Di ritorno dalla vacanza settembrina, sono corsa a vedere Dune, diretto e co-sceneggiato dal regista Denis Villeneuve a partire dal romanzo omonimo di Frank Herbert.
Trama: in un lontano futuro, il pianeta Arrakis è teatro di guerre all'ultimo sangue per il controllo della Spezia, indispensabile elemento per navigare nello spazio. A farne le spese, i membri della casata Atreides, inviati dall'imperatore proprio su Arrakis...
Io sono estasiata. Felice, assolutamente e per una volta, della mia ignoranza crassissima. Credo infatti di essere parte delle pochissime centinaia di persone in tutto il mondo che sono andate a vedere Dune senza sapere nulla non solo di tutto l'universo creato da Frank Herbert, ma anche delle altre due fallimentari (a quanto pare) versioni cinematografiche e televisive che sono state tratte dal primo libro della saga; di conseguenza, penso di essere stata anche una dei pochi spettatori che si sono goduti un racconto completamente nuovo, magico e misterioso, fatto di personaggi complessi e colpi di scena a non finire, a prescindere dall'effettiva bellezza della regia di Villeneuve. Come ho detto al Bolluomo a fine visione, durata due ore e mezza volate in un soffio, "Dune agli ultimi Star Wars, ma anche a quelli vecchi, con tutto il rispetto, spiccia casa". Quella di Dune è una fantascienza adulta, che non vive per il product placement, ma porta sullo schermo personaggi a tutto tondo invischiati in una trama complessa sviscerata a poco a poco, senza spiegazioni al limite del didattico, ma lasciando molto spazio all'intelligenza dello spettatore; non ci sono solo il bianco e il nero, il bene e il male in Dune (tranne forse per la casata Harkonnen, i cui membri sono gli unici connotati come mostri veri), ma moltissime sfumature di grigio, che rendono i protagonisti tridimensionali ed imprevedibili, ricchi di segreti, anche poco piacevoli, da scoprire senza fretta. I fan rideranno a leggere queste parole ma ho particolarmente apprezzato, senza fare troppi spoiler per chi è ignorante come me, le azioni "disonorevoli" (ahimé, anche inutili) compiute da un personaggio che dell'onore aveva fatto la sua bandiera fino a un secondo prima, la vena di profonda e dura oscurità che permea l'animo di chi dovrebbe tradizionalmente essere donna e madre, e in generale tutto il percorso di presa di consapevolezza del protagonista, Paul, legato alla spezia e a qualcosa di assai più grande e pericoloso prima ancora di cominciare il suo cammino di uomo. Le visioni di Paul, oniriche e spesso terrificanti, spingono a volerne sapere di più non solo su ciò che sarà del suo futuro, ma anche su quei Fremen che qui vengono più nominati che visti, incarnati da occhi azzurri che rendono Zendaya ancora più bella di quanto non sia normalmente e da un deserto caldo ed accogliente che contrasta con l'inferno mortale sperimentato nella realtà dai vari personaggi, popolato da creature mostruose ma forse più clementi del sole.
Buona parte di questo incredibile trasporto che ho avuto verso quasi tutti i personaggi è sicuramente da ricercare nella bravura degli attori e del regista che li ha diretti. Fa un po' ridere che Villeneuve si sia unito al gruppo di registi anti-Marvel quando metà del cast di Dune viene dalle ormai sempre più folte scuderie Disney/DC, eppure come si vede la differenza quando anche un "cojone" come Jason Momoa si ritaglia momenti talmente epici da spezzare il cuore (ma non toglietegli mai più la barba, vi prego, che pare Cicciobello!) e Oscar Isaac, dimenticabilissimo nei panni di Dameron Poe, sembra uscito dritto da una tragedia di Shakespeare. Certo, a colpire più di tutti sono due che con la Marvel poco c'entrano, ci mancherebbe. Timothée Chalamet è il perfetto connubio di bellezza "maledetta" e fragilità di ragazzino, due caratteristiche che, a mio avviso, al personaggio di Paul Atreides calzano alla perfezione, ma perdonatemi se darei ogni premio da qui all'eternità ad un attrice che aveva già dimostrato di sapere il fatto suo in Doctor Sleep, quando ha incarnato quell'indimenticabile Rose Cilindro; Rebecca Ferguson è IL motivo per cui chiunque dovrebbe correre a vedere Dune, con quegli occhi profondissimi e nervosi, l'apparenza fragile di chi è abituata a stare sempre un passo indietro che lascia spazio, nel giro di un secondo, alla durezza quasi fanatica di chi rimane sì indietro, ma per tirare i fili nell'ombra e mettertelo nello stoppino. Ripeto, non ho mai letto i libri di Herbert quindi magari questa versione di Lady Atreides è farina del sacco di Villeneuve, ma trovare un personaggio femminile così particolare in un'opera degli anni '60 per me ha del miracoloso e non vedo l'ora di capire come si svilupperà il rapporto tra lei e il figlio, visto il finale sospeso e quello sguardo da suocera del Sud rivolto a Chani.
Ciò detto, diamo a Villeneuve quello che è di Villeneuve. Dune è una meraviglia da vedere e ogni fotogramma è pura emozione. La grandiosità delle astronavi davanti alle quali gli uomini sembrano degli infinitesimali granelli di sabbia, l'ingannevole e placida bellezza di un deserto il cui calore pare trasudare dallo schermo, smosso dai mostruosi (e bellissimi) vermi della sabbia pronti a trasformare le dune in onde di un oceano sconfinato, perfetto contraltare del mare reale che circonda le terre della Casata Atreides, la fotografia che cambia con il cambiare dei pianeti, dal grigio-bluastro di quello da dove proviene Paul, ai colori caldi di Arrakis, alla cupezza "nazista" del pianeta degli Harkonnen, le scene d'azione e di corpo a corpo che rimangono fluide, chiare e talvolta angoscianti anche col PG-13, la brillantezza della spezia, tutto concorre a fare di Dune un sogno ad occhi aperti, o un incubo, a seconda dei momenti. Se, infatti, davanti al pupazzo gnappo dell'imperatore Palpatine al massimo mi veniva da fare un sorrisetto scazzato, tutte le sequenze imperniate sulla casata Harkonnen e i mostri che la popolano mi hanno messo la stessa ansia di un horror e quel maledetto Barone probabilmente popolerà i miei incubi per mesi. E per mesi, probabilmente, ascolterò la colonna sonora di Hans Zimmer, talmente evocativa ed esotica da risultare quasi ipnotica, uno score emozionante come non mi capitava di sentire da tempo in un "blockbuster", per quanto d'autore. Non so se riuscirò ad aspettare anni per avere il seguito di Dune e non so neppure se, nel frattempo, resisterò alla tentazione di sapere (magari guardando il Dune di Lynch o meglio ancora leggendo i libri) quale sarà il destino di Paul, ma se l'attesa verrà ripagata con un film bello come questo, ne sarà valsa la pena.
Del regista e co-sceneggiatore Denis Villeneuve ho già parlato QUI. Timothée Chalamet (Paul Atreides), Rebecca Ferguson (Lady Jessica Atreides), Oscar Isaac (Duca Leto Atreides), Jason Momoa (Duncan Idaho), Stellan Skarsgård (Barone Vladimir Harkonnen), Stephen McKinley Henderson (Thufir Hawat), Josh Brolin (Gurney Halleck), Javier Bardem (Stilgar), Chen Chang (Dr. Wellington Yueh), Dave Bautista (Rabban Harkonnen), David Dastmalchian (Piter De Vries) e Charlotte Rampling (Reverenda Madre Gaius Helen Mohiam) li trovate invece ai rispettivi link.
Zendaya (vero nome Zendaya Maree Stoermer Coleman) interpreta Chani. Americana, la ricordo per film come Spider-Man: Homecoming e Spider-Man: Far From Home. Anche produttrice, cantante e sceneggiatrice, ha 25 anni e un film in uscita, Spider-Man: No Way Home.
Nel caso Dune andasse bene al botteghino dovrebbe uscire nei prossimi anni un seguito, sempre diretto da Villeneuve; nell'attesa, se volete sapere (come me!) come va a finire la storia, potete sempre recuperare il Dune di David Lynch o la miniserie televisiva Dune - Il destino dell'universo, anche se nel secondo caso non so onestamente quanto vi convenga! ENJOY!