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mercoledì 30 settembre 2015

Shutter (2004)

Tra serie TV e altri recuperi stavo lasciando un po’ languire la mia collezione di DVD che, guarda un po’, era arrivata a Shutter, diretto e co-sceneggiato nel 2004 dai registi Banjong Pisanthanakun e Parkpoom Wongpoom.


Trama: Di ritorno da una festa, il fotografo Tun e la fidanzata Jane investono una ragazza e se ne vanno senza soccorrerla. Nei giorni seguenti i due non trovano nessuna notizia dell’incidente ma l’immagine della ragazza comincia a comparire nelle foto di Tun ed entrambi avvertono la presenza di uno spirito pericoloso ed inquieto…



Uno dei primi film recensiti sul Bollalmanacco era stato Shutter – Ombre dal passato, il remake americano dell’originale thailandese. Dopo aver visto Ring, Ju-On e compagnia cantante, la pellicola che vedeva protagonista il Pacey di Dawson’s Creek non mi era sembrata niente di che e mi aveva fatto anche poca paura ma chi aveva visto Shutter mi assicurava invece che la versione Thai era devastante in termini di ansia e terrore. Appena si è presentata l’occasione ho quindi acquistato il DVD, che è rimasto a prendere polvere sullo scaffale fino alla settimana scorsa, ma devo dire che il tempo passato non ha giovato alla pellicola di Banjong Pisanthanakun e Parkpoom Wongpoom; sarà che ricordavo molto bene Ombre dal passato, sarà che ormai questi horror asiatici mi sembrano un po’ tutti uguali, sta di fatto che a parte un paio di salti dalla sedia dovuti più ad un riflesso condizionato che ad altro, Shutter non mi ha entusiasmata quanto avrei voluto, anche perché la trama è sostanzialmente identica a quella del remake salvo un paio di cambiamenti minimi (agli americani viene fatto capire SUBITO che il protagonista ha qualcosa da nascondere, nella versione thailandese ci vuole una mezz’oretta in più). In buona sostanza, Shutter è una storia di tremendo amore e ancor più tremenda vendetta contro un uomo fondamentalmente stronzo ed impedito che, per liberarsi dell’importuna fidanzata del liceo, non trova soluzione migliore che lasciar fare a due amici che a definirli merde, oltre che brutti come il peccato, si farebbe offesa sia al peccato che alle merde. In mezzo ci finisce ovviamente la fidanzata di questo fotografo d’accatto, che per tutto il film è costretta a subire la persecuzione di una mostrA sanguinante e dai capelli lunghi e, quel che è peggio, a sorbirsi le crisi d’ansia, i segretucci, le velleità artistiche e i racconti ammorbanti di lui. La caratteristica peculiare di Shutter non è quindi tanto quella di veicolare l’orrore attraverso le foto “spiritiche”, quanto invece quella di avere un protagonista talmente odioso (lo stesso valeva per il remake ma perlomeno lì la fidanzata era più presente) che il vendicativo fantasma diventa oggetto di tutto il tifo dello spettatore.


Tornando un attimino seri e mettendomi nei panni di chi ha visto questo film 10 anni fa e non dopo 700 altri film tutti uguali, devo ammettere che i due registi hanno scelto di affrontare l’argomento in maniera molto furba ed elegante. Il fantasma si vede pochissimo e perlopiù in maniera sfuggente, cosa che innanzitutto mette ansia allo spettatore e, non meno importante, impedisce allo stesso di assuefarsi alla figura tumefatta e sanguinante dello spettro fino a darla quasi per scontata; tra l’altro, il trucco dell’entità è semplice ma molto ben fatto e i rari primi piani mettono davvero paura. Geniali, anche se purtroppo l’effetto sorpresa con me era andato già perso, le inquadrature che svelano ad un occhio attento il terribile segreto con cui è costretto a convivere Tun, inquadrature che si soffermano su sguardi, espressioni e gesti apparentemente inutili, costringendo così il pubblico a guardare la pellicola con più attenzione del normale per capire cosa sia quella sensazione di “sbagliato” palese fin dall’inizio di Shutter. Anche i due protagonisti sono molto bravi, con pochi gesti e sguardi riescono a comunicare molto sulla psicologia dei loro personaggi (per esempio, Tun lo vediamo spesso “farsi scudo” inconsciamente della fidanzata nei momenti di pericolo mentre Jane affronta a testa alta e con sguardo risoluto ogni evento inspiegabile) e, soprattutto, hanno il pregio di prendere la pellicola dannatamente sul serio e di non cercare mai, neppure per un minuto, di alleggerire la tensione. Tra tutti gli esponenti dell’horror orientale Shutter si distingue quindi per l’incredibile cura posta nella messa in scena e nella recitazione e anche solo per questo meriterebbe di venire visto nonostante il poco entusiasmo da me dimostrato nella prima parte del post: d’altronde, si sa che l’apprezzamento di un horror è molto soggettivo e a maggior ragione chi non avesse mai guardato Ombre dal passato potrebbe gradire molto l’originale thailandese!

Banjong Pisanthanakun è il regista e co-sceneggiatore della pellicola. Thailandese, ha diretto film come Alone e l'episodio N is for Nuptials di The ABCs of Death. E' anche attore.


Parkpoom Wongpoom è il regista e co-sceneggiatore della pellicola. Thailandese, ha diretto film come Alone, Phobia e Phobia 2. Ha 37 anni.


Shutter non ha solo il remake americano Ombre dal passato ma anche Sivi e Click, entrambi girati in India ma con dialetti diversi. Non vi dico di recuperarli ma, se Shutter vi fosse piaciuto, guardate Ju-On, Two Sisters, Dark Water, Ringu e The Call - Non rispondere. ENJOY!

mercoledì 27 agosto 2008

Ombre dal Passato (2008)

Ieri sera parto con Ale tutti e due lieti per l’imminente visione di un film molto atteso, Ombre dal passato di Masayuki Ochiai. Premesso che nessuno dei due aveva mai visto il Coreano Shutter del 2004, da cui la pellicola è stata tratta, siamo entrati nel cinema pieni di aspettative.


La trama è questa: due sposini vanno in Giappone per la luna di miele e la prima sera hanno un incidente, causato da una donna che si staglia in mezzo alla strada. Quando i due si riprendono, della donna non c’è più traccia ma la sua immagine comincia a comparire nelle foto che scattano e la sua presenza si fa sentire sempre più vicina e pericolosa.

Quello della fotografia spiritica è un fenomeno interessante, che viene dibattuto fin dall’esordio di questa nuova forma di espressione e documentazione. Meno interessante è invece questo horror che ricalca fin troppo il solco dei predecessori più illustri (The Ring e The Grudge solo per fare qualche nome) e che nonostante una bella trama e un’ancor più bella regia non decolla affatto.

La mia buona amica Nora mi aveva parlato del finale dello Shutter coreano come di una genialata, al limite della perfezione. Ora, prima o poi lo guarderò, ma se devo basarmi sul remake americano la “genialata” sta semplicemente nel luogo dove si scopre risiedere il fantasma alla fine (una scena esilarante), visto che il mistero del film è facilmente intuibile dopo dieci minuti di visione. Sarà che Joshua Jackson esordisce bisbigliando agli amici di non raccontare alla neo sposina di alcune questioni accadute in passato? Eh, forse per quel motivo lì.

Fotografia e regia sono ineccepibili, splendidi gli scorci di Tokyo, le vedute del Fujihama e alcune scene di buio, dove lo spirito viene rivelato dagli scatti del flash, decisamente inquietanti. Gli attori non sono malvagi, tutti di stampo televisivo a cominciare dall’ex Pacey Joshua Jackson, per finire con John Hensley che è decisamente adatto per il ruolo del giovane laido.

Purtroppo il giudizio su questo film non può essere positivo: troppo banale nello schema e nelle scene, piatto, e persino poco inquietante nonostante la solita mostrA dagli occhioni spiritati, capelli neri e faccia bianca bianca. Il motivo risiede nella fondamentale essenza di questo spirito e dalla consapevolezza che, almeno per una volta, il rancore non è fine a sé stesso ma scatenato per una ragione condivisibile. 

Masayuki Ochiai è un regista già esperto nel campo del j-horror. Tra le sue pellicole, la trasposizione cinematografica di Parasite Eve ed Infection. Che ci crediate o no, non esistono informazioni biografiche su questo regista, che al momento non ha altre pellicole in cantiere.


Joshua Jackson interpreta il fotografo Benjamin Shaw e su costui informazioni biografiche ce ne sono fin troppe, visto che il paffuto attore si contendeva all’epoca il primato di “fico” per eccellenza assieme all’altro idiota protagonista di Dawson’s Creek nel cuore di miliardi di ancor più dementi ragazzine. Oltre al succitato serial, tra i lavori dell’ex Pacey ci sono Scream 2, L’Allievo, Urban Legends (splendido cammeo durante il quale, mentre sta imboscato in macchina con la protagonista, parte la sigla di Dawson’s Creek, bruscamente stroncata sul nascere da una manata!), Cruel Intentions, The Skulls, Cursed. Ha 30 anni e 2 film in uscita.


Rachael Taylor, Australiana, interpreta la moglie di Benjamin, Jane. Ha partecipato, come quasi tutte le attrici Australiane, al serial Le Sorelle McLeod, e inoltre ha interpretato Il Collezionista d’Occhi e Transformers. Ha 24 anni e due film in uscita.


John Hensley interpreta il laido procacciatore di modelle Adam, ed è famoso per la partecipazione al serial Nip/Tuck, dove interpreta Matt MacNamara. Ha anche avuto piccoli ruoli ne I Sopranos, e, ovviamente, recitato in Denti! Ha 31 anni.


Ultima chicca, la partecipazione di James Kyson Lee, attore coreano già mitico Ando nella serie Heroes, che qui interpreta il direttore della rivista paranormale che si occupa di foto spiritiche. Costui è un veterano delle comparsate televisive, ha partecipato a episodi di Alias, ha 35 anni e 10 film in uscita.


E ora godetevi il trailer dello Shutter originale, decisamente inquietante... ENJOY!!




















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