è che i posseduti non fanno per niente paura, anzi, sono simpatici!! Sarei rimasta ore a sentire tutte le deliranti, sboccate, sciocche cretinate che gli sceneggiatori hanno messo loro in bocca, sempre meglio che ascoltare la figlia rompicoglioni di Maria Rossi, i deliri dei due pretini fighètti (apro una parentesi: all’inizio si dice che il Vaticano non ha aiutato la realizzazione del film. Grazie al razzo, non ho mai visto due preti, esorcisti o quel che sono, meno legati alla Chiesa di questi due. Mi stupisco che gli esorcismi precedenti avessero funzionato!!) o gli interventi “incisivi” del cameramen Michael, roba tipo “… …. Non so davvero cosa dire”. Anche io in effetti ho un po’ perso le parole, soprattutto per l’immagine che avete dato di Roma: piovosa, zeppa di maniaci che guardano il culo alle straniere, popolata da poliziotti assolutamente incompetenti, imbecilli e ignoranti persino per quanto riguarda le basilari norme di sicurezza e, infine, colma di ristoranti tipici: Irish pub e Sushi bar. Mavvaff…
Ma per fortuna, dopo l’esorcismo sulla povera Maria, il film ha una svolta! Sì, perché i demoni non sono uno, sono almeno quattro, e indovinate un po’ quello che potrebbe succedere? Su, non è nemmeno spoiler, lo dice persino la ridicola locandina italiana con la suora cieca (e NON indemoniata!) messa lì giusto per fare atmosfera: il male si diffonde. E come si diffonde! Se prima, infatti, il film poteva vantare qualche guizzo di imprevedibilità, da questo momento in poi ogni scena è telefonata, da quella esilarante del battesimo a quella del “omioddiononricordopiùcomefinisceilPadreNostroBANG!!!”, fino ad arrivare al finale. Aaah, che finalone!!! Immaginate, solo per un istante, che Freddy Krueger avesse deciso di vendicarsi dei figli dei suoi aguzzini riunendoli semplicemente in una baracca per dare loro fuoco, che Rosemary si fosse gettata dalla finestra dell’appartamento senza partorire, che i protagonisti di The Walking Dead avessero fatto una spedizione fino alla centrale nucleare più vicina e avessero scagliato sui morti viventi un’atomica; insomma, immaginate qualsiasi soluzione incredibilmente paracula per concludere un film che non sapete come finire. Non ci arriverete neppure lontanamente vicini. Insomma, tenetevi pure L’altra faccia del diavolo, io preferisco la solita, grazie.
William Brent Bell è il regista e cosceneggiatore della pellicola. Americano, è al suo terzo film come regista e sta per girarne un quarto.
Fernanda Andrade interpreta Isabella. Brasiliana, ha partecipato a serie come CSI: Miami, CSI: NY e Sons of Anarchy. Anche produttrice, ha 28 anni.
Simon Quarterman interpreta Padre Ben. Inglese, ha partecipato a film come Il re scorpione 2 – Il destino di un guerriero e a serie come Midsomer Murders. Ha un film in uscita.
Evan Helmuth interpreta Padre David. Americano, ha partecipato a Garfield: il film e a episodi delle serie Alias e CSI: NY. E’ anche produttore.
Fatta qualche ricerca su Internet, posso confermare che non esiste, a Roma, l’Ospedale Psichiatrico Criminale Centrino (ma centrino perché sta in centro, o centrino perché costringono i degenti a tricottare oggettini all’uncinetto?), però effettivamente le scuole per esorcisti esistono. Speriamo che non siano frequentate da imbecilli o pseudofighetti come in questo film. Ah, e non rimanete a guardare i lentissimi titoli di coda, magari sperando ci sia qualche colpo di scena dopo: una scritta in sovrimpressione vi dice solo che gli eventi relativi al caso Maria Rossi rimangono tuttora avvolti nel mistero, e di andare su questo sito (il solito fake pubblicitario...) per saperne di più. Io invece vi invito a stare alla larga dalle sale cinematografiche e affittarvi L’esorcista, Rosemary’s Baby, Il presagio, qualsiasi altro film a tema satanico che non sia questo. Mi ringrazierete. ENJOY!
Trama: nel 1989, in America, Maria Rossi uccide tre persone e chiama la polizia. Viene arrestata e trasferita all’Ospedale Centrino di Roma. Vent’anni dopo, la figlia decide di provare a sé stessa e al mondo intero che la madre non era semplicemente pazza, bensì indemoniata, e tenta un esorcismo non autorizzato assieme a due preti e l’amico cameramen, con ovvie conseguenze…
L’altra faccia del diavolo è sicuramente quella da pirla, di chi buggera sprovveduti spettatori spillando soldi. Una faccia dimmerda, per dirla tutta. Come avrete capito, questo film è una boiata incredibile, girato veramente col chiulo, involontariamente esilarante a tratti e con un finale che meriterebbe il posto d’onore negli annali della minchiata. Avrei dovuto capirlo fin dai trailer che lo precedevano (Project X, The Dictator, American Reunion, tutti film demenziali aMMeregani, cosa c’entrano con un horror??) che mi sarei trovata davanti un film comico, però alla fine gli esorcismi sono fatti bene, specialmente il primo che è abbastanza impressionante e realistico, e l’attrice che interpreta Maria Rossi è bravina. Però le cose positive qui finiscono, e fortuna che il film dura “solo” un’ora e venti, sennò sai quanto altro schifo toccava buttar giù.
La cosa che, a dire il vero, mi ha dato fastidio fin dall’inizio è il senso costante di nausea che mi ha bloccato lo stomaco dopo soli dieci minuti. Adesso, capisco che L’altra faccia del diavolo è un mockumentary, ma non puoi permetterti di non inserire neppure un’inquadratura stabile! La figlia di Maria Rossi avrà anche scelto un cretino come collaboratore, ma mi pare che la sua intenzione fosse quella di girare un documentario; come cavolo fai a venderlo se il 90% delle immagini sembrano girate da un povero bambino spastico con una forma avanzata di Parkinson??? Insostenibile, già solo per questo non avrebbero dovuto nemmeno distribuire questa porcata. La seconda cosa che rende L’altra faccia del diavolo incredibilmente atroce è che i posseduti non fanno per niente paura, anzi, sono simpatici!! Sarei rimasta ore a sentire tutte le deliranti, sboccate, sciocche cretinate che gli sceneggiatori hanno messo loro in bocca, sempre meglio che ascoltare la figlia rompicoglioni di Maria Rossi, i deliri dei due pretini fighètti (apro una parentesi: all’inizio si dice che il Vaticano non ha aiutato la realizzazione del film. Grazie al razzo, non ho mai visto due preti, esorcisti o quel che sono, meno legati alla Chiesa di questi due. Mi stupisco che gli esorcismi precedenti avessero funzionato!!) o gli interventi “incisivi” del cameramen Michael, roba tipo “… …. Non so davvero cosa dire”. Anche io in effetti ho un po’ perso le parole, soprattutto per l’immagine che avete dato di Roma: piovosa, zeppa di maniaci che guardano il culo alle straniere, popolata da poliziotti assolutamente incompetenti, imbecilli e ignoranti persino per quanto riguarda le basilari norme di sicurezza e, infine, colma di ristoranti tipici: Irish pub e Sushi bar. Mavvaff…
Ma per fortuna, dopo l’esorcismo sulla povera Maria, il film ha una svolta! Sì, perché i demoni non sono uno, sono almeno quattro, e indovinate un po’ quello che potrebbe succedere? Su, non è nemmeno spoiler, lo dice persino la ridicola locandina italiana con la suora cieca (e NON indemoniata!) messa lì giusto per fare atmosfera: il male si diffonde. E come si diffonde! Se prima, infatti, il film poteva vantare qualche guizzo di imprevedibilità, da questo momento in poi ogni scena è telefonata, da quella esilarante del battesimo a quella del “omioddiononricordopiùcomefinisceilPadreNostroBANG!!!”, fino ad arrivare al finale. Aaah, che finalone!!! Immaginate, solo per un istante, che Freddy Krueger avesse deciso di vendicarsi dei figli dei suoi aguzzini riunendoli semplicemente in una baracca per dare loro fuoco, che Rosemary si fosse gettata dalla finestra dell’appartamento senza partorire, che i protagonisti di The Walking Dead avessero fatto una spedizione fino alla centrale nucleare più vicina e avessero scagliato sui morti viventi un’atomica; insomma, immaginate qualsiasi soluzione incredibilmente paracula per concludere un film che non sapete come finire. Non ci arriverete neppure lontanamente vicini. Insomma, tenetevi pure L’altra faccia del diavolo, io preferisco la solita, grazie.
William Brent Bell è il regista e cosceneggiatore della pellicola. Americano, è al suo terzo film come regista e sta per girarne un quarto.
Fernanda Andrade interpreta Isabella. Brasiliana, ha partecipato a serie come CSI: Miami, CSI: NY e Sons of Anarchy. Anche produttrice, ha 28 anni.
Simon Quarterman interpreta Padre Ben. Inglese, ha partecipato a film come Il re scorpione 2 – Il destino di un guerriero e a serie come Midsomer Murders. Ha un film in uscita.
Evan Helmuth interpreta Padre David. Americano, ha partecipato a Garfield: il film e a episodi delle serie Alias e CSI: NY. E’ anche produttore.
Fatta qualche ricerca su Internet, posso confermare che non esiste, a Roma, l’Ospedale Psichiatrico Criminale Centrino (ma centrino perché sta in centro, o centrino perché costringono i degenti a tricottare oggettini all’uncinetto?), però effettivamente le scuole per esorcisti esistono. Speriamo che non siano frequentate da imbecilli o pseudofighetti come in questo film. Ah, e non rimanete a guardare i lentissimi titoli di coda, magari sperando ci sia qualche colpo di scena dopo: una scritta in sovrimpressione vi dice solo che gli eventi relativi al caso Maria Rossi rimangono tuttora avvolti nel mistero, e di andare su questo sito (il solito fake pubblicitario...) per saperne di più. Io invece vi invito a stare alla larga dalle sale cinematografiche e affittarvi L’esorcista, Rosemary’s Baby, Il presagio, qualsiasi altro film a tema satanico che non sia questo. Mi ringrazierete. ENJOY!
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