C’erano una volta i giornaletti horror. Non quelli propriamente “raffinati”, seppur splatter, come poteva essere un Dylan Dog italiano, ma un’accozzaglia di becere storielle più o meno brevi e di svariata fattura. C’erano i vari zio Tibia, la serie I racconti della cripta, sia in telefilm che in cartone animato (chi se lo scorda il buon vecchio Pelleossa?), persino il Nightmare Café. Ora quei bei tempi sono finiti, sopraffatti da serie sempre più patinate e prive di ironia, fatte con lo stampino. Ma a volte capita di riuscire a ripescare un gioiellino come Creepshow, del 1982, diretto dal buon vecchio George Romero e scritto nientemeno che da Stephen King.
In un film a episodi, ovviamente la qualità può essere assai altalenante, anche se il regista e lo sceneggiatore sono sempre gli stessi, quindi sarebbe meglio guardare al risultato complessivo. Creepshow, in questo caso, è un film nostalgico e divertente, che regala delle piccole perle di cattiveria assoluta, non privo di una morale. Il fil rouge, infatti, che lega tutte le storie, tenute assieme anche dall’introduzione e dal finale, che costituiscono alla fine un sesto, piccolo episodio, potrebbe essere: se sei uno stronzo omicida o semplicemente un cretino animato da motivazioni meno che pure, avrai quello che ti meriti. In effetti, tutti quelli che nel film finiscono più o meno male, persino il povero Jordy Verril che alla fine agisce spinto dall’ignoranza e da una speranzosa avidità, o il marito disperato dell’episodio “La cassa”, hanno fatto qualcosa di male per meritare gli orrori che vengono scagliati loro contro. Le vittime lo sono sempre per un motivo, e non è detto che ai “buoni” o apparenti tali vada meglio che ai “cattivi”.
Data la semplicità quasi moralistica di questo assunto, che racchiude in sé, a mio avviso volontariamente, un’ingenuità tipica dei fumetti di quegli anni, è ovvio che anche le storie siano brevi e assai semplici, giusto dei bocconcini di horror. La festa del papà è una storia di orrori che provengono dal passato, assolutamente da non perdere per chi volesse capire come e dove il buon Leo Ortolani, papà di Ratman, abbia tirato fuori il nome della bastardissima Bedelia di Venerdì 12. Per il resto, l’episodio è uno dei più deboli e dei più grotteschi, con un finale da mazzata nello stomaco, una specie di contrappasso dantesco. La morte solitaria di Jordy Verril vede come protagonista assoluto uno Stephen King bifolco, che regge da solo un altro episodio non troppo memorabile, che lo vede come unica attrattiva. Certo, è inquietante e triste vedere un uomo trasformarsi in pianta, ma la realizzazione punta più sul grottesco e sull’interpretazione esilarante del buon King che sulla trama. In Alta marea è più apprezzabile la parte thriller che quella propriamente horror, visto che la tortura escogitata da Lesile Nielsen è la parte più interessante ed effettivamente inquietante. Rispetto agli altri due episodi è leggermente sottotono in quanto ad umorismo, ma la tensione aumenta, ed esplode negli ultimi due episodi, a mio avviso i più agghiaccianti. Sarà perché gli scarafaggi mi fanno naturalmente schifo, e vedere un appartamento sigillato e invaso dalle blatte non può che farmi desiderare di morire all’istante, sarà perché La cassa è l’unico episodio dove ci sono parecchie sequenze gore e il mostro è effettivamente inquietante, alla fine le ultime due storie risaltano rispetto alle altre. La cornice, invece, metà film e metà cartone animato, è gradevole e cattivella.
Nell’insieme la realizzazione è molto buona. Ogni spezzone viene introdotto da una pagina animata, che viene riproposta identica dalla prima inquadratura di ogni episodio, e si conclude con un’altra pagina che riprende l’ultima scena. Elementi fumettistici, come didascalie, cornici per flashback, vignette, sono ricorrenti per tutto il film. Gli attori non sono eccelsi, ma va bene così perché l’horror del film non dev’essere serio, bensì leggermente “naif” e volutamente caricato, così come le interpretazioni. Gli effetti speciali d’altra parte sono ottimi, grazie al buon Tom Savini che fa anche una comparsata come netturbino, e soprattutto negli ultimi due episodi sono assolutamente agghiaccianti. Insomma, se state cercando un horror leggero ma gradevole, avete trovato il film giusto!!
George Romero è il regista del film, e il padre putativo di tutti i film di Zombie che hanno invaso i nostri schermi fin dagli anni ’70. Qualsiasi regista che voglia entrare nel mondo dei morti viventi per mostrarcene uno scorcio non può prescindere dai capisaldi di Romero, La notte dei morti viventi in primis, per poi continuare con Zombi, Il giorno degli zombi e finire con i più recenti e meno “storici” La terra dei morti viventi e Le cronache dei morti viventi. Tra i suoi altri film ricordo il martoriato (almeno nell’edizione italiana) Wampyr, Monkey Shines: esperimento nel terrore, Due occhi diabolici e La metà oscura. Il regista newyorchese ha 69 anni.
Della serie, saranno famosi, tra gli attori coinvolti c’è un giovanissimo Ed Harris, nei panni del maritino di una delle nipoti di Bedelia, nell’episodio La festa del papà. E’ incredibile come un attore così dotato, tanto da essere stato nominato agli Oscar per ben quattro volte (con i film The Hours, Pollock, The Truman Show e Apollo 13) abbia cominciato con un ruolo così sciapo che è difficile persino riconoscerlo. Tra i suoi altri film rammento The Abyss, Il socio,Cose preziose, L’ombra dello scorpione (quest’uomo è abbonato a King…), The Rock, Potere assoluto, A History of Violence. Per la TV ha lavorato in Chips, Cuore e batticuore, Fraisier. Ha 59 anni e tre film in uscita.